Abs: 28. R. Villano “Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità. Riflessioni sull’indagine diacronica per la memoria dell’homo faber”, patrocinio di: Pontificia Accademia Tiberina; Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria; Nobile Collegio Chimico Farmaceutico; Accademia Europea per le Relazioni Economiche e Culturali; Studiorum University Ruggero II dello Stato della Florida (USA), Jean Monnet Université Europenne, Università Telematica Pegaso, Norman Academy USA-Gambia. Presentazione del Libro (alla presenza del Presidente Emerito del Pontificio Consiglio per la Cultura Card. Paul Poupard e del Direttore dei Servizi del Quirinale Prof. Comm. Tito Lucrezio Rizzo) sotto l’Alto Patrocinio del Ministero dei Beni e le Attività Culturali . Con apprezzamenti ufficiali di numerose autorità civili e religiose, tra cui il Capo dello Stato e il Santo Padre (Ed. Chiron Hystart, ISBN 978-88-90423536, 1^ ed. gen 2010; 1^ rist. feb 2010; 2^ rist. set. 2010; 3^ rist. mar. 2011; 4^ rist. feb. 2012 - pp. 126; 5^ rist. gen. 2013 - pp. 132);
Presentazioni Efficaci e lezioni di Educazione Civica
Raimondo Villano - Libro tempo scolpito: senso della storia e dovere della memoria
1. Raimondo Villano
Cerimonia di Presentazione
sotto l’Alto Patrocinio di:
Ministero Beni e Attività Culturali
Edito con il Patrocinio di:
Pontificia Accademia Tiberina
Accademia di Storia Arte Sanitaria
Nobile Collegio Chimico
Farmaceutico
Accademia Europea Relazioni
Economiche e Culturali
Norman Academy of State of Florida
USA and of Republic of the Gambia
Presentazioni di:
Ven. Balì Gran Croce di Giustizia del
Sovrano Militare Ordine di Malta
Ecc.mo Fra’ Franz von Lobstein
Past District Governor del
Rotary International 2100-Italia
Prof. Antonio Carosella
I l te m p o s c o lp ito
nel silenzio dell’eternità
Riiffllessiionii sullll’’iindagiine diiacroniica per lla memoriia dellll’’homo ffaber
R ess on su ndag ne d acron ca per a memor a de homo aber
3. Ai Confratelli Cavalieri Professi e non
e alle Consorelle Dame del
Sovrano Militare Ordine di Malta
a me particolarmente vicini,
di cui apprezzo il talento
che stimola anche taluni miei studi
e di cui, soprattutto,
amo la profonda spiritualità
che ispira ed orienta
significativamente la mia vita.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
5
4. Cerimonia di presentazione del libro:
sotto l’Alto Patrocinio del
Ministero dei Beni e Attività Culturali
Con la partecipazione di:
Sua Em.za Rev.ma il Signor Cardinale Paul POUPARD
Presidente Emerito del Pontificio Consiglio per la Cultura
Prof. Dott. Comm. Tito Lucrezio Rizzo
Consigliere Capo Servizi del Quirinale
Studiorum Universitas Ruggero II
State of Florida - U. S. A. and Republic of the Gambia
Gr. Uff. Prof. Dott. Giulio Tarro
WABT c/o UATI-ICET / UNESCO House - Paris
Chairman of International Committe Biothecnologies and VirusPhere
Coordinatore:
Duca Riccardo Giordani di Willemburg
Gran Cerimoniere Norman Academy
Cerimonia:
Sabato 2 Ottobre 2010 – ore 17,00
Casa dell’Aviatore
Circolo Ufficiali dell’Aeronautica - Roma
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
7
5. Edito con il Patrocinio di:
ACCADEMIA
TIBERINA
Istituto di Cultura Universitaria e di Studi Superiori
Accademia di
Storia dell’Arte Sanitaria
Norman Academy
RECOGNIZED BY THE LAW OF THE STATE OF FLORIDA U.S.A. AND OF THE REPUBLIC OF THE GAMBIA
NOT POR PROFIT ASSOCIATION ARTS, LETTERS, HUMANITIES
AND OF THE HUMAN RIGHTS DEFENCE IN THE WORLD
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
9
6. Indice
Presentazione
23
Presentazione
25
Prefazione
27
Parte prima
Il senso della storia e il dovere della memoria
35
La memoria come percezione di identità collettiva
46
Il senso della memoria nelle arti sanitarie
57
Essenza e logica della sottrazione dei fatti all’oblio
62
La sede delle Epifanie divine nell’intreccio fra tempo ed eternità
67
Parte seconda
Paradigmi metodologici e tecnici delle scienze storiche
79
Concettualità e metodologia nell’approccio alla storia
85
Euristica della storiografia della scienza
86
Problematiche di interdisciplinarità della storia della scienza
91
Approfondimenti inerenti la storia dell’arte sanitaria
93
L’archivio storico e l’area museale
95
Ruolo delle tecnologie informatiche nello sviluppo dello studio e della
diffusione della storia sanitaria
99
Approfondimenti correlativi tra libro a stampa e opera multimediale
111
Studio sull’integrazione funzionale dei mezzi informatici:
114
1. Approfondimenti sulla biblioteca virtuale on-line
114
2. Approfondimenti sul museo virtuale on-line
116
3. Il progetto Minerva nell’ambito delle iniziative comunitarie di
digitalizzazione del patrimonio culturale
4. Esempi di reti di supporto alla ricerca e alla consultazione storica
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
118
124
11
11. ACCADEMIA EUROPEA
per le RELAZIONI ECONOMICHE E CULTURALI
Il presidente
Roma, 7 gennaio 2010
Carissimo Raimondo,
facendo seguito alla tua richiesta di patrocinio AEREC per la pubblicazione
della tua ultima fatica letteraria:
“Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità.
Riflessioni sull’indagine diacronica per la memoria dell’homo faber”.
sono lieto procedere con la concessione, in virtù dell’impegno straordinario profuso
in quest’opera che, dai postulati programmatici, si propone come strumento di
lettura del nostro Paese in un momento particolarmente delicato ma interessante
di cambiamenti epocali e determinanti per il futuro.
Augurandoti pieno successo per l’iniziativa, aspetto di leggere
intanto ti giungano i più affettuosi e sinceri auguri di buon anno.
il libro ed
Ernesto Carpentieri
Via Sebino 11 – 00199 Roma - Tel. 0039-06.85.86.57.00 Fax 0039-06.84.14.531
Web site: www.aerec.org e-mail: info@aerec.org
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
21
12. Presentazione
G
entiluomo di compositi interessi sociali e storici, dalla vasta e, oserei dire,
addirittura imponente bibliografia, il confratello Raimondo Villano presenta
alla nostra attenzione l’ultima sua opera di saggistica dal titolo “Il tempo
scolpito nel silenzio dell’eternità. Riflessioni sull’indagine diacronica per la
memoria dell’homo faber”.
Si tratta, in effetti, di un “agile” volumetto, giacché consta di appena poco
più di cento pagine, che si distingue sia per consultabilità ed eleganza che per le
scelte iconografiche, invero raffinatissime.
Mi corre, tuttavia, l’obbligo di fare una precisazione, ovvero che non sia di
inganno l’espressione adottata di “volumetto” giacché il fonema che ci siamo
permessi di utilizzare, sia ben chiaro, si riferisce ad un’opera tutt’altro che di esiguo
spessore non solo in virtù degli argomenti trattati, in effetti tutti, ma proprio tutti
“tosti”, bensì anche per la profondità delle cognizioni e per la meditata attenzione.
Per avere una vaga idea in proposito, del resto, appare sufficiente porre
mente locale già ai soli titoli dei capitoli della Parte Prima e Seconda, benché vada
confessato che per una lettura attenta alcuni di essi presuppongono, se non proprio
impongono, un’immediata conoscenza dei relativi testi.
Soffermandoci, poi, a riflettere sui principali temi portanti, intesi però
nell’accezione più alta del termine, dal coacervo di un’ideale “summa”, l’opera ci
riconduce, relativamente agli aspetti della “memoria”, all’aforisma frutto della
saggezza antica che con Marco Tullio Cicerone suggerisce che la memoria
diminuisce se non la si tiene in esercizio (“memoria minuitur nisi eam exerceas” in
“De senectude”, VII VII. 21) mentre, per ciò che concerne la “storia e sua
metodologia”, essa rimanda ancora a Cicerone là dove asserisce “historia vero
testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, qua voce alia nisi
oratore immortalitati commendatum ” (“De orat”, II, 9, 36) ma anche,
impegnandoci in un ragguardevole “salto” nel tempo, a Massimo D’Azeglio, da cui
apprendiamo che “la storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché
vi si legge l’avvenire”, a Francesco Domenico Guerrazzi che ne “Il buco al mare”
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
23
13. ricorda come “la filosofia della storia è l’arte di cercare e scoprire le leggi
regolatrici del mondo morale”, a Carlo Belgioioso che in “Scuola e famiglia”
afferma che “la storia è il notaio della coscienza pubblica” e, inoltre, a Giacomo
Bazzellotti che trattando di Francesco de Sanctis puntualizza come “i recenti
progressi del metodo hanno allontanato sempre più la storia dall’arte dandole un
carattere sempre più scientifico”.
