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IL VASARIANO




 MENSILE DI STORIE
 E NOTIZIE ARETINE
Editoriale - di Lilly Magi

                                                                             Memento - Perché il Numero Zero
                                                                                            di Fabio Massimo Fabrizio


                                             Entreé - Giorgio dei Vasai
                                             di Marilli Rupi


                                                                       Cover Story - Il nome segreto di Arezzo
                                                                                            di Fabio Massimo Fabrizio


                                             Urbanistica - Per la salvaguardia dell’area di
                                             un possibile aeroporto
IL VASARIANO                                 di Federico Rupi

E-Zine mensile di storie e notizie aretine                     Vintage - Arezzo bombardata, Arezzo rinnegata
           N. 0 - Aprile 2011                                                              Photostory di Federico Rupi

 Direttore Responsabile
        LILLY MAGI                           Città - La Resurrezione della Chiesa
                                             di San Donato in Cremona
         Vicedirettore                       di Marco Giustini
    FABIO MASSIMO FABRIZIO
                                                                                  Provincia - Foiano della Chiana
                                                                                     e il suo stemma nella storia
         Hanno collaborato                                                                            di Elisa Perriello

          FEDERICO RUPI
         MARCO GIUSTINI                      Società - La firma elettronica
       MAURIZIO LICENZIATI                   di Marilli Rupi
           MARILLI RUPI
         ELISA PERRIELLO
          RICCARDO LELLI
     MATTEO CAMAIANI VERDELLI
                                             Rubriche:
                                             Diritto & Rovescio - Avv. Riccardo Lelli
                                             Poesie - di Maurizio Licenziati
        IL VASARIANO è edito da              Bridge & Burraco
       Associazione “Il Vasariano”



                                                                                                                   1
        Via Bottego, 30 - Arezzo
          www.ilvasariano.com
           Reg.Trib. n. 4/11 RS
Quando nasce un nuovo giornale, e questo che vi stiamo presentando lo sarà a tutti gli effetti anche
se con cadenza mensile, è una grande emozione. Per fare un paragone, è come quando giunge
alla luce una nuova creatura, e con essa si aprono nuovi orizzonti e prospettive. In linea con ciò e
senza presunzione, il progetto di questa neonata edizione, on line, è proprio quello di offrire, o
meglio, dare voce a quanti fino ad oggi non l'hanno avuta: quindi, diciamo, uno spazio privilegiato
per tutti quei cittadini che hanno dei pareri e delle opinioni da dire con il fine principale di contribuire
ad una crescita culturale e sociale importante.

Sì, perché, sostanzialmente, lo sforzo dell'editore e di quanti hanno voluto questa nuova testata è
volto a rafforzare nei cuori degli aretini l'amore verso la loro città ed il senso di appartenenza:
due componenti indispensabili per reimpossessarsi del meglio che la città può offrire e che, allo
stesso tempo, costituiscono un baluardo sicuro per azzerare i pericoli messi in campo dalla
globalizzazione .

Tutto ciò è racchiuso anche nel nome: "Il Vasariano", perché è questo il titolo del mensile, ispirato,
appunto, dal Vasari che in Arezzo trovò i suoi natali e per la quale si prodigò in cultura, in scibile,
in arte, tanto da essere passato alla storia anche come un importante mecenate.

Quindi, come il grande artista tenteremo di ridare luce alla cultura, alla tradizione e a tutto ciò che
ha composto la nostra città attraverso i secoli e, al tempo stesso, di informare su tutto quello che di
nuovo viene proposto dai locali contemporanei.

Al nostro fianco avremo specialisti di ogni settore che produrranno degli approfondimenti sulle
materie di loro competenza, e poi naturalmente racconteremo la vita , l'attualità, il presente degli
aretini condito anche dagli interventi che i nostri lettori ci vorranno proporre.

Convinti, come non mai, che la storia è fatta da tutti gli uomini, seguiremo questa falsa riga nel
comporre le pagine del nostro giornale perché ne venga fuori una sorta, in senso lato ed eticamente
più valido, di "Grande fratello", ovvero un occhio attento e vigile che sappia cogliere tutti i passi
che sono la somma del cammino degli aretini e, perché no, anche di tutti coloro che vivono nella
provincia.

Con l'aiuto di quanti vorranno seguirci cercheremo di dare nuova linfa , o energia, per usare un
termine più moderno, per riportare gli abitanti di questa grande città a guardare tutto quello che
li circonda con più attenzione, e ad amare questa comunità: un po', appunto, come fece, e
sicuramente meglio di noi, il Vasari, che, al contrario di molti illuminati del suo tempo, scese anche
in piazza per ascoltare ed essere ascoltato dai suoi concittadini per far sì che tutti potessero
contribuire alla crescita culturale e sociale di quegli anni .

Quindi, cocluderei augurando ai miei collaboratori e a tutti voi un buon lavoro, in quanto da oggi
la nostra redazione sarà anche la vostra, pronta a vagliare e a valutare ogni vostra opinione, idea
o suggerimento .
                                                                                     IL DIRETTORE
                                                                                         Lilly Magi
                                                                                                               2
Perché il Numero zero
                                                              Di fabio massimo fabrizio

Zero come il numero di lettori da cui partiamo.
Zero come il vuoto pneumatico delle nostre tasche,
cui si contrappone un’infinita voglia di fare, di
esserci, di raccontare.
Zero come spazio puro ed incontaminato, ove
chiunque possa dare libero sfogo al racconto, al
pensiero, allo studio, alla creatività, senza temere
il pregiudizio altrui.
Zero come provvisorietà e nuovo inizio, ove
confluisce il vecchio per ritrasformarsi in nuovo.

Zero come la consapevolezza del tempo sprecato, delle promesse infrante, della violenza
subita da una terra ed una città che meriterebbero solo amore ed impegno disinteressato.
Zero come risultato algebrico dell’Arezzo odierna, bella, bellissima da far commuovere,
eppure brutta, provinciale ed indifferente da farci vergognare.
Zero come l’umiltà di chi sa che si fa sempre in tempo a ricominciare da capo.

                                                Zero come il numero pilota di ogni rivista che
                                                si rispetti, creta da modellare ad opera di
                                                lettori selezionati, che ne analizzano
                                                contenuti, linguaggi, veste grafica ed
                                                impaginazione.
                                                Zero, infine, come pagina vuota destinata
                                                alla vostra penna, alla vostra sensibilità
                                                creativa, alla vostra capacità di stupirvi e
                                                stupire in una realtà oramai avvezza a tutto.
                                                Come ci insegna l’arte, anche dalle cose più
                                                piccole e apparentemente banali, possono
                                                nascere grandi pensieri. Pensieri che il
                                                Vasariano ha l’ambizione di diffondere
                                                senza complessi, né censure.

                                                                                                 3
Giorgio dei vasai
                                                                                           di Marilli Rupi

                                                            Cinquecento anni fa, il 30 luglio 1511, nasce
                                                            ad Arezzo Giorgio Vasari.

                                                            Il cognome gli deriva dal mestiere di vasaio,
                                                            esercitato per molte generazioni, dai membri
                                                            della sua famiglia.

                                                            Ma Giorgio si distinguerà in ben altri campi.
                                                            Dimostrando uno spessore culturale in
                                                            grande anticipo sui tempi, redige il primo,
                                                            fondamentale documento di storia e di
                                                            critica dell’arte con “Le vite de’più eccellenti
                                                            pittori, scultori et architettori”.

Raffinato protagonista del “manierismo”, lascia ad Arezzo, a Firenze, a Roma, a Venezia, a Napoli, opere
fondamentali di questa corrente pittorica intellettualistica, solo in tempi recenti giustamente rivalutata.
Architetto rigoroso ed elegante le sue realizzazioni rappresentano eventi eccezionali nelle città in cui
sorgono, gli Uffizi a Firenze, il Palazzo dei Cavalieri a Pisa, le Logge ad Arezzo.

Giorgio e’ apprezzato e richiesto nelle corti e dai Papi, per Cosimo de’ Medici affresca, tra l’altro, il “salone
dei cinquecento” e il famoso “studiolo”. Ma, diversamente da altri grandi personaggi che ebbero i natali
nella nostra città, resta legato ad Arezzo. Lo dimostra la sua casa in via XX settembre, di gran lunga più
importante e più ragguardevole della sua abitazione fiorentina di via Santa Croce, donatagli da Cosimo..
Lo dimostra anche la scelta aretina della sposa, Nicolosa de’ Bacci, discendente di quel Bacci che aveva
commissionato a Piero la “Storia della vera Croce”; e ascendente della signora Elena Nicolosa de’ Bacci,
oggi residente in una bella villa sopra la chiesa di Santa Maria delle Grazie.

Secondo quanto è fondatamente ritenuto, in coerenza con questo attaccamento alla città, Giorgio è
sepolto sotto la pavimentazione della Pieve.

A Giorgio Vasari Arezzo ha dedicato una piazza, la piazza più bella della città, ma la dedicazione ha avuto
scarso successo perché gli aretini hanno preferito l’antico appellativo di “piazza Grande”. Cosicché questo
grande aretino che ha dimostrato profondo attaccamento alla sua città, non ha un luogo che lo ricordi
univocamente.

Allora, la dedicazione di questo mensile “on line” vuol essere, oltre alla sottolineatura del
cinquecentenario della nascita di Giorgio Vasari, anche una piccola, modesta riparazione a questo torto
che gli è stato fatto.

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ArItIM!




Come Roma, Arezzo conserva tra le sue mura storie
millenarie di genti e culture diverse, pure lontane,
che si incontrano e si sovrappongono fino a formare
quello straordinario miscuglio che è l’ethnos italiano.
Come Roma, Arezzo si fregia dei natali di
personaggi immortali.
Come Roma, Arezzo ha un nome corto, di poche
lettere, misterioso e perduto nella notte dei tempi.
Questa è la storia del suo nome segreto.
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Ventisette secoli fa



V
      entisette secoli fa in oriente vissero
      il grande Re Assiro Assurbanipal e il
      Faraone Psammetico di Sais. Roma
era stata appena fondata, era retta dai Re
e governava su un territorio di pochi
chilometri quadrati.

Qui, nella piana che si allarga alla
confluenza di tre valli, arroccato su un
cucuzzolo dai pendii dolci da una parte ed
aspri dall’altra, si ergeva un nucleo di
edifici in pietra, costruiti da un popolo che
condivideva la stessa lingua: l’etrusco.      Il problema è che né i greci, né i romani
                                              avevano la più pallida idea di dove
Non sappiamo se tale nucleo avesse già provenisse il nome di Arezzo. A ciò si
mura di difesa, ma gli abitanti si sarebbero aggiunge che le stesse origini del popolo
offesi a morte a sentirlo chiamare semplice etrusco sono state per secoli avvolte nel
villaggio. Per loro, era la città ideale, con mistero, così come la loro lingua è stata
tanto di rito di fondazione durante il quale tradotta solo in epoca moderna, e con
un netsvis, sacerdote dal buffo copricapo, enormi difficoltà.
aveva congiunto cielo e terra, magia e
buonsenso, tracciando col vomere le linee Nella soluzione del rompicapo, si è
di confine da consacrare al nume tutelare cimentato il fior fiore degli storici e degli
della città. Una città che greci e romani appassionati, producendo una pletora di
avrebbero chiamato Arrétion e Arretium teorie e soluzioni, alcune affascinanti ma
e che sarebbe diventata potente e temuta prive della pur minima affidabilità
lucumonia del centro Italia.                  scientifica, altre a dir poco stravaganti, se
                                              non paradossali.

                                               Tormenti della mente



                                               A
                                                     ncora oggi capita di sentire alcuni
                                                     aretini seriamente convinti che il
                                                     nome di Arezzo derivi dal gergale
                                               “arizzare”, ovvero “ritirare su”, quale
                                               memoria cittadina del terremoto del 5
                                               febbraio 1796 – quello della Madonna del
                                               Conforto, per intenderci. Peccato che tale
                                               terremoto, di 5.1 gradi richter con
                                               epicentro a Montagiovi, in quanto molto

                                                                                              6
Anche la stessa “enciclopedia universale”
                                                che prende il nome di “Wikipedia”, pur
                                                rinunciando a fornire spiegazioni sul nome,
                                                si esalta: “Si sa che la Arezzo etrusca, con
                                                un nome quasi identico all'attuale,
                                                Arretium, esisteva già nel IX secolo a.C”.

                                                Già, si sa.

                                                O forse lo si azzarda a casaccio, poiché nel
                                                IX secolo a.C. siamo ancora in piena epoca
                                                villanoviana, e i resti di tale cultura nel
                                                nostro territorio sono davvero modesti.

                                             E’ vero, il nostro territorio fu abitato fin
                                             dall’epoca preistorica; è vero, è venuta a
                                             mancare una seria indagine archeologica
                                             sull’età del ferro; tuttavia, non risulta da
                                             nessuna parte che i villanoviani fondassero
                                             città con tanto di rito aruspicino, che è di
superficiale si abbatté con violenza su provenienza greco-orientale.
Subbiano, la Chiassa e Borgo a Giovi, ma
ad Arezzo arrivò con minore intensità (VI Al massimo, durante l’epoca villanoviana –
mercalli), producendo circoscritti crolli e ma ancora non vi sono evidenze
nessuna vittima (dati congiunti INGV e CFTI archeologiche – possono essersi lentamente
4MED). Se è esistito qualcosa nella nostra e inesorabilmente formati alcuni nuclei
storia che si è avvicinato a radere al suolo proto-urbani come normale evoluzione di
la città, è stato il duro periodo di una cultura in incremento demografico, ma
bombardamenti durante l’ultima guerra, o da qui a parlare di città così come la
gli scempi urbanistici compiuti da Cosimo intendevano gli antichi, ovvero di nucleo
de’ Medici. Ma in entrambi i casi, la natura
non c’entra nulla.

Ancora oggi, l’assai consultato sito internet
www.comuni-italiani.it fa derivare il nome
di Arezzo “forse da una base pre-etrusca
(arra) che è collegata al nome etrusco
Arnth, diventato in latino Arruns (nome di
persona), Arrenius (nome di famiglia) o
Arrone (nome di fiume).” Grazioso, ma
totalmente sbagliato.

                                                                                               7
urbano fondato, difeso e socialmente
omogeneo e strutturato, ce ne corre.

Curiosa anche la teoria della “famiglia
Bonfante” – etruscologo il padre,
etruscologa la figlia – sposata anche dal
Pallottino, secondo cui dal latino Arretium
deriverebbe il tedesco “Erz” attraverso una
serie mirabolante di rimbalzi linguistici
(Arretium > Arretji > Arritji > Arrizzi >
Arizi > Erz) per il semplice fatto che
“Arezzo era famosa per il bronzo”. Ora,
non siamo dei professori universitari di
glottologia, ma qualche sassolino dalle
scarpe, all’insegna del buon senso, ce lo
vogliamo togliere.

