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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA CALABRIA

N.

1485

Reg.Sent.

Anno 2004
N. 914 Reg.Ric.
Anno 2003

composto dai signori
Aldo Finati
Giulio Castriota Scanderbeg

PRESIDENTE
COMPONENTE

Umberto Maiello

COMPONENTE relatore

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 914/2003 Reg. Gen., proposto da Milone Damiano, Arena Giuseppe, Biondi Carmine, Bruno
Domenico, Cavarretta Vincenzo, Marescalco Antonietta, Mungo Gaetano, Notaro Giuseppe, Parisi Leonardo,
Procopio Pietro Antonio, Scerbo Maria Teresa, Scerbo Pasquale Antonio, Stillitano Giovanni e Vittimberga
Maria Teresa, tutti rappresentati e difesi in giudizio dall’avv. Gian Michele Gentile e Anselmo Torchia ed
elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Catanzaro alla via F. Crispi 37;
CONTRO
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore ed il Ministero
dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e l’Ufficio Territoriale del Governo di Crotone, rappresentati
e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro presso la cui sede domiciliano ex lege;
E NEI CONFRONTI
del Comune di Isola Capo Rizzuto, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio
per l'annullamento
del decreto del Presidente della Repubblica del 9 maggio 2003 con cui è stato sciolto, per la durata di diciotto
mesi, il Consiglio Comunale di Isola Capo Rizzuto ed è stata nominata la Commissione straordinaria per l’esercizio
delle attribuzioni spettanti al Consiglio comunale, alla Giunta ed al Sindaco; nonché di tutti gli atti presupposti,
susseguenti e consequenziali con particolare riferimento alla relazione del Ministro dell’Interno del 30 aprile 2003,
alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2003 ed alla relazione della Commissione di accesso di cui
al provvedimento del Prefetto di Crotone;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’interno;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla camera di consiglio del 25 giugno 2004 il dr. Giulio Castriota Scanderbeg e uditi, altresì, i difensori
delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con l’avversato decreto il Presidente della Repubblica, vista la proposta del Ministro dell’Interno e la relativa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, ha decretato lo scioglimento del Consiglio comunale di Isola Capo Rizzuto
per diciotto mesi ai sensi dell’art 143 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n.267.
Avverso il detto provvedimento è proposto il presente ricorso a sostegno del quale si deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 143 del D. L.vo n. 267 del 2000, eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione e
presupposti nonché per travisamento dei fatti, falsità della causa e sviamento di potere.
Con memoria aggiuntiva depositata in data 11 marzo 2004 sono state ulteriormente sviluppate le ragioni a sostegno
del ricorso .
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri per sostenere la
infondatezza del proposto ricorso e concludendo per il suo rigetto.
Alla udienza pubblica del 25 giugno 2004 il ricorso è stato trattenuto per la decisione nel merito.
D I R I T T O
Con il proposto ricorso è chiesto l’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica del con cui è
stato sciolto, per la durata di diciotto mesi, il Consiglio comunale di Isola Capo Rizzuto ed è stata nominata la
Commissione straordinaria per l’esercizio delle attribuzioni spettanti al Consiglio comunale, alla Giunta ed al
Sindaco.
Con il mezzo principale come anche con la ulteriore memoria illustrativa i ricorrenti in buona sostanza lamentano
che la gravata determinazione di scioglimento, così pregiudizievole negli effetti per essi ricorrenti come per
l’intera collettività isolana , sia stata adottata in carenza dei presupposti cui la legge subordina il provvedimento di
scioglimento, concepito come extrema ratio

per riportare l’azione delle amministrazioni locali nell’alveo della

legittimità amministrativa, o comunque per prevenirne i rischi di una deriva extraistituzionale, allontanandola il più
possibile da ogni condizionamento ambientale delle consorterie criminose, ad evitare più in particolare che le
stesse possano anche indirettamente interferire sulla libera formazione della volontà amministrativa dell’Ente.
Ma il ricorso non appare fondato e va, pertanto, respinto.

