2. Editoriale - di Lilly Magi
Memento - Perché il Numero Zero
di Fabio Massimo Fabrizio
Entreé - Giorgio dei Vasai
di Marilli Rupi
Cover Story - Il nome segreto di Arezzo
di Fabio Massimo Fabrizio
Urbanistica - Per la salvaguardia dell’area di
un possibile aeroporto
IL VASARIANO di Federico Rupi
E-Zine mensile di storie e notizie aretine Vintage - Arezzo bombardata, Arezzo rinnegata
N. 0 - Aprile 2011 Photostory di Federico Rupi
Direttore Responsabile
LILLY MAGI Città - La Resurrezione della Chiesa
di San Donato in Cremona
Vicedirettore di Marco Giustini
FABIO MASSIMO FABRIZIO
Provincia - Foiano della Chiana
e il suo stemma nella storia
Hanno collaborato di Elisa Perriello
FEDERICO RUPI
MARCO GIUSTINI Società - La firma elettronica
MAURIZIO LICENZIATI di Marilli Rupi
MARILLI RUPI
ELISA PERRIELLO
RICCARDO LELLI
MATTEO CAMAIANI VERDELLI
Rubriche:
Diritto & Rovescio - Avv. Riccardo Lelli
Poesie - di Maurizio Licenziati
IL VASARIANO è edito da Bridge & Burraco
Associazione “Il Vasariano”
1
Via Bottego, 30 - Arezzo
www.ilvasariano.com
Reg.Trib. n. 4/11 RS
3. Quando nasce un nuovo giornale, e questo che vi stiamo presentando lo sarà a tutti gli effetti anche
se con cadenza mensile, è una grande emozione. Per fare un paragone, è come quando giunge
alla luce una nuova creatura, e con essa si aprono nuovi orizzonti e prospettive. In linea con ciò e
senza presunzione, il progetto di questa neonata edizione, on line, è proprio quello di offrire, o
meglio, dare voce a quanti fino ad oggi non l'hanno avuta: quindi, diciamo, uno spazio privilegiato
per tutti quei cittadini che hanno dei pareri e delle opinioni da dire con il fine principale di contribuire
ad una crescita culturale e sociale importante.
Sì, perché, sostanzialmente, lo sforzo dell'editore e di quanti hanno voluto questa nuova testata è
volto a rafforzare nei cuori degli aretini l'amore verso la loro città ed il senso di appartenenza:
due componenti indispensabili per reimpossessarsi del meglio che la città può offrire e che, allo
stesso tempo, costituiscono un baluardo sicuro per azzerare i pericoli messi in campo dalla
globalizzazione .
Tutto ciò è racchiuso anche nel nome: "Il Vasariano", perché è questo il titolo del mensile, ispirato,
appunto, dal Vasari che in Arezzo trovò i suoi natali e per la quale si prodigò in cultura, in scibile,
in arte, tanto da essere passato alla storia anche come un importante mecenate.
Quindi, come il grande artista tenteremo di ridare luce alla cultura, alla tradizione e a tutto ciò che
ha composto la nostra città attraverso i secoli e, al tempo stesso, di informare su tutto quello che di
nuovo viene proposto dai locali contemporanei.
Al nostro fianco avremo specialisti di ogni settore che produrranno degli approfondimenti sulle
materie di loro competenza, e poi naturalmente racconteremo la vita , l'attualità, il presente degli
aretini condito anche dagli interventi che i nostri lettori ci vorranno proporre.
Convinti, come non mai, che la storia è fatta da tutti gli uomini, seguiremo questa falsa riga nel
comporre le pagine del nostro giornale perché ne venga fuori una sorta, in senso lato ed eticamente
più valido, di "Grande fratello", ovvero un occhio attento e vigile che sappia cogliere tutti i passi
che sono la somma del cammino degli aretini e, perché no, anche di tutti coloro che vivono nella
provincia.
Con l'aiuto di quanti vorranno seguirci cercheremo di dare nuova linfa , o energia, per usare un
termine più moderno, per riportare gli abitanti di questa grande città a guardare tutto quello che
li circonda con più attenzione, e ad amare questa comunità: un po', appunto, come fece, e
sicuramente meglio di noi, il Vasari, che, al contrario di molti illuminati del suo tempo, scese anche
in piazza per ascoltare ed essere ascoltato dai suoi concittadini per far sì che tutti potessero
contribuire alla crescita culturale e sociale di quegli anni .
Quindi, cocluderei augurando ai miei collaboratori e a tutti voi un buon lavoro, in quanto da oggi
la nostra redazione sarà anche la vostra, pronta a vagliare e a valutare ogni vostra opinione, idea
o suggerimento .
IL DIRETTORE
Lilly Magi
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4. Perché il Numero zero
Di fabio massimo fabrizio
Zero come il numero di lettori da cui partiamo.
Zero come il vuoto pneumatico delle nostre tasche,
cui si contrappone un’infinita voglia di fare, di
esserci, di raccontare.
Zero come spazio puro ed incontaminato, ove
chiunque possa dare libero sfogo al racconto, al
pensiero, allo studio, alla creatività, senza temere
il pregiudizio altrui.
Zero come provvisorietà e nuovo inizio, ove
confluisce il vecchio per ritrasformarsi in nuovo.
Zero come la consapevolezza del tempo sprecato, delle promesse infrante, della violenza
subita da una terra ed una città che meriterebbero solo amore ed impegno disinteressato.
Zero come risultato algebrico dell’Arezzo odierna, bella, bellissima da far commuovere,
eppure brutta, provinciale ed indifferente da farci vergognare.
Zero come l’umiltà di chi sa che si fa sempre in tempo a ricominciare da capo.
Zero come il numero pilota di ogni rivista che
si rispetti, creta da modellare ad opera di
lettori selezionati, che ne analizzano
contenuti, linguaggi, veste grafica ed
impaginazione.
Zero, infine, come pagina vuota destinata
alla vostra penna, alla vostra sensibilità
creativa, alla vostra capacità di stupirvi e
stupire in una realtà oramai avvezza a tutto.
Come ci insegna l’arte, anche dalle cose più
piccole e apparentemente banali, possono
nascere grandi pensieri. Pensieri che il
Vasariano ha l’ambizione di diffondere
senza complessi, né censure.
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5. Giorgio dei vasai
di Marilli Rupi
Cinquecento anni fa, il 30 luglio 1511, nasce
ad Arezzo Giorgio Vasari.
Il cognome gli deriva dal mestiere di vasaio,
esercitato per molte generazioni, dai membri
della sua famiglia.
Ma Giorgio si distinguerà in ben altri campi.
Dimostrando uno spessore culturale in
grande anticipo sui tempi, redige il primo,
fondamentale documento di storia e di
critica dell’arte con “Le vite de’più eccellenti
pittori, scultori et architettori”.
Raffinato protagonista del “manierismo”, lascia ad Arezzo, a Firenze, a Roma, a Venezia, a Napoli, opere
fondamentali di questa corrente pittorica intellettualistica, solo in tempi recenti giustamente rivalutata.
Architetto rigoroso ed elegante le sue realizzazioni rappresentano eventi eccezionali nelle città in cui
sorgono, gli Uffizi a Firenze, il Palazzo dei Cavalieri a Pisa, le Logge ad Arezzo.
Giorgio e’ apprezzato e richiesto nelle corti e dai Papi, per Cosimo de’ Medici affresca, tra l’altro, il “salone
dei cinquecento” e il famoso “studiolo”. Ma, diversamente da altri grandi personaggi che ebbero i natali
nella nostra città, resta legato ad Arezzo. Lo dimostra la sua casa in via XX settembre, di gran lunga più
importante e più ragguardevole della sua abitazione fiorentina di via Santa Croce, donatagli da Cosimo..
