Hi everyone
LA RIVISTA GENTILE was born. I am a teacher. With a group of colleagues and professionals in education fields, throughout the past school year, we reflected on this post-pandemic reality. I share the result with you.
Thank you
3. Il green pass obbligatorio per entrare a scuola è stata
la miccia che ha dato vita a questa rivista.
Pensavo che un simile avvenimento dovesse stimolare
un dibattito acceso ed erudito fra noi insegnanti.
Sono rimasto incredulo, invece, per la mancanza di confronto
riguardo a un momento storico così drammatico ed epocale.
La scuola è il tempio della cultura, era doverosa una riflessione.
Ho coinvolto, quindi, alcuni colleghi con i quali ci siamo riuniti
per parlare del mondo in questo presente distopico post 2020.
A distanza, insieme ad altri amici, è sorto un percorso parallelo.
Ne è nata una sperimentazione di pensiero che lascio libera
nella sua forma, ma che riconosco magicamente intrecciata
da un fil rouge ben riconoscibile, fra denuncia
di un sistema di vita malato ed una forte richiesta di aiuto.
4. progetto e testi di Tomaso Bozzalla
fotografie di Alessia Napolitano
5. Gilberto Bellino
Il blob
Tomaso Bozzalla
Il bene comune
Alessandro Ratti
L’arte del fare
Luca Dolfi
L’improvvisazione
Patrizia Belardi
L’uomo ecosistemico
Lorenzo Alfieri
La materia cosciente
Antonella Marsilia
Memoria
Cristina Coloru
Morte
Alessia Napolitano
L’anatra, la morte e il tulipano
6. L’era degli uomini è finita.
Questa frase de Il signore degli anelli mi
risuona in testa da due anni, da quando è
iniziata la pandemia. La sua naturale
continuazione, però, vede aprirsi scenari
più luminosi degli orchi.
L’umanità di questo mondo sta andando
verso la spiritualità. Siamo anima, spirito e
mente racchiusi nella dimensione terrestre
dentro un corpo fisico. È il nostro destino,
qui, confrontarci con la fisicità e la
finitudine.
Il futuro che ci siamo costruiti è dominato
dagli aspetti materiali, è incentrato sulla
forza. La direzione che abbiamo intrapreso
ci ha portato a vivere in una società sorda
muta e cieca, ma lampi di risveglio
risuonano dalle cime degli alberi: è il
respiro dentro di noi. Viviamo sempre più
momenti in cui ci accorgiamo di essere
presenti, hic et nunc, nell’atto del vero
ascolto.
7. Questo è il tempo della visione, del mare all’orizzonte.
Non può essere tutto qua, il mondo.
L’umanità non può accontentarsi di poter scegliere
l’auto migliore; la scuola non può ridursi a produrre
tecnici automi senz’anima né spirito; le persone non
possono accartocciarsi dentro spazi virtuali; le famiglie
non possono consumarsi correndo dietro le spese
quotidiane. Il senso di questa vita non può essere
oppresso dalle paure materiali.
L’era di questo mondo è finita, è vero, il tempo
dell’anima è giunto.
C’è un significato più grande e completo della vita.
Appare ormai chiaro che la via che abbiamo percorso
sia sbagliata e che ci sia qualcosa di nuovo, oggi,
nell’aria, anzi di antico.
Che gli uomini inizino a guardarsi intorno,
ad ascoltare l’aria, a dialogare col signor tempo,
a riscoprire se stessi parte di un tutto.
10. Quando domandavo agli Achuar perché il cervo, la scimmia cappuccina e le piante di
noccioline si presentavano sotto un’apparenza umana nei loro sogni, essi mi rispondevano,
sorpresi per l’ingenuità della domanda, che la maggior parte delle piante e degli animali
sono persone proprio come noi. Nei sogni noi possiamo vederli senza il loro costume
animale o senza il loro costume vegetale, ovvero come degli uomini. Gli Achuar dicono in
effetti che la grande maggioranza degli esseri della natura possiedono un’anima analoga a
quella umana, che permette loro di pensare, di ragionare, di provare dei sentimenti, di
comunicare come gli umani, e soprattutto che li porta a riconoscersi, loro stessi, come
esseri umani, malgrado la loro apparenza animale o vegetale.
P. DESCOLA, Diversità di natura, diversità di cultura, Ed. Book Time, Milano, 2011, p. 14
Il blob
Gi l berto Bel l i no
Ci ao Tommy, sono
sugl i spal ti di un
campo da basket e
mentre aspetto che
Arnoul d fi ni sca di
gi ocare ti mando un
vocal e.
Sono stato trauma-
ti zzato dal l ’ i mpatto
con l a burocrazi a
francese. Sto i ni -
zi ando fi nal mente a
l egal i zzare l a mi a
si tuazi one dopo tre
mesi . Avevo i nvi ato
tutta l a documen-
tazi one, ma mi sono
scontrato con i l
mondo del l a robo-
ti ca di gi tal e che si
muove attraverso
al gori tmi .
Ed eccoci qua, tre
mesi per aspettare
un fogl i o. Dopo pi ù
di quarant’ anni di
vi ta ri ncorro papi ri
È una situazione
in cui ci siamo messi noi umani:
i computer sono degli oggetti, così
come tutti gli altri utensili, come la
lancia o il fuoco, scoperti o inventati
apposta per migliorare la nostra
qualità di vita, per evolvere.
11. che mi di ano l a pos-
si bi l i tà di entrare
con tutti e due i
pi edi nel l a soci età,
così da potermi
i denti fi care come
archi tetto.
E l a mi a vi ta ri co-
mi nci a ancora una
vol ta i n una nuova
ci ttà. Dopo tutto
quel l o che ho fatto,
mi sembra di gi rare
a vuoto e mi facci o
domande, ma ho
poco tempo per
cercare ri sposte,
perché l a fami gl i a
chi ama.
Mi a nonna non sta
bene. Mi ri trovo a
ri fl ettere sul l a mor-
te. E l a ri sposta ar-
ri va i nevi tabi l e dal -
l a vi ta. Per caso mi
sono messo ad as-
col tare una tras-
mi ssi one radi o-foni -
ca, argomenti sci -
enti fi ci trattati con
una vi si one anche
poeti ca: parl avano
del bl ob. Ora, ti eni ti
forte, i l bl ob non è
un fungo e non è un
ani mal e e non è un
vegetal e, l ’ abbi amo
vi sto nel fi l m ma
nel l a real tà esi ste
veramente. Il bl ob è
una roba che abi ta
nei boschi , per e-
sempi o, si ri pro-
duce da sol o ed è
una speci e uni cel -
l ul are. Di cono di
aver vi sto i l bl ob
pi ù grande al mon-
Noi parliamo di morte ma non
sappiamo cosa voglia dire vita.
Geneticamente siamo più vicini a un
fungo o a un blob?
do i n una foresta
negl i Stati Uni ti ,
l ungo quasi 1 Km.
Recentemente han-
no scoperto che i l
bl ob è i ntel l i gente,
ci oè è capace di
ri sol vere dei probl e-
mi ; ma l a cosa pi ù
sconcertante è che
se prendi 50 bl ob,
ognuno di questi
esseri uni cel l ul ari
ri sol verà l o stesso
probl ema i n mani -
era di versa. Un bl ob
esce fuori da un l a-
bi ri nto, ri esce a na-
scondersi dal sol e.
veranno mol to pi ù
l ontano di noi e per
questo ben pi ù i n-
tel l i genti di noi fi -
nal mente.
Noi abbi amo bi so-
gno del regno vege-
tal e per sopravvi ve-
re, mentre l e pi ante
non hanno bi sogno
del regno ani mal e,
certo l e api e gl i
i nsetti ri coprono un
ruol o i mportante,
ma i l regno vege-
tal e sol o col vento
ce l a farebbe a ri -
prodursi .
Ri sal endo al l ' ori gi -
ne di tutto, sul
grande al bero del l a
vi ta, del qual e noi
si amo gl i ul ti mi ra-
metti i n al to, da che
cosa deri vi amo noi ?
Forse se andando a
ri troso a guardare i l
ramo pi ù grande su
cui sti amo crescen-
do, potremmo tro-
varci una medusa!
Noi facci amo parte
del tutto, non sol -
tanto del regno ani -
mal e o vegetal e.
Dobbi amo apri rci ad
al tre i ntel l i genze
che arri vano da
mol to pi ù l ontano
di noi e che arri -
Intanto conti nuo a
scal are e mi sto
prendendo qual che
soddi sfazi one.
Ho ri sposto a un
annunci o e mi sono
ri trovato a scal are
con un gruppo di
sessantenni forti s-
si mi e adesso ho
questi nuovi ami ci .
Conti nuo a guar-
dare l a parti ta di
mi o fi gl i o.
A presto Tommy.
16. «Da noi, nella Terra di Marcita», proseguì il Fuoco Fatuo impappinandosi,
«è successo qualcosa… cioè continua a succedere… è molto difficile da
spiegare… è cominciato col fatto che… insomma, all’est del nostro Paese c’è
un lago, o meglio c’era, si chiamava Gorgoglione. E allora è cominciato così,
che un bel giorno il lago Gorgoglione non c’era più. Via, sparito, capite?»
«Vuoi dire che si è prosciugato?» volle sapere Ukuk.
«No», replicò il Fuoco Fatuo, «in tal caso in quel punto ci sarebbe adesso
un lago prosciugato. Ma non è così. Là dove c’era il lago, adesso non c’è più
nulla, mi capite?» «Un buco?» grugnì il Mordipietra. «No, neppure un buco.»
Il Fuoco Fatuo appariva sempre più impotente a spiegarsi. «Un buco è già
qualcosa. Ma là non c’è nulla.» Gli altri tre messaggeri si scambiarono rapide
occhiate. «E come si presenta, uh uh! questo niente?» domandò l’Incubino.
«È proprio questo che è tanto difficile da descrivere», assicurò il Fuoco Fatuo
sempre più infelice. «Non si presenta affatto. È… è come… ah, come lo si può
dire, non c’è una parola per questo.»
M. ENDE, La storia infinita, Ed. Longanesi, Milano, 2019, p. 27
Il bene comune
Tomaso Bozzal l a
“La cul tura i tal i -
ana, ri guardo al l a
scuol a, non ha pro-
dotto paradi gmi
autori fl essi vi : l ’ uni -
co model l o di sponi -
bi l e è di matri ce
fondamental mente
esteti ca, l ’ arte di
fare scuol a. Il resto
è soprattutto i deo-
l ogi a pol i ti ca.
[…] Può darsi che
si a vero che l ’ Ital i a
non sa bene che
cosa vuol e dal l a
scuol a, ma è certo
che non vuol e es-
serne di sturbata. ”
C. Scurati , Li nea-
menti e ri fl essi oni
fra pedagogi a e di -
datti ca, operapi zzi -
goni . i t
Il mi ni stro del l ’ I-
struzi one Bi anchi
ha esortato i pro-
fessori a promuo-
vere gl i studenti so-
stenendo che l a
scuol a deve essere
i ncl usi va e affet-
tuosa.
