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La gestione delle Risorse Umane
Articolazione del corso
Fabiano Corsini
Terzo modulo
Il gruppo / il team
Il team Pro e cons del lavoro di gruppo
Il team va organizzato
Deve avere regole, obiettivi, deve
percepire il tempo, deve
condividere una vision
Task force
community
Gruppi episodici
Il Brainstorming
Il Focus Group
Altre tecniche Community Management
L’organizzazione
come team
Organizzazione tradizionale
(modello weberiano-
razionale)
Organizzazione a matrice,
per processi;
Le competenze
La gestione delle
competenze
Il miglioramento
organizzativo
Valorizzazione delle
competenze, benessere
organizzativo
Valutazione Valutazione delle posizioni
Valutazione delle
prestazioni e delle
performances
Parole chiave
Brainstorming; focus group; community management; matrice; organizzazione per
processi; progettare; progetto; task; competenze (i saperi e l’organizzazione) competenze
organizzative; saper fare; saper essere; sapere; il bilancio personale delle competenze;
migliorarsi; migliorare; miglioramento continuo; Il team; Task force; community;
Brainstorming; Focus group; Organizzazione tradizionale (modello weberiano-razionale);
Organizzazione a matrice; per processi; Le competenze; la gestione delle competenze:
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Valorizzazione delle competenze; benessere organizzativo; Valutazione delle posizioni;
Valutazione delle prestazioni e delle performances.
Tag Cloud della terza lezione
Una organizzazione che sappia valorizzare l’apporto individuale e dia spazio alla
intelligenza emotiva. E’ questo in fin dei conti il benessere organizzativo.
Il lavoro di gruppo è utile e indispensabile.
Prescindendo dai modelli organizzativi, ogni persona ha competenze, porta con sé un bagaglio di
risorse: implicite ed esplicite. Alcune di queste risorse (conoscenze, informazioni, saper fare) sono
immediatamente spendibili nel lavoro della organizzazione; altre possono diventare spendibili per
effetto della vicenda dell’organizzazione; altre diventano spendibili grazie alla iniziativa della
persona o del gruppo di cui fa parte. La dimensione collegiale è una ricchezza.
In tutte le organizzazioni, per definizione, si lavora in gruppo.
Alcuni modelli organizzativi perseguono l’obiettivo di ridurre il più possibile i problemi della
relazione all’interno dei gruppi, annullando tutti i passaggi che richiedono negoziazione: tutte le
volte cioè che si richiede il passaggio di informazioni o materiali da una persona all’altra.
Standardizzando le operazioni e disciplinandole analiticamente, si pensa di eliminare i problemi che
derivano dallo scambio, ovvero dall’incontro di due o più sistemi di valutazione diversi.
Nelle moderne organizzazioni, tuttavia, questa “illusione” è scarsamente percorribile. Sia perché i
nuovi modelli organizzativi si fondano su alti livelli di autonomia delle persone, sia perché si è fata
strada la convinzione che dalla dimensione collegiale possano nascere nuove forme di valore
(arricchimento della organizzazione e dei processi)
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Il lavoro di gruppo è il più delle volte imposto da esigenze oggettive dei processi produttivi; si
pensi alla necessità di far riferimento a competenze professionali diversificate.
Talvolta però il lavoro di gruppo, ancorchè in forma episodica, è specificamente ricercato e
organizzato per arricchire il processo decisionale.
Prima di procedere a illustrare le principali forme di lavoro di gruppo, come di consueto vorrei che
ci si soffermasse un attimo sulla dimensione critica del tema. Riflettiamo insieme sui pro e sui cons
del lavoro in team.
La maggior efficienza dei gruppi rispetto agli individui è dimostrata dal fatto che in media il
risultato di un gruppo supera quello dell’elemento più dotato che di esso faccia parte.
In un’impresa è quindi normale lavorare in gruppi, comitati o semplicemente riunirsi per discutere,
per cui la corretta gestione di questi momenti diventa un elemento importante del processo
decisionale
Il gruppo in senso stretto è definito dall’interazione, dalla discussione e dalla condivisione dei fini
da parte dei suoi membri Più in là del gruppo, nella scala del coinvolgimento individuale, troviamo
il team: in esso si nota non solo la semplice comunicazione, ma anche una certa partecipazione
emotiva all’obiettivo comune, un certo entusiasmo o comunque il piacere di lavorare insieme.
