1. RIFLESSIONE SUL VANGELO DEL GIORNO
LUNEDI’ 14 MAGGIO
SAN MATTIA AP.
Dal Vangelo
secondo Giovanni
In quel tempo,
Gesù disse ai suoi
discepoli:
«Come il Padre ha
amato me, anche
io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho
osservato i comandamenti del Padre mio e
rimango nel suo amore. Vi ho detto queste
cose perché la mia gioia sia in voi
e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi
amiate gli uni gli altri come io ho amato
2. voi. Nessuno ha un amore più grande di
questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi
comando. Non vi chiamo più servi, perché
il servo non sa quello che fa il suo padrone;
ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò
che ho udito dal Padre mio l’ho fatto
conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi
e vi ho costituiti perché andiate e portiate
frutto e il vostro frutto rimanga; perché
tutto quello che chiederete al Padre nel mio
nome, ve lo conceda. Questo vi comando:
che vi amiate gli uni gli altri».
L’amore del Padre per il Figlio e del
Figlio per i suoi è espresso con un verbo
(agapào) al tempo aoristo: un atto supremo,
concreto, storico, manifestato con l’inviare
il Figlio al mondo e col dare la vita per il
mondo. Anche l’imperativo «rimanete» è
all’aoristo, con un accento che esprime un
3. comando perentorio: l’amore non esclude la
legge, ma la vivifica. E questa la gioia,
derivante dall’amore e dall’obbedienza di
cui Gesù ha parlato, come la gioia di Gesù
scaturisce dall’unione col Padre espressa
nell’amore e nell’obbedienza.
Siamo nel tempo della chiesa, dalla
Pasqua alla parusia. Benché la storia
sembri sempre la stessa e i tempi per i
credenti sempre più difficili, il Risorto ha
vinto il potere del male ed è presente nella
vita dei credenti, che rimangono nel suo
amore, loro in lui e lui in loro e nel
Padre.Ecco i limiti dell’amore autentico:
nessuno. L’amore reciproco nasce
dall’amore fontale di Dio, si impronta di
esso, lo prende a modello: amarsi gli uni gli
altri come lui ci ha amato fino a dare la
vita. Anche qui il verbo è all’aoristo: si
riferisce a un evento concreto avvenuto
nella storia, non a una disponibilità
generica, e questo evento è l’atto supremo
dai contorni precisi, reali, della morte di
croce; un atto compiuto non per il concetto
4. evanescente di una umanità ideale, ma per
persone concrete, i suoi amici. Rivelazione
sconvolgente: nell’Antico Testamento molti
sono i servi del Signore, un solo uomo è
chiamato «l’amico di Dio», il nostro padre
Abramo. Adesso Gesù chiama amici tutti
coloro ai quali fa conoscere la rivelazione
del Padre. Tale amicizia non è una scelta
umana, ma il frutto dell’iniziativa divina: è
lui che ci fa suoi amici portandoci dentro
l’amore divino. L’atto di amore del Cristo è
costitutivo della comunità di coloro che lui
ama: non un gruppo esoterico, ma tutti i
credenti come lievito dell’intera umanità,
perché portino frutto conducendo a Cristo
nuovi amici. Il comando che fa da
inclusione a questo brano aprendolo e
chiudendolo (w. 12.17), di amarsi
reciprocamente come lui ci ha amati, è il
segno e il modo di rimanere nell’amore di
Dio continuando l’azione di Gesù. E amore
chiamato a farsi solidarietà, condivisione,
comunione, nella fedeltà, al di là della
logica del possesso e di tutti i condi-