Ci rca l a metà dei
ragazzi , oggi , i n
Ital i a, non è i n
grado di fare questa
scuol a superi ore i n
sol i ci nque anni .
Noi professori non
ri usci amo a reggere
i l confronto con l e
tempi sti che dei fa-
mi gerati programmi
(abol i ti , ma sempre
comunque ri chi e-
sti ), né con i l nume-
ro del l e mai supera-
te i nterrogazi oni e
veri fi che da eserci -
tare durante l ’ a. s. ;
al l o stesso modo gl i
studenti non posso-
no sostenere l a mo-
l e di nozi oni i mpar-
ti te da ci ascuna
si ngol a materi a i n
17. così poco tempo.
Questo avvi ene per-
ché i l mondo fuori
dal l a scuol a è cam-
bi ato, si comuni ca
i n mani era di fferen-
te gi à sol tanto ri -
spetto a tre anni fa,
si parl a, si scri ve, si
l egge e si ascol ta i n
modal i tà che si
ri nnovano costante-
mente e questo non
può pi ù essere con-
ci l i abi l e con i l si ste-
ma scol asti co adot-
tato ancora oggi i n
Ital i a. Questa man-
canza d’ i ncontro fra
scuol a e real tà è
causa del l e bocci a-
ture. Ri sul ta qui ndi
sempl i ci sti co l o
spot l anci ato nel
2021 dal Mi ur.
La scuol a di oggi è
forzatamente i nfl u-
enzata dal l a pande-
mi a del 2020. Nel
2020 qual cosa è
successo: così come
nel 2001, così come
con l e guerre mon-
di al i o l a ri vol uzi one
i ndustri al e, anche
nel 2020 qual cosa è
successo e ha fatto
nascere un al tro
mondo. Per questo,
ed è sotto gl i occhi
di tutti , i vecchi pa-
radi gmi precosti tui -
ti i n questi ul ti mi
decenni non val go-
no pi ù.
C' è stato uno scarto
nel l a l i nea spazi o-
temporal e. Sti amo
andando mol to ve-
l ocemente verso un
al tro mondo. Se noi ,
tutti noi , non con-
tri bui remo al cam-
bi amento del l a so-
ci età e qui ndi del l a
scuol a, i l tempo fa-
rà i l suo corso senza
al cun i ntervento da
parte nostra e ci
ri troveremo perduti
senza saperl o.
Dobbi amo deci dere
da che parte stare.
Abbi amo un ruol o
soci al e fondamenta-
l e i n questo mo-
mento: noi si amo l a
Scuol a, i l l uogo do-
ve non bi sogna sol o
parl are di acco-
gl i enza, i ncl usi one
ed affettuosi tà, ma
nel qual e bi sogne-
rebbe anche tra-
sformare queste
buone i ntenzi oni i n
fatti per i l bene co-
mune. La scuol a do-
vrebbe portare nuo-
ve prospetti ve: l a l i -
bertà, come di ceva
Lamberto Borghi , è
l a l i bertà di tutti ,
raggi ungi bi l e grazi e
al l a l i bertà di ci a-
scuno, attraverso i l
di al ogo e l a cono-
scenza reci proca. La
scuol a e di conse-
guenza l a soci età
i ntera sta pagando
un prezzo troppo
al to per col pa di
una mancanza di
cri ti ca che vada a
toccare l e radi ci pi ù
profonde del l ’ edu-
cazi one, i l senso
del l a scuol a al l ’ i n-
terno di questo
nuovo mondo.
Ho l a sensazi one
che non tutti dedi -
chi no l a propri a vi -
ta, i l propri o l avoro,
l a propri a vol ontà al
vero bene comune,
agl i al tri e qui ndi a
noi stessi . Il l i mi te
i nvi si bi l e contro cui
sbatti amo è ben
evi dente, ma non l o
ri conosci amo per-
ché a noi basti amo
così .
La scuol a, sembra
fermarsi l ì .
La scuola del futuro non potrà più
essere quella di oggi, perchè la
società, ma soprattutto le persone,
non saranno mai più le stesse e
cresceranno in maniera diversa ri-
spetto all’avvenire che si prospettava
prima del 2020.
18. È i n atto uno studi o
per far durare l e
scuol e superi ori 4
anni i nvece che 5;
i nol tre sono stati
presi dei provve-
di menti che punta-
no al rafforzamento
del l a formazi one
professi onal e e de-
gl i i sti tuti tecni ci
superi ori per favori -
re l ’ i nseri mento de-
gl i studenti nel
mondo del l avoro.
In questo modo si
di ce a chi are l ettere
che non si ha
cosci enza di quanto
sta succedendo nei
Li cei , dove è pal ese
che uno studente,
nel l a scuol a di oggi ,
non ri esca ad avere
i l tempo di crescere
i n sol i 5 anni (fi gu-
ri amoci i n 4) e si
espl i ci ta al tresì l a
vol ontà di al l onta-
nare dal l a scuol a i l
concetto di “fare
cul tura”, per sosti -
tui rl o con faci l i sl o-
gan ri vol ti al mondo
del l avoro.
Grandi pedagogi sti ,
da Frei re a Borghi ,
sostengono che sol o
rendendo consape-
vol e l o studente del
propri o sapere, da l ì
si possa parti re per
apprendere ancora
e svi l uppare i l pro-
pri o i o dal l a teori a
al l a prati ca (e ri -
torno). Purtroppo l a
di rezi one i ntrapresa
va di chi aratamente
dal l a parte opposta:
una scuol a che
“produce” tecni ci e
non ci ttadi ni (l a
persona non vi ene
nemmeno vi sta).
“Se qual cuno doves-
se chi edere a me,
come fi l osofa, che
cosa si dovrebbe
i mparare al Li ceo,
ri sponderei : pri ma
di tutto, sol o cose
i nuti l i , greco anti -
co, l ati no, matema-
ti ca pura e fi l osofi a,
tutto quel l o che è
i nuti l e nel l a vi ta. Il
bel l o è che così ,
al l ’ età di 18 anni , si
ha un bagagl i o di
sapere i nuti l e con
cui si può fare di
tutto. Mentre col
sapere uti l e si pos-
sono fare sol o pi c-
col e cose. ”
Agnes Hel l er,
Sol o se sono l i bera,
2013
assecondate come
se anni di pensi ero
pedagogi co fossero
stati messi i n un
cassetto (i l famoso
tempo del l ' attesa,
del l a ri fl essi one e
del l a maturazi one
i nteri ore, tanto stu-
di ati da Rousseau a
Scurati ). Cosa di -
rebbero Ferri ère e
l a sua educazi one
atti va, o Frei re con
l a pedagogi a degl i
oppressi , o Frei net
promotore del l a ti -
pografi a scol asti ca?
La di mensi one edu-
cati va al l avoro è
una produzi one cul -
tural e, non dovreb-
be essere sempl i ci -
sti camente tecni ca
nozi oni sti ca. Si a nel
passato (arti gi ano)
che nel presente
(mul ti taski ng), i l l a-
voratore è col ui che
usa l a testa e l e
mani per arri vare a
fare una cosa
col cuore. Insegnare
a vi vere separando
queste tre compo-
nenti è l ' opera peg-
È come se la scuola, oggi, volesse
scindere la società in due classi ben
distinte: il lavoro manuale, l’unico
scopo di vita a cui ambire, e il
pensiero intellettuale e trascendente,
mortificato come inutile perdita di
tempo.
Il mercato del l avo-
ro i mpone regol e al
mondo del l ' educa-
zi one, che vengono
19. gi ore che l a scuol a
possa perpetrare.
Perdendo di vi sta
l ’ astrazi one, i l con-
cetto stesso di
scuol a crol l a.
Se dal l ’ al to, però, si
evoca l a promozi o-
ne di massa per i l
bene di tutti , di -
venta di ffi ci l e pro-
vare a formul are un
pensi ero pi ù arti -
col ato e profondo,
si è portati ad ade-
guarsi al ri basso fi -
dandosi del capo.
Facendo ri feri mento
ai grandi Maestri ,
dal l a di sobbedi enza
ci vi l e di Don Mi l ani ,
secondo cui ognuno
deve crescere con-
sapevol e del propri o
essere ci ttadi no,
dal l ’ antroposofi a di
R. Stei ner al l ’ asso-
l uto pedagogi co di
R. Laporta, dove si
col l oca l a scuol a i n
tutto questo?
La cri si umana che
sti amo attraversan-
do rende urgente e
necessari a l ’ entra-
ta i n scena di un
grande cambi amen-
to soci al e. Se ad es-
sere mal ata, devi a-
ta, è l ’ umani tà stes-
sa, se i l contesto i n
cui l a scuol a opera
vaga senza meta,
al l ora pi ù che mai
dovremmo fondare
l e basi del nostro
ri scatto propri o
al l ’ i nterno del l e
mura scol asti che,
perchè è i l si ngol o
uomo-mattone che
forma l a soci età.
Come professore
sento l a necessi tà
di un pensi ero che
abbracci quanto sta
avvenendo i n ma-
ni era pi ù organi ca e
compl eta, propri o
come si farebbe per
qual si asi argomento
trattato con compe-
tenza al l ’ i nterno di
una cl asse. Se i l
si stema scol asti co
fosse contestual i z-
zato al concetto di
tempo e di spazi o i n
questo nuovo mon-
do, se ci fosse una
prassi di datti ca
adeguata al l a no-
stra soci età e uno
studi o pedagogi co
ben radi cato nel l e
fondamenta, tutti
noi ci muoveremmo
verso l o stesso fi ne:
i l vero bene
comune.
Camminiamo lungo la foce di un fiume fino al mare. Il sentiero è di cemento, senza alberi, c’è
un mini spazio recintato per gli "amici a quattro zampe", tanta sporcizia, sprazzi di prati
incolti e secchi. Incontriamo tumuli di sabbia o altro materiale da cantiere, lampioni rotti.
Sulla sinistra case abitate che sembrano abbandonate, cemento e ferro, sulla destra cumuli
di legna portata a riva dal fiume e dalle maree. Tra gli spazi alcune persone si sono sdraiate a
prendere il sole. Arriviamo ad un locale disadorno dove si gioca alle slot machine. Aperitivi,
musica alta, cani tenuti al guinzaglio, bambini che vogliono il gelato, mamme nervose, papà
annoiati. Si apre un lembo di spiaggia pubblica racchiusa tra gli ombrelloni degli stabilimenti
balneari, una marea di persone accalcate sugli asciugamani.
20. A proposito di un collezionista di insetti giapponese,
Hugh Raffles scrive: “Dopo aver collezionato per tanti anni,
ora ha gli occhi mushi, occhi da insetto, e nella natura vede
ogni cosa dal punto di vista di un insetto.
Ogni albero è un mondo a sé stante, ogni foglia è differente.
