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Sessione di creatività
approccio autobiografico storie di vita

              Nome relatore




                          di Emilia Aulicino
                              Giugno 2011
"Ognuno di noi ha una storia del
proprio vissuto, un racconto interiore,
la cui continuità, il cui senso è la nostra
vita.

Si potrebbe dire che ognuno di noi
costruisce e vive un racconto, e che
questo racconto è noi stessi, la nostra
identità.

Per essere noi stessi, dobbiamo avere
noi stessi, possedere se necessario
ripossedere, la storia del nostro vissuto.
Dobbiamo ripetere noi stessi, nel senso
etimologico del termine, rievocare il
dramma interiore, il racconto di noi
stessi.
L'uomo ha bisogno di questo racconto,
di un racconto interiore continuo, per
conservare la sua identità, il suo sé".
Oliver Sacks
L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello,
Milano, Adelphi, (tr.it.), 1986, pp.153-4.)
Introduzione
Il racconto autobiografico è da sempre presente nella
storia dell’umanità: fin dall’antichità l’uomo ha avvertito il
bisogno di fissare la propria esperienza, non solo nel
tentativo di vincere la caducità della sua esistenza, ma
anche per riflettere sul proprio vissuto, comprenderne il
senso ed acquisire nuovo slancio vitale.

L’approccio biografico indica in sociologia una serie di
tecniche metodologiche alquanto diversificate volte alla
raccolta ed all’analisi di racconti di vita, scritti o orali,
sollecitati o autoprodotti, di soggetti “indicati come
rappresentativi di una certa realtà o significativi proprio
per la particolarità del loro percorso esistenziale”.

Tendenzialmente si può affermare che l’approccio
biografico può essere utilizzato per valorizzare gli aspetti
soggettivi di una narrazione (avvicinandosi cosi alla
psicologia) oppure quelli oggettivi relativi all’analisi del
contesto.
La pratica della scrittura della propria vita
l’uso dell’autobiografia   (autobiografia) e della narrazione orale di sé
                           (autobiologia) si sta affermando in molti luoghi
                           educativi e trattamentali (scuole, carceri, comunità
                           di recupero per tossicodipendenti, residenze per
                           anziani, centri di accoglienza per immigrati, case
                           famiglia, centri di orientamento, etc…), come
                           proposta formativa non terapeutica e non direttiva
                           finalizzata all'attivazione o ri-attivazione di percorsi
                           di crescita individuali e di gruppo.

                           Tale pratica tende a sollecitare nei soggetti il
                           recupero di quelle "tracce di senso" esistenziali,
                           spirituali, relazionali, cognitive, affettive presenti
                           lungo il continuum esperienziale della storia di vita
                           personale e, spesso, sommerse, opacizzate,
                           alienate, rese intelleggibili.
Le storie di vita           sono e fanno formazione, per un
Biografia storia di vita   obiettivo autoconoscitivo e trasformativo.
                           Ogni biografia è il testo di una vita, il libro scritto
                           quotidianamente senza accorgersene, con gli altri, che
                           equivale al tracciato che appartiene ad una storia di
                           formazione.
                           L’esercizio della riflessività che si determina nel discutere,
                           non da soli, sulle proprie storie di formazione produce
                           pratiche trasformative mediante la variazione dei punti di
                           vista, la presa di distanza affettiva, i distacchi dal proprio
                           passato, dal presente, dallo stesso futuro.” Duccio Demetrio
                           introduce così il libro scritto da
                           Peter Alheit e Stefania Bergamini Storie di vita. Metodologia
                           di ricerca per le scienze sociali, ediGuerini Studio.


                           l’approccio autobiografico          si viene sempre più
                           affacciando nelle pratiche pedagogiche e trattamentali
                           perché essa si offre da sempre, in quanto le è congeniale,
                           con la caratteristica della sfida educativa; tende a
                           incoraggiare e a sostenere, cioè, il sentimento di
                           autostima       che è alla base della capacità proattiva di
                           ridisegnare la personale storia di vita sia in termini di ri-
                           comprensione di quella precedente, sia in termini di
                           permanente riformulazione progettuale.
La pratica autobiografica, come ogni altra
 tecnologia della cura di sé, assume l'idea
 guida che ogni uomo và incoraggiato e
 sostenuto nello svelamento di quella
 storia personale faticosamente costruita
 all'interno   delle   relazioni   che   ha
 organizzato e costantemente ri-organizza
 nell'incontro con gli altri e con il mondo
 circostante.