Lo dimostra anche la scelta aretina della sposa, Nicolosa de’ Bacci, discendente di quel Bacci che aveva
commissionato a Piero la “Storia della vera Croce”; e ascendente della signora Elena Nicolosa de’ Bacci,
oggi residente in una bella villa sopra la chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Secondo quanto è fondatamente ritenuto, in coerenza con questo attaccamento alla città, Giorgio è
sepolto sotto la pavimentazione della Pieve.
A Giorgio Vasari Arezzo ha dedicato una piazza, la piazza più bella della città, ma la dedicazione ha avuto
scarso successo perché gli aretini hanno preferito l’antico appellativo di “piazza Grande”. Cosicché questo
grande aretino che ha dimostrato profondo attaccamento alla sua città, non ha un luogo che lo ricordi
univocamente.
Allora, la dedicazione di questo mensile “on line” vuol essere, oltre alla sottolineatura del
cinquecentenario della nascita di Giorgio Vasari, anche una piccola, modesta riparazione a questo torto
che gli è stato fatto.
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6. ArItIM!
Come Roma, Arezzo conserva tra le sue mura storie
millenarie di genti e culture diverse, pure lontane,
che si incontrano e si sovrappongono fino a formare
quello straordinario miscuglio che è l’ethnos italiano.
Come Roma, Arezzo si fregia dei natali di
personaggi immortali.
Come Roma, Arezzo ha un nome corto, di poche
lettere, misterioso e perduto nella notte dei tempi.
Questa è la storia del suo nome segreto.
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7. Ventisette secoli fa
V
entisette secoli fa in oriente vissero
il grande Re Assiro Assurbanipal e il
Faraone Psammetico di Sais. Roma
era stata appena fondata, era retta dai Re
e governava su un territorio di pochi
chilometri quadrati.
Qui, nella piana che si allarga alla
confluenza di tre valli, arroccato su un
cucuzzolo dai pendii dolci da una parte ed
aspri dall’altra, si ergeva un nucleo di
edifici in pietra, costruiti da un popolo che
condivideva la stessa lingua: l’etrusco. Il problema è che né i greci, né i romani
avevano la più pallida idea di dove
Non sappiamo se tale nucleo avesse già provenisse il nome di Arezzo. A ciò si
mura di difesa, ma gli abitanti si sarebbero aggiunge che le stesse origini del popolo
offesi a morte a sentirlo chiamare semplice etrusco sono state per secoli avvolte nel
villaggio. Per loro, era la città ideale, con mistero, così come la loro lingua è stata
tanto di rito di fondazione durante il quale tradotta solo in epoca moderna, e con
un netsvis, sacerdote dal buffo copricapo, enormi difficoltà.
aveva congiunto cielo e terra, magia e
buonsenso, tracciando col vomere le linee Nella soluzione del rompicapo, si è
di confine da consacrare al nume tutelare cimentato il fior fiore degli storici e degli
della città. Una città che greci e romani appassionati, producendo una pletora di
avrebbero chiamato Arrétion e Arretium teorie e soluzioni, alcune affascinanti ma
e che sarebbe diventata potente e temuta prive della pur minima affidabilità
lucumonia del centro Italia. scientifica, altre a dir poco stravaganti, se
non paradossali.
Tormenti della mente
A
ncora oggi capita di sentire alcuni
aretini seriamente convinti che il
nome di Arezzo derivi dal gergale
“arizzare”, ovvero “ritirare su”, quale
memoria cittadina del terremoto del 5
febbraio 1796 – quello della Madonna del
Conforto, per intenderci. Peccato che tale
terremoto, di 5.1 gradi richter con
epicentro a Montagiovi, in quanto molto
6
8. Anche la stessa “enciclopedia universale”
che prende il nome di “Wikipedia”, pur
rinunciando a fornire spiegazioni sul nome,
si esalta: “Si sa che la Arezzo etrusca, con
un nome quasi identico all'attuale,
Arretium, esisteva già nel IX secolo a.C”.
Già, si sa.
O forse lo si azzarda a casaccio, poiché nel
IX secolo a.C. siamo ancora in piena epoca
villanoviana, e i resti di tale cultura nel
nostro territorio sono davvero modesti.
E’ vero, il nostro territorio fu abitato fin
dall’epoca preistorica; è vero, è venuta a
mancare una seria indagine archeologica
sull’età del ferro; tuttavia, non risulta da
nessuna parte che i villanoviani fondassero
città con tanto di rito aruspicino, che è di
superficiale si abbatté con violenza su provenienza greco-orientale.
Subbiano, la Chiassa e Borgo a Giovi, ma
ad Arezzo arrivò con minore intensità (VI Al massimo, durante l’epoca villanoviana –
mercalli), producendo circoscritti crolli e ma ancora non vi sono evidenze
nessuna vittima (dati congiunti INGV e CFTI archeologiche – possono essersi lentamente
4MED). Se è esistito qualcosa nella nostra e inesorabilmente formati alcuni nuclei
storia che si è avvicinato a radere al suolo proto-urbani come normale evoluzione di
la città, è stato il duro periodo di una cultura in incremento demografico, ma
bombardamenti durante l’ultima guerra, o da qui a parlare di città così come la
gli scempi urbanistici compiuti da Cosimo intendevano gli antichi, ovvero di nucleo
de’ Medici. Ma in entrambi i casi, la natura
non c’entra nulla.
Ancora oggi, l’assai consultato sito internet
www.comuni-italiani.it fa derivare il nome
di Arezzo “forse da una base pre-etrusca
(arra) che è collegata al nome etrusco
Arnth, diventato in latino Arruns (nome di
persona), Arrenius (nome di famiglia) o
Arrone (nome di fiume).” Grazioso, ma
totalmente sbagliato.
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9. urbano fondato, difeso e socialmente
omogeneo e strutturato, ce ne corre.
Curiosa anche la teoria della “famiglia
Bonfante” – etruscologo il padre,
etruscologa la figlia – sposata anche dal
Pallottino, secondo cui dal latino Arretium
deriverebbe il tedesco “Erz” attraverso una
serie mirabolante di rimbalzi linguistici
(Arretium > Arretji > Arritji > Arrizzi >
Arizi > Erz) per il semplice fatto che
“Arezzo era famosa per il bronzo”. Ora,
non siamo dei professori universitari di
glottologia, ma qualche sassolino dalle
scarpe, all’insegna del buon senso, ce lo
vogliamo togliere.
Innanzitutto, nelle iscrizioni etrusche in cui
compaiono nomi riferibili ad Arezzo, la
parola etrusca, indipendentemente dal
caso in cui è declinata e il modo in cui è
tradotta, contiene sempre una sola “r”. E Quarto: Arezzo era famosa per il bronzo –
i raddoppiamenti delle consonanti sono ed anche per il ferro. Vero, ma solo in
documentati in abbondanza – come epoca romana medio-repubblicana, e come
probabile conseguenza della pronuncia – esportatrice di prodotto finito, non di
nel passaggio dall’etrusco al latino; di materia prima. E non potrebbe essere
converso, la germanizzazione di termini altrimenti: a parte una minuscola cava di
latini è stato fenomeno assai tardo, e per ferro in località Molino – tra l’altro tarda,
giunta limitato a parole o frasi che si del III secolo ed esaurita subito – tutta la
riferivano a cose o concetti che i germanici piana aretina non ha mai ospitato alcuna
non conoscevano. Invece il metallo delle miniera. Gli abitanti avrebbero dovuti fare
spade lo conoscevano benissimo. intere giornate tra le montagne per
raggiungere con i propri carri i lontani
Secondo: Erz non vuol dire né bronzo, né Monti Rognosi, e lì estrarre solo il vecchio
ferro, ma solo genericamente “minerale, rame, in epoca in cui armi ed utensili erano
metallo”. in ferro, e per giunta in condizioni di
trasporto disastroso, vista la cattiva
Terzo, la parola Erz è stata attribuita alla accessibilità delle cave.
radice proto-germanica *arutaz; la seconda
vocale “u” è incongrua rispetto ad ogni tipo E d’altronde, l’IMSS fiorentino, che si
di trasformazione linguistica sia occupa da sempre di paleometallurgia
dall’etrusco che dal latino. toscana, cita solo di striscio “qualche
8
10. protese nell’opera di mitizzazione di
Arezzo.