La scelta di ricorrere o meno ai gruppi per certi tipi di decisione dipende solo in parte dalle
preferenze dei singoli manager e prevalentemente dall’organizzazione e dalle consuetudini
dell’ambiente.
In particolare, le ragioni che spingono verso la scelta di utilizzare i gruppi all’interno del
processo decisionale sono:
• i gruppi di solito producono molte più alternative e molti più approcci ad un problema o ad
una decisione, rispetto a quanto non possano fare i singoli membri da soli;
• il gruppo dedica molto più tempo alla ricerca di quanto non facciano i singoli membri
separatamente e, grazie alla concentrazione di risorse e di abilità al suo interno, ha un
afflusso di conoscenze maggiore rispetto qualunque suo membro;
• Il gruppo offre un certo appoggio psicologico, utile a fronteggiare eventuali pressioni
dell’ambiente esterno;
• I gruppi esaltano l’impegno e riducono le resistenze alle nuove idee, riducendo
l’opposizione e suscitando una maggiore comprensione delle scelte che vanno fatte.
• Inoltre, data la migliore organizzazione che i gruppi riescono a dare alla propria attività
decisoria, le fasi attraverso le quali si raggiunge la decisione sono più chiare e le scelte più
ragionate. In questo modo, si innescano i fattori principali capaci di giovare alla qualità
della decisione, vale a dire:
o La suddivisione delle attività: è possibile quando più persone si dedicano allo stesso
compito, dividendo un compito complesso in parti più semplici da assegnare ai
singoli membri;
o L’effetto filtro: si verifica quando il gruppo ignora deliberatamente certe idee o
informazioni a sua disposizione, al fine di concentrare l’attenzione sugli aspetti più
importanti della decisione, favorendo la scelta migliore ed evitando di trascurare
aspetti meritevoli d’attenzione o di danneggiare il processo decisorio;
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o La compensazione: per cui è più conveniente affidarsi alla combinazione delle stime
di molte persone, piuttosto che di una singola, così da mitigare gli estremi e
attestarsi su un valor medio più verosimile;
o L’adesione: si verifica fra i membri del gruppo, in parte per la condivisione delle
idee e delle conoscenze dei suoi partecipanti. Si tratta di un fattore positivo solo se
non impedisce la ricerca di alternative e la loro libera discussione per la ricerca
ossessiva dell’unanimità e del consenso.
IL CONCETTO DI EFFICACIA DI GRUPPO
I manager dovrebbero avere ben chiaro che cosa si intende per efficacia di un gruppo, perché
questo ha grande influenza sul modo in cui il gruppo agirà e sui suoi risultati.
L’efficacia, del resto, non si limita ai risultati: essa riguarda in larga misura anche la creatività, la
soddisfazione e l’apertura mentale che i suoi membri riescono ad esprimere e a provare.
Le caratteristiche principali di un gruppo efficace possono essere riassunte nel modo seguente:
• _Alta produttività
• _ Buona soddisfazione dei membri
• _ Elevato numero di idee generate
• _ Grande numero di problemi risolti e buona qualità delle soluzioni
• _ Notevole intensità della partecipazione emotiva
• Gli accorgimenti per migliorare l’efficacia del gruppo si distinguono in:
• _ Tecniche d’impostazione: usate al momento in cui il gruppo viene formato e che riguardano la
pianificazione accurata delle dimensioni del gruppo (per cui conviene tenere il numero dei partecipanti
ad un livello ottimale, tra i 5 e i 7 membri), dei suoi partecipanti e dei loro ruoli, finalizzate al
raggiungimento della massima produttività in tempi relativamente brevi. Infatti, più il gruppo è piccolo,
maggiore diventa la coesione che stimola i membri ad un maggiore impegno nel raggiungere un comune
accordo, favorendo la discussione e buone possibilità di comunicazione. Inoltre, è molto importante
chiarire lo scopo del gruppo ed il ruolo che in esso ciascuno ha, cercando di favorire un’atmosfera
distesa e un clima di fiducia reciproca.