Nella prospettiva delineata dagli studi più
recenti, l’autobiografia viene considerata un
vero e proprio metodo educativo, capace
di portare concreti risultati in termini di
recupero, cambiamento e nuova
progettualità.
Compito dell'educatore autobiografo è
                             quello di favorire lo sviluppo di uno spazio riflessivo e
                             conversazionale condiviso sì da promuovere forme di
                             esperienza individuali e collettive autenticamente vissute.
l’educatore autobiografico   Il lavoro con gli altri attraverso la ricostruzione della loro
                             storia narrata mediante le più diverse forme comunicative
                             (il racconto orale o scritto, il disegno, il mimo, la
                             recitazione, l’autovideonarrazione ) implica, però, in primo
                             luogo un’autoformazione da parte dell’educatore o
                             formatore .
                             L’educatore che lavora con il metodo autobiografico
                             incontra spesso la difficoltà di porre le necessarie
                             distanze tra la sua vita e il racconto di coloro che aiuta,
                             spesso a scapito di un sano equilibrio relazionale. Diventa
                             quindi essenziale lo scambio e il contatto con i colleghi,
                             per evitare "scivolamenti empatici .

                             Si dovrà quindi adottare un metodo di lavoro che sviluppi
                             l’empatia, contrasti l’assunzione di comportamenti
                             moralistici o diagnostici, eviti l’emissione di giudizi e
                             l’adozione di atteggiamenti direttivi o distaccati.
                             In sintesi occorre sviluppare le seguenti abilità sociali:
                             sensibilità percettiva, consapevolezza emotiva, capacità
                             di valorizzare, gratificare e rinforzare.
“La comprensione che ognuno
La storia siamo noi   ha di se stesso è narrativa: non
                      posso cogliere me stesso al di
                      fuori del tempo e dunque al di
                      fuori del racconto”
                      (Paul Ricoeur, 1988)

                      “Questo mi fa venire in mente
                      una storia...” (Gregory Bateson)

                      Accanto al pensiero
                      paradigmatico che persegue
                      l’ideale di un sistema descrittivo
                      ed esplicativo formale e
                      matematico, esiste un pensiero
                      narrativo. (v. J. Bruner, 1996)
Emergono con forza le interconnessioni che legano

pratiche riflessive e   la riflessione      autobiografica con
orientamento             orientamento
                        l’                          e la progettazione
                        prospettica, affinchè si possano dispiegare per la
                        persona, prospettive di scelta e di azione

                        la narrazione di sé deve produrre dei
                        cambiamenti nelle rappresentazioni mentali che essa
                        ha di sé e quindi dovrà apportare nuove
                        consapevolezze all’identità, nel concetto di sé e
                        nell’autostima.

                        La riflessione autobiografica deve essere orientata
                        alla reale attuazione del sé e della prospettiva di
                        progettazione futura.
il colloquio narrativo/1

  •   Raccogliere una storia vuol dire diventar testimoni ascoltando qualcun altro che
      racconta, riconoscendo l'importanza e l'unicità del narrante.
  •   Il testimone ascolta e restituisce la storia riconoscendola; egli diventa portavoce.
  •   Quando raccontiamo facciamo esperienza di:
       eterostima: emozione che si prova nel momento in cui la nostra storia
          diventa importante per qualcun altro.
       esostima: emozione che proviamo quando siamo in grado di fare un
          discorso di senso compiuto.
       autostima: emozione in cui il narratore riconosce di avere una storia
           significativa e degna di essere narrata.
  •   Lo svelamento è il momento in cui il riconoscimento e la restituzione della nostra
      storia ci fa rendere conto di ciò che ci è successo.
  •   Lo scrivano intelligente è l'operatore sanitario che trascrive la storia dell'altro
      non come un caso clinico ma come una vicenda umana. Egli è colui che stimola
      la narrazione e la prende in custodia.
il colloquio narrativo/2

 il colloquio narrativo costituisce lo strumento di raccolta di una storia e si
 configura come un percorso relazionale.

