1
Gioia del Colle, 21/2/2015
La professionalizzazione della politica, il deperimento di legami collettivi forti, la crescente
individualizzazione dell’agire politico abbassano le soglie di protezione rispetto a rapporti opachi e
pericolosi.
In questo contesto un partito forte è quello che riesce ad essere attento e a fare filtro rispetto a
intrecci, sospetti e relazioni ambigue; un partito forte è quello che riesce ad essere di nuovo proiettato al
“bene comune”, più che all’acquisizione di “benefit”.
Un partito forte deve sapere che le risorse etiche e civiche di una comunità sono risorse
irrinunciabili e che il suo compito è quello di suscitarle e indirizzarle in un progetto di riforme per la città.
Per questo sono convinta che il primo baluardo al dilagare di fatti come quelli accaduti a Gioia del
Colle passa per la ricostruzione di una presenza attiva e disinteressata nel territorio, che nulla ha a che
vedere con un presenzialismo stucchevole in questo o in quel posto dove puoi incontrare il potente di turno,
in questo o in quel posto dove campeggiano i manifesti di una trasversalità “di convenienza”, che fa smarrire
le coordinate della navigazione e rende il nostro agire e il nostro parlare incomprensibile per i più; una
trasversalità di convenienza che svilisce il nostro patrimonio valoriale; che spesso lascia per strada i migliori
talenti e le più autentiche passioni, erroneamente credendo che la somma algebrica di voti basti da sola a
garantire il buon governo delle comunità.
Di fronte alla voracità di alcuni politici, voracità che spesso porta ad instaurare rapporti incauti e
disinvolti con certi gruppi e certe persone, in una logica di competizione individuale, è indispensabile, senza
SE e senza MA, un radicale cambio di passo, uno “stile politico” più parsimonioso, sobrio, trasparente da
parte di tutti gli amministratori della cosa pubblica, al centro come in periferia.
Perché la politica è anche senso della misura, sobrietà nei comportamenti, coerenza, coraggio.
Da qui occorre ripartire per provare a vincere la rassegnazione collettiva, l’indisponibilità diffusa a
farsi coinvolgere, il senso di impotenza, lo scetticismo nell’efficacia del dissenso informato e propositivo, la
nefasta logica del “campa e fai campare”, che non è affatto monopolio della politica, ad onta di quel che
strumentalmente va dicendo una spiccia propaganda populistica.
I fatti accaduti a Gioia ci restituiscono innanzitutto l’ineludibile necessità che i soggetti politici
locali, a partire da noi, diano l’avvio a processi di scambio di idee e proposte e a una dialettica costruttiva.
Il galleggiare di antiche mediocrità, il continuo evocare vecchie rivalità ed incomprensioni
provocano il dissolvimento di preziose potenzialità, nuove e antiche, e questo non può più accadere: sarebbe
un delitto consumato in danno dei cittadini e non deve più accadere.
La politica ha il compito/dovere di riannodare i fili spezzati, di mettere in comunicazione le
differenti vitalità, di connettere le aspettative individuali con orizzonti di futuro collettivo.
C’è del buono, qui dentro e fuori da qui: a noi il compito di intercettarlo, di intercettare le esigenze
di futuro, che non è solo il tempo che dovrà venire, ma è anche il tempo che insieme dobbiamo costruire.
Per fare questo ci vuole una politica paziente, dell’accordo, del territorio.
E’ il tempo di archiviare una volta per tutte una vita interna intossicata da una competizione per il
potere e basta e da un proliferare di “tribù”.
C’è bisogno di ripensare la nostra strategia, il programma, il progetto, la nostra identità, la nostra
cultura, le nostre forme di organizzazione e il modo stesso di fare politica.
C’è bisogno di riprendere contatto con tutta una parte della società che abbiamo perso di vista, a
partire dai ceti popolari e da chi non ce la fa da solo.
C’è bisogno di responsabilità: e la responsabilità è possibile sentirla solo quando si ha piena
percezione, piena consapevolezza di ogni gesto, di ogni decisione; non quando ciò che ti capita in gran parte
avviene e basta, lo subisci, quando non sei agente, ma sempre e solo agìto.
C’è bisogno di una politica che si sforzi di rivestire le emozioni e le passioni di ragionamenti e di
idee.
2
C’è bisogno di mediazione, che non è affatto segnale di debolezza, che non è disponibilità
all’accordo al ribasso, che non è rinuncia dei nostri valori.
Perché le parole e le azioni della politica sono vincenti quando riescono a rappresentare in tempo
reale i mutamenti e i bisogni di una comunità; quando riescono a non essere superate dagli eventi.
Perché se non c’è connessione con la comunità, la politica non esiste più: è solo arrocco di potere.
La politica riuscirà a recuperare la sua dignità e autorevolezza quando alla tonalità più o meno
severa delle denunce si accompagneranno concrete risposte e proposte di riforma.
L’intransigenza politica deve essere la cifra del nostro agire. E l’intransigenza è un valore che non si
addice all’essere invertebrati; essa è l’asse portante di una politica coraggiosa.
L’intransigenza politica non è radicalismo fanatico, ma è una strategia di coerenza, indispensabile
quando in gioco ci sono non solo e non tanto le sorti di questo o quel partito; ma soprattutto quando è in
gioco il patto costituzionale e i fondamenti del nostro vivere civile.
Un governo che manca di questi tratti è un governo non più credibile.
Un governo non più credibile è un governo che non può più governare.
Chi a Gioia del Colle oggi governa potrà tornare a essere politicamente credibile solo compiendo
gesti politici di responsabilità nei confronti della propria comunità.
In tale direzione è, pertanto, necessario allineare la condotta e le decisioni dei rappresentanti
istituzionali del Partito Democratico con l’indirizzo politico già espresso da questo Circolo e oggi ribadito.
Ciò comporta:
1) l’ uscita dalla maggioranza del Partito Democratico;
2) le immediate dimissioni dell’assessore Masi;
3) la proposizione da parte dei consiglieri Ludovico e Giannico di una mozione di sfiducia che
chiami il sindaco a rispondere in Consiglio Comunale , dinanzi alla città, delle ragioni che lo
hanno indotto a tradire il mandato ricevuto dai cittadini e il patto di fiducia stretto con la sua
maggioranza. È la massima assise cittadina il luogo istituzionale in cui qualunque sindaco
deve rispondere delle responsabilità politiche nei confronti della propria città.
Può accadere che in certi momenti alcuni rappresentanti nelle Istituzioni di un certo gruppo
compiano scelte politiche non condivisibili, senza che necessariamente ciò implichi dolo da parte loro o
violazione della legge.
Però quando ciò accade, la forza e la dignità di quel gruppo, sta nella sua capacità di auto-emendarsi
e di riprendere con orgoglio, coerenza e credibilità il proprio cammino.
Noi ripartiamo da qui.
Nessuna vana promessa, nessun accordo sottobanco, nessuna mediazione al ribasso, nessuna bugia,
nessun slogan confezionato dai pubblicitari della politica.
Ora è il momento di rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro per ridare fiducia e speranza alla
nostra città. Con l’augurio di essere tutti insieme capaci di riscrivere la grammatica della politica e del
potere attraverso “le categorie delle emozioni morali” e civiche.
Partito Democratico di Gioia del Colle
Il commissario
Iaia Calvio