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Periodico di informazione a cura dell’associazione “Il Cielo sopra Esquilino” Numero 30 anno VI - Marzo/Aprile 2020
Edicole. Luci della cittàAll’Esquilino, come nel resto di Roma, la crisi della carta stampata fa sentire i suoi effetti sulle attività
di rivendita. Molte sono state già costrette alla chiusura. Chi resta cerca nuove fasce di mercato
Massimo, Antonio, Alessandra, Anna, Pao-
lo, Patrizia, Luciano, Franco, Roberto… Gli
edicolanti e le edicole, più di ogni altro eser-
cizio commerciale, sono da sempre il punto
di riferimento del vicinato. Le prime luci ad
accendersi nella città. Ci si va per omprare il
quotidiano ma, maggiormente, ci si va per ag-
giornarsi sulle novità del quartiere.
La crisi del mercato. Da qualche anno, com-
plice internet e le sue ricadute sull’editoria,
le abitudini delle persone sono cambiate. Le
nuove generazioni non hanno raccolto l’eredità
delle vecchie, per le quali quello della lettura
mattutina del quotidiano era un rito da rispet-
tare. La vendita dei quotidiani è stata estesa a
grande distribuzione e librerie, ma l’effetto è
stato solo quello di aggredire ulteriormente un
mercato già in calo. Il fatturato del settore è
passato dai 5 miliardi di 10 anni fa ai nemme-
no due miliardi di oggi. Il numero delle edicole
è calato drasticamente. Quelle ancora aperte
fanno fatica a sopravvivere. Una tendenza evi-
dente anche nel nostro rione. Anni fa sulla sola
piazza Vittorio c’erano ben sei edicole, ora ne
sono rimaste solo due. La zona sud dell’Esquili-
no è rimasta completamente priva di rivendite.
Riccardo Iacobucci
segue a pagina 6
La comunità slow che vuole cambiare il mondoSbarcadagliStatesnelrione,eperlaprimavoltainItalia,ilnuovometododel‘CommunityOrganizing’
‘Denaro organizzato, persone organizzate’ o
‘l’arte della politica relazionale’. In questi e al-
tri modi si autodefinisce il Community Organi-
zing (CO), un nuovo metodo di organizzazione
delle persone per cambiare il mondo che le cir-
conda. L’Esquilino è pioniere di questo meto-
do, almeno in fase formativa, avendo ospitato
negli ultimi mesi un corso di formazione tenu-
to da Diego Galli, presidente dell’Associazione
Community Organizing Onlus e sperimenta-
tore in Italia di questa pratica. Il Cielo sopra
Esquilino lo ha intervistato per saperne di più.
Abbandonate le petizioni, le lamentele super-
ficiali, le proteste. Stiamo parlando di ‘potere’
– più verbo che sostantivo – che parte dall’a-
scolto e dalla fiducia costruita in giorni, mesi e
anni, prima di porsi un obiettivo o intrapren-
dere un’azione. Perché spesso, insegnano, non
sono le soluzioni a mancare, ma il potere di
applicarle.
L’ascolto guida. «Siamo abituati a un model-
lo di leadership con un uomo solo al comando,
carismatico, trascinatore. Bene, i leader del CO
sono invece tanti, persone non per forza cari-
smatiche, né forti, né popolari, ma di cui si ha
fiducia, che hanno un seguito». Spiega Diego
Galli, giornalista, con un passato nel Partito
Radicale e nei primi esperimenti di ‘democra-
zia diretta’ a Roma, organizzatore di BarCamp
dell’attivismo sociale e poi approdato al CO,
dopo una esperienza diretta negli Stati Uniti.
«Si parte col trovare la cosiddetta ‘istituzio-
ne ancora’, organizzazioni stabili della socie-
tà, anzitutto le chiese e le scuole». Proprio
com’è accaduto per il corso sul CO grazie a
tre cittadini, attivi nel rione in associazioni e
parrocchie, e alla possibilità di essere accolti
dalla scuola Federico di Donato. «In America,
dove nasce, il CO è forte grazie alle molteplici
comunità religiose, sindacali, territoriali. Resta
apartitico, apolitico, ma con un forte radica-
mento valoriale nella giustizia sociale».
Silvio Nobili
segue a pagina 3
2
antonio.finelli@tiscali.it antonio.finelli@tiscali.it
L’Acquario a piazza Fanti
Sguardi sull’Esquilino di Antonio Finelli
(antonio.finelli@tiscali.it)
IlPUMSeiposacenereallefermate
Come abbiamo già avuto modo di vedere, in
occasione della stesura del Piano Urbano
della Mobilità Sostenibile (PUMS) 2019, le isti-
tuzioni, i municipi e i cittadini sono stati invitati
a presentare al Comune proposte per il miglio-
ramento della viabilità e vivibilità della città.
Alle osservazioni presentate dai municipi, l’Am-
ministrazione Comunale ha dato risposte che
sono riportate nella delibera di approvazione
del PUMS. Altre proposte sono state fatte di-
rettamente da cittadini nella fase di interpello.
Il Municipio Roma I Centro ha presentato 8
osservazioni. L’assessorato ha ricevuto 2668
proposte dai cittadini e, di queste, 25 sono re-
lative all’Esquilino. In particolare, 8 riguardano
il trasporto pubblico, 2 il traffico privato, 5 la
logistica urbana, 6 il sistema della ciclabilità,
1 la sicurezza stradale, 2 l’accessibilità, e 1
l’adozione di tecnologie informatiche. Alcune
proposte si sovrappongono a quelle presen-
tate dal primo Municipio, altre invece trovano
la loro soluzione nei Punti Fermi previsti dal
Piano o in opere programmate da altri enti.
In generale si auspicano interventi dettati dal
buonsenso e dall’esperienza.
Le osservazioni del Municipio. Tra le osser-
vazioni del primo Municipio si nota una lamen-
tela generale contro i bus turistici e i bus navet-
ta Termini-Aeroporti; si desidera una migliore
regolamentazione degli orari e limiti delle ZTL
e delle isole ambientali e un controllo stret-
to del funzionamento delle strade pedonali.
Particolare attenzione merita l’ottava osserva-
zione del primo Municipio che esprime la “con-
trarietà alla previsione dell’inutile e dannoso
tram che passerebbe su via Lanza, piazza S.
Martino ai Monti e si attesterebbe a largo Cor-
rado Ricci. Si propone invece di proseguire il
tram 8 lasciato incompiuto, portandolo fino a
Termini”. Questa proposta è stata riiutata dal
Consiglio comunale in quanto “non valutabile
nella sua genericità di argomentazione e per-
ché tale linea tramviaria si attesterebbe a lar-
go Corrado Ricci quale prima implementazione
per poi interconnettersi alla rete entro le tem-
pistiche del Piano. Inoltre il prolungamento
dell’8 fagià parte del PUMS”. Risposta in to-
tale contraddizione con quanto affermato nel
PUMS, per cui la nuova linea del tram si rac-
corderebbe a piazza Vittorio con i binari dell’at-
tuale 4, per poi prolungarsi da Corrado Ricci a
piazza Venezia. C’è un po’ di confusione.
Le osservazioni dei cittadini. Tra le proposte
formulate dai cittadini c’è la richiesta di più cor-
sie preferenziali e della risistemazione generale
del capolinea delle Laziali a via Giolitti, un ridi-
segno del nodo di Porta Maggiore e dell’incro-
cio tra via Emanuele Filiberto e viale Manzoni.
C’è poi una richiesta di tecnologie per i sema-
fori e per la precedenza del trasporto pubblico.
Tra le proposte che potrebbero far sorridere
c’è poi quella “di installare dei posacenere alle
fermate di autobus più trafficate con la scrit-
ta «che autobus stai aspettando?»”. I posace-
nere sono dei cilindri, barattoli, trasparenti e
ciascun cilindro riporta la linea di autobus che
lì effettua la fermata. I posacenere avrebbero
una duplice finalità: migliorare il decoro urba-
no e dare un’indicazione orientativa su quali li-
nee vadano potenziate in quella tratta. La linea
il cui posacenere viene riempito da più mozzi-
coni è quella che necessita un rafforzamento.
Banalmente, la proposta di installare dei po-
sacenere alle fermate degli autobus non credo
abbia bisogno di un Piano decennale per essere
adottata. Ma con questa proposta, come alcu-
ne altre, molti proponenti hanno sconfinato da
un grande piano di opere per più di 10 miliardi
di eurpo, per due terzi pagate dallo stato e un
terzo dalle casse del comune, alla segnalazio-
ne di tante piccole incurie che richiederebbero
interventi migliorativi del decoro urbano.
Carlo Di Carlo
Per le stradePer le strade
Negli scorsi numeri del giornale abbiamo visto cosa c’è e soprattutto cosa non c’è nel PUMS di Roma
Capitale. Tra le proposte avanzate dai cittadini, qualche buona idea per migliorare il decoro urbano
3L’occhio del cieloL’occhio del cielo
La comunità slow che vuole cambiare il mondo> segue dalla prima pagina
Una rete a ‘fiocco di neve’. Il problema della
spazzatura, l’accattonaggio, il decoro urbano.
L’incontro delle persone sul tema, il dibattito,
la proposta di soluzioni, la sintesi delle posi-
zioni, la decisione finale e i rappresentati del-
le associazioni che se ne fanno carico. Ecco,
questo è quanto accade di solito nei comitati
e associazioni di quartiere. Ma non è quello
che accade con il CO. «L’ottica di ascolto è più
difficile da organizzare in quanto non è subito
produttiva, come una mensa o un servizio alla
comunità» racconta Galli. La maggior parte
del tempo è impiegato a incontrare persone in
quelli che si definiscono ‘one-to-ones’. Si tratta
di incontri faccia a faccia, della durata di 30-45
minuti, «Un’opportunità per esplorare un’altra
persona, di guardare nel suo talento, energia
e visione».
Il CO punta a far emergere le loro storie, intui-
zioni e memorie, che sono più importanti di un
nome su una petizione o del contributo a una
campagna. E gli organizer sanno già che alme-
no il 90% di questi incontri non porteranno a
nulla. Ma tra le persone che incontrano ci sono
quelli che definiscono i leader: «Un leader è
anzitutto una persona che ha un seguito, nel
senso che se chiama qualcuno questo viene»,
fondamentale per non gravare su pochi volen-
terosi e mobilitare con certezza una moltitudi-
ne di persone in poco tempo e all’occorrenza.
«Il potere viene prima degli obiettivi» e que-
sto il community organizer lo deve avere ben
chiaro. Un’inversione di paradigma rispetto a
quanto siamo abituati a pensare. Alinsky, il
teorizzatore di questo metodo, sostiene infat-
ti che «Se le persone sentono di non avere il
potere di cambiare una situazione negativa,
allora non pensano a come farlo». È per que-
sto che per dar vita a una nuova organizza-
zione in un territorio gli organizer impiegano
almeno un paio d’anni. Durante questo periodo
non avanzano alcuna rivendicazione, non or-
ganizzano manifestazioni, non fanno comuni-
cati stampa. Lavorano alla paziente tessitura
di relazioni con i leader e le citate ‘istituzioni
ancora’.
Il Rione può cambiare? «In questa fase
stiamo naturalmente lavorando per prototipi.
All’Esquilino ho incontrato tante persone gene-
rose e impegnate, ma tentativi di diffusione di
questa cultura dell’ascolto all’Esquilino e poco
prima a Torre Maura e Tor Sapienza si sono in-
terrotti e non hanno portato ai risultati sperati.
Secondo me manca la capacità di individuare
obiettivi specifici, la visione strategica e gli in-
terlocutori che possono aiutare a raggiungerli.
In generale Roma ha un’enorme quantità di
associazioni ma magari composte da pochissi-
me persone. Nelle grandi organizzazioni la nor-
male dinamica porta ad aggirare le resistenze
interne anziché affrontarle una volta per tutte
e l’approccio non cambia. Una dinamica che
si ripete anche nei comitati e associazioni».
Come organizzarsi per cambiare la situazione?
«L’idea potrebbe essere quella di organizza-
zione cittadina, e non rionale, per affrontare i
problemi nel loro insieme e alla radice con una
pressione maggiore e una base solida, ma par-
lo sempre di coinvolgimento attivo delle per-
sone, dimenticando le passate esperienze dei
micro comitati tra cui mediare, spesso poco
rappresentativi, che non hanno potere di pres-
sione, con cui si ripropone un approccio che in
sostanza è sempre dall’alto, di chi si definisce
una rappresentante ma invece non rappresen-
ta davvero la gente». E sui tempi per traguar-
dare questo risultato? «Mi do un paio di anni di
lavoro e vediamo cosa succede».
Silvio Nobili
Chi lo ha inventato
Il nome di Saul Alinsky, l’inventore del community organizing, è poco conosciuto in Ita-
lia, ma negli Stati Uniti è considerato una sorta di guru dell’attivismo sociale dal basso.
L’Industrial Areas Foundation (IAF) è la fondazione americana creata nel 1940 proprio da
Saul Alinsky. Barack Obama ha lavorato per 3 anni come community organizer “Il com-
munity organizing parte dalla premessa che i problemi che devono affrontare le comunità
dei quartieri disagiati non sono una conseguenza della mancanza di soluzioni efficaci, ma
della mancanza di potere per implementare queste soluzioni”. L’associazione Community
Organizing Onlus in Italia è finanziata dalla Open Society Foundations di George Soros,
Fondazione Charlemagne Onlus e IAF.
Foto: www.lucaferrantefotografo.it
4 C’è chi faC’è chi fa
Dall’Esquilino a via Paolo SarpiZeng Bufeng, Presidente dell'Associazione Giovani Cinesi in Italia, ci racconta come sta cambiando la
comunità cinese. E sul coronavirus, le preoccupazioni, gli allarmismi, ma, dal rione, anche tanta solidarietà
Dagli ultimi dati del comune di Roma ri-
sulta che la comunità cinese di Esquilino
ha subito una contrazione, raggiungendo
una presenza di circa 600 residenti. Quali
sono i motivi di questa diminuzione?
Effettivamente negli ultimi anni c’è stato un
calo di residenti. Nei primi anni di insediamen-
to dei cinesi nel rione, arrivavano soprattutto
persone scarsamente scolarizzate che, attrat-
te dalla espansione economica dell’Esquilino,
si dedicavano ad attività di import-export. Con
la comparsa delle seconde e terze generazioni,
i giovani più istruiti hanno preferito dedicarsi
ad altre professioni, come infermieri, tiroci-
nanti presso studi di avvocati, commercialisti,
ingegneri, trovando lavoro fuori dal rione. C’è
da dire inoltre che l’Esquilino soffre di man-
canza di spazi commerciali e di incentivi per
aprire nuove attività; anche la normativa sul
commercio è un po’ restrittiva e crea ostacoli
all’espansione commerciale. A noi piacerebbe
elevare il livello qualitativo dei nostri prodotti,
magari attraverso negozi di ottica specializza-
ta, enoteche, cibi orientali caratteristici, risto-
ranti di alto livello. Abbiamo fatto anche alcu-
ne riunioni con il dipartimento del commercio
del Comune di Roma, cercando di capire quali
sono gli ostacoli a queste trasformazioni. Ma
finora non si è riuscito a fare molto, come in-
vece è successo a Milano, nella zona di via Pa-
olo Sarpi, dove, grazie agli incentivi dell’am-
ministrazione comunale, si sono aperte nuove
attività che hanno favorito anche una maggio-
re integrazione, tanto da definire quell’area un
‘modello di convivenza’. L’Esquilino è pieno di
minimarket, moneytransfer e banchi di vendi-
ta al mercato rionale gestiti soprattutto dalla
comunità bangladese, che attualmente è la co-
munità più numerosa nel rione.
Quali sono, secondo lei, le maggiori criti-
cità di Esquilino?