Soffermandoci, ancora, sugli aspetti della Storia della Scienza e, in
particolare, della scienza sanitaria e sua diffusione, ci sovviene in mente sia la
riflessione di San Gregorio Magno, “quando mundus ad extremum ducitur, tanto
largior nobis aeternae scientiae aditum aperitur”, che quanto asserito da Carlo
Cattaneo, ossia che “scienza è ricchezza” nonché la considerazione di Gaetano
Negri che “il tratto fondamentale dello spirito moderno è che tutte le forze
dell’intelligenza sono portate all’investigazione dei fenomeni fisici e morali
considerati per se stessi all’infuori di ogni pregiudizio di ogni elemento metafisico”
(“Segno dei tempi”, 125).
Ma cosa che ci sta più a cuore, oltre che come storici, in qualità di membri
Professi dei Giovanniti, infine, a proposito delle considerazioni sviluppate sulla sede
delle epifanie divine nell’intreccio fra tempo ed eternità, desideriamo riservarci di
partecipare un ultimo fondamentale rimando all’interessantissimo sintetico precetto
di Giovenale che nelle “Satire” (10, 356) ricorda che “orandum est ut sit mens sana
in corpore sano”: “bisogna pregare affinché una mente sana sia in un corpo sano”!
Roma, 6 febbraio 2010
Fra’ Franz von Lobstein
Ven. Balì Gran Croce di Giustizia
del Sovrano Militare Ordine di Malta
24
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
14. Presentazione
I
l libro, che si compone di due parti ben distinte e pur collegate nell’unità
dell’idea di fondo, affronta l’arduo compito di accostare due ambiti
disciplinari e scientifici tradizionalmente differenziati sia nell’interna
strutturazione che nelle finalità conoscitive: la Storia e l’Informatica.
Lo scopo dell’accostamento è di ordine pratico-operativo, che, senza
compromettere l’autonomia di entrambe le discipline e senza intaccarne gli statuti né
alterarne le interne logiche, dispone le potenzialità dell’una (l’informatica) al
servizio dell’altra (la storia) per dilatarne e potenziarne l’ampiezza degli orizzonti
conoscitivi e per accrescerne la carica pedagogica.
Alla base o alla radice di siffatta operazione, complessa e ardita al tempo
stesso, v’è la ferma fiducia che la differenziazione delle “due culture”, tema
dominante nella seconda metà del secolo scorso, sia destinata a lasciare il posto ad
una auspicata integrazione in un “sapere”, nuovo e antico al tempo stesso, che pare
profilarsi all’orizzonte non troppo lontano del tormentato nostro presente.
All’attesa, ancora piuttosto smarrita e confusa, di un tale avvento sembra
alludere persino il titolo del libro: “Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità”, dove
l’immagine del tempo che faticosamente scolpisce i propri segni sulla sconfinata
lastra dell’eternità non riesce neppure a scalfire, di essa, l’intatto e assorto silenzio.
E così si ricompone, per noi uomini, il mistero del rapporto tempo-eternità.
Allora: ha un senso il generoso sforzo dell’autore di richiamare la nostra
limitata intelligenza di mortali a misurarsi ancora con il problema tempo-eternità, se
esso problema è costitutivamente al di sopra delle possibilità intellettive dell’uomo?
Certamente. Anzi si direbbe che il senso intimo e globale di tutto l’impegnato
e impegnativo discorso che fa il Villano consiste proprio nella consapevolezza del
limite e nello sforzo di spostarlo ancora più oltre utilizzando gli strumenti della
moderna tecnologia.
Ed è in questo sforzo che scienza e storia si ritrovano a collaborare al fine di
far crescere l’uomo in conoscenza senza peraltro autorizzarlo al folle volo di Ulisse
oltre le colonne d’Ercole della sua finitezza.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
25
15. La lunga e articolata riflessione sulla storia, sul suo senso e sui suoi fini è
alimentata e sostenuta da una valida documentazione e da autorevoli riferimenti, ma
non è fine a se stessa, perché è volta alla prospettiva, più limitata, dell’arte sanitaria
e, più precisarmente, della storia della farmacia, di cui l’autore è appassionato
cultore.
Dall’affermazione dell’opportunità e dell’utilità di conoscere il passato per
meglio vivere il presente e per più consapevolmente preparare l’avvenire deriva,
come logica conseguenza, l’individuazione dell’informatica come la tecnica che oggi
consente di ampliare straordinariamente, di facilitare, arricchire e diffondere i segni
e le testimonianze del passato a tutto vantaggio sia dell’arricchimento culturale del
presente che della propiziazione d’un più largo orizzonte conoscitivo per il futuro. E
con in più i vantaggi offerti dallo strumento informatico, che consente di superare ed
eliminare le due grandi difficoltà che hanno fino ad ora limitato le possibilità
operative dell’uomo: gli ostacoli del tempo e dello spazio.
Non è certo la conquista dell’onnipotenza, che appartiene soltanto a Dio, ma
è un gigantesco passo avanti fatto dall’uomo nella graduale ma infaticata marcia di
avvicinamento al “gran mare dell’Essere ” supremo.
Ed è merito di Raimondo Villano averlo intuito e fatto oggetto della propria
ricerca.
C.mare di Stabia, 4 marzo 2010
Prof. Antonio Carosella
Past District Governor
del Rotary International 2100-Italia
26
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
16. Prefazione
Q
uesto lavoro scaturisce da un particolare coacervo di elementi correlati alla
mia condizione di cultore di storia, di cattolico giovannita, di professionista
sanitario e di cittadino socialmente impegnato in una Nazione splendida
nella sua pur evidente complessità.
Una lettura non sommaria dell’opera credo, invero, possa segnare un
momento nel quale si fa memoria di importanti istanti e aspetti della nostra storia.
Nel contempo, fuor d’ogni retorica, lo scorrere dei capitoli ritengo sia
occasione che può far volgere lo sguardo al futuro riscoprendo l’opportunità, il
valore e il dovere della testimonianza, della narrazione e dell’aiuto alla conoscenza.
Una lettura, dunque, da cui emergono non soltanto solide architravi
concettuali per sorreggere l’impalcatura del ricordo, per non dimenticare, bensì
anche un lavoro letterario che si cimenta nel compimento di un’ulteriore opera
altamente civile, putrellando elementi di riflessione di pacificazione sociale, di
concorso al ravvivamento del sentimento di coesione nazionale, particolarmente
bisognoso d’esser coltivato e diffuso nei tempi attuali, nonché di custodia e
protezione delle autentiche radici che, sostanzialmente, riguardano tutto il Paese.
D’altro canto, con profondo sentimento cristiano, ho inteso sviluppare coerenti
riflessioni con il proposito di collaborare per la diffusione del regno di Dio nel
mondo d’oggi e, in un fecondo metabolismo di fede e ragione, umilmente concorrere
anche allo sforzo di aprire uno spazio per tutti i popoli e per quanti conoscono Dio
da lontano o per i quali Egli è sconosciuto o addirittura estraneo: per aiutarli, in
effetti, ad “agganciarsi a Dio”, al cui cospetto sta ogni creatura umana(1).
In qualità di accademico, infine, ho approfondito taluni aspetti metodologici e
di valorizzazione di comparti della disciplina storico-sanitaria.
Raimondo Villano
_________________
(1) I concetti di riferimento sono quello del “cortile dei gentili”, riservato nel Tempio di Gerusalemme ai
pagani che volevano pregare l’unico Dio e che Gesù volle sgomberare da chi l’aveva trasformato in “un
covo di ladri”, e le riflessioni di pertinenza espresse dal Santo Padre Benedetto XVI nel discorso alla
Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi (Vaticano, Sala Clementina, 21 dicembre 2009).
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
27
17. “Timeo lectorem unius libri”
San Tommaso d’Aquino
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
29
18. Cigola la carrucola del pozzo
l’acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un’immagine ride.
Accosto il volto a evanescenti labbri:
si deforma il passato, si fa vecchio,
appartiene ad un altro...
Ah che già stride
la ruota, ti ridona all’atro fondo,
visione, una distanza ci divide.