 1. Patto: deve essere chiaro nel definire gli scopi e i tempi del percorso.
 2. Colloqui narrativi: si raccoglie la storia o parte di essa seguendo una traccia.
 3. Trascrizione dei colloqui: sbobinamento.
 4. Restituzione dei testi: attraverso un colloquio di approfondimento, in esso è
    possibile chiarire alcune parti, ampliare la narrazione o modificarla.
 5. Trascrizione colloquio di approfondimento: si trasforma il testo in una
    monografia narrativa.
 6. Restituzione della monografia: il narratore in questa fase si dovrebbe
    riconoscere in essa. La storia finale è sempre co-costruita perché scritta a 4
    mani.
il colloquio narrativo/3
 Alcune caratteristiche del colloquio narrativo:
            Luogo: deve essere tranquillo, accogliente e dove non si rischia di
            essere interrotti, se possibile si va a casa del soggetto.
            Tempo: va calcolato in basa alla durata della nostra attenzione,
            quanto si riesce a sostenere un ascolto attivo.
            Atteggiamento: sono necessari l'ascolto attivo, l'assenza di
            giudizio e l'empatia.
       Gli interventi devono favorire la comunicazione, per questo si possono
       usare interventi:
            Ad eco: ripetere le ultime cose dette chiedendo chiarificazioni.
            Di riformulazione: ripetere con parole nostre ciò che ha detto
               l'altro chiedendo se si è capito correttamente.
            Di riflessione dei sentimenti: si ripropongono i sentimenti che
               l'altro sta provando.
            Di ricapitolazione: utili per evidenziare le contraddizioni.
 Nel caso in cui l'altro non riesca ad esprimere alcune cose, non bisogna
 mai insistere. È necessario evitare l'atteggiamento da esperto e il consolare
 l'altro
il colloquio narrativo/4


 Il colloquio segue sempre una traccia semi-strutturata che
 analizzerà i temi che ci interessano, essa va imparata a memoria.

 La traccia è composta da domande:

 • Sugli eventi della storia personale, si utilizza la memoria episodica.
 • Sui significati che richiedono definizioni, il significato che ha avuto quel
   determinato evento.
 • Evocative, che richiamano l'uso della metafora.
 • Meta-cognitive, chiedono di riflettere sulla propria immagine/storia alla
   luce di quello che si è raccontato, si fa una riflessione sulla riflessione.
La narrazione               può essere usata come
narrazione e intercultura   strumento di educazione interculturale, ossia un
                            educazione alla differenza, essa riguarda tutte le
                            differenze ma in particolare l'approccio con persone
                            che arrivano da culture differenti.
                            L'identità è qualcosa che ha che fare con noi stessi,
                            quello che siamo ma anche con l'alterità, ovvero ciò
                            che pensiamo degli altri.
                            L'identità presuppone l'esistenza di esseri unici ed
                            irripetibili, è fatta di caratteristiche personali, non
                            esiste aldilà dell'esperienza e ha bisogno di
                            qualcuno a cui mostrarsi, necessita della relazione.
                            L’identità si mostra e cambia attraverso la
                            narrazione.
                            Identità plurima          = caratteristica dell'età
                            adulta dove si concentrano più identità che si
                            influenzano reciprocamente, si adegua la propria
                            identità al contesto.
                            Identità multipla                = in un mondo
                            attraversato da flussi culturali diversi e
                            contraddittori, l’identità deve fare i conti con la
                            diversità, deve sapersi adattare sopportando le
                            ambivalenze.
Identità “traiettoria” = è come se l'identità fosse
traiettoria individuale   un percorso, essa è temporale e spaziale, c'è
                          qualcosa dentro di noi che si modifica continuamente
                          perciò l'identità può seguire traiettorie identitarie
                          convergenti o divergenti.
                          L'Io tessitore è l'identità che tiene insieme, ricompone
                          le esperienze e fa si che noi siamo sempre noi stessi.
                          L'identità nomade e la doppia assenza sono concetti
                          che hanno a che fare con le persone che si spostano
                          nello spazio. Queste caratteristiche portano a sentirsi
                          fuori luogo ovunque, manca l'appartenenza.
                          L'alterità è tutto ciò che non sono io, “l'altro comincia
                          accanto a me”
                          Non esistono alterità totali perché sono sempre
                          presenti elementi di somiglianza tra me e l'altro.
                          Alterità immediata = si riconoscono molti elementi di
                          somiglianza.
                          Alterità lontana = si riconoscono pochi elementi di
                          somiglianza.
                          Non si può capire o conoscere pienamente l'altro
                          come non si può conoscere interamente noi stessi.
                          Si può accogliere l'altro con le sue differenze.
Gli stereotipi sono un modo per categorizzare e
io mi scrivo     generalizzare le esperienze.
io sono il mio   Noi viviamo d stereotipi, l'importante è non farsi
                 guidare solo da essi e non trasformarli in pregiudizi.
racconto         Il pregiudizio ci fa pensare che le cose negative siano
                 legate ad alterità lontane.
                 Per fare si che identità e alterità si fondano si può
                 utilizzare un laboratorio autobiografico, ovvero uno
                 spazio riflessivo attraverso la scrittura del sé.
                 Il laboratorio autobiografico consente di
                 raccontare frammenti di sé all'altro che condivide e
                 connette questi racconti con i propri.
                 Il laboratorio autobiografico è definito come uno spazio
                 soglia, ovvero una frontiera dove le identità si
                 affacciano verso l'altro mantenendo però le proprie
                 caratteristiche, ovviando così alla nostra paura di
                 diventare altro.
                 La raccolta di storie di migrazione hanno importanza
                 sia per chi le racconta che per la collettività, diventano
                 processo di apprendimento e cambiamento sociale.
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Il metodo autobiografico