Noi soffriamo degli stessi problemi di cui si la-
mentano i cittadini italiani: l’inefficiente rac-
colta dei rifiuti, la trascuratezza di alcuni spazi
pubblici (per fortuna ora si sta provvedendo
alla riqualificazione del giardino di Piazza Vit-
torio), la presenza di persone che bighellona-
no per le strade a tarda sera mezze ubriache,
la vendita delle merci contraffatte, il piccolo
spaccio. Poi c’è il problema del mercato, che
trasformandosi da mercato di rione a luogo di
acquisto per tutta Roma, soprattutto dei cit-
tadini extracomunitari, ha visto crescere mol-
tissimo la quantità di merce scambiata col
conseguente aumento delle attività di carico
e scarico merci e dei problemi relativi alla via-
bilità circostante e allo smaltimento dei rifiuti.
Quali sono i rapporti con le altre comunità
e con i residenti italiani di Esquilino?
Con le altre comunità il rapporto non è sem-
plice, sia per le differenze culturali, sia per-
ché mancano occasioni e luoghi di incontro
che favoriscano la reciproca conoscenza. Con
i cittadini italiani entriamo maggiormente in
contatto, sia tramite le istituzioni sia diretta-
mente con le loro associazioni, e tendiamo a
instaurare un dialogo proficuo. Siamo dispo-
nibili ad avviare insieme alcune iniziative per
migliorare il quartiere, come a volte abbia-
mo fatto con il Comune di Roma, con l’Ama,
con gruppi di persone come ‘Esquilino chiama
Roma’. Non dobbiamo dimenticare inoltre la
presenza di tanti bambini e adolescenti che
frequentano le scuole del rione, cosa questa
che facilita la creazione di importanti relazioni
ed amicizie con i ragazzi italiani e quelli del-
le altre comunità. La scuola è proprio l’origine
dell’integrazione perché i nostri studenti impa-
rano la cultura italiana. I nati a Roma si sento-
no italiani, tifano le squadre di calcio italiane,
cantano l’Inno di Mameli, conoscono i cantanti
e gli attori italiani, e quindi per loro non esisto-
no i muri e le barriere che possono crearsi tra
gli adulti. Queste amicizie alla fine favoriscono
le relazioni anche tra i rispettivi genitori.
Veniamo ora alla recente esplosione del
coronavirus. Quali sono stati gli effetti
sulla comunità cinese di Esquilino?
Dobbiamo dire che la cosa in se stessa ci ha
preoccupato molto, come crediamo abbia pre-
occupato tutti i cittadini italiani. Non ci sono-
piaciuti però la disinformazione e l’allarmismo
– perlomeno nella fase iniziale – con cui le isti-
tuzioni, la televisione e i giornali hanno dato la
notizia. Ciò ha creato molta paura nei residenti
del rione, che hanno spesso assunto atteggia-
menti discriminatori e al limite del razzismo,
mettendo al bando i ristoranti e i negozi gesti-
ti dai nostri concittadini, come se tutto fosse
fonte di contagio. I danni alla nostra comunità
e in tutta Italia sono stati ingenti. In questo
momento, grazie alla diffusione di informazioni
più precise da parte degli esperti, l’allarmismo
è un po’ diminuito. Per fortuna, però, da su-
bito ci sono state persone italiane, come per
esempio molti insegnanti e genitori della scuo-
la Di Donato, che hanno solidarizzato con noi
e ci hanno sostenuto. Speriamo che prevalga
il buon senso e che si distingua tra precauzioni
ed allarmismo.
Maria Grazia Sentinelli
Foto: www.lucaferrantefotografo.it
5Il rione mormoraIl rione mormora
AntonioFinellielapassioneperlaluce
Il pittore, che collabora con il nostro giornale, ci ha spiegato cosa è per lui un’opera d’arte. E come nascono i suoi dipinti
La scopre per la prima volta in Marocco, a
sud di Marrakech, in quella casa col terraz-
zo sull’oceano e il marabutto che si stagliava
di lato: è la potenza della luce. La splendida
luce del Maghreb, nell’estate di tanti anni fa,
è stata per lui una vera folgorazione. Poi, la
ritrova a Roma, città dalla quale si sente intri-
gato, è questa l’espressione che usa. Antonio
Finelli ha due passioni: la pittura e la filosofia.
Ammiratore di Giorgio de Chirico, sostiene che
tutti dovrebbero leggere Schopenhauer, che
ha dedicato molte delle sue riflessioni all’arte
come strumento catartico, che ci consente di
superare passioni e desideri. Ecco allora che il
cerchio si chiude: la pittura, la filosofia. «Vivo
all’Esquilino e dipingo quello che mi piace e
che mi suscita emozioni, perché per me l’arte
è percezione emotiva», ci dice, davanti ad una
tazza di caffè decaffeinato e un piccolo vassoio
con frappe e castagnole acquistate da Panella.
Ci troviamo nella cucina-atelier della sua casa
a due passi da piazza Vittorio. È un attico dove
si è stabilito nel 1981 e che non ha più lasciato,
perché innamorato del piccolo terrazzo e della
luce che, da lì, attraversa l’appartamento.
Ancora la luce. La potenza della luce. In un
angolo c’è una tela su cui si delinea, ancora in-
completa, la facciata di Sant’Eusebio, la chiesa
dove, ha saputo recentemente, si sono sposati
i suoi genitori.
Quando ha scoperto la sua inclinazione
per la pittura?
Nella vita ho sempre dipinto, fin da piccolo, an-
che se, per varie vicissitudini, non ho potuto
fare ciò che avrei voluto, cioè il liceo artisti-
co. Mi sono diplomato in ragioneria e laureato
in filosofia, ho lavorato trenta anni all’Istituto
Centrale di Statistica e, per qualche anno, ho
fatto anche l’assistente di filosofia all’Univer-
sità, dove tenevo lezioni sul Capitale di Marx.
Ma, come dicevo, ho sempre disegnato. La mia
prima passione è stato l’acquerello, poi sono
passato all’olio. Ho frequentato anche la Scuo-
la di Arti comunale del San Giacomo, dove ho
avuto ottimi insegnanti. I miei punti di riferi-
mento sono gli artisti della Scuola romana del
novecento, che è molto articolata, con artisti
diversi, da Carlo Socrate a Trombadori e tanti
altri.
Nei suoi quadri ritrae strade, portici, ma
manca sempre l’elemento umano.
Non ci sono mai le persone perché ritengo che
siano un elemento di distrazione rispetto a ciò
che voglio illustrare, comunicare. Quando di-
pingo, cerco di trasmettere le emozioni che
provo io in quel momento. Il concettualismo e
una certa arte moderna sono frutto di un’ope-
razione intellettuale e le persone spesso non
capiscono il senso delle opere che stanno con-
templando. Io credo che le opere d’arte deb-
bano muovere le emozioni.
Come nascono le sue opere?
Io passeggio, anche in bicicletta, e a forza di
passare scopro uno scorcio. Ci passo più vol-
te in momenti diversi della giornata e lo vedo
con una luce sempre diversa. Finché decido di
dipingerlo. La luce è qualcosa di davvero par-
ticolare. La basilica di Santa Croce in Gerusa-
lemme è bellissima. Ho cercato di fissare la
luce sulla facciata nel primo pomeriggio, ma
se ci vai un’ora prima o un’ora dopo appare
completamente diversa. Spesso utilizzo la fo-
tografia per bloccare la luce in diverse ore del-
la giornata e riprodurla.
Che rapporto ha con il rione?
Ci vivo da quaranta anni. Quando sono arriva-
to era molto diverso, non c’era questa realtà
dell’immigrazione. Ho visto arrivare le varie co-
munità. Nonostante le difficoltà, c’è qui un’in-
tegrazione che non si trova in altri quartieri
di Roma. Io frequento Berlino, una città molto
liberale. Però la comunità turca è, di fatto, re-
legata. Qui, al contrario, c’è un grande senso
di tolleranza reciproca. Via Buonarroti, quando
io sono arrivato, era molto tranquilla, senza
negozi, non c’era ancora neanche Roscioli. Poi
hanno aperto molti esercizi commerciali gestiti
da stranieri, ma io non ho mai visto situazioni
di tensione tra loro. Le varie comunità hanno le
loro abitudini, le loro feste, ma questo non ha
mai creato situazioni di attrito. Inoltre, questo
rione ti offre l’opportunità di incontrare perso-
ne molto diverse, dai turisti ai poveri disperati,
agli artisti e questo ti offre delle opportunità.
Che sviluppo immagina per l’Esquilino?
Oggi, subiamo tanti problemi dovuti all’inade-
guatezza della classe politica. Ma il rione ha
delle potenzialità altissime, perché è davvero
bello. I piemontesi hanno introdotto questa ar-
chitettura vagamente neoclassica, con i portici
che ricordano l’arte greca e rimandano alla di-
mensione metafisica di Giorgio de Chirico. Le
altane, i colonnati, sono espressione di grande
eleganza estetica.
Finita l’intervista, ci salutiamo e lui insiste per-
ché porti con me ciò che resta delle frappe e
delle castagnole. Ricuso debolmente l’offerta,
ma poi accetto. Molto volentieri.
Paola Mauti
6 Il rione mormoraIl rione mormora
> segue dalla prima pagina
Negli ultimi anni hanno chiuso
l’edicola di piazza Porta Maggio-
re, quella di piazza Santa Croce
in Gerusalemme, quella di piazza
di Porta San Giovanni e quella di
via Emanuele Filiberto, che è ora
in cerca di acquirenti. Altre sono
in vendita anche se ancora in atti-
vità, come quella di viale Manzoni,
angolo via Merulana.
A fine gennaio si è tenuta una
‘notte bianca delle edicole’ con
l’intento ridiscutere la percentua-
le riconosciuta dagli editori sugli
incassi, ferma al 2005. L’unico ri-
sultato raggiunto è stato però solo
quello di avere fatto riparlare del
tema per un giorno.
Nuovi prodotti e nuovi servi-
zi. Per ovviare, spesso le edico-
le aprono alla vendita di prodotti
vari, giocattoli, bibite, gadget tu-
ristici, occhiali, caramelle. A volte
snaturando completamente l’eser-
cizio. Oppure si ricorre a servizi di
pagamento, tipo Lottomatica, alla
consegna di pacchi e raccoman-
date, bancomat, fotocopie, tour
turistici, biglietti vari. Ma, per ac-
cedere ad alcuni di questi, occor-
re avere uno spazio adeguato e,
a volte, anche un discreto volume
di affari. Da qualche mese il Co-
mune di Roma ha lanciato un’ini-
ziativa che consente di ottenere
certificazioni anagrafiche presso le
edicole. Anche questo servizio ne-
cessita però di strutture adeguate.
Finora nessuna edicola del nostro
rione ha aderito, ma qualcuno ci
sta pensando. In altre città si sta
sperimentando l’esperienza delle
edicole come ‘portiere di quar-
tiere’, con servizi che vanno dalla
ricerca dell’artigiano (elettricista
o idraulico) o della colf di fiducia,
all’aiuto a fare la spesa, all’assi-
stenza per anziani o studenti.
Via Merulana. Massimo apre
ogni mattina la sua rivendita di
giornali in via Merulana dal 1978.
«Per continuare – ci dice – biso-
gna metterci passione e impegno.
A volte i giovani si avventurano,
ma è un’attività che non va presa
alla leggera. Chi ha le mura di pro-
prietà riesce ad andare avanti, ma
chi ha un affitto da pagare deve
per forza trovare altre entrate».
Una parte degli incassi viene dai
giocattoli, che spesso i nonni ac-
quistano per i nipotini. «I genitori
– spiega – devono educare i loro
figli alla parsimonia. I nonni no».
Via di Porta Maggiore. «A mio
parere buona parte della crisi è
stata generata dagli smartpho-
ne – ci dice Antonio Palumbieri
di via Porta Maggiore – Le perso-
ne passano sui social network il
tempo che una volta era dedicato
alla lettura del quotidiano. Sono
in molti che si informano solo sui
social. Con il tempo la situazione
non potrà che peggiorare. Oggi la
persona più giovane che compra
il quotidiano ha 52 anni». Anche i
collezionabili sembra che non va-
dano più come un tempo. I bam-
bini non mostrano più la curiosità
di una volta. Le stesse figurine dei
calciatori, una volta protagoniste,
oggi sono molto in calo, e spesso
l’acquisto è legato più alla passio-
ne dei padri che dei figli.
Via di Santa Croce in Gerusa-
lemme. Il chiosco all’angolo tra
via di Santa Croce e viale Manzoni
è uno di quelli storici, la concessio-
ne risale al 1900. È rimasto chiuso
per 13 mesi ed ha da poco ria-
perto, solo di mattina, anche per
non dover riconsegnare la licenza.
«Aprendo la partita Iva potremmo
vendere qualsiasi cosa – ci raccon-
ta Anna – ma preferiamo restare
edicolanti. Mia madre Giuseppina
ha trascorso in edicola tutta la sua
vita, cominciò a sei anni e vi re-
stò fino ai 94. Fu anche premia-
ta come edicolante più anziana».
Piazza Vittorio. Alessandra,
dell’edicola di piazza Vittorio, al-
tezza via Mamiani, è molto deter-
minata. «È un lavoro che faccio
con amore, anche se comporta
molti sacrifici. A chiudere oggi non
ci sto. Finché posso voglio andare
avanti. Non mi voglio fermare».
Una buona dose di responsabilità
la attribuisce anche alle singole
persone, che dovrebbero soste-
nere maggiormente le attività.
Altrimenti è inutile poi lamentarsi
del fatto che di edicole non se ne
trovano più!
Riccardo Iacobucci
Edicole. Luci della città
Foto: www.lucaferrantefotografo.it
8 La memoriaLa memoria
I frati della CoroncinaI Redentoristi di villa Caserta e le origini della loro curiosa denominazione romana
Nel 1855 i Redentoristi appar-
tenenti alla congregazione del
Santissimo Redentore, detta dei
Liguorini dal nome del fondatore
sant’Alfonso dei Liguori, si inse-
diano all’Esquilino, a poche cen-
tinaia di metri dalla basilica di
Santa Maria Maggiore, nella villa
suburbana già del principe Miche-
langelo Caetani, duca di Caserta e
di Sermoneta.
La casa generalizia all’Esquili-
no. Dovendo trasferire nella città
di Roma la loro casa generalizia –
così come imposto da un decreto
pontificio di Pio IX Mastai Ferretti
dell’ottobre 1853 – i padri Liguo-
rini hanno comprato nel giugno
1854 dal principe Caetani la villa
Caserta, che il nobile patrizio ha
da qualche tempo messo in ven-
dita per appianare i debiti di fami-
glia. I frati già conoscono questa
parte del territorio che si sviluppa
tra le alture esquiline e le pendici
del Laterano e del Celio. Vi sono
stati infatti per quindici anni, tra
il 1783 ed il 1798, alloggiati nel
convento di San Giuliano ai Trofei
di Mario, allorché Pio VI Braschi
aveva voluto una loro presenza a
Roma assegnando loro il piccolo
convento.
Ville suburbane, chiese e con-
venti. L’area esquilina è decisa-
mente periferica, lontana dalla
parte più popolosa della città la
quale si trova localizzata soprat-
tutto nell’ansa del Tevere, nella
pianura del Campo Marzio e nell’a-
rea del tridente barocco, lungo via
del Corso e via del Babuino, verso
Porta del Popolo e piazza di Spa-
gna. Dopo lunghi secoli di abban-
dono e declino, però, da diverso
tempo la città ha riconquistato le
aree di collina verso est, appog-
giandosi alla via Paolina, alla via
Gregoriana, alla strada Felice e
arrestandosi infine alle pendici del
Quirinale, del Viminale, dell’Esqui-
lino. In questa parte del territorio
orientale della città si estendono
grandi ville suburbane apparte-
nenti agli alti prelati della curia
romana e all’aristocrazia papalina.