Eugenio Montale
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
31
19. P P
arte
rima
“Voglio imparare i tempi della memoria
perchè mi hai insegnato, dove sei,
che il mio futuro è nel nostro passato (...)
si perdono nel vento come cenere
i segni della vita”
Ugo Ronfani
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
33
20. Il senso della storia e il dovere della memoria
L
a storia è come il terreno sotto i nostri piedi: non ci indica una direzione ma
senza di esso non possiamo camminare(1).
La storia evita di far smarrire il filo della propria esistenza ed il centro del
proprio equilibrio.
La produzione degli stessi scienziati, invenzioni e sapere innovativo, deve poggiare
su un sentimento collettivo, diventare coscienza condivisa.
Sono i più semplici meccanismi della memoria che ci obbligano ad attingere al
ricordo e ad una sua elaborazione per proiettarci nel futuro(2).
Il passato, in effetti, può essere considerato la migliore invenzione del futuro.
Negli studi storici, dunque, si scorge una delle pietre angolari della nostra esistenza e
della nostra cultura.
Per i greci (Esiodo, Pindaro) Lete, dea della dimenticanza, formava una coppia di
opposti con Mnemosine, dea della memoria. Quasi a sottolineare che c’è una
profonda connessione tra saper dimenticare e saper ricordare. Lete è, poi, come
ricordano i lettori di Virgilio, Dante e John Milton, il nome del fiume degli inferi a
cui le anime si abbeverano per liberarsi della loro precedente esistenza e poter,
quindi, tornare alla vita di un nuovo corpo(3).
Si può avanzare l’ipotesi che il mito prendesse in considerazione due diversi generi di
perdita di memoria. Il primo, temporaneo, che consente di rimuovere
provvisoriamente il ricordo di qualche avversità, provoca un benessere effimero, ma
si risolve nel momento in cui la memoria, inevitabilmente, riprende il posto che le
spetta, e aggiunge un di più di dolore a quelle sofferenze che si proponeva di
alleviare.
_________________
(1) Riferimento: Dietrich Bonhoeffer, Etica. Eredità e decadenza.
(2) Bilotto Antonella, vicedirettore Centro Cultura d’Impresa, Settimana della Cultura d’Impresa, Se
l’azienda si fa Storia, Sole 24 Ore, 12.11.06.
(3) Paolo Mieli, Storia e politica. La memoria e l’oblio. Rizzoli, giugno 2001, pag. 23.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
35
21. Il secondo, definitivo ma tutt’altro che ultraterreno, è nella quiete che risolve i
problemi della memoria fino a farli scomparire in un remoto passato. Forse la meta
prefigurata da Tiresia è quella del secondo tipo di oblio, in cui si riesce a dividere il
presente dal passato ed a trasformare il passato in storia(4).
Il bisogno-desiderio di tornare ad interrogarsi su lunghi periodi e grandi distanze in
funzione del presente è segno dei nostri tempi, delle loro malattie profonde, del
bisogno di guarirne o, almeno, di porsi dinanzi a più precise diagnosi.
Gian Battista Vico ci ha insegnato che nelle ore di confusione si deve ritrovare il
fondamento. E la memoria storica è il fondamento della rinascita.
La patientia historiae, l’arte di chi sa attendere che il caos si faccia caso e poi si
converta in ordine e in senso (salvo a invertire, poi, nuovamente ed inesorabilmente
la rotta), non può sottrarsi alla tristesse de l’historien, melanconia di un artigiano
costretto a ripetere opere sottomesse alla devastante legge dell’umano, là dove il
passaggio cronologico consentirebbe di correre ben altre avventure dello spirito.
Ecco, quindi, in questa grande sofferenza della congiuntura breve, farsi forte la
tentazione di guardare le cose più in lontananza, non per evadere gli obblighi del
presente, viltà che non sfiora mai, bensì, al contrario, per dare al proprio tempo un
destino più netto ed irrevocabile nel grande mare della storia.
In pratica, di fronte alla disgregazione delle società complesse, come espresso da
Salvatore Settis, si può interrogare con più acuta sapienza il nostro presente
consentendo che ci dischiudano il proprio senso gli elementi classici della storia, che
non finiscono mai di dire ciò che hanno da dire, che persistono come rumore di fondo
anche là dove l’attualità più incompatibile impera (Calvino) e che, avendo in sé
superato la propria rovina e potendo esibire la propria grandezza mutila in modo più
affascinante della loro piena integrità, sono sia memoria del tempo sia potenzialità di
progetto.
Il Colligere fragmenta ne pereant (Giovanni, cap. IV), la ricostruzione di frammenti
del passato, lungo e difficile, di cui talora non restano tracce sufficienti, può da un
canto rafforzare la consapevolezza di aver ereditato un privilegio ben meritato dai
nostri padri e d’altro canto, raccogliendo i fili stessi di questa eredità nobilissima, può
proiettarci verso il futuro che oggi, per effetto di una evoluzione rapidissima della
società, della scienza e della tecnologia, più che una successione del presente è, di
fatto, quasi un presente(5).
“Con l’oblio” scrive Prosperi, “lo storico ha un conflitto professionale: scoprire che
quel che è stato nascosto dalla polvere del tempo è il piccolo piacere per il quale
lavorano gli studiosi del passato. Rendere vivo ciò che è morto e scomparso, vincere
col tempo la lotta per strappargli le sue vittime è quel che fa sentire allo storico la sua
posizione liminare tra morti e vivi come una missione eroica piuttosto che un
esercizio pacifico dell’erudizione.
_________________
(4) Paolo Mieli, Storia e politica. La memoria e l’oblio. Rizzoli, giugno 2001, pag. 29.
(5) Raimondo Villano, Riflessioni su alcune implicazioni contemporanee della storiografia
farmaceutica, Atti e Memorie dell’Accademia Italiana di Storia della Farmacia, Rubrica Atti dell’AISF,
Anno XXII n. 1, Aprile 2005. pagg. 12-14.
36
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
22. Basta un restauro anche minimo di una testimonianza del passato a dare l’emozione
di un incontro inatteso con la voce autentica dei morti(6)”.
È fondamentale, tuttavia, che “l’adrenalina, di pur nobili emozioni, non si infiltri
nell’inchiostro dello scrittore di cose storiche(7)”.
È, in effetti, uno dei principi cardine della ricerca storica: analizzare i fenomeni
rispetto alle loro cause ed agli effetti da essi prodotti. Libera da polemiche
anacronistiche e da apologetica postuma, quindi, la storia ha il compito di
rappresentare l’uomo e il suo agire a partire dai vari condizionamenti che egli
subisce.
Ma “questa è la prima regola per scrivere storia: non si osi affermare il falso e poi
non si osi non dire il vero, non ci sia il sospetto che la penna scriva a favore o a
sfavore(8)”.
Per lo storico, inoltre, è fondamentale anche possedere la modestia derivante dalla
coscienza di essere al confronto con problemi ricorrenti della storia dell’umanità e
_________________
(6) Paolo Mieli, Storia e politica. La memoria e l’oblio. Rizzoli, giugno 2001, pag. 67.
(7) Mons. Walter Brandmüller, Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, in: “Galileo e la
Chiesa alla luce della storia del pensiero”- 2006 pagina 221.
(8) Papa Leone XIII (1878-1903), Lettera Apostolica “Saepenumero considerantes”, Roma San Pietro,
18 agosto 1883, anno sesto del Pontificato.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
37
23. con i quali ci si deve confrontare con la piena consapevolezza della propria fragilità e
limitata competenza(9).
Va, poi, considerata la differenza tra un giornalista e uno storico che può essere
spiegata in termini chiari: il primo si occupa dei vivi, il secondo (salvo che non faccia
una storia del presente o una storia quasi simile alla cronaca) si occupa dei morti(10).
Lo storico, inoltre, “racconta le cose accadute, il potere quelle che potrebbero
accadere (…); la poesia ha a che fare con verità generali, la storia con eventi
specifici(11)”.
Lo storico, poi, quando si occupa di storia del presente ha il gravoso compito di far
comprendere al “distratto” e al “superficiale” che quanto corre davanti ai loro occhi
non può essere cosiderato solo confusione(12).
Un fenomeno essenziale cui poco si bada, invece, è che non tutto il reale è “storico”,
laddove per “storico” si intende ciò che è sufficientemente documentato e
attestato(13).
Uno snodo decisivo è il superamento di un’idea della lettura della storia come puro
svago, la percezione che essa possa essere strumento di educazione e di crescita
civile.
È opportuno, altresì, non considerare la storia come una favola né ritenere possano
esserlo il libri degli storici che, a loro volta, non devono dettare una linea ma
semplicemente illustrare onestamente con i fatti il risultato delle loro ricerche: una
storia di qualità e, dunque, ricca di dignità e di valori morali anziché contorta nei
meandri di doppie e triple verità(14).
