2. La vita
Agostino nasce a Tagaste (Algeria) nel 354 da
una coppia di piccoli possidenti, formata dal
padre Patrizio e dalla madre Monica,
quest’ultima di fede cristiana.
Morto il padre, si reca a Cartagine dove compie i
suoi studi superiori e conosce una donna, di cui
non si sa il nome, che gli dà un figlio, Adeodato
nel 372.
3. La vita
Durante il soggiorno a Cartagine aderisce
al manicheismo (da Mani 216-277),
dottrina a carattere sincretistico che pone
all’origine del mondo due principi avversi:
un dio del bene e un dio del male.
In questo periodo la lettura dell’Ortensio
ciceroniano suscita in lui la curiosità per la
filosofia (ma conosce poco il greco)
Insegnò a Cartagine (375-383)
4. La vita
Tra il 382 e il 383 si trasferisce a Roma per
problemi disciplinari con gli studenti cartaginesi,
nel 384 è a Milano, allora capitale dell’impero, a
insegnare retorica grazie ad alcuni amici
manichei
L’ascolto delle prediche di Ambrogio, vescovo di
Milano, lo convince a rivalutare le Scritture
cristiane, da leggere in senso allegorico e non
solo letterale.
Raggiunto dalla madre, matura una sincera
adesione al cristianesimo.
5. La vita
Subito dopo la conversione si ritira con la madre
a Cassiciaco (in Brianza), forse per un problema
di salute che lo costringe ad abbandonare
l’insegnamento e qui compone i primi dialoghi –
Contro gli accademici, La vita felice, L’ordine e i
Soliloqui.
Nella Pasqua del 387 riceve a Milano da
Ambrogio il battesimo.
Torna in Africa: ad Ostia ha un’esperienza di
estasi con la madre. Monica muore poco dopo
6. La vita
Tornato a Roma e poi a Cartagine, fonda una comunità
religiosa. La pressione dei fedeli lo fa ordinare prima
sacerdote (391 a Ippona) poi vescovo della stessa città
nel 395.
Già nel 392 aveva affrontato una disputa contro il
manicheo Fortunato, e si era pronunciato contro i
donatisti, cioè i seguaci di Donato, vescovo di Numidia,
che aveva una concezione settaria che escludeva dalla
chiesa gli impuri.
Il problema era se riaccogliere nella Chiesa i lapsi (labor
= scivolare), i cristiani che durante le persecuzioni
avevano consegnato le Scritture alle autorità pagane o
avevano sacrificato agli déi per aver salva la vita.
7. La vita
Secondo i donatisti tali persone non potevano essere
riammesse (a meno che non fossero state nuovamente
battezzate) né assumere cariche importanti.
A tale impostazione rigida e intransigente si era opposta
la Chiesa di Roma e con lei Agostino, che, oltre ai suoi
scritti, li affronta in una disputa pubblica nel 411.
Agostino sostiene che l’efficacia dei sacramenti non
dipende dalla moralità di chi li amministra.
8. La vita
Altra polemica fu col britannico Pelagio (360 ca-
427) secondo cui gli uomini non erano
predestinati, ma potevano, invece, solamente
con la propria volontà (liberum arbitrium) e per
mezzo di preghiere ed opere, essere salvati
senza la Grazia divina…
Il pelagianismo inoltre negava la trasmissione
del peccato originale, che aveva danneggiato
solo Adamo e non tutto il genere umano. La
disputa contro Pelagio tenne impegnato
Agostino fino alla morte, sopravvenuta nel 430,
mentre Ippona era sotto l’assedio dei Vandali.
9. La vita
La sua opera di polemista è figlia del suo amore per la
Chiesa e della sua opera di annuncio del Vangelo.
Le opere più importanti sono La Città di Dio (413-427), le
Confessioni (397-401, primo scritto di genere
autobiografico), il De trinitate, iniziato nel 399 e finito
dopo il 420).