Innanzitutto, nelle iscrizioni etrusche in cui
compaiono nomi riferibili ad Arezzo, la
parola etrusca, indipendentemente dal
caso in cui è declinata e il modo in cui è
tradotta, contiene sempre una sola “r”. E    Quarto: Arezzo era famosa per il bronzo –
i raddoppiamenti delle consonanti sono       ed anche per il ferro. Vero, ma solo in
documentati in abbondanza – come             epoca romana medio-repubblicana, e come
probabile conseguenza della pronuncia –      esportatrice di prodotto finito, non di
nel passaggio dall’etrusco al latino; di     materia prima. E non potrebbe essere
converso, la germanizzazione di termini      altrimenti: a parte una minuscola cava di
latini è stato fenomeno assai tardo, e per   ferro in località Molino – tra l’altro tarda,
giunta limitato a parole o frasi che si      del III secolo ed esaurita subito – tutta la
riferivano a cose o concetti che i germanici piana aretina non ha mai ospitato alcuna
non conoscevano. Invece il metallo delle     miniera. Gli abitanti avrebbero dovuti fare
spade lo conoscevano benissimo.              intere giornate tra le montagne per
                                             raggiungere con i propri carri i lontani
Secondo: Erz non vuol dire né bronzo, né Monti Rognosi, e lì estrarre solo il vecchio
ferro, ma solo genericamente “minerale, rame, in epoca in cui armi ed utensili erano
metallo”.                                    in ferro, e per giunta in condizioni di
                                             trasporto disastroso, vista la cattiva
Terzo, la parola Erz è stata attribuita alla accessibilità delle cave.
radice proto-germanica *arutaz; la seconda
vocale “u” è incongrua rispetto ad ogni tipo E d’altronde, l’IMSS fiorentino, che si
di    trasformazione      linguistica    sia occupa da sempre di paleometallurgia
dall’etrusco che dal latino.                 toscana, cita solo di striscio “qualche

                                                                                             8
protese nell’opera di mitizzazione di
                                                  Arezzo.

                                                  Etruscologia e Genius Loci



                                                  N
                                                        onostante tutto, il quadro sta
                                                        cambiando rapidamente. Le grandi
                                                        sintesi etruscologiche compiute negli
                                                  ultimi anni da Pallottino, De Palma,
                                                  Devoto, Lopez Pegna, Rix, Torelli, hanno
                                                  intanto fatto luce sul problema della
                                                  provenienza del popolo etrusco, e della sua
giacimento cuprifero nell’aretino”, non
                                                  lingua, giungendo finalmente ad un più
associandolo ad alcuna fase storica, e
                                                  credibile compromesso tra chi voleva gli
concentrandosi invece sulle grandi miniere
                                                  Etruschi come popolo esclusivamente
dell’Isola d’Elba, delle Colline Metallifere
                                                  proveniente dal mare, e chi li voleva come
e dei Monti della Tolfa, con Populonia
                                                  popolo di formazione esclusivamente
capitale e motore della potenza siderurgica
                                                  autoctona.
etrusca.
                                                  La soluzione è che le tesi sono entrambi
Se poi ci spostiamo a nord, proprio nel
                                                  vere se la formazione di un popolo non la
cuore germanico ove la parola Erz è nata,
                                                  si intende più come fenomeno ex abruptus
allora non c’è storia: lì i giacimenti minerali
                                                  (emigrazione, colonizzazione, urbaniz-
erano giganteschi, affioranti e facilmente
                                                  zazione interna per motivi economici,
raggiungibili, e pure di purezza e qualità
                                                  culturali o di difesa, ecc.) ma come lungo
incontrastata – si pensi al Norico. Ci sembra
                                                  processo aperto alle influenze esterne.
allora assai improbabile che i germanici
traessero il nome della loro materia più
                                                  L’ethnos etrusco diventa così il risultato di
nobile, di cui erano signori da sempre
                                                  una lenta evoluzione che ha visto la
(estraevano fin dai tempi della Cultura di
                                                  combinazione di elementi autoctoni di
Hallstatt), dal nome di una città lontana e
                                                  derivazione villanoviana con elementi
per giunta scarsa in metallurgia.
                                                  tirrenici (liguro-sardi) ed orientali (greco-
                                                  anatolici) di importazione. Solo in questo
Anche in loco non ci siamo fatti mancare
                                                  modo sono spiegabili anche alcune singolari
nulla: tutti i grandi storici aretini del
                                                  contaminazioni e sovrapposizioni lingui-
passato sono scivolati sulla buccia di
                                                  stiche tra una base glottologica di chiara
banana delle origini del nome di Arezzo.
                                                  provenienza greco-anatolica e termini di
Umbro, ligure, greco, gallo, piceno, il nome
                                                  tradizione italica o tirrenica. Il tutto per la
della nostra città è stato strattonato dai
                                                  felicità degli studiosi, ora costretti a
nostri studiosi con ipotesi troppe povere di
                                                  rincorrere l’origine della lingua etrusca
contenuti e troppo entusiasticamente
                                                  vocabolo per vocabolo.


                                                                                                    9
La seconda novità è che è cresciuta ad         studiare il problema delle origini etrusche
Arezzo una generazione di studiosi aretini     della città.
finalmente critica nei confronti di un certo
manierismo auto celebrativo, e più        Tra loro, forse Franco Paturzo è lo studioso
finalizzata a studiare i fenomeni con il  che ultimamente ha prodotto i migliori
rigore scientifico che meritano.          contributi, frutto anche di un particolare
                                          approccio interdisciplinare al problema
In particolare, ricordiamo Cherici, etrusco che lo studioso ha elevato a metodo
Fatucchi e Paturzo come i nostri scientifico.
concittadini che negli ultimi tempi hanno
dedicato più tempo, sforzi e risorse a Lo storico si è chiesto in origine come
                                          potessero convivere nello stesso luogo un
                                          toponimo di chiara ed antica origine ligure
                                          (il colle di San Donato in “Cremona”) e la
                                          parola Arretium le cui radici glottologiche
                                          ricorrono contemporaneamente sia in area
                                          tirrenica (Liguria e Sardegna) sia in area
                                          greco-anatolica. La sua ultima opera
                                          (Etruschi – L’Enigma delle Origini), cerca
                                          di rispondere al problema ripercorrendo
                                          con acume tutta la storia europea e medio-
                                          orientale dal calcolitico all’era storica, e
                                          fissando punti fermi sulle migrazioni dei
                                          popoli e sullo sviluppo dei relativi linguaggi.
                                          In particolare, Paturzo individua due
                                          differenti migrazioni che avrebbero
                                          investito le coste toscane.

                                               La prima, più antica (XII sec a.C.), è
                                               compiuta dai c.d. “Popoli del Mare”,
                                               ovvero i “Tursha”, chiamati anche Tirreni
                                               o Pelasgi, di origine caucasica, stabilitisi
                                               in liguria e nel nord delle coste toscane e
                                               sarde.      Tale    migrazione      sarebbe
                                               responsabile dell’introduzione del metodo
                                               di incinerazione ad urne biconiche poi
                                               sviluppato dal villanoviano. A livello
                                               linguistico, questo gruppo di origine
                                               indeuropeo non avrebbe portato grandi
                                               cambiamenti rispetto al substrato
                                               continentale esistente, di tipo umbro. Le



                                                                                         10
radici    del     toponimo       “Cremona” Xanthos in Arzawa – significa “acqua”,
risalirebbero a questa fase.               sorgente.

La seconda, avvenuta nel X secolo a.C.,          Il significato antichissimo del termine
sarebbe opera dei Rasenna (o Rasna),             “Arezzo”, pertanto, è non indoeuropeo, e
popolazione non indoeuropea ma di origine        indicherebbe semplicemente “terra vicino
luvio-ittita, originariamente abitante la        all’acqua”:    la    migliore   fotografia
regione anatolica costiera di Arzawa, che        dell’Arezzo di quei tempi, con buona pace
– guarda caso – in seguito sarebbe stata         di tutti noi.
proprio la Lidia di cui parlava Erodoto. Ad
essa, attestatasi nelle coste toscane            Tuttavia, anche se ne ha individuato il
meridionali, si dovrebbe l’importazione          significato, neanche Paturzo è riuscito ad
dell’inumazione, di sistemi sociali più solidi   identificare il nome etrusco di Arezzo.
(nascita dell’aristocrazia) e soprattutto di
un sistema codificato di lingua scritta, non     Ma a questo ci hanno pensato altri studiosi,
indoeuropea. Le radici del toponimo              complice una principessa etrusca aretina
“Arezzo” risalirebbero a questa tradizione.      morta ad 83 anni, un fraintendimento di
In luvio-ittita la radice significherebbe        vocabolo durato oltre 50 anni, ed un
“terra”, “rifugio”, laddove l’idronimo           documento recuperato in vaticano.
“Arno” – ed Arne è l’antico nome del fiume
                                                 Larzia Cilnia, Diana e il nome
                                                 segreto di Arezzo



                                                 E
                                                      sistono due iscrizioni etrusche che
                                                      presentano entrambi il termine
                                                      Aritimi.

                                                 La prima, chiamata TLE 45, proviene dal
                                                 tempo di Veio-Portonaccio. In essa, il
                                                 termine Aritimi è posto accanto a quello di
                                                 Turan. Essendo la natura votiva
                                                 dell’iscrizione incontestabile, ed essendo
                                                 Turan il nome etrusco della dea greca
                                                 Afrodite (la Venere romana), non si è
                                                 trovato meglio da fare che tradurre Aritimi
                                                 come nome etrusco della dea Artemide (la
                                                 Diana romana) alternativo a quello
                                                 ufficiale, che è Artumes. Quindi, anche se
                                                 non si assomigliano per niente, gli studiosi
                                                 (in particolare Bonfante e Pallottino)
                                                 dicono che Aritimi e Artumes sono la stessa
                                                 cosa, ed hanno tradotto l’iscrizione con

                                                                                          11
“Artemide e Apollo”, anche se manca il         pubblicato l'apografo cinquecentesco di
suffisso –c alla fine della parola Turan a     un'interessante epigrafe del IV sec. a.C.
significare la nostra congiunzione “e”, e      oggi perduta: l'epitaffio di Larthi Cilnei,
anche se la prima parola è declinata al        copiato nel ‘500 da una tomba a Tarquinia
locativo, cosa assai insolita per una          (probabilmente una delle tre Tombe
iscrizione votiva.                             dell’Orco), e rinvenuto nel Manoscritto
                                               Vaticano Latino 6040.
La seconda, chiamata TLE 737, si trova L’iscrizione recita così:
incisa sulla gamba sinistra di una statuetta
del IV sec. a.C. del dio Aplu (l’Apollo
romano), e recita “Aritimi-pi Turan-pi”.
Anche qui è stato tradotto con “ad
Artemide e ad Apollo”, anche qui manca il
suffisso –c della congiunzione da aggiungere
all’ultima parola, anche qui la prima parola
è al locativo, a cui si aggiunge la difficoltà
di traduzione del suffisso –pi, qui tradotto
al dativo ma in altre iscrizioni tradotto con
“in” (TLE 12 e TLE 13)

L’insieme di tutte queste anomalie, unito
al fatto che gli etruschi non erano usi
confondere i nomi dei loro dei, già nel 1987   Larthi Cilnei *Luvchumes
allarmarono lo studioso Alessandro             Cilnies sech *an *Aritinial
Morandi che così avvertiva: “Così come non     meani arsince *clthlu-
credo che aritimi nell'iscrizione veiente      m lupu Felznealc nach
TLE 45 corrisponda con assoluta certezza       umse puia a[m]ce *Ar(n)thal *Spu-
al nome della dea greca Αρτεμις, che           rinas cver puthsce uthu
dovrebbe essere in caso obliquo — non reso     u[z]r einch s[a]l luice phul-
dalla terminazione in i —, come è nella        ui-[…]-ce […]*-es puia amce a-
norma delle dediche votive etrusche, in        [vi]l XIIII *lupum *avils [L]XXXIII119
una lingua cioè che ha una vera e propria
flessione dei casi; allo stesso modo in        Questa la traduzione:
turan-pi non è certissimo che sia da
                                      Larthi Cilnei di Luvchume
riconoscere il nome di Turan. Il segnacaso
                                      Cilnie figlia che da Arezzo
della dedica manca nell'altra attestazione
                                      … se ne andò …
di aritimi in TLE 737.” (Revue belge de
                                      morì e di Felznei …
philologie et d'histoire. Tome 65 fasc. 1,
1987. Antiquité - Oudheid. pp. 87-96) … fu moglie di Arnth Spu-
                                      rinas (e) un dono ha fatto (?) …
Solo due anni dopo, nel 1989, Augusto …… fu moglie per an-
Campana e Adriano Maggiani hanno ni 14, morta ad anni 83

                                                                                        12
matrimoni incrociati tra le famiglie più
Quindi, Larthi Cilnei, aretina, figlia degli illustri.
aretini Luvchumes Cilnie e di Felznei, e
moglie del tarquiniate Arnth Spurinna per Non è difficile credere che il matrimonio
14 anni, morì all'età di 83 anni.            tra Arnth Spurinna, parente del
                                             comandante, e la nostra Larthi Cilnei, sia
Questa iscrizione, per la prima volta frutto di tali accordi. Agostiniani e
presenta il termine aritinial espressamente Giannecchini (2002) avvertono che solo
riferito ad Arezzo e, dedotta la flessione così è infatti spiegabile la magniloquenza
del moto da luogo, la radice risulta del con cui nell’epigrafe si citano entrambi i
tutto compatibile con l’aritimi delle due genitori aretini della sposa, particolare
precedenti iscrizioni così frettolosamente assente nel resto di tutte le altre iscrizioni
equivocate in dee, ma in realtà nome di delle ricchissime Tombe dell’Orco.
città al caso locativo.
                                             Ed è davvero suggestivo pensare che è stata
Da tutto questo, lo studioso Dieter una nostra antica principessa della famiglia
Steinbauer ha messo insieme nel ’98 un Cilnia a condurci sulla strada del nome
lungo ed articolatissimo studio (Zur etrusco di Arezzo: una lontana ava di
Grabinschrift der Larthi Cilnei aus Aritmi Mecenate che ci ha permesso di scoprire
/ Arretium / Arezzo) in cui finalmente si un nome per anni confuso – bellissima
dimostra che Aritimi e Aritinial non possono coincidenza - con quello della dea della
che riferirsi ad Arezzo, e che il nome caccia Diana, signora di quelle selve e di
etrusco originale della città debba essere quelle acque rese immortali dal significato
Aritim. Una soluzione da quel momento in antichissimo delle parole Arezzo ed Arno.
poi sempre più accreditata presso gli
etruscologi, specie quelli che studiano i
rapporti tra Tarquinia ed Arezzo nel IV
secolo.

A tal proposito, infatti, si inserisce, come
emerge dalla lettura dei celebri Elogia
Tarquiniensis, la vicenda di Aulo Spurinna:
giovane zilath della più potente famiglia
tarquiniate, viene inviato a capo di una
spedizione confederata etrusca a dar
manforte agli aristocratici Cilnii aretini in
difficoltà per una rivolta della plebe. Una
spedizione per ripristinare l’ordine
costituito che, con ogni probabilità –
terminò anche con patti di reciproca
fedeltà, normalmente suggellati con


                                                                                      13
WEBMANIAC
        A        ’
    G IN ATA ITA
 PA TIN BLIC
     S B
  DE PU
      A
 A LL




Jeff Miller
“Soccer Player: Robot”

Z-Brush, 3ds Max, Photoshop, XSI




Giugno 2010
di Federico Rupi




Nel nostro tempo, ampliandosi l’ambito       Ed è inevitabile che, con il progredire
degli spostamenti, scade la funzione         delle tecniche ferroviarie, i treni veloci che
dell’automobile, mente ferrovia e            passeranno per la stazione di Arezzo
aeroplano sembrano assumere sempre           saranno ancora meno, fino a restare solo
maggiore importanza.                         i treni merci e i treni locali.

