1. 5 Luglio 2009
Tutti a bordo! La motonave Generale Lavrinenkov realizzata nel 1990
in un cantiere della Germania dell'est ci accoglie al molo con il primo
ed ultimo cosacco del percorso (baffi Stalin style, costume
tradizionale, petto tronfio) che suona la fisarmonica ed una bionda
fanciulla trecce da Heidi ( una treccia significa che sei signorina, due
trecce con riga in mezzo posteriore che sei sposata) che offre pane
con sale in segno di benvenuto.
209 la nostra cabina, piccola e spartana ma c'è tutto, armadio, frigo,
doccia funzionante, filodiffusione e persino la tv. Nel tradizionale
cocktail di benvenuto col comandante ci viene presentato lo staff di
bordo: il secondo in coperta, il medico, il traduttore Dimitrij
(nostalgico stalinista nonchè antisemita come apparirà nelle sue
"lezioni di storia russa"), l'équipe degli animatori (Olga e Tanja,
2. ucraine, per i corsi di lingua russa, canto popolare, cucina russa, balli
folcloristici durante la navigazione) e per finire Alexey, il capo cuoco.
Alla parola magica "chef", nel silenzio generale esplode un fragoroso
applauso ed il signore romano alle mie spalle urla:- bravo Alexey,
facce magnà bene-.
Avremo poi modo una mattina di visitare la cabina di comando e la
sala macchine, cilindri, tubi e turbine, come il ventre ingarbugliato,
caldo e misterioso di un corpo umano. La nave a 3 piani è lunga 115
metri, ci lavorano in 120, può ospitare 215 persone, ma ora siamo
solo 110, questa è una nave piccola, a misura d'uomo. E la
barca......va.... e come al solito sull'acqua è lo scorrere lento di ore,
3. foreste, isbe, mucche, bambini, chiese dalle cupole a cipolla.
Ogni giorno di navigazione offre una tappa a terra, meta apparente
del viaggio vedere-visitare-conoscere, in realtà cogliamo la bellezza
della vegetazione rigogliosa che si specchia lungo i bordi, isolette ed
insenature dai mille verdi silenziosi, un rassicurante senso di pace,
tutto scorre lentamente e noi ci sentiamo fluire in fruttuosa monotonia
con la natura intorno.
4. Il trio Kalinka allieta le nostre serate, il cosacco con fisarmonica, una
balalaika ed una balalaika contrabbasso, strumenti formalmente
bellissimi e dalla musicalità composita, allegra e nostalgica,
appassionata e velata di tristezza, bravissimi, un vero piacere
ascoltarli.
Poi arriva la notte a ….circa mezzanotte. Dura poco: un quinto delle
24 ore, poi e’ sempre giorno. Il contrario d’inverno.
5. poi
La prima sosta è Mandroga, idea business di un milionario moscovita,
versione disneyana di un "tradizionale" villaggio russo dell'800
6. interamente ricostruito. E' un
vero, finto acchiappa turisti tra ponticelli, laghetti, isbe rifatte,
negozietti e ristorantini. La mercanzia è sempre la stessa, matrioske
(c'è la variante Obama), icone, ambra finta o vera, vodka e pizzi, con
tutta la più buona volontà consumistica del mondo non riusciamo a
comprare uno spillo, spiace per tutti quegli artigiani che si
trasferiscono qui con le famiglie nei mesi estivi per rimpolpare i magri
bilanci. Mandroga è però una bella occasione per una camminata in
mezzo alla natura ora verde e generosa, resistente ai meno trenta o
cinquanta gradi dei lunghi inverni. Nel 2001 qui c'è venuto Putin che
si è fatto riprendere alla televisione mentre torniva un vaso di
terracotta.
7. In direzione di Kizhi, si attraversa il lago Ladoga, il più grande
d'Europa. Ne ignoravo l'esistenza (sono una bestia in geografia), ma è
praticamente un mare, per ore ed ore la barca lo attraversa, nulla di
solido è avvistabile all'orizzonte e come al mare ci sono le onde e
nelle tempeste possono superare i 3 metri e mezzo; ci dice il
comandante, nella crociera precedente si è dovuto effettivamente
sostare un giorno ai bordi per aspettare migliori condizioni. Siamo poi
sul fiume Svir, corso d'acqua navigabile di 230 km ed in parte
canalizzato: due gigantesche chiuse, ne attraverseremo 16 nel nostro
percorso, formano il tratto finale del canale che collega il mar Baltico
al mar Bianco. (Le chiuse meriterebbero una descrizione a parte
perchè sono costruzioni imponentissime, 400 metri di lunghezza).