Etruscologia e Genius Loci
N
onostante tutto, il quadro sta
cambiando rapidamente. Le grandi
sintesi etruscologiche compiute negli
ultimi anni da Pallottino, De Palma,
Devoto, Lopez Pegna, Rix, Torelli, hanno
intanto fatto luce sul problema della
provenienza del popolo etrusco, e della sua
giacimento cuprifero nell’aretino”, non
lingua, giungendo finalmente ad un più
associandolo ad alcuna fase storica, e
credibile compromesso tra chi voleva gli
concentrandosi invece sulle grandi miniere
Etruschi come popolo esclusivamente
dell’Isola d’Elba, delle Colline Metallifere
proveniente dal mare, e chi li voleva come
e dei Monti della Tolfa, con Populonia
popolo di formazione esclusivamente
capitale e motore della potenza siderurgica
autoctona.
etrusca.
La soluzione è che le tesi sono entrambi
Se poi ci spostiamo a nord, proprio nel
vere se la formazione di un popolo non la
cuore germanico ove la parola Erz è nata,
si intende più come fenomeno ex abruptus
allora non c’è storia: lì i giacimenti minerali
(emigrazione, colonizzazione, urbaniz-
erano giganteschi, affioranti e facilmente
zazione interna per motivi economici,
raggiungibili, e pure di purezza e qualità
culturali o di difesa, ecc.) ma come lungo
incontrastata – si pensi al Norico. Ci sembra
processo aperto alle influenze esterne.
allora assai improbabile che i germanici
traessero il nome della loro materia più
L’ethnos etrusco diventa così il risultato di
nobile, di cui erano signori da sempre
una lenta evoluzione che ha visto la
(estraevano fin dai tempi della Cultura di
combinazione di elementi autoctoni di
Hallstatt), dal nome di una città lontana e
derivazione villanoviana con elementi
per giunta scarsa in metallurgia.
tirrenici (liguro-sardi) ed orientali (greco-
anatolici) di importazione. Solo in questo
Anche in loco non ci siamo fatti mancare
modo sono spiegabili anche alcune singolari
nulla: tutti i grandi storici aretini del
contaminazioni e sovrapposizioni lingui-
passato sono scivolati sulla buccia di
stiche tra una base glottologica di chiara
banana delle origini del nome di Arezzo.
provenienza greco-anatolica e termini di
Umbro, ligure, greco, gallo, piceno, il nome
tradizione italica o tirrenica. Il tutto per la
della nostra città è stato strattonato dai
felicità degli studiosi, ora costretti a
nostri studiosi con ipotesi troppe povere di
rincorrere l’origine della lingua etrusca
contenuti e troppo entusiasticamente
vocabolo per vocabolo.
9
11. La seconda novità è che è cresciuta ad studiare il problema delle origini etrusche
Arezzo una generazione di studiosi aretini della città.
finalmente critica nei confronti di un certo
manierismo auto celebrativo, e più Tra loro, forse Franco Paturzo è lo studioso
finalizzata a studiare i fenomeni con il che ultimamente ha prodotto i migliori
rigore scientifico che meritano. contributi, frutto anche di un particolare
approccio interdisciplinare al problema
In particolare, ricordiamo Cherici, etrusco che lo studioso ha elevato a metodo
Fatucchi e Paturzo come i nostri scientifico.
concittadini che negli ultimi tempi hanno
dedicato più tempo, sforzi e risorse a Lo storico si è chiesto in origine come
potessero convivere nello stesso luogo un
toponimo di chiara ed antica origine ligure
(il colle di San Donato in “Cremona”) e la
parola Arretium le cui radici glottologiche
ricorrono contemporaneamente sia in area
tirrenica (Liguria e Sardegna) sia in area
greco-anatolica. La sua ultima opera
(Etruschi – L’Enigma delle Origini), cerca
di rispondere al problema ripercorrendo
con acume tutta la storia europea e medio-
orientale dal calcolitico all’era storica, e
fissando punti fermi sulle migrazioni dei
popoli e sullo sviluppo dei relativi linguaggi.
In particolare, Paturzo individua due
differenti migrazioni che avrebbero
investito le coste toscane.
La prima, più antica (XII sec a.C.), è
compiuta dai c.d. “Popoli del Mare”,
ovvero i “Tursha”, chiamati anche Tirreni
o Pelasgi, di origine caucasica, stabilitisi
in liguria e nel nord delle coste toscane e
sarde. Tale migrazione sarebbe
responsabile dell’introduzione del metodo
di incinerazione ad urne biconiche poi
sviluppato dal villanoviano. A livello
linguistico, questo gruppo di origine
indeuropeo non avrebbe portato grandi
cambiamenti rispetto al substrato
continentale esistente, di tipo umbro. Le
10
12. radici del toponimo “Cremona” Xanthos in Arzawa – significa “acqua”,
risalirebbero a questa fase. sorgente.
La seconda, avvenuta nel X secolo a.C., Il significato antichissimo del termine
sarebbe opera dei Rasenna (o Rasna), “Arezzo”, pertanto, è non indoeuropeo, e
popolazione non indoeuropea ma di origine indicherebbe semplicemente “terra vicino
luvio-ittita, originariamente abitante la all’acqua”: la migliore fotografia
regione anatolica costiera di Arzawa, che dell’Arezzo di quei tempi, con buona pace
– guarda caso – in seguito sarebbe stata di tutti noi.
proprio la Lidia di cui parlava Erodoto. Ad
essa, attestatasi nelle coste toscane Tuttavia, anche se ne ha individuato il
meridionali, si dovrebbe l’importazione significato, neanche Paturzo è riuscito ad
dell’inumazione, di sistemi sociali più solidi identificare il nome etrusco di Arezzo.
(nascita dell’aristocrazia) e soprattutto di
un sistema codificato di lingua scritta, non Ma a questo ci hanno pensato altri studiosi,
indoeuropea. Le radici del toponimo complice una principessa etrusca aretina
“Arezzo” risalirebbero a questa tradizione. morta ad 83 anni, un fraintendimento di
In luvio-ittita la radice significherebbe vocabolo durato oltre 50 anni, ed un
“terra”, “rifugio”, laddove l’idronimo documento recuperato in vaticano.
“Arno” – ed Arne è l’antico nome del fiume
Larzia Cilnia, Diana e il nome
segreto di Arezzo
E
sistono due iscrizioni etrusche che
presentano entrambi il termine
Aritimi.