Per parlare della ferrovia, si può solo      Una seconda stazione nella direttissima,
rilevare l’occasione persa alla fine degli   “Arezzo-sud”, dotata di un adeguato
anni ’60, quando si sarebbe potuto           parcheggio e di servizi di collegamento
chiedere e agevolmente ottenere, a           correlati agli orari dei treni, avrebbe
compensazione della perdita di traffico      grande importanza per Arezzo, città oggi
ferroviario, una stazione sulla linea        inesistente per quei milioni di viaggiatori.
direttissima.
                                             Una seconda stazione sulla tratta
Per la linea direttissima, oggi passano      direttissima, riducendo drasticamente il
giornalmente circa 100 treni con una         maggior tempo, oggi determinato
media di 360 passeggeri e quindi             soprattutto dalla deviazione per l’ansa;
complessiva-mente oltre 12 milioni di        renderebbe realistica la possibilità di
passeggeri all’anno sfrecciano oltre il      fruire di alcuni treni veloci.
colle di Agazzi, senza percepire la
presenza di Arezzo.


                                                                                      15
Ma soprattutto, una stazione sulla                Le società low-cost, che sono proprio quelle
direttissima farebbe tornare Arezzo ad            che utilizzano gli aeroporti marginali, nel
esistere potenzialmente tra Firenze e Roma        periodo dal 2004 al 2006 passarono da
per quei milioni di viaggiatori ancorché su       1,3 milioni di passeggeri a 7 milioni di
treni che non fermassero alla seconda             passeggeri; e se anch’esse sentirono gli anni
stazione di Arezzo.                               di crisi, già nel 2009 hanno ripreso con un
                                                  trend di crescita annuale del 9%.
Oggi, la seconda stazione sarebbe
realisticamente proponibile, solo se              Ovvio dire che un aeroporto è un grande
collegata ad una importante ipotesi               strumento di sviluppo sociale, civile ed
infrastrutturale, ad esempio ad un nuovo          economico. Questo lo hanno capito i giovani
aeroporto.                                        che sono grandi clienti del “last time”. E,
                                                  dall’altra parte, lo hanno capito, dopo
Ma questa considerazione apre un altro            Firenze e Pisa, anche Grosseto, Siena e
capitolo.                                         Perugia che, zitti zitti, hanno già voli di linea
                                                  europei della Ryanair e della Meridiana.
Quando fu posta nel Piano Strutturale la
salvaguardia di una vasta area della Val          A questo punto, pur rispettando le decisioni
di Chiana, fu fatta un’operazione                 della nuova amministrazione, il vincolo già
importante.                                       apposto dalla precedente amministrazione
                                                  a questa area strategica della Val di
L’aeroplano tende a divenire il mezzo             Chiana, per adesso assolutamente libera
principale di trasporto. Il “trend” di crescita   da costruzioni, dovrebbe essere tras-
annuale del numero di passeggeri in               formato in “vincolo agricolo am-bientale”,
aeroplano, che negli anni dal 2000 al             in modo che quest’area continui comunque
2007 è stato dell’ordine del 10%, dopo la         ad essere preservata per possibili futuri
crisi, nel 2010 ha già ripreso un trend           utilizzi, escludendo che altri interessi
positivo del 7%.                                  possano vanificare questa prospettiva.




                                                                                                 16
AREZZO BOMBARDATA                       Miracolosamente i gioielli della città,
                                        il Duomo, la Pieve, le chiese di San
Dopo la guerra, Arezzo appare           Francesco e San Domenico con le
completamente disastrata.               loro opere d’arte, sono salve.

Ruderi degli edifici bombardati sono    Nelle immagini riportate uomini e
sparsi dappertutto e pochissime sono    donne si aggirano smarriti tra le
le costruzioni rimaste indenni.         rovine di una città apparentemente
                                        morta.
Perfino il cimitero è stato devastato
dalle bombe.                            Ma in pochissimo tempo gli aretini
                                        sapranno ridare vita ad Arezzo.

                                                                            17
Foto 1 – La scuola di Piazza della Badia, vista
da via Isidoro del Lungo.
Stranamente è rimasta integra solo la
facciata verso piazza del Popolo.
Anche questo edificio, come la gran parte
degli edifici bombardati della città alta, sarà
intelligentemente ricostruito con i caratteri
architettonici originari.




                                                  18
Foto 2

              La Banca Popolare di Arezzo
                   colpita da una bomba.




Foto 3
La via Romana vista da chi arriva ad
Arezzo. A sinistra un automezzo
sfasciato.




                                   19
Foto 4                               Due ragazzini si divertono a
                                     passeggiare sulle macerie.
Il   fotografo   si   trova   in
                                     In quel periodo un ammasso di
corrispondenza dell’attuale via
                                     macerie come questo veniva
Verdi e vede davanti a sé le
                                     considerato di nessun valore e vi
facciate del Corso, perché le
                                     fu chi, non vedendo possibilità di
case interposte sono state
                                     ricostruire alcunché, cedette per
ridotte ad un cumulo di macerie.
                                     poche lire aree centrali.
Sulla sinistra si scorge la Chiesa
trecentesca di San Jacopo, che       La guerra fu anche un momento
sorgeva dove, fino a poco            di ribaltamento generale della
tempo fa, c’era UPIM.                vecchia stratificazione sociale.

                                                                    20
Foto 5                                   Il Palazzone, che nasce come
                                         “casa popolare”, sarà ricostruito
Il fotografo si trova in Corso Italia,   nella parte diruta ripristinando
davanti al negozio ex “Montaini” ed      accurata-mente        i   caratteri
ex “Renato”.                             architettonici preesistenti.

La macchina è puntata verso est.
                                         Lo spiazzo antistante, tra il Corso
Poiché le case sono state distrutte e    e via Margaritone, sistemato alla
le macerie sono state portate via, da    meglio con il cemento, sarà
questa posizione si vede la via          utilizzato per un certo periodo
Margaritone, dove questa si imbocca      come “dancing” sul quale aretini
su via Crispi e nel varco compare il     e aretine recupereranno quattro
“Palazzone” di via Crispi, anch’esso     anni di divieto, ballando, insieme
colpito da una bomba proprio             a soldati di tutto il mondo, con le,
nell’angolo.                             per allora, mitiche musiche
                                         americane.




                                                                          21
Foto 6
                                         In questa foto compare una
L’incrocio tra il Corso e via Crispi –   bicicletta.
via Roma.
                                         Tutti gli uomini hanno il
Sulla destra, la colonna dei Portici,    cappello, che in quel periodo
davanti il Corso con l’angolo dove       sembra essere una compo-
per molti anni sarà ubicato il           nente indispensabile dell’
negozio di ottica “Andreoni”.            abbigliamento .

Tra tutte queste foto compaiono
solo due automezzi militari e
nessuna automobile civile.
                                                                   22
AREZZO RINNEGATA                               Castro che alimentava i vasconi di argilla
(ovvero, la fontana di piazza San Jacopo       dei fabbricanti di vasi, anticamente
scomparsa nel dopoguerra)                      insediati numerosi nella zona.

In passato, nella Piazza San Jacopo, nel       La deviazione del Castro, ben
lato sud dove adesso sorge il “Palazzo         canalizzata, venne alla luce con gli scavi
Turchini”, c’era una fontana.                  delle fondazioni dell’edificio del Monte
                                               dei Paschi.
La fontana trae origine dalla presenza
in quel punto dell’antica deviazione del




Foto 1                                            lungo il Corso verso la ferrovia.

Arezzo è in festa, nello striscione si legge      Sullo spigolo di destra della piazza
“HUMANITAS CHARITAS”.                             compare la fontana, anch’essa
Il fotografo si trova in piazza San Jacopo        decorata con fronde e bandiere.


                                                                                      23
e punta la macchina
Foto 2

Davanti alla fontana c’è un lago d’acqua, quindi la fontana è
funzionante.

Sopra, adesso è stata posta una tavola pubblicitaria.


                                                          24
Foto 3                                  Sulla fontana, due manifesti
                                        pubblicitari, il primo propone
La strada della foto corrisponde        l’”Acarina per rogna, eczemi,
all’odierna via Verdi.                  erpeti”, l’altro “vino padronale
                                        della trattoria Biondi Paolo”.
I fabbricati nel fondo e sulla destra
saranno distrutti dalla guerra e al     Con la ricostruzione sparirà
loro posto sarà inventata la piazza     ogni    traccia   dell’antica
Risorgimento.                           fontana.




                                                                     25
WEBMANIAC
      G
          A
        IN ATA ITA
                   ’
   PA TIN BLIC
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                       Akira Hanzo: “Fluid Inspiration” - 3ds Max 5 - Settembre 2004
Vasariano n. 0
"Arezzo, 16 Gennaio 1801.                          infatti quanta importanza avrebbe avuto
                                                   per i posteri la memoria di tali costruzioni
Era una notte limpida e gelida.                    qualora se ne fosse decretato l'abbandono
                                                   e la conseguente demolizione.
L’ingegner Jacopo Gugliantini se ne stava
chiuso nel suo studio, chino sulla scrivania,      Aveva pensato in particolare alla chiesina
intento a terminare la relazione che il Vicario    di S. Donato, che per secoli aveva accolto
Regio di Arezzo gli aveva commissionato            le anime dei soldati della Fortezza, e che
qualche mese prima.                                tanta storia aveva da raccontare, basti
                                                   pensare che Don Francesco, l'ultimo
Urgeva infatti un resoconto dettagliato sulle      parroco, non si stancava mai di ricordare
condizioni della Fortezza di Arezzo che sul        quanto quell'edificio fosse vetusto, lo
finire di ottobre era stata gravemente             riteneva addirittura più antico di tutte le
danneggiata dai francesi, bramosi di               chiese della città e del contado.
vendicarsi degli aretini che nel maggio del
1799 avevano osato cacciare dalla città            Immerso tra questi ed altri pensieri Jacopo
l'esercito rivoluzionario al grido di "Viva        pose la sua firma nel lavoro ormai ultimato
Maria".                                            e, dopo una veloce revisione, andò a
                                                   coricarsi."
Ma benché avesse già ultimato la stesura
dell'elenco dei lavori da compiersi per riparare   Oggi, a distanza di due secoli, la
e poi riarmare la Fortezza, temeva in cuor suo     relazione dell’Ingegner Gugliantini è
che quella relazione sarebbe rimasta chiusa        stata riscoperta e rappresenta per noi un
negli archivi del Granducato, dato che i           documento di inestimabile importanza.
francesi parevano del tutto contrari a far
presto rientro in patria, ed anzi molti aretini    Infatti, grazie alla lungimiranza di
sospettavano che stessero mettendo le radici       quest’uomo, è attualmente possibile
nella terra dei loro antenati; sinceramente        ricostruire la scomparsa chiesa di San
aveva dubbi anche sulle intenzioni del             Donato in Cremona, con dovizia di
Granduca che certamente non aveva alcun            particolari strutturali e storici.
interesse a spender un'ingente somma di denaro
per un baluardo disarmato ormai da quasi           Certo, i timori dell’ingegnere si rivelarono
vent'anni, né tantomeno avrebbe rischiato di       ben fondati, infatti la sua relazione non
scatenare una controversia con i francesi che      vide mai la realizzazione progettuale,
per ovvi motivi si sarebbero opposti al            ma ha fornito a noi posteri gli strumenti
progetto di ricostruzione.                         per poter rivivere e apprezzare un
Mosso dunque da tali ragionamenti,                 edificio sacro che si riteneva perduto per
l'ingegnere aveva passato l'ultimo mese a          sempre.
prender misure e a fare schizzi di quelle che,
almeno a parer suo, erano le strutture più
notabili all'interno della Fortezza; sapeva bene

                                                                                         28
Vasariano n. 0
La chiesa era all’incirca 15 metri di lunghezza   importantissima emersa parallela-mente
per 8 di larghezza, se si esclude l’abside        alla scoperta della relazione di
poligonale, dimensioni abbastanza ristrette       Gugliantini.
che giustificherebbero l’ipotesi di una
fondazione molto remota.                          Si è riusciti addirittura a recuperare la
                                                  memoria delle lapidi mortuarie e le
Inoltre è interessante notare l’alzato della      iscrizioni che popolavano le navate della
struttura, suddiviso in due parti: nella parte    chiesa, gli oggetti sacri e le opere che si
inferiore la chiesa, che raggiungeva l’altezza    celavano al suo interno, un patrimonio
di soli 5 metri, e nella parte superiore un       davvero eccezionale che ha completato
magazzino che i documenti ci descrivono esser     il quadro storico dell'edificio e che
chiamato “la vecchia armeria”.                    prossimamente sarà reso fruibile
                                                  finalmente a tutti i cittadini.
Da notare inoltre la singolare foggia delle
sei colonne che sorreggevano la struttura:        Dispiace solo che questo patrimonio sia
sono chiaramente di ordine “ionico”, con i        emerso solamente ora; per anni storici e
capitelli a spirali simmetriche, e ciò farebbe    scrittori si sono limitati a spendere le solite
pensare ad un riuso di elementi architettonici    quattro parole su questa chiesa, senza
provenienti dall’antico Capitolium e a questo     approfondirne lo studio, e bollandola
punto si potrebbe parlare di fondazione           velocemente come “antichissima” e
paleocristiana o tardoantica.                     “importantissima” per la storia della
                                                  nostra città.
Grazie alla documentazione rinvenuta
sappiamo anche che l’abside poligonale            Ma dopotutto si sa, gli aretini hanno il
disegnato nella carta era stato edificato solo    vizio di tessere facilmente le lodi della
nel 1707, su commissione del Granduca             propria storia cittadina, fiumi d’inchiostro
Cosimo III dei Medici, e rappresentava l’unico    e parole altisonanti per rivendicare un
esempio in città di opera di committenza          passato glorioso, una tradizione
regia, un vero privilegio.                        ineguagliabile, pronti a strillare
                                                  all’unisono se si sposta anche solo una
I nove cerchi che si rilevano nel pavimento       pietra.
della chiesa erano delle “buche da grano”,
che ovviamente dovevano essere impiegate          Quando però si dissolvono le dorate
in caso di assedio alla Fortezza, e sono state    foschie degli elogi, quasi sempre vi si
recentemente rinvenute anche durante gli          scoprono dietro ignoranza dilagante,
scavi archeologici in occasione dei lavori di     negligenza e ben poco di ricerca storica.
restauro della Fortezza.
                                                  E’ bene ricordare agli aretini che di storia
Moltissimi particolari si sono aggiunti alla      non si parla a lodi, ma a fatti.
ricerca grazie ad una grande matrice
documentaria del tutto inedita ed

                                                                                            30
DI ELISA PERRIELLO




U      no stemma o sigillo di una città o stati molti cambiamenti, anche a causa dei
       paese, racchiude in se storia, vari periodi storici.
       tradizioni, cultura di un popolo.
                                              La più antica attestazione dello stemma
In questo caso lo stendardo uffiale che araldico del Comune di Foiano "il giglio
rappresenta il comune di Foiano della fiorentino senza fronde" risale al XV
Chiana gli è stato attribuito nel 1995 con secolo (costituita dal bel sigillo di bronzo
Decreto dell’Ufficio Onorificenze e conservato al Museo statale di Arte
Araldica presso la Presidenza del medievale e moderna di Arezzo).
Consiglio dei Ministri, e il segno distintivo
del Comune è quello storicamente Nel 1453, infatti, la Repubblica di Firenze
utilizzato del “giglio fiorentino” d'oro in concedette alla terra di Foiano di poter
campo rosso.                                  usufruire del medesimo stemma di Firenze
                                              e del titolo di "nobiles viri", grazie alla
C'è da sottilineare però, che prima di resistenza dimostrata dai Foianesi nel
arrivare a tale stemma nella storia ci sono corso del lungo assedio da parte delle

                                                                                       31
Giovanni Maria all'interno del palazzo
                                           comunale.

                                           Da questo momento in poi si susseguì una
                                           serie di modifiche al sigillo del comune:

                                           – insegna del castello un bue dorato
                                           giacente sopra una campagna in
                                           mezzo a due cipressi e una luna d'argento
                                           nella parte superiore dello scudo che è di
                                           colore azzurro.