• _ Regole d’organizzazione: che si applicano durante il funzionamento del gruppo e che si possono
ulteriormente suddividere in metodi di lavoro e forme di comportamento. Ad esempio, nel decision
making di gruppo occorre fare attenzione a come si gestisce l’ordine del giorno e alla disposizione fisica
dei partecipanti che può influire sul modo in cui il gruppo si esprime e sui suoi risultati
Soffermiamoci ora sui rischi del gruppo.
Prima di procedere inviterei a riflettere sui contenuti su cui ci siamo soffermati nella prima lezione:
sul pre-giudizio, sulle tecniche per liberare l’ascolto; sugli inganni della percezione; sulla necessità
di coltivare l’attitudine al pensiero creativo.
I sintomi ( i rischi) del pensiero di gruppo
Illusione di invulnerabilità
Illusione di moralità
Stereotipi negativi condivisi
Razionalizzazioni collettive
Autocensura
Illusione di unanimità
Pressione a conformarsi
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Guardiani del pensiero
(completiamo insieme la parte di destra)
I RISCHI DEL PROCESSO DECISIONALE DI GRUPPO
Diversi fattori possono migliorare o peggiorare il processo decisionale. Il processo decisionale nel
gruppo può essere influenzato da tre tipi di pregiudizi. Capita spesso che in una discussione in cui
si debba valutare una decisione da prendere, non vengano ascoltate le opinioni degli altri, ma si
resti ancorati ai propri pregiudizi iniziali, e questi distorcano la decisione finale del gruppo stesso.
Un secondo tipo di pregiudizio, che può influenzare il processo decisionale in un gruppo avviene
quando, trovata una minima soluzione accettabile, si forma un pregiudizio riguardo alla stessa.
Non si cercano, infatti, soluzioni alternative e si cercano ulteriori giustificazioni alla soluzione
trovata, e se la discussione dovesse continuare, si evidenzierebbero gli svantaggi dovuti alla
ricerca di una soluzione diversa. I membri del gruppo, che hanno elaborato per primi la soluzione,
sono anche quelli che esercitano più influenza nella discussione, e dalla loro posizione di forza
traggono autocompiacimento.
Un terzo tipo di pregiudizio è quel fenomeno chiamato conversione a rischio. Se tra le possibili
soluzioni, il gruppo ha scelto quella di rischio, anche il singolo ne rimane personalmente coinvolto.
Il grado di rischio dipende dalle problematiche che si affrontano, potendo propendere verso
soluzioni più prudenti. Gli effetti negativi all'interno di gruppi dall'alto grado di coesione interna
sono stati rilevati da Janis. Egli parlò, a tal proposito, di mentalità di gruppo come tendenza ad
uniformare all'opinione della maggioranza le opinioni dei singoli ed i processi decisionali
subiscono una vera e propria distorsione, in questo modo: 1) le soluzioni prospettate sono ridotte
senza possibilità di vagliare soluzioni alternative. 2) anche la modalità con cui si giunge ad una
soluzione non viene messa in discussione 3) non si chiede aiuto ad un esperto ed eventualmente lo
si sceglie in modo da confermare ciò che era stato già deciso.
In generale, quindi, la coesione interna forte può essere usata a reale vantaggio del gruppo e dei
suoi componenti, qualora si cerchi di prevenire l'insorgere di mentalità di gruppo, dando spazio
alle critiche e a nuove proposte, e cambiando, se necessario, la leadership.
Inoltre le decisioni vengono spesso prese per automatismi, cioè attraverso risposte apprese ad uno
stimolo che avvengono al di fuori del controllo della nostra coscienza. I principali vantaggi che
offrono gli automatismi sono: rapidità di esecuzione,economia,sicurezza e minor ansia. Invece i
punti critici sono:
• tendenza a ripetere errori,quando l’automatismo che utilizziamo non è il più adatto a quella
situazione
• limitazione delle strategie,quando si ritiene che una risposta sia l’unica possibile
• inibizione della creatività,quando ci si abitua ad affidarsi esclusivamente agli automatismi,senza
ragionare su di essi,riducendo così motivazione e creatività.