Particolari sono le Retractationes, scritte verso la fine
della sua vita come bilancio – anche autocritico – della
sua opera letteraria
Insomma si tratta di un grande sforzo di intelligenza
della fede mai astratta: il problema teologico è sempre il
problema dell’uomo Agostino, della sua crisi e
redenzione.
10. Un complesso iter
Agostino fu manicheo, e credette nei due principi
eterni del bene e del male che si scontrano nel
mondo e i cui due elementi opposti sarebbero lo
spirito-bene e la materia-male. Il credente
manicheo doveva così impegnarsi a far
prevalere lo spirito sulla materia, liberandosi dai
vincoli delle tenebre per rivolgersi al mondo della
luce.
I manichei “eletti” facevano vita di castità, non
lavoravano e mangiavano in modo limitato; gli
“uditori” li mantenevano.
11. Credevano che Cristo fu rivestito di carne
apparente, e quindi non ha veramente
sofferto e non è veramente morto.
Respingevano il Vecchio Testamento
Agostino si confrontò con Fausto, celebre
manicheo, e vide che non sapeva
rispondere ai suoi dubbi
12. Un complesso iter
Nel suo percorso Agostino ha abbracciato
anche lo scetticismo dell’Accademia
Lo ha superato con la certezza
dell’autocoscienza (si enim fallor sum)
Va cercata comunque la verità, ma non in
quanto fine, ma per raggiungere la felicità:
anche la religione cerca la felicità: quindi
ragione e fede camminano insieme
13. Un complesso iter
Agostino rimase folgorato dall’ascolto di
Sant’Ambrogio, che lui aveva approcciato
con curiosità “tecnica”
“dopo ch’ebbi sentito esporre e molto
spesso risolvere passi oscuri dell’antica
Scrittura, che io prendevo alla lettera,
rimanendone ucciso”
14. Un complesso iter
Plotino e Porfirio lo ispirarono sulla
questione del male e della materia:
Il male è privazione, non sostanza
La lettura di Paolo gli fece capire che la
ragione non basta per capire il mistero di
Cristo. La ragione non basta: deve essere
accompagnata dalla rivelazione: “nessuno
può attraversare il mare di questo secolo
se non è portato dalla Croce di Cristo”
15. Ragione e fede
La filosofia serve per comprendere meglio la
Rivelazione, e per confutare le eresie. Fede
e ragione sono complementari. Le teorie
filosofiche pre-cristiane sono come i templi
antichi che sono riutilizzati per fare le
chiese. L’uomo cerca il vero sia con la fede
che con il sapere.
“Se non avrete creduto non comprenderete”
(Isaia 7,9 nella versione dei Settanta in
Agostino, De libero arbitrio, 4).
16. Superare la cultura pagana
Agostino sente che il mondo antico è in declino.
Anche gli altri Padri della Chiesa lo avevano
sentito, ma erano rimasti legati a quella cultura
Agostino la accusa di essere formale ed erudita,
ma fine a se stessa. L’uomo si perde in
conoscenze non fondamentali
Res, non verba! Cercare il vero sapere, non
l’erudizione. Come si usano colonne e pietre dei
templi pagani per costruire chiese, così si
possono usare le basi della cultura pagana per
un nuovo sapere
17. Tardi ti amai…..
“Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova,
tardi ti amai. Tu eri dentro di me ed io ero fuori.
Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle
forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io
non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue
creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi
chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità;
balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia
cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e
anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi
toccasti, e arsi di desiderio della tua pace”
(Confessioni)
18. La scoperta dell’interiorità
“e dire che gli uomini vanno ad ammirare le
vette delle montagne, i vasti flutti del mare,
le ampie correnti dei fiumi, la distesa
dell’oceano, i giri degli astri; e
abbandonano se stessi”
L’uomo è il nuovo mistero da studiare, non
in astratto come genere, ma l’io come
persona singola e irripetibile
19. La scoperta dell’interiorità
Centrale rispetto al pensiero greco diventa la volontà:
riferito al servire Dio, Agostino scrive: “ero io che volevo,
ero io che non volevo: ero proprio io che né volevo
pienamente, né rifiutavo pienamente”. Ragionando sulla
volontà umana (es. il furto delle pere fatto da ragazzo
senza una reale necessità), Agostino scopre la persona
e supera l’intellettualismo greco.