Gli insetti gli hanno insegnato che i nomi generali come
insetti, alberi, foglie e soprattutto natura distruggono la
nostra sensibilità ai dettagli. Ci rendono concettualmente
e fisicamente violenti. Diciamo: ‘Oh un insetto’, vedendo solo
la categoria e non l’essere in se stesso” (Raffles, 2010: 345)
E. KOHN, Come pensano le foreste,
Ed. Nottetempo, Milano, 2021, p. 168
L’ arte del fare
Al essandro Ratti
Parti amo dal punto
di vi sta.
Ho sempre combat-
tuto l ’ eti chetta di
arti sta, ma i n defi -
ni ti va qui con l oro
i o sono anche quel -
l o. Il mi o ruol o tec-
ni camente è quel l o
del l o scenografo
che fa un l abora-
tori o di teatro con
un gruppo i nfor-
mal e di ragazzi del
l i ceo arti sti co, sono
i l formatore di que-
sto l aboratori o. Ho
un approcci o da ri -
cercatore e pro-
pongo un percorso
da compi ere i nsi e-
me a l oro. Non i n-
segno, i o facci o,
non sono arri vato,
ma cammi no con
l oro. È attraverso i l
fare ri cerca mate-
ri al mente che creo
arte.
Fi n dal l e pri me
esperi enze di venti
anni fa, i ni zi o i l per-
corso con una map-
patura: un punto di
partenza fi si co per
dare i l senso di
ori entamento i n
quel terri tori o, per
poi spazi are se-
guendo l e correnti
spontanee che si
svi l uppano al l ’ i n-
terno del gruppo. A
settembre erano 25,
oggi ne sono ri ma-
sti 17 ed è un gran-
de successo.
Al l ’ i ni zi o i ragazzi
non si conoscevano
fra l oro. Nel pri mo
i ncontro ho fatto
una speci e di show
desk dove ognuno
di l oro mi presen-
tava qual cosa di se
stesso ed ho por-
tato l oro pi ccol i do-
ni : una pi etra, una
armoni ca, un pen-
nel l o. Un ragazzo,
per esempi o, mi ha
fatto vedere tre fo-
to di suoi l avori dal
cel l ul are, non mi
sono pi aci uti e da l ì
si amo parti ti . i n
quel momento nes-
suno si è cono-
sci uto veramente,
21. vederl i ora è emo-
zi onante, hanno fat-
to tutto da sol i , i o
sono stato i l l uogo
del l oro i ncontro
setti manal e.
L’ i ntento è comune.
A scuola il prof è una figura che dà,
fa un altro lavoro rispetto al mio.
Mi sento responsabile, come i docen-
ti, per quello che sto facendo, ma lo
strumento qui è l’arte pubblica
e relazionale.
i l l avoro l o si fa
toccando con mano
l a creta, i l l egno e
l a pi ttura, l e l uci , i
tel i ed occupando
gl i spazi del teatro.
Dovremo ri creare
un vol to umano che
nasce da un al bero:
si amo parti ti senza
sapere che cosa ne
sarebbe venuto fuo-
ri , l ’ i dea nel l a mi a
testa era una forma
vagamente oval e
messa di tre quarti .
Il mi o i nsegnare sta
nel muovere i ra-
gazzi , i ndi care di re-
zi oni . Ci si amo mes-
si a pi egare del l e
canne e abbi amo
formato un rettan-
gol one come base
su cui l avorare.
Tutto ha avuto ori -
gi ne dai rotol egni , i l
nome gl i el ’ hanno
dato i ragazzi .
Nessuno ha fi ni to i
50 metri di carta,
ma tutti hanno di -
segnato l a l oro ci ttà
andando i n gi ro per
l e strade ad osser-
vare. Il testo tea-
tral e ci portava
verso gl i al beri e i l
rapporto fra uomo e
natura. Ognuno ha
scri tto i l propri o di -
ari o di vi aggi o, i l
canto degl i al beri .
Pri ma di parl are ci
si amo messi a guar-
dare l e pi anti ne co-
me nascevano dal
tombi no, abbi amo
cercato i l ti po di
pi anta con l ' app. In
centro ci ttà c’ è una
pal ma che è cre-
sci uta dentro un
dattero; fi no a una
certa al tezza è una
pi anta, poi dal l a
stessa ne sbuca fuo-
ri un’ al tra.
Ini zi al mente abbi a-
mo l avorato sul l a
vel oci tà, sul l o schi z-
zo. E i ntanto si ca-
pi sce chi è pi ù por-
tato nel di segno,
con l a mati ta, con l a
chi na, coi col ori ; col
passare del l e setti -
mane dò nuovi stru-
menti i n mano ai
ragazzi . L’ approcci o
al l a sensi bi l i tà arti -
sti ca passa attraver-
so queste esperi en-
ze. Se vedo che uno
ha l ’ occhi o scul to-
reo gl i metto da-
vanti l a creta. La vi -
si one pi ù ampi a l a
tengo al l ’ ori zzonte,
ma i ntanto i ragazzi
l avorano sul punto,
su di l oro.
Superata l a fase dei
rotol egni , si amo
passati ai vi deo, al -
tro strumento per
i ndagare l ’ urbano.
Ognuno porta l a sua
vi si one del mondo:
si amo parti ti dai
dettagl i natural i -
sti ci , abbi amo cer-
cato di comprende-
re l a natura di un
al bero perché è
questa l a ri cerca
dettata dal testo
teatral e. Abbi amo
usato pi ccol e por-
zi oni del corpo
umano, schi ene sco-
perte, torsi nudi ,
spacchi di gambe,
movi menti di brac-
ci a. I ragazzi si sono
di pi nti a vi cenda,
superando gl i i m-
barazzi . Uno stu-
dente di pri ma ha
fatto i l di segno di
un al bero sul l a
schi ena di una ra-
gazza di qui nta.
Hanno fatto una se-
ri e di fotografi e per
poi fare un mon-
taggi o i n stop
22. moti on. Ne sono
venuti fuori vi deo
mol to i ntensi , con
dettagl i di gi noc-
chi a, muscol i del
col l o, costol e, di ta
che come pi ccol i
rami crescono.
Proi etteremo tutto
su apposi ti tel i
appesi a metà del
pal co. Gl i spettatori
si ederanno tutt’ i n-
torno a cerchi o.
Da cosa nasce cosa.
Abbi amo usato una
l uce teatral e da
studi o fotografi co; i
cel l ul ari fanno vi -
deo e foto con una
buona ri sol uzi one
che ci hanno per-
messo di cogl i ere i
costrui re l ’ al bero
con una schi umata
di espanso per ter-
ra. Abbi amo creato
un’ i nstal l azi one
mul ti medi al e da far
gi rare i n l oop su
tanti moni tor, al l e-
sti to del l e l uci
di mmerabi l i al l ' i n-
terno di una gabbi a
di metal l o.
Questo è fare per
me. Facci amo arte.
Qui ndi sono un ar-
ti sta sì . Sono un for-
matore, un i nse-
gnante e uno sce-
nografo. Sono punti
di vi sta. Sono uno
che per l oro sarà
sempre un vecchi o.
pi ccol i parti col ari
del l a pel l e, trasfor-
mandol i i n nodi di
cortecci a, i n radi ci
o gemme. In tutti
questi momenti non
c’ è mai stata man-
canza di ri spetto fra
i ragazzi , e questo
secondo me è do-
vuto anche al ti po
di scuol a che fre-
quentano. L’ arte i n-
segna ad avere un
rapporto sensi bi l e
con i l corpo.
Lasci o a l oro i l mi o
computer per mon-
tare i vi deo e ogni
vol ta mi ri trovo l e
i mpostazi oni di Pre-
mi ere stravol te.
Abbi amo i ni zi ato a
In piazza una ragazza spiega la sua opera d’arte.
Ha trascorso un periodo in residenza in un paesino,
ha scoperto la bellezza del parlare con gli abitanti
ed è arrivata ad esprimere le sue emozioni in
un’opera: il percorso è stato importante, il senso
di appartenenza degli abitanti l’ha toccata.
All’inizio tutti attraversano questo tipo di
considerazioni, già affrontate da milioni di artisti,
ma se si ricomincia ogni volta dalla A,
nelle scuole la faranno sempre da padrone
le attività di educazione artistica. La scuola ha
bisogno dell’intervento di artisti professionisti,
l’arte deve assurgere alle sfere più alte per innalzare
il livello culturale. L’arte pubblica e relazionale
non può essere reinventata come novità ogni
volta che si va alla scoperta del mondo.
È fondamentale che il mondo esterno dentro cui
cresce la scuola sia in grado di sporgersi in maniera
dirompente verso il futuro, conoscendo il passato,
perché la scuola è il tempo e lo spazio in cui vive.
23.
24. L’ improvvisazione
Luca Dol fi
Scri ve i n un saggi o
Vi ttori a Dol cetti Co-
razza: L' i mprovvi sa-
zi one è un fenome-
no uni versal e che
attraversa i secol i ,
l e tradi zi oni e l e si -
tuazi oni pi ù di verse
e che si avval e di
forme espressi ve di
vari o genere. . . è l e-
gata al l ' oral i tà e si
confi gura come un
tratto di quel l a at-
ti vi tà poeti ca, non
di sgi unta da ac-
compagnamento
musi cal e, che sot-
tol i neava parti col a-
ri momenti del l a
vi ta soci al e senti ti
come i mportanti e
ri cchi di si gni fi cato,
per esempi o l a
guerra, l a morte, i l
banchetto ecc.
Ma anche Cortazar
i n vari saggi e ri -
fl essi oni afferma
con forza che l a
maggi or parte dei
suoi racconti sono
nati da associ azi o-
ni i nattese e da si -
tuazi oni poco defi -
ni bi l i e tutt' al tro
che catal ogabi l i nel
tempo e nel l o spa-
zi o. Racconti nati
dunque da atti di
vol ontà i mprovvi sa,
da un repenti no
cambi o di attenzi o-
ne. Tutto appari reb-
be fuori da ogni l o-
gi ca, ma è l o stesso
Cortazar che ci vi e-
ne i n ai uto: l a cre-
azi one nasce dal l a
profondi tà, l a crea-
zi one è l a consa-
pevol ezza i nconsa-
pevol e del l a prati ca
i mprovvi sa.
( G I U L I A N A F E R R E C C I O ,
D A V I D E R A C C A [ a c u r a
d i ] , L ' i m p r o v v i s a z i o n e i n
m u s i c a e i n l e t t e r a - t u r a ,
T o r i n o , H a r m a t t a n I t a l i a ,
2 0 0 5 , p . 1 8 )
( C O R T A Z A R J U L I O ,
E n t r e t i e n a v e c O m a r
P r e g o , G a l l i m a r d
P a r i s , 1 9 8 6 , p . 2 4 )
Oggi le cose scompaiono costantemente, senza che
ce ne accorgiamo. È la nostra smania comunicativa
ed informativa a far sparire le cose. Le informazioni,
ovvero le non-cose, si antepongono alle cose
facendole completamente sparire. […] Presi da questa
urgenza informativa, non possiamo più percepire la
bellezza delle cose. Siamo frastornati dalla frenesia
dell’informazione, della comunicazione,
senza renderci conto che la digitalizzazione sta
sottoponendo il nostro rapporto con il mondo, la
nostra percezione ad un cambiamento radicale:
l’ordine della terra si compone di cose, che assumono
una forma permanente e formano un ambiente
stabile, consolidato per la convivenza umana;
mentre le informazioni, rispetto alle cose, non
formano un ambiente altrettanto stabile all’interno
del quale possiamo convivere. […] La crisi odierna
della libertà è insidiosa perché abbiamo a che fare
con una tecnica di potere che non nega o sopprime
la libertà, ma anzi la sfrutta. […] Il dominio smart,
invisibile, non incontra la nostra resistenza.