                                           – nel 1630 una lepre adagiata su un
                                           campo verde sotto il cielo azzurro tra due
                                           coltelli.
truppe napoletane l’anno precedente. – Nel 1693 lo stemma era un bue rivolto
Anche all'epoca nella maggior parte dei con la testa verso destra in un campo
documenti rappresentavano il giglio d'oro verde con il cielo azzurro.
e lo sfondo rosso.
                                           Questi susseguirsi di stemmi sfilavano sul
Nella metà del Cinquecento Foiano subì gonfalone alla vigilia di S. Giovanni a
gravi danni e perdite umane a causa Firenze, una cerimonia che si ripeteva ogni
della guerra Siena-Firenze che segnò da anno in cui i partecipavano tutte le terre
li a poco la sottomissione di Siena al che appartenevano al Dominio fiorentino,
dominio Fiorentino, però durante l'assalto le quali avevano l'obbligo di donare
venne perduto il gonfalone quindi nella un'offerta.
seduta del Consiglio di Foiano del 12
Maggio del 1555 vide la necessità di Invece per quanto riguardava le insegne
doverlo rifare, decidendo di modificarlo, civiche di solito realizzate in pietra e/o
facendone richiesta alla Signoria murate nelle porte di accesso al paese,
fiorentina. Il 15 luglio del 1555 si rese
nota la lettera del 27 maggio degli otto
guardia balia di Firenze di cambiare il
sigillo "la solita arma del giglio giallo
senza fronde in un San Martino a cavallo
che divide con la spada un manto rosso".
Tale stemma venne fatto dipingere da

                                                                                 32
sull'ex convento di S. Domenico e sulla
Collegiata di San Martino raffiguravano
il classico Giglio senza fronde.

Nel 1799 la Toscana venne invasa dalla
Francia dove si insediarono stabilmente
nel 1801 con la nascita del Regno
d'Etruria. Con il trattato di Fòntaineblau
(23 ottobre 1807) la Toscana è annessa
all'impero francese fino al 15 settembre
1814. Durante tale periodo Napoleone I
aveva ripudiato lo stemma per sostituirlo
con l'arma imperiale dell'aquila
afferrante il fulmine ("aquila di Giove")
coronata.

Con la caduta dell'Impero francese il
comune di Foiano riacquista il diritto di
usare il giglio fiorentino che continuò ad
usare anche con l'unione della Toscana al
Regno d'Italia. Infatti le lettere son
sigillate con un timbro a forma ovale dove
in alto c'è l'iscrizione "COMUNITA' DI
FOIANO" mentre la parte bassa è
occupata da un elemento decorativo fosse stato in grado di acquisire nessuna
floreale.                                       informazione tranne il ritrovamento di un
                                                lacero gonfalone che rappresentava un
Nel 1860, Bettino Ricasoli incarica giglio d'oro in un campo rosso oltre
l'araldista Luigi Passerini di realizzare una all'effige di san Martino a cavallo, ma la
raccolta degli stemmi toscani da regalare presenza del Santo viene spiegata in
al re Vittorio Emanuele II. Il 26 febbraio quanto San Martino fosse protettore del
il Passerini invia una lettera a tutti i comuni paese.
indicando di inviargli l'incisione dello
stemma con la descrizione e il significato In allegato alla lettera venne inviato
degli elementi.                                 un'impronta in ceralacca e un disegno a
Nella risposta del 31 marzo 1860, il matita dello stemma il cui giglio era
gonfaloniere di Foiano Angelo Seriacopi aperto bottonato con la descrizione
spiega che sullo stemma comunale non "giglio d'oro in un campo rosso". A fine

                                                                                     33
Il periodo fascista portò notevoli
                                                 cambiamenti nell'araldica pubblica. La
                                                 norma del 1928 prevede che i comuni
                                                 utilizzino il proprio stemma affiancato a
                                                 sinistra del Fascio Littorio (il Littorio nel
                                                 1926 fu riconosciuto come emblema di
                                                 stato). Nel 1933 il Fascio Littorio venne
                                                 cambiato come "capo littorio" ed
                                                 introdotto all'interno dello stemma stesso.

                                                 Nel 1944 con la caduta del fascismo si
                                                 ritorna alla forma più semplificata del
                                                 giglio. Per ottenere la necessaria
                                                 autorizzazione il Comune di Foiano nel
                                                 1962 avvia le pratiche per il
                                                 riconoscimento dello stemma e del
                                                 gonfalone ed incarica l'Istituto Araldico
1860 l'opera degli stemmi civici venne           Coccia di Firenze per provvedere alla
consegnata a Emanuele II e quattro anni          ricerca storica e alla preparazione del
dopo venne pubblicata a Firenze.                 bozzetto dello stemma comunale. Nel
                                                 bozzetto del Coccia il giglio è inserito
A cavallo della fine del XIX secolo Foiano       all'interno di uno scudo e sulla parte
abbandona la forma semplice del giglio           superiore è collocata una corona.
e aggiunge le infiorescenze.
Nel 1926 esattamente il 18 marzo il              Nel 1964 senza attendere il
Consiglio comunale in seduta pubblica            riconoscimento dello stemma viene
delibera di offrire a Benito Mussolini una       realizzato il gonfalone che ovviamente si
medaglia d'oro (realizzata dal prof.             diversifica dal bozzetto in quanto
Artidoro dell'Agnello) con lo stemma di          raffigura un giglio d'oro in una campitura
Foiano inserito in una mandorla circondata       uniforme rosso porpora.
da motivi vegetali sul retro, e la scritta "IL
POPOLO DI FOIANO AL DUCE CMXXVI"                 Nel 1991 quindi si richiede di nuovo il
nella parte frontale, come riconoscimento        riconoscimento per i nuovi bozzetti
del popolo foianese per la sua opera di          realizzati dallo studio Araldico di
elevare la grandezza dell'Italia. La             Genova, e nel 1995 ottiene così il decreto
medaglia insieme ad un diploma viene             per il riconoscimento dello stemma e del
consegnata al Duce il 27 marzo.                  suo gonfalone.

                                                                                          34
di Marilli Rupi




       La normativa sulle firme elettroniche          Molto più interessati alle
trova le sue radici in Italia fino dal 1997,   definizioni giuridiche della forma
con la legge 15/3/1997 n. 59 che,              scritta - rispetto alla cultura anglo-
all’articolo 15, introduce e disciplina        sassone - e rivolti invece soprattutto
questo nuova modalità di sottoscrizione di     agli aspetti sperimentali del nuovo
un qualsiasi atto.                             strumento, l’Italia è stata all’
       Questa legge è stato il primo           avanguardia nel mondo nell’inserire le
tassello di un nuovo apparato normativo        nuove      tecnologie     informatiche
conseguente alla introduzione della firma      nell’ordinamento legislativo. Solo due
elettronica.                                   anni dopo la Comunità Europea ha

                                                                                 35
emanato una direttiva, la 1999/93, per         Elettronica Certificata, comunemente
la firma elettronica.                          detta PEC.
        Semplificando i concetti, esistono             Con essa si certifica la data e
due tipi di firme elettroniche, una firma      l’ora dell’ invio e l’ avvenuta ricezione
cosiddetta “debole”, quella di una comune      di un messaggio insieme al suo
lettera elettronica (e-mail), della quale      contenuto, ma non si garantisce
non si può garantire la veridicità del         l’identità del mittente. Mentre solo con
sottoscrittore, e la firma digitale “forte”.   la Firma digitale si certifica l’identità
        Quest’ultima     è     una     firma   del sottoscrittore.
“certificata”, essendo passata attraverso          Oggi però qualunque cittadino
un processo che ne garantisce l’autenticità.   italiano si può avvalere del servizio
Presiedono a questo processo alcuni Enti       offerto gratuitamente dal Ministero
Certificatori, appositamente autorizzati,      per la Pubblica Amministrazione e
che, previa identificazione preventiva         l’Innovazione che fornisce una PEC
dell’identità della persona e la consegna      speciale comprendente anche il
di una “smart card” (una tessera               vantaggio di garantire l’identità del
codificata simile ad una carta bancomat),      mittente.
garantiscono l’autenticità della firma.
        Con la pubblicazione del nuovo             Il nuovo CAD ha introdotto su
Codice dell’Amministrazione Digitale -         questo tema significative modifiche
CAD (D.Lgs. N. 82/2005), del 10 gennaio        tese ad una semplificazione e
2011, sono state introdotte alcune             riduzione della necessità di alcuni
modifiche, come ad esempio la definizione      strumenti.
di un’ulteriore firma elettronica avanzata,
in conformità a quanto previsto nella             La PEC, se rilasciata secondo certe
citata Direttiva Europea, il cui ambito di     regole, può essere anche utilizzata per
utilizzo ed applicabilità verranno meglio      inoltrare istanze alla Pubblica
individuati in un secondo momento.             Amministrazione con validità legale.
        Inutile elencare quali vantaggi            Vedremo con il tempo se le novità
comporta in una società avanzata la            inserite avranno contribuito alla
possibilità di apporre con sicurezza la        diffusione dell’uso degli strumenti
propria firma a distanza, in atti notarili,    informatici, al fine di portare
operazioni finanziarie, documenti pubblici     ulteriormente avanti il processo di
eccetera.                                      de-materializzazione della comunità
        Un altro essenziale strumento          nazionale intera, coinvolgendo sempre
informatico per la de-materializzazione        più nel nuovo sistema anche le imprese,
dei processi è costituito dalla Posta          i professionisti e i comuni cittadini.
                                                                                    36
WEBMANIAC
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Amauri Ploteixa
“Bjork 3D Portrait”

Maya, Photoshop, Zbrush - Aprile 2006
Rubrica a cura di Riccardo Lelli




    Scrive il lettore:                              l’opera realizzata non corrisponda
    “Nel febbraio del 2006 ho fatto                 alle caratteristiche del progetto e del
    ristrutturare un appartamento. Da qualche       contratto di appalto, o sia stata
    mese sono comparse delle vistose crepe sul      eseguita senza osservare le regole
    pavimento di ceramica in cucina, in salotto     della tecnica, presentando i cosiddetti
    e in una camera da letto. Anche se sono         “vizi redibitori”, che rendono l'opera
    passati più di quattro anni, per questi danni   inadatta, totalmente o parzialmente,
    mi posso rivalere sull’appaltatore che ha       all'uso cui è destinata.
    eseguito i lavori di ristrutturazione?”
                                                          L’azione contro l’appaltatore si
    Risponde l’avv. Riccardo Lelli:                 prescrive in due anni dal giorno della
                                                    consegna dell’opera e il committente
           Nell'ordinamento italiano, gli           deve, a pena di decadenza,
    articoli 1667 e 1668 del Codice Civile          denunciare all’ appaltatore le
    prevedono una garanzia biennale a               difformità, o i vizi entro sessanta giorni

                                                                                         38
    carico dell’appaltatore nel caso in cui         dalla scoperta.
A queste norme si aggiunge              avrebbe più alcun diritto da far valere
l'articolo 1669, secondo il quale, se, entro    nei confronti dell’appaltatore che ha
i dieci anni dal compimento, l'opera rovina     eseguito i lavori di ristrutturazione.
totalmente o parzialmente, oppure
presenta pericoli di rovina, o gravi difetti,           Se, invece, nel pavimento in
l’appaltatore è responsabile verso il           parola risultasse una presenza
committente e i suoi aventi causa.              capillare, continuata e diffusa di
                                                lesioni (come sembrerebbe che sia,
       Negli ultimi anni si è affermata una     secondo la descrizione fatta dal
interpretazione dell’articolo 1669 che          lettore), tali difetti potrebbero
considera grave difetto, non soltanto i vizi    rientrare nella disciplina della
incidenti sulle strutture e sulla stabilità     responsabilità decennale prevista
degli edifici, ma anche qualsiasi               all’articolo 1669, soprattutto se, in una
alterazione che determini, o possa              prospettiva futura, si accentuassero
determinare uno stato di apprezzabile           ulteriormente e portassero allo
menomazione, economica, o di godimento          scollamento delle mattonelle.
dell’immobile.
                                                       In quest’ultimo caso, il lettore
       Detto articolo 1669 prevede, oltre       potrebbe far valere i propri diritti nei
al termine decennale dal compimento             confronti    dell’appaltatore,      dal
dell'opera, due ulteriori termini, uno, di      momento che i termini della
decadenza, pari ad un anno dalla                prescrizione e della decadenza, sopra
scoperta, per la denuncia del pericolo di       menzionati, non sono ad oggi trascorsi.
rovina o di gravi difetti, e l'altro, di
prescrizione, pari ad un anno dalla
denuncia,     per      l'esercizio   della
conseguente azione di responsabilità.

      Ciò premesso, nella vicenda
esposta dal lettore occorre capire,
innanzitutto, se i vizi riscontrati rientrino
nella fattispecie dell’articolo 1667,
oppure in quella dell’articolo 1669.

      Nel primo caso, l’azione di
responsabilità nei confronti dell’
appaltatore è ormai prescritta, essendo
trascorsi più di due anni dalla consegna

                                                                                    39
dell’opera. Il lettore, pertanto, non
Girasoli
        Fiori di luce.
           Eleganti
          importanti
         affascinanti.
       Belli soprattutto
     quando sono tanti
  che, per intere vallate,
  si sporgono ad ondate.
     Vi prego: restate.
         Emozionanti
  come fuochi squillanti
     nelle notti stellate:
      siate come le fate
che addolciscono il cuore!
    Lasciateci l’Amore
   “giallamente” felice
 che, per sempre, ci dice
 quel che vogliamo udire.




                             di Maurizio Licenziati




                                             40
BRIDGE
                                                L’Associazione organizza presso
Per iniziativa dell’”ASSOCIAZIONE               l’Hotel Minerva, tutti i pomeriggi del
CHIMERA BRIDGE”, questo gioco,                  giovedì e della domenica, un torneo
riconosciuto dal CONI, ha avuto                 di bridge.
recentemente un impulso nella nostra città.
Presidente e animatore dell’Associazione        Per chi è interessato ad imparare il
è l’ingegnere Antonio Bedini (Tel.              gioco del bridge, l’Associazione
0575.300700)                                    dispone di un istruttore federale (Dino
                                                Faltoni, tel. 368.7189773) e di una
In Toscana sono diffusi i giochi delle carte,   brava giocatrice disposta a insegnare
quali briscola o scopone, la cui conoscenza     questo gioco (Gabriella Serboli
e apprezzamento è premessa utile per            Pignattelli tel. 349.53767).

