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Visita e incontro al Parco Scientifico Tecnologico di Venezia
(Porto Marghera, 1 aprile 2014)
Intervento del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia
Carissimi,
ringrazio per l’accoglienza e l’opportunità che oggi mi è data per conoscere meglio la realtà
del Parco Scientifico Tecnologico di Venezia.
In questo contesto - reso così originale per il territorio su cui sorge e per il numero di
persone ed imprese che quotidianamente lo frequentano e animano - risuonano concetti e parole
come “ricerca”, “sviluppo”, “innovazione”, “tecnologia”, “lavoro”, “sostenibilità” (economico-
finanziaria e ambientale), “riqualificazione” (urbana e industriale).
Ma, come è inevitabile in questi tempi così difficili, risuonano pure espressioni che
appartengono al vocabolario delle situazioni di crisi o di trasformazione e che raccontano di progetti
e obiettivi (presenti e futuri) e della necessità di riuscire ad essere “competitivi” ed efficaci,
cercando sempre di far “tornare i conti” senza, però, spegnere orizzonti più ampi.
E allora, qui, ritengo opportuno sottolineare che tutto questo ha senso e fine se c’è, al di
sopra di tutto, un progetto ampio, un principio ispiratore: l’uomo, la persona.
Il vero elemento unificante che caratterizza nel profondo anche una realtà particolarissima
come il Parco Scientifico Tecnologico di Venezia - con le sue molteplici attività e strutture - è
l’uomo, è la persona, soggetto in relazione. La sua relazionalità, poi, si volge verso una triplice
realtà o dimensione: se stessi, gli altri, Dio.
L’uomo-persona - mi preme ribadirlo - “è un io sostanziale in relazione; concretamente è
un io in rapporto con altri singoli io ma, anche, un io in rapporto col noi-comunitario della
collettività e con l’Io per eccellenza (Dio). Solamente vivendo la dimensione sociale dell’esistenza
e ponendosi a servizio della collettività, la persona si esprime in quanto tale e raggiunge così il suo
compimento. In maniera complementare, la comunità è veramente tale e raggiunge il suo fine
quando s’impegna a dare ai membri che la costituiscono spazi personali di realizzazione”
(Francesco Moraglia, Una fede amica dell’uomo, Ed. Cantagalli 2013, pag. 103).
In questi giorni, in occasione delle ormai prossime ricorrenze che lo riguardano, ho ripreso
alcuni testi della visita pastorale che Papa Wojtyla, che presto acclameremo “santo”, aveva
compiuto proprio qui a Venezia, a Mestre e a Porto Marghera nel giugno 1985.
Arrivando in piazza S. Marco e accennando alla multiforme varietà e difformità del territorio
veneziano - evidenziato anche dalla posizione particolare di questo Parco, reale “cerniera” tra la
città d’acqua e quella di terraferma -, Giovanni Paolo II notava di avere innanzi i diversi “volti
della nostra civiltà” e osservava: “Come farli incontrare? Sembrano così diversi da essere perfino
alternativi. Eppure la convergenza esiste e si situa nell'uomo, nella persona, nella sua libertà, nel
suo diritto. È l'uomo il bene più prezioso, che va custodito, difeso e promosso. Sta qui la continuità
di ogni vera civiltà: essere capace di rendere l'uomo protagonista consapevole della propria vita”
(Giovanni Paolo II, Discorso alle autorità veneziane in Piazzetta S. Marco, 16 giugno 1985).
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A quel tempo, certo, il Vega non esisteva ancora ma ritengo che Papa Wojtyla oggi non
direbbe cose tanto differenti, affacciandosi dalle balconate di queste strutture e
allargando/approfondendo lo sguardo sull’orizzonte umano e post-industriale di questo Parco, dei
cantieri aperti e dell’ambiente circostante.