Si può parlare di primato della volontà e dell’amore
sull’intelletto: “se si tratta più di amare che di sapere, il
compito specifico del filosofo consiste più nel far
desiderare che nel far conoscere” (E. Gilson)
20. Illuminazione
La conoscenza dipende da Dio, che è sede delle
idee (le idee di Platone sono i pensieri di Dio).
Dio illumina la nostra anima fornendole i
parametri per conoscere la realtà al di là della
sua continua mutevolezza. Dio è luce per
l’intelletto umano che permette di illuminare
razionalmente i dati della sensibilità, che sono lo
stimolo per la ragione a ritrovare in sé la verità
delle cose.
21. Illuminazione
L’anima, con la ragione, giudica le cose
corporee con criteri immutabili e perfetti
(=quindi non stanno nelle cose). Esempio:
i concetti matematici, immutabili ed eterni,
che si applicano a cose contingenti
Questi criteri di verità devono essere
esterni all’uomo, sono le Idee intese come
pensieri di Dio
22. Illuminazione
Noli foras ire, in teipsum redi, in interiore homine
habitat veritas. Et si tuam naturam mutabilem
inveneris, trascende et teipsum. Illuc ergo tende,
unde ipsum lumen rationis accenditur.
Non uscire fuori, rientra in te stesso: nell'uomo
interiore abita la verità. E se scoprirai mutevole
la tua natura, trascendi anche te stesso. Tendi là
dove si accende la stessa luce della ragione.
(De vera religione 39, 72)
L’anima può trascendere se stessa fino a Dio
perché è a immagine di Dio.
23. Illuminazione
La verità non sta nelle cose, ma nell’uomo che giudica
“e, se scoprirai che la tua natura è mutevole, trascendi
anche te stesso”. Per Agostino, come per Platone, il vero
io dell’uomo è l’anima razionale: trascendere se stesso
significa andar oltre questa per tendere verso la luce che
illumina la ragione. È la parola divina che illumina, e
permette di recuperare nella reminiscenza le verità
immutabili.
Le idee di Platone non hanno qui esistenza autonoma,
ma esistono nel Logos come modelli delle cose.
24. Illuminazione
Si può parlare di platonismo cristiano in
Agostino: temi platonici sono l’appello
all’interiorità, la centralità dell’anima, la ripresa
delle Idee; però Agostino fa delle idee di Platone
i pensieri di Dio, e della reminiscenza
l’illuminazione
L’illuminazione non è una facoltà mistica o
riservata a chi crede, ma è dentro la ragione
naturale dell’uomo
Anche l’ateo capisce le verità, ma non ne coglie
l’origine
25. Illuminazione ed educazione
Il De Magistro è un dialogo tra Agostino e
Adeodato, scritto a Tagaste nel 389
Il filosofo vuole sostenere che il maestro
che insegna all’uomo la scienza è Dio, il
“maestro interiore”
Chi è il maestro? Chi insegna attraverso il
linguaggio o chi insegna attraverso la
verità? il primo è il maestro umano, il
secondo è Dio
26. Illuminazione ed educazione
Il maestro umano non insegna la verità, ma il
metodo per cercarla: purifica l’intelligenza dello
scolaro da ciò che lo ostacola nel cammino
Scrive Agostino in una lettera: “ti sarà maestro
solo colui che è il maestro interiore dell’uomo
interiore, il quale nella tua mente ti mostra che è
vero ciò che viene insegnato, poiché non vale
nulla né chi pianta né chi annaffia, ma chi fa
crescere, cioè Dio” (lettere, 947)
27. Illuminazione ed educazione
Nello scritto De cathechizandis rudibus (400
circa) Agostino sposta l’attenzione dalla verità
da esporre al processo di apprendimento: il vero
protagonista diventa il catechizzando e non il
maestro
Bisogna perciò avere attenzione per chi impara
e considerare l’amore come legge fondamentale
del rapporto educativo
Sono idee pedagogiche rivoluzionarie per
l’epoca!