BYUNG-CHUL HAN, Lectio magistralis
(https://www.facebook.com/associazionetlon/videos/
949738202635604)
25. L'idea, in sostanza, si fa luce interiore
e determina lo spostamento dello
sguardo, là, dove pulsano le
possibilità.
Appare chi aro che
si tuazi oni di questo
genere, che si pre-
sentano a scuol a
ogni gi orno, devono
necessari amente
essere sorrette
dal l ' esperi enza e
dal l a memori a di l a-
voro, i n modo che
l ' i ni zi ati va i mprov-
vi sa possa dar l uogo
a un progetto che
sappi a crescere se-
condo l e esi genze
che l e sono propri e.
È il progetto o l'opera ad essere
creativa, non l'autore
Ogni progetto do-
vrebbe essere pl a-
smato e ri spettato
ogni gi orno e qual -
si asi i dea può esse-
re determi nante per
e l ' i ncal col abi l e, e
l o compi ono di con-
ti nuo, che l o sap-
pi ano o no.
Le sci enze organi z-
zati ve, qual è l a
di datti ca, spesso di -
menti cano che l ' i m-
provvi sazi one non
si gni fi ca agi re co-
stantemente con
l ' i sti nto del momen-
to, ma i mpl i ca sem-
pre i l ri spetto e l a
conoscenza pree-
si stente di di sci -
pl i na e creati vi tà,
che garanti scono
l ' adattamento di na-
mi co al l a mutevo-
l ezza del l e si tua-
zi oni . D' al tra parte
nel mondo gl obal e,
e una cl asse ne è
espressi one, non è
pi ù sol tanto i mpor-
tante chi edersi chi
si amo, ma soprat-
tutto come possi a-
mo fare a gesti re i l
movi mento conti -
nuo.
uno spostamento
del punto di vi sta.
Se dovessi fare ri -
feri mento a un
passaggi o l etterari o
i mportante per so-
stenere questa tesi
di rei che Hannah
Arendt i n Che cosa
è l a pol i ti ca?
espri me i n modo
straordi nari o questo
concetto: (…) abbi a-
mo real mente i l di -
ri tto (…) di aspettar-
ci dei mi racol i . Non
perchè credi amo ai
mi racol i , ma perchè
gl i uomi ni , fi nchè
possono agi re, sono
i n grado di com-
pi ere l ' i mprobabi l e
Fluido non ha definizioni, è colui o colei che è, un
giorno in un modo, un altro in un altro. La realtà
come sempre va ben oltre la finzione della schwa
che per eliminare le differenze le individua e le
rimarca. Fluido non ha differenze intrinseche, non se
le pone. I ragazzi vivono lì, qui, nel fluido. Noi adulti,
noi professori, ci arrovelliamo per cercare di orientarci
all’interno di tutto questo movimento. Gli studenti
abitano il movimento. L’improvvisazione scardina
dinamiche precostituite ed apre le porte al pensiero
libero, ma gli studenti, oggi, sanno accoglierla e,
grazie ad essa, maturano competenze in più o
diverse?
26. Un’ansia inconsueta da qualche tempo si accende in me alla
sera, e non è più rimpianto delle gioie lasciate, come accadeva
nei primi tempi del viaggio; piuttosto è l’impazienza di
conoscere le terre ignote a cui mi dirigo.
Vado notando – e non l’ho confidato finora a nessuno – vado
notando come di giorno in giorno, man mano che avanzo verso
l’improbabile meta, nel cielo irraggi una luce insolita quale mai
mi è apparsa, neppure nei sogni; e come le piante, i monti,
i fiumi che attraversiamo, sembrino fatti di una essenza diversa
da quella nostrana e l’aria rechi presagi che non so dire.
D. BUZZATI, I sette messaggeri, in La boutique del mistero, Ed.
Mondadori, Milano, 1976, p. 20
In pri ma el ementa-
re ero terrori zzata
dal restare i n cl asse
con i compagni :
senza l a maestra,
che per me era
l ’ uni co ri feri mento,
mi senti vo sol a. Co-
sì l a segui vo anche
i n bagno. Ho vi ssu-
to l ’ umi l i azi one di
l eggere ad al ta voce
davanti a tutti , vi sta
l a mi a emoti vi tà
che mi faceva ve-
dere una l ettera per
l ’ al tra (per fortuna
al meno non esi ste-
va ancora l a si gl a
DSA). Ri cordo i l mi o
pri mo consi gl i o di
L’ uomo ecosistemico
Patrizia Belardi
cl asse come docen-
te, dovevo scri vere
un verbal e ed ero
i nti mi di ta dal l ’ i dea
di fare errori di
ortografi a davanti
ai col l eghi .
Racconto questi
fatti personal i per-
ché a mi o avvi so l a
scuol a si cambi a un
docente al l a vol ta.
Robi n Li m, un’ oste-
tri ca di grande va-
l ore, di ce che i l pi a-
neta si sal va un
bambi no al l a vol ta.
Il l avoro personal e è
fondamental e, du-
ri ssi mo e mai fi ni to;
c’ è l a di mensi one
col l egi al e, i l l avoro
di una comuni tà
mossa da i ntenzi o-
ni condi vi se, e c’ è
un’ orchestrazi one,
una vi si one d’ i nsi e-
me. Condi vi dendo
con Bronfenbrenner
i l model l o ecol ogi co
del l o svi l uppo, vedo
l a scuol a come un
campo bi osi stemi -
co. (Ecol ogi a del l o
svi l uppo umano, Bo,
Il mul i no, 1989)
Vedo l a scuol a pro-
cedere un passo i n-
di etro ri spetto al l a
vi ta di chi l a abi ta,
eccetto epi sodi di
cul tura i ncarnata,
27. di i nsegnamenti
trasformati vi . Sento
che l a scuol a non è
nel qui ed ora, non
è nel passato e non
è nel futuro.
Dov’ è al l ora?
Oggi possi amo di re
di vi vere un trauma
col l etti vo. Questi
due anni di pande-
mi a hanno toccato
un tema mol to i n-
ti mo che è l a paura.
Ecco perché ancora
una vol ta è fonda-
mental e i l l avoro
personal e.
Non tutte le persone hanno di-
mestichezza con le emozioni, si
tende a volerle eliminare, piuttosto
che sentirle ed accoglierle.
Nel l a si tuazi one di
trauma si veri fi ca
un congel amento e
spesso una di sso-
ci azi one. Così tutte
l e premesse per un
di al ogo arti col ato
sal tano. Non c’ è pi ù
una vi si one cri ti ca e
soprattutto mobi l e.
In questo momento
sento che a scuol a
non c’ è l a possi bi l i -
tà per mol ti di di -
scernere ci ò che è
pi ù peri col oso da
ci ò che non l o è.
Provocatori amente
mi verrebbe da
chi edere: qual è l a
vera pandemi a, i l
Sars-Covi d 19 o l a
deri va del l a scuol a
e del soci al e?
Mi spaventa quando
conti nui amo a no-
mi nare a scuol a i l
tema del l a si curez-
za, perché per tutti ,
ma i n pri mi s per i
ragazzi , questa pa-
rol a muove a l i vel l o
i nconsci o i l tema
del control l o, del l a
di pendenza.
Non ri uscendo a
convi vere con l a
paura (di mori re), si
cerca di creare vere
o fal se si curezze
esterne.
Nel l a nostra soci età
si curo per non ac-
cedere al l a parte
profonda e mi ste-
ri osa.
Se l ’ i nsegnamento
non parte dal bi so-
gno radi cal e di rag-
gi ungere l a veri tà,
i n qual si asi ambi to,
rel azi onal e, del l e
di sci pl i ne che i nse-
gni amo, i n noi stes-
si , non potremo av-
vi ci narci a quel l a
zona vi brante che
genera contatto, l e
nostre parol e non
saranno vettori di
potenza generati va,
non atti veranno
nel l ’ al tro l a spi nta
vi tal e verso l a ri -
cerca.
Oggi purtroppo ve-
do i ragazzi al l on-
tanarsi dal propri o
corpo, per mol ti di -
sabi tato; l i vedo
chi ni e di pendenti
dal tel efono, pen-
sando così di essere
al si curo.
Ho sempre creduto
si potesse fare
qual che cosa che
ri usci sse ad i nci de-
re su un cambi a-
mento, un’ evol u-
zi one. Per questo
torno ad i nvesti re l e
mi e energi e nel
pi ccol o, nel l e i tera-
zi oni terapeuti che
ed educati ve a due,
dove col ti vare l e
domande.
Buon cammi no cari
professori .
l ’ agi o economi co di
buona parte del l a
col l etti vi tà ha por-
tato a pensare che
i l vuoto i nterno po-
tesse essere col ma-
to da tutta una
seri e di beni mate-
ri al i , dal l ’ auto al l a
vacanza, dal l a strut-
tura fami l i are, an-
che quando questa
genera rapporti
morti feri , al buon
comportamento di
facci ata. Tal vol ta, e
quasi sempre senza
averne cosci enza, si
formul ano teori e o
credenze per soste-
nere un’ i mpal catura
che possa mantene-
re l a propri a vi ta
i mmutabi l e e al
28. Il mondo di oggi andrà nel futuro?
È giusto porsi delle domande e andare alla ricerca. È necessario esporsi. La paura del conflitto
può essere peggio del conflitto stesso? Il mondo di oggi sembra non avere più spazio né
tempo. L’unico luogo che riconosciamo, all’interno del quale ognuno di noi può avere
l’illusione di esprimersi, è internet. E questa consuetudine ci sta trasformando. Stiamo bene
dentro le nostre aree private. Ciascuno ha libertà di parola senza l’obbligo di ascoltare
gli altri. In rete siamo protetti dal non esserci. Passato, presente, futuro perdono di significato.
È come se gli uomini non abitassero più, non avessero più cura.
Senza aver capito con precisione cosa sia il bene ed il male rispetto al nostro obiettivo finale
e al vero benessere eterno – piuttosto che rispetto alla ricerca di una gratificazione illusoria
e sfuggevole – come possiamo trovare il giusto cammino in questo mondo? Tutta l’umanità
vaga perdutamente per il mondo come se fosse in una foresta, formulando delle teorie
sbagliate sullo scopo essenziale della vita e su come raggiungerlo.