Poi, il giorno seguente, proprio da Porto Marghera rivolgeva a tutti queste parole:
“Questioni serie sorgono dalla situazione di "crisi". Esse devono essere lette non solo in chiave
economica, politica e tecnica, ma anche e soprattutto in chiave etica. Ogni crisi, infatti, obbliga a
rivedere e verificare la mentalità e la vita in vari loro aspetti… Vorrei dire a tutti - riprendeva
Giovanni Paolo II - che la realtà di Porto Marghera è un patrimonio di esperienza lavorativa,
imprenditoriale e sindacale, di professionalità e di ricerca tecnologica che va conservato,
incrementato e messo a frutto a favore dello sviluppo del territorio. Ma il rilancio, o avrà una sua
anima etica o non sarà autentico sviluppo” (Giovanni Paolo II, Discorso ai lavoratori, agli
imprenditori e ai dirigenti del complesso industriale di Porto Marghera, 17 giugno 1985).
Sembrano davvero parole scritte e dette per oggi!
Rinnovo quest’invito e desidero, se possibile, “rafforzarlo” con un pensiero recente di Papa
Francesco che, nell’esortazione Evangelii gaudium, così s’esprime: “All’etica si guarda di solito
con un certo disprezzo beffardo. La si considera controproducente, troppo umana, perché
relativizza il denaro e il potere. La si avverte come una minaccia, poiché condanna la
manipolazione e la degradazione della persona. In definitiva, l’etica rimanda a un Dio che attende
una risposta impegnativa, che si pone al di fuori delle categorie del mercato. Per queste, se
assolutizzate, Dio è incontrollabile, non manipolabile, persino pericoloso, in quanto chiama
l’essere umano alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da qualunque tipo di schiavitù.
L’etica - un’etica non ideologizzata - consente di creare un equilibrio e un ordine sociale più
umano” (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 57).
Non dimentichiamo, poi, che l’istanza etica ha sì molte dimensioni ed implicazioni -
compresa la “sostenibilità” (economica e ambientale) che è tema delicato e sensibile - ma si fonda
costantemente sulla centralità della persona nel suo legame imprescindibile del bene comune, ossia
di tutte le persone, di tutta la persona e dell’intera comunità.
Sono essenziali la competenza e la preparazione specifica degli amministratori, la capacità
progettuale e, non ultima, la responsabilità etica. Si tratta di considerare se non poche difficoltà del
nostro oggi siano legate ad errori, poca lungimiranza e, forse in taluni casi, anche a incompetenze di
ieri; la situazione di crisi globale finanziaria, economica e politica - certamente più grande dei
singoli soggetti e territori - ha pure le sue paternità.
Poco più di un anno fa a Rovigo, incontrando gli amministratori del Polesine e trattando il
tema “Quale collaborazione stabilire tra i responsabili del mondo del lavoro per superare l’attuale
crisi economica?”, ebbi già modo di dire: “… un’attività profit o non profit che produce servizi
direttamente rispondenti a bisogni delle persone concrete (case di riposo, comunità alloggio, asili,
case di riabilitazione, ecc.), o beni e servizi per un cliente impersonale valutato secondo parametri
di profitto (beni destinati alla vendita e servizi generali, es.: trasporti, grande distribuzione) ,
devono mirare tutte e sempre ad un equilibrio economico e finanziario e, quindi, essere in grado di
conseguire una situazione in cui i ricavi o, comunque, le entrate siano in grado di produrre un
risultato positivo di gestione o di compensare le spese o, almeno, ancora di attestarsi su deficit
accettabili che non mettano in questione gli equilibri strutturali. Solo in questo modo un’attività
profit o non-profit genera sicurezza sociale… ” (Francesco Moraglia, Incontro con politici e
amministratori del Polesine sul tema “Quale collaborazione stabilire tra i responsabili del mondo
del lavoro per superare l’attuale crisi economica?”, Rovigo - 21 gennaio 2013).
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E comunque - alla luce di tali elementi e anche altri, per non cadere in facili semplificazioni
- l’uomo va sempre oltre… il profitto, l’economia, la tecnica, la tecnologia, l’informatica, la
burocrazia, l’accesso al credito ecc. Si tratta dunque, ogni volta, di riaffermare quel “primato
dell’uomo rispetto alle cose” che lo stesso Giovanni Paolo II amava ripetere nell’enciclica
“Laborem exercens”, tuttora attualissima.