28. Dio
La dimostrazione dell’esistenza della
verità coincide con la dimostrazione
dell’esistenza di Dio
In A abbiamo anche delle “prove”
dell’esistenza di Dio: la perfezione del
mondo richiede un artefice; il consensus
gentium; i diversi gradi del bene
Si dimostra Dio per fruirne (frui Deo)
29. Dio
Essere (“Io sono Colui che è”) Verità Amore sono gli
attributi di Dio.
Dunque non c’è amore se non nella verità. L’uomo non
può amare Dio, che è amore, se non ama l’altro uomo,
perché Dio si rivela come Verità a chi cerca la verità, e si
rivela come Amore a chi già ama. In questo senso
Agostino scrive Ama et fac quod vis (frase altrimenti
facilmente fraintendibile)
Dio è Trinità (identità sostanziale delle tre persone):
sostanziale uguaglianza senza distinzione gerarchica
Le Tre Persone sono in relazione: ciascuna è distinta ma
non ontologicamente diversa (non sono accidenti)
30. Pinturicchio, Agostino e l’angelo
“bambino, come puoi pensare di mettere il
mare in una buca…”
31. L’anima è immagine della Trinità divina
(De Trinitate), infatti
1) Dio è Essere Intelligenza Amore
2) L’uomo è memoria (presenza dell’anima
a se stessa) intelligenza e volontà (o
amore)
L’uomo è a immagine di Dio e per questo
può cercarlo
32. Da queste ed altre analogie, Agostino deduce
che Dio è in noi stessi, cioè ha lasciato in noi
tracce indelebili di sé che noi possiamo
rinvenire. Questo ritrovare Dio in noi, ci
riconduce da noi a Dio.
Tu autem eras interior intimo meo et superior
summo meo.
Tu eri più dentro in me della mia parte più
interna e più alto della mia parte più alta.
(Confessioni 3, 6, 11).
33. La creazione
Dio ha creato il mondo, che però mostra di non
essere sempre uguale. Agostino non conosce
l’evoluzione della natura in senso moderno, ma
ritiene che le cose non siano cambiate a caso.
Tutto è nel piano di Dio,
Dio nell’atto della creazione, ha inserito nel
mondo della “ragioni seminali”, dei semi, o
modelli embrionali di tutte le cose che
compariranno successivamente, (teoria già
stoica) Questi semi discendono direttamente dai
pensieri di Dio (le idee platoniche).
34. Miracoli e creazione
I miracoli non sono contro la natura e le
leggi di Dio, sono ragioni seminali che si
attivano successivamente alle altre che
hanno dato vita al mondo, ma pur sempre
in modo preordinato dall’universale
prescienza divina.
35. Si Deus est, unde malum?
La dottrina di Mani aveva affascinato Agostino
per la spiegazione del male, attribuito al
principio cattivo. Ma poi il filosofo si convince
che Dio deve essere incorruttibile, e non può
essere offeso da un simile.
Se tutto viene da Dio che è Bene, da dove
viene il male?
Agostino si convince che il male non ha un suo
principio perché non ha essere, ma esiste
solo in quanto privazione di essere. Dove
manca il bene c’è il male
36. Il male
“Il male di cui cercavo l’origine non è una
sostanza, perché se fosse una sostanza,
sarebbe un bene. E invero o sarebbe una
sostanza incorruttibile e perciò senz’altro
un bene grande, o una sostanza
corruttibile e perciò un bene, perché
altrimenti non potrebbe andare soggetta a
corruzione. Perciò vidi chiaramente come
Tu facesti buone tutte le cose”
(Confessioni, VII, 12)
37. Tre tipi di Male
Si possono distinguere mali metafisici, fisici e morali
Dal punto di vista metafisico (il concetto però è più del
filosofo settecentesco Leibniz) esistono gradi inferiori di
essere rispetto a Dio, perché il mondo è una creatura, e
non può avere la perfezione del Creatore.
