Giuseppe Recchi - Digitale per la crescita, perché è così difficile utilizzare iil digitale per la crescita dell italia
1. DIGITALE PER LA CRESCITA:
Perché è così difficile utilizzare
il digitale per la crescita dell’Italia
GRUPPO TELECOM ITALIA
EY CAPRI 2015
Capri, 8-9 ottobre 2015
Capri
Giuseppe Recchi
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DIGITALE PER LA CRESCITA:
Perché è così difficile utilizzare il digitale per la crescita dell’Italia
Giuseppe Recchi, Presidente Esecutivo di
Telecom Italia, interviene al convegno sul
digitale indetto da EY a Capri.
Fonte:
Gruppo Telecom Italia
Link:
http://video.ilsole24ore.com/SoleOnLine5/Video/Notizie/Italia/2015/diretta-convegno-confindustria-capri/convegno-
confindustria-capri.php
Data:
9 ottobre 2015
DIGITALE PER LA CRESCITA:
Perché è così difficile utilizzare il digitale per la crescita dell’Italia
Giuseppe Recchi
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Sebastiano Barisoni: Se ripensiamo agli anni sessanta e allo sviluppo dell’industria
automobilistica, c’è chi dice che l’Autostrada del Sole è stata fatta prima che gli italiani
comprassero tutti un’automobile e invece, se avessimo aspettato l’utilizzo dell’auto da
parte di tutti prima di costruire l’autostrada molto probabilmente lo stesso risultato
non l’avremmo avuto. Solito discorso dell’uovo e della gallina. È probabilmente vero
che l’Autostrada del Sole ha generato maggior traffico. È vero che se avessimo dovuto
progettare l’Autostrada in base al traffico di allora avremmo fatto una statale Milano
Roma e non quell’opera che sembrava anche fin troppo grande per l’utilizzo effettivo,
ma che poi ha costituito un incentivo virtuoso. Mutatis mutandis è chiaro il tema:
riguardo alla digitalizzazione del Paese, se ti limiti ad offrire quella che è la domanda,
restiamo sempre un passo indietro. Se non buttiamo il cuore oltre l’ostacolo, perché
sarebbe dal punto di vista manageriale un’eresia, ma cerchiamo almeno di vedere
lungo e capire che poi le autostrade si riempiono una volta che le costruisci. Prego
presidente Recchi.
Giuseppe Recchi: Ti ringrazio per questa partenza, perché è proprio il punto che vorrei
affrontare oggi. Il tema che mi è stato assegnato è «Perché è così difficile utilizzare il digitale
per la crescita dell’Italia».
Giuseppe Recchi
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Questa domanda rimanda all’altra: deve essere la domanda o l’offerta a fare da traino. Già
nel 2009 il titolo qui era: «Prima l’uovo o la gallina». Oggi direi che questo dibattito almeno in
parte è stato superato perché abbiamo capito che domanda e offerta sono entrambi
importanti. Non ci può essere offerta senza una prospettiva di crescita della domanda. E non
ci possono essere prospettive della crescita della domanda senza un’offerta che sia solida e
capillare. Quindi devono procedere di pari passo. È necessario quindi partire da un buon
livello di copertura delle aree geografiche maggiormente presidiate, con maggior potenziale e
un buon livello di prestazioni - stiamo parlando di 20-30 mega bit al secondo, anche 50 - per
andare progressivamente aumentando la velocità coerentemente con la risposta del mercato.
Questo è il momento in cui noi siamo.
Fatta questa premessa, potremmo vedere come migliorare ulteriormente lo sviluppo con la
diffusione del digitale. Sul fronte della domanda, per nostra esperienza abbiamo capito che
non basta più vendere semplici connessioni, semplici aumenti di prestazioni e connettività.
Noi, per invogliare i nostri clienti, dobbiamo dar loro servizi sempre più evoluti, vuoi che siano
famiglie, vuoi che siano imprese. Si tratta proprio di un nuovo modo di vendere i servizi. Vuol
dire passare da un modello di connettività semplice ad un modello di connettività arricchita.