Giova premettere che, come peraltro

ricordato, l’avversato scioglimento è stato adotatto sulla scorta delle

previsioni di cui all’art. 143 del D. L.vo n. 267 del 2000, corrispondente all' abrogato art 15-bis, L. 19 marzo 1990,
n. 55.
La norma, sulla cui pretesa illegittima applicazione alla fattispecie è incentrato il gravame nel suo insieme, così
testualmente dispone: “fuori dei casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando,

anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono elementi su collegamenti
diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli
amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle
amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che
risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del
consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della
provincia e di componente delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di
ordinamento e funzionamento degli organi predetti, nonché di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche
ricoperte”.
Ciò posto, va osservato che nel caso di specie l’avversato scioglimento risulta disposto, per quanto tra l’altro è dato
leggere nel decreto presidenziale impugnato, sulla base delle considerazioni secondo cui “nel Comune di Isola Capo
Rizzuto, i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 16 aprile 2000, sussistono
forme di ingerenza della criminalità organizzata rilevate dai competenti organi investigativi” e che “ tali ingerenze
espongono l’amministrazione stessa a pressanti condizionamenti, compromettendo la libera determinazione degli
organi ed il buon funzionamento della gestione del Comune di Isola di Capo Rizzuto”.
Più in particolare, nell’allegata relazione al Presidente della Repubblica del Ministro dell’Interno ( come nelle
relazioni prefettizie d’indagine) sono puntualmente rappresentate – come appresso più diffusamente si dirà- le
circostanze conducenti alle conclusioni raggiunte con il decreto di scioglimento, e sulle quali invero si incentrano
sostanzialmente le doglianze dedotte con il ricorso in esame.
Giova, preliminarmente, inquadrare correttamente nel sistema normativo, quale riveniente dalla interpretazione
giurisprudenziale, la fattispecie dello scioglimento di Consiglio comunale in ragione dei ravvisati collegamenti,
diretti o indiretti, con la criminalità organizzata, anche solo di alcuni componenti il civico consesso comunale.
Va detto anzitutto che lo scioglimento temporaneo di cui trattasi costituisce una misura di carattere straordinario
che non ha finalita' repressive nei confronti di singoli consiglieri o amministratori,

ma concerne piuttosto la

salvaguardia della p.a. di fronte alla pressione ed all'influenza della criminalità organizzata e, quindi, si giustificano
gli ampi margini d'apprezzamento non traducibili in addebiti
concreta realta'

personali, ma

tali da rendere plausibile, nella

contingente, e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi della possibile

soggezione degli

amministratori locali alla criminalita' stessa (cfr. Consiglio Stato sez. V, 2 ottobre 2000, n. 5225). Lo scioglimento
risponde, dunque, a finalità di prevenzione e non gia' sanzionatorie, presentando un contenuto precettivo adeguato
alla varietà del fenomeno mafioso, sicchè è attribuito all'amministrazione un largo margine di apprezzamento delle
condizioni per l'adozione del provvedimento; ne deriva, pertanto, che il sindacato del giudice di legittimità non può
estendersi al merito della scelta discrezionale operata dall'amministrazione, ma può concernere la verifica della
sussistenza delle circostanze di fatto riportate in motivazione e la valutazione, sotto il profilo della logicità, del
significato a queste attribuito e dell'iter seguito (cfr. T.A.R. Campania sez. I, Napoli, 16 giugno 2000, n. 2193). Del
resto, attesa l'ampia e generica dizione adoperata dalla disposizione richiamata in ordine al potere di scioglimento
del consiglio comunale quando emergano elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la
criminalità organizzata, oppure forme di condizionamento da parte di quest'ultima sulla libera determinazione dei
corpi elettivi e sul buon andamento della p.a., nonchè gravi pregiudizi per lo stato della sicurezza pubblica, è
evidente l'intento del legislatore di riferirsi anche a situazioni estranee all'area propria dell'intervento
penalistico, allo scopo di evitare sul nascere ogni permeabilità dell'ente locale all'influenza della criminalità mafiosa
(cfr. Consiglio Stato sez. V, 3 febbraio 2000, n. 585). Il decreto di scioglimento, allora, pur non configurandosi a
guisa di atto politico, non è neanche una sanzione

vera e propria. E non richiede, quindi, un'istruttoria

procedimentale tipizzata "ex lege" e apposite garanzie, implicando piuttosto il riconoscimento di

un'ampia

discrezionalità in ordine alla rilevazione ed alla valutazione dei presupposti, anch'essi non tipizzati, con riferimento
a specifici fatti antigiuridici, ma espressi invece in termini di comportamenti complessivi e di situazioni oggettive
tali da determinare il pericolo di gravi disfunzioni sia all'interno dell'ente locale, sia all'esterno, sul piano
dell'ordine e della sicurezza pubblica (cfr. Consiglio Stato sez. V, 3 febbraio 2000, n. 585 cit.). Peraltro, in
presenza di un fenomeno di diffusa criminalità, che si assume profondamente radicato in un