Interrogandosi più in profondità sulle grandi questioni concernenti il ruolo dello
storico, la domanda di fondo appare essere se fare storia oggi abbia ancora un senso e
quale esso potrebbe essere: è una domanda, in effetti, che possiede una densità ed un
rilievo che superano le preoccupazioni particolari di una disciplina e dei suoi cultori
per dilatarsi a riflessioni molto impegnative sulla vita civile nel nostro presente(15).
Benché appaia audace il proposito di rispondere, ritengo che allo storico possa essere
attribuito un altro compito molto importante, cui vale la pena che egli tenti di dare un
contributo in un’epoca in cui gli individui sono particolarmente disorientati e
standardizzati: effettuare la praxis, lo sforzo, di far uscire la storia dal ristretto ambito
degli studi specialistici per porla in contatto con le difficoltà che tutti devono
affrontare.
In effetti, ponendosi nei templa serena della sapienza allo studio diacronico di
osservazione dei naufragi dell’uomo, appare con evidenza del tutto giustificata la
sorpresa di Simmel su “quanto poco dei dolori umani sia trapassato nella loro
filosofia”.
_________________
(9) John Rawls, “Lezioni di storia della filosofia politica”, Feltrinelli, Milano 2009.
(10) Sergio Luzzato, Docente di Storia Contemporanea a Torino.
(11) Aristotele, Poetica.
(12) Abs. rimaneggiato da: Ugo Tamballi, Il suicidio del comunismo - Il Sole 24Ore Domenica 31
maggio 2009, n. 48, pag. 37.
(13) Gianfranco Ravasi.
(14) Carlo Ossola, Cantinori, gli eretici e il fascismo, Sole 24 Ore, Domenicale, 31 luglio 2005.
(15) Luigi Mascilli Migliorini, Gli inganni della memoria. Il Mattino, Cultura, 12.01.09
38
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
24. Il contenuto di questa comunicazione culturale dello storico, dunque, serve a
guardare in profondità all’identità di chi porta dentro di sé il pesante concetto della
memoria, non tralasciando di considerare che “il passato è indistruttibile, anche
perchè gli avvenimenti storici sono parte della trama delle nostre vite(16)”.
Del resto è già stato sottolineato(17) come sia urgente un atto di coscienza capace di
sceverare valori e modelli da richiamare per il presente per fare della storia non solo
un cimitero di atrocità o un terreno di esaltazione bensì un lievito di dignità per il
futuro(18). È del tutto evidente, infatti, quanto i buoni studi abbiano un indiscutibile
valore civile.
Non ci illudiamo, però, di poter cogliere la sostanza delle cose come sono realmente
andate, e ancor meno di poterle far conoscere una volta per sempre. Da tempo
Droysen ha ammonito che con la ricerca storica “non sono le cose passate che
diventano chiare, poiché esse non sono più, ma diventa chiaro quello che di esse,
nell’hic et nunc, non è ancora passato(19)”.
Noi ci proponiamo di “arricchire e ingrandire il mondo delle nostre idee con la
conoscenza documentata della continuità dell’evoluzione morale dell’umanità, in cui
tocca per il momento a noi, oggi viventi, di raccoglierla e continuarla, per la parte
nostra, intendendone il nesso(20)”.
_________________
(16) Eric J. Hobsbawn, “Il secolo breve 1914-1991”.
(17) Da maestri come, ad esempio, Ernesto Sestan.
(18) Carlo Ossola, ibid.
(19) J.C. Droysen, Sommario di istorica, a cura di D. Cantinori, Firenze 1943, p.13.
(20) Ibid.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
39
25. Le idee riguardo al passato, inoltre, non sono per niente definitive. Esse vengono
costantemente modificate in base alle priorità del momento. Ogni volta che nello
scenario contemporaneo e nelle nostre vite emergono nuove priorità, la lente dello
storico si sposta e va ad esplorare territori oscuri, ponendo in luce fattori che sono
sempre esistiti ma che gli storici precedenti avevano cancellato dalla memoria
(21)
collettiva per distrazione o leggerezza .
(22)
Dall’oscurità del passato risuonano nuove voci che vogliono essere ascoltate .
Il presente reinventa di continuo il passato. In questo senso, tutta la storia, come
diceva Benedetto Croce, è contemporanea. Sono questi cambiamenti di percezione
che la rendono un’avventura intellettuale assolutamente affascinante. Diceva Oscar
Wilde che “ il nostro debito con la storia consiste nel riscriverla”.
Nel frattempo, lasciamo sbocciare i tanti nuovi germogli della storia. La storia non è
mai conclusa, né va intesa come un verdetto definitivo. È un processo che non finisce
mai. Gli storici non devono mai abbandonare la ricerca nell’interesse di un’ideologia,
di una religione, di una razza, di una nazione(23).
La storia, inoltre, non emette verdetti puramente autoritari. Anzi, essa “non è
giustiziera, non è un tribunale che emette sentenze di assoluzione o di condanna. (...)
La storia è il tentativo di capire come e perché gli uomini sono vissuti, e per far
questo è necessario calarsi nell’epoca in cui sono avvenuti i fatti che si studiano e
comprendere come e perché sono vissuti gli uomini senza dare un giudizio morale,
pur mettendolo in connessione con l’epoca di cui ci si occupa(24)”.
La conoscenza storica è in continuo sviluppo né mai potrà essere considerata
definitiva: essa rivela in un’unica espressione qualcosa sia del soggetto, così come un
ritratto esprime -anche se non esaurisce- al tempo stesso la personalità del
personaggio raffigurato e quello dell’autore(25).
La conoscenza storica ha una verità sempre parziale che è progressivamente
conquistata con il susseguirsi delle ricerche e con lo svilupparsi della storiografia.
La storia è sempre diversa ed imprevedibile benché possano ravvisarsi corsi e ricorsi
storici(26).
Considerando, poi, la riflessione di Albert Einstein che sosteneva che la fantasia
conta più della conoscenza, è possibile che lo studioso dotato di fantasia abbia la
capacità di confrontarsi con ipotesi apparentemente improbabili e lontane dai
pregiudizi correnti ed arrivi a scoprire qualcosa di nuovo, purché fornisca conferme
con i documenti.
Il lavoro dello storico, tuttavia, è un’impresa fallimentare che è perseguita con
slancio perché fa provare il brivido dell’esplorazione, perché ripercorrere il passato è
emozionante, perché comporta grandi sfide intellettuali.
_________________
(21) Arthur Schlesinger Jr, La storia, antidoto alla stupidità - (Ultimo articolo pubblicato) New York,
2007, traduzione: Marta Matteini per Sole 24 Ore.
(22) Ibid.
(23) Ibid.
(24) Claudio Magris cita Giovanni Miccoli (Professore di Storia del Cristianesimo a Trieste) in “La
coscienza della Storia”, Francesco Mannoni da: Il Mattino, Cultura, 16 gennaio 2007.
(25) Immagine dello storico Henri-Irénée Marrou.
(26) Giovanbattista Vico.
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Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
26. Gli storici, infatti, sono anche prigionieri della loro esperienza: il bagaglio di
conoscenze è carico di preconcetti dovuti al carattere di ciascuno ed al periodo in cui
viviamo. Non possediamo verità assolute o definitive. L’impresa dello storico
destinata a fallire è, dunque, la ricerca di un’oggettività che in termini assoluti è
irraggiungibile(27).
In definitiva, però, va riconosciuto che dal confronto di interpretazioni differenti
nasce la vera conoscenza.
D’altro canto non va sottaciuto che, dopo aver fatto per tanto tempo storia dei fatti,
taluni storici si sono cimentati a fare storia di fenomeni, per così dire, più
evanescenti: emozioni, percezioni, false notizie, fino ad arrivare, negli ultimi decenni
ad essere particolarmente attratti dalla storia della memoria, dal modo, cioè, in cui la
memoria storica si è codificata, stratificata, creata. Di come si è selezionata, a quali
norme ha obbedito la selezione. Moltissimi sono stati, così, gli studi dedicati all’uso
pubblico della memoria e della storia, alla costruzione delle varie memorie. È
opportuno, tuttavia, considerare che la ricerca delle domande che sono dietro ai
percorsi delle memorie è per lo storico assolutamente un’operazione non solo
legittima bensì persino doverosa.
Interrogandosi ulteriormente sulle grandi questioni concernenti il metodo dello
storico, in effetti, torna alla mente Nietzsce quando asserisce che “non esistono fatti
ma solo interpretazioni”.
_________________
(27) Arthur Schlesinger Jr, Ibid.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
41
27. Ed il nostro tempo sembra confermare questa tesi o profezia: le interpretazioni in giro
sono davvero tante e fra di loro conflittuali.
Gli storici, tuttavia, cercano, o dovrebbero cercare, la verità e, talvolta, la trovano.