La prima, chiamata TLE 45, proviene dal
tempo di Veio-Portonaccio. In essa, il
termine Aritimi è posto accanto a quello di
Turan. Essendo la natura votiva
dell’iscrizione incontestabile, ed essendo
Turan il nome etrusco della dea greca
Afrodite (la Venere romana), non si è
trovato meglio da fare che tradurre Aritimi
come nome etrusco della dea Artemide (la
Diana romana) alternativo a quello
ufficiale, che è Artumes. Quindi, anche se
non si assomigliano per niente, gli studiosi
(in particolare Bonfante e Pallottino)
dicono che Aritimi e Artumes sono la stessa
cosa, ed hanno tradotto l’iscrizione con
11
13. “Artemide e Apollo”, anche se manca il pubblicato l'apografo cinquecentesco di
suffisso –c alla fine della parola Turan a un'interessante epigrafe del IV sec. a.C.
significare la nostra congiunzione “e”, e oggi perduta: l'epitaffio di Larthi Cilnei,
anche se la prima parola è declinata al copiato nel ‘500 da una tomba a Tarquinia
locativo, cosa assai insolita per una (probabilmente una delle tre Tombe
iscrizione votiva. dell’Orco), e rinvenuto nel Manoscritto
Vaticano Latino 6040.
La seconda, chiamata TLE 737, si trova L’iscrizione recita così:
incisa sulla gamba sinistra di una statuetta
del IV sec. a.C. del dio Aplu (l’Apollo
romano), e recita “Aritimi-pi Turan-pi”.
Anche qui è stato tradotto con “ad
Artemide e ad Apollo”, anche qui manca il
suffisso –c della congiunzione da aggiungere
all’ultima parola, anche qui la prima parola
è al locativo, a cui si aggiunge la difficoltà
di traduzione del suffisso –pi, qui tradotto
al dativo ma in altre iscrizioni tradotto con
“in” (TLE 12 e TLE 13)
L’insieme di tutte queste anomalie, unito
al fatto che gli etruschi non erano usi
confondere i nomi dei loro dei, già nel 1987 Larthi Cilnei *Luvchumes
allarmarono lo studioso Alessandro Cilnies sech *an *Aritinial
Morandi che così avvertiva: “Così come non meani arsince *clthlu-
credo che aritimi nell'iscrizione veiente m lupu Felznealc nach
TLE 45 corrisponda con assoluta certezza umse puia a[m]ce *Ar(n)thal *Spu-
al nome della dea greca Αρτεμις, che rinas cver puthsce uthu
dovrebbe essere in caso obliquo — non reso u[z]r einch s[a]l luice phul-
dalla terminazione in i —, come è nella ui-[…]-ce […]*-es puia amce a-
norma delle dediche votive etrusche, in [vi]l XIIII *lupum *avils [L]XXXIII119
una lingua cioè che ha una vera e propria
flessione dei casi; allo stesso modo in Questa la traduzione:
turan-pi non è certissimo che sia da
Larthi Cilnei di Luvchume
riconoscere il nome di Turan. Il segnacaso
Cilnie figlia che da Arezzo
della dedica manca nell'altra attestazione
… se ne andò …
di aritimi in TLE 737.” (Revue belge de
morì e di Felznei …
philologie et d'histoire. Tome 65 fasc. 1,
1987. Antiquité - Oudheid. pp. 87-96) … fu moglie di Arnth Spu-
rinas (e) un dono ha fatto (?) …
Solo due anni dopo, nel 1989, Augusto …… fu moglie per an-
Campana e Adriano Maggiani hanno ni 14, morta ad anni 83
12
14. matrimoni incrociati tra le famiglie più
Quindi, Larthi Cilnei, aretina, figlia degli illustri.
aretini Luvchumes Cilnie e di Felznei, e
moglie del tarquiniate Arnth Spurinna per Non è difficile credere che il matrimonio
14 anni, morì all'età di 83 anni. tra Arnth Spurinna, parente del
comandante, e la nostra Larthi Cilnei, sia
Questa iscrizione, per la prima volta frutto di tali accordi. Agostiniani e
presenta il termine aritinial espressamente Giannecchini (2002) avvertono che solo
riferito ad Arezzo e, dedotta la flessione così è infatti spiegabile la magniloquenza
del moto da luogo, la radice risulta del con cui nell’epigrafe si citano entrambi i
tutto compatibile con l’aritimi delle due genitori aretini della sposa, particolare
precedenti iscrizioni così frettolosamente assente nel resto di tutte le altre iscrizioni
equivocate in dee, ma in realtà nome di delle ricchissime Tombe dell’Orco.
città al caso locativo.
Ed è davvero suggestivo pensare che è stata
Da tutto questo, lo studioso Dieter una nostra antica principessa della famiglia
Steinbauer ha messo insieme nel ’98 un Cilnia a condurci sulla strada del nome
lungo ed articolatissimo studio (Zur etrusco di Arezzo: una lontana ava di
Grabinschrift der Larthi Cilnei aus Aritmi Mecenate che ci ha permesso di scoprire
/ Arretium / Arezzo) in cui finalmente si un nome per anni confuso – bellissima
dimostra che Aritimi e Aritinial non possono coincidenza - con quello della dea della
che riferirsi ad Arezzo, e che il nome caccia Diana, signora di quelle selve e di
etrusco originale della città debba essere quelle acque rese immortali dal significato
Aritim. Una soluzione da quel momento in antichissimo delle parole Arezzo ed Arno.
poi sempre più accreditata presso gli
etruscologi, specie quelli che studiano i
rapporti tra Tarquinia ed Arezzo nel IV
secolo.
A tal proposito, infatti, si inserisce, come
emerge dalla lettura dei celebri Elogia
Tarquiniensis, la vicenda di Aulo Spurinna:
giovane zilath della più potente famiglia
tarquiniate, viene inviato a capo di una
spedizione confederata etrusca a dar
manforte agli aristocratici Cilnii aretini in
difficoltà per una rivolta della plebe. Una
spedizione per ripristinare l’ordine
costituito che, con ogni probabilità –
terminò anche con patti di reciproca
fedeltà, normalmente suggellati con
13
15. WEBMANIAC
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Jeff Miller
“Soccer Player: Robot”
Z-Brush, 3ds Max, Photoshop, XSI
Giugno 2010
16. di Federico Rupi
Nel nostro tempo, ampliandosi l’ambito Ed è inevitabile che, con il progredire
degli spostamenti, scade la funzione delle tecniche ferroviarie, i treni veloci che
dell’automobile, mente ferrovia e passeranno per la stazione di Arezzo
aeroplano sembrano assumere sempre saranno ancora meno, fino a restare solo
maggiore importanza. i treni merci e i treni locali.
Per parlare della ferrovia, si può solo Una seconda stazione nella direttissima,
rilevare l’occasione persa alla fine degli “Arezzo-sud”, dotata di un adeguato
anni ’60, quando si sarebbe potuto parcheggio e di servizi di collegamento
chiedere e agevolmente ottenere, a correlati agli orari dei treni, avrebbe
compensazione della perdita di traffico grande importanza per Arezzo, città oggi
ferroviario, una stazione sulla linea inesistente per quei milioni di viaggiatori.
direttissima.
Una seconda stazione sulla tratta
Per la linea direttissima, oggi passano direttissima, riducendo drasticamente il
giornalmente circa 100 treni con una maggior tempo, oggi determinato
media di 360 passeggeri e quindi soprattutto dalla deviazione per l’ansa;
complessiva-mente oltre 12 milioni di renderebbe realistica la possibilità di
passeggeri all’anno sfrecciano oltre il fruire di alcuni treni veloci.
colle di Agazzi, senza percepire la
presenza di Arezzo.
15
17. Ma soprattutto, una stazione sulla Le società low-cost, che sono proprio quelle
direttissima farebbe tornare Arezzo ad che utilizzano gli aeroporti marginali, nel
esistere potenzialmente tra Firenze e Roma periodo dal 2004 al 2006 passarono da
per quei milioni di viaggiatori ancorché su 1,3 milioni di passeggeri a 7 milioni di
treni che non fermassero alla seconda passeggeri; e se anch’esse sentirono gli anni
stazione di Arezzo. di crisi, già nel 2009 hanno ripreso con un
trend di crescita annuale del 9%.