Il difetto non è un elemento solo negativo (“si possono
giudicare migliori le cose superiori che non le inferiori,
ma, con giudizio ben più sano, c’è da affermare migliore
l’universo che non le cose superiori - Confessioni, VII,
13), i mali sono necessari all’armonia cosmica come le
ombre lo sono per far risaltare la luce e dunque fanno
parte di una totalità che è in sé bene
38. Il male fisico, che tocca maggiormente
l’uomo, è conseguenza del peccato
originario
I morali derivano dal peccato, che è un
errore della volontà che preferisce un
bene inferiore al superiore (aversio a Deo,
conversio ad creaturam), piuttosto che a
ciò che è superiore.
39. Confessioni
Confiteri=celebrare la gloria di Dio. Colloquio in forma
di preghiera, storia dell’anima di Agostino
Agostino riprende la forma platonica del dialogo, ma lo
trasforma in un a tu per tu con Dio. Socraticamente,
l’uomo è colui che cerca e si interroga
“il nostro cuore è inquieto finché non riposi in Te”
Riconosce i sogni come trasformazioni di pulsioni
represse (anticipa Freud); l’analisi del tempo è stata
considerata insuperata anche dai filosofi del
Novecento
40. Il problema della salvezza
Il sapiente greco trova la felicità in se stesso, ma
non ha chiara la dimensione della corruttibilità
del corpo.
Questa corruttibilità viene dal peccato che ha
degradato la natura umana. Il peccato è
innanzitutto originale, che si è trasmesso
attraverso la generazione biologica a tutta
l’umanità. Con il peccato l’uomo ha perso
l’immortalità.
La sua volontà è indebolita, ha assoluto bisogno
della grazia.
41. Pelagio
Irlandese, forse da una famiglia di schiavi affrancati di
oltremare (pelago)
Riteneva la grazia una scorciatoia, l’uomo deve darsi da
fare. Negava che la colpa di Adamo avesse indebolito
l’uomo. Adamo ha dato un “cattivo esempio”
L’uomo può salvarsi da solo, e l’opera redentrice di
Cristo è inutile
Agostino reagisce contro questa teoria e la sua implicita
condanna dell’utilità della Chiesa
Il fatto che le anime siano corrotte sembra essere
spiegato da Agostino con il traducianesimo, per cui
l’anima si trasmette da padre a figlio con la generazione
del corpo (esclude che Dio crei un’anima dannata)
42. Grazia o libero arbitrio?
Se Dio dà la grazia gratis, a sua discrezione,
dobbiamo pensare che l’uomo non può fare
niente per meritarsela? Ma Dio non può essere
ingiusto e deve avere un criterio
Agostino inizialmente pensa che Dio conceda la
grazia a coloro che scelgono di credere in Lui,
cioè di aderire alla chiamata della grazia che è
rivolta a tutti.
Questa scelta è pre-conosciuta da Dio, che
dunque pre-destina qualcuno come Giacobbe
alla salvezza e qualcun altro, come Esaù, no.
43. Grazia e libero arbitrio
In questa prima fase, quindi la grazia
divina e la giustizia di Dio sono conciliate
con il libero arbitrio umano. Dio concede la
grazia a chi crede e chi crede è proprio
colui che chiede la grazia.
L’onniscienza divina, e dunque la
conoscenza anticipata di ciò che avverrà,
spiega poi perché nelle Scritture alcuni
sembrano destinati a ricevere la grazia e
altri no.