Certo, si tratta di verità umane, falsificabili, quindi, potenzialmente revocabili. Però
se la storia venisse falsificata, il nostro rapporto con il passato e anche con il mondo
si sfascerebbe.
Dire che il vero implica un rapporto con il falso e il finto (la storia che è abituata a
inventare, come osservò ironicamente Manzoni) è affermare un’ovvietà. Ma i neoscettici tendono a dimenticarsi del falso sostenendo che tutto è finzione mentre i
positivisti vecchi e nuovi tendono a dimenticarsi del finto; in polemica con entrambe
le categorie, ad esempio, Carlo Ginzburg(28) cerca di dimostrare(29) che il falso nasce
sia dal vero che dal finto e viceversa.
Vi è, poi, la categoria del verosimile: un tema importante è costituito, infatti, da se
può lo storico riempire gli spazi vuoti della conoscenza con il tessuto connettivo
dell’immaginazione, servendosi della sua esperienza per distinguere il plausibile dal
meramente fantastico. È un esperimento curioso.
Inoltre, la verità è evidente o nascosta? E se è nascosta, dipende da una nostra
incapacità di indiviuazione e comprensione o da un’originaria premeditata volontà di
occultamento? E come possiamo disvelarla?
“La verità è quasi sempre nascosta, anche quando è evidente(30)”. Qualche volta viene
tenuta nascosta, talora non riusciamo a vederla: l’una non esclude l’altra. Per portarla
alla luce vi sono molti strumenti. Uno di essi è lo straniamento(31): la capacità di
guardare le cose a distanza, come se non le conoscessimo(32).
La verità ha anche una valenza morale giacchè i fatti possono essere anche
strumentalizzati ed il falso divenire menzogna. Ma ci si può cautelare da chi racconta
menzogne usando il discernimento, facile ad affermare, difficilissimo ad attuare. Per
di più, oltre ad essere attorniati da mentitori, sovente appare che mundus vult decipi,
il mondo vuol essere ingannato!
Lo storico, ancora, può giudicare fatti o avvenimenti che lo impegnano emotivamente
o di cui è stato addirittura partecipe? Storici come Tucidide, Guicciardini, Marc
Bloch hanno dimostrato che è possibile purchè si sostituisca il “giudicare” (dalle
connotazioni moralistiche o giudiziarie) con il “conoscere”.
Vi è, infine, da considerare il rapporto dell’era contemporanea del trionfo, in tutti i
sensi, del virtuale con la verità: la società in cui viviamo, infatti, usa tecnologie che
esaltano la potenza del virtuale; ma la verità può nascere anche dal virtuale che, se
ignorato, può talora dare un’idea limitativa del vero.
La nostra memoria si fa sempre più incerta nel confronto tra passato e presente
giacché la separazione temporale, ovvia in sé, può trasformarsi in estraneità, quando
non addirittura in avversione.
_________________
(28) Notissimo storico italiano originario di Torino ma vivente a Los Angeles le cui opere sono tradotte
in oltre venti lingue; predilige alla storia dei grandi scenari le ricostruzioni di fatti ed eventi circoscritti
nel tempo e nello spazio, talora considerabili anche “minimi”.
(29) Ginzburg Carlo, Il filo e le tracce, pag. 340, 2006.
(30) Poe, La lettera rubata.
(31) Ginzburg Carlo, ibidem.
(32) Un grande maestro di questo modo di guardare il mondo è Montaigne.
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Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
28. Il valore della contestualità va intesa nella maniera più completa possibile della
diacronia storica e della trasversalità culturale.
Per un popolo (o per una professione, un gruppo sociale o un singolo individuo)
conta molto anche non percepire distanza ma fluidità tra passato e presente in quanto
ciò pone in condizione di sentirsi figlio diretto.
La lezione umanistica della storia è anche quella della continuità e della
valorizzazione delle tradizioni intellettuali più profonde.
Non va mai dimenticata la dimensione interiore che si può creare con la lettura. Con
la cultura in senso generale. Parlare di un classico non significa riproporre ciò che
esisteva in passato ma atteggiarsi ad intendere meglio ciò che è diverso da noi
stessi(33).
“L’arte e la storia sono tra gli strumenti più validi per un’indagine sulla natura
umana(34)”
Ma perché intraprendere uno studio classico? Non per nostalgia né per illusione di
continuità ma perché misurandosi con una cultura che è al contempo fondativa ed
antagonista del nostro presente, si possa da un lato storicizzare i propri saperi e
dall’altro mostrare come i classici, anche se superati nelle loro risposte, restano
necessari per formulare le nuove domande. Un comune pensare e un’alleanza non più
rinviabili, in particolare, per un Paese come l’Italia che sconta una duplice colpa: il
deficit scientifico e la dispersione del suo patrimonio classico.
_________________
(33) Salvatore Settis.
(34) Ernst Cassiner.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
43
29. Tuttavia, le esigenze portano a dialogare discipline i cui legami con la classicità sono
tanto profondi quanto trascurati.
Mentre gli imperativi del mercato mirano ad emarginare i saperi umanistici ed i
saperi scientifici non immediatamente applicabili, andare oltre le due culture significa
restituire alla conoscenza lo spazio indispensabile nel quale possono maturare la
ricerca e il pensiero critico(35).
Siamo convinti, come già Epimenide, che la storia è profezia del passato(36).
L’umanista propone l’osmosi dei pensieri, delle istituzioni e delle conquiste di ogni
cultura, passata e contemporanea. L’Umanesimo è perciò un crogiuolo.
Nella crisi gravissima e, tuttavia, feconda che l’umanità tutta intera sta attraversando
- con il rischio di sostituire ai valori etici e storici l’utile individuale, le divisioni
aggressive e il bisogno pigro di autorità ordinatrici - occorre ripensare l’Umanesimo.
Ci si deve proporre di interrogare l’Umanesimo e domandare ai responsabili del
governo civile di ogni nazione, e specialmente a quanti nell’Umanesimo riconoscono
le proprie radici, di incentivare o di istituire la ricerca umanistica dovunque e in ogni
modo possibile, a cominciare dalla scuola. Ma subito, prima che venga smarrito del
tutto il senso universale della persona umana e prima che si dissolva la percezione
dello spirito e delle sue esigenze.
Chi si lascia ciecamente dirigere dalla logica dell’utile individuale non vede che il
mercato deve svilupparsi in una nuova e progrediente struttura della società formata
con il cemento dei valori etici, storici e culturali.
La società sarà, dunque, lo specchio dell’umanità che prepariamo: non una realtà che
annienta le identità, che non conosce l’individuo e ne ignora i bisogni ed i diritti. La
conquista di un tale nuovo umanesimo ha la forza aggregante dei grandi moti
spirituali che non conoscono frontiere. Una realtà comune significa molte cose, ma
comincia in ogni caso con il vivere, crescere ed educarsi insieme. La cultura
umanistica è una preziosa scuola di conoscenza(37).
E non vi è dubbio sul fatto che il nostro secolo stia nascendo su una radice fortemente
neoclassica per il fatto che per uscire dal pantano lasciato dal pensiero debole e dal
management debolissimo, l’attuale crisi etica e politica esige valori classici da citare.
Un esercizio culturale tra gli elementi formativi e fondativi della cultura occidentale
serve a capire la nostra quotidianità.
Caratteristica degli studi storici è l’analisi di fonti e documenti prodotti nel corso dei
secoli.
C’è, poi, una storia ricavata interrogando le tombe, contemplando i monumenti,
ritrovando vestigia e, ancora, come o’ mȒ oron, il cieco Omero, chi sa udire la storia
rimormorata dalle pietre per narrarla.
Le funzionalità originarie dei monumenti sono irrimediabilmente perdute: da quando
furono abbandonati sono serviti a mille scopi diversi. Essi, però, sembrano oggi aver
perso ogni potenzialità ma potrebbe essere sufficiente considerare l’importanza
economica derivante dal turismo culturale per convincersi del contrario.
_________________
(35) Convegno Internazionale Scientia Rerum, Bologna, 29-30 settembre 2005.
(36) Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Appello per la Ricerca umanistica, 10 giugno 1993.
(37) La Pergola Antonio, Presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo, “La polis
Europa”, discorso del 22 giugno 1993 in occasione della presentazione al Parlamento Europeo degli
Appelli per la Filosofia e per la Ricerca umanistica.
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Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
30. La cultura è un investimento strutturale per il Paese; essa non è estranea all’economia
perché, incidendo sulla qualità della vita e sull’orgoglio di appartenenza, diventa
determinante per la produzione economica tout court(38).
_________________
(38) Salvatore Settis.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
45
31. La memoria come percezione d’identità collettiva
B
isogna comprendere che rinnegare la propria storia significa negarsi una
credibile identità.
Nessun albero, inoltre, può crescere in altezza se è privo di radici(39).