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E come si può fare? Le modalità possibili sono sostanzialmente tre. Un modello M&A, cioè
una società di comunicazioni si compra una società di produzione di contenuti, o viceversa. Il
secondo modello può essere la società di telecomunicazioni che i contenuti se li produce da
soli. Il terzo possibile modello è quello invece della distribuzione di contenuti, cioè essere una
specie di broker di contenuti, una specie di scaffale, su cui poi i nostri clienti possono trovare i
contenuti di cui hanno bisogno. In inglese si dice il one stop shop. Stiamo parlando sia di
contenuti dedicati alle famiglie sia alle imprese. Cito noi: la NuvolaStore è una specie di Apple
Store dove le imprese possono trovare sviluppatori, software house, dove possono caricare i
propri servizi e offrirli tramite piattaforma.
Noi siamo convinti che la strada di accostare la connettività ai servizi sia la strada giusta.
Questo in altri paesi crea moltiplicatori molto importanti. Nel Regno Unito i servizi
ultrabroadband sono utilizzati da una famiglia su quattro, negli USA ancora di più. Teniamo
però conto che in questi paesi si viene da una cultura diffusa dell’acquisto e dell’utilizzo di
contenuti e servizi che viene dalla diffusione della cable tv, per esempio. Cosa che, è stato
ricordato prima, qui da noi non è mai successo. Quindi noi, in Italia, dobbiamo proprio
abituare il consumatore a spendere per questi contenuti. In un mondo in cui siamo ormai
abituati ad averli gratis. Dobbiamo colmare questo gap di abitudine al consumo.
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Una premessa. Quando si parla di banda ultralarga si associa quasi sempre al concetto di
contenuti familiari. Per darvi idea della portata di questo, in Telecom Italia abbiamo sviluppato
una piattaforma chiamata TIMVision che, su un fatturato di quasi 22 miliardi del Gruppo, pesa
poche decine di milioni di euro. Prendete anche Netflix, che è il campione mondiale, a livello
globale il suo fatturato è di 5 miliardi di dollari. Per cui, questi servizi tv che tutti evochiamo
sono sì un importante elemento di stimolo, che però è chiaro che non può essere il solo.
Guardando oltreoceano, tutte le grandi società in crescita (Apple, Google, Amazon) stanno
andando in quella direzione e ciò fa bene alle società che devono sviluppare offerta.
Parliamo dunque dell’offerta. È emerso anche in questo convegno che si è innescato ciò che
si doveva innescare: sia da parte del privato che delle istituzioni c’è stata una risposta e una
risposta forte. Due dati importanti. In due anni, dal 2013 al 2014, sono state aggiunte 6milioni
di nuove linee di banda ultralarga. Oggi Telecom Italia viaggia ad una media di 400mila
household al mese. Pensate a una città come Torino al mese che viene cablata in fibra. Un
numero ancora più impressionante: noi ogni minuto, del giorno e della notte, sabato e
domenica compresi, abbiamo posato 3 km di nuova fibra. Questo fa sì che nel 2015 abbiamo
viaggiato senza mai fermarci a 180 km/h, quindi oltre ai limiti consentiti! Una capacità
impressionante di costruire infrastrutture.
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E nel nostro Paese devo dire che il nostro Governo ha fatto bene la sua parte. Cioè ha fatto
quello che un Governo dovrebbe sempre fare. Contrariamente al vulnus tradizionale del
nostro Paese: la mancanza di piani strategici definiti per lo sviluppo dei diversi capitoli di
crescita di cui ci si vuole occupare. Manca un piano per turismo, energia, trasporti,
manifattura; fino a poco tempo fa anche per infrastruttura digitale. Devo invece dire che il
piano per la banda ultralarga è stato fatto ed è stato fatto bene. Perché, non solo definisce
degli obiettivi chiari (che sono il punto chiave per attrarre investitori e grandi capitali), ma
definisce anche il mercato in termini di utilizzo e di domanda (definendo aree ad alta e a
bassa intensità d’uso). Quindi complimenti per aver fatto una scelta pragmatica, in linea con
le norme europee e soprattutto senza spreco di fondi; perché va a dare fondi dove i fondi non
ci sono. L’ammontare dei fondi già lo conoscete: 7miliardi di euro di cui 2.2 già approvati. Oggi
vediamo succedere quello che in passato non è accaduto grazie allo sviluppo di nuove
infrastrutture e di nuove tecnologie. È da poco che la domanda di dati è aumentata, con
telefonini 4G, televisori ultraHD in 4k. 3-4 anni fa non era così. E qui rispondo alla
provocazione iniziale di Sebastiano Barisoni: l’Autostrada del Sole è stata un’esperienza
fantastica, la possiamo intitolare «socializzazione dello sviluppo industriale». Lo stato che
pensa allo sviluppo del paese investe in un’infrastruttura senza guardare al ritorno immediato.