44. Il cambio di rotta del 396-7: le Questioni a
Simpliciano
C’è però una tendenza di Agostino a radicalizzare il
discorso verso una scelta divina inaccessibile all’uomo:
“Nessuno infatti crede se non è chiamato. Ora, è Dio
nella sua misericordia a chiamare, e lo fa
indipendentemente dai meriti della fede, perché i meriti
della fede seguono e non precedono la chiamata […] Se
la misericordia non precede chiamando, nessuno può
credere per iniziare da qui ad essere giustificato e
ottenere la facoltà di bene operare. Dunque la grazia
viene prima di qualunque merito” (Questioni a Simpl., I,
2,7)
45. Massa di dannati
Agostino sembra inclinare ad un grande pessimismo: la
grazia non è più gratis, ma è giustizia. Se Dio dovesse
dare la grazia come premio delle opere buone, sarebbe
in un certo senso obbligato e non più libero
la salvezza è concessa da Dio a pochi, l’umanità è
massa damnationis
La ragione di tale limitazione è il peccato originale, che
avrebbe comunque rovinato tutti: grazie alla misericordia
di Dio in modo eccezionale e imperscrutabile si salva
qualcuno.
Tale interpretazione della vicenda umana in rapporto con
Dio è stata ripresa, più che dalla chiesa cattolica, da
parte protestante e calvinista.
46. “Egli vuole che tutti gli uomini siano salvi”
(1Tim 2,4)?
Questa frase di S. Paolo contraddice il
pessimismo di Agostino va sostenendo.
Agostino naturalmente la conosce:
vediamo un esempio della sottigliezza di
Agostino quando discute un testo
47. L’interpretazione Agostiniana
Nell’Enchiridion (27,103) e ne La correzione della grazia
(14,44) Agostino afferma che in realtà la frase paolina
vuol dire che “tutti coloro che sono salvi lo sono per
mezzo di Dio”. Tale interpretazione viene sostenuta con
un esempio molto sottile: se in una città vi fosse un solo
insegnante di grammatica, si potrebbe dire che egli
insegna a tutta la città, non però per significare che tutta
la città (compresi gli infanti e i moribondi) studia
grammatica, ma che coloro che nella città lo fanno, lo
fanno per mezzo di quel solo insegnante di grammatica.
Dunque coloro che si salvano si salvano solo per mezzo
dell’unico Dio.
48. Agostino: perché?
Perché Agostino non accetta l’interpretazione
più ottimista di Paolo?
Perché se Dio volesse che tutti gli uomini
fossero salvi, tutti gli uomini sarebbero
effettivamente salvi, in quanto Egli è
onnipotente. Ma il fatto che tutti siano salvi è
negato dalle stesse Scritture, che parlano in
diversi luoghi di dannazione eterna per alcuni
uomini. Dunque il passo di Paolo va interpretato
così come egli propone.
49. Qual è il problema?
In realtà la soluzione ci sarebbe:
Dio vuole che tutti siano salvi, ma lascia al contempo la
libertà agli uomini di accogliere o meno questa sua
volontà.
Ma anche tale soluzione non è accettabile da Agostino
perché affida implicitamente agli uomini la decisione
sulla loro salvezza, sminuendo ancora il ruolo di Dio e la
croce di Cristo.
Entrambi invece, per Agostino devono essere
assolutamente efficaci e irresistibili. Quando Dio chiama,
nulla può frapporsi, non vi è nessuna libertà umana in
grado di impedire alla volontà e alla grazia di Dio di fare
il suo corso
50. Il problema del tempo
“Che cosa faceva Dio prima della
creazione?”
Per Agostino, la domanda è mal posta,
perché il tempo è un modo di essere delle
creature, dunque è creatura esso stesso.
Pertanto il tempo inizia ad esistere con la
creazione e insieme alla creatura, e nulla
ha a che fare con l’essenza di Dio che è
fuori dal tempo, immutabile ed eterna.
51. Che cosa è il tempo?
Ma allora che cos’è il tempo? È un
problema assai difficile per Agostino: “Se
nessuno mi interroga lo so; se volessi
spiegarlo a chi mi interroga, non lo so…”
(Confessioni, XI,14,17)
52. Qual è il problema “tempo”?
Il problema è che non ci sarebbe tempo senza un
mutamento delle cose, ma le categorie con cui lo
misuriamo implicano sempre la loro (delle cose)
inesistenza.
Infatti il passato non è più
Il futuro non è ancora
Il presente è l’impalpabile istante in cui il futuro si
trasforma in passato.