Oggi, la seconda stazione sarebbe
realisticamente proponibile, solo se Ovvio dire che un aeroporto è un grande
collegata ad una importante ipotesi strumento di sviluppo sociale, civile ed
infrastrutturale, ad esempio ad un nuovo economico. Questo lo hanno capito i giovani
aeroporto. che sono grandi clienti del “last time”. E,
dall’altra parte, lo hanno capito, dopo
Ma questa considerazione apre un altro Firenze e Pisa, anche Grosseto, Siena e
capitolo. Perugia che, zitti zitti, hanno già voli di linea
europei della Ryanair e della Meridiana.
Quando fu posta nel Piano Strutturale la
salvaguardia di una vasta area della Val A questo punto, pur rispettando le decisioni
di Chiana, fu fatta un’operazione della nuova amministrazione, il vincolo già
importante. apposto dalla precedente amministrazione
a questa area strategica della Val di
L’aeroplano tende a divenire il mezzo Chiana, per adesso assolutamente libera
principale di trasporto. Il “trend” di crescita da costruzioni, dovrebbe essere tras-
annuale del numero di passeggeri in formato in “vincolo agricolo am-bientale”,
aeroplano, che negli anni dal 2000 al in modo che quest’area continui comunque
2007 è stato dell’ordine del 10%, dopo la ad essere preservata per possibili futuri
crisi, nel 2010 ha già ripreso un trend utilizzi, escludendo che altri interessi
positivo del 7%. possano vanificare questa prospettiva.
16
18. AREZZO BOMBARDATA Miracolosamente i gioielli della città,
il Duomo, la Pieve, le chiese di San
Dopo la guerra, Arezzo appare Francesco e San Domenico con le
completamente disastrata. loro opere d’arte, sono salve.
Ruderi degli edifici bombardati sono Nelle immagini riportate uomini e
sparsi dappertutto e pochissime sono donne si aggirano smarriti tra le
le costruzioni rimaste indenni. rovine di una città apparentemente
morta.
Perfino il cimitero è stato devastato
dalle bombe. Ma in pochissimo tempo gli aretini
sapranno ridare vita ad Arezzo.
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19. Foto 1 – La scuola di Piazza della Badia, vista
da via Isidoro del Lungo.
Stranamente è rimasta integra solo la
facciata verso piazza del Popolo.
Anche questo edificio, come la gran parte
degli edifici bombardati della città alta, sarà
intelligentemente ricostruito con i caratteri
architettonici originari.
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20. Foto 2
La Banca Popolare di Arezzo
colpita da una bomba.
Foto 3
La via Romana vista da chi arriva ad
Arezzo. A sinistra un automezzo
sfasciato.
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21. Foto 4 Due ragazzini si divertono a
passeggiare sulle macerie.
Il fotografo si trova in
In quel periodo un ammasso di
corrispondenza dell’attuale via
macerie come questo veniva
Verdi e vede davanti a sé le
considerato di nessun valore e vi
facciate del Corso, perché le
fu chi, non vedendo possibilità di
case interposte sono state
ricostruire alcunché, cedette per
ridotte ad un cumulo di macerie.
poche lire aree centrali.
Sulla sinistra si scorge la Chiesa
trecentesca di San Jacopo, che La guerra fu anche un momento
sorgeva dove, fino a poco di ribaltamento generale della
tempo fa, c’era UPIM. vecchia stratificazione sociale.
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22. Foto 5 Il Palazzone, che nasce come
“casa popolare”, sarà ricostruito
Il fotografo si trova in Corso Italia, nella parte diruta ripristinando
davanti al negozio ex “Montaini” ed accurata-mente i caratteri
ex “Renato”. architettonici preesistenti.
La macchina è puntata verso est.
Lo spiazzo antistante, tra il Corso
Poiché le case sono state distrutte e e via Margaritone, sistemato alla
le macerie sono state portate via, da meglio con il cemento, sarà
questa posizione si vede la via utilizzato per un certo periodo
Margaritone, dove questa si imbocca come “dancing” sul quale aretini
su via Crispi e nel varco compare il e aretine recupereranno quattro
“Palazzone” di via Crispi, anch’esso anni di divieto, ballando, insieme
colpito da una bomba proprio a soldati di tutto il mondo, con le,
nell’angolo. per allora, mitiche musiche
americane.
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23. Foto 6
In questa foto compare una
L’incrocio tra il Corso e via Crispi – bicicletta.
via Roma.
Tutti gli uomini hanno il
Sulla destra, la colonna dei Portici, cappello, che in quel periodo
davanti il Corso con l’angolo dove sembra essere una compo-
per molti anni sarà ubicato il nente indispensabile dell’
negozio di ottica “Andreoni”. abbigliamento .
Tra tutte queste foto compaiono
solo due automezzi militari e
nessuna automobile civile.
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24. AREZZO RINNEGATA Castro che alimentava i vasconi di argilla
(ovvero, la fontana di piazza San Jacopo dei fabbricanti di vasi, anticamente
scomparsa nel dopoguerra) insediati numerosi nella zona.
In passato, nella Piazza San Jacopo, nel La deviazione del Castro, ben
lato sud dove adesso sorge il “Palazzo canalizzata, venne alla luce con gli scavi
Turchini”, c’era una fontana. delle fondazioni dell’edificio del Monte
dei Paschi.
La fontana trae origine dalla presenza
in quel punto dell’antica deviazione del
Foto 1 lungo il Corso verso la ferrovia.
Arezzo è in festa, nello striscione si legge Sullo spigolo di destra della piazza
“HUMANITAS CHARITAS”. compare la fontana, anch’essa
Il fotografo si trova in piazza San Jacopo decorata con fronde e bandiere.
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e punta la macchina
25. Foto 2
Davanti alla fontana c’è un lago d’acqua, quindi la fontana è
funzionante.
Sopra, adesso è stata posta una tavola pubblicitaria.
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26. Foto 3 Sulla fontana, due manifesti
pubblicitari, il primo propone
La strada della foto corrisponde l’”Acarina per rogna, eczemi,
all’odierna via Verdi. erpeti”, l’altro “vino padronale
della trattoria Biondi Paolo”.
I fabbricati nel fondo e sulla destra
saranno distrutti dalla guerra e al Con la ricostruzione sparirà
loro posto sarà inventata la piazza ogni traccia dell’antica
Risorgimento. fontana.
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27. WEBMANIAC
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Akira Hanzo: “Fluid Inspiration” - 3ds Max 5 - Settembre 2004
29. "Arezzo, 16 Gennaio 1801. infatti quanta importanza avrebbe avuto
per i posteri la memoria di tali costruzioni
Era una notte limpida e gelida. qualora se ne fosse decretato l'abbandono
e la conseguente demolizione.
L’ingegner Jacopo Gugliantini se ne stava
chiuso nel suo studio, chino sulla scrivania, Aveva pensato in particolare alla chiesina
intento a terminare la relazione che il Vicario di S. Donato, che per secoli aveva accolto
Regio di Arezzo gli aveva commissionato le anime dei soldati della Fortezza, e che
qualche mese prima. tanta storia aveva da raccontare, basti
pensare che Don Francesco, l'ultimo
Urgeva infatti un resoconto dettagliato sulle parroco, non si stancava mai di ricordare
condizioni della Fortezza di Arezzo che sul quanto quell'edificio fosse vetusto, lo
finire di ottobre era stata gravemente riteneva addirittura più antico di tutte le
danneggiata dai francesi, bramosi di chiese della città e del contado.
vendicarsi degli aretini che nel maggio del
1799 avevano osato cacciare dalla città Immerso tra questi ed altri pensieri Jacopo
l'esercito rivoluzionario al grido di "Viva pose la sua firma nel lavoro ormai ultimato
Maria". e, dopo una veloce revisione, andò a
coricarsi."