dato contesto

territoriale e che legittima l'esercizio del potere di scioglimento dei corpi rappresentativi degli enti locali
infiltrati da organizzazioni criminali, gli elementi di prova di collusioni e collegamenti tra amministratori locali e
dette organizzazioni vanno considerati non gia' in relazione a ciascun episodio, di per se' non significativo se
preso singolarmente, bensi' nel loro complesso, poiche' solo dal loro esame unitario e' possibile

cogliere

la

ragionevolezza o meno dell'addebito mosso agli organi dell'ente ritenuto infiltrato (cfr. Consiglio Stato sez. V, 22
marzo 1999, n. 319).
Sulla scorta dei richiamati principi di diritto può dunque affermarsi la infondatezza del proposto ricorso.
Lo scioglimento di cui è questione, infatti, si colloca pienamente nella sopra segnalata logica di tutela preventiva.
Nel caso di specie, la congiunta e convergente ricorrenza di una somma di episodi, al di là della loro stessa specifica
e singola rilevanza ( che peraltro non deve necessariamente attingere la soglia di allarme della rilevanza penale,
come precisato anche di recente dal Consiglio di Stato, Sez. V, 14 maggio 2003, n. 2590) rendono l’avversato
decreto immune dai vizi denunciati.
In particolare, non risulta censurabile il percorso logico che ha condotto le intimate Amministrazioni a trarre dagli
elementi richiamati negli atti preparatori dello stesso decreto di scioglimento ragioni sufficienti all’adozione del
provvedimento avversato.
Il quadro complessivo che si può ricavare dall’esame degli elementi addotti nelle richiamate relazioni d’indagine
prefettizie induce infatti a ritenere sussistente il concreto pericolo che l’amministrazione comunale di Isola Capo
Rizzuto possa aver subito condizionamenti pregiudizievoli nel suo agere da parte delle consorterie criminali della
zona, sì da giustificare anche con finalità preventive ed a protezione della stessa libera determinazione della
volontà degli amministratori l’avversato decreto di scioglimento.
Corroborata da precise indicazioni risulta anzitutto la circostanza oggettiva evidenziata nelle ridette relazioni
prefettizie inerente il legame parentale

tra alcuni componenti del disciolto consesso amministrativo ed elementi

di spicco della locale criminalità organizzata; in tal senso, non potrebbe non rilevarsi il carattere grave e allarmante
( anche in considerazione della diffusività del fenomeno) che riveste la circostanza inerente la pluralità dei
precedenti di polizia da cui risultano gravati ( anche con riguardo a reati associativi) i componenti del disciolto
consesso amministrativo ovvero i loro stretti congiunti o affini, circostanza questa ben evidenziata nella Relazione
( pagg. 10 e segg.) sugli accertamenti eseguiti in sede di accesso presso il Comune di Isola Capo Rizzuto ed
acquisita agli atti del giudizio a seguito della ordinanza istruttoria del 19 marzo 2004. Nè secondaria appare in tale
prospettiva la altrettanto preoccupante contiguità parentale tra non pochi esponenti dell’apparato burocratico del
Comune di Isola con esponenti della locale criminalità, nonchè i precedenti di polizia ovvero la pericolosa vicinitas
con personaggi di spicco della criminalità che coinvolge una elevata percentuale del personale impiegatizio (
soprattutto avventizio).
Ora, tale dato oggettivo, di per sè di grave allarme, inerente i rapporti di parentela o affinità con esponenti di
spicco della criminalità organizzata da parte di amministratori e consiglieri della disciolta amministrazione, nonchè
di dipendenti comunali, diviene ancor più preoccupante se letto in abbinata ad una situazione di generale disordine
amministrativo presso il disciolto ente, sintomatico di un sistema di gestione della cosa pubblica poco trasparente e
di difficile controllo ab extra.
In tale quadro, provvedimenti di favore, quali assunzioni a tempo determinato (soprattutto nel settore dei LSU,
LPU e presso il Campo profughi) elargiti con continuità dalla disciolta amministrazione in pro di soggetti
sicuramente riconducibili alle prefate organizzazioni criminali, non possono che assurgere al rango di elementi
sintomatici inequivoci di un forte e pregiudizievole condizionamento degli amministratori nel libero e imparziale
adempimento dei compiti istituzionali rientranti nel loro mandato.
Non meno significative le vicende relative alla erogazione del reddito minimo di inserimento in cui addirittura, a
giustificazione di una elargizione più diffusa del predetto beneficio economico a vantaggio di soggetti in un primo
tempo esclusi, la stessa amministrazione ( in particolare, con la delibera di Giunta n. 352 del 20.121999) fa
esplicito riferimento a “pressioni autorevoli” degli esclusi che avrebbero ispirato il loro reinserimento nel novero
dei beneficiari degli interventi sovventivi.
A consolidare il convincimento, peraltro già abbondantemente ritraibile dalle suindicate circostanze, di un concreto
pericolo di inquinamento della azione amministrativa dell’Amministrazione locale ha contribuito peraltro, come si
legge nella relazione di accompagnamento alla proposta di scioglimento redatta dal Ministro dell’Interno, l’analisi di
episodi poco chiari riferibili alla gestione del taglio degli alberi presso l’aereoporto di Isola, in cui si è potuta
registrare sia nell’adozione delle ordinanze in danno dei proprietari che nella loro esecuzione una preoccupante
inerzia dell’Autorità comunale rispetto alla quale, tenuto conto delle esigenze di sicurezza della navigazione aerea,
si è reso necessario anche l’intervento della Autorità prefettizia.
Nel quadro di generale disordine amministrativo in cui l’Ente versava all’epoca del suo scioglimento, disordine che
certamente va posto in stretta connessione con il pericolo di inquinamento della azione amministrativa che la norma
già richiamata mira a scongiurare a mezzo della drastica misura dello scioglimento del consesso, va altresì fatta
menzione alle