Come facciamo a misurare allora qualcosa di così
sfuggente e che mai è presente, ha consistenza davanti
a noi?
53. La misura interiore del tempo
Dove misuriamo il tempo? Nella nostra anima.
È la nostra anima che trattiene il passato
attraverso la memoria, attende il futuro
attraverso l’attesa e vede il presente
nell’attenzione o visione.
Quindi il tempo è una distensio animi. Di qui la
possibilità che abbiamo di misurarlo negli oggetti
esterni che mutano incessantemente.
54. Tempo e storia: la città di Dio
Accanto ad una riflessione sul tempo, Agostino
dà vita ad una monumentale opera sulla storia,
stimolata da eventi come il sacco di Roma del
410 da parte dei Goti di Alarico, episodio che
fece grandissima impressione sui
contemporanei e che li indusse a percepire con
preoccupazione l’imminenza della fine di un
mondo. Tale opera è intitolata La città di Dio
55. I cristiani e la fine dell’impero
Agostino, come gli apologisti, risponde alle
accuse fatte ai cristiani di aver indebolito
in modo irrecuperabile il mos maiorum dei
romani, accelerando la fine del mondo
civilizzato di Roma.
Agostino rilancia puntando sulla debolezza
di uno stato pagano, ripercorrendo la
storia di Roma e dubitando del valore
intrinseco dell’impero.
56. Una teologia della storia
La polemica di Agostino diviene occasione
per lo sviluppo di una visione teologica
della storia, in cui quest’ultima è
interpretata come qualcosa che si sviluppa
linearmente e non ciclicamente come
ritenevano i pagani. La storia è lo sviluppo
dell’umanità e del mondo che va da un
inizio (creazione) ad una fine (Giudizio) e il
cui centro è l’Incarnazione di Cristo.
57. Due civitates
Nel mondo due forme di vita e di pensiero si
sovrappongono: la città terrena e la città divina
(anche se civitas è più cittadinanza che città).
La prima è di chi vive secondo l’uomo, la
seconda di chi vive secondo Dio. Sulla terra
esse sono sorte con Caino e Abele. Non sono
identificabili con Stato e Chiesa perché nel
mondo c’è commistione inestricabile tra le due.
58. I mali di Roma
Alla sua origine c’è un fratricidio
Le virtù dei romani spesso sono apparenti,
sono in realtà vizi
Mali fisici e morali hanno funestato Roma
anche prima del Cristianesimo
59. Il Giudizio
Il giudizio finale purificherà tutto il mondo e
anche la Chiesa, la quale per ora rimane
una comunità in cammino, che anela alla
salvezza e ad un mondo nuovo ma che
non lo realizza, essendo la realizzazione
di tale stato redento dell’umanità opera
esclusiva di Dio.
60. Un esempio di preghiera agostiniana
“Signore mio Dio, mia unica speranza,
esaudiscimi e fa sì che non cessi di cercarti per
stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con
ardore. Dammi Tu la forza di cercare, Tu che hai
fatto sì di essere trovato e mi hai dato la
speranza di trovarti con una conoscenza sempre
più perfetta. Davanti a Te sta la mia forza e la
mia debolezza: conserva quella, guarisci questa.
Davanti a Te sta la mia scienza e la mia
ignoranza; dove mi hai aperto ricevimi quando
entro; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso.
Fa’ che mi ricordi di te, che comprenda te, che
ami te. Aumenta in me questi doni” (La Trinità)
61. Fonti
Adorno F-Gregory T.-Verra V., Storia della filosofia, I,
Laterza 1993.
Abbagnano N.-Fornero G., La ricerca del pensiero,
Paravia, vol. 1B, ed. digitale
De Bartolomeo M.-Magni V., Storia della filosofia, 2,
Atlas 2011.
Maraviglia M., Sant’Agostino, slides su
www.arete-consulenzafilosofica.it
Prellezo J.M.-Lanfranchi R., Educazione e pedagogia nei
solchi della storia, I, Sei 1995
Reale G.-Antiseri D., La filosofia nel suo sviluppo storico,
I, La Scuola