Ne interrompe la continuità spa-
ziale solo la presenza secolare di
alcune delle più antiche chiese di
Roma – Sant’Eusebio, Santa Bi-
biana, San Marcellino e San Pie-
tro – intorno alle quali nel corso
dei secoli sono sorti conventi degli
ordini monastici che, a loro volta,
hanno costituito piccoli agglome-
rati abitati, edificati in maniera
discontinua, immersi nel ‘non co-
struito’ degli orti, comunque spazi
marginali semisommersi dalla ve-
getazione circostante.
I frati della Coroncina. Ristrut-
turato alla funzione di casa gene-
ralizia il casino nobile del princi-
pe Caetani e riadattate le vecchie
scuderie per farne la chiesa della
congregazione intitolata a Sant’Al-
fonso dei Liguori, i frati Liguorini
danno avvio alla loro attività di
predicazione tra la gente del luo-
go che familiarmente comincia a
conoscerli non come i Redentoristi
o i frati Liguorini - come nelle pro-
vince napoletane - ma come ‘i frati
della Coroncina’.
Per noi oggi tale denominazione
appare del tutto misteriosa e per-
tanto sorge spontanea la doman-
da del perché di questo nome.
Forse perché – vestiti con una
sottana nera chiusa sul petto, una
cintura a fusciacca dello stesso
tessuto della sottana, un collare
piuttosto ampio e un sovracollare
in tela bianca – i padri Liquorini
portavano alla cintura una coro-
na del rosario terminante con una
medaglia? Potrebbe essere… ma
allora perché soltanto all’Esquilino
furono denominati in tal modo?
Via della Coroncina. La spiega-
zione ci viene data dalla ricerca
storica, che ci informa che, quan-
do i padri si insediarono all’E-
squilino, il primo tratto della via
Merulana si chiamava ‘via della
Coroncina’. Infatti l’elenco delle
vie di Roma compilato da Antonio
Nibby nel 1838 riporta una via del-
la Coroncina che corrispondeva al
tratto iniziale della via Merulana,
laddove il sagrato di Santa Maria
Maggiore s’apriva verso la basi-
lica di San Giovanni in Laterano,
“facendosi largo” all’interno di un
piccolo nucleo edificato “annidato
tra la basilica liberiana e le chiese
di Santa Prassede, Sant’Antonio e
San Vito”.
La spiegazione di tale nome, poi,
la fornisce nel 1847 Alessandro
Rufini nel ‘Dizionario etimologico
storico delle strade, piazze, borghi
e vicoli della città di Roma’, rac-
contando dell’esistenza di “una
piccola corona posta per adorna-
mento sopra una nicchia esistente
nella parete del muro di una casa
situata in essa strada al civico nu-
mero 26 nel cui interno scorgesi
l’immagine di Maria santissima
forse cognita sotto il nome della
Madonna della Coroncina”.
Pia Colini Lombardi, in un artico-
lo apparso sulla rivista Capitolium
nel 1934, indagando a quasi un
secolo presso i pochi abitanti di
vecchia data superstiti sul luogo e
presso i ‘romanari’ ha raccolto al-
tre versioni del nome, consideran-
dole però tutte poco convincenti,
concludendo che la “più suasiva
rimane quella del Rufini” anche
“per il suo rimontare più addietro”
nel tempo.
Soltanto via Merulana. Il tratto
iniziale della via Merulana, deno-
minato via della Coroncina, ri-
mase immutato ancora per lungo
tempo, fino ai primi decenni del
nuovo secolo XX, anche quando
si procedeva a costruire i palazzi
moderni del nuovo Esquilino lungo
la via Merulana nel suo sviluppo
verso la basilica di San Giovanni in
Laterano. Infatti è stato soltanto
negli anni del governatorato fa-
scista che la via della Coroncina,
finalmente allargata e adeguata
alla sezione stradale della più am-
pia via Merulana, perse ogni moti-
vo di distinzione. A questo punto,
la via della Coroncina scomparve
dallo stradario perdendosene ben
presto ogni ricordo.
Carmelo G. Severino
9
Il Presidente della Repubblica
in visita all’istituto
comprensivo Daniele Manin
Lo scorso 6 febbraio gli studenti
della sede di via dell’Olmata dell’i-
stituto comprensivo Daniele Manin
hanno ricevuto una visita a sorpre-
sa, quella di Sergio Mattarella. Il
Presidente della Repubblica Italiana,
accompagnato dalla figlia, è entrato
in alcune classi per incontrare i bam-
bini, salutarli e condividere una bre-
ve riflessione sull’importanza dell’a-
micizia e della pace tra i popoli.
Nei giorni in cui in Italia cominciava-
no a diffondersi i primi timori per la
possibile diffusione del coronavirus,
la visita del Capo Stato ad una scuo-
la a forte presenza di bambini figli di
immigrati, è stata letta da tutti come
un messaggio di serenità di fronte a
timori e pregiudizi non giustificati.
Quando eravamo
liberali e socialisti
Arriverà nelle librerie il prossimo
13 marzo il nuovo libro di Gui-
do Compagna, giornalista e scrittore
residente del nostro rione.
‘Quando era-
vamo liberali e
socialisti’, edito
da Rubbettino,
è una crona-
ca, anche fa-
miliare, di una
grande passio-
ne: quella per
la politica.
È un percorso
di formazione
che si svolge nei luoghi tradiziona-
li: la scuola, la sezione, il giornale
di partito, e, soprattutto la famiglia,
all’interno della quale le posizioni
non sono contrapposte, ma talvolta
divergenti e, come tali, provocano
contrasti e conseguente amarezza.
Un libro controcorrente dedicato alla
bella politica, in tempi di perdurante
e sconfortante anti-politica.
La memoriaLa memoria
La memoria cammina con noiAbitavano nel rione Esquilino. Diedero la vita per combattere l’occupazione nazifascista
Camminando per le strade dell’Esquilino non è
difficile scorgere targhe o piccole lapidi collo-
cate per lo più nei pressi dei portoni condominiali.
Sono targhe spesso scurite dal tempo e piene di
polvere, a volte guarnite da una rinsecchita co-
rona d’alloro. Se difficilmente vengono notate,
quasi mai vengono lette dal passante frettoloso.
Eppure, i loro testi fanno subito venire in mente
tempi bui ormai lontani e ci indicano che in quei
luoghi vi furono persone che, come tutti noi, abi-
tarono nel rione e che ebbero la sfortuna di vive-
re in un periodo tragico e tormentato, il periodo
dell’occupazione nazifascista di Roma.
Antonio Gallarello. La prima targa che incon-
triamo nel nostro giro virtuale è quella posta in
via di Santa Croce in Gerusalemme, al civico
28/C. Ricorda Antonio Gallarello che, all’interno
della sua piccola falegnameria, svolgeva un’im-
portante attività antifascista, nascondendo anche
armi, insieme al figlio Vincenzo e a un idraulico, lo
‘stagnaro’ Bruno Annarumi. Il 3 Febbraio 1944 il
deposito d’armi di via di Santa Croce fu scoperto
con all’interno Antonio - che fu svelto a far fuggire
il figlio - e Bruno. Finirono entrambi la loro vita
alle Fosse Ardeatine.
Carlo Foschi. In via Merulana 104 c’è la targa
che ricorda Carlo Foschi, parzialmente leggibile a
causa di una corona che la ricopre. Da sempre
oppositore del regime, la sera precedente il suo
arresto, quasi presentendolo, salutò e consolò i
suoi familiari, raccomandando di avere un parti-
colare riguardo per le sue bambine. Fu arrestato
il 21 marzo 1944 e subito portato nella famigerata
Pensione Oltremare – in via Principe Amedeo –
dove gli aguzzini del criminale Pietro Kock tortu-
ravano i malcapitati per estorcere informazioni.
Anche il Foschi terminò i suoi giorni alle Ardeatine.
Eusebio Troiani. Eusebio Troiani è ricordato in
via Foscolo 24. Non si era mai iscritto al Partito
Fascista e per questo ebbe sempre difficoltà nel
trovare lavoro. Entrato in clandestinità operò in-
stancabilmente per organizzare sabotaggi contro
il servizio telefonico nazifascista. Fu arrestato il
21 marzo 1944 dalle SS, lottando con tutte le for-
ze per nascondere un taccuino – che non si ritrovò
mai – in cui erano segnati i numeri telefonici dei
suoi compagni. Condotto alla Pensione Oltrema-
re resistette alle più atroci torture, ma non fece
nessun nome. Il riconoscimento del suo corpo alle
Fosse Ardeatine non fu facile.
Alberto Pennacchi. Il tipografo Alberto Pennac-
chi, ricordato nella targa di piazza Vittorio Ema-
nuele II, al civico 138, compì azioni partigiane
all’Esquilino. Il 10 e l’11 settembre 1943 aveva
combattuto contro i tedeschi a Porta Maggiore,
negli ultimi scontri della disperata difesa di Roma
dall’occupazione. Venne preso dalle SS il 7 aprile
1944 a Ponte Garibaldi, nel corso di un trasporto
di armi. Portato in via Tasso, per due lunghi mesi
fu atrocemente torturato. Venne trucidato dai sol-
dati tedeschi, ormai in fuga, il 4 giugno del 1944,
nel corso della vigliacca strage de La Storta.
Nicola Ugo Stame. Anche se di pochi metri al
di fuori dei confini del rione, mi piace ricordare
la lapide posta nel muro perimetrale del Teatro
dell’Opera in via Torino, di fronte al civico 136. Ri-
corda il tenore Nicola Ugo Stame, considerato un
‘pericoloso sovversivo’, già nel 1939 fu arrestato
una prima volta mentre provava la Turandot. Alla
caduta del fascismo entrò subito nella Resistenza,
ma il 24 gennaio 1944, identificato in una latteria,
fu catturato in piazza Mignanelli. Condotto in via
Tasso e torturato, venne portato poi a Regina Coe-
li. Sulla sua salma, alle Fosse Ardeatine, furono
ritrovati: un piccolo diapason, un crocefisso, una
madonnina e un bocchino per sigarette, custodi-
ti oggi nel Museo della Liberazione di via Tasso.
Martiri della Libertà. Questo ricordo, lungi
dall’essere esaustivo, vuole essere solo uno sti-
molo per osservare queste lapidi con più atten-
zione e magari per scoprirne altre. È solo un pic-
colo esempio delle testimonianze che si possono
ancora ritrovare all’Esquilino su quel disgraziato
periodo storico. Testimonianze di persone a cui
dobbiamo molto, perché in quei drammatici anni
seppero fare la non facile scelta di combattere
contro la tirannia. Pagarono questa scelta con la
vita, ma ebbero l’immenso merito di preparare il
terreno alla nuova società democratica italiana.
Paolo Del Papa
10 Ditelo al cieloDitelo al cielo
Molto interesse ha suscitato tra gli abitanti
di via Giolitti la conversazione con l’archi-
tetto Marina Magnani Cianetti da voi intervi-
stata a proposito dei lavori di consolidamento
e restauro del cosiddetto Tempio di Minerva
Medica, riportata sull’ultimo numero del Cielo.
Il legame profondo che gli Abitanti di Via
Giolitti nutrono per questo Monumento, ma-
estoso, di grande rilevanza artistica e storica,
ci ha visti impegnati da molti anni con varie
iniziative per la sua salvaguardia e valorizza-
zione, e saperlo finalmente messo in sicurez-
za, con i lavori di restauro e consolidamento
oramai completati, ci riempie di gioia e di
speranza.
Abbiamo sollecitato la Soprintendenza per
l’apertura alla cittadinanza del Monumento, a
maggior ragione dopo il successo di pubblico
che ha affollato le prime rare aperture stra-
ordinarie effettuate finora.
Chi o che cosa impedisce che questa splen-
dida Aula Monumentale venga restituita alla
cittadinanza?
Via Giolitti è attraversata da un treno a scar-
tamento ridotto, il famoso trenino Laziali-
Centocelle, i cui binari scorrono a soli 70 cm
da Minerva Medica.
I dati emersi dallo Studio dell’ENEA relativi
alle vibrazioni a cui è sottoposto il c.d. Tempio
di Minerva Medica certificano dei valori asso-
lutamente fuori dalla norma, circa 20 volte
superiori ai limiti massimi che la letteratura
scientifica ha codificato da diversi decenni.
Finalmente anche il Ministero delle Infra-
strutture e dei Trasporti ha riconosciuto che
i treni non devono transitare in città, e ha
posto come condizione per concedere i finan-
ziamenti richiesti dal Comune per l’ammo-
dernamento e il prolungamento della linea lo
scartamento ordinario.
Ci chiediamo: nel frattempo cosa intende
fare la Soprintendenza per mettere in sicu-
rezza il c.d. Tempio di Minerva Medica dalle
continue vibrazioni che lo martellano quoti-
dianamente?
In questo ultimo periodo il trenino sta goden-
do di un afflato nostalgico, una trasposizione
metafisica.
Qualcuno lo vorrebbe elevare a simbolo
dell’Esquilino.
Effettivamente la ‘questione trenino’ è l’em-
blema del malgoverno che spesso viene agi-
to spostando sempre la soluzione, chi ha la
responsabilità la scarica su qualcun altro, chi
deve decidere rinvia, se poi si riesce a scate-
nare un conflitto tra utenti…
Noi dell’Associazione Abitanti Via Giolitti, vo-
gliamo un trasporto pubblico che migliori la
qualità della vita, che salvaguardi l’ambiente,
che non metta a repentaglio la stabilità dei
monumenti e anche delle abitazioni.
Maria Prassede Capozio
Presidente
Associazione Abitanti Via Giolitti - Esquilino
Minerva Medica esce dall’oblio
Ogni anno a gennaio i licei classici romani
aprono le porte anche la sera. Un’occasio-
ne diversa per vivere e conoscere la propria
scuola sotto altri aspetti e per mostrarla all’e-
sterno. La notte dei licei è un evento sì ricre-
ativo, ma anche molto formale da un punto di
vista organizzativo ed educativo, dal momento
che può offrire grandi spunti di riflessione.
Così è stato per il liceo Albertelli, grazie ai
quadri viventi che hanno messo in scena
rappresentazioni realistiche riguardo ciò che
accadrebbe facendo uso della violenza sulle
donne, con i quali si è potuto comprendere
quanto sia riprovevole compiere determinate
azioni. Penso dunque che sia quasi necessario
osservare queste esposizioni, poiché mediante
la riflessione su queste tematiche delicate e
profonde, miglioreremmo noi stessi in quanto
Persone.
Si è ritornati nella Grecia tragica con il dram-
ma di Medea, riportato in scena dai ragazzi.
Musica dal vivo, condivisione di esperimenti
e progetti, dai laboratori ai cartelloni, alla di-
stribuzione di OndanomalA. Una notte ricca di
eventi che ha fatto sentire tutti i protagonisti
attivi della vita scolastica.
Alessandro Rubino
Redattore di OndanomalA
Liceo Classico Pilo Albertelli
Avete qualche argomento,
tema o problema che desiderate
mettere in evidenza?
DITELO AL CIELO!
Scrivete a:
redazione@cielosopraesquilino.it
La Notte dei licei Chi ricorda il panificio
di via Napoleone III?
Buongiorno,
qualcuno ricorda per caso il nome di un
antico panificio che si trovava all’inizio di via
Napoleone III circa quaranta anni fa?
È un ricordo d’infanzia che non riesco più ad
evocare. Era un locale con tre o quattro por-
te, sulla sinistra della via, spalle a Piazza Vit-
torio, con grandi banconi in legno.
Grazie,
Marco Carlo Candeloro
Perché è scomparsa
la fermata del 3?
Sono una lettrice che vive nella Cooperati-
va Santa Croce. Volevo segnalare che da
un paio di anni la fermata del tram 3 di Piazza
Santa Croce in Gerusalemme direzione San
Giovanni è stata cancellata. Le persone an-
ziane sono costrette quindi a spostarsi fino
alla fermata successiva, in viale Carlo Felice.
Oltre al disagio, rimane sempre aperto un
dubbio. Perché?