gravi carenze documentali in ordine alla assegnazione degli alloggi popolari, ed in particolare alla

formazione delle relative graduatorie, della pressochè inesistente attività di controllo sulla attività urbanisticoedilizio, di contrasto alla evasione fiscale e di controllo sul rilascio delle autorizzazioni commerciali.
Non meno preoccupante la situazione messa a nudo nei richiamati atti istruttori con riguardo al mercato degli
appalti gestiti dall’Ente locale, in cui sono emerse prassi di dubbia legittimità amministrativa ( ad. esempio con
riguardo all’appalto per la fornitura di carburante in cui a rimanere aggiudicatarie della gara risultano per gli anni
2000 e 2001 due ditte, i cui rappresentanti legali risultano in rapporto di parentela o affinità con dipendenti
comunali)

anche nell’ambito di tali collegamenti assumono rilievo le cointeressenze di soggetti non estranei agli

ambienti della criminalità e forti sospetti l’Autorità intimata ha sollevato circa possibili intese previe delle ditte
partecipanti alle gare di modo da condizionare gli esiti delle stesse, in un contesto in cui il ricorso quasi sistematico
al sistema della licitazione privata ha di certo favorito le prospettate e non improbabili concertazioni tra le (poche
) ditte invitate.
In definitiva, il Collegio, pur nei limiti del sindacato di legittimità proprio di questa sede giudiziaria, ritiene che
l’Amministrazione intimata non abbia nella fattispecie fatto malgoverno, sotto i dedotti profili di censura, delle
norme dianzi richiamate che legittimano l’adozione del pur grave e contestato provvedimento di scioglimento,
essendosi fatta carico di evidenziare con puntualità le circostanze fattuali aventi valore indiziario e sintomatico di
possibili condizionamenti da parte della criminalità organizzata sull’azione politico-amministrativa dell’Ente locale
disciolto.
Il che evidentemente non comporta un giudizio di disvalore sull’intera compagine amministrativa o sul complesso
della sua azione, che ben potrebbe essere stata per altro verso contraddistinta da iniziative certamente positive e
meritorie, che tuttavia non potrebbero in nessun caso ritenersi in qualche misura scriminanti rispetto agli elementi
negativi che hanno ispirato il provvedimento di scioglimento; il quale ultimo non va inteso quindi, come più volte si è
ripetuto, come provvedimento sanzionatorio a carico degli amministratori, quanto piuttosto quale misura di
prevenzione ( ancorché estrema) a presidio della legalità dell’azione amministrativa locale e della libera
determinazione della volontà degli organi elettivi.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio ritiene che il ricorso in esame non meriti favorevole
accoglimento.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro - ,
I Sez., definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 25 giugno 2004.
IL GIUDICE EST.