  • 1. Sessione di creatività approccio autobiografico storie di vita Nome relatore di Emilia Aulicino Giugno 2011
  • 2. "Ognuno di noi ha una storia del proprio vissuto, un racconto interiore, la cui continuità, il cui senso è la nostra vita. Si potrebbe dire che ognuno di noi costruisce e vive un racconto, e che questo racconto è noi stessi, la nostra identità. Per essere noi stessi, dobbiamo avere noi stessi, possedere se necessario ripossedere, la storia del nostro vissuto. Dobbiamo ripetere noi stessi, nel senso etimologico del termine, rievocare il dramma interiore, il racconto di noi stessi. L'uomo ha bisogno di questo racconto, di un racconto interiore continuo, per conservare la sua identità, il suo sé". Oliver Sacks L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Milano, Adelphi, (tr.it.), 1986, pp.153-4.)
  • 3. Introduzione Il racconto autobiografico è da sempre presente nella storia dell’umanità: fin dall’antichità l’uomo ha avvertito il bisogno di fissare la propria esperienza, non solo nel tentativo di vincere la caducità della sua esistenza, ma anche per riflettere sul proprio vissuto, comprenderne il senso ed acquisire nuovo slancio vitale. L’approccio biografico indica in sociologia una serie di tecniche metodologiche alquanto diversificate volte alla raccolta ed all’analisi di racconti di vita, scritti o orali, sollecitati o autoprodotti, di soggetti “indicati come rappresentativi di una certa realtà o significativi proprio per la particolarità del loro percorso esistenziale”. Tendenzialmente si può affermare che l’approccio biografico può essere utilizzato per valorizzare gli aspetti soggettivi di una narrazione (avvicinandosi cosi alla psicologia) oppure quelli oggettivi relativi all’analisi del contesto.
  • 4. La pratica della scrittura della propria vita l’uso dell’autobiografia (autobiografia) e della narrazione orale di sé (autobiologia) si sta affermando in molti luoghi educativi e trattamentali (scuole, carceri, comunità di recupero per tossicodipendenti, residenze per anziani, centri di accoglienza per immigrati, case famiglia, centri di orientamento, etc…), come proposta formativa non terapeutica e non direttiva finalizzata all'attivazione o ri-attivazione di percorsi di crescita individuali e di gruppo. Tale pratica tende a sollecitare nei soggetti il recupero di quelle "tracce di senso" esistenziali, spirituali, relazionali, cognitive, affettive presenti lungo il continuum esperienziale della storia di vita personale e, spesso, sommerse, opacizzate, alienate, rese intelleggibili.
  • 5. Le storie di vita sono e fanno formazione, per un Biografia storia di vita obiettivo autoconoscitivo e trasformativo. Ogni biografia è il testo di una vita, il libro scritto quotidianamente senza accorgersene, con gli altri, che equivale al tracciato che appartiene ad una storia di formazione. L’esercizio della riflessività che si determina nel discutere, non da soli, sulle proprie storie di formazione produce pratiche trasformative mediante la variazione dei punti di vista, la presa di distanza affettiva, i distacchi dal proprio passato, dal presente, dallo stesso futuro.” Duccio Demetrio introduce così il libro scritto da Peter Alheit e Stefania Bergamini Storie di vita. Metodologia di ricerca per le scienze sociali, ediGuerini Studio. l’approccio autobiografico si viene sempre più affacciando nelle pratiche pedagogiche e trattamentali perché essa si offre da sempre, in quanto le è congeniale, con la caratteristica della sfida educativa; tende a incoraggiare e a sostenere, cioè, il sentimento di autostima che è alla base della capacità proattiva di ridisegnare la personale storia di vita sia in termini di ri- comprensione di quella precedente, sia in termini di permanente riformulazione progettuale.