Secondo tale logica scrivevo in un breve testo consegnato alla Diocesi di Venezia lo scorso
anno ed intitolato Una fede amica dell’uomo: “Se la persona è il vero primum, conseguentemente
ogni altra realtà deve misurarsi con lei e partire da lei. La persona diventa, così, realmente, il vero
fine… Il progresso a livello culturale, sociale, politico, legislativo ed economico può essere
considerato veramente tale se rispetta e realmente valorizza la persona in quanto tale, a
prescindere da quello che la persona è in grado di fare, produrre o consumare... A partire dalla
centralità della persona, le scelte sia dei singoli sia della società sono degne e rispettose dell’uomo
solo se la persona vi è realmente interpellata e coinvolta e se partecipa a tali cambiamenti”
(Francesco Moraglia, Una fede amica dell’uomo, Ed. Cantagalli 2013, pag. 119).
La crescita della totalità delle persone e la centralità del lavoro dell’uomo devono
rappresentare per tutti l’attenzione prioritaria e la decisa prospettiva antropologica attorno a cui
operare.
Con la Fondazione Studium Generale Marcianum - insieme ad enti ed istituzioni locali
anche qui presenti - abbiamo, nei giorni scorsi, ragionato anche su queste cose sottolineando non a
caso l’impegno di approfondire, nel prossimo triennio, i temi dell’innovazione e in particolare dello
“svantaggio” occupazionale di giovani e donne. Sarà sempre più importante - su tutto ciò - lavorare
insieme, fare rete e confrontarsi di continuo fra “attori” del territorio, anche per favorire e far
crescere nuove opportunità.
Mentre ringrazio per questo incontro al Vega, percepisco d’essere qui in un tempo cruciale,
decisivo e non privo di difficoltà; si tratta però di un momento che ci “raccorda” al futuro e vuole
tendere allo sviluppo di quest’area strategica per Venezia e il Veneto.
Esorto tutti - in particolare i responsabili del Parco Scientifico Tecnologico, le istituzioni
locali, le organizzazioni economiche e sociali, le realtà imprenditoriali e associative a vario titolo
coinvolte e tutti i lavoratori qui impegnati - a operare con quel virtuoso “mix” di creatività,
innovazione, saggezza, equilibrio, coraggio e responsabilità così necessario per poter intraprendere
le strade giuste per generare un autentico, pieno e totale sviluppo delle persone e insieme del bene
comune che è sempre al di là degli interessi della singola persona, valorizzando così l’uomo, il suo
lavoro e il suo “genio”.

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Visita del Patriarca al VEGA - 1 Aprile 2014

  • 1. 1 Visita e incontro al Parco Scientifico Tecnologico di Venezia (Porto Marghera, 1 aprile 2014) Intervento del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia Carissimi, ringrazio per l’accoglienza e l’opportunità che oggi mi è data per conoscere meglio la realtà del Parco Scientifico Tecnologico di Venezia. In questo contesto - reso così originale per il territorio su cui sorge e per il numero di persone ed imprese che quotidianamente lo frequentano e animano - risuonano concetti e parole come “ricerca”, “sviluppo”, “innovazione”, “tecnologia”, “lavoro”, “sostenibilità” (economico- finanziaria e ambientale), “riqualificazione” (urbana e industriale). Ma, come è inevitabile in questi tempi così difficili, risuonano pure espressioni che appartengono al vocabolario delle situazioni di crisi o di trasformazione e che raccontano di progetti e obiettivi (presenti e futuri) e della necessità di riuscire ad essere “competitivi” ed efficaci, cercando sempre di far “tornare i conti” senza, però, spegnere orizzonti più ampi. E allora, qui, ritengo opportuno sottolineare che tutto questo ha senso e fine se c’è, al di sopra di tutto, un progetto ampio, un principio ispiratore: l’uomo, la persona. Il vero elemento unificante che caratterizza nel profondo anche una realtà particolarissima come il Parco Scientifico Tecnologico di Venezia - con le sue molteplici attività e strutture - è l’uomo, è la persona, soggetto in relazione. La sua relazionalità, poi, si volge verso una triplice realtà o dimensione: se stessi, gli altri, Dio. L’uomo-persona - mi preme ribadirlo - “è un io sostanziale in relazione; concretamente è un io in rapporto con altri singoli io ma, anche, un io in rapporto col noi-comunitario della collettività