Memoria e storia si accompagnano, indubbiamente, nel difficile cammino,
individuale e collettivo, che si fa per ricostruire dal passato le ragioni del presente. La
storicità dell’essere, il rapporto vitale tra passato e presente, non si esaurisce in una
dimensione puramente biografica (la memoria, appunto), ma si realizza pienamente
nel coinvolgimento, nelle forme che, come è ovvio, concretamente ognuno riterrà
possibile e fecondo riempire con le cose del proprio tempo collettivo(40).
La storia si rapporta alla collettività come la memoria al singolo. Chiunque sia
privato di memoria si sente disorientato e perde riferimenti, non sa più dove è stato e
dove è diretto. In egual maniera un Paese che non conosce e non comprende il
proprio passato sarà incapace di gestire il presente e il futuro. In effetti, “più si guarda
indietro più si riesce a guardare avanti(41)” e, d’altro canto, “il futuro influenza il
presente tanto quanto il passato(42)”.
É, dunque, agevole un processo di cosolidamento della consapevolezza che la ricerca
storica è uno dei modi più efficaci di partecipazione alla realtà presente e di
approccio al futuro. Ma si badi bene: approccio al futuro e non previsione del futuro!
La storia, in effetti, ci insegna a pensare e a vivere ma non, al di là dell’ambito di
pertinenza della teoria gadameriana della precomprensione, a prevedere il futuro per
la semplice ragione che essa non si ripete mai!
Se si vuol diventare persone adulte e mature, si deve indagare con coraggio nella
propria storia personale. Analogamente le collettività, se vogliono crescere e contare
nel mondo, devono esaminare senza ipocrisie la loro storia. È un esercizio faticoso e
doloroso, poiché costringe a rivivere sbagli, leggerezze e perfino crimini ormai
dimenticati. Nel ripercorrere la storia di una collettività occorre affidarsi ai
documenti che devono essere studiati con metodo critico.
Appare indubbio, inoltre, che la conoscenza della storia è una necessità morale per
una nazione.
La storia è il miglior antidoto contro le illusioni dettate dall’onnipotenza e
dall’onniscienza. Conoscere se stessi è il presupposto indispensabile per controllare
le proprie azioni e questo vale sia per la collettività sia per il singolo. La storia
dovrebbe sempre ricordarci quanto siano limitate le nostre visuali. Dovrebbe darci la
forza per non cedere alla tentazione di trasformare sensazioni momentanee in diktat
morali.
Dovrebbe aiutarci ad ammettere il fatto, purtroppo così spesso manifesto, che il
futuro va ben oltre le nostre certezze e che gli eventi che ci riserva sono più variegati
di quanto la mente umana possa concepire.
_________________
(39) Mons. Walter Brandmuller, Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche - “Discorso
commemorativo” (Palazzo della Cancelleria, Città del Vaticano 16 aprile 2004).
(40) Luigi Mascilli Migliorini, Gli inganni della memoria. Il Mattino, Cultura, 12.01.09.
(41) Winston Churchill.
(42) Friedrich Nietzsche.
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Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
32. Merita, inoltre, di essere ricordata, a proposito del rischio di derive autoritarie del
potere in una nazione, l’affermazione: “guarda, figlio mio, con quanta poca saggezza
è governato il mondo(43)”.
Cinicamente, quanto sovente realisticamente, si può assentire all’affermazione che
“la storia ci insegna che gli esseri umani si comportano con saggezza, una volta che
abbiano esaurito tutte le alternative(44)”.
D’altro canto, se si ha una percezione sufficientemente chiara anche dell’ironia della
storia, si possiedono più strumenti per resistere alle drammatiche tentazioni del
potere(45).
Dunque, è condivisibile l’assunto che “chi sbaglia storia, sbaglia politica(46)” e,
d’altro canto, che “chi controlla il passato, controlla il presente(47)”.
Tuttavia l’annosa questione dell’unità d’Italia è un problema posto dal Croce (con
strascico di riserve e diffidenze) che osservò recisamente: “L’unità della storia
d’Italia comincia nel 1860, dalla costituzione di uno Stato italiano comprendente
tutte o quasi le popolazioni chiuse nei confini geografici del paese(48)”.
_________________
(43) Pronunciata dallo statista svedese Axel Oxenstierna.
(44) Abba Eban, diplomatico (1915-2002).
(45) Abs rimaneggiato da: Arthur Schlesinger Jr, La storia, antidoto alla stupidità - (Ultimo articolo
pubblicato) New York, 2007, traduzione: Marta Matteini per Sole 24 Ore.
(46) Giovanni Cantoni.
(47) G. Orwell
(48) Benedetto Croce, La storia come pensiero e come azione, Bari 1939.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
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33. Perciò le trattazioni che superino questo termine cronologico non possono essere
“storicamente organiche” e “severamente scientifiche”, ma sono, “secondo i casi,
manuali eruditi, enciclopedie, poemi o semipoemi epici, capolavori letterari, retorica
politica, e via dicendo(49)”.
Come è noto, in tal modo Croce irrigidiva e schematizzava un famoso giudizio di
Antonio Labriola sulla “unità illusionale di una storia d’Italia”: Labriola, in effetti,
distingueva fra processo di formazione della nazione italiana e processo di
formazione dello Stato nazionale unitario, e giudicava necessario indagare sulla
“unità di temperamento e d’inclinazioni, che costituisce il polo nel senso storico della
parola(50)”.
Nell’impostazione crociana è già stata indicata la tendenziosità di prescindere dal
momento della lotta e del contrasto, quando “un sistema etico-politico si dissolve e
un altro si elabora nel fuoco e col ferro(51).
Ma, tendenziosità a parte, si potrebbe anche rilevare come nell’enunciazione del
Croce si manifesti in tutta la sua coerenza quello schema di processo lineare del
pensiero, da lui esposto soprattutto in Teoria e storia della storiografia, dove,
appunto, tracciando la storia della storiografia “in conformità dei principi innanzi
chiariti, (…) così per esemplificare il metodo enunciato, come per illustrare
storicamente i concetti esposti nelle precedenti pagine teoriche(52)”, non solo si ignora
ogni esperienza e tradizione extraeuropea, identificando tutte le civiltà umane con
quella del nostro continente (anzi con la sua parte occidentale), ma necessariamente
si escludono da ogni valutazione civiltà e culture, come quelle dell’America
precolombiana o dell’Africa precoloniale o dell’Estremo Oriente, che presuppongono
fin dalla prima approssimazione l’uso di strumenti culturali e l’accesso ad
attrezzature mentali differenti dalla tradizione eurocentrica.
Non a caso, del resto, la riflessione storica crociana bandiva altrettanto rigorosamente
e con ragioni analoghe la storia universale: anch’essa “non storia”, “romanzo”,
“utopia”, “pseudostoria”.
In realtà, alle esigenze cognitive ed alla coscienza politica degli uomini d’oggi suona
più vicino l’insegnamento del Burckhardt, quando, più di cento anni or sono,
invocava “una gigantesca carta geografica dello spirito, sulla base di un’immensa
etnografia, che dovrebbe raccogliere insieme ciò che è materiale e ciò che è
spirituale, e dovrebbe cercare di venire a capo, secondo un nesso, di tutte le razze, i
popoli, le morali e le religioni(53)”.
E concludeva con parole che vorremmo far nostre: “Lo studio più autentico della
storia nazionale sarà quello che consideri la patria parallelamente e in correlazione
con la storia universale e le sue leggi, come parte della grande totalità del mondo,
illuminata dalle stesse stelle che hanno rischiarato anche altre epoche e popoli, e
minacciata dagli stessi precipizi(54).
_________________
(49) Benedetto Croce, Conversazioni critiche, Bari 1939, pp. 184-95.
(50) Labriola, Da un secolo all’altro, in Scritti vari di filosofia e di politica, a cura di B. Croce, Bari
1906, pp. 489-90.
(51) A. Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, 1952, p. 192.
(52) Benedetto Croce, Teoria e storia della storiografia, Bari 1948, pp. 151-52.
(53) J. Burckhardt, Sullo studio della storia, Torino 1958, p. 20.
(54) Ibid., pp. 26-27.
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Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
34. Ma se anziché assumere, come fa Croce, la storia etico-politica nei suoi termini più
restrittivi (e verrebbe fatto di dire, nell’ambito burocratico-amministrativo
dell’assettto statale) la consideriamo nel significato più lato, per formazioni
economiche e sociali più vaste e diverse, senza prescindere da fattori quali la
caratterizzazione geografica del paese, la lingua, la cultura, i modi di produzione,
ecc., potremo indicare con Gramsci nel momento dell’egemonia una valida chiave
interpretativa. Ci sarà così possibile approfondire quella “metafora” che è “la
rappresentazione ‘individualizzata’ degli Stati e delle Nazioni”, e considerare queste
entità “come distinzioni di gruppi “verticali” e come stratificazioni “orizzontali”, cioè
come una coesistenza e giustapposizione di civiltà e culture diverse, connesse dalla
coercizione statale e organizzate culturalmente in una “coscienza morale”
contraddittoria e nello stesso tempo ‘sincretica(55)”.