Ma benché avesse già ultimato la stesura
dell'elenco dei lavori da compiersi per riparare Oggi, a distanza di due secoli, la
e poi riarmare la Fortezza, temeva in cuor suo relazione dell’Ingegner Gugliantini è
che quella relazione sarebbe rimasta chiusa stata riscoperta e rappresenta per noi un
negli archivi del Granducato, dato che i documento di inestimabile importanza.
francesi parevano del tutto contrari a far
presto rientro in patria, ed anzi molti aretini Infatti, grazie alla lungimiranza di
sospettavano che stessero mettendo le radici quest’uomo, è attualmente possibile
nella terra dei loro antenati; sinceramente ricostruire la scomparsa chiesa di San
aveva dubbi anche sulle intenzioni del Donato in Cremona, con dovizia di
Granduca che certamente non aveva alcun particolari strutturali e storici.
interesse a spender un'ingente somma di denaro
per un baluardo disarmato ormai da quasi Certo, i timori dell’ingegnere si rivelarono
vent'anni, né tantomeno avrebbe rischiato di ben fondati, infatti la sua relazione non
scatenare una controversia con i francesi che vide mai la realizzazione progettuale,
per ovvi motivi si sarebbero opposti al ma ha fornito a noi posteri gli strumenti
progetto di ricostruzione. per poter rivivere e apprezzare un
Mosso dunque da tali ragionamenti, edificio sacro che si riteneva perduto per
l'ingegnere aveva passato l'ultimo mese a sempre.
prender misure e a fare schizzi di quelle che,
almeno a parer suo, erano le strutture più
notabili all'interno della Fortezza; sapeva bene
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31. La chiesa era all’incirca 15 metri di lunghezza importantissima emersa parallela-mente
per 8 di larghezza, se si esclude l’abside alla scoperta della relazione di
poligonale, dimensioni abbastanza ristrette Gugliantini.
che giustificherebbero l’ipotesi di una
fondazione molto remota. Si è riusciti addirittura a recuperare la
memoria delle lapidi mortuarie e le
Inoltre è interessante notare l’alzato della iscrizioni che popolavano le navate della
struttura, suddiviso in due parti: nella parte chiesa, gli oggetti sacri e le opere che si
inferiore la chiesa, che raggiungeva l’altezza celavano al suo interno, un patrimonio
di soli 5 metri, e nella parte superiore un davvero eccezionale che ha completato
magazzino che i documenti ci descrivono esser il quadro storico dell'edificio e che
chiamato “la vecchia armeria”. prossimamente sarà reso fruibile
finalmente a tutti i cittadini.
Da notare inoltre la singolare foggia delle
sei colonne che sorreggevano la struttura: Dispiace solo che questo patrimonio sia
sono chiaramente di ordine “ionico”, con i emerso solamente ora; per anni storici e
capitelli a spirali simmetriche, e ciò farebbe scrittori si sono limitati a spendere le solite
pensare ad un riuso di elementi architettonici quattro parole su questa chiesa, senza
provenienti dall’antico Capitolium e a questo approfondirne lo studio, e bollandola
punto si potrebbe parlare di fondazione velocemente come “antichissima” e
paleocristiana o tardoantica. “importantissima” per la storia della
nostra città.
Grazie alla documentazione rinvenuta
sappiamo anche che l’abside poligonale Ma dopotutto si sa, gli aretini hanno il
disegnato nella carta era stato edificato solo vizio di tessere facilmente le lodi della
nel 1707, su commissione del Granduca propria storia cittadina, fiumi d’inchiostro
Cosimo III dei Medici, e rappresentava l’unico e parole altisonanti per rivendicare un
esempio in città di opera di committenza passato glorioso, una tradizione
regia, un vero privilegio. ineguagliabile, pronti a strillare
all’unisono se si sposta anche solo una
I nove cerchi che si rilevano nel pavimento pietra.
della chiesa erano delle “buche da grano”,
che ovviamente dovevano essere impiegate Quando però si dissolvono le dorate
in caso di assedio alla Fortezza, e sono state foschie degli elogi, quasi sempre vi si
recentemente rinvenute anche durante gli scoprono dietro ignoranza dilagante,
scavi archeologici in occasione dei lavori di negligenza e ben poco di ricerca storica.
restauro della Fortezza.
E’ bene ricordare agli aretini che di storia
Moltissimi particolari si sono aggiunti alla non si parla a lodi, ma a fatti.
ricerca grazie ad una grande matrice
documentaria del tutto inedita ed
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32. DI ELISA PERRIELLO
U no stemma o sigillo di una città o stati molti cambiamenti, anche a causa dei
paese, racchiude in se storia, vari periodi storici.
tradizioni, cultura di un popolo.
La più antica attestazione dello stemma
In questo caso lo stendardo uffiale che araldico del Comune di Foiano "il giglio
rappresenta il comune di Foiano della fiorentino senza fronde" risale al XV
Chiana gli è stato attribuito nel 1995 con secolo (costituita dal bel sigillo di bronzo
Decreto dell’Ufficio Onorificenze e conservato al Museo statale di Arte
Araldica presso la Presidenza del medievale e moderna di Arezzo).
Consiglio dei Ministri, e il segno distintivo
del Comune è quello storicamente Nel 1453, infatti, la Repubblica di Firenze
utilizzato del “giglio fiorentino” d'oro in concedette alla terra di Foiano di poter
campo rosso. usufruire del medesimo stemma di Firenze
e del titolo di "nobiles viri", grazie alla
C'è da sottilineare però, che prima di resistenza dimostrata dai Foianesi nel
arrivare a tale stemma nella storia ci sono corso del lungo assedio da parte delle
31
33. Giovanni Maria all'interno del palazzo
comunale.
Da questo momento in poi si susseguì una
serie di modifiche al sigillo del comune:
– insegna del castello un bue dorato
giacente sopra una campagna in
mezzo a due cipressi e una luna d'argento
nella parte superiore dello scudo che è di
colore azzurro.
– nel 1630 una lepre adagiata su un
campo verde sotto il cielo azzurro tra due
coltelli.
truppe napoletane l’anno precedente. – Nel 1693 lo stemma era un bue rivolto
Anche all'epoca nella maggior parte dei con la testa verso destra in un campo
documenti rappresentavano il giglio d'oro verde con il cielo azzurro.
e lo sfondo rosso.
Questi susseguirsi di stemmi sfilavano sul
Nella metà del Cinquecento Foiano subì gonfalone alla vigilia di S. Giovanni a
gravi danni e perdite umane a causa Firenze, una cerimonia che si ripeteva ogni
della guerra Siena-Firenze che segnò da anno in cui i partecipavano tutte le terre
li a poco la sottomissione di Siena al che appartenevano al Dominio fiorentino,
dominio Fiorentino, però durante l'assalto le quali avevano l'obbligo di donare
venne perduto il gonfalone quindi nella un'offerta.
seduta del Consiglio di Foiano del 12
Maggio del 1555 vide la necessità di Invece per quanto riguardava le insegne
doverlo rifare, decidendo di modificarlo, civiche di solito realizzate in pietra e/o
facendone richiesta alla Signoria murate nelle porte di accesso al paese,
fiorentina. Il 15 luglio del 1555 si rese
nota la lettera del 27 maggio degli otto
guardia balia di Firenze di cambiare il
sigillo "la solita arma del giglio giallo
senza fronde in un San Martino a cavallo
che divide con la spada un manto rosso".