8. L'idea di collegare i due mari risale all'epoca di Pietro il Grande, ma è
Stalin a partire dal 1930 che la concretizza. Per evitare l'importazione
di macchinari costosi, per la bassa manovalanza Stalin opta per i
lavoratori forzati dei gulag, il personale specializzato invece viene
semplicemente fatto arrestare dalla polizia segreta, tanto in dittatura
non serve mai una motivazione, l'arbitrio gratuito è sovrano. All'epoca
si utilizzano 180.000 prigionieri per volta, ma nessuno sa ancora oggi
la verità perchè i sopravissuti saranno poi utilizzati per la realizzazione
di altri canali (quello che collega Mosca al Volga per esempio
attraverso il fiume Moscova) o la metropolitana moscovita. Una vera
carneficina, un milione di persone le vittime stimate. Ufficialmente il
9. regime sosteneva che queste opere pubbliche rappresentavano
un'occasione di riabilitazione civile per i criminali. L'impiego di
prigionieri forzati per l'edificazione di grandi costruzioni edilizie pare
sia stata la norma nella repubblica sovietica staliniana seguendo un
metodo già adottato da Pietro il Grande, proprio come gli schiavi in
Egitto per le piramidi 4000 anni fa, alla faccia del progresso.
Qualche ora dopo segue il lago Onega, secondo in Europa per
estensione. La metà settentrionale del lago è ricca di penisole ed
isole, 1600 nell'arcipelago, dominio di Ves e Saami, le antiche
popolazioni ungro-finniche di questa regione, la Carelia. Qui c'è l'isola
di Kizhi, dichiarata dall'Unesco patrimonio dell'umanità. E'
praticamente un museo di storia, architettura ed etnografia a cielo
aperto. I più begli esempi di costruzioni in legno della regione sono
10. stati smontati dai vari villaggi dei dintorni, restaurati e concentrati qui.
2 chiese, una d'inverno ed una per l'estate come si usa da queste
parti, 2 grandi fattorie di contadini benestanti con stanze abitative,
stalla e fienile nella dimora (si arriva a meno 50 in inverno e dunque
non si esce), un mulino, l'organizzazione di un villaggio insomma, con
le abitazioni disseminate lungo la riva del lago, i campi e gli orti sul
11. retro. Il fascino
indiscusso del luogo risulta dalla somma di più fattori, la sapientissima
dovizia artigiana ed artistica delle costruzioni, la bellezza del lago e
della natura tutt'intorno, il senso di mistico silenzio e solitudine.
12. Infine, una foto della nostra guida: una ragazza che Renato e io
abbiamo trovato interessante per la sua dolcezza, mimica, teatralita’,
semplicemente incantevole!!!!!
L'indomani è la volta del piccolo paese di Goritsy in Vologda, la
regione russa più estesa. Visitiamo il monastero maschile fondato da
San Cirillo sul lago Bianco nel 1397 e divenuto nel tempo il più grande
ed artisticamente ricco della Russia grazie alla sua posizione cruciale
sulle rotte che da Mosca portavano al mar Bianco.
13. Come molti altri monasteri di questo periodo anche quello di San
Cirillo è circondato da possenti mura che servivano a fortificarlo e
proteggerlo dalle incursioni nemiche. Funzionavano all'epoca un
ospedale, una prigione per gli indesiderabili dello zar, un grande
refettorio e poi da metà XVIII° secolo un lungo declino, la confisca di
Caterina II di tutti i beni in cambio di una magra pensione per i
monaci (la zarina doveva evidentemente rimpinguare le sue favolose
collezioni e la confisca pare vada molto di moda da queste parti). Nel
1924 poi i bolscevichi chiudono del tutto il monastero, hanno scoperto
che la religione è l'oppio dei popoli e meno male che il monastero non
è mai diventato un magazzino-deposito, sorte toccata a molti altri
luoghi di culto importanti. Ora è spazio museale, ma una parte è stata
restituita alla chiesa e ben 9 monaci sono tornati a viverci.
14. Abbiamo dei compagni di viaggio che non ci lasciano mai, sono una
trentina di gabbiani che seguono fedelmente la scia della nostra
nave.. Sembrano scomparire durante le soste, ma appena la barca si
mette in moto, rieccoli! Alcuni hanno il becco corto e scuro, il primo
giorno c'erano anche una decina di cornacchie brutte e nere, ma
erano in difficoltà, i gabbiani non le volevano e le cacciavano via. Ho
inaugurato la cerimonia del pasto al primo giorno di navigazione
mettendomi in borsa cinque fette di pane, ha funzionato, si lancia il
boccone in aria e loro lo prendono al volo, adesso pasteggiano
regolarmente tre volte al giorno e sul ponte arrivano in molti a
foraggiarli.