Inoltre esistono anche delle scorciatoie autoprotettive ed emotive che mirano a mantenere o
incrementare il proprio prestigio e a ridurre lo stress decisionale. Le principali regole sono:
• scegliere la posizione che maggiormente rinforza il proprio prestigio personale,facendola
apparire come la più vantaggiosa per il gruppo
• fare di tutto per uscire dalle situazioni che creano ansia,senza pensare alle conseguenze
• buttarsi sulla scelta che crea maggiore euforia,cercando di trasmetterla agli altri e
colpevolizzando chi non la condivide
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Abbiamo anche delle scorciatoie cognitive dettati da fattori che limitano l’entrata corretta delle
informazioni e in linea di massima consiste nel:
• formulare i requisiti minimi per risolvere il problema
• cercare di utilizzare una soluzione utilizzata in un caso analogo o utilizzare una procedura
standard che abbia attinenza con il problema
• verificare se la procedura risponda ai requisiti minimi
• reagire con risolutezza a tutte le informazioni negative di ritorno.
Secondo la regola del riassunto si può anche farsi raccontare da qualcuno come vanno le cose,
decidere quello che sembra più importante fare.
Infine abbiamo le scorciatoie affiliative che consistono nel desiderio di salvaguardare l’armonia
del gruppo che porta ad evitare discussioni, contrapposizioni e divisioni
allineandosi acriticamente a chi raccoglie il maggior consenso. Comporta una sistematica auto
censura sui dubbi relativi alla posizione del leader o della maggioranza.
Si ricerca ad ogni costo l’unanimità e le risorse cognitive sono impiegate per trovare ragioni a
sostegno dell’ipotesi dominante.
IL FALLIMENTO DEL GRUPPO
Un problema che può nascere quando un gruppo dura immodificato nel tempo e diventa troppo
coeso, compiacente e autoreferenziale è ciò che Irving Janis ha definito group think.
Rischia cioè di commettere errori nel prendere decisioni, dovuti al conformismo e al desiderio del
consenso a tutti costi. I sintomi di group think sono:
• prendere in considerazione poche alternative e ignorare o rinunciare troppo facilmente ad altre
che sarebbero in qualche modo "scomode";
• proteggersi da informazioni che potrebbero intaccare il senso di compiacenza che si crea nel
gruppo;
• percepire altri individui o gruppi in modo stereotipato;
• esercitare una forte pressione per ostacolare il dissenso, percepito come espressione di azione
sleale nei confronti del gruppo, in modo da creare l'illusione di unanimità;
• ignorare le conseguenze potenzialmente negative delle decisioni verso le quali si orientano;
• ignorare la necessità di creare piani di emergenza, da adottare nel caso di insuccesso.
Abbiamo inoltre parlato del problema del conformismo. Si tratta di un possibile
appiattimento dei comportamenti e delle scelte individuali alle pressioni o alla forza del gruppo;
via via che un sistema di comunicazione si stabilisce tra più persone, appaiono infatti anche certe
uniformità nei loro comportamenti, nelle loro opinioni, nei loro sentimenti e nello stesso
linguaggio.
Nei gruppi istituzionali questi modelli prendono la forma della consuetudine, una sorta di
influenza sociale a cui i nuovi venuti debbono sottomettersi, più o meno spontaneamente, per
inserirsi nel gruppo, e servono a mantenere la struttura verticale del gruppo.
Inoltre, sempre per effetto dell’influenza sociale, si determina nei gruppi quel fenomeno
denominato risk shift, cioè la tendenza a prendere decisioni collettive che comportano rischi minori
o maggiori di quelli che si assumerebbero individualmente.
Infine abbiamo la polarizzazione, cioè la tendenza da parte dei membri di un gruppo a rafforzare il
proprio punto di vista iniziale in seguito alla discussione di gruppo.
Gruppi episodici
Il brain storming
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Secondo wikipedia l brainstorming (letteralmente: tempesta cerebrale) è una tecnica di creatività
di gruppo per far emergere idee volte alla risoluzione di un problema. Sinteticamente consiste, dato
un problema, nel proporre ciascuno liberamente soluzioni di ogni tipo (anche strampalate o con
poco senso apparente) senza che nessuna di esse venga minimamente censurata. La critica ed
eventuale selezione interverrà solo in un secondo tempo, quando la seduta di brainstorming è finita.
Il risultato principale di una sessione di brainstorming, che apparentemente sembra un metodo
sciocco e quasi infantile, è invece in genere molto produttivo: può consistere in una nuova e
completa soluzione del problema, in una lista di idee per un approccio ad una soluzione successiva,
o in una lista di idee che si trasformeranno nella stesura di un programma di lavoro per trovare in
seguito una soluzione.