Lettera firmata
Gentile lettrice,
abbiamo provato a rivolgere informalmente
la sua domanda ad alcuni operatori dell’A-
genzia della Mobilità di Roma Capitale.
Sembra che, tra i fattori che hanno porta-
to alla soppressione della fermata, vi siano
motivi di sicurezza legati alla presenza di un
albero sulla banchina. I nuovi tram articolati,
più lunghi rispetto a quelli in uso fino a qual-
che tempo fa, aprirebbero una delle porte po-
steriori proprio in corrispondenza dell’albero,
e questo, com’è facile immaginare, crea una
situazione di potenziale rischio per i passeg-
geri in discesa.
La redazione
Ditelo al cieloDitelo al cielo12
Il progetto del SIMU sulla base
del quale sono in corso i lavo-
ri in giardino, soltanto in minima
parte ha tenuto conto del lungo
processo di partecipazione che lo
ha preceduto e dei tanti momenti
pubblici di informazione, scambio
di opinioni e dibattito.
Durante quel percorso sono state
consegnate ai progettisti una serie
di indicazioni e richieste formulate
a partire dalla profonda conoscen-
za del giardino da parte degli abi-
tanti, tra i quali tecnici e studio-
si di varie discipline afferenti agli
spazi pubblici urbani. Indicazioni,
richieste, proposte per tutelare
e accrescere la sostenibilità am-
bientale e il patrimonio vegetale
esistente, tenendo conto della fre-
quentazione intensa degli spazi da
parte di persone di tutte le età e
culture e con esigenze e modali-
tà d’uso molteplici. Questo luogo
complesso aveva bisogno di ade-
guate scelte progettuali sia nella
fase di cantiere, che nella succes-
siva organizzazione e gestione dei
luoghi, dei servizi e della vivibilità
quotidiana.
Assistiamo invece a una riqualifi-
cazione che procede lenta, opaca,
in aperto contrasto con i risulta-
ti del percorso partecipato e di
quanto presentato pubblicamente
dal SIMU e che desta preoccupa-
zione e profondo sconcerto.
Un esempio:
Nel giardino preesistevano 700
metri lineari di siepi di alloro (uti-
le contrasto alle polveri sottili e al
rumore) che nel corso dei lavori
sono state estirpate, in difformità
con quanto previsto nel progetto
presentato in pubblico e in contro-
tendenza rispetto alla crescente
sensibilità per i temi ambientali. E’
scientificamente dimostrata l’ele-
vata capacità delle siepi di assor-
bimento delle polveri sottili e del
rumore: indispensabili alla miti-
gazione dell’inquinamento urbano
in un giardino-piazza circondata
da traffico sostenuto com’è piazza
Vittorio.
Nell’incontro in Assessorato LL.PP.
nell’aprile 2019, alle nostre prote-
ste per la totale mancanza di infor-
mazione e trasparenza sul cantiere
appena aperto, l’Amministrazione
rispondeva che si sarebbe provve-
duto al più presto. L’offerta della
ditta vincitrice prevedeva un pro-
gramma di comunicazione che era
stato uno dei criteri per l’assegna-
zione dell’appalto. Al contrario,
dopo oltre 10 mesi, non esiste
comunicazione pubblica sull’an-
damento dei lavori del cantiere
e si procedere in maniera mol-
to difforme dalle buone pratiche
previste per un cantiere di riqua-
lificazione di un giardino storico.
Alcuni esempi di buone pratiche
previste dal Piano e disattese in
cantiere:
- la protezione delle alberature
interessate dai lavori, com’è
pratica comune in tutti i paesi
EU e come prevista dal Regola-
mento del verde e del paesag-
gio di Roma approvato in Giun-
ta; invece i materiali di cantiere
sono stati costantemente ac-
catastati a ridosso di alberi e
cespugli; la zona di protezione
radicale di molti alberi è stata
scavata in palese violazione del
vigente Regolamento Scavi; gli
impianti idraulici sono stati po-
sizionati troppo a ridosso delle
alberature compromettendo il
loro funzionamento futuro;
- un giardino sostenibile, con pra-
ti e specie vegetali a ridotto
fabbisogno idrico per evitare la
realizzazione di costosi impianti
d’irrigazione che, come acca-
duto in altri giardini pubblici,
vengono poi abbandonati; l’esi-
stenza dei serbatoi d’acqua in-
terrati che alimentavano le fon-
tane del progetto di rifacimento
del giardino del 1996 ci aveva
già suggerito l’opportunità di
una loro utilizzazione per la
raccolta dell’acqua piovana uti-
le per l’irrigazione di soccorso o
per lavare gli arredi, i sentieri
ecc.. Su questo non c’è stata al-
cuna informazione certa.
Il Piano di Gestione del Giardi-
no di Piazza Vittorio, adottato da
Roma Capitale con due memorie
di Giunta, in data 31.08.2017 e
21.04.2018, aveva indicato so-
luzioni e proposte puntuali sulle
questioni che seguono e che sono
indispensabili per la vita futura del
giardino.
Sulla base di quanto esposto,
CHIEDIAMO:
- quale sia il nuovo modello ge-
stionale complessivo per la fu-
tura vita e la manutenzione or-
dinaria del giardino; si procede-
rà, come indicato nel Piano di
Gestione, alla progettazione di
una gestione ambientale (bagni
e pulizia) considerando anche
gli aspetti sociali, individuando
le regole per il mantenimento
della qualità ambientale e la
sicurezza (attività e informa-
zione); ci sarà un piano degli
interventi di manutenzione dei
giochi e degli arredi, chi ne farà
la manutenzione? Chi farà la
pulizia quotidiana e chi la ma-
nutenzione del verde?
- quali sono le caratteristiche del
bando per l’affidamento in ge-
stione dei bagni e del punto ri-
storo, quali i tempi previsti per
l’avvio del servizio. E’ indispen-
sabile che siano già assegnati
all'apertura al pubblico delgiar-
dino;
- quale progetto è stato definito
per accompagnare la frequen-
tazione inclusiva, garantire la
leggibilità e la diffusione delle
informazioni sulle regole per la
fruizione del giardino e dei ser-
vizi igienici (cartellonistica, ba-
cheche e pannelli in italiano e
altrelingue);
- qual è la data certa per la fine
dei lavori? Il giardino è chiuso
dall'11 di marzo 2019 e nel car-
tellone esposto la durata dei la-
vori è di 158 giorni.
Vorremmo evitare che gli ingenti
investimenti realizzati (1.737.803
euro come indicato nel cartellone
dei lavori), abbiano un impatto
impercettibile sulla vivibilità della
piazza e che una settimana dopo
l’inaugurazione, il degrado e l’ab-
bandono tornino a connotare il
giardino.
In attesa di puntuale e sollecito
riscontro.
Comitato
Piazza Vittorio Partecipata – CPVP
(Roma, 25 febbraio 2020)
Lettera alla Sindaca Virginia Raggi
in merito ai lavori nel giardino di piazza Vittorio
Il virus più pericoloso è l’ignoranza. Quella si
piglia e basta. Te la trovi fin da piccolo, la
erediti, te la vivi e ti resta fluida nel sangue.
Che poi spesso l’ignoranza è silenziosa, un so-
pracciglio che si tende verso l’alto, una smorfia
lieve. Si annida persino nei capillari di appa-
renti benpensanti. Ma questa è un’altra storia.
L’originalità è in via Buonarroti. Esprimo
la mia posizione in silenzio su ‘l’allerta virus’
e ricordo la mia cena cinese in via Buonarroti
di poche settimane fa, prima che l’emergenza
arrivasse in Italia. C’è un ristorante che reputo
sopra la media e che quando questo periodo
grigio sarà finito, sarà tra i tanti che dovranno
essere sostenuti. È una cucina che attinge alla
tradizione di una Cina che non conosciamo,
mi ha colpito molto per la peculiarità dei piatti
proposti.
È semi vuoto. Perché la comunità cinese è la
prima ad aver risentito dell’ondata di paura.
Tutta. Anche se molti di loro non hanno voce
per difendersi. Lo stile del locale è ricercato,
colorato ed elegante. Il menù è meraviglioso,
finalmente diverso dai soliti ristoranti cinesi
sempre uguali tra loro. L’evoluzione del valo-
re culinario in Italia ha trainato una manciata
di ristoratori asiatici lungimiranti, desiderosi di
dipingere finalmente l’inestimabile cultura ali-
mentare del territorio cinese con nuovi decisivi
tratti.
Trippa di pollo e bambù, manzo lardellato pic-
cante, zuppe squisite, pancetta croccante e
anatra. Non vedo ravioli al vapore classici o
involtini primavera, e questo mi stuzzica. Il
gusto mi incuriosisce.
La verità è che la cucina cinese cui siamo abi-
tuati si è standardizzata sui nostri gusti. Le
nostre aspettative possono essere più o meno
soddisfatte dal sapore ma quasi mai dall’inno-
vazione. La contaminazione culinaria, quella
pensata e ricercata, è nella complessità di pro-
duzione e nel rischio di deludere i punti deboli.
Chi riesce ad esprimerla abbattendoli entram-
bi, vince.
Quando lavoravo in Cina, la mia colazione abi-
tuale era una zuppa di gamberi freschi con
spaghetti di riso sottili preparata da un’anzia-
na signora sdentata. Mi aveva preso in simpa-
tia. Ecco, entrare in questo ristorante mi ha
riportato a quelle fredde mattine d’inverno a
Shanghai, dove vinceva la curiosità per l’igno-
to di una colazione cinese contro la diffidenza
verso abitudini culinarie decisamente diverse.
A scatola chiusa. Il mio desiderio in questa
puntata di ‘Esquisito’ è di presentarvi un risto-
rante da provare a scatola chiusa, senza anti-
cipazioni, provando a immaginarvi immersi in
una trattoria di Pechino o di Shanghai, a cena
vicino ad avventori cinesi come me questa
sera. Sconosciuti commensali che potrebbero
temere siate voi ad aver viaggiato e contratto
il virus Corona.
Qualche tavolo più avanti rispetto a dove sono
seduto c’è un amico cinese. Ci incrociamo
poco dopo la cena, mi stringe la mano e io
lo abbraccio dandogli due pacche sulle spalle.
Mi chiedo se avremmo immaginato che poche
settimane dopo sarebbe stato necessario solo
un “ciao” a distanza. Ridiamo insieme. Eppure
sono certo di aver percepito nel suo romano
impeccabile un sottile disagio, un pensare che
qualcuno potesse temere la sua nazionalità,
temere di poter entrare in contatto con il virus.
Ma questo oggi farebbe sorridere visto come
sono andate le cose.
Sì, perché la paura è uguale in tutti noi, ed
è solo la cultura che ne determina le conse-
guenze.
Andrea Fassi
13EsquisitoEsquisito
AcenainunangolodiRepubblicapopolarecinesePrima dell’allerta virus, il ricordo di una serata: i piatti della tradizione, il saluto ad un vecchio amico
Numero 30 anno VI
Marzo/Aprile 2020
Bimestrale gratuito a cura dell’associazione
“Il Cielo sopra Esquilino”
Registrato presso il Tribunale di Roma
N° 62/2015 28-04-2015
da Associazione “Il Cielo sopra Esquilino”
Codice fiscale 97141220588
Direttrice Responsabile
Paola Mauti
Redazione
Chiara Armezzani, Carlo Di Carlo,
Francesco Ciamei, Andrea Fassi, Luca Ferrante,
M. Elisabetta Gramolini, Riccardo Iacobucci,
Salvatore Mortelliti, Silvio Nobili, Patrizia Pellegrini,
Maria Grazia Sentinelli, Carmelo G. Severino
Hanno collaborato a questo numero
Paolo Del Papa, Antonio Finelli
Per informazioni, lettere, sostegno,
proposte e collaborazioni
redazione@cielosopraesquilino.it
Potete trovare Il cielo sopra Esquilino
anche online:
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Chiuso in redazione il 06/03/2020
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do ad un progetto per appro-
fondire gli aspetti del nostro bellis-
simo Rione.
Noi, per esempio, ci occupiamo della
storia romana presente nell’Esquili-
no.
Andremo a visitare i monumenti an-
tichi come gli acquedotti, le mura
serviane, i Trofei di Mario. Consul-
teremo le fonti storiche nella no-
stra biblioteca, in quelle comunali,
nei luoghi che aderiscono a Esquilino
Rione dei Libri.
Noi abbiamo la fortuna di avere una
mamma archeologa, perciò ci po-
trebbe guidare o consigliare i per-
corsi da seguire.
Grazie, poi, agli articoli passati ne
Il Cielo sopra Esquilino potremmo
documentarci meglio.
Tutti i numeri sono stati inseriti
in un computer in sala informatica;
cercheremo negli indici tematici
quello che ci interessa.
Questo articolo sarà, da parte no-
stra, come un dono per il quinto
compleanno del Cielo; siamo felici
di poter ringraziare in questo modo
tutta la redazione ed i collaboratori
del giornale.
Classe V-B
“Il mondo a Scuola”
a cura dell’Istituto Comprensivo “Daniele Manin” - www. danielemanin.gov.it
14
Un compleanno particolare
Ciaoatutti, siamoalcunialunni dellaIV-Ddi
due anni fa: Astrid, Elena, Emilia, Adria-
no, Daniele, Giulio, Leonardo, Lorenzo; la clas-
se che scrisse 10 articoli sui 21 pubblicati.
Abbiamo saputo che il giornale compie 5 anni
e quindi abbiamo pensato di andare in giro
per tutti gli esercizi che espongono ‘Il Cielo
sopra Esquilino’ e fare loro delle domande.
Ci siamo divisi in gruppi e abbiamo scelto
dove andare: la maggior parte su via Me-
rulana, o vie traverse. Quasi tutti ci hanno
accolto a braccia aperte e ci hanno offerto
dolciumi e bevande; qualcuno, invece, ci è
sembrato infastidito dalla nostra presenza.
Abbiamo chiesto se fossero felici di espor-
re il giornale e tutti hanno risposto di sì; se
venisse apprezzato dai clienti e qualcuno si
è rammaricato per il fatto che pochi ragazzi
lo leggessero; se fosse una cosa bella avere
un giornale rionale ed hanno risposto che è
utile e trasmette un senso di comunità.
I suggerimenti per migliorare sono stati: au-
mentare la visibilità, cambiare le dimensioni
per renderlo più maneggevole, aggiungere
più notizie, soprattutto di iniziative e spet-
tacoli che coinvolgono la collettività.
Durante le nostre interviste c’è stato anche
un ‘incidente diplomatico’: tre di noi, non tro-
vando il proprietario, hanno lasciato il foglio
alla cassa. Si erano però montati la testa e
si sono firmati “Inviati speciali de Il Cielo”:
questa cosa ha creato scompiglio, ma spe-
riamo si sia risolto tutto in una gran risata.
È stata un’esperienza bella e divertente, ar-
rivederci e grazie per averci letto.
Ex alunni Scuola Primaria
Il giornalismo nella scuola
I genitori
rispondono
Noi bambini della II-A abbiamo preparato un que-
stionario per i genitori perché il “Cielo sopra
Esquilino” compirà a marzo cinque anni. Purtroppo, nel
tragitto da scuola a casa qualche foglio si è perso e
chissà dove è andato a finire, tuttavia abbiamo inserito
le risposte dei genitori in una tabella. Dalla lettura dei
dati della nostra indagine possiamo dire che:
• Per la maggior parte dei genitori è importante un
giornale rionale perché ci informa sulle attività che
ci sono sul territorio e per il senso di appartenenza.
• Poco meno della metà degli intervistati conosce e
legge il giornale.
• Il giornale viene reperito nei negozi e a scuola.
• I genitori vorrebbero che si parlasse di più di
Associazioni di rione e di Sport.
• Un genitore ha ringraziato per il servizio offerto
al rione.