15. Sosta di 5 ore a Jaroslav, una delle più antiche e celebri città della
Russia, fondata nel 1010, importante centro fluviale, fa parte del
cosiddetto anello d'oro, le città di rilievo nella cintura moscovita. La
sua privilegiata posizione sul Volga ne ha favorito nei secoli lo
sviluppo, i suoi maestri artigiani, fabbri, vasai, carpentieri, tessitori
erano famosi in tutto l'impero. La città, 600.000 abitanti, si snoda
lungo il fiume, gasdotto e oleodotto garantiscono lavoro. C'è anche il
ponte della ferrovia che i nazisti tentarono senza successo di
distruggere perchè arteria importantissima, fa parte della più lunga
rete ferroviaria del mondo, la transiberiana. Bellissime chiese e
cappelle, tutte decorate sui muri e come sempre a pianta greca,
stupenda quella dedicata al profeta Elia. Piazze e strade larghe ed
alberate, edifici barocchi ben restaurati accanto a costruzioni grigie e
16. massicce di regime, nelle stradine invece le case sono malconce e
sgarrupate, al mercato si vendono mirtilli e fragoline di bosco appena
raccolte in bicchieri di plastica, pesci affumicati esalano un odore
inconfondibile.
Anonima la gente per le strade, nessuno guarda nessuno, non si
chiacchera, non si sta seduti al caffè, mamma che tristezza nell'aria,
eppure oggi c'è il sole.
Venerdì 10 luglio Myshkin, la sosta più lunga. E' un piccolo paesino di
campagna, 6000 anime, bellissimo e autentico, finalmente un posto
vero con case vere e gente vera. Già, la gente, non ne sapevamo
niente, tra zar, palazzi imperiali, monasteri e monaci, gli uomini
sembravano semplicemente non esistere, un'epopea di grandi che
scorda i piccoli, eppure sono decine e decine di milioni di individui.
17. Myshkin sembra un paese del far- west americano, manca giusto la
diligenza. Tranne quella principale, le strade non sono asfaltate, ma di
terra, case tutte di legno decorato e dipinto, le cornici intorno alle
finestre sfidano colori e fantasie di intarsi, isolate e lontane le une
dalle altre, c'è tanto posto e probabilmente anche tanta solitudine.
18. Siccome a parte le solite bellissime chiese decorate non hanno altro,si
sono inventati il museo del topo, costruendoci sopra una storia che
lascia molto a desiderare.
Interessante invece una specie di hangar con vecchi utensili della
terra, macchine agricole, automobili degli anni 50.
19. Infine Uglich, l'ultima tappa della navigazione prima di Mosca.
Passeggiamo alle 8 di mattina per questa piccola cittadina storica del
X° secolo. Oltre alla centrale elettrica, importante la produzione
casearia e quella degli orologi marca Chaika, un tempo famosi ed ora
precipitati con l'arrivo della concorrenza dall'estremo oriente.
Visitiamo il cremlino (significa cittadella fortificata) della città, di cui
rimangono solo i resti delle mura di pietra. All'entrata la cattedrale
della Trasfigurazione con una stupenda iconostasi barocca e accanto
la chiesa di San Dimitri. In una piccola cappella ascoltiamo per
l'ennesima volta un coro di canti ortodossi con susseguente offerta di
acquisto cd. Non l'avevo ancora scritto, ma all'uscita di ogni chiesa, e
ne abbiamo visitate proprio tante, abbiamo sempre assistito ad un
20. ensemble di 4-5 coristi che con voci veramente angeliche cantano
possentemente la gloria dei cieli.
Mi sono chiesta il perchè di tutto questo cantare: tradizione slava?
una religiosità ardente e dolorosa?, un mezzo per sbarcare il lunario?
una delle poche possibilità gratuite di gioia offerte ad un popolo dalla
storia così tormentata? Non conosco la risposta, ma risulta certo
evidente da una parte l'importanza della religione ostacolata e negata
per quasi tutto il Novecento dal dogma comunista (nei musei le guide
non avevano nemmeno il diritto di pronunciare la parola Dio
spiegando le icone, da considerarsi semplici opere pittoriche senza
valore sacro o simbolico), dall'altra il carattere austero della religione
21. stessa (la funzione dura due ore e mezza e si svolge tutta in piedi,
l'iconostasi divide l'uomo dal contatto diretto con l'altare e dunque
con il sacro, le monache nei conventi ricamavano perchè non avevano
il diritto di dipingere le icone).
Navigando infine verso la capitale, il Generale Lavrinenkov non si
pone interrogativi mistici, ma quanto mai turistico-goderecci. Alcuni
fanno stretching al sole sul ponte della nave e altri si preparano per
l’esibizione allo show dei talenti, gli afecionados del burraco litigano
eternamente sulle regole da seguire, il traduttore Dimitrij inveisce
contro la cricca internazionalista-giudaico-massonica di Trotsky nella
sua lezione di storia, un giovanotto settantenne racconta le sue solite
barzellette di sesso.
22. E, infine, un ricordo tenero: una vecchietta che, in una delle città visitate,
offriva ai turisti un mazzo di fiori in cambio di qualche moneta…
Ormai siamo tornati a Roma. Renato non mi sembra tanto contento!!!!!!