Depositata in Segreteria il 1 luglio 2004

IL PRESIDENTE

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Isola di capo rizzuto sentenza tar ricorso contro lo scioglimento del consiglio comunale comune di-isola-capo-rizzuto-tar

  • 1. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA N. 1485 Reg.Sent. Anno 2004 N. 914 Reg.Ric. Anno 2003 composto dai signori Aldo Finati Giulio Castriota Scanderbeg PRESIDENTE COMPONENTE Umberto Maiello COMPONENTE relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 914/2003 Reg. Gen., proposto da Milone Damiano, Arena Giuseppe, Biondi Carmine, Bruno Domenico, Cavarretta Vincenzo, Marescalco Antonietta, Mungo Gaetano, Notaro Giuseppe, Parisi Leonardo, Procopio Pietro Antonio, Scerbo Maria Teresa, Scerbo Pasquale Antonio, Stillitano Giovanni e Vittimberga Maria Teresa, tutti rappresentati e difesi in giudizio dall’avv. Gian Michele Gentile e Anselmo Torchia ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Catanzaro alla via F. Crispi 37; CONTRO la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore ed il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e l’Ufficio Territoriale del Governo di Crotone, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro presso la cui sede domiciliano ex lege; E NEI CONFRONTI del Comune di Isola Capo Rizzuto, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio per l'annullamento del decreto del Presidente della Repubblica del 9 maggio 2003 con cui è stato sciolto, per la durata di diciotto mesi, il Consiglio Comunale di Isola Capo Rizzuto ed è stata nominata la Commissione straordinaria per l’esercizio delle attribuzioni spettanti al Consiglio comunale, alla Giunta ed al Sindaco; nonché di tutti gli atti presupposti, susseguenti e consequenziali con particolare riferimento alla relazione del Ministro dell’Interno del 30 aprile 2003, alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2003 ed alla relazione della Commissione di accesso di cui al provvedimento del Prefetto di Crotone; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’interno; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla camera di consiglio del 25 giugno 2004 il dr. Giulio Castriota Scanderbeg e uditi, altresì, i difensori delle parti come da verbale di udienza; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F A T T O
  • 2. Con l’avversato decreto il Presidente della Repubblica, vista la proposta del Ministro dell’Interno e la relativa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ha decretato lo scioglimento del Consiglio comunale di Isola Capo Rizzuto per diciotto mesi ai sensi dell’art 143 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n.267. Avverso il detto provvedimento è proposto il presente ricorso a sostegno del quale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 143 del D. L.vo n. 267 del 2000, eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione e presupposti nonché per travisamento dei fatti, falsità della causa e sviamento di potere. Con memoria aggiuntiva depositata in data 11 marzo 2004 sono state ulteriormente sviluppate le ragioni a sostegno del ricorso . Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri per sostenere la infondatezza del proposto ricorso e concludendo per il suo rigetto. Alla udienza pubblica del 25 giugno 2004 il ricorso è stato trattenuto per la decisione nel merito. D I R I T T O Con il proposto ricorso è chiesto l’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica del con cui è stato sciolto, per la durata di diciotto mesi, il Consiglio comunale di Isola Capo Rizzuto ed è stata nominata la Commissione straordinaria per l’esercizio delle attribuzioni spettanti al Consiglio comunale, alla Giunta ed al Sindaco. Con il mezzo principale come anche con la ulteriore memoria illustrativa i ricorrenti in buona sostanza lamentano che la gravata determinazione di scioglimento, così pregiudizievole negli effetti per essi ricorrenti come per l’intera collettività isolana , sia stata adottata in carenza dei presupposti cui la legge subordina il provvedimento di scioglimento, concepito come extrema ratio per riportare l’azione delle amministrazioni locali nell’alveo della legittimità amministrativa, o comunque per prevenirne i rischi di una deriva extraistituzionale, allontanandola il più possibile da ogni condizionamento ambientale delle consorterie criminose, ad evitare più in particolare che le stesse possano anche indirettamente interferire sulla libera formazione della volontà amministrativa dell’Ente. Ma il ricorso non appare fondato e va, pertanto, respinto. Giova premettere che, come peraltro ricordato, l’avversato scioglimento è stato adotatto sulla scorta delle previsioni di cui all’art. 143 del D. L.vo n. 267 del 2000, corrispondente all' abrogato art 15-bis, L. 19 marzo 1990, n. 55. La norma, sulla cui pretesa illegittima applicazione alla fattispecie è incentrato il gravame nel suo insieme, così testualmente dispone: “fuori dei casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della