Il brainstorming prevede due distinte fasi:
- una prima fase, detta divergente, in cui viene stimolata la produzione di idee a ruota libera. Una volta messo a fuoco il
problema e fissato un tempo limite per l’incontro, ciascuno esprimerà, per risolvere il problema posto all’attenzione del
gruppo, la ’’prima idea che gli viene in mente’’, in rapida sequenza e per associazione di idee. Il moderatore inviterà i
membri del gruppo a non esprimere giudizi di valore o critiche e cercherà di favorire lo scorrere della discussione.
- una seconda fase, detta convergente, in cui le idee vengono selezionate e valutate al fine di individuare e condividere
quelle più interessanti. Sottoponendo le proposte emerse ad un processo sempre più affinato di rielaborazione, di
approfondimento, di revisione da parte del gruppo si ritiene di poterle ’’tradurre’’ in idee più realistiche e realizzabili.
Può risultare produttivo, in molti casi, affrontare tale fase di valutazione con un gruppo diverso di soggetti, magari più
specializzato ed esperto, per migliorare la qualità dei risultati.
La versione tradizionale del brainstorming prevede un gruppo di persone e, nella maggior parte dei casi, l’intervento di
un moderatore. Il metodo classico è, inoltre, orale, ma in determinate circostanze, caratterizzate da conflittualità, si può
fare brainstorming anche per iscritto.
Le quattro regole d’oro del Brainstorming
Per essere efficace il processo di brainstorming deve rispettatere quattro semplici ma fondamentali regole, che
corrispondono ai principi fissati da Osborn, il suo creatore:
1. La corsa è libera: è fondamentale la dimensione del ’’gioco’’ quale modalità ’’spensierata’’ di relazione che permette
di liberare la creatività dei singoli e del gruppo, normalmente impedita da una serie di inibizioni
2. Puntare alla quantità: è importante produrre il maggior numero di idee possibili, anche a discapito della qualità delle
stesse, in virtù del fatto che più alto è il numero delle idee prodotte, più alta sarà la probabilità che qualcuna di esse sia
una buona idea
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3. Cercare combinazioni e miglioramenti: occorre che i membri del gruppo si ascoltino reciprocamente e cerchino dei
punti di incontro attorno ai quali far ruotare le loro proposte, anche tramite associazioni di idee
4. La critica è esclusa: è essenziale che la fase di generazione delle idee sia separata dalla fase di giudizio del pensiero:
al gruppo viene chiesto di produrre nuove idee rispetto ad una questione, senza preoccuparsi del loro valore. Le idee
espresse da ciascun individuo non devono essere sottoposte immediatamente a critica o ad un giudizio di valore da parte
degli altri, questo avviene solo in una fase successiva di verifica.
Focus Group
Il focus group è una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale basata sulla discussione tra un
piccolo gruppo di persone, invitate da uno o più moderatori a parlare tra loro, in profondità,
dell'argomento oggetto di indagine.
La sua caratteristica principale consiste nella possibilità di ricreare una situazione simile al processo
ordinario di formazione delle opinioni, permettendo ai partecipanti di esprimersi attraverso una
forma consueta di comunicazione, la discussione tra "pari". I soggetti coinvolti definiscono la
propria posizione sul tema confrontandosi con altre persone, mentre il ricercatore può limitare la
sua influenza sulle loro risposte e distinguere le opinioni più o meno radicate.
Nonostante i suoi vantaggi peculiari, il focus group è ancora sottoutilizzato e poco conosciuto nella
ricerca scientifico-sociale, soprattutto in Italia.
Riflettiamo ora su queste due tecniche che abbiamo introdotto, ancora una volta per ispezionarne
punti di forza e punti di debolezza.