e con l’Io per eccellenza (Dio). Solamente vivendo la dimensione sociale dell’esistenza e ponendosi a servizio della collettività, la persona si esprime in quanto tale e raggiunge così il suo compimento. In maniera complementare, la comunità è veramente tale e raggiunge il suo fine quando s’impegna a dare ai membri che la costituiscono spazi personali di realizzazione” (Francesco Moraglia, Una fede amica dell’uomo, Ed. Cantagalli 2013, pag. 103). In questi giorni, in occasione delle ormai prossime ricorrenze che lo riguardano, ho ripreso alcuni testi della visita pastorale che Papa Wojtyla, che presto acclameremo “santo”, aveva compiuto proprio qui a Venezia, a Mestre e a Porto Marghera nel giugno 1985. Arrivando in piazza S. Marco e accennando alla multiforme varietà e difformità del territorio veneziano - evidenziato anche dalla posizione particolare di questo Parco, reale “cerniera” tra la città d’acqua e quella di terraferma -, Giovanni Paolo II notava di avere innanzi i diversi “volti della nostra civiltà” e osservava: “Come farli incontrare? Sembrano così diversi da essere perfino alternativi. Eppure la convergenza esiste e si situa nell'uomo, nella persona, nella sua libertà, nel suo diritto. È l'uomo il bene più prezioso, che va custodito, difeso e promosso. Sta qui la continuità di ogni vera civiltà: essere capace di rendere l'uomo protagonista consapevole della propria vita” (Giovanni Paolo II, Discorso alle autorità veneziane in Piazzetta S. Marco, 16 giugno 1985).
  • 2. 2 A quel tempo, certo, il Vega non esisteva ancora ma ritengo che Papa Wojtyla oggi non direbbe cose tanto differenti, affacciandosi dalle balconate di queste strutture e allargando/approfondendo lo sguardo sull’orizzonte umano e post-industriale di questo Parco, dei cantieri aperti e dell’ambiente circostante. Poi, il giorno seguente, proprio da Porto Marghera rivolgeva a tutti queste parole: “Questioni serie sorgono dalla situazione di "crisi". Esse devono essere lette non solo in chiave economica, politica e tecnica, ma anche e soprattutto in chiave etica. Ogni crisi, infatti, obbliga a rivedere e verificare la mentalità e la vita in vari loro aspetti… Vorrei dire a tutti - riprendeva Giovanni Paolo II - che la realtà di Porto Marghera è un patrimonio di esperienza lavorativa, imprenditoriale e sindacale, di professionalità e di ricerca tecnologica che va conservato, incrementato e messo a frutto a favore dello sviluppo del territorio. Ma il rilancio, o avrà una sua anima etica o non sarà autentico sviluppo” (Giovanni Paolo II, Discorso ai lavoratori, agli imprenditori e ai dirigenti del complesso industriale di Porto Marghera, 17 giugno 1985). Sembrano davvero parole scritte e dette per oggi! Rinnovo quest’invito e desidero, se possibile, “rafforzarlo” con un pensiero recente di Papa Francesco che, nell’esortazione Evangelii gaudium, così s’esprime: “All’etica si guarda di solito con un certo disprezzo beffardo. La si considera controproducente, troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere. La si avverte come una minaccia, poiché condanna la manipolazione e la degradazione della persona. In definitiva, l’etica rimanda a un Dio che attende una risposta impegnativa, che si pone al di fuori delle categorie del mercato. Per queste, se assolutizzate, Dio è incontrollabile, non manipolabile, persino pericoloso, in quanto chiama l’essere umano alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da qualunque tipo di schiavitù. L’etica - un’etica non ideologizzata - consente di creare un equilibrio e un ordine sociale più umano” (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 57). Non dimentichiamo, poi, che l’istanza etica ha sì molte dimensioni ed implicazioni - compresa la “sostenibilità” (economica e ambientale) che è tema delicato e sensibile - ma si fonda costantemente sulla centralità della persona nel suo legame imprescindibile del bene comune, ossia di tutte le persone, di tutta la persona e dell’intera comunità. Sono essenziali la competenza e la preparazione specifica degli amministratori, la capacità progettuale e, non ultima, la responsabilità etica. Si tratta di considerare se non poche difficoltà del nostro oggi siano legate ad errori, poca lungimiranza e, forse in taluni casi, anche a incompetenze