  • 6. La pratica autobiografica, come ogni altra tecnologia della cura di sé, assume l'idea guida che ogni uomo và incoraggiato e sostenuto nello svelamento di quella storia personale faticosamente costruita all'interno delle relazioni che ha organizzato e costantemente ri-organizza nell'incontro con gli altri e con il mondo circostante. Nella prospettiva delineata dagli studi più recenti, l’autobiografia viene considerata un vero e proprio metodo educativo, capace di portare concreti risultati in termini di recupero, cambiamento e nuova progettualità.
  • 7. Compito dell'educatore autobiografo è quello di favorire lo sviluppo di uno spazio riflessivo e conversazionale condiviso sì da promuovere forme di esperienza individuali e collettive autenticamente vissute. l’educatore autobiografico Il lavoro con gli altri attraverso la ricostruzione della loro storia narrata mediante le più diverse forme comunicative (il racconto orale o scritto, il disegno, il mimo, la recitazione, l’autovideonarrazione ) implica, però, in primo luogo un’autoformazione da parte dell’educatore o formatore . L’educatore che lavora con il metodo autobiografico incontra spesso la difficoltà di porre le necessarie distanze tra la sua vita e il racconto di coloro che aiuta, spesso a scapito di un sano equilibrio relazionale. Diventa quindi essenziale lo scambio e il contatto con i colleghi, per evitare "scivolamenti empatici . Si dovrà quindi adottare un metodo di lavoro che sviluppi l’empatia, contrasti l’assunzione di comportamenti moralistici o diagnostici, eviti l’emissione di giudizi e l’adozione di atteggiamenti direttivi o distaccati. In sintesi occorre sviluppare le seguenti abilità sociali: sensibilità percettiva, consapevolezza emotiva, capacità di valorizzare, gratificare e rinforzare.
  • 8. “La comprensione che ognuno La storia siamo noi ha di se stesso è narrativa: non posso cogliere me stesso al di fuori del tempo e dunque al di fuori del racconto” (Paul Ricoeur, 1988) “Questo mi fa venire in mente una storia...” (Gregory Bateson) Accanto al pensiero paradigmatico che persegue l’ideale di un sistema descrittivo ed esplicativo formale e matematico, esiste un pensiero narrativo. (v. J. Bruner, 1996)
  • 9. Emergono con forza le interconnessioni che legano pratiche riflessive e la riflessione autobiografica con orientamento orientamento l’ e la progettazione prospettica, affinchè si possano dispiegare per la persona, prospettive di scelta e di azione la narrazione di sé deve produrre dei cambiamenti nelle rappresentazioni mentali che essa ha di sé e quindi dovrà apportare nuove consapevolezze all’identità, nel concetto di sé e nell’autostima. La riflessione autobiografica deve essere orientata alla reale attuazione del sé e della prospettiva di progettazione futura.
  • 10. il colloquio narrativo/1 • Raccogliere una storia vuol dire diventar testimoni ascoltando qualcun altro che racconta, riconoscendo l'importanza e l'unicità del narrante. • Il testimone ascolta e restituisce la storia riconoscendola; egli diventa portavoce. • Quando raccontiamo facciamo esperienza di: eterostima: emozione che si prova nel momento in cui la nostra storia diventa importante per qualcun altro. esostima: emozione che proviamo quando siamo in grado di fare un discorso di senso compiuto. autostima: emozione in cui il narratore riconosce di avere una storia significativa e degna di essere narrata. • Lo svelamento è il momento in cui il riconoscimento e la restituzione della nostra storia ci fa rendere conto di ciò che ci è successo. • Lo scrivano intelligente è l'operatore sanitario che trascrive la storia dell'altro non come un caso clinico ma come una vicenda umana. Egli è colui che stimola la narrazione e la prende in custodia.