  • 3. provincia e di componente delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti, nonché di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte”. Ciò posto, va osservato che nel caso di specie l’avversato scioglimento risulta disposto, per quanto tra l’altro è dato leggere nel decreto presidenziale impugnato, sulla base delle considerazioni secondo cui “nel Comune di Isola Capo Rizzuto, i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 16 aprile 2000, sussistono forme di ingerenza della criminalità organizzata rilevate dai competenti organi investigativi” e che “ tali ingerenze espongono l’amministrazione stessa a pressanti condizionamenti, compromettendo la libera determinazione degli organi ed il buon funzionamento della gestione del Comune di Isola di Capo Rizzuto”. Più in particolare, nell’allegata relazione al Presidente della Repubblica del Ministro dell’Interno ( come nelle relazioni prefettizie d’indagine) sono puntualmente rappresentate – come appresso più diffusamente si dirà- le circostanze conducenti alle conclusioni raggiunte con il decreto di scioglimento, e sulle quali invero si incentrano sostanzialmente le doglianze dedotte con il ricorso in esame. Giova, preliminarmente, inquadrare correttamente nel sistema normativo, quale riveniente dalla interpretazione giurisprudenziale, la fattispecie dello scioglimento di Consiglio comunale in ragione dei ravvisati collegamenti, diretti o indiretti, con la criminalità organizzata, anche solo di alcuni componenti il civico consesso comunale. Va detto anzitutto che lo scioglimento temporaneo di cui trattasi costituisce una misura di carattere straordinario che non ha finalita' repressive nei confronti di singoli consiglieri o amministratori, ma concerne piuttosto la salvaguardia della p.a. di fronte alla pressione ed all'influenza della criminalità organizzata e, quindi, si giustificano gli ampi margini d'apprezzamento non traducibili in addebiti concreta realta' personali, ma tali da rendere plausibile, nella contingente, e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi della possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalita' stessa (cfr. Consiglio Stato sez. V, 2 ottobre 2000, n. 5225). Lo scioglimento risponde, dunque, a finalità di prevenzione e non gia' sanzionatorie, presentando un contenuto precettivo adeguato alla varietà del fenomeno mafioso, sicchè è attribuito all'amministrazione un largo margine di apprezzamento delle condizioni per l'adozione del provvedimento; ne deriva, pertanto, che il sindacato del giudice di legittimità non può estendersi al merito della scelta discrezionale operata dall'amministrazione, ma può concernere la verifica della sussistenza delle circostanze di fatto riportate in motivazione e la valutazione, sotto il profilo della logicità, del significato a queste attribuito e dell'iter seguito (cfr. T.A.R. Campania sez. I, Napoli, 16 giugno 2000, n. 2193). Del resto, attesa l'ampia e generica dizione adoperata dalla disposizione richiamata in ordine al potere di scioglimento del consiglio comunale quando emergano elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata, oppure forme di condizionamento da parte di quest'ultima sulla libera determinazione dei corpi elettivi e sul buon andamento della p.a., nonchè gravi pregiudizi per lo stato della sicurezza pubblica, è evidente l'intento del legislatore di riferirsi anche a situazioni estranee all'area propria dell'intervento penalistico, allo scopo di evitare sul nascere ogni permeabilità dell'ente locale all'influenza della criminalità mafiosa (cfr. Consiglio Stato sez. V, 3 febbraio 2000, n. 585). Il decreto di scioglimento, allora, pur non configurandosi a guisa di atto politico, non è neanche una sanzione vera e propria. E non richiede, quindi, un'istruttoria procedimentale tipizzata "ex lege" e apposite garanzie, implicando piuttosto il riconoscimento di un'ampia discrezionalità in ordine alla rilevazione ed alla valutazione dei presupposti, anch'essi non tipizzati, con riferimento