Tale stemma venne fatto dipingere da
32
34. sull'ex convento di S. Domenico e sulla
Collegiata di San Martino raffiguravano
il classico Giglio senza fronde.
Nel 1799 la Toscana venne invasa dalla
Francia dove si insediarono stabilmente
nel 1801 con la nascita del Regno
d'Etruria. Con il trattato di Fòntaineblau
(23 ottobre 1807) la Toscana è annessa
all'impero francese fino al 15 settembre
1814. Durante tale periodo Napoleone I
aveva ripudiato lo stemma per sostituirlo
con l'arma imperiale dell'aquila
afferrante il fulmine ("aquila di Giove")
coronata.
Con la caduta dell'Impero francese il
comune di Foiano riacquista il diritto di
usare il giglio fiorentino che continuò ad
usare anche con l'unione della Toscana al
Regno d'Italia. Infatti le lettere son
sigillate con un timbro a forma ovale dove
in alto c'è l'iscrizione "COMUNITA' DI
FOIANO" mentre la parte bassa è
occupata da un elemento decorativo fosse stato in grado di acquisire nessuna
floreale. informazione tranne il ritrovamento di un
lacero gonfalone che rappresentava un
Nel 1860, Bettino Ricasoli incarica giglio d'oro in un campo rosso oltre
l'araldista Luigi Passerini di realizzare una all'effige di san Martino a cavallo, ma la
raccolta degli stemmi toscani da regalare presenza del Santo viene spiegata in
al re Vittorio Emanuele II. Il 26 febbraio quanto San Martino fosse protettore del
il Passerini invia una lettera a tutti i comuni paese.
indicando di inviargli l'incisione dello
stemma con la descrizione e il significato In allegato alla lettera venne inviato
degli elementi. un'impronta in ceralacca e un disegno a
Nella risposta del 31 marzo 1860, il matita dello stemma il cui giglio era
gonfaloniere di Foiano Angelo Seriacopi aperto bottonato con la descrizione
spiega che sullo stemma comunale non "giglio d'oro in un campo rosso". A fine
33
35. Il periodo fascista portò notevoli
cambiamenti nell'araldica pubblica. La
norma del 1928 prevede che i comuni
utilizzino il proprio stemma affiancato a
sinistra del Fascio Littorio (il Littorio nel
1926 fu riconosciuto come emblema di
stato). Nel 1933 il Fascio Littorio venne
cambiato come "capo littorio" ed
introdotto all'interno dello stemma stesso.
Nel 1944 con la caduta del fascismo si
ritorna alla forma più semplificata del
giglio. Per ottenere la necessaria
autorizzazione il Comune di Foiano nel
1962 avvia le pratiche per il
riconoscimento dello stemma e del
gonfalone ed incarica l'Istituto Araldico
1860 l'opera degli stemmi civici venne Coccia di Firenze per provvedere alla
consegnata a Emanuele II e quattro anni ricerca storica e alla preparazione del
dopo venne pubblicata a Firenze. bozzetto dello stemma comunale. Nel
bozzetto del Coccia il giglio è inserito
A cavallo della fine del XIX secolo Foiano all'interno di uno scudo e sulla parte
abbandona la forma semplice del giglio superiore è collocata una corona.
e aggiunge le infiorescenze.
Nel 1926 esattamente il 18 marzo il Nel 1964 senza attendere il
Consiglio comunale in seduta pubblica riconoscimento dello stemma viene
delibera di offrire a Benito Mussolini una realizzato il gonfalone che ovviamente si
medaglia d'oro (realizzata dal prof. diversifica dal bozzetto in quanto
Artidoro dell'Agnello) con lo stemma di raffigura un giglio d'oro in una campitura
Foiano inserito in una mandorla circondata uniforme rosso porpora.
da motivi vegetali sul retro, e la scritta "IL
POPOLO DI FOIANO AL DUCE CMXXVI" Nel 1991 quindi si richiede di nuovo il
nella parte frontale, come riconoscimento riconoscimento per i nuovi bozzetti
del popolo foianese per la sua opera di realizzati dallo studio Araldico di
elevare la grandezza dell'Italia. La Genova, e nel 1995 ottiene così il decreto
medaglia insieme ad un diploma viene per il riconoscimento dello stemma e del
consegnata al Duce il 27 marzo. suo gonfalone.
34
36. di Marilli Rupi
La normativa sulle firme elettroniche Molto più interessati alle
trova le sue radici in Italia fino dal 1997, definizioni giuridiche della forma
con la legge 15/3/1997 n. 59 che, scritta - rispetto alla cultura anglo-
all’articolo 15, introduce e disciplina sassone - e rivolti invece soprattutto
questo nuova modalità di sottoscrizione di agli aspetti sperimentali del nuovo
un qualsiasi atto. strumento, l’Italia è stata all’
Questa legge è stato il primo avanguardia nel mondo nell’inserire le
tassello di un nuovo apparato normativo nuove tecnologie informatiche
conseguente alla introduzione della firma nell’ordinamento legislativo. Solo due
elettronica. anni dopo la Comunità Europea ha
35
37. emanato una direttiva, la 1999/93, per Elettronica Certificata, comunemente
la firma elettronica. detta PEC.
Semplificando i concetti, esistono Con essa si certifica la data e
due tipi di firme elettroniche, una firma l’ora dell’ invio e l’ avvenuta ricezione
cosiddetta “debole”, quella di una comune di un messaggio insieme al suo
lettera elettronica (e-mail), della quale contenuto, ma non si garantisce
non si può garantire la veridicità del l’identità del mittente. Mentre solo con
sottoscrittore, e la firma digitale “forte”. la Firma digitale si certifica l’identità
Quest’ultima è una firma del sottoscrittore.
“certificata”, essendo passata attraverso Oggi però qualunque cittadino
un processo che ne garantisce l’autenticità. italiano si può avvalere del servizio
Presiedono a questo processo alcuni Enti offerto gratuitamente dal Ministero
Certificatori, appositamente autorizzati, per la Pubblica Amministrazione e
che, previa identificazione preventiva l’Innovazione che fornisce una PEC
dell’identità della persona e la consegna speciale comprendente anche il
di una “smart card” (una tessera vantaggio di garantire l’identità del
codificata simile ad una carta bancomat), mittente.
garantiscono l’autenticità della firma.
Con la pubblicazione del nuovo Il nuovo CAD ha introdotto su
Codice dell’Amministrazione Digitale - questo tema significative modifiche
CAD (D.Lgs. N. 82/2005), del 10 gennaio tese ad una semplificazione e
2011, sono state introdotte alcune riduzione della necessità di alcuni
modifiche, come ad esempio la definizione strumenti.
di un’ulteriore firma elettronica avanzata,
in conformità a quanto previsto nella La PEC, se rilasciata secondo certe
citata Direttiva Europea, il cui ambito di regole, può essere anche utilizzata per
utilizzo ed applicabilità verranno meglio inoltrare istanze alla Pubblica
individuati in un secondo momento. Amministrazione con validità legale.
Inutile elencare quali vantaggi Vedremo con il tempo se le novità
comporta in una società avanzata la inserite avranno contribuito alla
possibilità di apporre con sicurezza la diffusione dell’uso degli strumenti
propria firma a distanza, in atti notarili, informatici, al fine di portare
operazioni finanziarie, documenti pubblici ulteriormente avanti il processo di
eccetera. de-materializzazione della comunità
Un altro essenziale strumento nazionale intera, coinvolgendo sempre
informatico per la de-materializzazione più nel nuovo sistema anche le imprese,
dei processi è costituito dalla Posta i professionisti e i comuni cittadini.