Da questa indagine abbiamo scoperto che alcuni geni-
tori non conoscevano questo giornale. Noi lo riteniamo
utile perché attraverso di esso possiamo informarci su
quello che accade intorno a noi e soprattutto parteci-
pare con i nostri articoli in cui possiamo esprimere le
nostre proposte, che sono importanti per poter vivere
una buona vita piacevole e serena.
Se il nostro quartiere sta bene anche noi stiamo bene!
Classe II-A
Noi della IV-D, come altre classi dell’Isti-
tuto, scriviamo su questo giornale.
Abbiamo perciò pensato di chiedere agli
altri bambini se piaceva loro collaborare a
questo lavoro.
La maggior parte è felice di farlo, ma a Giu-
lio piace poco l’idea che tutti conoscano le
nostre emozioni; invece Enea la pensa diver-
samente: “pubblicizzare le nostre cose, ha
detto, ci rende un po’ importanti”. Giovanni
F. dice che pubblicare è importante perché
chi lo legge può conoscere quello che succe-
de, bello o brutto, nella nostra scuola e nel
nostro Rione.
C’è chi è rimasto sorpreso di vedere pubbli-
cato l’articolo della propria classe, chi de-
luso perché non si parlava di lui, chi invece
orgoglioso di sentirsi ‘famoso’.
Per noi la cosa più importante è che tutti
ci hanno detto che hanno lavorato insieme e
che sono stati molto felici di farlo.
Classe IV-D
Alla scoperta di reperti romani nel nostro rione
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  • 1. Periodico di informazione a cura dell’associazione “Il Cielo sopra Esquilino” Numero 30 anno VI - Marzo/Aprile 2020 Edicole. Luci della cittàAll’Esquilino, come nel resto di Roma, la crisi della carta stampata fa sentire i suoi effetti sulle attività di rivendita. Molte sono state già costrette alla chiusura. Chi resta cerca nuove fasce di mercato Massimo, Antonio, Alessandra, Anna, Pao- lo, Patrizia, Luciano, Franco, Roberto… Gli edicolanti e le edicole, più di ogni altro eser- cizio commerciale, sono da sempre il punto di riferimento del vicinato. Le prime luci ad accendersi nella città. Ci si va per omprare il quotidiano ma, maggiormente, ci si va per ag- giornarsi sulle novità del quartiere. La crisi del mercato. Da qualche anno, com- plice internet e le sue ricadute sull’editoria, le abitudini delle persone sono cambiate. Le nuove generazioni non hanno raccolto l’eredità delle vecchie, per le quali quello della lettura mattutina del quotidiano era un rito da rispet- tare. La vendita dei quotidiani è stata estesa a grande distribuzione e librerie, ma l’effetto è stato solo quello di aggredire ulteriormente un mercato già in calo. Il fatturato del settore è passato dai 5 miliardi di 10 anni fa ai nemme- no due miliardi di oggi. Il numero delle edicole è calato drasticamente. Quelle ancora aperte fanno fatica a sopravvivere. Una tendenza evi- dente anche nel nostro rione. Anni fa sulla sola piazza Vittorio c’erano ben sei edicole, ora ne sono rimaste solo due. La zona sud dell’Esquili- no è rimasta completamente priva di rivendite. Riccardo Iacobucci segue a pagina 6 La comunità slow che vuole cambiare il mondoSbarcadagliStatesnelrione,eperlaprimavoltainItalia,ilnuovometododel‘CommunityOrganizing’ ‘Denaro organizzato, persone organizzate’ o ‘l’arte della politica relazionale’. In questi e al- tri modi si autodefinisce il Community Organi- zing (CO), un nuovo metodo di organizzazione delle persone per cambiare il mondo che le cir- conda. L’Esquilino è pioniere di questo meto- do, almeno in fase formativa, avendo ospitato negli ultimi mesi un corso di formazione tenu- to da Diego Galli, presidente dell’Associazione Community Organizing Onlus e sperimenta- tore in Italia di questa pratica. Il Cielo sopra Esquilino lo ha intervistato per saperne di più. Abbandonate le petizioni, le lamentele super- ficiali, le proteste. Stiamo parlando di ‘potere’ – più verbo che sostantivo – che parte dall’a- scolto e dalla fiducia costruita in giorni, mesi e anni, prima di porsi un obiettivo o intrapren- dere un’azione. Perché spesso, insegnano, non sono le soluzioni a mancare, ma il potere di applicarle. L’ascolto guida. «Siamo abituati a un model- lo di leadership con un uomo solo al comando, carismatico, trascinatore. Bene, i leader del CO sono invece tanti, persone non per forza cari- smatiche, né forti, né popolari, ma di cui si ha fiducia, che hanno un seguito». Spiega Diego Galli, giornalista, con un passato nel Partito Radicale e nei primi esperimenti di ‘democra- zia diretta’ a Roma, organizzatore di BarCamp dell’attivismo sociale e poi approdato al CO, dopo una esperienza diretta negli Stati Uniti. «Si parte col trovare la cosiddetta ‘istituzio- ne ancora’, organizzazioni stabili della socie- tà, anzitutto le chiese e le scuole». Proprio com’è accaduto per il corso sul CO grazie a tre cittadini, attivi nel rione in associazioni e parrocchie, e alla possibilità di essere accolti dalla scuola Federico di Donato. «In America, dove nasce, il CO è forte grazie alle molteplici comunità religiose, sindacali, territoriali. Resta apartitico, apolitico, ma con un forte radica- mento valoriale nella giustizia sociale». Silvio Nobili segue a pagina 3
  • 2. 2 antonio.finelli@tiscali.it antonio.finelli@tiscali.it L’Acquario a piazza Fanti Sguardi sull’Esquilino di Antonio Finelli (antonio.finelli@tiscali.it) IlPUMSeiposacenereallefermate Come abbiamo già avuto modo di vedere, in occasione della stesura del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) 2019, le isti- tuzioni, i municipi e i cittadini sono stati invitati a presentare al Comune proposte per il miglio- ramento della viabilità e vivibilità della città. Alle osservazioni presentate dai municipi, l’Am- ministrazione Comunale ha dato risposte che sono riportate nella delibera di approvazione del PUMS. Altre proposte sono state fatte di- rettamente da cittadini nella fase di interpello. Il Municipio Roma I Centro ha presentato 8 osservazioni. L’assessorato ha ricevuto 2668 proposte dai cittadini e, di queste, 25 sono re- lative all’Esquilino. In particolare, 8 riguardano il trasporto pubblico, 2 il traffico privato, 5 la logistica urbana, 6 il sistema della ciclabilità, 1 la sicurezza stradale, 2 l’accessibilità, e 1 l’adozione di tecnologie informatiche. Alcune proposte si sovrappongono a quelle presen- tate dal primo Municipio, altre invece trovano la loro soluzione nei Punti Fermi previsti dal Piano o in opere programmate da altri enti. In generale si auspicano interventi dettati dal buonsenso e dall’esperienza. Le osservazioni del Municipio. Tra le osser- vazioni del primo Municipio si nota una lamen- tela generale contro i bus turistici e i bus navet- ta Termini-Aeroporti; si desidera una migliore regolamentazione degli orari e limiti delle ZTL e delle isole ambientali e un controllo stret- to del funzionamento delle strade pedonali. Particolare attenzione merita l’ottava osserva- zione del primo Municipio che esprime la “con- trarietà alla previsione dell’inutile e dannoso tram che passerebbe su via Lanza, piazza S. Martino ai Monti e si attesterebbe a largo Cor- rado Ricci. Si propone invece di proseguire il tram 8 lasciato incompiuto, portandolo fino a Termini”. Questa proposta è stata riiutata dal Consiglio comunale in quanto “non valutabile nella sua genericità di argomentazione e per- ché tale linea tramviaria si attesterebbe a lar- go Corrado Ricci quale prima implementazione per poi interconnettersi alla rete entro le tem- pistiche del Piano. Inoltre il prolungamento dell’8 fagià parte del PUMS”. Risposta in to- tale contraddizione con quanto affermato nel PUMS, per cui la nuova linea del tram si rac- corderebbe a piazza Vittorio con i binari dell’at- tuale 4, per poi prolungarsi da Corrado Ricci a piazza Venezia. C’è un po’ di confusione. Le osservazioni dei cittadini. Tra le proposte formulate dai cittadini c’è la richiesta di più cor- sie preferenziali e della risistemazione generale del capolinea delle Laziali a via Giolitti, un ridi- segno del nodo di Porta Maggiore e dell’incro- cio tra via Emanuele Filiberto e viale Manzoni. C’è poi una richiesta di tecnologie per i sema- fori e per la precedenza del trasporto pubblico. Tra le proposte che potrebbero far sorridere c’è poi quella “di installare dei posacenere alle fermate di autobus più trafficate con la scrit- ta «che autobus stai aspettando?»”. I posace- nere sono dei cilindri, barattoli, trasparenti e ciascun cilindro riporta la linea di autobus che lì effettua la fermata. I posacenere avrebbero una duplice finalità: migliorare il decoro urba- no e dare un’indicazione orientativa su quali li- nee vadano potenziate in quella tratta. La linea il cui posacenere viene riempito da più mozzi- coni è quella che necessita un rafforzamento. Banalmente, la proposta di installare dei po- sacenere alle fermate degli autobus non credo abbia bisogno di un Piano decennale per essere adottata. Ma con questa proposta, come alcu- ne altre, molti proponenti hanno sconfinato da un grande piano di opere per più di 10 miliardi di eurpo, per due terzi pagate dallo stato e un terzo dalle casse del comune, alla segnalazio- ne di tante piccole incurie che richiederebbero interventi migliorativi del decoro urbano. Carlo Di Carlo Per le stradePer le strade Negli scorsi numeri del giornale abbiamo visto cosa c’è e soprattutto cosa non c’è nel PUMS di Roma Capitale. Tra le proposte avanzate dai cittadini, qualche buona idea per migliorare il decoro urbano
  • 3. 3L’occhio del cieloL’occhio del cielo La comunità slow che vuole cambiare il mondo> segue dalla prima pagina Una rete a ‘fiocco di neve’. Il problema della spazzatura, l’accattonaggio, il decoro urbano. L’incontro delle persone sul tema, il dibattito, la proposta di soluzioni, la sintesi delle posi- zioni, la decisione finale e i rappresentati del- le associazioni che se ne fanno carico. Ecco, questo è quanto accade di solito nei comitati e associazioni di quartiere. Ma non è quello che accade con il CO. «L’ottica di ascolto è più difficile da organizzare in quanto non è subito produttiva, come una mensa o un servizio alla comunità» racconta Galli. La maggior parte del tempo è impiegato a incontrare persone in quelli che si definiscono ‘one-to-ones’. Si tratta di incontri faccia a faccia, della durata di 30-45 minuti, «Un’opportunità per esplorare un’altra persona, di guardare nel suo talento, energia e visione». Il CO punta a far emergere le loro storie, intui- zioni e memorie, che sono più importanti di un nome su una petizione o del contributo a una campagna. E gli organizer sanno già che alme- no il 90% di questi incontri non porteranno a nulla. Ma tra le persone che incontrano ci sono quelli che definiscono i leader: «Un leader è anzitutto una persona che ha un seguito, nel senso che se chiama qualcuno questo viene», fondamentale per non gravare su pochi volen- terosi e mobilitare con certezza una moltitudi- ne di persone in poco tempo e all’occorrenza. «Il potere viene prima degli obiettivi» e que- sto il community organizer lo deve avere ben chiaro. Un’inversione di paradigma rispetto a quanto siamo abituati a pensare. Alinsky, il teorizzatore di questo metodo, sostiene infat- ti che «Se le persone sentono di non avere il potere di cambiare una situazione negativa, allora non pensano a come farlo». È per que- sto che per dar vita a una nuova organizza- zione in un territorio gli organizer impiegano almeno un paio d’anni. Durante questo periodo non avanzano alcuna rivendicazione, non or- ganizzano manifestazioni, non fanno comuni- cati stampa. Lavorano alla paziente tessitura di relazioni con i leader e le citate ‘istituzioni ancora’. Il Rione può cambiare? «In questa fase stiamo naturalmente lavorando per prototipi. All’Esquilino ho incontrato tante persone gene- rose e impegnate, ma tentativi di diffusione di questa cultura dell’ascolto all’Esquilino e poco prima a Torre Maura e Tor Sapienza si sono in- terrotti e non hanno portato ai risultati sperati. Secondo me manca la capacità di individuare obiettivi specifici, la visione strategica e gli in- terlocutori che possono aiutare a raggiungerli. In generale Roma ha un’enorme quantità di associazioni ma magari composte da pochissi- me persone. Nelle grandi organizzazioni la nor- male dinamica porta ad aggirare le resistenze interne anziché affrontarle una volta per tutte e l’approccio non cambia. Una dinamica che si ripete anche nei comitati e associazioni». Come organizzarsi per cambiare la situazione? «L’idea potrebbe essere quella di organizza- zione cittadina, e non rionale, per affrontare i problemi nel loro insieme e alla radice con una pressione maggiore e una base solida, ma par- lo sempre di coinvolgimento attivo delle per- sone, dimenticando le passate esperienze dei micro comitati tra cui mediare, spesso poco rappresentativi, che non hanno potere di pres- sione, con cui si ripropone un approccio che in sostanza è sempre dall’alto, di chi si definisce una rappresentante ma invece non rappresen- ta davvero la gente». E sui tempi per traguar- dare questo risultato? «Mi do un paio di anni di lavoro e vediamo cosa succede». Silvio Nobili Chi lo ha inventato Il nome di Saul Alinsky, l’inventore del community organizing, è poco conosciuto in Ita- lia, ma negli Stati Uniti è considerato una sorta di guru dell’attivismo sociale dal basso. L’Industrial Areas Foundation (IAF) è la fondazione americana creata nel 1940 proprio da Saul Alinsky. Barack Obama ha lavorato per 3 anni come community organizer “Il com- munity organizing parte dalla premessa che i problemi che devono affrontare le comunità dei quartieri disagiati non sono una conseguenza della mancanza di soluzioni efficaci, ma della mancanza di potere per implementare queste soluzioni”. L’associazione Community Organizing Onlus in Italia è finanziata dalla Open Society Foundations di George Soros, Fondazione Charlemagne Onlus e IAF. Foto: www.lucaferrantefotografo.it