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Ma come lo fa? Creando debito pubblico. Ma lo può fare finché è sostenibile. Oggi non c’è più
uno stato al mondo che abbia i soldi. L’unica altra alternativa è creare le condizioni di
mercato, il famoso business environment, per cui i privati investano. E come può farlo?
Mettendo in gioco le sue prerogative più forti, di legislatore e fautore delle regole. E allora se
ciascuno giocherà la sua parte davvero potremo fare cose straordinarie. E quali sono i ruoli?
Lo Stato fa le regole e le leggi, nella direzione di favorire gli investimenti. I privati investono
perché conviene loro. E poi i regolatori fanno in modo che le leggi vengano rispettate perché
tutto avvenga in una dinamica concorrenziale, di beneficio per la crescita e la strategia
generale. Guai a creare confusione. Oggi si parla di agenda digitale, alla base delle azioni in
corso. Voglio ricordare che l’agenda digitale europea ha 12 punti dedicati alla banda
ultralarga, di cui solo 3 riguardano l’infrastruttura. Gli altri 9 la capacità dei paesi di sviluppare
una domanda. Uno riguarda la percentuale di PMI che vendono online, con l’obiettivo di
raggiungere il 33%. L’Italia è ferma al 5%, la Francia all’11%, la Germania al 22%. Altro punto:
percentuale di individui che fa acquisti online. L’agenda digitale dice 50%. L’Italia è ferma al
22%, la Francia al 62% e la Germania al 70%. Altro punto: percentuale della popolazione che
usa internet. 85% come obiettivo: Italia ferma al 68%, Francia 88% e Germania 89%. Quindi,
prima di pensare ad una revisione a rialzo di questi obiettivi (cosa che già sta succedendo in
Europa),
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dovremmo pensare a nuove soluzioni che ci consentano di raggiungere gli obiettivi esistenti,
su molti dei quali siamo già in ritardo. Sull’infrastruttura è più facile, ma, come intervenire
invece sulla domanda e sull’utilizzo degli strumenti digitali rendendoli convenienti? La
Pubblica Amministrazione, che si interfaccia con 60milioni di persone, ha un ruolo di traino
fantastico. La fatturazione, la carta d’identità, l’anagrafe digitale non sono importanti solo per
la riduzione dei costi delle PA, o perché aumentano il consumo di dati, ma valgono soprattutto
per l’effetto sull’educazione alla cultura del digitale. Oggi invece di parlare di digital tax
bisognerebbe pensare alla famosa rottamazione del non digitale. Un costo maggiore, a livello
di tassazione, del non digitale per rendere conveniente l’uso del digitale.
Detto questo, arriviamo alla conclusione. Le cose da fare oggi sono chiare: lavorare
concentrati ciascuno sui propri obiettivi e con le proprie competenze. Più si farà così e prima
si farà. Perché questo porti a risultati tangibili bisogna anche mettersi d’accordo sull’orizzonte
temporale verso cui stiamo guardando. Dobbiamo essere d’accordo sul fatto che il compito
dei manager d’impresa (come Telecom Italia, che dà lavoro a 66mila persone) è valutare il
rischio sul ritorno degli investimenti, perché così facendo garantisce la sopravvivenza
dell’impresa stessa. Gli investimenti si possono fare se finanziariamente e industrialmente
sostenibili.
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Quello che noi stiamo facendo è metterci l’impegno, con investimenti pluriennali: 10 miliardi in
3 anni. Siamo l’impresa che investe di più su tutti i settori considerabili in Italia. Abbiamo
messo in campo una strategia commerciale che guarda oltre i servizi di fornitura semplice.
Con un continuo impegno per accrescere i nostri asset, skill e competenze per essere
azienda di sistema e sviluppare il proprio business.
Perciò noi la nostra parte la facciamo e la faremo. E se ciascuno farà la sua, utilizzare il
digitale in Italia sarà molto meno difficile.
Giuseppe Recchi
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