  • 11. il colloquio narrativo/2 il colloquio narrativo costituisce lo strumento di raccolta di una storia e si configura come un percorso relazionale. 1. Patto: deve essere chiaro nel definire gli scopi e i tempi del percorso. 2. Colloqui narrativi: si raccoglie la storia o parte di essa seguendo una traccia. 3. Trascrizione dei colloqui: sbobinamento. 4. Restituzione dei testi: attraverso un colloquio di approfondimento, in esso è possibile chiarire alcune parti, ampliare la narrazione o modificarla. 5. Trascrizione colloquio di approfondimento: si trasforma il testo in una monografia narrativa. 6. Restituzione della monografia: il narratore in questa fase si dovrebbe riconoscere in essa. La storia finale è sempre co-costruita perché scritta a 4 mani.
  • 12. il colloquio narrativo/3 Alcune caratteristiche del colloquio narrativo: Luogo: deve essere tranquillo, accogliente e dove non si rischia di essere interrotti, se possibile si va a casa del soggetto. Tempo: va calcolato in basa alla durata della nostra attenzione, quanto si riesce a sostenere un ascolto attivo. Atteggiamento: sono necessari l'ascolto attivo, l'assenza di giudizio e l'empatia. Gli interventi devono favorire la comunicazione, per questo si possono usare interventi:  Ad eco: ripetere le ultime cose dette chiedendo chiarificazioni.  Di riformulazione: ripetere con parole nostre ciò che ha detto l'altro chiedendo se si è capito correttamente.  Di riflessione dei sentimenti: si ripropongono i sentimenti che l'altro sta provando.  Di ricapitolazione: utili per evidenziare le contraddizioni. Nel caso in cui l'altro non riesca ad esprimere alcune cose, non bisogna mai insistere. È necessario evitare l'atteggiamento da esperto e il consolare l'altro
  • 13. il colloquio narrativo/4 Il colloquio segue sempre una traccia semi-strutturata che analizzerà i temi che ci interessano, essa va imparata a memoria. La traccia è composta da domande: • Sugli eventi della storia personale, si utilizza la memoria episodica. • Sui significati che richiedono definizioni, il significato che ha avuto quel determinato evento. • Evocative, che richiamano l'uso della metafora. • Meta-cognitive, chiedono di riflettere sulla propria immagine/storia alla luce di quello che si è raccontato, si fa una riflessione sulla riflessione.
  • 14. La narrazione può essere usata come narrazione e intercultura strumento di educazione interculturale, ossia un educazione alla differenza, essa riguarda tutte le differenze ma in particolare l'approccio con persone che arrivano da culture differenti. L'identità è qualcosa che ha che fare con noi stessi, quello che siamo ma anche con l'alterità, ovvero ciò che pensiamo degli altri. L'identità presuppone l'esistenza di esseri unici ed irripetibili, è fatta di caratteristiche personali, non esiste aldilà dell'esperienza e ha bisogno di qualcuno a cui mostrarsi, necessita della relazione. L’identità si mostra e cambia attraverso la narrazione. Identità plurima = caratteristica dell'età adulta dove si concentrano più identità che si influenzano reciprocamente, si adegua la propria identità al contesto. Identità multipla = in un mondo attraversato da flussi culturali diversi e contraddittori, l’identità deve fare i conti con la diversità, deve sapersi adattare sopportando le ambivalenze.