  • 4. 4 C’è chi faC’è chi fa Dall’Esquilino a via Paolo SarpiZeng Bufeng, Presidente dell'Associazione Giovani Cinesi in Italia, ci racconta come sta cambiando la comunità cinese. E sul coronavirus, le preoccupazioni, gli allarmismi, ma, dal rione, anche tanta solidarietà Dagli ultimi dati del comune di Roma ri- sulta che la comunità cinese di Esquilino ha subito una contrazione, raggiungendo una presenza di circa 600 residenti. Quali sono i motivi di questa diminuzione? Effettivamente negli ultimi anni c’è stato un calo di residenti. Nei primi anni di insediamen- to dei cinesi nel rione, arrivavano soprattutto persone scarsamente scolarizzate che, attrat- te dalla espansione economica dell’Esquilino, si dedicavano ad attività di import-export. Con la comparsa delle seconde e terze generazioni, i giovani più istruiti hanno preferito dedicarsi ad altre professioni, come infermieri, tiroci- nanti presso studi di avvocati, commercialisti, ingegneri, trovando lavoro fuori dal rione. C’è da dire inoltre che l’Esquilino soffre di man- canza di spazi commerciali e di incentivi per aprire nuove attività; anche la normativa sul commercio è un po’ restrittiva e crea ostacoli all’espansione commerciale. A noi piacerebbe elevare il livello qualitativo dei nostri prodotti, magari attraverso negozi di ottica specializza- ta, enoteche, cibi orientali caratteristici, risto- ranti di alto livello. Abbiamo fatto anche alcu- ne riunioni con il dipartimento del commercio del Comune di Roma, cercando di capire quali sono gli ostacoli a queste trasformazioni. Ma finora non si è riuscito a fare molto, come in- vece è successo a Milano, nella zona di via Pa- olo Sarpi, dove, grazie agli incentivi dell’am- ministrazione comunale, si sono aperte nuove attività che hanno favorito anche una maggio- re integrazione, tanto da definire quell’area un ‘modello di convivenza’. L’Esquilino è pieno di minimarket, moneytransfer e banchi di vendi- ta al mercato rionale gestiti soprattutto dalla comunità bangladese, che attualmente è la co- munità più numerosa nel rione. Quali sono, secondo lei, le maggiori criti- cità di Esquilino? Noi soffriamo degli stessi problemi di cui si la- mentano i cittadini italiani: l’inefficiente rac- colta dei rifiuti, la trascuratezza di alcuni spazi pubblici (per fortuna ora si sta provvedendo alla riqualificazione del giardino di Piazza Vit- torio), la presenza di persone che bighellona- no per le strade a tarda sera mezze ubriache, la vendita delle merci contraffatte, il piccolo spaccio. Poi c’è il problema del mercato, che trasformandosi da mercato di rione a luogo di acquisto per tutta Roma, soprattutto dei cit- tadini extracomunitari, ha visto crescere mol- tissimo la quantità di merce scambiata col conseguente aumento delle attività di carico e scarico merci e dei problemi relativi alla via- bilità circostante e allo smaltimento dei rifiuti. Quali sono i rapporti con le altre comunità e con i residenti italiani di Esquilino? Con le altre comunità il rapporto non è sem- plice, sia per le differenze culturali, sia per- ché mancano occasioni e luoghi di incontro che favoriscano la reciproca conoscenza. Con i cittadini italiani entriamo maggiormente in contatto, sia tramite le istituzioni sia diretta- mente con le loro associazioni, e tendiamo a instaurare un dialogo proficuo. Siamo dispo- nibili ad avviare insieme alcune iniziative per migliorare il quartiere, come a volte abbia- mo fatto con il Comune di Roma, con l’Ama, con gruppi di persone come ‘Esquilino chiama Roma’. Non dobbiamo dimenticare inoltre la presenza di tanti bambini e adolescenti che frequentano le scuole del rione, cosa questa che facilita la creazione di importanti relazioni ed amicizie con i ragazzi italiani e quelli del- le altre comunità. La scuola è proprio l’origine dell’integrazione perché i nostri studenti impa- rano la cultura italiana. I nati a Roma si sento- no italiani, tifano le squadre di calcio italiane, cantano l’Inno di Mameli, conoscono i cantanti e gli attori italiani, e quindi per loro non esisto- no i muri e le barriere che possono crearsi tra gli adulti. Queste amicizie alla fine favoriscono le relazioni anche tra i rispettivi genitori. Veniamo ora alla recente esplosione del coronavirus. Quali sono stati gli effetti sulla comunità cinese di Esquilino? Dobbiamo dire che la cosa in se stessa ci ha preoccupato molto, come crediamo abbia pre- occupato tutti i cittadini italiani. Non ci sono- piaciuti però la disinformazione e l’allarmismo – perlomeno nella fase iniziale – con cui le isti- tuzioni, la televisione e i giornali hanno dato la notizia. Ciò ha creato molta paura nei residenti del rione, che hanno spesso assunto atteggia- menti discriminatori e al limite del razzismo, mettendo al bando i ristoranti e i negozi gesti- ti dai nostri concittadini, come se tutto fosse fonte di contagio. I danni alla nostra comunità e in tutta Italia sono stati ingenti. In questo momento, grazie alla diffusione di informazioni più precise da parte degli esperti, l’allarmismo è un po’ diminuito. Per fortuna, però, da su- bito ci sono state persone italiane, come per esempio molti insegnanti e genitori della scuo- la Di Donato, che hanno solidarizzato con noi e ci hanno sostenuto. Speriamo che prevalga il buon senso e che si distingua tra precauzioni ed allarmismo. Maria Grazia Sentinelli Foto: www.lucaferrantefotografo.it
  • 5. 5Il rione mormoraIl rione mormora AntonioFinellielapassioneperlaluce Il pittore, che collabora con il nostro giornale, ci ha spiegato cosa è per lui un’opera d’arte. E come nascono i suoi dipinti La scopre per la prima volta in Marocco, a sud di Marrakech, in quella casa col terraz- zo sull’oceano e il marabutto che si stagliava di lato: è la potenza della luce. La splendida luce del Maghreb, nell’estate di tanti anni fa, è stata per lui una vera folgorazione. Poi, la ritrova a Roma, città dalla quale si sente intri- gato, è questa l’espressione che usa. Antonio Finelli ha due passioni: la pittura e la filosofia. Ammiratore di Giorgio de Chirico, sostiene che tutti dovrebbero leggere Schopenhauer, che ha dedicato molte delle sue riflessioni all’arte come strumento catartico, che ci consente di superare passioni e desideri. Ecco allora che il cerchio si chiude: la pittura, la filosofia. «Vivo all’Esquilino e dipingo quello che mi piace e che mi suscita emozioni, perché per me l’arte è percezione emotiva», ci dice, davanti ad una tazza di caffè decaffeinato e un piccolo vassoio con frappe e castagnole acquistate da Panella. Ci troviamo nella cucina-atelier della sua casa a due passi da piazza Vittorio. È un attico dove si è stabilito nel 1981 e che non ha più lasciato, perché innamorato del piccolo terrazzo e della luce che, da lì, attraversa l’appartamento. Ancora la luce. La potenza della luce. In un angolo c’è una tela su cui si delinea, ancora in- completa, la facciata di Sant’Eusebio, la chiesa dove, ha saputo recentemente, si sono sposati i suoi genitori. Quando ha scoperto la sua inclinazione per la pittura? Nella vita ho sempre dipinto, fin da piccolo, an- che se, per varie vicissitudini, non ho potuto fare ciò che avrei voluto, cioè il liceo artisti- co. Mi sono diplomato in ragioneria e laureato in filosofia, ho lavorato trenta anni all’Istituto Centrale di Statistica e, per qualche anno, ho fatto anche l’assistente di filosofia all’Univer- sità, dove tenevo lezioni sul Capitale di Marx. Ma, come dicevo, ho sempre disegnato. La mia prima passione è stato l’acquerello, poi sono passato all’olio. Ho frequentato anche la Scuo- la di Arti comunale del San Giacomo, dove ho avuto ottimi insegnanti. I miei punti di riferi- mento sono gli artisti della Scuola romana del novecento, che è molto articolata, con artisti diversi, da Carlo Socrate a Trombadori e tanti altri. Nei suoi quadri ritrae strade, portici, ma manca sempre l’elemento umano. Non ci sono mai le persone perché ritengo che siano un elemento di distrazione rispetto a ciò che voglio illustrare, comunicare. Quando di- pingo, cerco di trasmettere le emozioni che provo io in quel momento. Il concettualismo e una certa arte moderna sono frutto di un’ope- razione intellettuale e le persone spesso non capiscono il senso delle opere che stanno con- templando. Io credo che le opere d’arte deb- bano muovere le emozioni. Come nascono le sue opere? Io passeggio, anche in bicicletta, e a forza di passare scopro uno scorcio. Ci passo più vol- te in momenti diversi della giornata e lo vedo con una luce sempre diversa. Finché decido di dipingerlo. La luce è qualcosa di davvero par- ticolare. La basilica di Santa Croce in Gerusa- lemme è bellissima. Ho cercato di fissare la luce sulla facciata nel primo pomeriggio, ma se ci vai un’ora prima o un’ora dopo appare completamente diversa. Spesso utilizzo la fo- tografia per bloccare la luce in diverse ore del- la giornata e riprodurla. Che rapporto ha con il rione? Ci vivo da quaranta anni. Quando sono arriva- to era molto diverso, non c’era questa realtà dell’immigrazione. Ho visto arrivare le varie co- munità. Nonostante le difficoltà, c’è qui un’in- tegrazione che non si trova in altri quartieri di Roma. Io frequento Berlino, una città molto liberale. Però la comunità turca è, di fatto, re- legata. Qui, al contrario, c’è un grande senso di tolleranza reciproca. Via Buonarroti, quando io sono arrivato, era molto tranquilla, senza negozi, non c’era ancora neanche Roscioli. Poi hanno aperto molti esercizi commerciali gestiti da stranieri, ma io non ho mai visto situazioni di tensione tra loro. Le varie comunità hanno le loro abitudini, le loro feste, ma questo non ha mai creato situazioni di attrito. Inoltre, questo rione ti offre l’opportunità di incontrare perso- ne molto diverse, dai turisti ai poveri disperati, agli artisti e questo ti offre delle opportunità. Che sviluppo immagina per l’Esquilino? Oggi, subiamo tanti problemi dovuti all’inade- guatezza della classe politica. Ma il rione ha delle potenzialità altissime, perché è davvero bello. I piemontesi hanno introdotto questa ar- chitettura vagamente neoclassica, con i portici che ricordano l’arte greca e rimandano alla di- mensione metafisica di Giorgio de Chirico. Le altane, i colonnati, sono espressione di grande eleganza estetica. Finita l’intervista, ci salutiamo e lui insiste per- ché porti con me ciò che resta delle frappe e delle castagnole. Ricuso debolmente l’offerta, ma poi accetto. Molto volentieri. Paola Mauti
  • 6. 6 Il rione mormoraIl rione mormora > segue dalla prima pagina Negli ultimi anni hanno chiuso l’edicola di piazza Porta Maggio- re, quella di piazza Santa Croce in Gerusalemme, quella di piazza di Porta San Giovanni e quella di via Emanuele Filiberto, che è ora in cerca di acquirenti. Altre sono in vendita anche se ancora in atti- vità, come quella di viale Manzoni, angolo via Merulana. A fine gennaio si è tenuta una ‘notte bianca delle edicole’ con l’intento ridiscutere la percentua- le riconosciuta dagli editori sugli incassi, ferma al 2005. L’unico ri- sultato raggiunto è stato però solo quello di avere fatto riparlare del tema per un giorno. Nuovi prodotti e nuovi servi- zi. Per ovviare, spesso le edico- le aprono alla vendita di prodotti vari, giocattoli, bibite, gadget tu- ristici, occhiali, caramelle. A volte snaturando completamente l’eser- cizio. Oppure si ricorre a servizi di pagamento, tipo Lottomatica, alla consegna di pacchi e raccoman- date, bancomat, fotocopie, tour turistici, biglietti vari. Ma, per ac- cedere ad alcuni di questi, occor- re avere uno spazio adeguato e, a volte, anche un discreto volume di affari. Da qualche mese il Co- mune di Roma ha lanciato un’ini- ziativa che consente di ottenere certificazioni anagrafiche presso le edicole. Anche questo servizio ne- cessita però di strutture adeguate. Finora nessuna edicola del nostro rione ha aderito, ma qualcuno ci sta pensando. In altre città si sta sperimentando l’esperienza delle edicole come ‘portiere di quar- tiere’, con servizi che vanno dalla ricerca dell’artigiano (elettricista o idraulico) o della colf di fiducia, all’aiuto a fare la spesa, all’assi- stenza per anziani o studenti. Via Merulana. Massimo apre ogni mattina la sua rivendita di giornali in via Merulana dal 1978. «Per continuare – ci dice – biso- gna metterci passione e impegno. A volte i giovani si avventurano, ma è un’attività che non va presa alla leggera. Chi ha le mura di pro- prietà riesce ad andare avanti, ma chi ha un affitto da pagare deve per forza trovare altre entrate». Una parte degli incassi viene dai giocattoli, che spesso i nonni ac- quistano per i nipotini. «I genitori – spiega – devono educare i loro figli alla parsimonia. I nonni no». Via di Porta Maggiore. «A mio parere buona parte della crisi è stata generata dagli smartpho- ne – ci dice Antonio Palumbieri di via Porta Maggiore – Le perso- ne passano sui social network il tempo che una volta era dedicato alla lettura del quotidiano. Sono in molti che si informano solo sui social. Con il tempo la situazione non potrà che peggiorare. Oggi la persona più giovane che compra il quotidiano ha 52 anni». Anche i collezionabili sembra che non va- dano più come un tempo. I bam- bini non mostrano più la curiosità di una volta. Le stesse figurine dei calciatori, una volta protagoniste, oggi sono molto in calo, e spesso l’acquisto è legato più alla passio- ne dei padri che dei figli. Via di Santa Croce in Gerusa- lemme. Il chiosco all’angolo tra via di Santa Croce e viale Manzoni è uno di quelli storici, la concessio- ne risale al 1900. È rimasto chiuso per 13 mesi ed ha da poco ria- perto, solo di mattina, anche per non dover riconsegnare la licenza. «Aprendo la partita Iva potremmo vendere qualsiasi cosa – ci raccon- ta Anna – ma preferiamo restare edicolanti. Mia madre Giuseppina ha trascorso in edicola tutta la sua vita, cominciò a sei anni e vi re- stò fino ai 94. Fu anche premia- ta come edicolante più anziana». Piazza Vittorio. Alessandra, dell’edicola di piazza Vittorio, al- tezza via Mamiani, è molto deter- minata. «È un lavoro che faccio con amore, anche se comporta molti sacrifici. A chiudere oggi non ci sto. Finché posso voglio andare avanti. Non mi voglio fermare». Una buona dose di responsabilità la attribuisce anche alle singole persone, che dovrebbero soste- nere maggiormente le attività. Altrimenti è inutile poi lamentarsi del fatto che di edicole non se ne trovano più! Riccardo Iacobucci Edicole. Luci della città Foto: www.lucaferrantefotografo.it
  • 7.