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Ora cambiamo argomento, cominciamo ad occuparci delle tecniche relative alla costruzione ed al
governo di gruppi stabili o relativamente stabili-
Team building,
Il Team building, letteralmente "costruzione del gruppo", è costituito da un insieme di attività
formative, team games, team experience, team benessere (ludiche, esperienziali o di benessere), il
cui scopo è la formazione di un gruppo di persone. Utilizzata con successo in America sui bambini,
è oggi sempre più spesso applicata a realtà aziendali con lo scopo di ottenere il massimo in termini
di performance dai propri dipendenti. Il team building può avere una valenza formativa, se
associato ad una analisi dettagliata dei bisogni, a fasi strutturate di debrief o semplicemente può
avere una valenza ludica, qualora l'obiettivo sia quello di fare divertire il gruppo e dare una
sensazione di appartenere ad un team. L'attività stimola le aziende a riflettere sull'importanza di
lavorare in contesti relazionali piacevoli.
Molte aziende sfruttano le potenzialità date da questa attività quando si trovano di fronte ad un
gruppo costituito da poco o quando il gruppo è in crisi o ancora quando è sotto stress o
semplicemente non performa come ci si attende. Il team building ha quindi preso in prestito e
rielaborato alcune attività ludiche, sportive, teatrali, musicali e così via, divenendo sempre più un
contenitore flessibile e articolato. Rimane la necessità di saper distinguere il team building
"formativo" e costruttivo da quello prevalentemente "ludico". Nel primo caso il fine è la
consapevolezza nei partecipanti dell'avvenuto cambiamento, nel secondo caso il fine è l'esperienza
in sé. A livello internazionale il termine team building indica specifiche metodologie nate e
sviluppate per lavorare sui gruppi. Il team building in Italia sta crescendo di popolarità ma ad oggi
il team building è frammentato in più modalità operative, come i team games, team experience, le
cui attività talvolta sono puramente ludiche, esperienziali come la caccia al tesoro, le corse in Go-
Kart, o di benessere, per creare il gruppo attraverso la soddisfazione e piacere dei singoli, il
contatto, la comunicazione, l'empatia.
Obiettivi del team building
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Classici esempi possono essere quello di far conoscere in modo più profondo persone che in ufficio
si conoscono solo in modo superficiale, aumentare la fiducia nei propri colleghi, migliorare il
livello di collaborazione, stimolare la creatività, favorire la comunicazione. Il fine ultimo deve
sempre essere quello di far sentire il gruppo una vera squadra. Poiché un intervento una tantum è
fine a se stesso; per poter avere dei ritorni positivi in termini di performance, sono necessari più
interventi annuali in successivi incontri.
I problemi di formazione di gruppi di lavoro, di costruzione di team, di gruppi o di Uffici, si
presentano nella quotidianità in una dimensione diversa. E’ sicuramente utile conoscere le tecniche
di team building, almeno sapere che esistono; ma nella esperienza più probabile i problemi che si
presentano a funzionari e responsabili di servizi coincidono molto spesso con la necessità di dotarsi
di una organizzazione a partire da nuclei di dotazione di personale già stabiliti. Si tratterà di
affrontare il piano di lavoro , definendone gli obiettivi, e, in rapporto a questi, le attività necessarie
per perseguirli. Sempre in questa logica, il responsabile dovrà cercare di individuare le competenze
professionali necessarie, e quindi capire chi, all’interno della dotazione di cui dispone, è in grado di
presidiarle e svilupparle.
Anche un compito di questo genere può essere assolto con modalità più o meno adeguate.
Applicando i moduli organizzativi tradizionali, quelli mutuati dalla organizzazione militare, o
comunque il modello razionale, alias gerarchico.
O modelli più evoluti: in particolare quelli ispirati alla matrice:
IL SISTEMA GERARCHICO
Una unità Ha una composizione
organizzativa funzionale
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Esempio semplificato di matrice
progetto 1 progetto2 progetto3
TIZIO 60 20 20
CAIO 30 30 40
SEMPRONIO 10 90
arturo 10 45 45
giovanna 90 5 5
camilla 30 70
Capiprogetto ++
+++ +
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Questo è l’orizzonte teorico entro il quale ci si muove per procedere alle nostre scelte organizzative.
Concretamente, il nostro lavoro sarà spesso organizzato per progetti, e le difficoltà più grosse
riguarderanno:
- scegliere le persone
• tenendo conto delle competenze
• della disponibilità
• delle caratteristiche personali e relazionali
- motivarle
- definire le modalità di comunicazione
- definire le modalità di gestione / negoziazione
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- assegnare obiettivi e scadenze
- stabilire modalità di auditing / controllo in itinere
- stabilire modalità di valutazione.
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