M. LAITMAN, Raggiungere i mondi superiori, Ed. Atanor, Roma, 2012, p. 177
29. La materia cosciente
Lorenzo Afieri
Ai pi edi dei monti
Fedri adi , a nord del
gol fo di Cori nto,
nel l a regi one greca
di Foci da, si i ncon-
tra, adagi ato sul l a
pendi ce ori ental e
del massi cci o del
Parnaso, i l Tempi o
di Apol l o i n Del fi ,
l uogo embl emati co
per l a stori a e l a
rel i gi one del popol o
greco e si ntesi del l a
di al etti ca tra uomo
e paesaggi o.
Scol pi to nel l ’ archi -
trave del tempi o,
l ’ effato: Conosci te
stesso e Tu sei .
Nel passo pl atoni co
del Fedro (229E –
230A), si l egge: “Io
non sono ancora i n
grado, secondo
l ’ i scri zi one di Del fi ,
di ‘ conoscere me
stesso’ e perci ò mi
sembra ri di col o,
non conoscendo an-
cora questo, i nda-
gare su cose che mi
sono estranee. Per-
ci ò dando addi o a
tal i cose e mante-
nendo fede a ci ò
che si crede di es-
sere, vado esami -
nando non tal i cose,
ma me stesso, per
vedere se non si di a
i l caso che i o si a
una qual che besti a
pervasa di brame
(…), o se i nvece i o
si a un essere vi ven-
te pi ù mansueto e
pi ù sempl i ce, parte-
ci pe per natura di
una sorte di vi na e
senza fumosa arro-
ganza”.
Sant’ Agosti no, fa-
cendo propri e l e
suggesti oni propo-
ste da Porfi ri o, con-
trappone l ’ i ndagi ne
i nteri ore al l a ri cer-
ca del l a physi s
esteri ore. Questa ri -
fl essi one gl i ri vel erà
l ’ i mmagi ne tri na
del l ’ ani ma (mens,
noti ti a et amor): l a
presenza i mmedi a-
ta, i ntui ti va, del l ’ a-
ni ma a se stessa i n-
di ca l a possi bi l i tà
per l ’ uomo, essere
ani mato dal l o spi ri -
to, di converti rsi e
tornare a Di o.
Nel l a enci cl i ca Fede
e ragi one di Papa
Gi ovanni Paol o II,
ri scontri amo l a ne-
cessi tà di una ri -
cerca i ndi ri zzata al -
l a rel azi one feno-
meno/cosci enza,
gi usti fi cata da quel -
l e domande escato-
l ogi che ri correnti
anche nel l a meta-
fi si ca che ancora
oggi non trovano
una ri sposta esau-
sti va e che ci i nter-
rogano sul rapporto
uomo-natura.
C’ è una forma cor-
retta di percepi re?
Cosa i nfl uenza l a
nostra i ntel l i genza?
La cosci enza è gi à a
pri ori defi ni ta o si
svi l uppa con i l no-
stro corpo? L’ archi -
tettura del l ’ essere
si ri fl ette nel mon-
do esteri ore o è un
ri fl esso di questo?
Che ruol o ri copre i l
l i bero arbi tri o?
Malgrado le difficoltà nella vita personale che non ci permettono di essere felici, siamo
da tempo immersi in un cammino spirituale e continuiamo ad elargire consigli e precetti
su come rilassarci per entrare in sintonia con noi stessi e col tutto.
La medesima contraddizione è insita in noi quando ci lamentiamo del nostro stato di
vita, che appare privilegiato e positivo, a cui, però, non attribuiamo importanza.
Sarà pur vero che rivolgendo lo sguardo verso l’altro riusciamo a conoscere
noi stessi, ma sono sempre gli altri ad aver bisogno di aiuto, mentre noi siamo le vittime.
Forse, pensando agli altri, evitiamo di affrontare il nostro io.
34. parl are di l i bri a
Fahrenhei t mi met-
te i n una di spo-
si zi one d’ ani mo ot-
ti mal e per farl o
senza stress. Non so
perché, forse c’ en-
tra i l fatto che
nel l ’ ascol to ho l ’ i m-
pressi one di com-
pensare i l tempo
che i l traffi co ci ru-
ba con l a possi bi -
l i tà di conoscere
mol ti pi ù l i bri di
quanti ne potrei
Il mondo dell’africano comune è diverso.
È un mondo povero, di una semplicità
elementare, ridotto a pochi oggetti
base: una camicia, una ciotola, una
manciata di semi, un sorso d’acqua.
La ricchezza e la varietà del suo
mondo non si esprimono in forme
materiali, oggettive, tangibili e visibili,
ma nei valori e nei significati simbolici
che l’uomo attribuisce agli oggetti più
semplici, a infime cose invisibili per i
non iniziati. Una penna di gallo può
essere considerata una lanterna che
illumina il cammino del buio, e una
goccia d’olio uno scudo che protegge
dai proiettili. L’oggetto assume un
valore simbolico e metafisico perché
così ha deciso l’uomo che con la sua
scelta lo sublima, lo sposta in un’altra
dimensione, in una sfera esistenziale
superiore: nella trascendenza.
R. KAPUSCINSKI, Ebano,
Ed. Feltrinelli, Milano, 2007, p. 272
Memoria
Antonel l a Marsi l i a
Ero nel l a fi l a l enta
di macchi ne che
al l ’ ora di punta ren-
de pi ù denso i l traf-
fi co su una del l e vi e
pri nci pal i del l a mi a
pi ccol a ci ttà, un
tardo pomeri ggi o di
pochi gi orni fa.
Stavo gui dando, so-
l a, i n un automati -
smo pi gro e al i e-
nante, e ri mugi navo
sul l e parol e che
usci vano dal l a ra-
di o. Da quando ho
ri preso a gui dare,
appena metto i n
moto parte i n au-
tomati co l a si nto-
ni zzazi one su Radi o
3. Gui dare sentendo
acqui stare e l egge-
re. Poi ché poi spes-
so si parl a di usci te
recenti , questo ag-
gi ornamento co-
stante mi fa senti re
pi ù aderente al l ’ at-
tual i tà, i n grado di
annusarne l e tra-
sformazi oni . Così mi
i l l udo di mantenere
l a mi a rotta men-
tal e mentre l a sto-
ri a cambi a corso
i naspettatamente.
In quel l ’ accenno di
35. crepuscol o di fi ne
apri l e, i nvece, anda-
va i n onda Hol l y-
wood Party, un pro-
gramma sul ci nema
che mi capi ta di
ascol tare pi uttosto
di rado. Si parl ava
di un documentari o
stori co sul l a Shoah,
dal ti tol o “Stori e
del l a Shoah i n Ita-
l i a. I compl i ci ”, pre-
sentato i n di retta
dal l o stori co Ame-
deo Osti Guerrazzi ,
che ne è stato cura-
tore. Narra dei col -
l aborazi oni sti i tal i a-
ni che si macchi aro-
no del l a tragi ca col -
pa di segnal are gl i
ebrei l oro conci tta-
di ni ai nazi sti per l a
deportazi one. Buo-
na parte del l ’ i nter-
vi sta al l ’ ospi te i n-
dugi ava su una do-
manda, che a di -
stanza di gi orni an-
cora mi fruga den-
tro, sul dovere del l a
memori a.
Evi dentemente l a
trasmi ssi one era
stata programmata
come prel udi o te-
mati co al l e cel ebra-
zi oni di ri to che si
sarebbero svol te i l
successi vo Lunedì
25 Apri l e. La pro-
duzi one stori ca, ar-
ti sti ca e l etterari a
che narra e i ndaga
gl i anni del l a se-
conda guerra mon-
di al e e dei suoi pro-
dromi cul tural i e
soci al i - ri fl etteva-
no al l a radi o - nel
corso dei decenni si
è strati fi cata fi no a
ri sul tare tal ora ri -
dondante, al punto
che anche nel mer-
cato cul tural e pe-
ri odi camente sem-
brano esserci esi -
tazi oni sul l a neces-
si tà di nuove pub-
bl i cazi oni sui temi
del l ’ ol ocausto e del
nazi fasci smo. È sta-
to su questo punto
qui che i l mi o pen-
si ero si è andato ad
i ncagl i are.
Ri cordare, dunque,
ma fi no a che pun-
to, a qual e costo?
Pochi gi orni pri ma,
non saprei dove,
avevo l etto l e paro-
l e di una donna,
bambi na supersti te
di un campo di
concentramento,
che ri vendi cava per
sé i l di ri tto al l a
di menti canza e al
si l enzi o su un capi -
tol o così strazi ante
del suo passato.
Qual è i l l i mi te al
dovere del l a memo-
ri a? Se smettessi mo
di ri cordare l ’ orrore
i ncorreremmo pi ù
faci l mente nel ri -
schi o di vederl o ri -
petersi ? Se per pa-
radosso, a furi a di
ri cordare - ogni an-
no, pi ù vol te al l ’ an-
no, a scuol a, nei ci -
nema, nel l e pi azze -
l e parol e, i racconti ,
l e i mmagi ni del l a
memori a cadessero
i n un vuoto scavato
dal l ’ abi tudi ne e dal -
l a ri peti zi one? Se
quel l o del l a memo-
ri a fosse poco pi ù di
un eserci zi o retori -
co ben col l audato,
un ri to atteso e
dunque prevedi bi l e,
poco coi nvol gente
propri o per i pi ù
36. gi ovani che anagra-
fi camente ri schi ano
di i gnorare pi ù che
di menti care?
Mi sono chi esta se
si possa dare un si -
gni fi cato assol uto
al l a memori a, i m-
pri merl e una trama
e uno spessore pe-
renni cosi cché non
perda l a credi bi l i tà
che occorre per
svol gere un ruol o
testi moni al e e edu-
cati vo tanto i mpor-
tante per i l futuro
dei popol i .
Negl i stessi gi orni
era gi à mol to avan-
zata l a cronaca di
questa nuova guer-
ra europea che è
scoppi ata comun-
que, mal grado “l a
memori a come mo-
ni to” e forse propri o
perché è stata tra-
di ta “l a memori a
come testi mone”.
Pi uttosto, i n mol ti
paesi del l ’ Occi den-
te democrati co so-
no stati i nvocati e
approvati gesti di
cancel l azi one cul -
tural e ai danni di
arti sti e i ntel l et-
tual i , senza che da
nessuna del l e i sti -
tuzi oni che si occu-
pano di cul tura si
si a al zata una voce
di sdegno contro
l ’ assurda i ni qui tà di
questa damnati o
memori ae. Gesti
che ancora mi suo-
nano vi l i , che ri ca-
dono ol tre i confi ni
del l a Russi a, fi n
dentro i nostri ,
i struendoci al l a pra-
ti ca di un dovere di
segno opposto. Il
dovere di di menti -
care, di non nomi -
nare, di consegnare
al l ’ obl i o l ’ i ndesi de-
rato.
La memori a stori ca
è materi a scottante
e i ntri cata e gesti r-
l a i n senso col l et-
ti vo di venta una
grossa responsabi -
l i tà. Affi darne a
qual cuno i l con-
trol l o non è roba
per i l pri mo che
capi ta, perché è
perfi no ovvi o sotto-
l i neare come i fatti
possano essere fa-
ci l mente al terati fi n
dal l oro racconto
nel mentre che ac-
cadono. Chi deti ene
i l potere di deci de-
re se tramandarl i o
ri muoverl i al l ’ i m-
provvi so, come se
mai fossero ac-
caduti , può vera-
mente cambi are i l
corso del l a stori a e
real i zzare quel l e
che sembrano i m-
possi bi l i di stopi e.