  • 15. Identità “traiettoria” = è come se l'identità fosse traiettoria individuale un percorso, essa è temporale e spaziale, c'è qualcosa dentro di noi che si modifica continuamente perciò l'identità può seguire traiettorie identitarie convergenti o divergenti. L'Io tessitore è l'identità che tiene insieme, ricompone le esperienze e fa si che noi siamo sempre noi stessi. L'identità nomade e la doppia assenza sono concetti che hanno a che fare con le persone che si spostano nello spazio. Queste caratteristiche portano a sentirsi fuori luogo ovunque, manca l'appartenenza. L'alterità è tutto ciò che non sono io, “l'altro comincia accanto a me” Non esistono alterità totali perché sono sempre presenti elementi di somiglianza tra me e l'altro. Alterità immediata = si riconoscono molti elementi di somiglianza. Alterità lontana = si riconoscono pochi elementi di somiglianza. Non si può capire o conoscere pienamente l'altro come non si può conoscere interamente noi stessi. Si può accogliere l'altro con le sue differenze.
  • 16. Gli stereotipi sono un modo per categorizzare e io mi scrivo generalizzare le esperienze. io sono il mio Noi viviamo d stereotipi, l'importante è non farsi guidare solo da essi e non trasformarli in pregiudizi. racconto Il pregiudizio ci fa pensare che le cose negative siano legate ad alterità lontane. Per fare si che identità e alterità si fondano si può utilizzare un laboratorio autobiografico, ovvero uno spazio riflessivo attraverso la scrittura del sé. Il laboratorio autobiografico consente di raccontare frammenti di sé all'altro che condivide e connette questi racconti con i propri. Il laboratorio autobiografico è definito come uno spazio soglia, ovvero una frontiera dove le identità si affacciano verso l'altro mantenendo però le proprie caratteristiche, ovviando così alla nostra paura di diventare altro. La raccolta di storie di migrazione hanno importanza sia per chi le racconta che per la collettività, diventano processo di apprendimento e cambiamento sociale.
  • 17. Bibliografia ALHEIT, A., BERGAMINI, S. (1996) Storie di vita. Metodologia di ricerca per le scienze sociali. Guerini Reprint, Milano. AMMANITI, M., STERN, D. (a cura di) (1991) Rappresentazioni e narrazioni. Laterza, Roma-Bari. ANDERSON, B.J., RUBIN, R.R. (1996) Practical Psychology for Diabetes Clinicians. American Diabetes Association, Alexandria, Virginia. ANDERSON, B., FUNNEL M. (2000) The art of empowerment: Stories and Strategies for Diabetes Educators. American Diabetes Association, Alexandria, Virginia. ATKINSON, R. (1998) The Life story interviews. Sage, Newbury Park. Tr. it.: L’intervista narrativa. Cortina, Milano 2002. BALDASSARRE V.A. , DI GREGORIO L., SCARDICCHIO A.C. (1999) La vita come paradigma. L’autobiografia come strategia di Ricerca- Form-Azione. Edizioni dal Sud Modugno, Bari. BATESON, G. (1977) Vers une écologie de l’esprit. Seuil, Paris. Tr. it.: Verso un’ecologia della mente. Adelphi, Milano 1977. BATESON, G. (1984) La nature et la pensée. Seuil, Paris. Tr. it.: Mente e natura. Adelphi, Milano1984.
  • 18. DEMETRIO, D. (1996) Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé. Raffaello Cortina Editore, Milano. DEMETRIO, D. (2003) «Intervista Pediatria & Diabete» n. 6, 2003. DEMETRIO D., FABBRI D., GHEPARDI S. (1994) Apprendere nelle organizzazioni. Proposte per la crescita cognitiva in età adulta. La Nuova Italia Scientifica, Roma, DENZIN. K. (1989) Interpretative biography. Sage, Newbury Park DONALDSON, M. (1978) Children’s Minds. Norton, New York. ERIKSON E. (1975) Life history and the historical moment. Norton, New York FASULO, A., PONTECORVO, C. (1997) Il bisogno di raccontare. Analisi di narrazioni nel contesto familiare. In: SMORTI, A. (a cura di) Il sé come testo. Costruzione delle storie e sviluppo della persona. Giunti, Firenze pp. 180-214. SMORTI, A. (1994) Il pensiero narrativo. Costruzione di storie e sviluppo della conoscenza sociale. Giunti, Firenze. SMORTI, A. (1997) Il sé come testo. Costruzione delle storie e sviluppo della persona. Giunti, Firenze. SPENCE, D.P. (1982) Narrative truth and historical truth. Norton, New York. Tr. it.: Verità narrativa e verità storica. Martinelli, Firenze (1987).