                                                                                    41
diventare giocatori di bridge.
Riportiamo i risultati degli ultimi tornei di BRIDGE tenuti dall’Associazione Chimera
Bridge:

Torneo del 28/11/2010
 linea Nord-Sud
          1° Bresci Maria Teresa e Stelloni Loretta
          2° Lelli Laura e Rupi Pier Lodovico

linea est-ovest
          1° Mastrantonio Angela e Cardeti Giancarlo
          2° Galletti Luciano e Bresci Piero

Torneo del 2/12/2010
linea Nord-Sud
         1° Bresci Piero e Orzari Fabio
         2° Baldelli Bombelli Augusto e Bedini Antonio

linea est-ovest
          1° Marchetti Lanfranco e Brancati Maria Luisa
          2° Cardeti Giancarlo e Casini Alda

Torneo del 5/12/2010
linea Nord-Sud
         1° Serboli Gabriella – Bresci Maria Teresa
         2° Baldelli Bombelli Augusto e Bedini Antonio

linea est-ovest
          1° Falconi Dino – Bresci Piero
          2° Materazzi Dino – Nardi Dei Anna

Torneo del 6/1/2011
linea Nord-Sud
         1° Biancini Lucia – Caprini Giuseppe
         2° Lelli Laura – Rupi Pier Lodovico

linea est-ovest
          1° Incardona Luciana – Camiciottoli Renza
          2° Tarquini Elio - Ceccarelli Marisa

                                                                                 42
BURRACO

L’Associazione Chimera Bridge organizza presso l’Hotel Minerva, i pomeriggi del
giovedì e della domenica, anche un torneo di burraco.

Responsabile di questi tornei è Alvaro Fedeli (Tel. 0575.27369)

Riportiamo i Risultati degli ultimi tornei di BURRACO

Torneo del 28/10/2010
     1° Fedeli Alvaro e Romani Mario
     2° Raffaelli Lidia e Pierattini Marcella
     3° Dalla Verde Bruno e Bonciani Giuliano

Torneo del 7/11/2010
     1° Gironi Laura e Agnelli Bruna
     2° Minghetti Mirella e Piantini Loredana
     3° Ghiandai Mauro e Rubechini Simonetta

Torneo del 6/12/2010
     1° Rossi Carlo e Ghezzi Maria Gabriella
     2° Fedeli Alvaro e Romani Mario
     3° Fiorentino Olimpia e Rubino Rosanna