Su questa base sarà il caso di sottolineare come gli sviluppi degli studi storici e delle
scienze umane, dalla storia economica all’archeologia, dall’antropologia alla
linguistica, abbiano portato, come osserva Cantimori, “a tale ampliamento di
orizzonti da far quasi dimenticare le questioni ‘filosofiche’ o generali, tipo
‘storicismo’(56)”.
E proseguiva evidenziando come “quest’aria nuova, che viene da tutte le parti della
rosa dei venti muove gli storici e gli studiosi di storia verso ricerche e scoperte che
vanno dall’archeologia medievale alla storia delle tecniche agrarie, della
emigrazione, degli insediamenti umani, del paesaggio umano (…)”.
_________________
(55) A. Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, 1952, p. 187-88.
(56) D. Cantimori, Storia e storiografia in Benedetto Croce, in Storia e storia, Torino, 1971, p. 405.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
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35. Oggi, tuttavia, se da un lato è riscontrabile che la storia, arricchita anche dalla teoria
sociologica delle organizzazioni o da studi antropologici, è la memoria intesa come
percezione dell’identità che legittima ad essere compresi nella più vasta cultura
collettiva, d’altro lato spesso persistono o riemergono nei caratteri originari delle
nazioni e delle patrie profonde lacerazioni che ne connotano i valori identitari.
In contrasto con questa idea c’è la visione della storia come esercizio di
pacificazione, per non dire della diffusa consuetudine di rinnovare, in un alone
romantico, talune specifiche epopee emblematiche.
Vi è poi il tema dell’approccio intellettuale alla storia della nazione. Nel caso che la
storiografia contemporanea la proponga in vari modi, risulta un’immagine
profondamente lacerata e spezzata. Il problema è che o si ha una storia costruita sul
filo di continuità o si hanno più storie e una storiografia divisa nell’impostazione
stessa del percorso da seguire. C’è, poi, il rischio che abbiano libero corso nella
cultura spunti difficili da definire storiografici ma piuttosto strumentalmente
ideologico-politici. Più che insistere in modo irriflesso su di una rottura che ha perso
il suo fondamento, è vantaggioso avviare una seria riflessione su quasi tutti i punti
cruciali di divisione per aprire la possibilità di ricostruire un filo comune di continuità
nella storia della nazione. I motivi di continuità che devono emergere non mettono in
ombra i giudizi di valore ma individuano la trasversalità delle scelte e
dell’evoluzione-costruzione sociale. Non va sottaciuta, d’altro canto, la realtà attuale
fatta di un universo mediatico incline soprattutto a cogliere le fratture e, talora, a
proporre continuamente una metastasi di microfratture. In tale circostanza può avere
un ruolo determinante l’incidenza di una cultura che ritiene che tutto sia da buttare,
salvo se stessi: tale evenienza, in effetti, si configura quale sorta di rinuncia alla storia
come memoria comune, anzi quale rifiuto di tutto ciò che c’è di profondo nella
memoria. È una rottura che non ricostruisce neanche un percorso nuovo: non è un
revisionismo bensì, semplicemente, nichilismo storico.
La storia, inoltre, ha riacquistato un ruolo centrale anche nel dibattito politico,
culturale e persino etico. La sensazione che un passato condiviso custodisca le chiavi
dell’identità collettiva è diffusa, oggi, tra il pubblico: e proprio il radicamento nel
passato è spesso invocato, anche a livello politico, per fondare un sistema di valori e
individuare un’appartenenza comune.
Ma questa nuova centralità del discorso storiografico può comportare dei rischi in
quanto il cosiddetto uso pubblico della storia risulta spesso finalizzato alla
manipolazione propagandistica o, comunque, fondato su una manipolazione del
passato.
Come elemento di ulteriore turbativa non molto infrequente del caso di specie, è da
considerare anche il fatto che “l’intellettuale, il tecnico è portato a ritenere che, al di
là degli elementi strutturali di una singola contingenza politica, se lui è ‘ammesso a
corte’, se è chiamato a far parte dell’establishment, ciò è di per sé un elemento che
attesta il carattere liberale e innovatore dell’esperienza politica cui è associato(57).
Nell’ambito di una salutare riflessione sui personaggi che agiscono nel teatro della
memoria, poi, occorre metodo dialogico per rispondere ad un quesito di etica della
memoria tenacemente attuale: ci sono cose che abbiamo il dovere di ricordare?
_________________
(57) Paolo Mieli, Storia e politica. Filangieri e i Borbone. Rizzoli, giugno 2001, pag. 115.
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36. Ed in che misura questa memoria condivisa serve a rafforzare l’identità di gruppo?
Secondo una certo filone di pensiero, le memorie condivise non sono morali. Tale
paradosso, in realtà, è spiegato tenendo conto che solo le relazioni di appartenenza
ad una nazione si fondano sulla costruzione di una memoria comune, intesa non
come conoscenza oggettiva del passato bensì come rappresentazione mediata ed in
parte mitica: una sorta, insomma, di fatale attrazione dell’ethos verso l’etnos, ovvero
una prospettiva tendenzialmente etnica dell’etica(58).
Nelle sfide globali che trasformano la politica internazionale in politica interna del
mondo, la storia deve misurarsi alla prova di una società planetaria che trasforma e
preme dall’interno contro gli esoscheletri degli Stati nazionali che insieme la
contengono e la costringono.
È più che mai necessario, allora, riflettere sulle identità storiche e culturali oggi in
gioco in un orizzonte più ampio: per scoprire che le identità non sono date e
immutabili, ma si sono formate nel corso dei secoli e dei millenni, in un gioco
incessante di intrecci e condizionamenti reciproci e con mescolanze talvolta
sorprendenti.
Solo una considerazione imparziale del passato in tutta la sua complessità può
attrezzarci per rispondere alle sfide del nostro tempo decifrando la complessità del
presente e può porci, senza spaventarci, di fronte a quella del futuro.
_________________
(58) Avishai Margalit, L’etica della memoria, il Mulino, Bologna, 2007.
Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
51
37. Quando si compie una ricostruzione accurata, spesso essa accerta soltanto una
memoria irrimediabilmente divisa, dovendo rispettare gli elementi compositivi della
sua riflessione, cioè i fatti, i sentimenti, le diverse memorie appunto. E qui può
subentrare la competizione politica sulla memoria, poiché da un contrasto lacerante
escono due diverse interpretazioni della storia. Dal complesso intreccio di
interpretazioni, un passato, dunque, può essere destinato a non passare giacché
davvero nessuno può rendere condivisi pensieri che sono nati in contrapposizione e
che possono essere solo consegnati alla storia come tali.
Allo storico si richiede, inoltre, la capacità di saper “ripensare il noto” ogni qualvolta
deve considerare i grandi temi consolidati della storia della cultura, quei motivi
ricorrenti che alla fine inducono all’elusione in virtù del loro eccesso di reperibilità
ma che studiosi e lettori si ritrovano rischiosamente sempre innanzi(59).
Tra un’impressione ed una constatazione il termine medio, il nesso logico in grado di
cambiare i due elementi (l’impressione, semplice fatto psicologico; la constatazione,
elemento oggettivo) è il giudizio storico che serve in quanto politicamente efficace ed
utile anche ai fini di un’azione correttiva.
Un’identità condivisa, inoltre, non si costruisce cancellando il passato. Gli eccessi
della retorica storica possono innescare di contraccolpo un’ondata antiretorica
revisionista, un abuso strumentale e massmediologico della storia.
Fra la revisione storica e la valutazione storica sembrerebbe esserci una sostanziale
differenza: la prima implica un processo teorico, la seconda un giudizio morale.
Altro problema di enorme rilievo è costituito dall’Europa che “sembra incamminata
su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia” qualora dovesse cedere alle
tentazioni ed agli interessi a dimenticare i valori fondamentali e le comuni radici
cristiane, perché così facendo si va incontro a una singolare forma di apostasia da se
stessi prima ancora che da Dio. L’esclusione dell’elemento essenziale dell’identità
europea costituito dal cristianesimo impedisce l’edificazione di un’autentica casa
comune europea trascurando l’identità, costituita da un insieme di valori universali
che il cristianesimo ha contribuito a forgiare, propria dei popoli di tale continente(60).