Pi ù o meno erano
queste l e domande
bui e su cui ri mugi -
navo al l a ri cerca di
ri sposte coerenti -
per l a mi a coerenza,
al meno - che non
37. mi dessero l ’ ari a di
chi è di catti vo u-
more mentre, gi un-
ta a desti nazi one,
mi guardavo i ntor-
no cercando un po-
sti ci no dove par-
cheggi are. Con un
gesto sol o si sono
spenti i nsi eme mo-
tore e radi o: l e vo-
ci che mi avevano
suggeri to i dee e
pensi eri desti nati a
ri manere pri vi di
senso e compi utez-
za, si sono di l egua-
te al l ’ i stante. Me ne
restava i n testa una
vaga eco, quasi una
tracci a psi coti ca.
Sono scesa dal l ’ au-
to e ho attraversato
l a strada di retta
verso l a Chi esa del
quarti ere i n cui vi -
vevo da ragazza. Era
l a seconda vol ta i n
poche setti mane
che ci entravo, l a
funzi one era gi à i ni -
zi ata e mi sono
messa i n un banco
l i bero a metà nava-
ta. Da dov’ ero sedu-
ta potevo vedere
nel l e fi l e davanti
buona parte del l a
fami gl i a di mi a ma-
dre, che è anche l a
mi a fami gl i a. Ci
trovavamo l ì per
commemorare una
zi a a me par-
ti col armente cara e
i n quel si l enzi o va-
sto, l i turgi co e ri -
tual e, ho senti to
farsi avanti i l ri cor-
do come ri sorsa e
consol azi one. Mi si
è mani festata d’ un
tratto e con chi a-
rezza l a forza del l a
memori a, quel l a
pri vata degl i addi i .
Ho pensato che
possi amo godere i l
ri cordo degl i assen-
ti come un dono,
anche quando apre
l e porte ad una pro-
fonda tri stezza, e
che questo parti co-
l are ti po di memo-
ri a, autenti camente
fami l i are e prossi -
ma, può crescere
nel suo val ore se
ol tre al dovere di
ri cordare ne avver-
ti amo anche l a ne-
cessi tà, come i sti n-
to a conservare
pezzi di una vi ta
che a tratti è stata
anche l a nostra.
Al l ora, ol tre che es-
sere gi usto, nobi l e
e i ndi spensabi l e -
ho pensato mentre
l a messa fi ni va -
ecco che questo
ri cordare ha per me
meravi gl i osamente
senso.
38. come un evento “i n-
determi nato, che,
certamente, un
gi orno o l ’ al tro fi -
ni rà per accadere,
ma che, per i ntanto,
non è ancora pre-
sente e qui ndi non
ci mi nacci a”. Ecco
perché probabi l -
mente l ’ i dea del l a
morte l a ri muovi a-
mo dal l e nostre esi -
stenze, come fosse
qual cosa di esterno
Per due ore e mezzo della notte – mi venne un brivido – l’immondo insetto appiccicato alla
piastrella dalle sue stesse mucillagini viscerali, per due ore e mezzo aveva continuato a
morire, e non era finita ancora. Meravigliosamente continuava a morire, trasmettendo con
l’ultima zampina un suo messaggio. Ma chi lo poteva raccogliere alle tre di notte nel buio del
corridoio di una pensione sconosciuta? Due ore e mezzo, pensai, continuamente su e giù,
l’ultima porzione di vita spinta dentro alla superstite gambina per invocare giustizia.
Il pianto di un bambino – avevo letto un giorno – basta ad avvelenare il mondo.
In cuor suo Dio onnipotente vorrebbe che certe cose non succedessero, ma impedirlo non può
perché è stato da lui stesso deciso. Però un’ombra giace su di noi. Schiacciai con la pantofola
l’insetto, fregando sul pavimento lo spappolai in una lunga striscia grigia.
Allora finalmente il cane tacque, lei nel sonno si quietò e quasi sembrava sorridesse, le voci si
spensero, tacque la madre, nessun sintomo più di irrequietezza del canarino, la notte
ricominciava a passare sulla casa stanca, in altri punti del mondo la morte si era spostata
a gonfiare la sua inquietudine.
D. BUZZATI, Lo scarafaggio, in La boutique del mistero
Ed. Mondadori, Milano, 1976, p. 156
Morte
Cri sti na Col oru
Secondo l a psi col o-
gi a soci al e tutti i
comportamenti
del l ’ uomo si basano
sul l a paura di mori -
re che ben rappre-
senta l ’ angosci a e
l a di ffi col tà che, so-
prattutto oggi , i n-
contri amo nel con-
frontarci con l ’ i gno-
to.
Hei degger sosti ene
che gl i uomi ni con-
si derano l a morte
a noi , quando i nve-
ce era così presente
nel l e cul ture anti -
che. Non ri usci amo
a dare un senso al l a
morte ma neanche
al l a vi ta dal punto
di vi sta esi stenzi al e.
In fondo sappi amo
che nel l a vi ta non
c’ è ni ente di defi ni -
ti vo, nul l a dura per
sempre: si tratta so-
l o di mere possi bi -
l i tà. Al di l à di ogni
39. ragi one Schopenha-
uer che nel suo
pessi mi smo soste-
neva che ci attac-
chi amo al l a vi ta non
perché l ’ ami amo ma
sol o per paura del l a
morte: è l a vi ta co-
me morte ri nvi ata.
Ma è propri o questo
i l senso che vogl i a-
mo darl e?
Jung ci di ce che “È
possi bi l e pensare l a
vi ta senza mai vi -
verl a. Non si è mai
nel l ’ accadere, nep-
pure nel propri o ac-
cadere”.
Non può esi stere
morte senza vi ta
eppure i n occi dente
censuri amo l a mor-
te: evi ti amo di par-
l arne ai bambi ni
ri nforzando l a paura
di ci ò che è nasco-
sto, i nvi si bi l e. Ma i n
real tà l a morte
vi ene spesso rap-
presentata attra-
verso i mmagi ni
(termi ne che deri va
da yem = doppi o) ed
è qui ndi fal sata,
costrui ta, spettaco-
credenza rel i gi osa,
bi sognerebbe ri cor-
dare e far propri o i l
concetto buddi sta
di “Impermanenza”
come ci tato nel
sutra del cuore: “Oh
Shari putra, l a forma
non è che vuoto, i l
vuoto non è che
forma; ci ò che è
forma è vuoto, ci ò
che è vuoto è
forma. ”
La consapevol ezza
di questo dovrebbe
i n qual che modo
apri rci al l ’ uni ca cer-
tezza: l a morte. Ma
ri cordarci che dob-
bi amo mori re non
presuppone passi vi -
tà e ri nunci a, al
contrari o l a vera
scel ta potrebbe es-
sere vi vere i ntensa-
mente l ’ esserci ,
l ’ atti mo.
Oggi i n tante
persone è presente
questa angosci a del
tempo che passa, i l
banal e e assurdo
conteggi o di quan-
to ci resterà da vi -
vere. Forse aveva
l ari zzata, oggetto di
fantasi e di storte;
ma è pur sempre
qual cosa che sen-
ti amo l ontano dal
vero, è rappresen-
tata ma mai vi ssuta
real mente, el abora-
ta. I mass medi a al i -
mentano l a perce-
zi one che l a morte
di qual cuno si a do-
vuta sempre a even-
ti vi ol enti o ecce-
zi onal i . L’ eccessi va
esposi zi one al l e
uni che i mmagi ni di
morte real i che ve-
di amo i n reportage
di guerra, ci por-
tano al l ’ anestesi a
emoti va per assue-
fazi one.
“La morte è dentro
di noi , così come l a
vi ta. Si amo di stratti
e non ce ne ren-
di amo conto, ma
mentre sti amo vi -
vendo sti amo i n
real tà anche moren-
do” (Thi ch Nhat
Hanh). La morte fa
parte del l a vi ta; so-
no parte del l a stes-
sa cosa. Ma se sono
40. ché ci è stata da
sempre raccontata
un’ al tra stori a fatta
di un edoni smo al l a
ri cerca di effi mere
grati fi cazi oni , fatta
di ri mozi one o ne-
gazi one conti nua di
pensi eri scomodi
perché angosci anti .
La nostra soci età è
quel l a che è stata
defi ni ta del l ’ happy
end. Oggi pi ù che
mai , i mprovvi sa-
mente ci si amo ac-
corti che l a morte
può arri vare e scon-
vol gere l a nostra
quoti di ani tà. E que-
sta paura mi sta
al l ’ angosci a di capi -
re che non tutto è
sotto control l o, i n
questi tempi , ha ge-
nerato un pensi ero
debol e, grande i n-
certezza e di sori en-
tamento, facendo sì
che aderi ssi mo acri -
ti camente ad un’ u-
ni ca narrazi one che
sempre pi ù ci para-
l i zza e ci al l ontana
si a dal l a nostra ra-
gi one che dal no-
un tutto uni co deve
necessari amente
essere che nel l a
morte c’ è l a ri na-
sci ta, ci oè l a vi ta
stessa.
Non esi ste un i ni zi o
e non esi ste una
fi ne, sono costru-
zi oni mental i che
noi esseri umani ci
crei amo per mi su-
rare i l passare del
tempo che i n real tà
non esi ste, è una
pura convenzi one.
Trascuri amo l ’ uni co
tempo che ci è dato
vi vere, una di men-
si one i nteri ore, di -
l atata, che non co-
nosce un pri ma e
un dopo, quanti fi -
cabi l e sol o attraver-
so l a mi sura del l ’ i n-
tensi tà (S. Agosti no,
Bergson).
Ma nel l a nostra
soci età occi dental e
da tempo abbi amo
abdi cato agl i spazi
i nteri ori , templ i si -
l enzi osi del non fare
ma del l ’ essere.
Si amo confusi , spa-
ventati anche per-
stro senti re pi ù pro-
fondo.
C’ è un termi ne
gi apponese,
shoganai , che espri -
me bene i l concetto
di ci ò che non può
essere evi tato, di
qual cosa che può
avveni re al di fuori
del nostro control -
l o, l ’ i naspettato,
perturbante sì ma
che è anche senso
degl i accadi menti
del l a vi ta stessa.
Sol o quando accet-
ti amo che non ci è
dato cambi are del l e
si tuazi oni , ecco che
l a nostra mente,
senza pi ù ansi e e
paure, si apre a
possi bi l i tà i naspet-
tate e i mpari amo a
l asci are andare i n
modo resi l i ente e
non passi vo. Questo
concetto, radi cato
nel l e fi l osofi e ori en-
tal i (taoi smo, bud-
di smo e zen), si ac-
compagna a quel l o
di wabi sabi che
i ndi ca un’ esteti ca
del l a i mperfezi one
41. fasci no del l a vi ta.