                                                                           43
ANNI ‘70 - RESTYLING INDUSTRIALE
IL VASARIANO
                      Editoriale di LILLY MAGI

                         Memento
                 Perché il Numero Zero

                         Entreé
                    GIORGIO DEI VASAI

                       Cover Story
              Il nome segreto di Arezzo

                        Urbanistica
Per la salvaguardia dell’area di un possibile aeroporto

                      Vintage
        Arezzo bombardata, Arezzo rinnegata

                          Città
la resurrezione della chiesa di san donato in cremona

                      Provincia
   Foiano della chiana e il suo stemma nella storia

                           Società
                   la firma elettronica




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Vasariano n. 0

  • 1. IL VASARIANO MENSILE DI STORIE E NOTIZIE ARETINE
  • 2. Editoriale - di Lilly Magi Memento - Perché il Numero Zero di Fabio Massimo Fabrizio Entreé - Giorgio dei Vasai di Marilli Rupi Cover Story - Il nome segreto di Arezzo di Fabio Massimo Fabrizio Urbanistica - Per la salvaguardia dell’area di un possibile aeroporto IL VASARIANO di Federico Rupi E-Zine mensile di storie e notizie aretine Vintage - Arezzo bombardata, Arezzo rinnegata N. 0 - Aprile 2011 Photostory di Federico Rupi Direttore Responsabile LILLY MAGI Città - La Resurrezione della Chiesa di San Donato in Cremona Vicedirettore di Marco Giustini FABIO MASSIMO FABRIZIO Provincia - Foiano della Chiana e il suo stemma nella storia Hanno collaborato di Elisa Perriello FEDERICO RUPI MARCO GIUSTINI Società - La firma elettronica MAURIZIO LICENZIATI di Marilli Rupi MARILLI RUPI ELISA PERRIELLO RICCARDO LELLI MATTEO CAMAIANI VERDELLI Rubriche: Diritto & Rovescio - Avv. Riccardo Lelli Poesie - di Maurizio Licenziati IL VASARIANO è edito da Bridge & Burraco Associazione “Il Vasariano” 1 Via Bottego, 30 - Arezzo www.ilvasariano.com Reg.Trib. n. 4/11 RS
  • 3. Quando nasce un nuovo giornale, e questo che vi stiamo presentando lo sarà a tutti gli effetti anche se con cadenza mensile, è una grande emozione. Per fare un paragone, è come quando giunge alla luce una nuova creatura, e con essa si aprono nuovi orizzonti e prospettive. In linea con ciò e senza presunzione, il progetto di questa neonata edizione, on line, è proprio quello di offrire, o meglio, dare voce a quanti fino ad oggi non l'hanno avuta: quindi, diciamo, uno spazio privilegiato per tutti quei cittadini che hanno dei pareri e delle opinioni da dire con il fine principale di contribuire ad una crescita culturale e sociale importante. Sì, perché, sostanzialmente, lo sforzo dell'editore e di quanti hanno voluto questa nuova testata è volto a rafforzare nei cuori degli aretini l'amore verso la loro città ed il senso di appartenenza: due componenti indispensabili per reimpossessarsi del meglio che la città può offrire e che, allo stesso tempo, costituiscono un baluardo sicuro per azzerare i pericoli messi in campo dalla globalizzazione . Tutto ciò è racchiuso anche nel nome: "Il Vasariano", perché è questo il titolo del mensile, ispirato, appunto, dal Vasari che in Arezzo trovò i suoi natali e per la quale si prodigò in cultura, in scibile, in arte, tanto da essere passato alla storia anche come un importante mecenate. Quindi, come il grande artista tenteremo di ridare luce alla cultura, alla tradizione e a tutto ciò che ha composto la nostra città attraverso i secoli e, al tempo stesso, di informare su tutto quello che di nuovo viene proposto dai locali contemporanei. Al nostro fianco avremo specialisti di ogni settore che produrranno degli approfondimenti sulle materie di loro competenza, e poi naturalmente racconteremo la vita , l'attualità, il presente degli aretini condito anche dagli interventi che i nostri lettori ci vorranno proporre. Convinti, come non mai, che la storia è fatta da tutti gli uomini, seguiremo questa falsa riga nel comporre le pagine del nostro giornale perché ne venga fuori una sorta, in senso lato ed eticamente più valido, di "Grande fratello", ovvero un occhio attento e vigile che sappia cogliere tutti i passi che sono la somma del cammino degli aretini e, perché no, anche di tutti coloro che vivono nella provincia. Con l'aiuto di quanti vorranno seguirci cercheremo di dare nuova linfa , o energia, per usare un termine più moderno, per riportare gli abitanti di questa grande città a guardare tutto quello che li circonda con più attenzione, e ad amare questa comunità: un po', appunto, come fece, e sicuramente meglio di noi, il Vasari, che, al contrario di molti illuminati del suo tempo, scese anche in piazza per ascoltare ed essere ascoltato dai suoi concittadini per far sì che tutti potessero contribuire alla crescita culturale e sociale di quegli anni . Quindi, cocluderei augurando ai miei collaboratori e a tutti voi un buon lavoro, in quanto da oggi la nostra redazione sarà anche la vostra, pronta a vagliare e a valutare ogni vostra opinione, idea o suggerimento . IL DIRETTORE Lilly Magi 2
  • 4. Perché il Numero zero Di fabio massimo fabrizio Zero come il numero di lettori da cui partiamo. Zero come il vuoto pneumatico delle nostre tasche, cui si contrappone un’infinita voglia di fare, di esserci, di raccontare. Zero come spazio puro ed incontaminato, ove chiunque possa dare libero sfogo al racconto, al pensiero, allo studio, alla creatività, senza temere il pregiudizio altrui. Zero come provvisorietà e nuovo inizio, ove confluisce il vecchio per ritrasformarsi in nuovo. Zero come la consapevolezza del tempo sprecato, delle promesse infrante, della violenza subita da una terra ed una città che meriterebbero solo amore ed impegno disinteressato. Zero come risultato algebrico dell’Arezzo odierna, bella, bellissima da far commuovere, eppure brutta, provinciale ed indifferente da farci vergognare. Zero come l’umiltà di chi sa che si fa sempre in tempo a ricominciare da capo. Zero come il numero pilota di ogni rivista che si rispetti, creta da modellare ad opera di lettori selezionati, che ne analizzano contenuti, linguaggi, veste grafica ed impaginazione. Zero, infine, come pagina vuota destinata alla vostra penna, alla vostra sensibilità creativa, alla vostra capacità di stupirvi e stupire in una realtà oramai avvezza a tutto. Come ci insegna l’arte, anche dalle cose più piccole e apparentemente banali, possono nascere grandi pensieri. Pensieri che il Vasariano ha l’ambizione di diffondere senza complessi, né censure. 3
  • 5. Giorgio dei vasai di Marilli Rupi Cinquecento anni fa, il 30 luglio 1511, nasce ad Arezzo Giorgio Vasari. Il cognome gli deriva dal mestiere di vasaio, esercitato per molte generazioni, dai membri della sua famiglia. Ma Giorgio si distinguerà in ben altri campi. Dimostrando uno spessore culturale in grande anticipo sui tempi, redige il primo, fondamentale documento di storia e di critica dell’arte con “Le vite de’più eccellenti pittori, scultori et architettori”. Raffinato protagonista del “manierismo”, lascia ad Arezzo, a Firenze, a Roma, a Venezia, a Napoli, opere fondamentali di questa corrente pittorica intellettualistica, solo in tempi recenti giustamente rivalutata. Architetto rigoroso ed elegante le sue realizzazioni rappresentano eventi eccezionali nelle città in cui sorgono, gli Uffizi a Firenze, il Palazzo dei Cavalieri a Pisa, le Logge ad Arezzo. Giorgio e’ apprezzato e richiesto nelle corti e dai Papi, per Cosimo de’ Medici affresca, tra l’altro, il “salone dei cinquecento” e il famoso “studiolo”. Ma, diversamente da altri grandi personaggi che ebbero i natali nella nostra città, resta legato ad Arezzo. Lo dimostra la sua casa in via XX settembre, di gran lunga più importante e più ragguardevole della sua abitazione fiorentina di via Santa Croce, donatagli da Cosimo.. Lo dimostra anche la scelta aretina della sposa, Nicolosa de’ Bacci, discendente di quel Bacci che aveva commissionato a Piero la “Storia della vera Croce”; e ascendente della signora Elena Nicolosa de’ Bacci, oggi residente in una bella villa sopra la chiesa di Santa Maria delle Grazie. Secondo quanto è fondatamente ritenuto, in coerenza con questo attaccamento alla città, Giorgio è sepolto sotto la pavimentazione della Pieve. A Giorgio Vasari Arezzo ha dedicato una piazza, la piazza più bella della città, ma la dedicazione ha avuto scarso successo perché gli aretini hanno preferito l’antico appellativo di “piazza Grande”. Cosicché questo grande aretino che ha dimostrato profondo attaccamento alla sua città, non ha un luogo che lo ricordi univocamente. Allora, la dedicazione di questo mensile “on line” vuol essere, oltre alla sottolineatura del cinquecentenario della nascita di Giorgio Vasari, anche una piccola, modesta riparazione a questo torto che gli è stato fatto. 4
  • 6. ArItIM! Come Roma, Arezzo conserva tra le sue mura storie millenarie di genti e culture diverse, pure lontane, che si incontrano e si sovrappongono fino a formare quello straordinario miscuglio che è l’ethnos italiano. Come Roma, Arezzo si fregia dei natali di personaggi immortali. Come Roma, Arezzo ha un nome corto, di poche lettere, misterioso e perduto nella notte dei tempi. Questa è la storia del suo nome segreto. 5
  • 7. Ventisette secoli fa V entisette secoli fa in oriente vissero il grande Re Assiro Assurbanipal e il Faraone Psammetico di Sais. Roma era stata appena fondata, era retta dai Re e governava su un territorio di pochi chilometri quadrati. Qui, nella piana che si allarga alla confluenza di tre valli, arroccato su un cucuzzolo dai pendii dolci da una parte ed aspri dall’altra, si ergeva un nucleo di edifici in pietra, costruiti da un popolo che condivideva la stessa lingua: l’etrusco. Il problema è che né i greci, né i romani avevano la più pallida idea di dove Non sappiamo se tale nucleo avesse già provenisse il nome di Arezzo. A ciò si mura di difesa, ma gli abitanti si sarebbero aggiunge che le stesse origini del popolo offesi a morte a sentirlo chiamare semplice etrusco sono state per secoli avvolte nel villaggio. Per loro, era la città ideale, con mistero, così come la loro lingua è stata tanto di rito di fondazione durante il quale tradotta solo in epoca moderna, e con un netsvis, sacerdote dal buffo copricapo, enormi difficoltà. aveva congiunto cielo e terra, magia e buonsenso, tracciando col vomere le linee Nella soluzione del rompicapo, si è di confine da consacrare al nume tutelare cimentato il fior fiore degli storici e degli della città. Una città che greci e romani appassionati, producendo una pletora di avrebbero chiamato Arrétion e Arretium teorie e soluzioni, alcune affascinanti ma e che sarebbe diventata potente e temuta prive della pur minima affidabilità lucumonia del centro Italia. scientifica, altre a dir poco stravaganti, se non paradossali. Tormenti della mente A ncora oggi capita di sentire alcuni aretini seriamente convinti che il nome di Arezzo derivi dal gergale “arizzare”, ovvero “ritirare su”, quale memoria cittadina del terremoto del 5 febbraio 1796 – quello della Madonna del Conforto, per intenderci. Peccato che tale terremoto, di 5.1 gradi richter con epicentro a Montagiovi, in quanto molto 6
  • 8. Anche la stessa “enciclopedia universale” che prende il nome di “Wikipedia”, pur rinunciando a fornire spiegazioni sul nome, si esalta: “Si sa che la Arezzo etrusca, con un nome quasi identico all'attuale, Arretium, esisteva già nel IX secolo a.C”. Già, si sa. O forse lo si azzarda a casaccio, poiché nel IX secolo a.C. siamo ancora in piena epoca villanoviana, e i resti di tale cultura nel nostro territorio sono davvero modesti. E’ vero, il nostro territorio fu abitato fin dall’epoca preistorica; è vero, è venuta a mancare una seria indagine archeologica sull’età del ferro; tuttavia, non risulta da nessuna parte che i villanoviani fondassero città con tanto di rito aruspicino, che è di superficiale si abbatté con violenza su provenienza greco-orientale. Subbiano, la Chiassa e Borgo a Giovi, ma ad Arezzo arrivò con minore intensità (VI Al massimo, durante l’epoca villanoviana – mercalli), producendo circoscritti crolli e ma ancora non vi sono evidenze nessuna vittima (dati congiunti INGV e CFTI archeologiche – possono essersi lentamente 4MED). Se è esistito qualcosa nella nostra e inesorabilmente formati alcuni nuclei storia che si è avvicinato a radere al suolo proto-urbani come normale evoluzione di la città, è stato il duro periodo di una cultura in incremento demografico, ma bombardamenti durante l’ultima guerra, o da qui a parlare di città così come la gli scempi urbanistici compiuti da Cosimo intendevano gli antichi, ovvero di nucleo de’ Medici. Ma in entrambi i casi, la natura non c’entra nulla. Ancora oggi, l’assai consultato sito internet www.comuni-italiani.it fa derivare il nome di Arezzo “forse da una base pre-etrusca (arra) che è collegata al nome etrusco Arnth, diventato in latino Arruns (nome di persona), Arrenius (nome di famiglia) o Arrone (nome di fiume).” Grazioso, ma totalmente sbagliato. 7
  • 9. urbano fondato, difeso e socialmente omogeneo e strutturato, ce ne corre. Curiosa anche la teoria della “famiglia Bonfante” – etruscologo il padre, etruscologa la figlia – sposata anche dal Pallottino, secondo cui dal latino Arretium deriverebbe il tedesco “Erz” attraverso una serie mirabolante di rimbalzi linguistici (Arretium > Arretji > Arritji > Arrizzi > Arizi > Erz) per il semplice fatto che “Arezzo era famosa per il bronzo”. Ora, non siamo dei professori universitari di glottologia, ma qualche sassolino dalle scarpe, all’insegna del buon senso, ce lo vogliamo togliere. Innanzitutto, nelle iscrizioni etrusche in cui compaiono nomi riferibili ad Arezzo, la parola etrusca, indipendentemente dal caso in cui è declinata e il modo in cui è tradotta, contiene sempre una sola “r”. E Quarto: Arezzo era famosa per il bronzo – i raddoppiamenti delle consonanti sono ed anche per il ferro. Vero, ma solo in documentati in abbondanza – come epoca romana medio-repubblicana, e come probabile conseguenza della pronuncia – esportatrice di prodotto finito, non di nel passaggio dall’etrusco al latino; di materia prima. E non potrebbe essere converso, la germanizzazione di termini altrimenti: a parte una minuscola cava di latini è stato fenomeno assai tardo, e per ferro in località Molino – tra l’altro tarda, giunta limitato a parole o frasi che si del III secolo ed esaurita subito – tutta la riferivano a cose o concetti che i germanici piana aretina non ha mai ospitato alcuna non conoscevano. Invece il metallo delle miniera. Gli abitanti avrebbero dovuti fare spade lo conoscevano benissimo. intere giornate tra le montagne per raggiungere con i propri carri i lontani Secondo: Erz non vuol dire né bronzo, né Monti Rognosi, e lì estrarre solo il vecchio ferro, ma solo genericamente “minerale, rame, in epoca in cui armi ed utensili erano metallo”. in ferro, e per giunta in condizioni di trasporto disastroso, vista la cattiva Terzo, la parola Erz è stata attribuita alla accessibilità delle cave. radice proto-germanica *arutaz; la seconda vocale “u” è incongrua rispetto ad ogni tipo E d’altronde, l’IMSS fiorentino, che si di trasformazione linguistica sia occupa da sempre di paleometallurgia dall’etrusco che dal latino. toscana, cita solo di striscio “qualche 8
  • 10. protese nell’opera di mitizzazione di Arezzo. Etruscologia e Genius Loci N onostante tutto, il quadro sta cambiando rapidamente. Le grandi sintesi etruscologiche compiute negli ultimi anni da Pallottino, De Palma, Devoto, Lopez Pegna, Rix, Torelli, hanno intanto fatto luce sul problema della provenienza del popolo etrusco, e della sua giacimento cuprifero nell’aretino”, non lingua, giungendo finalmente ad un più associandolo ad alcuna fase storica, e credibile compromesso tra chi voleva gli concentrandosi invece sulle grandi miniere Etruschi come popolo esclusivamente dell’Isola d’Elba, delle Colline Metallifere proveniente dal mare, e chi li voleva come e dei Monti della Tolfa, con Populonia popolo di formazione esclusivamente capitale e motore della potenza siderurgica autoctona. etrusca. La soluzione è che le tesi sono entrambi Se poi ci spostiamo a nord, proprio nel vere se la formazione di un popolo non la cuore germanico ove la parola Erz è nata, si intende più come fenomeno ex abruptus allora non c’è storia: lì i giacimenti minerali (emigrazione, colonizzazione, urbaniz- erano giganteschi, affioranti e facilmente zazione interna per motivi economici, raggiungibili, e pure di purezza e qualità culturali o di difesa, ecc.) ma come lungo incontrastata – si pensi al Norico. Ci sembra processo aperto alle influenze esterne. allora assai improbabile che i germanici traessero il nome della loro materia più L’ethnos etrusco diventa così il risultato di nobile, di cui erano signori da sempre una lenta evoluzione che ha visto la (estraevano fin dai tempi della Cultura di combinazione di elementi autoctoni di Hallstatt), dal nome di una città lontana e derivazione villanoviana con elementi per giunta scarsa in metallurgia. tirrenici (liguro-sardi) ed orientali (greco- anatolici) di importazione. Solo in questo Anche in loco non ci siamo fatti mancare modo sono spiegabili anche alcune singolari nulla: tutti i grandi storici aretini del contaminazioni e sovrapposizioni lingui- passato sono scivolati sulla buccia di stiche tra una base glottologica di chiara banana delle origini del nome di Arezzo. provenienza greco-anatolica e termini di Umbro, ligure, greco, gallo, piceno, il nome tradizione italica o tirrenica. Il tutto per la della nostra città è stato strattonato dai felicità degli studiosi, ora costretti a nostri studiosi con ipotesi troppe povere di rincorrere l’origine della lingua etrusca contenuti e troppo entusiasticamente vocabolo per vocabolo. 9