  • 8. 8 La memoriaLa memoria I frati della CoroncinaI Redentoristi di villa Caserta e le origini della loro curiosa denominazione romana Nel 1855 i Redentoristi appar- tenenti alla congregazione del Santissimo Redentore, detta dei Liguorini dal nome del fondatore sant’Alfonso dei Liguori, si inse- diano all’Esquilino, a poche cen- tinaia di metri dalla basilica di Santa Maria Maggiore, nella villa suburbana già del principe Miche- langelo Caetani, duca di Caserta e di Sermoneta. La casa generalizia all’Esquili- no. Dovendo trasferire nella città di Roma la loro casa generalizia – così come imposto da un decreto pontificio di Pio IX Mastai Ferretti dell’ottobre 1853 – i padri Liguo- rini hanno comprato nel giugno 1854 dal principe Caetani la villa Caserta, che il nobile patrizio ha da qualche tempo messo in ven- dita per appianare i debiti di fami- glia. I frati già conoscono questa parte del territorio che si sviluppa tra le alture esquiline e le pendici del Laterano e del Celio. Vi sono stati infatti per quindici anni, tra il 1783 ed il 1798, alloggiati nel convento di San Giuliano ai Trofei di Mario, allorché Pio VI Braschi aveva voluto una loro presenza a Roma assegnando loro il piccolo convento. Ville suburbane, chiese e con- venti. L’area esquilina è decisa- mente periferica, lontana dalla parte più popolosa della città la quale si trova localizzata soprat- tutto nell’ansa del Tevere, nella pianura del Campo Marzio e nell’a- rea del tridente barocco, lungo via del Corso e via del Babuino, verso Porta del Popolo e piazza di Spa- gna. Dopo lunghi secoli di abban- dono e declino, però, da diverso tempo la città ha riconquistato le aree di collina verso est, appog- giandosi alla via Paolina, alla via Gregoriana, alla strada Felice e arrestandosi infine alle pendici del Quirinale, del Viminale, dell’Esqui- lino. In questa parte del territorio orientale della città si estendono grandi ville suburbane apparte- nenti agli alti prelati della curia romana e all’aristocrazia papalina. Ne interrompe la continuità spa- ziale solo la presenza secolare di alcune delle più antiche chiese di Roma – Sant’Eusebio, Santa Bi- biana, San Marcellino e San Pie- tro – intorno alle quali nel corso dei secoli sono sorti conventi degli ordini monastici che, a loro volta, hanno costituito piccoli agglome- rati abitati, edificati in maniera discontinua, immersi nel ‘non co- struito’ degli orti, comunque spazi marginali semisommersi dalla ve- getazione circostante. I frati della Coroncina. Ristrut- turato alla funzione di casa gene- ralizia il casino nobile del princi- pe Caetani e riadattate le vecchie scuderie per farne la chiesa della congregazione intitolata a Sant’Al- fonso dei Liguori, i frati Liguorini danno avvio alla loro attività di predicazione tra la gente del luo- go che familiarmente comincia a conoscerli non come i Redentoristi o i frati Liguorini - come nelle pro- vince napoletane - ma come ‘i frati della Coroncina’. Per noi oggi tale denominazione appare del tutto misteriosa e per- tanto sorge spontanea la doman- da del perché di questo nome. Forse perché – vestiti con una sottana nera chiusa sul petto, una cintura a fusciacca dello stesso tessuto della sottana, un collare piuttosto ampio e un sovracollare in tela bianca – i padri Liquorini portavano alla cintura una coro- na del rosario terminante con una medaglia? Potrebbe essere… ma allora perché soltanto all’Esquilino furono denominati in tal modo? Via della Coroncina. La spiega- zione ci viene data dalla ricerca storica, che ci informa che, quan- do i padri si insediarono all’E- squilino, il primo tratto della via Merulana si chiamava ‘via della Coroncina’. Infatti l’elenco delle vie di Roma compilato da Antonio Nibby nel 1838 riporta una via del- la Coroncina che corrispondeva al tratto iniziale della via Merulana, laddove il sagrato di Santa Maria Maggiore s’apriva verso la basi- lica di San Giovanni in Laterano, “facendosi largo” all’interno di un piccolo nucleo edificato “annidato tra la basilica liberiana e le chiese di Santa Prassede, Sant’Antonio e San Vito”. La spiegazione di tale nome, poi, la fornisce nel 1847 Alessandro Rufini nel ‘Dizionario etimologico storico delle strade, piazze, borghi e vicoli della città di Roma’, rac- contando dell’esistenza di “una piccola corona posta per adorna- mento sopra una nicchia esistente nella parete del muro di una casa situata in essa strada al civico nu- mero 26 nel cui interno scorgesi l’immagine di Maria santissima forse cognita sotto il nome della Madonna della Coroncina”. Pia Colini Lombardi, in un artico- lo apparso sulla rivista Capitolium nel 1934, indagando a quasi un secolo presso i pochi abitanti di vecchia data superstiti sul luogo e presso i ‘romanari’ ha raccolto al- tre versioni del nome, consideran- dole però tutte poco convincenti, concludendo che la “più suasiva rimane quella del Rufini” anche “per il suo rimontare più addietro” nel tempo. Soltanto via Merulana. Il tratto iniziale della via Merulana, deno- minato via della Coroncina, ri- mase immutato ancora per lungo tempo, fino ai primi decenni del nuovo secolo XX, anche quando si procedeva a costruire i palazzi moderni del nuovo Esquilino lungo la via Merulana nel suo sviluppo verso la basilica di San Giovanni in Laterano. Infatti è stato soltanto negli anni del governatorato fa- scista che la via della Coroncina, finalmente allargata e adeguata alla sezione stradale della più am- pia via Merulana, perse ogni moti- vo di distinzione. A questo punto, la via della Coroncina scomparve dallo stradario perdendosene ben presto ogni ricordo. Carmelo G. Severino
  • 9. 9 Il Presidente della Repubblica in visita all’istituto comprensivo Daniele Manin Lo scorso 6 febbraio gli studenti della sede di via dell’Olmata dell’i- stituto comprensivo Daniele Manin hanno ricevuto una visita a sorpre- sa, quella di Sergio Mattarella. Il Presidente della Repubblica Italiana, accompagnato dalla figlia, è entrato in alcune classi per incontrare i bam- bini, salutarli e condividere una bre- ve riflessione sull’importanza dell’a- micizia e della pace tra i popoli. Nei giorni in cui in Italia cominciava- no a diffondersi i primi timori per la possibile diffusione del coronavirus, la visita del Capo Stato ad una scuo- la a forte presenza di bambini figli di immigrati, è stata letta da tutti come un messaggio di serenità di fronte a timori e pregiudizi non giustificati. Quando eravamo liberali e socialisti Arriverà nelle librerie il prossimo 13 marzo il nuovo libro di Gui- do Compagna, giornalista e scrittore residente del nostro rione. ‘Quando era- vamo liberali e socialisti’, edito da Rubbettino, è una crona- ca, anche fa- miliare, di una grande passio- ne: quella per la politica. È un percorso di formazione che si svolge nei luoghi tradiziona- li: la scuola, la sezione, il giornale di partito, e, soprattutto la famiglia, all’interno della quale le posizioni non sono contrapposte, ma talvolta divergenti e, come tali, provocano contrasti e conseguente amarezza. Un libro controcorrente dedicato alla bella politica, in tempi di perdurante e sconfortante anti-politica. La memoriaLa memoria La memoria cammina con noiAbitavano nel rione Esquilino. Diedero la vita per combattere l’occupazione nazifascista Camminando per le strade dell’Esquilino non è difficile scorgere targhe o piccole lapidi collo- cate per lo più nei pressi dei portoni condominiali. Sono targhe spesso scurite dal tempo e piene di polvere, a volte guarnite da una rinsecchita co- rona d’alloro. Se difficilmente vengono notate, quasi mai vengono lette dal passante frettoloso. Eppure, i loro testi fanno subito venire in mente tempi bui ormai lontani e ci indicano che in quei luoghi vi furono persone che, come tutti noi, abi- tarono nel rione e che ebbero la sfortuna di vive- re in un periodo tragico e tormentato, il periodo dell’occupazione nazifascista di Roma. Antonio Gallarello. La prima targa che incon- triamo nel nostro giro virtuale è quella posta in via di Santa Croce in Gerusalemme, al civico 28/C. Ricorda Antonio Gallarello che, all’interno della sua piccola falegnameria, svolgeva un’im- portante attività antifascista, nascondendo anche armi, insieme al figlio Vincenzo e a un idraulico, lo ‘stagnaro’ Bruno Annarumi. Il 3 Febbraio 1944 il deposito d’armi di via di Santa Croce fu scoperto con all’interno Antonio - che fu svelto a far fuggire il figlio - e Bruno. Finirono entrambi la loro vita alle Fosse Ardeatine. Carlo Foschi. In via Merulana 104 c’è la targa che ricorda Carlo Foschi, parzialmente leggibile a causa di una corona che la ricopre. Da sempre oppositore del regime, la sera precedente il suo arresto, quasi presentendolo, salutò e consolò i suoi familiari, raccomandando di avere un parti- colare riguardo per le sue bambine. Fu arrestato il 21 marzo 1944 e subito portato nella famigerata Pensione Oltremare – in via Principe Amedeo – dove gli aguzzini del criminale Pietro Kock tortu- ravano i malcapitati per estorcere informazioni. Anche il Foschi terminò i suoi giorni alle Ardeatine. Eusebio Troiani. Eusebio Troiani è ricordato in via Foscolo 24. Non si era mai iscritto al Partito Fascista e per questo ebbe sempre difficoltà nel trovare lavoro. Entrato in clandestinità operò in- stancabilmente per organizzare sabotaggi contro il servizio telefonico nazifascista. Fu arrestato il 21 marzo 1944 dalle SS, lottando con tutte le for- ze per nascondere un taccuino – che non si ritrovò mai – in cui erano segnati i numeri telefonici dei suoi compagni. Condotto alla Pensione Oltrema- re resistette alle più atroci torture, ma non fece nessun nome. Il riconoscimento del suo corpo alle Fosse Ardeatine non fu facile. Alberto Pennacchi. Il tipografo Alberto Pennac- chi, ricordato nella targa di piazza Vittorio Ema- nuele II, al civico 138, compì azioni partigiane all’Esquilino. Il 10 e l’11 settembre 1943 aveva combattuto contro i tedeschi a Porta Maggiore, negli ultimi scontri della disperata difesa di Roma dall’occupazione. Venne preso dalle SS il 7 aprile 1944 a Ponte Garibaldi, nel corso di un trasporto di armi. Portato in via Tasso, per due lunghi mesi fu atrocemente torturato. Venne trucidato dai sol- dati tedeschi, ormai in fuga, il 4 giugno del 1944, nel corso della vigliacca strage de La Storta. Nicola Ugo Stame. Anche se di pochi metri al di fuori dei confini del rione, mi piace ricordare la lapide posta nel muro perimetrale del Teatro dell’Opera in via Torino, di fronte al civico 136. Ri- corda il tenore Nicola Ugo Stame, considerato un ‘pericoloso sovversivo’, già nel 1939 fu arrestato una prima volta mentre provava la Turandot. Alla caduta del fascismo entrò subito nella Resistenza, ma il 24 gennaio 1944, identificato in una latteria, fu catturato in piazza Mignanelli. Condotto in via Tasso e torturato, venne portato poi a Regina Coe- li. Sulla sua salma, alle Fosse Ardeatine, furono ritrovati: un piccolo diapason, un crocefisso, una madonnina e un bocchino per sigarette, custodi- ti oggi nel Museo della Liberazione di via Tasso. Martiri della Libertà. Questo ricordo, lungi dall’essere esaustivo, vuole essere solo uno sti- molo per osservare queste lapidi con più atten- zione e magari per scoprirne altre. È solo un pic- colo esempio delle testimonianze che si possono ancora ritrovare all’Esquilino su quel disgraziato periodo storico. Testimonianze di persone a cui dobbiamo molto, perché in quei drammatici anni seppero fare la non facile scelta di combattere contro la tirannia. Pagarono questa scelta con la vita, ma ebbero l’immenso merito di preparare il terreno alla nuova società democratica italiana. Paolo Del Papa
  • 10. 10 Ditelo al cieloDitelo al cielo Molto interesse ha suscitato tra gli abitanti di via Giolitti la conversazione con l’archi- tetto Marina Magnani Cianetti da voi intervi- stata a proposito dei lavori di consolidamento e restauro del cosiddetto Tempio di Minerva Medica, riportata sull’ultimo numero del Cielo. Il legame profondo che gli Abitanti di Via Giolitti nutrono per questo Monumento, ma- estoso, di grande rilevanza artistica e storica, ci ha visti impegnati da molti anni con varie iniziative per la sua salvaguardia e valorizza- zione, e saperlo finalmente messo in sicurez- za, con i lavori di restauro e consolidamento oramai completati, ci riempie di gioia e di speranza. Abbiamo sollecitato la Soprintendenza per l’apertura alla cittadinanza del Monumento, a maggior ragione dopo il successo di pubblico che ha affollato le prime rare aperture stra- ordinarie effettuate finora. Chi o che cosa impedisce che questa splen- dida Aula Monumentale venga restituita alla cittadinanza? Via Giolitti è attraversata da un treno a scar- tamento ridotto, il famoso trenino Laziali- Centocelle, i cui binari scorrono a soli 70 cm da Minerva Medica. I dati emersi dallo Studio dell’ENEA relativi alle vibrazioni a cui è sottoposto il c.d. Tempio di Minerva Medica certificano dei valori asso- lutamente fuori dalla norma, circa 20 volte superiori ai limiti massimi che la letteratura scientifica ha codificato da diversi decenni. Finalmente anche il Ministero delle Infra- strutture e dei Trasporti ha riconosciuto che i treni non devono transitare in città, e ha posto come condizione per concedere i finan- ziamenti richiesti dal Comune per l’ammo- dernamento e il prolungamento della linea lo scartamento ordinario. Ci chiediamo: nel frattempo cosa intende fare la Soprintendenza per mettere in sicu- rezza il c.d. Tempio di Minerva Medica dalle continue vibrazioni che lo martellano quoti- dianamente? In questo ultimo periodo il trenino sta goden- do di un afflato nostalgico, una trasposizione metafisica. Qualcuno lo vorrebbe elevare a simbolo dell’Esquilino. Effettivamente la ‘questione trenino’ è l’em- blema del malgoverno che spesso viene agi- to spostando sempre la soluzione, chi ha la responsabilità la scarica su qualcun altro, chi deve decidere rinvia, se poi si riesce a scate- nare un conflitto tra utenti… Noi dell’Associazione Abitanti Via Giolitti, vo- gliamo un trasporto pubblico che migliori la qualità della vita, che salvaguardi l’ambiente, che non metta a repentaglio la stabilità dei monumenti e anche delle abitazioni. Maria Prassede Capozio Presidente Associazione Abitanti Via Giolitti - Esquilino Minerva Medica esce dall’oblio Ogni anno a gennaio i licei classici romani aprono le porte anche la sera. Un’occasio- ne diversa per vivere e conoscere la propria scuola sotto altri aspetti e per mostrarla all’e- sterno. La notte dei licei è un evento sì ricre- ativo, ma anche molto formale da un punto di vista organizzativo ed educativo, dal momento che può offrire grandi spunti di riflessione. Così è stato per il liceo Albertelli, grazie ai quadri viventi che hanno messo in scena rappresentazioni realistiche riguardo ciò che accadrebbe facendo uso della violenza sulle donne, con i quali si è potuto comprendere quanto sia riprovevole compiere determinate azioni. Penso dunque che sia quasi necessario osservare queste esposizioni, poiché mediante la riflessione su queste tematiche delicate e profonde, miglioreremmo noi stessi in quanto Persone. Si è ritornati nella Grecia tragica con il dram- ma di Medea, riportato in scena dai ragazzi. Musica dal vivo, condivisione di esperimenti e progetti, dai laboratori ai cartelloni, alla di- stribuzione di OndanomalA. Una notte ricca di eventi che ha fatto sentire tutti i protagonisti attivi della vita scolastica. Alessandro Rubino Redattore di OndanomalA Liceo Classico Pilo Albertelli Avete qualche argomento, tema o problema che desiderate mettere in evidenza? DITELO AL CIELO! Scrivete a: redazione@cielosopraesquilino.it La Notte dei licei Chi ricorda il panificio di via Napoleone III? Buongiorno, qualcuno ricorda per caso il nome di un antico panificio che si trovava all’inizio di via Napoleone III circa quaranta anni fa? È un ricordo d’infanzia che non riesco più ad evocare. Era un locale con tre o quattro por- te, sulla sinistra della via, spalle a Piazza Vit- torio, con grandi banconi in legno. Grazie, Marco Carlo Candeloro Perché è scomparsa la fermata del 3? Sono una lettrice che vive nella Cooperati- va Santa Croce. Volevo segnalare che da un paio di anni la fermata del tram 3 di Piazza Santa Croce in Gerusalemme direzione San Giovanni è stata cancellata. Le persone an- ziane sono costrette quindi a spostarsi fino alla fermata successiva, in viale Carlo Felice. Oltre al disagio, rimane sempre aperto un dubbio. Perché? Lettera firmata Gentile lettrice, abbiamo provato a rivolgere informalmente la sua domanda ad alcuni operatori dell’A- genzia della Mobilità di Roma Capitale. Sembra che, tra i fattori che hanno porta- to alla soppressione della fermata, vi siano motivi di sicurezza legati alla presenza di un albero sulla banchina. I nuovi tram articolati, più lunghi rispetto a quelli in uso fino a qual- che tempo fa, aprirebbero una delle porte po- steriori proprio in corrispondenza dell’albero, e questo, com’è facile immaginare, crea una situazione di potenziale rischio per i passeg- geri in discesa. La redazione