di ieri; la situazione di crisi globale finanziaria, economica e politica - certamente più grande dei singoli soggetti e territori - ha pure le sue paternità. Poco più di un anno fa a Rovigo, incontrando gli amministratori del Polesine e trattando il tema “Quale collaborazione stabilire tra i responsabili del mondo del lavoro per superare l’attuale crisi economica?”, ebbi già modo di dire: “… un’attività profit o non profit che produce servizi direttamente rispondenti a bisogni delle persone concrete (case di riposo, comunità alloggio, asili, case di riabilitazione, ecc.), o beni e servizi per un cliente impersonale valutato secondo parametri di profitto (beni destinati alla vendita e servizi generali, es.: trasporti, grande distribuzione) , devono mirare tutte e sempre ad un equilibrio economico e finanziario e, quindi, essere in grado di conseguire una situazione in cui i ricavi o, comunque, le entrate siano in grado di produrre un risultato positivo di gestione o di compensare le spese o, almeno, ancora di attestarsi su deficit accettabili che non mettano in questione gli equilibri strutturali. Solo in questo modo un’attività profit o non-profit genera sicurezza sociale… ” (Francesco Moraglia, Incontro con politici e amministratori del Polesine sul tema “Quale collaborazione stabilire tra i responsabili del mondo del lavoro per superare l’attuale crisi economica?”, Rovigo - 21 gennaio 2013).
  • 3. 3 E comunque - alla luce di tali elementi e anche altri, per non cadere in facili semplificazioni - l’uomo va sempre oltre… il profitto, l’economia, la tecnica, la tecnologia, l’informatica, la burocrazia, l’accesso al credito ecc. Si tratta dunque, ogni volta, di riaffermare quel “primato dell’uomo rispetto alle cose” che lo stesso Giovanni Paolo II amava ripetere nell’enciclica “Laborem exercens”, tuttora attualissima. Secondo tale logica scrivevo in un breve testo consegnato alla Diocesi di Venezia lo scorso anno ed intitolato Una fede amica dell’uomo: “Se la persona è il vero primum, conseguentemente ogni altra realtà deve misurarsi con lei e partire da lei. La persona diventa, così, realmente, il vero fine… Il progresso a livello culturale, sociale, politico, legislativo ed economico può essere considerato veramente tale se rispetta e realmente valorizza la persona in quanto tale, a prescindere da quello che la persona è in grado di fare, produrre o consumare... A partire dalla centralità della persona, le scelte sia dei singoli sia della società sono degne e rispettose dell’uomo solo se la persona vi è realmente interpellata e coinvolta e se partecipa a tali cambiamenti” (Francesco Moraglia, Una fede amica dell’uomo, Ed. Cantagalli 2013, pag. 119). La crescita della totalità delle persone e la centralità del lavoro dell’uomo devono rappresentare per tutti l’attenzione prioritaria e la decisa prospettiva antropologica attorno a cui operare. Con la Fondazione Studium Generale Marcianum - insieme ad enti ed istituzioni locali anche qui presenti - abbiamo, nei giorni scorsi, ragionato anche su queste cose sottolineando non a caso l’impegno di approfondire, nel prossimo triennio, i temi dell’innovazione e in particolare dello “svantaggio” occupazionale di giovani e donne. Sarà sempre più importante - su tutto ciò - lavorare insieme, fare rete e confrontarsi di continuo fra “attori” del territorio, anche per favorire e far crescere nuove opportunità. Mentre ringrazio per questo incontro al Vega, percepisco d’essere qui in un tempo cruciale, decisivo e non privo di difficoltà; si tratta però di un momento che ci “raccorda” al futuro e vuole tendere allo sviluppo di quest’area strategica per Venezia e il Veneto. Esorto tutti - in particolare i responsabili del Parco Scientifico Tecnologico, le istituzioni locali, le organizzazioni economiche e sociali, le realtà imprenditoriali e associative a vario titolo coinvolte e tutti i lavoratori qui impegnati - a operare con quel virtuoso “mix” di creatività, innovazione, saggezza, equilibrio, coraggio e responsabilità così necessario per poter intraprendere le strade giuste per generare un autentico, pieno e totale sviluppo delle persone e insieme del bene comune che è sempre al di là degli interessi della singola persona, valorizzando così l’uomo, il suo lavoro e il suo “genio”.