  • 4. a specifici fatti antigiuridici, ma espressi invece in termini di comportamenti complessivi e di situazioni oggettive tali da determinare il pericolo di gravi disfunzioni sia all'interno dell'ente locale, sia all'esterno, sul piano dell'ordine e della sicurezza pubblica (cfr. Consiglio Stato sez. V, 3 febbraio 2000, n. 585 cit.). Peraltro, in presenza di un fenomeno di diffusa criminalità, che si assume profondamente radicato in un dato contesto territoriale e che legittima l'esercizio del potere di scioglimento dei corpi rappresentativi degli enti locali infiltrati da organizzazioni criminali, gli elementi di prova di collusioni e collegamenti tra amministratori locali e dette organizzazioni vanno considerati non gia' in relazione a ciascun episodio, di per se' non significativo se preso singolarmente, bensi' nel loro complesso, poiche' solo dal loro esame unitario e' possibile cogliere la ragionevolezza o meno dell'addebito mosso agli organi dell'ente ritenuto infiltrato (cfr. Consiglio Stato sez. V, 22 marzo 1999, n. 319). Sulla scorta dei richiamati principi di diritto può dunque affermarsi la infondatezza del proposto ricorso. Lo scioglimento di cui è questione, infatti, si colloca pienamente nella sopra segnalata logica di tutela preventiva. Nel caso di specie, la congiunta e convergente ricorrenza di una somma di episodi, al di là della loro stessa specifica e singola rilevanza ( che peraltro non deve necessariamente attingere la soglia di allarme della rilevanza penale, come precisato anche di recente dal Consiglio di Stato, Sez. V, 14 maggio 2003, n. 2590) rendono l’avversato decreto immune dai vizi denunciati. In particolare, non risulta censurabile il percorso logico che ha condotto le intimate Amministrazioni a trarre dagli elementi richiamati negli atti preparatori dello stesso decreto di scioglimento ragioni sufficienti all’adozione del provvedimento avversato. Il quadro complessivo che si può ricavare dall’esame degli elementi addotti nelle richiamate relazioni d’indagine prefettizie induce infatti a ritenere sussistente il concreto pericolo che l’amministrazione comunale di Isola Capo Rizzuto possa aver subito condizionamenti pregiudizievoli nel suo agere da parte delle consorterie criminali della zona, sì da giustificare anche con finalità preventive ed a protezione della stessa libera determinazione della volontà degli amministratori l’avversato decreto di scioglimento. Corroborata da precise indicazioni risulta anzitutto la circostanza oggettiva evidenziata nelle ridette relazioni prefettizie inerente il legame parentale tra alcuni componenti del disciolto consesso amministrativo ed elementi di spicco della locale criminalità organizzata; in tal senso, non potrebbe non rilevarsi il carattere grave e allarmante ( anche in considerazione della diffusività del fenomeno) che riveste la circostanza inerente la pluralità dei precedenti di polizia da cui risultano gravati ( anche con riguardo a reati associativi) i componenti del disciolto consesso amministrativo ovvero i loro stretti congiunti o affini, circostanza questa ben evidenziata nella Relazione ( pagg. 10 e segg.) sugli accertamenti eseguiti in sede di accesso presso il Comune di Isola Capo Rizzuto ed acquisita agli atti del giudizio a seguito della ordinanza istruttoria del 19 marzo 2004. Nè secondaria appare in tale prospettiva la altrettanto preoccupante contiguità parentale tra non pochi esponenti dell’apparato burocratico del Comune di Isola con esponenti della locale criminalità, nonchè i precedenti di polizia ovvero la pericolosa vicinitas con personaggi di spicco della criminalità che coinvolge una elevata percentuale del personale impiegatizio ( soprattutto avventizio). Ora, tale dato oggettivo, di per sè di grave allarme, inerente i rapporti di parentela o affinità con esponenti di spicco della criminalità organizzata da parte di amministratori e consiglieri della disciolta amministrazione, nonchè
  • 5. di dipendenti comunali, diviene ancor più preoccupante se letto in abbinata ad una situazione di generale disordine amministrativo presso il disciolto ente, sintomatico di un sistema di gestione della cosa pubblica poco trasparente e di difficile controllo ab extra. In tale quadro, provvedimenti di favore, quali assunzioni a tempo determinato (soprattutto nel settore dei LSU, LPU e presso il Campo profughi) elargiti con continuità dalla disciolta amministrazione in pro di soggetti sicuramente riconducibili alle prefate organizzazioni criminali, non possono che assurgere al rango di elementi sintomatici inequivoci di un forte e pregiudizievole condizionamento degli amministratori nel libero e imparziale adempimento dei compiti istituzionali