Tra l’altro, non pochi protagonisti della politica e della cultura contemporanea hanno
dimenticato o vorrebbero far dimenticare i fondamenti della nostra storia per poter
realizzare più facilmente le proprie aspirazioni di modernizzazione. In questo senso
può essere utile una riflessione storica che ponga in evidenza le origini ed i principi
dell’identità europea, riflessione che deve ovviamente varcare gli angusti spazi del
dibattito sulla Storia contemporanea e si proietti, invece, nel passato lontano là dove
sono emerse le idee predominanti della Storia europea come l’autonomia e la dignità
dell’uomo, la ragione e il diritto.
Chi guarda alla Storia d’Italia dall’estero, ammette volentieri che essa ha dato
contributi tra i più importanti alla formazione di queste idee(61).
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(59) Giammattei Emma - Croce e i fantasmi di Napoli, Il Mattino Cultura, 2006.
(60) Abs da: Monito di Papa Benedetto XVI per la difesa delle radici cristiane dell’Europa, Il Mattino,
25 marzo 2007, pag. 3.
(61) Rudolf Lill, “Rinascimento, culla dell’Europa”, Il Sole-24 Ore, 15 settembre 2005, n. 253, pag 10.
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38. Passando, poi, in esame altri fattori della storia, non si può non considerare l’onere e
le profonde quanto iterative implicazioni di quel particolare “passato che non passa”,
come ad esempio il vulnus rappresentato nella storia tedesca dal nazismo: una
condizione che sembra adattarsi pressoché a tutti i Paesi dell’Europa continentale. Il
‘900 continua a far sentire il segno negativo ed irrisolto dei suoi drammatici lasciti.
Con ciò la differenza con il mondo anglosassone si ripropone nettamente. Non che
fratture profonde non abbiano attraversato nel ‘900 anche la società inglese o quella
americana, ma il nocciolo essenziale della loro storia è “condiviso”. Non sfugge in
questa riflessione il principio, da cui il giudizio storico non può prescindere, che quali
che siano state le diverse posizioni e inclinazioni dei singoli, o anche dei gruppi, resta
comunque come primaria ed ineludibile la responsabilità collettiva quando una
società è costituita in un organismo che la rappresenta.
Lo sforzo dello storico e delle scienze afferenti alla storia, però, possono talora
risultare incapaci di penetrare a fondo il senso di certi fenomeni, quantomeno in
taluni suoi aspetti; in tal caso, tuttavia, “se comprendere è impossibile, conoscere è
necessario, perchè ciò che è accaduto può ritornare e le coscienze possono
nuovamente essere sedotte e oscurate. Anche le nostre(62)!”
Non vanno tralasciate, poi, anche quelle particolari memorie che ebbero e sembrano
conservare “un’idea impropria della remissione dei loro peccati(63)”.
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(62) Primo Levi, Anniversario dell’Olocausto - Giornata della Memoria 2000.
(63) Acheson, Segretario di Stato USA dell’Amministrazione Truman.
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39. Non si può affatto negare, a tal proposito, l’esistenza di una storia che è, talvolta, una
sequela di bugie a tutto vantaggio dei vincitori: è, in effetti, una storia riscritta in
omaggio all’ideologia del committente.
La vera forza della storia in una società libera è, in ogni caso, la capacità di
autocorreggersi.
Altra forma di negazione del passato, inoltre, riguarda la memoria dell’anziano che,
in quanto testimonianza vivente, è pietra angolare dello sviluppo storico.
Va evidenziato innanzitutto, a tal proposito, che in epoca contemporanea sul rapporto
fra anziani e società incide anche la crisi dei grandi valori di riferimento e che gli
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Raimondo Villano - Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità
40. anziani corrono il rischio in talune realtà di trovarsi a vivere in una società che non
vuole avere memoria del passato, che non crede nel futuro storico e non ha voglia di
ragionare di trascendente: non si avverte, in tal caso, quel valore del continuum fra
memoria e futuro che è la base su cui si è esercitata la funzione senile quale
trasmettitore di valori assoluti(64).
Certo non va sottaciuto, più in particolare, che la narrazione del passato recente
risulta, per certi aspetti, una realtà impossibile agli occhi dei giovani di oggi cui
sembra negata la possibilità di guardare con ottimismo al futuro. La conclusione, in
tal caso, è triste giacchè, se è vero che, come recita un proverbio magrebino,
“nessuna carovana ha mai raggiunto l’utopia, però è l’utopia che fa andare le
carovane” non si può disconoscere che, come afferma Serena Zoli, “oggi l’utopia non
circola più e le carovane sono ferme(65)”.
Il rapporto con l’anziano permette di calarsi nel pozzo dei ricordi, per risalirne con
frammenti di vissuto. Immagini slabbrate da ricomporre con pazienza. Alla fine di
una vita lunghissima prevale il bisogno di narrare e la pagina scritta sembra riflettere
pause e complicità di un racconto ad alta voce. Non è ancora la storia oggettivata e
lontana di un manuale ma biografia che si proietta in un passato ormai impensabile.
Gli eventi della giovinezza hanno una qualità particolare e rimangono
particolarmente vivi in noi. Così accade anche per ricordi legati alla figura del
nonno: vivendo insieme il nipote può essere, per così dire, l’interlocutore preferito
del nonno, il bambino al quale egli cerca di trasmettere la sua esperienza di vita,
perchè la sua esistenza e la sua memoria si vanno consumando. Sembra che un vuoto
si crei alle sue spalle, nella sua storia.
Appare a tal proposito importante richiamare l’attenzione sulla superiorità del genere
femminile nella conservazione della memoria. Le donne hanno un interesse più
spiccato per il mondo dei sentimenti, per i legami familiari ed i rapporti
intergenerazionali: sono “staffette” che contribuiscono molto più attivamente degli
uomini a riannodare il filo tra passato e futuro.
Ed è bene rammentare quella sorta di “legge della storia” secondo cui quando una
realtà viene definitivamente a mancare si torna a sentirne la nostalgia e la necessità.
Non è questo, dunque, il caso di una questione ideologica bensì di una mera
questione di sopravvivenza dell’uomo che può narrare del passato parlando la lingua
dell’esperienza, non quella dell’ideologia, la lingua delle piccole vicende dell’uomo,
delle quotidiane storie, pur all’interno di grandi vicende che hanno sovente travolto
uomini e cose.
Tuttavia, il teatro della memoria non può essere una memoria che veda fluttuare nelle
sue acque ricordi suscettibili di salire alla superficie, ora uno ora l’altro, di tanto in
tanto. Deve essere, invece, un esercizio regolato da un percorso attraverso la memoria
che non mira affatto a ravvivarla o rianimarla quanto, piuttosto, a addestrarla e
disciplinarla affinché possa presentarsi per ciò che è, ovvero non una reviviscenza
bensì il lavoro di sviluppo di una trama in negativo e il rigore documentale sotto cui
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(64) Dall’intervento di Giuseppe De Rita, già Direttore del Censis e Presidente del Cnel, pubblicato nel
volume “In difesa della vecchiaia” di Marco Tullio Cicerone a cura Gavino Manca edito da Scheiwiller.
(65) Serena Zoli, “La generazione fortunata. Lo speciale destino toccato a chi è nato tra il 1935 ed il
1955”, Longanesi & C., 2005.
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41. le presenze svaniscono o si frantumano. Un siffatto teatro propone, in effetti, non di
concedersi solo al ricordo ma di praticare il difficile esercizio del confronto con il
passato in quanto tale che, irrevocabilmente ed evidentemente, è fuori portata.
Su quali basi, per quali vie si sono prodotti i cambiamenti? Qual è il peso di
situazioni passate, capaci ancora di frenare il processo di sviluppo del nostro tempo, e
quali tradizioni, invece, hanno offerto e offrono nel presente un incentivo ed uno
stimolo per trasformare la società in cui viviamo?
Senza ambizioni, lo storico può dare un contributo significativo per pervenire a
risposte a tali interrogativi, per aiutare a comprendere chi siamo e quali radici e
presupposti abbia la nostra società, tenendo presente che la nostra prospettiva d’oggi
ci fa guardare al passato sotto uno scorcio critico particolare, capace di dare un certo
senso a vicende in apparenza slegate ed eterogenee, come una luce radente dà risalto
a particolari altrimenti male individuabili. Proprio guardando dal nostro punto di
osservazione le età trascorse potremo inserire nella nostra prospettiva, per quello che
ci interessa precipuamente, gli sforzi compiuti dagli uomini per creare in un certo
ambiente geografico una vita economica, un’organizzazione sociale, e così via,
secondo una logica che ripercorre ed esamina esperienze e testimonianze fino a
precedenti remoti ed apparentemente dispersi, allo scopo di ricomporre
diacronicamente gli aspetti tipici del nostro modo di essere.
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42. “Oratio brevis cogitatio longa”
Marco Tullio Cicerone
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44. CDD 177 VIL tem 2010
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ISBN 978-88-904235-36