La morte ci resti -
tui sce al l ’ Assol uto,
al l ’ i nfi ni to, i mpossi -
bi l e e i ncomprensi -
bi l e nel l a fi ni tudi ne
del l a nostra vi ta: è
l a forma del l ’ acqua.
È vi tal e e i mpro-
rogabi l e pensare a
nuovi spazi per una
ri fl essi one che con-
senta attraverso i l
di al ogo di arri vare a
rappresentare l a
morte, grazi e a un
percorso di consa-
pevol ezza e di ac-
cettazi one del mi -
stero del l a vi ta, e
che ci ai uti a rea-
l i zzare che, pri ma o
poi , potrà capi tare
anche a noi , ai no-
stri cari o a qual cun
al tro.
Sol o così ci si può
senti re meno sol i ,
nel l ’ i ncontro con l e
paure del l ’ al tro che
ri conosco come
mi e.
e del l a evanescenza
del l e cose, l a bel -
l ezza del l ’ asi mme-
tri a, del l a sempl i ci -
tà e del l ’ i nti mi tà, i l
ci cl o natural e di
cresci ta e decaden-
za; è un modo di
pensare, uno stato
di cosci enza, una
prati ca anche medi -
tati va, che ci apre a
una di versa e pi ù
serena vi si one
del l ’ esi stenza. Wabi
i ndi ca l a mal i nconi a
e l ’ i mperfezi one,
Sabi i nvece rappre-
senta ci ò che sva-
ni sce e non ri torna
pi ù, i l senso, di ce-
vamo, del l ’ i mper-
manenza che ci por-
ta a vi vere i ntensa-
mente i l momento
che ci è dato, senza
domandarci che co-
sa accadrà o pensa-
re di speratamente a
ci ò che non c’ è pi ù,
con l a consapevo-
l ezza del l a mente e
del cuore che ni en-
te è perfetto e dura
per sempre, e pro-
pri o i n questo è i l
Questo dovrebbe
essere i l tempo del -
l a compassi one nel
qual e non cel are
pi ù l a morte negl i
ospedal i , nel l e
strutture per anzi a-
ni o usarl a come ar-
ma per generare
terrore e senso di
i mpotenza; l i beri
dal l a paura dovrem-
mo i mparare ad ac-
compagnare e an-
che a “l asci are an-
dare”, i n nome di
un’ esi stenza real -
mente e profonda-
mente vi ssuta.
42. Ma per un momento, per un istante brevissimo, non chiedemmo
perché. Non pensammo niente se non alle farfalle, le farfalle che si
posavano contemporaneamente sulle nostre teste, sulle teste degli
amici e delle famiglie, su tutti quelli che conoscevamo e tutti quelli
che non conoscevamo, sull’intera città. Non muoverti, sussurravamo,
desiderando che potesse durare per sempre. Fermo!
SHAUN TAN, Piccole storie dal centro, Tunuè, Latina, 2020, p. 19
43. L' anatra, la morte e il tulipano
di Wol f El bruch, Edi zi oni e/o
Al essi a Napol i tano
Mol to è gi à stato
detto su “La morte,
l ’ anatra e i l tul i pa-
no” di Wol f Erl bruch
e mi stupi rei se fos-
se i l contrari o poi -
ché consi dero l ’ al bo
i n questi one una
del l e pi etre mi l i ari
non sol o del mi o
percorso di l i brai a e
di l ettri ce, ma del
panorama mondi al e
del l a l etteratura per
l ’ i nfanzi a.
Mi sono qui ndi pro-
posta di non fare di
questo al bo una re-
censi one canoni ca
(ammesso che i o si a
i n grado di farne),
ma di ri portarvi i
pensi eri pi ù bel l i
che mi capi ta di
fare mentre, rapi ta
e commossa, ne sfo-
gl i o l e pagi ne.
I RISGUARDI
Un al bo racconta
una stori a fi n dal l a
coperti na e non si
deve correre al l a
pri ma parol a scri tta
per i ni zi are a l eg-
gerl o davvero; l e fi -
gure si l eggono e l a
struttura di un l i bro
d’ autore ha sempre
un senso preci so.
C’ è un’ economi a
sottesa ad ogni si n-
gol a parte di un
al bo e ogni parte
concorre a raccon-
tarci l a stori a. I ri -
sguardi spesso sono
come un prol ogo.
Nei ri sguardi de
“L’ anatra, l a morte
e i l tul i pano” c’ è
un’ anatra che ci
sembra i ndeci sa,
smarri ta, forse i m-
pauri ta. In coperti -
na guarda verso
l ’ al to, ferma, por-
tando i l nostro
sguardo al ti tol o.
Nel pri mo ri sguardo
è nel l a stessa posi -
zi one, ma ha i l bec-
co ri vol to verso si -
ni stra, quasi a con-
templ are l ’ effetto
prodotto dal l a no-
stra mano quando
abbi amo gi rato l a
pagi na. Sotto al co-
l ofon è i nvece di se-
gnata i n movi -
mento, i tratti di
Erl bruch ci sugge-
ri scono che ha
fretta, l ’ anatra si
di ri ge a destra e noi
i sti nti vamente l a
segui amo; ma nel
frontespi zi o, sotto
al ti tol o, ral l enta di
nuovo, si gi ra verso
si ni stra e pare vol er
tornare i ndi etro.
Nel l a pri ma pagi na
del l ’ al bo, però, si
ferma e si guarda
al l e spal l e, di etro di
l ei l a Morte, e i n
al to l e parol e di
Wol f Erbruch che ci
di cono: “Era da un
po’ che l ’ anatra
aveva una strana
sensazi one – Chi
sei , e perché mi
stri sci al l e spal l e? –
domandò. ” La stori a
ha i ni zi o.
Con grande mae-
stri a quel l ’ anatra,
fi n dai ri sguardi , ci
ha gi à comuni cato
una sensazi one, co-
sì che quando ci
trovi amo a l eggere
l ’ i nci pi t del l a stori a
anche noi , se si amo
stati l ettori attenti ,
ci senti amo confusi ,
sospettosi e guar-
di nghi .
LA MORTE
La Morte di
Erl bruch è una si n-
tesi perfetta di un
44. catal ogo vi si vo
messo a punto da
secol i di i mmagi -
nari col l etti vi . Ogni
vol ta che mi trovo
davanti al l a sua
testa di teschi o, al
suo corpo magro
ri vesti to da quel l a
doppi a tuni ca a
quadretti , l e mani
avvol te nel l e mano-
pol i ne e i pi edi i n-
fi l ati nel l e pantofo-
l e, nel l a mi a mente
avvi ene come un
cortoci rcui to e i n
un sol o i stante ve-
do: mi o nonno Ma-
ri o, al l e 11 di ogni
domeni ca matti na
trascorsa nel l a casa
pugl i ese di mi o pa-
dre, presentarsi i n
vestagl i a sul l a so-
gl i a del l a cuci na,
trasci nando i pi edi
nel l e pantofol e di
cuoi o e preannun-
ci are con l a sua sol a
presenza l a morte
del l a gi ornata (non
si sarebbe potuti
usci re fi no al l e 5 del
pomeri ggi o); l ’ ul ti -
mo capi tol o del fi l m
dei Monty Python,
“Il senso del l a vi ta”,
con Il Tri sto Mi eti -
tore avvol to i n un
nero mantel l o e l a
fal ce i n mano, i n
un’ atmosfera grot-
tesca che mescol a
sapi entemente i ro-
ni a e terrore; Coma-
re Morte con l a can-
del a del medi co i n
mano nel l a fi aba
dei Fratel l i Gri mm;
Aml eto che parl a al
teschi o di Yori k nel
grande dramma
shakespeari ano; gl i
occhi di brace del l o
schel etro i nfi l zato
nel l o steccato che
ci rconda l a casa
del l a Baba Yaga
nel l a fi aba di
Vassi l i ssa; mi a non-
na, chi na sui ferri
per l a magl i a a i n-
trecci are una sci ar-
pa di l ana mentre
con l a sua voce
rauca e dol ce mi
racconta di mi a ma-
dre e del l a mi a i n-
fanzi a; e sento, sen-
to l a canzone di
Angel o Branduardi
“Sjarazul e, marazu-
l e” nel l a versi one
i tal i ana dal ti tol o
“Bal l o i n fa#” o
“danza macabra” al
verso i n cui di ce
“Sono i o l a morte, e
porto corona, i o son
di tutti voi si gnora
e padrona, e davan-
ti al l a mi a fal ce i l
capo tu dovrai chi -
nare, e con l ’ oscura
morte al passo an-
dare”; e sento l a
ni nna nanna che
mi a madre mi can-
tava per farmi ad-
dormentare che fi -
ni va così : “mamma
oggi , mamma i eri e
l e sporte non son
pani eri e i pani eri
non son l e sporte e
l a vi ta non è l a
morte e l a morte
non è l a vi ta, e l a
canzone è gi à
fi ni ta”.
Ognuno di noi di
fronte al l a morte di
Wol f Erl bruch ha i l
suo personal e cor-
toci rcui to come è
gi usto che si a, ma
questo perturba-
mento, fondamen-
tal e per poter com-
prendere davvero l a
stori a narrata ne
“L’ anatra, l a morte
e i l tul i pano”, può
avveni re sol o i n
vi rtù degl i archeti pi
che quel l ’ i mmagi ne
al l ’ apparenza così
sempl i ce conti ene:
i l vecchi o o l a vec-
chi a, i l bui o del bo-
sco, l a sogl i a, l ’ i m-
pi ccato, l a strega.
Al suo cospetto echi
profondi ri suonano
nel l a nostra memo-
ri a consci a ed i n-
consci a: i ri ti fune-
bri e l e ri me per te-
nere l ontano i l ma-
l occhi o, l e fi l astroc-
che dei bambi ni , i
di pi nti o l e i mma-
gi ni di morte che
45. hanno attraversato
i l nostro cammi no,
stori e l ette nei l i bri
o sol o raccontate.
E queste cose sono
tanto vi vi de i n noi
che al l a fi ne ci si
confonde, e non si
sa pi ù se si a l a
Morte di Erl bruch
ad essere così po-
tente grazi e al l e
stori e che ci sono
state tramandate, o
se sono l e stori e ad
affi orare grazi e al l a
potenza di questo
straordi nari o i l l u-
stratore; ma quando
ci trovi amo di fron-
te a questa doman-
da, è mol to proba-
bi l e che pi ù ri spo-
ste si ano vere con-
temporaneamente e
che qui ndi abbi amo
l a fortuna di tro-
varci al cospetto di
una ri vel azi one.
LA TENEREZZA
Nel turbamento che
l ’ i mmagi ne del l a
Morte di Erl bruch
porta con sé, è
nascosto un tesoro,
una l uce segreta
che rende quel tur-
bamento ancora pi ù
effi cace: l a tene-
rezza. Come si può
provare tenerezza
per l a Morte venuta
a prendere l a vi ta di
un’ anatra tanto ca-
ra? Eppure l a Morte
parl a con genti l ez-
za, i movi menti del
suo corpo sono de-
l i cati , l enti , quasi
i mpacci ati . È ti mi da
questa Morte e por-
ta con sé un fi ore,
un tul i pano nero,
pronto a essere l a-
sci ato come una
preghi era sul l a
tomba di qual cuno.