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  • 12. Ditelo al cieloDitelo al cielo12 Il progetto del SIMU sulla base del quale sono in corso i lavo- ri in giardino, soltanto in minima parte ha tenuto conto del lungo processo di partecipazione che lo ha preceduto e dei tanti momenti pubblici di informazione, scambio di opinioni e dibattito. Durante quel percorso sono state consegnate ai progettisti una serie di indicazioni e richieste formulate a partire dalla profonda conoscen- za del giardino da parte degli abi- tanti, tra i quali tecnici e studio- si di varie discipline afferenti agli spazi pubblici urbani. Indicazioni, richieste, proposte per tutelare e accrescere la sostenibilità am- bientale e il patrimonio vegetale esistente, tenendo conto della fre- quentazione intensa degli spazi da parte di persone di tutte le età e culture e con esigenze e modali- tà d’uso molteplici. Questo luogo complesso aveva bisogno di ade- guate scelte progettuali sia nella fase di cantiere, che nella succes- siva organizzazione e gestione dei luoghi, dei servizi e della vivibilità quotidiana. Assistiamo invece a una riqualifi- cazione che procede lenta, opaca, in aperto contrasto con i risulta- ti del percorso partecipato e di quanto presentato pubblicamente dal SIMU e che desta preoccupa- zione e profondo sconcerto. Un esempio: Nel giardino preesistevano 700 metri lineari di siepi di alloro (uti- le contrasto alle polveri sottili e al rumore) che nel corso dei lavori sono state estirpate, in difformità con quanto previsto nel progetto presentato in pubblico e in contro- tendenza rispetto alla crescente sensibilità per i temi ambientali. E’ scientificamente dimostrata l’ele- vata capacità delle siepi di assor- bimento delle polveri sottili e del rumore: indispensabili alla miti- gazione dell’inquinamento urbano in un giardino-piazza circondata da traffico sostenuto com’è piazza Vittorio. Nell’incontro in Assessorato LL.PP. nell’aprile 2019, alle nostre prote- ste per la totale mancanza di infor- mazione e trasparenza sul cantiere appena aperto, l’Amministrazione rispondeva che si sarebbe provve- duto al più presto. L’offerta della ditta vincitrice prevedeva un pro- gramma di comunicazione che era stato uno dei criteri per l’assegna- zione dell’appalto. Al contrario, dopo oltre 10 mesi, non esiste comunicazione pubblica sull’an- damento dei lavori del cantiere e si procedere in maniera mol- to difforme dalle buone pratiche previste per un cantiere di riqua- lificazione di un giardino storico. Alcuni esempi di buone pratiche previste dal Piano e disattese in cantiere: - la protezione delle alberature interessate dai lavori, com’è pratica comune in tutti i paesi EU e come prevista dal Regola- mento del verde e del paesag- gio di Roma approvato in Giun- ta; invece i materiali di cantiere sono stati costantemente ac- catastati a ridosso di alberi e cespugli; la zona di protezione radicale di molti alberi è stata scavata in palese violazione del vigente Regolamento Scavi; gli impianti idraulici sono stati po- sizionati troppo a ridosso delle alberature compromettendo il loro funzionamento futuro; - un giardino sostenibile, con pra- ti e specie vegetali a ridotto fabbisogno idrico per evitare la realizzazione di costosi impianti d’irrigazione che, come acca- duto in altri giardini pubblici, vengono poi abbandonati; l’esi- stenza dei serbatoi d’acqua in- terrati che alimentavano le fon- tane del progetto di rifacimento del giardino del 1996 ci aveva già suggerito l’opportunità di una loro utilizzazione per la raccolta dell’acqua piovana uti- le per l’irrigazione di soccorso o per lavare gli arredi, i sentieri ecc.. Su questo non c’è stata al- cuna informazione certa. Il Piano di Gestione del Giardi- no di Piazza Vittorio, adottato da Roma Capitale con due memorie di Giunta, in data 31.08.2017 e 21.04.2018, aveva indicato so- luzioni e proposte puntuali sulle questioni che seguono e che sono indispensabili per la vita futura del giardino. Sulla base di quanto esposto, CHIEDIAMO: - quale sia il nuovo modello ge- stionale complessivo per la fu- tura vita e la manutenzione or- dinaria del giardino; si procede- rà, come indicato nel Piano di Gestione, alla progettazione di una gestione ambientale (bagni e pulizia) considerando anche gli aspetti sociali, individuando le regole per il mantenimento della qualità ambientale e la sicurezza (attività e informa- zione); ci sarà un piano degli interventi di manutenzione dei giochi e degli arredi, chi ne farà la manutenzione? Chi farà la pulizia quotidiana e chi la ma- nutenzione del verde? - quali sono le caratteristiche del bando per l’affidamento in ge- stione dei bagni e del punto ri- storo, quali i tempi previsti per l’avvio del servizio. E’ indispen- sabile che siano già assegnati all'apertura al pubblico delgiar- dino; - quale progetto è stato definito per accompagnare la frequen- tazione inclusiva, garantire la leggibilità e la diffusione delle informazioni sulle regole per la fruizione del giardino e dei ser- vizi igienici (cartellonistica, ba- cheche e pannelli in italiano e altrelingue); - qual è la data certa per la fine dei lavori? Il giardino è chiuso dall'11 di marzo 2019 e nel car- tellone esposto la durata dei la- vori è di 158 giorni. Vorremmo evitare che gli ingenti investimenti realizzati (1.737.803 euro come indicato nel cartellone dei lavori), abbiano un impatto impercettibile sulla vivibilità della piazza e che una settimana dopo l’inaugurazione, il degrado e l’ab- bandono tornino a connotare il giardino. In attesa di puntuale e sollecito riscontro. Comitato Piazza Vittorio Partecipata – CPVP (Roma, 25 febbraio 2020) Lettera alla Sindaca Virginia Raggi in merito ai lavori nel giardino di piazza Vittorio
  • 13. Il virus più pericoloso è l’ignoranza. Quella si piglia e basta. Te la trovi fin da piccolo, la erediti, te la vivi e ti resta fluida nel sangue. Che poi spesso l’ignoranza è silenziosa, un so- pracciglio che si tende verso l’alto, una smorfia lieve. Si annida persino nei capillari di appa- renti benpensanti. Ma questa è un’altra storia. L’originalità è in via Buonarroti. Esprimo la mia posizione in silenzio su ‘l’allerta virus’ e ricordo la mia cena cinese in via Buonarroti di poche settimane fa, prima che l’emergenza arrivasse in Italia. C’è un ristorante che reputo sopra la media e che quando questo periodo grigio sarà finito, sarà tra i tanti che dovranno essere sostenuti. È una cucina che attinge alla tradizione di una Cina che non conosciamo, mi ha colpito molto per la peculiarità dei piatti proposti. È semi vuoto. Perché la comunità cinese è la prima ad aver risentito dell’ondata di paura. Tutta. Anche se molti di loro non hanno voce per difendersi. Lo stile del locale è ricercato, colorato ed elegante. Il menù è meraviglioso, finalmente diverso dai soliti ristoranti cinesi sempre uguali tra loro. L’evoluzione del valo- re culinario in Italia ha trainato una manciata di ristoratori asiatici lungimiranti, desiderosi di dipingere finalmente l’inestimabile cultura ali- mentare del territorio cinese con nuovi decisivi tratti. Trippa di pollo e bambù, manzo lardellato pic- cante, zuppe squisite, pancetta croccante e anatra. Non vedo ravioli al vapore classici o involtini primavera, e questo mi stuzzica. Il gusto mi incuriosisce. La verità è che la cucina cinese cui siamo abi- tuati si è standardizzata sui nostri gusti. Le nostre aspettative possono essere più o meno soddisfatte dal sapore ma quasi mai dall’inno- vazione. La contaminazione culinaria, quella pensata e ricercata, è nella complessità di pro- duzione e nel rischio di deludere i punti deboli. Chi riesce ad esprimerla abbattendoli entram- bi, vince. Quando lavoravo in Cina, la mia colazione abi- tuale era una zuppa di gamberi freschi con spaghetti di riso sottili preparata da un’anzia- na signora sdentata. Mi aveva preso in simpa- tia. Ecco, entrare in questo ristorante mi ha riportato a quelle fredde mattine d’inverno a Shanghai, dove vinceva la curiosità per l’igno- to di una colazione cinese contro la diffidenza verso abitudini culinarie decisamente diverse. A scatola chiusa. Il mio desiderio in questa puntata di ‘Esquisito’ è di presentarvi un risto- rante da provare a scatola chiusa, senza anti- cipazioni, provando a immaginarvi immersi in una trattoria di Pechino o di Shanghai, a cena vicino ad avventori cinesi come me questa sera. Sconosciuti commensali che potrebbero temere siate voi ad aver viaggiato e contratto il virus Corona. Qualche tavolo più avanti rispetto a dove sono seduto c’è un amico cinese. Ci incrociamo poco dopo la cena, mi stringe la mano e io lo abbraccio dandogli due pacche sulle spalle. Mi chiedo se avremmo immaginato che poche settimane dopo sarebbe stato necessario solo un “ciao” a distanza. Ridiamo insieme. Eppure sono certo di aver percepito nel suo romano impeccabile un sottile disagio, un pensare che qualcuno potesse temere la sua nazionalità, temere di poter entrare in contatto con il virus. Ma questo oggi farebbe sorridere visto come sono andate le cose. Sì, perché la paura è uguale in tutti noi, ed è solo la cultura che ne determina le conse- guenze. Andrea Fassi 13EsquisitoEsquisito AcenainunangolodiRepubblicapopolarecinesePrima dell’allerta virus, il ricordo di una serata: i piatti della tradizione, il saluto ad un vecchio amico Numero 30 anno VI Marzo/Aprile 2020 Bimestrale gratuito a cura dell’associazione “Il Cielo sopra Esquilino” Registrato presso il Tribunale di Roma N° 62/2015 28-04-2015 da Associazione “Il Cielo sopra Esquilino” Codice fiscale 97141220588 Direttrice Responsabile Paola Mauti Redazione Chiara Armezzani, Carlo Di Carlo, Francesco Ciamei, Andrea Fassi, Luca Ferrante, M. Elisabetta Gramolini, Riccardo Iacobucci, Salvatore Mortelliti, Silvio Nobili, Patrizia Pellegrini, Maria Grazia Sentinelli, Carmelo G. Severino Hanno collaborato a questo numero Paolo Del Papa, Antonio Finelli Per informazioni, lettere, sostegno, proposte e collaborazioni redazione@cielosopraesquilino.it Potete trovare Il cielo sopra Esquilino anche online: www.cielosopraesquilino.it www.facebook.com/IlcielosopraEsquilino Chiuso in redazione il 06/03/2020 Edizione solo digitale causa emergenza coronavirus La redazione e la distribuzione del giornale sono cu- rate da volontari. La stampa è finanziata esclusiva- mente grazie al contributo di alcuni commercianti di zona e non riceve nessun finanziamento né pubblico né per l’editoria. Stampato presso Tipografia Rocografica S.r.l. Piazza Dante 6, 00185 Roma Stampa, inchiostro e carta a basso impatto ambientale, certificati FSC®, di pura cellulosa eco- logica E.C.F. Illustrazione di Chiara Armezzani
  • 14. Noi della V-B stiamo partecipan- do ad un progetto per appro- fondire gli aspetti del nostro bellis- simo Rione. Noi, per esempio, ci occupiamo della storia romana presente nell’Esquili- no. Andremo a visitare i monumenti an- tichi come gli acquedotti, le mura serviane, i Trofei di Mario. Consul- teremo le fonti storiche nella no- stra biblioteca, in quelle comunali, nei luoghi che aderiscono a Esquilino Rione dei Libri. Noi abbiamo la fortuna di avere una mamma archeologa, perciò ci po- trebbe guidare o consigliare i per- corsi da seguire. Grazie, poi, agli articoli passati ne Il Cielo sopra Esquilino potremmo documentarci meglio. Tutti i numeri sono stati inseriti in un computer in sala informatica; cercheremo negli indici tematici quello che ci interessa. Questo articolo sarà, da parte no- stra, come un dono per il quinto compleanno del Cielo; siamo felici di poter ringraziare in questo modo tutta la redazione ed i collaboratori del giornale. Classe V-B “Il mondo a Scuola” a cura dell’Istituto Comprensivo “Daniele Manin” - www. danielemanin.gov.it 14 Un compleanno particolare Ciaoatutti, siamoalcunialunni dellaIV-Ddi due anni fa: Astrid, Elena, Emilia, Adria- no, Daniele, Giulio, Leonardo, Lorenzo; la clas- se che scrisse 10 articoli sui 21 pubblicati. Abbiamo saputo che il giornale compie 5 anni e quindi abbiamo pensato di andare in giro per tutti gli esercizi che espongono ‘Il Cielo sopra Esquilino’ e fare loro delle domande. Ci siamo divisi in gruppi e abbiamo scelto dove andare: la maggior parte su via Me- rulana, o vie traverse. Quasi tutti ci hanno accolto a braccia aperte e ci hanno offerto dolciumi e bevande; qualcuno, invece, ci è sembrato infastidito dalla nostra presenza. Abbiamo chiesto se fossero felici di espor- re il giornale e tutti hanno risposto di sì; se venisse apprezzato dai clienti e qualcuno si è rammaricato per il fatto che pochi ragazzi lo leggessero; se fosse una cosa bella avere un giornale rionale ed hanno risposto che è utile e trasmette un senso di comunità. I suggerimenti per migliorare sono stati: au- mentare la visibilità, cambiare le dimensioni per renderlo più maneggevole, aggiungere più notizie, soprattutto di iniziative e spet- tacoli che coinvolgono la collettività. Durante le nostre interviste c’è stato anche un ‘incidente diplomatico’: tre di noi, non tro- vando il proprietario, hanno lasciato il foglio alla cassa. Si erano però montati la testa e si sono firmati “Inviati speciali de Il Cielo”: questa cosa ha creato scompiglio, ma spe- riamo si sia risolto tutto in una gran risata. È stata un’esperienza bella e divertente, ar- rivederci e grazie per averci letto. Ex alunni Scuola Primaria Il giornalismo nella scuola I genitori rispondono Noi bambini della II-A abbiamo preparato un que- stionario per i genitori perché il “Cielo sopra Esquilino” compirà a marzo cinque anni. Purtroppo, nel tragitto da scuola a casa qualche foglio si è perso e chissà dove è andato a finire, tuttavia abbiamo inserito le risposte dei genitori in una tabella. Dalla lettura dei dati della nostra indagine possiamo dire che: • Per la maggior parte dei genitori è importante un giornale rionale perché ci informa sulle attività che ci sono sul territorio e per il senso di appartenenza. • Poco meno della metà degli intervistati conosce e legge il giornale. • Il giornale viene reperito nei negozi e a scuola. • I genitori vorrebbero che si parlasse di più di Associazioni di rione e di Sport. • Un genitore ha ringraziato per il servizio offerto al rione. Da questa indagine abbiamo scoperto che alcuni geni- tori non conoscevano questo giornale. Noi lo riteniamo utile perché attraverso di esso possiamo informarci su quello che accade intorno a noi e soprattutto parteci- pare con i nostri articoli in cui possiamo esprimere le nostre proposte, che sono importanti per poter vivere una buona vita piacevole e serena. Se il nostro quartiere sta bene anche noi stiamo bene! Classe II-A Noi della IV-D, come altre classi dell’Isti- tuto, scriviamo su questo giornale. Abbiamo perciò pensato di chiedere agli altri bambini se piaceva loro collaborare a questo lavoro. La maggior parte è felice di farlo, ma a Giu- lio piace poco l’idea che tutti conoscano le nostre emozioni; invece Enea la pensa diver- samente: “pubblicizzare le nostre cose, ha detto, ci rende un po’ importanti”. Giovanni F. dice che pubblicare è importante perché chi lo legge può conoscere quello che succe- de, bello o brutto, nella nostra scuola e nel nostro Rione. C’è chi è rimasto sorpreso di vedere pubbli- cato l’articolo della propria classe, chi de- luso perché non si parlava di lui, chi invece orgoglioso di sentirsi ‘famoso’. Per noi la cosa più importante è che tutti ci hanno detto che hanno lavorato insieme e che sono stati molto felici di farlo. Classe IV-D Alla scoperta di reperti romani nel nostro rione