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38. WEBMANIAC
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Amauri Ploteixa
“Bjork 3D Portrait”
Maya, Photoshop, Zbrush - Aprile 2006
39. Rubrica a cura di Riccardo Lelli
Scrive il lettore: l’opera realizzata non corrisponda
“Nel febbraio del 2006 ho fatto alle caratteristiche del progetto e del
ristrutturare un appartamento. Da qualche contratto di appalto, o sia stata
mese sono comparse delle vistose crepe sul eseguita senza osservare le regole
pavimento di ceramica in cucina, in salotto della tecnica, presentando i cosiddetti
e in una camera da letto. Anche se sono “vizi redibitori”, che rendono l'opera
passati più di quattro anni, per questi danni inadatta, totalmente o parzialmente,
mi posso rivalere sull’appaltatore che ha all'uso cui è destinata.
eseguito i lavori di ristrutturazione?”
L’azione contro l’appaltatore si
Risponde l’avv. Riccardo Lelli: prescrive in due anni dal giorno della
consegna dell’opera e il committente
Nell'ordinamento italiano, gli deve, a pena di decadenza,
articoli 1667 e 1668 del Codice Civile denunciare all’ appaltatore le
prevedono una garanzia biennale a difformità, o i vizi entro sessanta giorni
38
carico dell’appaltatore nel caso in cui dalla scoperta.
40. A queste norme si aggiunge avrebbe più alcun diritto da far valere
l'articolo 1669, secondo il quale, se, entro nei confronti dell’appaltatore che ha
i dieci anni dal compimento, l'opera rovina eseguito i lavori di ristrutturazione.
totalmente o parzialmente, oppure
presenta pericoli di rovina, o gravi difetti, Se, invece, nel pavimento in
l’appaltatore è responsabile verso il parola risultasse una presenza
committente e i suoi aventi causa. capillare, continuata e diffusa di
lesioni (come sembrerebbe che sia,
Negli ultimi anni si è affermata una secondo la descrizione fatta dal
interpretazione dell’articolo 1669 che lettore), tali difetti potrebbero
considera grave difetto, non soltanto i vizi rientrare nella disciplina della
incidenti sulle strutture e sulla stabilità responsabilità decennale prevista
degli edifici, ma anche qualsiasi all’articolo 1669, soprattutto se, in una
alterazione che determini, o possa prospettiva futura, si accentuassero
determinare uno stato di apprezzabile ulteriormente e portassero allo
menomazione, economica, o di godimento scollamento delle mattonelle.
dell’immobile.
In quest’ultimo caso, il lettore
Detto articolo 1669 prevede, oltre potrebbe far valere i propri diritti nei
al termine decennale dal compimento confronti dell’appaltatore, dal
dell'opera, due ulteriori termini, uno, di momento che i termini della
decadenza, pari ad un anno dalla prescrizione e della decadenza, sopra
scoperta, per la denuncia del pericolo di menzionati, non sono ad oggi trascorsi.
rovina o di gravi difetti, e l'altro, di
prescrizione, pari ad un anno dalla
denuncia, per l'esercizio della
conseguente azione di responsabilità.
Ciò premesso, nella vicenda
esposta dal lettore occorre capire,
innanzitutto, se i vizi riscontrati rientrino
nella fattispecie dell’articolo 1667,
oppure in quella dell’articolo 1669.
Nel primo caso, l’azione di
responsabilità nei confronti dell’
appaltatore è ormai prescritta, essendo
trascorsi più di due anni dalla consegna
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dell’opera. Il lettore, pertanto, non
41. Girasoli
Fiori di luce.
Eleganti
importanti
affascinanti.
Belli soprattutto
quando sono tanti
che, per intere vallate,
si sporgono ad ondate.
Vi prego: restate.
Emozionanti
come fuochi squillanti
nelle notti stellate:
siate come le fate
che addolciscono il cuore!
Lasciateci l’Amore
“giallamente” felice
che, per sempre, ci dice
quel che vogliamo udire.
di Maurizio Licenziati
40
42. BRIDGE
L’Associazione organizza presso
Per iniziativa dell’”ASSOCIAZIONE l’Hotel Minerva, tutti i pomeriggi del
CHIMERA BRIDGE”, questo gioco, giovedì e della domenica, un torneo
riconosciuto dal CONI, ha avuto di bridge.
recentemente un impulso nella nostra città.
Presidente e animatore dell’Associazione Per chi è interessato ad imparare il
è l’ingegnere Antonio Bedini (Tel. gioco del bridge, l’Associazione
0575.300700) dispone di un istruttore federale (Dino
Faltoni, tel. 368.7189773) e di una
In Toscana sono diffusi i giochi delle carte, brava giocatrice disposta a insegnare
quali briscola o scopone, la cui conoscenza questo gioco (Gabriella Serboli
e apprezzamento è premessa utile per Pignattelli tel. 349.53767).
41
diventare giocatori di bridge.
43. Riportiamo i risultati degli ultimi tornei di BRIDGE tenuti dall’Associazione Chimera
Bridge:
Torneo del 28/11/2010
linea Nord-Sud
1° Bresci Maria Teresa e Stelloni Loretta
2° Lelli Laura e Rupi Pier Lodovico
linea est-ovest
1° Mastrantonio Angela e Cardeti Giancarlo
2° Galletti Luciano e Bresci Piero
Torneo del 2/12/2010
linea Nord-Sud
1° Bresci Piero e Orzari Fabio
2° Baldelli Bombelli Augusto e Bedini Antonio
linea est-ovest
1° Marchetti Lanfranco e Brancati Maria Luisa
2° Cardeti Giancarlo e Casini Alda
Torneo del 5/12/2010
linea Nord-Sud
1° Serboli Gabriella – Bresci Maria Teresa
2° Baldelli Bombelli Augusto e Bedini Antonio
linea est-ovest
1° Falconi Dino – Bresci Piero
2° Materazzi Dino – Nardi Dei Anna
Torneo del 6/1/2011
linea Nord-Sud
1° Biancini Lucia – Caprini Giuseppe
2° Lelli Laura – Rupi Pier Lodovico
linea est-ovest
1° Incardona Luciana – Camiciottoli Renza
2° Tarquini Elio - Ceccarelli Marisa
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44. BURRACO
L’Associazione Chimera Bridge organizza presso l’Hotel Minerva, i pomeriggi del
giovedì e della domenica, anche un torneo di burraco.
Responsabile di questi tornei è Alvaro Fedeli (Tel. 0575.27369)
Riportiamo i Risultati degli ultimi tornei di BURRACO
Torneo del 28/10/2010
1° Fedeli Alvaro e Romani Mario
2° Raffaelli Lidia e Pierattini Marcella
3° Dalla Verde Bruno e Bonciani Giuliano
Torneo del 7/11/2010
1° Gironi Laura e Agnelli Bruna
2° Minghetti Mirella e Piantini Loredana
3° Ghiandai Mauro e Rubechini Simonetta
Torneo del 6/12/2010
1° Rossi Carlo e Ghezzi Maria Gabriella
2° Fedeli Alvaro e Romani Mario
3° Fiorentino Olimpia e Rubino Rosanna
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46. IL VASARIANO
Editoriale di LILLY MAGI
Memento
Perché il Numero Zero
Entreé
GIORGIO DEI VASAI
Cover Story
Il nome segreto di Arezzo
Urbanistica
Per la salvaguardia dell’area di un possibile aeroporto
Vintage
Arezzo bombardata, Arezzo rinnegata
Città
la resurrezione della chiesa di san donato in cremona
Provincia
Foiano della chiana e il suo stemma nella storia
Società
la firma elettronica
Rubriche
Diritto & Rovescio - Poesie - Bridge & Burraco