Le pantofol e che
i ndossa l e concedo-
no un passo fel pato,
non l a si sente
arri vare, ce l a si ri -
trova accanto sorri -
dente con i ndosso
non un nero man-
tel l o, ma una speci e
di pi gi ama. Che
strano accorgersi di
non averne paura,
l a si può perfi no
abbracci are e l ’ ana-
tra i nfatti l o fa:
poi ché l a Morte ha
freddo dopo i l ba-
gno nel l o stagno,
l ei con l e sue pi ume
cal de si abbandona
qui eta sul suo cor-
po schel etri co – che
possi amo sol o i ntui -
re sotto l a tuni ca –
mentre l a Morte ri -
mane ri gi da i n pre-
da a un desol ante
i mbarazzo.
Vorremmo di rl e “Ri -
l assati ! ”, ma forse ci
sono dei tabù così
radi cati da determi -
nare i l modo di es-
sere perfi no del l a
Morte. Wol f Erl -
bruch sembra di rci
che l a compassi one
è l ’ uni ca chi ave per
scardi nare i l uoghi
comuni e sperare i n
nuovi punti di vi sta.
Tutto questo al bo è
gi ocato sul senti -
mento del l a com-
passi one, sul terro-
re superato dal l a
tenerezza, sul vi ve-
re un qui e ora che,
a pensarci bene,
non ha nul l a di
spaventoso.
IL BIANCO
Lo sfondo bi anco
del l e pagi ne e l a
mancanza quasi
total e di prospet-
ti va, rendono tutta
l a vi cenda sospesa,
i n bi l i co. In quel
bi anco c’ è tutto e
ni ente, sta a noi
deci dere che sguar-
do avere sul l e cose
e sul mondo, sul l a
vi ta e sul l a morte.
C’ è una tavol a i n
parti col are i n cui i l
vostro sguardo è
messo al l a prova; i n
quel l a tavol a, sem-
bra di rci Erl bruch,
potete testare qua-
l e si a l a vostra ca-
46. paci tà di vedere, l a
vostra capaci tà di
essere nel l a vi ta.
Si amo di fronte ad
una doppi a pagi na:
a destra c’ è un
magni fi co al bero di
amarene, sul l ’ al bero
ci sono l ’ anatra e l a
morte. L’ anatra
guarda i n basso,
verso si ni stra. A si -
ni stra, sul l ’ al tra me-
tà del l a doppi a pa-
gi na, non c’ è nul l a,
sol o i l testo, appog-
gi ato quasi a pi è
pagi na. Il progetto
grafi co è di Wol f
Erl bruch.
Il testo di ce:
Gi ù i n basso, i n l on-
tananza, si vedeva
l o stagno.
Era così si l enzi oso
l aggi ù, e così deser-
to.
“Ecco come sarà,
quando mori rò” si
di sse.
“Lo stagno: tutto
sol o, senza di me”.
Come l ettori l o sta-
gno l o avete gi à vi -
sto, Erl bruch ce l o
ha di segnato sol o
qual che tavol a fa, e
l e fronde del l ’ al bero
di amarene hanno
fatto tre vol te capo-
l i no dal margi ne
destro del l a pagi na.
Il paesaggi o è gi à
dato, avete tutti gl i
i ndi zi per vederl o.
Ma se i n questa
doppi a pagi na l o
stagno ci fosse sta-
to davvero, se Wol f
Erl bruch si fosse
preso l a pena di
di pi ngercel o anco-
ra, questa tavol a
non sarebbe stata
così perfetta e po-
tente.
Se l o stagno l o ve-
dete o ne avverti te
l a presenza e se ri u-
sci te a commuover-
vi per l a sol i tudi ne
che comprende, al -
l ora saprete che i l
bi anco de “L’ anatra,
l a morte e i l tul i -
pano” ha per voi un
si gni fi cato preci so.
IL CORVO
Lo stagno i nvi si bi l e
è a si ni stra, nel l a
parte dove non si
può tornare, perché
questo ci di cono l e
regol e del l ’ i cono-
grafi a; bi sogna an-
dare avanti , bi sogna
conti nuare a gi rare
l e pagi ne, verso de-
stra.
Un’ al tra doppi a pa-
gi na.
Ci sono ancora l a
Morte e l ’ anatra
sul l ’ al bero e parl a-
no, parl ano del l o
stagno, anche se or-
mai ce l o si amo l a-
sci ati al l e spal l e,
nel l a doppi a pagi na
precedente, sol o e
desol ato. L’ al bero è
a si ni stra questa
vol ta.
L’ anatra di ce che
sugl i al beri si fanno
strani pensi eri .
Sul l a pagi na di de-
stra non c’ è testo,
ma sol o un corvo,
ha i l becco aperto e
noi l o senti amo
gracchi are.
Vol a verso destra.
In quel l a macchi a
nera sul fogl i o bi an-
co noi avverti amo
qual cosa, un presa-
gi o.
L’ AZZURRO
Un dol ci ssi mo az-
zurro i nvade al l ’ i m-
provvi so l a pagi na
quando l ’ anatra
smette di respi rare.
Il ci el o acqui sta un
peso e i ni zi a a ne-
vi care. La sospen-
si one del bi anco
cessa. “Era accadu-
to qual cosa” di ce i l
testo. Quando l ’ ana-
47. tra muore, l a vi ta
prende possesso
del l a stori a e fi nal -
mente l a possi amo
vedere. Eccol a, c’ è
sempre stata, come
l o stagno, come i l
grande fi ume. Mi
vengono i n mente i
ti tol i di coda del
fi l m di Lars Von
Tri er “Dogvi l l e”,
quando, per l a pri -
ma vol ta, ci vi ene
mostrato i l vi l l aggi o
e i l paesaggi o ci rco-
stante, mentre du-
rante tutto i l fi l m
non abbi amo vi sto
che i l pal co di un
teatro con segni
bi anchi sul pavi -
mento nero a i ndi -
care i peri metri del -
l e case: uno spaesa-
mento ci cogl i e per-
ché quel l o che ab-
bi amo sol o i mmagi -
nato i mprovvi sa-
mente appare, così
ni ti do e così vi vi do
da sembrarci pi ù
i rreal e del l ’ assenza
del l e cose. Come se
vedessi mo per l a
pri ma vol ta. Forse
che l a Morte porti
con sé i l mi stero
del l a ri vel azi one?
IL TESTO
“Sei venuta a pren-
dermi ?”
“Ti starò accanto
per i l tempo che ti
resta, nel caso…”
“Nel caso?” doman-
dò l ’ anatra.
“Sì … nel caso ti ca-
pi ti qual cosa.
Un brutto raffred-
dore, un i nci dente:
non si può mai sa-
pere. ”
“E al l ’ i nci dente ci
pensi tu?”
“Al l ’ i nci dente ci
pensa l a vi ta, come
anche al raffred-
dore, e a tutte l e
al tre cose che pos-
sono capi tare a voi
anatre.
Per esempi o l a vol -
pe. ”
Trovo che l a ri posta
del l a Morte “al l ’ i n-
ci dente ci pensa l a
vi ta” si a così vera e
puntual e nel l a sua
sempl i ci tà da ri bal -
tare i n un sol col po
l a prospetti va del l e
cose. Possi bi l e che
l a Vi ta col l abori con
l a Morte? Possi bi l e
che ci si a un patto
segreto tra l e due?
“Certe anatre di co-
no che si di venta
angel i e si sta se-
duti sul l e nuvol e e
si può guardare l a
terra dal l ’ al to. ”
“Possi bi l e” di sse l a
Morte, e si mi se
seduta.
“In ogni caso l e al i
ce l e hai gi à”.
Questa è una del l e
ri sposte del l a Morte
che preferi sco. Non
ci accorgi amo di
quel l o che abbi amo
fi nché non smetti a-
mo di proi ettarci
fuori di noi , e, a vol -
te, una vi si one i dea-
l e non è mi gl i ore di
una real e. Vedere i l
mondo dal l ’ al to per
l ’ anatra è gi à pos-
si bi l e (e anche per
gl i esseri umani ),
stare su una nuvol a
no, ma passarci at-
traverso certamen-
te. Chi aramente i n
questa ri sposta c’ è
un doppi o regi stro
narrati vo, uno pi ù
beffardo e uno pi ù
fi l osofi co, ma mi
pi ace pensare che
l a fi l osofi a e l ’ i roni a
abbi amo mol to da
sparti re.
“Certe anatre di co-
no che nel l e vi scere
del l a terra c’ è l ’ i n-
ferno, dove si fi ni -
sce arrosti te se non
ci si è comportate
da brave anatre”.
“È sorprendente ci ò
che vi raccontate
voi anatre.
La veri tà è che non
48. l o sa nessuno”.
“Nemmeno tu l o
sai ! ” strepi tò l ’ ana-
tra.
La Morte si l i mi tò a
guardarl a.
Nei due brevi di a-
l oghi appena ri por-
tati , Wol f Erl bruch
spazza vi a senza
troppi convenevol i
l a vi si one pi ù co-
mune sul l a vi ta do-
po l a morte; para-
di so e i nferno, bene
e mal e, nuvol e e
fuoco. Ogni di coto-
mi a i n questo al bo
è messa al bando.
Cosa resta dunque?
Wol f Erl bruch fa
di re al l a Morte che
nessuno l o sa; ma
se è l a Morte l a
pri ma a non saperl o
cosa racconteremo
nel l a prossi ma sto-
ri a? In quel non l o
so, come nel bi anco
del l e pagi ne, ci so-
no tutte l e stori e
possi bi l i , sono com-
prese tutte l e ri spo-
ste. A voi ri empi re i l
vuoto con l a vostra
vi si one perché l a
sol a cosa che potre-
te donare ai bambi -
ni che vi chi ederan-
no cosa ci si a ol tre
l a vi ta è l a vostra
veri tà. La Morte e
l ’ anatra sono esseri
uni versal i , per que-
sto l ai ci , ma così
spi ri tual i da l asci a-
re aperta qual si asi
strada.
La seguì a l ungo
con l o sguardo.
Quando l a perse di
vi sta, l a Morte quasi
si rattri stò.
Ma così era l a vi ta.
Con questa frase
fi ni sce l ’ al bo: Ma
così era l a vi ta, non
l a morte, così è l a
vi ta. Un sussegui rsi
i nfi ni to di morti e
nasci te. Il resto l o
l asci amo di re al
grande fi ume che
scompare i n al to,
sul l ’ angol o destro
del l a tavol a perché
per noi è gi à ora di
vol tare l a pagi na, di
andare avanti .
È ora di chi udere i l
l i bro e di vi vere, di
vol are, di fare i l
bagno nel l o stagno,
di arrampi carci su
un al bero.
IL TULIPANO
E nel l a quarta di
coperti na è sbocci a-
to un tul i pano.