  • 11. La seconda novità è che è cresciuta ad studiare il problema delle origini etrusche Arezzo una generazione di studiosi aretini della città. finalmente critica nei confronti di un certo manierismo auto celebrativo, e più Tra loro, forse Franco Paturzo è lo studioso finalizzata a studiare i fenomeni con il che ultimamente ha prodotto i migliori rigore scientifico che meritano. contributi, frutto anche di un particolare approccio interdisciplinare al problema In particolare, ricordiamo Cherici, etrusco che lo studioso ha elevato a metodo Fatucchi e Paturzo come i nostri scientifico. concittadini che negli ultimi tempi hanno dedicato più tempo, sforzi e risorse a Lo storico si è chiesto in origine come potessero convivere nello stesso luogo un toponimo di chiara ed antica origine ligure (il colle di San Donato in “Cremona”) e la parola Arretium le cui radici glottologiche ricorrono contemporaneamente sia in area tirrenica (Liguria e Sardegna) sia in area greco-anatolica. La sua ultima opera (Etruschi – L’Enigma delle Origini), cerca di rispondere al problema ripercorrendo con acume tutta la storia europea e medio- orientale dal calcolitico all’era storica, e fissando punti fermi sulle migrazioni dei popoli e sullo sviluppo dei relativi linguaggi. In particolare, Paturzo individua due differenti migrazioni che avrebbero investito le coste toscane. La prima, più antica (XII sec a.C.), è compiuta dai c.d. “Popoli del Mare”, ovvero i “Tursha”, chiamati anche Tirreni o Pelasgi, di origine caucasica, stabilitisi in liguria e nel nord delle coste toscane e sarde. Tale migrazione sarebbe responsabile dell’introduzione del metodo di incinerazione ad urne biconiche poi sviluppato dal villanoviano. A livello linguistico, questo gruppo di origine indeuropeo non avrebbe portato grandi cambiamenti rispetto al substrato continentale esistente, di tipo umbro. Le 10
  • 12. radici del toponimo “Cremona” Xanthos in Arzawa – significa “acqua”, risalirebbero a questa fase. sorgente. La seconda, avvenuta nel X secolo a.C., Il significato antichissimo del termine sarebbe opera dei Rasenna (o Rasna), “Arezzo”, pertanto, è non indoeuropeo, e popolazione non indoeuropea ma di origine indicherebbe semplicemente “terra vicino luvio-ittita, originariamente abitante la all’acqua”: la migliore fotografia regione anatolica costiera di Arzawa, che dell’Arezzo di quei tempi, con buona pace – guarda caso – in seguito sarebbe stata di tutti noi. proprio la Lidia di cui parlava Erodoto. Ad essa, attestatasi nelle coste toscane Tuttavia, anche se ne ha individuato il meridionali, si dovrebbe l’importazione significato, neanche Paturzo è riuscito ad dell’inumazione, di sistemi sociali più solidi identificare il nome etrusco di Arezzo. (nascita dell’aristocrazia) e soprattutto di un sistema codificato di lingua scritta, non Ma a questo ci hanno pensato altri studiosi, indoeuropea. Le radici del toponimo complice una principessa etrusca aretina “Arezzo” risalirebbero a questa tradizione. morta ad 83 anni, un fraintendimento di In luvio-ittita la radice significherebbe vocabolo durato oltre 50 anni, ed un “terra”, “rifugio”, laddove l’idronimo documento recuperato in vaticano. “Arno” – ed Arne è l’antico nome del fiume Larzia Cilnia, Diana e il nome segreto di Arezzo E sistono due iscrizioni etrusche che presentano entrambi il termine Aritimi. La prima, chiamata TLE 45, proviene dal tempo di Veio-Portonaccio. In essa, il termine Aritimi è posto accanto a quello di Turan. Essendo la natura votiva dell’iscrizione incontestabile, ed essendo Turan il nome etrusco della dea greca Afrodite (la Venere romana), non si è trovato meglio da fare che tradurre Aritimi come nome etrusco della dea Artemide (la Diana romana) alternativo a quello ufficiale, che è Artumes. Quindi, anche se non si assomigliano per niente, gli studiosi (in particolare Bonfante e Pallottino) dicono che Aritimi e Artumes sono la stessa cosa, ed hanno tradotto l’iscrizione con 11
  • 13. “Artemide e Apollo”, anche se manca il pubblicato l'apografo cinquecentesco di suffisso –c alla fine della parola Turan a un'interessante epigrafe del IV sec. a.C. significare la nostra congiunzione “e”, e oggi perduta: l'epitaffio di Larthi Cilnei, anche se la prima parola è declinata al copiato nel ‘500 da una tomba a Tarquinia locativo, cosa assai insolita per una (probabilmente una delle tre Tombe iscrizione votiva. dell’Orco), e rinvenuto nel Manoscritto Vaticano Latino 6040. La seconda, chiamata TLE 737, si trova L’iscrizione recita così: incisa sulla gamba sinistra di una statuetta del IV sec. a.C. del dio Aplu (l’Apollo romano), e recita “Aritimi-pi Turan-pi”. Anche qui è stato tradotto con “ad Artemide e ad Apollo”, anche qui manca il suffisso –c della congiunzione da aggiungere all’ultima parola, anche qui la prima parola è al locativo, a cui si aggiunge la difficoltà di traduzione del suffisso –pi, qui tradotto al dativo ma in altre iscrizioni tradotto con “in” (TLE 12 e TLE 13) L’insieme di tutte queste anomalie, unito al fatto che gli etruschi non erano usi confondere i nomi dei loro dei, già nel 1987 Larthi Cilnei *Luvchumes allarmarono lo studioso Alessandro Cilnies sech *an *Aritinial Morandi che così avvertiva: “Così come non meani arsince *clthlu- credo che aritimi nell'iscrizione veiente m lupu Felznealc nach TLE 45 corrisponda con assoluta certezza umse puia a[m]ce *Ar(n)thal *Spu- al nome della dea greca Αρτεμις, che rinas cver puthsce uthu dovrebbe essere in caso obliquo — non reso u[z]r einch s[a]l luice phul- dalla terminazione in i —, come è nella ui-[…]-ce […]*-es puia amce a- norma delle dediche votive etrusche, in [vi]l XIIII *lupum *avils [L]XXXIII119 una lingua cioè che ha una vera e propria flessione dei casi; allo stesso modo in Questa la traduzione: turan-pi non è certissimo che sia da Larthi Cilnei di Luvchume riconoscere il nome di Turan. Il segnacaso Cilnie figlia che da Arezzo della dedica manca nell'altra attestazione … se ne andò … di aritimi in TLE 737.” (Revue belge de morì e di Felznei … philologie et d'histoire. Tome 65 fasc. 1, 1987. Antiquité - Oudheid. pp. 87-96) … fu moglie di Arnth Spu- rinas (e) un dono ha fatto (?) … Solo due anni dopo, nel 1989, Augusto …… fu moglie per an- Campana e Adriano Maggiani hanno ni 14, morta ad anni 83 12
  • 14. matrimoni incrociati tra le famiglie più Quindi, Larthi Cilnei, aretina, figlia degli illustri. aretini Luvchumes Cilnie e di Felznei, e moglie del tarquiniate Arnth Spurinna per Non è difficile credere che il matrimonio 14 anni, morì all'età di 83 anni. tra Arnth Spurinna, parente del comandante, e la nostra Larthi Cilnei, sia Questa iscrizione, per la prima volta frutto di tali accordi. Agostiniani e presenta il termine aritinial espressamente Giannecchini (2002) avvertono che solo riferito ad Arezzo e, dedotta la flessione così è infatti spiegabile la magniloquenza del moto da luogo, la radice risulta del con cui nell’epigrafe si citano entrambi i tutto compatibile con l’aritimi delle due genitori aretini della sposa, particolare precedenti iscrizioni così frettolosamente assente nel resto di tutte le altre iscrizioni equivocate in dee, ma in realtà nome di delle ricchissime Tombe dell’Orco. città al caso locativo. Ed è davvero suggestivo pensare che è stata Da tutto questo, lo studioso Dieter una nostra antica principessa della famiglia Steinbauer ha messo insieme nel ’98 un Cilnia a condurci sulla strada del nome lungo ed articolatissimo studio (Zur etrusco di Arezzo: una lontana ava di Grabinschrift der Larthi Cilnei aus Aritmi Mecenate che ci ha permesso di scoprire / Arretium / Arezzo) in cui finalmente si un nome per anni confuso – bellissima dimostra che Aritimi e Aritinial non possono coincidenza - con quello della dea della che riferirsi ad Arezzo, e che il nome caccia Diana, signora di quelle selve e di etrusco originale della città debba essere quelle acque rese immortali dal significato Aritim. Una soluzione da quel momento in antichissimo delle parole Arezzo ed Arno. poi sempre più accreditata presso gli etruscologi, specie quelli che studiano i rapporti tra Tarquinia ed Arezzo nel IV secolo. A tal proposito, infatti, si inserisce, come emerge dalla lettura dei celebri Elogia Tarquiniensis, la vicenda di Aulo Spurinna: giovane zilath della più potente famiglia tarquiniate, viene inviato a capo di una spedizione confederata etrusca a dar manforte agli aristocratici Cilnii aretini in difficoltà per una rivolta della plebe. Una spedizione per ripristinare l’ordine costituito che, con ogni probabilità – terminò anche con patti di reciproca fedeltà, normalmente suggellati con 13
  • 15. WEBMANIAC A ’ G IN ATA ITA PA TIN BLIC S B DE PU A A LL Jeff Miller “Soccer Player: Robot” Z-Brush, 3ds Max, Photoshop, XSI Giugno 2010
  • 16. di Federico Rupi Nel nostro tempo, ampliandosi l’ambito Ed è inevitabile che, con il progredire degli spostamenti, scade la funzione delle tecniche ferroviarie, i treni veloci che dell’automobile, mente ferrovia e passeranno per la stazione di Arezzo aeroplano sembrano assumere sempre saranno ancora meno, fino a restare solo maggiore importanza. i treni merci e i treni locali. Per parlare della ferrovia, si può solo Una seconda stazione nella direttissima, rilevare l’occasione persa alla fine degli “Arezzo-sud”, dotata di un adeguato anni ’60, quando si sarebbe potuto parcheggio e di servizi di collegamento chiedere e agevolmente ottenere, a correlati agli orari dei treni, avrebbe compensazione della perdita di traffico grande importanza per Arezzo, città oggi ferroviario, una stazione sulla linea inesistente per quei milioni di viaggiatori. direttissima. Una seconda stazione sulla tratta Per la linea direttissima, oggi passano direttissima, riducendo drasticamente il giornalmente circa 100 treni con una maggior tempo, oggi determinato media di 360 passeggeri e quindi soprattutto dalla deviazione per l’ansa; complessiva-mente oltre 12 milioni di renderebbe realistica la possibilità di passeggeri all’anno sfrecciano oltre il fruire di alcuni treni veloci. colle di Agazzi, senza percepire la presenza di Arezzo. 15
  • 17. Ma soprattutto, una stazione sulla Le società low-cost, che sono proprio quelle direttissima farebbe tornare Arezzo ad che utilizzano gli aeroporti marginali, nel esistere potenzialmente tra Firenze e Roma periodo dal 2004 al 2006 passarono da per quei milioni di viaggiatori ancorché su 1,3 milioni di passeggeri a 7 milioni di treni che non fermassero alla seconda passeggeri; e se anch’esse sentirono gli anni stazione di Arezzo. di crisi, già nel 2009 hanno ripreso con un trend di crescita annuale del 9%. Oggi, la seconda stazione sarebbe realisticamente proponibile, solo se Ovvio dire che un aeroporto è un grande collegata ad una importante ipotesi strumento di sviluppo sociale, civile ed infrastrutturale, ad esempio ad un nuovo economico. Questo lo hanno capito i giovani aeroporto. che sono grandi clienti del “last time”. E, dall’altra parte, lo hanno capito, dopo Ma questa considerazione apre un altro Firenze e Pisa, anche Grosseto, Siena e capitolo. Perugia che, zitti zitti, hanno già voli di linea europei della Ryanair e della Meridiana. Quando fu posta nel Piano Strutturale la salvaguardia di una vasta area della Val A questo punto, pur rispettando le decisioni di Chiana, fu fatta un’operazione della nuova amministrazione, il vincolo già importante. apposto dalla precedente amministrazione a questa area strategica della Val di L’aeroplano tende a divenire il mezzo Chiana, per adesso assolutamente libera principale di trasporto. Il “trend” di crescita da costruzioni, dovrebbe essere tras- annuale del numero di passeggeri in formato in “vincolo agricolo am-bientale”, aeroplano, che negli anni dal 2000 al in modo che quest’area continui comunque 2007 è stato dell’ordine del 10%, dopo la ad essere preservata per possibili futuri crisi, nel 2010 ha già ripreso un trend utilizzi, escludendo che altri interessi positivo del 7%. possano vanificare questa prospettiva. 16
  • 18. AREZZO BOMBARDATA Miracolosamente i gioielli della città, il Duomo, la Pieve, le chiese di San Dopo la guerra, Arezzo appare Francesco e San Domenico con le completamente disastrata. loro opere d’arte, sono salve. Ruderi degli edifici bombardati sono Nelle immagini riportate uomini e sparsi dappertutto e pochissime sono donne si aggirano smarriti tra le le costruzioni rimaste indenni. rovine di una città apparentemente morta. Perfino il cimitero è stato devastato dalle bombe. Ma in pochissimo tempo gli aretini sapranno ridare vita ad Arezzo. 17
  • 19. Foto 1 – La scuola di Piazza della Badia, vista da via Isidoro del Lungo. Stranamente è rimasta integra solo la facciata verso piazza del Popolo. Anche questo edificio, come la gran parte degli edifici bombardati della città alta, sarà intelligentemente ricostruito con i caratteri architettonici originari. 18
  • 20. Foto 2 La Banca Popolare di Arezzo colpita da una bomba. Foto 3 La via Romana vista da chi arriva ad Arezzo. A sinistra un automezzo sfasciato. 19
  • 21. Foto 4 Due ragazzini si divertono a passeggiare sulle macerie. Il fotografo si trova in In quel periodo un ammasso di corrispondenza dell’attuale via macerie come questo veniva Verdi e vede davanti a sé le considerato di nessun valore e vi facciate del Corso, perché le fu chi, non vedendo possibilità di case interposte sono state ricostruire alcunché, cedette per ridotte ad un cumulo di macerie. poche lire aree centrali. Sulla sinistra si scorge la Chiesa trecentesca di San Jacopo, che La guerra fu anche un momento sorgeva dove, fino a poco di ribaltamento generale della tempo fa, c’era UPIM. vecchia stratificazione sociale. 20
  • 22. Foto 5 Il Palazzone, che nasce come “casa popolare”, sarà ricostruito Il fotografo si trova in Corso Italia, nella parte diruta ripristinando davanti al negozio ex “Montaini” ed accurata-mente i caratteri ex “Renato”. architettonici preesistenti. La macchina è puntata verso est. Lo spiazzo antistante, tra il Corso Poiché le case sono state distrutte e e via Margaritone, sistemato alla le macerie sono state portate via, da meglio con il cemento, sarà questa posizione si vede la via utilizzato per un certo periodo Margaritone, dove questa si imbocca come “dancing” sul quale aretini su via Crispi e nel varco compare il e aretine recupereranno quattro “Palazzone” di via Crispi, anch’esso anni di divieto, ballando, insieme colpito da una bomba proprio a soldati di tutto il mondo, con le, nell’angolo. per allora, mitiche musiche americane. 21
  • 23. Foto 6 In questa foto compare una L’incrocio tra il Corso e via Crispi – bicicletta. via Roma. Tutti gli uomini hanno il Sulla destra, la colonna dei Portici, cappello, che in quel periodo davanti il Corso con l’angolo dove sembra essere una compo- per molti anni sarà ubicato il nente indispensabile dell’ negozio di ottica “Andreoni”. abbigliamento . Tra tutte queste foto compaiono solo due automezzi militari e nessuna automobile civile. 22
  • 24. AREZZO RINNEGATA Castro che alimentava i vasconi di argilla (ovvero, la fontana di piazza San Jacopo dei fabbricanti di vasi, anticamente scomparsa nel dopoguerra) insediati numerosi nella zona. In passato, nella Piazza San Jacopo, nel La deviazione del Castro, ben lato sud dove adesso sorge il “Palazzo canalizzata, venne alla luce con gli scavi Turchini”, c’era una fontana. delle fondazioni dell’edificio del Monte dei Paschi. La fontana trae origine dalla presenza in quel punto dell’antica deviazione del Foto 1 lungo il Corso verso la ferrovia. Arezzo è in festa, nello striscione si legge Sullo spigolo di destra della piazza “HUMANITAS CHARITAS”. compare la fontana, anch’essa Il fotografo si trova in piazza San Jacopo decorata con fronde e bandiere. 23 e punta la macchina
  • 25. Foto 2 Davanti alla fontana c’è un lago d’acqua, quindi la fontana è funzionante. Sopra, adesso è stata posta una tavola pubblicitaria. 24
  • 26. Foto 3 Sulla fontana, due manifesti pubblicitari, il primo propone La strada della foto corrisponde l’”Acarina per rogna, eczemi, all’odierna via Verdi. erpeti”, l’altro “vino padronale della trattoria Biondi Paolo”. I fabbricati nel fondo e sulla destra saranno distrutti dalla guerra e al Con la ricostruzione sparirà loro posto sarà inventata la piazza ogni traccia dell’antica Risorgimento. fontana. 25
  • 27. WEBMANIAC G A IN ATA ITA ’ PA TIN BLIC S B DE PU A A LL Akira Hanzo: “Fluid Inspiration” - 3ds Max 5 - Settembre 2004
  • 29. "Arezzo, 16 Gennaio 1801. infatti quanta importanza avrebbe avuto per i posteri la memoria di tali costruzioni Era una notte limpida e gelida. qualora se ne fosse decretato l'abbandono e la conseguente demolizione. L’ingegner Jacopo Gugliantini se ne stava chiuso nel suo studio, chino sulla scrivania, Aveva pensato in particolare alla chiesina intento a terminare la relazione che il Vicario di S. Donato, che per secoli aveva accolto Regio di Arezzo gli aveva commissionato le anime dei soldati della Fortezza, e che qualche mese prima. tanta storia aveva da raccontare, basti pensare che Don Francesco, l'ultimo Urgeva infatti un resoconto dettagliato sulle parroco, non si stancava mai di ricordare condizioni della Fortezza di Arezzo che sul quanto quell'edificio fosse vetusto, lo finire di ottobre era stata gravemente riteneva addirittura più antico di tutte le danneggiata dai francesi, bramosi di chiese della città e del contado. vendicarsi degli aretini che nel maggio del 1799 avevano osato cacciare dalla città Immerso tra questi ed altri pensieri Jacopo l'esercito rivoluzionario al grido di "Viva pose la sua firma nel lavoro ormai ultimato Maria". e, dopo una veloce revisione, andò a coricarsi." Ma benché avesse già ultimato la stesura dell'elenco dei lavori da compiersi per riparare Oggi, a distanza di due secoli, la e poi riarmare la Fortezza, temeva in cuor suo relazione dell’Ingegner Gugliantini è che quella relazione sarebbe rimasta chiusa stata riscoperta e rappresenta per noi un negli archivi del Granducato, dato che i documento di inestimabile importanza. francesi parevano del tutto contrari a far presto rientro in patria, ed anzi molti aretini Infatti, grazie alla lungimiranza di sospettavano che stessero mettendo le radici quest’uomo, è attualmente possibile nella terra dei loro antenati; sinceramente ricostruire la scomparsa chiesa di San aveva dubbi anche sulle intenzioni del Donato in Cremona, con dovizia di Granduca che certamente non aveva alcun particolari strutturali e storici. interesse a spender un'ingente somma di denaro per un baluardo disarmato ormai da quasi Certo, i timori dell’ingegnere si rivelarono vent'anni, né tantomeno avrebbe rischiato di ben fondati, infatti la sua relazione non scatenare una controversia con i francesi che vide mai la realizzazione progettuale, per ovvi motivi si sarebbero opposti al ma ha fornito a noi posteri gli strumenti progetto di ricostruzione. per poter rivivere e apprezzare un Mosso dunque da tali ragionamenti, edificio sacro che si riteneva perduto per l'ingegnere aveva passato l'ultimo mese a sempre. prender misure e a fare schizzi di quelle che, almeno a parer suo, erano le strutture più notabili all'interno della Fortezza; sapeva bene 28