rientranti nel loro mandato. Non meno significative le vicende relative alla erogazione del reddito minimo di inserimento in cui addirittura, a giustificazione di una elargizione più diffusa del predetto beneficio economico a vantaggio di soggetti in un primo tempo esclusi, la stessa amministrazione ( in particolare, con la delibera di Giunta n. 352 del 20.121999) fa esplicito riferimento a “pressioni autorevoli” degli esclusi che avrebbero ispirato il loro reinserimento nel novero dei beneficiari degli interventi sovventivi. A consolidare il convincimento, peraltro già abbondantemente ritraibile dalle suindicate circostanze, di un concreto pericolo di inquinamento della azione amministrativa dell’Amministrazione locale ha contribuito peraltro, come si legge nella relazione di accompagnamento alla proposta di scioglimento redatta dal Ministro dell’Interno, l’analisi di episodi poco chiari riferibili alla gestione del taglio degli alberi presso l’aereoporto di Isola, in cui si è potuta registrare sia nell’adozione delle ordinanze in danno dei proprietari che nella loro esecuzione una preoccupante inerzia dell’Autorità comunale rispetto alla quale, tenuto conto delle esigenze di sicurezza della navigazione aerea, si è reso necessario anche l’intervento della Autorità prefettizia. Nel quadro di generale disordine amministrativo in cui l’Ente versava all’epoca del suo scioglimento, disordine che certamente va posto in stretta connessione con il pericolo di inquinamento della azione amministrativa che la norma già richiamata mira a scongiurare a mezzo della drastica misura dello scioglimento del consesso, va altresì fatta menzione alle gravi carenze documentali in ordine alla assegnazione degli alloggi popolari, ed in particolare alla formazione delle relative graduatorie, della pressochè inesistente attività di controllo sulla attività urbanisticoedilizio, di contrasto alla evasione fiscale e di controllo sul rilascio delle autorizzazioni commerciali. Non meno preoccupante la situazione messa a nudo nei richiamati atti istruttori con riguardo al mercato degli appalti gestiti dall’Ente locale, in cui sono emerse prassi di dubbia legittimità amministrativa ( ad. esempio con riguardo all’appalto per la fornitura di carburante in cui a rimanere aggiudicatarie della gara risultano per gli anni 2000 e 2001 due ditte, i cui rappresentanti legali risultano in rapporto di parentela o affinità con dipendenti comunali) anche nell’ambito di tali collegamenti assumono rilievo le cointeressenze di soggetti non estranei agli ambienti della criminalità e forti sospetti l’Autorità intimata ha sollevato circa possibili intese previe delle ditte partecipanti alle gare di modo da condizionare gli esiti delle stesse, in un contesto in cui il ricorso quasi sistematico al sistema della licitazione privata ha di certo favorito le prospettate e non improbabili concertazioni tra le (poche ) ditte invitate. In definitiva, il Collegio, pur nei limiti del sindacato di legittimità proprio di questa sede giudiziaria, ritiene che l’Amministrazione intimata non abbia nella fattispecie fatto malgoverno, sotto i dedotti profili di censura, delle norme dianzi richiamate che legittimano l’adozione del pur grave e contestato provvedimento di scioglimento,
  • 6. essendosi fatta carico di evidenziare con puntualità le circostanze fattuali aventi valore indiziario e sintomatico di possibili condizionamenti da parte della criminalità organizzata sull’azione politico-amministrativa dell’Ente locale disciolto. Il che evidentemente non comporta un giudizio di disvalore sull’intera compagine amministrativa o sul complesso della sua azione, che ben potrebbe essere stata per altro verso contraddistinta da iniziative certamente positive e meritorie, che tuttavia non potrebbero in nessun caso ritenersi in qualche misura scriminanti rispetto agli elementi negativi che hanno ispirato il provvedimento di scioglimento; il quale ultimo non va inteso quindi, come più volte si è ripetuto, come provvedimento sanzionatorio a carico degli amministratori, quanto piuttosto quale misura di prevenzione ( ancorché estrema) a presidio della legalità dell’azione amministrativa locale e della libera determinazione della volontà degli organi elettivi. Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio ritiene che il ricorso in esame non meriti favorevole accoglimento. Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro - , I Sez., definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 25 giugno 2004. IL GIUDICE EST. Depositata in Segreteria il 1 luglio 2004 IL PRESIDENTE