  • 31. La chiesa era all’incirca 15 metri di lunghezza importantissima emersa parallela-mente per 8 di larghezza, se si esclude l’abside alla scoperta della relazione di poligonale, dimensioni abbastanza ristrette Gugliantini. che giustificherebbero l’ipotesi di una fondazione molto remota. Si è riusciti addirittura a recuperare la memoria delle lapidi mortuarie e le Inoltre è interessante notare l’alzato della iscrizioni che popolavano le navate della struttura, suddiviso in due parti: nella parte chiesa, gli oggetti sacri e le opere che si inferiore la chiesa, che raggiungeva l’altezza celavano al suo interno, un patrimonio di soli 5 metri, e nella parte superiore un davvero eccezionale che ha completato magazzino che i documenti ci descrivono esser il quadro storico dell'edificio e che chiamato “la vecchia armeria”. prossimamente sarà reso fruibile finalmente a tutti i cittadini. Da notare inoltre la singolare foggia delle sei colonne che sorreggevano la struttura: Dispiace solo che questo patrimonio sia sono chiaramente di ordine “ionico”, con i emerso solamente ora; per anni storici e capitelli a spirali simmetriche, e ciò farebbe scrittori si sono limitati a spendere le solite pensare ad un riuso di elementi architettonici quattro parole su questa chiesa, senza provenienti dall’antico Capitolium e a questo approfondirne lo studio, e bollandola punto si potrebbe parlare di fondazione velocemente come “antichissima” e paleocristiana o tardoantica. “importantissima” per la storia della nostra città. Grazie alla documentazione rinvenuta sappiamo anche che l’abside poligonale Ma dopotutto si sa, gli aretini hanno il disegnato nella carta era stato edificato solo vizio di tessere facilmente le lodi della nel 1707, su commissione del Granduca propria storia cittadina, fiumi d’inchiostro Cosimo III dei Medici, e rappresentava l’unico e parole altisonanti per rivendicare un esempio in città di opera di committenza passato glorioso, una tradizione regia, un vero privilegio. ineguagliabile, pronti a strillare all’unisono se si sposta anche solo una I nove cerchi che si rilevano nel pavimento pietra. della chiesa erano delle “buche da grano”, che ovviamente dovevano essere impiegate Quando però si dissolvono le dorate in caso di assedio alla Fortezza, e sono state foschie degli elogi, quasi sempre vi si recentemente rinvenute anche durante gli scoprono dietro ignoranza dilagante, scavi archeologici in occasione dei lavori di negligenza e ben poco di ricerca storica. restauro della Fortezza. E’ bene ricordare agli aretini che di storia Moltissimi particolari si sono aggiunti alla non si parla a lodi, ma a fatti. ricerca grazie ad una grande matrice documentaria del tutto inedita ed 30
  • 32. DI ELISA PERRIELLO U no stemma o sigillo di una città o stati molti cambiamenti, anche a causa dei paese, racchiude in se storia, vari periodi storici. tradizioni, cultura di un popolo. La più antica attestazione dello stemma In questo caso lo stendardo uffiale che araldico del Comune di Foiano "il giglio rappresenta il comune di Foiano della fiorentino senza fronde" risale al XV Chiana gli è stato attribuito nel 1995 con secolo (costituita dal bel sigillo di bronzo Decreto dell’Ufficio Onorificenze e conservato al Museo statale di Arte Araldica presso la Presidenza del medievale e moderna di Arezzo). Consiglio dei Ministri, e il segno distintivo del Comune è quello storicamente Nel 1453, infatti, la Repubblica di Firenze utilizzato del “giglio fiorentino” d'oro in concedette alla terra di Foiano di poter campo rosso. usufruire del medesimo stemma di Firenze e del titolo di "nobiles viri", grazie alla C'è da sottilineare però, che prima di resistenza dimostrata dai Foianesi nel arrivare a tale stemma nella storia ci sono corso del lungo assedio da parte delle 31
  • 33. Giovanni Maria all'interno del palazzo comunale. Da questo momento in poi si susseguì una serie di modifiche al sigillo del comune: – insegna del castello un bue dorato giacente sopra una campagna in mezzo a due cipressi e una luna d'argento nella parte superiore dello scudo che è di colore azzurro. – nel 1630 una lepre adagiata su un campo verde sotto il cielo azzurro tra due coltelli. truppe napoletane l’anno precedente. – Nel 1693 lo stemma era un bue rivolto Anche all'epoca nella maggior parte dei con la testa verso destra in un campo documenti rappresentavano il giglio d'oro verde con il cielo azzurro. e lo sfondo rosso. Questi susseguirsi di stemmi sfilavano sul Nella metà del Cinquecento Foiano subì gonfalone alla vigilia di S. Giovanni a gravi danni e perdite umane a causa Firenze, una cerimonia che si ripeteva ogni della guerra Siena-Firenze che segnò da anno in cui i partecipavano tutte le terre li a poco la sottomissione di Siena al che appartenevano al Dominio fiorentino, dominio Fiorentino, però durante l'assalto le quali avevano l'obbligo di donare venne perduto il gonfalone quindi nella un'offerta. seduta del Consiglio di Foiano del 12 Maggio del 1555 vide la necessità di Invece per quanto riguardava le insegne doverlo rifare, decidendo di modificarlo, civiche di solito realizzate in pietra e/o facendone richiesta alla Signoria murate nelle porte di accesso al paese, fiorentina. Il 15 luglio del 1555 si rese nota la lettera del 27 maggio degli otto guardia balia di Firenze di cambiare il sigillo "la solita arma del giglio giallo senza fronde in un San Martino a cavallo che divide con la spada un manto rosso". Tale stemma venne fatto dipingere da 32
  • 34. sull'ex convento di S. Domenico e sulla Collegiata di San Martino raffiguravano il classico Giglio senza fronde. Nel 1799 la Toscana venne invasa dalla Francia dove si insediarono stabilmente nel 1801 con la nascita del Regno d'Etruria. Con il trattato di Fòntaineblau (23 ottobre 1807) la Toscana è annessa all'impero francese fino al 15 settembre 1814. Durante tale periodo Napoleone I aveva ripudiato lo stemma per sostituirlo con l'arma imperiale dell'aquila afferrante il fulmine ("aquila di Giove") coronata. Con la caduta dell'Impero francese il comune di Foiano riacquista il diritto di usare il giglio fiorentino che continuò ad usare anche con l'unione della Toscana al Regno d'Italia. Infatti le lettere son sigillate con un timbro a forma ovale dove in alto c'è l'iscrizione "COMUNITA' DI FOIANO" mentre la parte bassa è occupata da un elemento decorativo fosse stato in grado di acquisire nessuna floreale. informazione tranne il ritrovamento di un lacero gonfalone che rappresentava un Nel 1860, Bettino Ricasoli incarica giglio d'oro in un campo rosso oltre l'araldista Luigi Passerini di realizzare una all'effige di san Martino a cavallo, ma la raccolta degli stemmi toscani da regalare presenza del Santo viene spiegata in al re Vittorio Emanuele II. Il 26 febbraio quanto San Martino fosse protettore del il Passerini invia una lettera a tutti i comuni paese. indicando di inviargli l'incisione dello stemma con la descrizione e il significato In allegato alla lettera venne inviato degli elementi. un'impronta in ceralacca e un disegno a Nella risposta del 31 marzo 1860, il matita dello stemma il cui giglio era gonfaloniere di Foiano Angelo Seriacopi aperto bottonato con la descrizione spiega che sullo stemma comunale non "giglio d'oro in un campo rosso". A fine 33
  • 35. Il periodo fascista portò notevoli cambiamenti nell'araldica pubblica. La norma del 1928 prevede che i comuni utilizzino il proprio stemma affiancato a sinistra del Fascio Littorio (il Littorio nel 1926 fu riconosciuto come emblema di stato). Nel 1933 il Fascio Littorio venne cambiato come "capo littorio" ed introdotto all'interno dello stemma stesso. Nel 1944 con la caduta del fascismo si ritorna alla forma più semplificata del giglio. Per ottenere la necessaria autorizzazione il Comune di Foiano nel 1962 avvia le pratiche per il riconoscimento dello stemma e del gonfalone ed incarica l'Istituto Araldico 1860 l'opera degli stemmi civici venne Coccia di Firenze per provvedere alla consegnata a Emanuele II e quattro anni ricerca storica e alla preparazione del dopo venne pubblicata a Firenze. bozzetto dello stemma comunale. Nel bozzetto del Coccia il giglio è inserito A cavallo della fine del XIX secolo Foiano all'interno di uno scudo e sulla parte abbandona la forma semplice del giglio superiore è collocata una corona. e aggiunge le infiorescenze. Nel 1926 esattamente il 18 marzo il Nel 1964 senza attendere il Consiglio comunale in seduta pubblica riconoscimento dello stemma viene delibera di offrire a Benito Mussolini una realizzato il gonfalone che ovviamente si medaglia d'oro (realizzata dal prof. diversifica dal bozzetto in quanto Artidoro dell'Agnello) con lo stemma di raffigura un giglio d'oro in una campitura Foiano inserito in una mandorla circondata uniforme rosso porpora. da motivi vegetali sul retro, e la scritta "IL POPOLO DI FOIANO AL DUCE CMXXVI" Nel 1991 quindi si richiede di nuovo il nella parte frontale, come riconoscimento riconoscimento per i nuovi bozzetti del popolo foianese per la sua opera di realizzati dallo studio Araldico di elevare la grandezza dell'Italia. La Genova, e nel 1995 ottiene così il decreto medaglia insieme ad un diploma viene per il riconoscimento dello stemma e del consegnata al Duce il 27 marzo. suo gonfalone. 34
  • 36. di Marilli Rupi La normativa sulle firme elettroniche Molto più interessati alle trova le sue radici in Italia fino dal 1997, definizioni giuridiche della forma con la legge 15/3/1997 n. 59 che, scritta - rispetto alla cultura anglo- all’articolo 15, introduce e disciplina sassone - e rivolti invece soprattutto questo nuova modalità di sottoscrizione di agli aspetti sperimentali del nuovo un qualsiasi atto. strumento, l’Italia è stata all’ Questa legge è stato il primo avanguardia nel mondo nell’inserire le tassello di un nuovo apparato normativo nuove tecnologie informatiche conseguente alla introduzione della firma nell’ordinamento legislativo. Solo due elettronica. anni dopo la Comunità Europea ha 35
  • 37. emanato una direttiva, la 1999/93, per Elettronica Certificata, comunemente la firma elettronica. detta PEC. Semplificando i concetti, esistono Con essa si certifica la data e due tipi di firme elettroniche, una firma l’ora dell’ invio e l’ avvenuta ricezione cosiddetta “debole”, quella di una comune di un messaggio insieme al suo lettera elettronica (e-mail), della quale contenuto, ma non si garantisce non si può garantire la veridicità del l’identità del mittente. Mentre solo con sottoscrittore, e la firma digitale “forte”. la Firma digitale si certifica l’identità Quest’ultima è una firma del sottoscrittore. “certificata”, essendo passata attraverso Oggi però qualunque cittadino un processo che ne garantisce l’autenticità. italiano si può avvalere del servizio Presiedono a questo processo alcuni Enti offerto gratuitamente dal Ministero Certificatori, appositamente autorizzati, per la Pubblica Amministrazione e che, previa identificazione preventiva l’Innovazione che fornisce una PEC dell’identità della persona e la consegna speciale comprendente anche il di una “smart card” (una tessera vantaggio di garantire l’identità del codificata simile ad una carta bancomat), mittente. garantiscono l’autenticità della firma. Con la pubblicazione del nuovo Il nuovo CAD ha introdotto su Codice dell’Amministrazione Digitale - questo tema significative modifiche CAD (D.Lgs. N. 82/2005), del 10 gennaio tese ad una semplificazione e 2011, sono state introdotte alcune riduzione della necessità di alcuni modifiche, come ad esempio la definizione strumenti. di un’ulteriore firma elettronica avanzata, in conformità a quanto previsto nella La PEC, se rilasciata secondo certe citata Direttiva Europea, il cui ambito di regole, può essere anche utilizzata per utilizzo ed applicabilità verranno meglio inoltrare istanze alla Pubblica individuati in un secondo momento. Amministrazione con validità legale. Inutile elencare quali vantaggi Vedremo con il tempo se le novità comporta in una società avanzata la inserite avranno contribuito alla possibilità di apporre con sicurezza la diffusione dell’uso degli strumenti propria firma a distanza, in atti notarili, informatici, al fine di portare operazioni finanziarie, documenti pubblici ulteriormente avanti il processo di eccetera. de-materializzazione della comunità Un altro essenziale strumento nazionale intera, coinvolgendo sempre informatico per la de-materializzazione più nel nuovo sistema anche le imprese, dei processi è costituito dalla Posta i professionisti e i comuni cittadini. 36
  • 38. WEBMANIAC A ’ G IN ATA ITA PA TIN BLIC S B DE PU A A LL Amauri Ploteixa “Bjork 3D Portrait” Maya, Photoshop, Zbrush - Aprile 2006
  • 39. Rubrica a cura di Riccardo Lelli Scrive il lettore: l’opera realizzata non corrisponda “Nel febbraio del 2006 ho fatto alle caratteristiche del progetto e del ristrutturare un appartamento. Da qualche contratto di appalto, o sia stata mese sono comparse delle vistose crepe sul eseguita senza osservare le regole pavimento di ceramica in cucina, in salotto della tecnica, presentando i cosiddetti e in una camera da letto. Anche se sono “vizi redibitori”, che rendono l'opera passati più di quattro anni, per questi danni inadatta, totalmente o parzialmente, mi posso rivalere sull’appaltatore che ha all'uso cui è destinata. eseguito i lavori di ristrutturazione?” L’azione contro l’appaltatore si Risponde l’avv. Riccardo Lelli: prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera e il committente Nell'ordinamento italiano, gli deve, a pena di decadenza, articoli 1667 e 1668 del Codice Civile denunciare all’ appaltatore le prevedono una garanzia biennale a difformità, o i vizi entro sessanta giorni 38 carico dell’appaltatore nel caso in cui dalla scoperta.
  • 40. A queste norme si aggiunge avrebbe più alcun diritto da far valere l'articolo 1669, secondo il quale, se, entro nei confronti dell’appaltatore che ha i dieci anni dal compimento, l'opera rovina eseguito i lavori di ristrutturazione. totalmente o parzialmente, oppure presenta pericoli di rovina, o gravi difetti, Se, invece, nel pavimento in l’appaltatore è responsabile verso il parola risultasse una presenza committente e i suoi aventi causa. capillare, continuata e diffusa di lesioni (come sembrerebbe che sia, Negli ultimi anni si è affermata una secondo la descrizione fatta dal interpretazione dell’articolo 1669 che lettore), tali difetti potrebbero considera grave difetto, non soltanto i vizi rientrare nella disciplina della incidenti sulle strutture e sulla stabilità responsabilità decennale prevista degli edifici, ma anche qualsiasi all’articolo 1669, soprattutto se, in una alterazione che determini, o possa prospettiva futura, si accentuassero determinare uno stato di apprezzabile ulteriormente e portassero allo menomazione, economica, o di godimento scollamento delle mattonelle. dell’immobile. In quest’ultimo caso, il lettore Detto articolo 1669 prevede, oltre potrebbe far valere i propri diritti nei al termine decennale dal compimento confronti dell’appaltatore, dal dell'opera, due ulteriori termini, uno, di momento che i termini della decadenza, pari ad un anno dalla prescrizione e della decadenza, sopra scoperta, per la denuncia del pericolo di menzionati, non sono ad oggi trascorsi. rovina o di gravi difetti, e l'altro, di prescrizione, pari ad un anno dalla denuncia, per l'esercizio della conseguente azione di responsabilità. Ciò premesso, nella vicenda esposta dal lettore occorre capire, innanzitutto, se i vizi riscontrati rientrino nella fattispecie dell’articolo 1667, oppure in quella dell’articolo 1669. Nel primo caso, l’azione di responsabilità nei confronti dell’ appaltatore è ormai prescritta, essendo trascorsi più di due anni dalla consegna 39 dell’opera. Il lettore, pertanto, non
  • 41. Girasoli Fiori di luce. Eleganti importanti affascinanti. Belli soprattutto quando sono tanti che, per intere vallate, si sporgono ad ondate. Vi prego: restate. Emozionanti come fuochi squillanti nelle notti stellate: siate come le fate che addolciscono il cuore! Lasciateci l’Amore “giallamente” felice che, per sempre, ci dice quel che vogliamo udire. di Maurizio Licenziati 40
  • 42. BRIDGE L’Associazione organizza presso Per iniziativa dell’”ASSOCIAZIONE l’Hotel Minerva, tutti i pomeriggi del CHIMERA BRIDGE”, questo gioco, giovedì e della domenica, un torneo riconosciuto dal CONI, ha avuto di bridge. recentemente un impulso nella nostra città. Presidente e animatore dell’Associazione Per chi è interessato ad imparare il è l’ingegnere Antonio Bedini (Tel. gioco del bridge, l’Associazione 0575.300700) dispone di un istruttore federale (Dino Faltoni, tel. 368.7189773) e di una In Toscana sono diffusi i giochi delle carte, brava giocatrice disposta a insegnare quali briscola o scopone, la cui conoscenza questo gioco (Gabriella Serboli e apprezzamento è premessa utile per Pignattelli tel. 349.53767). 41 diventare giocatori di bridge.
  • 43. Riportiamo i risultati degli ultimi tornei di BRIDGE tenuti dall’Associazione Chimera Bridge: Torneo del 28/11/2010 linea Nord-Sud 1° Bresci Maria Teresa e Stelloni Loretta 2° Lelli Laura e Rupi Pier Lodovico linea est-ovest 1° Mastrantonio Angela e Cardeti Giancarlo 2° Galletti Luciano e Bresci Piero Torneo del 2/12/2010 linea Nord-Sud 1° Bresci Piero e Orzari Fabio 2° Baldelli Bombelli Augusto e Bedini Antonio linea est-ovest 1° Marchetti Lanfranco e Brancati Maria Luisa 2° Cardeti Giancarlo e Casini Alda Torneo del 5/12/2010 linea Nord-Sud 1° Serboli Gabriella – Bresci Maria Teresa 2° Baldelli Bombelli Augusto e Bedini Antonio linea est-ovest 1° Falconi Dino – Bresci Piero 2° Materazzi Dino – Nardi Dei Anna Torneo del 6/1/2011 linea Nord-Sud 1° Biancini Lucia – Caprini Giuseppe 2° Lelli Laura – Rupi Pier Lodovico linea est-ovest 1° Incardona Luciana – Camiciottoli Renza 2° Tarquini Elio - Ceccarelli Marisa 42
  • 44. BURRACO L’Associazione Chimera Bridge organizza presso l’Hotel Minerva, i pomeriggi del giovedì e della domenica, anche un torneo di burraco. Responsabile di questi tornei è Alvaro Fedeli (Tel. 0575.27369) Riportiamo i Risultati degli ultimi tornei di BURRACO Torneo del 28/10/2010 1° Fedeli Alvaro e Romani Mario 2° Raffaelli Lidia e Pierattini Marcella 3° Dalla Verde Bruno e Bonciani Giuliano Torneo del 7/11/2010 1° Gironi Laura e Agnelli Bruna 2° Minghetti Mirella e Piantini Loredana 3° Ghiandai Mauro e Rubechini Simonetta Torneo del 6/12/2010 1° Rossi Carlo e Ghezzi Maria Gabriella 2° Fedeli Alvaro e Romani Mario 3° Fiorentino Olimpia e Rubino Rosanna 43
  • 45. ANNI ‘70 - RESTYLING INDUSTRIALE
  • 46. IL VASARIANO Editoriale di LILLY MAGI Memento Perché il Numero Zero Entreé GIORGIO DEI VASAI Cover Story Il nome segreto di Arezzo Urbanistica Per la salvaguardia dell’area di un possibile aeroporto Vintage Arezzo bombardata, Arezzo rinnegata Città la resurrezione della chiesa di san donato in cremona Provincia Foiano della chiana e il suo stemma nella storia Società la firma elettronica Rubriche Diritto & Rovescio - Poesie - Bridge & Burraco