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                                                                                                          modulo 02 - 21.02.2002

COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’
Oliviero Toscani
Oliviero Toscani nasce a Milano e vive in Toscana con sua moglie Kirsti e i suoi tre figli. Ha studiato
fotografia al Kunstgewerbesch le di Zurigo da 1961 al 1965 e comincia a lavorare per riviste di
moda e così le sue foto appaiono in tutte le pubblicazioni internazionali come Elle, Vogue, Lei,
Donna, GQ and Harper's. La collaborazione con Benetton inizia nel 1982 e questo rapporto gli
procura diversi riconoscimenti come il Grand Prix d'Affichage, il Gran Prix dell'Unesco e la Medaglia
all'Art Directors Club di New York. Nel 1989 vince il Leone d'Oro a Cannes come regista pubblicitario.
Sue foto si possono vedere in molti musei come la Biennale di Venezia, il Museum of Contemporary
Photography of Chicago, il Museum of Moder Art a Tel Aviv e in altri musei internazionali. Sue
recenti mostre sono al Kunstmuseet Trapholt a Kolding, Danimarca e a Firenze al Pitti Immagine
dove sono esposte Le Facce uno degli argomenti preferiti. E' direttore della scuola di Benetton,
Fabrica.



La mia esperienza con la scuola Italiana non è stata molto positiva, e
con molte difficoltà sono arrivato alla licenza liceale, dopodiché ho fatto
l’esame di ammissione ad una scuola svizzera dove, durante il periodo
del nazismo in Germania, si erano rifugiati gran parte dei professori che
insegnavano al Bauhaus e quindi la mia formazione professionale deriva
da quel tipo d’impostazione scolastica.
Volevo subito cominciare con qualcosa per farvi capire qual è la
concezione del mio lavoro e, proprio del mio modo di affrontare la vita:
“Il futuro del futuro è il presente, se veramente vuoi conoscere il futuro,
studia semplicemente il presente, perché ciò che noi vediamo
ordinariamente nel presente è in realtà ciò che ci appare nello specchietto
retrovisore, ciò vuol dire che ciò che noi pensiamo del presente è in
realtà il passato. Non si vuole guardare il presente, si vuole vivere con
la realtà delle immagini dello specchietto retrovisore, del passato perché
è più sicuro, si è già stati lì e quindi è più comodo.Chiunque viva o
guardi al presente, disturba, è un sovversivo è un rivoluzionario.Il
presente è un’area che storicamente l’umanità ha sempre cercato di
evitare, le utopie dell’umanità sono immagini da specchietto retrovisore
dell’era precedente.”
Credo che questo spieghi un po’ i grandi problemi di questo mondo
dove sempre di più bisogna agire e conformarsi ad un grande mercato.
A questo punto visto che dovrete affrontare il mondo del mercato dovrete
anche voi integrarvi e cercare quel consenso che vi permetterà di vivere
come tutti voi pensate e sognate, perché lì c’è un grande problema, per
gli individui con grande passione per la libertà della creatività, per il loro
lavoro e le aziende (o studi o laboratori), quelle multinazionali per le
quali andrete a lavorare, le imprese e le società anonime e senza faccia,
con i loro comitati e i loro consigli di amministrazione, società che
pretendono di capire i bisogni delle masse, della gente, di quell'umanità
che loro chiamano i consumatori. Queste aziende credono in una cultura
senza passione, senza forza, senza emozione, lucidano, smussano,
appiattiscono tutto e il risultato è qualcosa che non sarà amato né odiato
da nessuno, il loro scopo è la mediocrità.

Tutti i media, l’architettura, i prodotti, il design sono stati spogliati dalle
idee dalle passioni individuali e sono stati relegati a servitori delle
imprese, i media supportatori di strategie tutte concentrate a fargli alzare
il titoli in borsa. I creativi ormai sono condannati a servire e a lavorare
per la finanza, i giornalisti hanno di fatto perso la loro indipendenza
editoriale e lavorano per comitati di editori, che a loro volta lavorano per
comitati di pubblicitari. Le sceneggiature per la televisione vengono fatte
da produttori, pubblicitari, specialisti di marketing, avvocati, da ricerche
di mercato estratti ed estratti di manager pagati profumatamente che
determinano se i programmi sono abbastanza stupidi per divertire quel
pubblico che loro chiamano “minimo comune denominatore”.


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Gli studios di cinema fanno analizzare dai focus-groups i finali dei films per stabilire se soddisferà il pubblico
mediocre. Si ascolta l’auditel non la creatività, tutte le arti si assomigliano; le decisioni architettoniche
vengono prese dai geometri, responsabili per le commissioni edilizie, con tessere di partito, le pubblicità
sono stupide, piatte, costose ed inutili, la nostra cultura è una cultura aziendale, perché le imprese sono
rimaste purtroppo gli unici ed ultimi arbitri delle idee e della cultura. Cosa fanno le grandi aziende di oggi:
prodotti spazzatura, posta inutile, immagini oscene la cultura e la creatività sono rimasti un mezzo di
consegna di messaggi-prodotto che ci stanno inquinando la vita.Ma fortunatamente tutto quello che io vi
ho detto finora è vero solamente per il 99% della realtà delle imprese moderne, perché c’è sempre
quell’imprenditore o quel politico, pazzo, eccentrico, innamorato, grazie al quale la cultura continuerà.
Bisogna semplicemente cercare questo, questo personaggio, questo imprenditore, e aiutarlo nella sua e
nella nostra passione.
Ho letto questi due pezzi perché questo è determinante sulla qualità, delle azioni che si vanno ad intraprendere.
…a proposito del titolo della conferenza che riguarda la città, premetto subito che sono nato a Milano ho
vissuto a New York ho una casa a Parigi, lavoro ancora a New York mensilmente, frequento le città ma le
frequento come un contadino che va in città, non penso che il futuro sarà fatto dalle città, penso che le città
sono e siano state un’aggregazione fisica, politica, di difesa, e Lucca ne è un esempio fra i più belli, ma
credo che al giorno d’oggi non abbiamo più bisogno di strutture simili.

La città dei grandi problemi ad esempio le targhe alterne, e tutta una serie di problematiche che dobbiamo
ancora affrontare per una vera società civile. Il tema della città
mi ha sempre affascinato e non a caso alcuni anni fa ho iniziato
a fare un giornale che si chiama, Colors, ho iniziato a farlo a
New York l’ho portato a Roma l’ho portato a Parigi, e poi ho
detto proviamo a farlo da un prato e quando ho cominciato a
farlo da un prato il giornale è diventato molto più interessante
di quando eravamo condizionati dalla città e se dovessi andare
in una città penso che andrei a Bombay e c’era un’idea di
trasferire il progetto Colors a Bombay ma poi ho lasciato tutto
per il progetto di Fabrica a Treviso che adesso sto per ripetere
a Firenze grazie alla regione Toscana ed alla regione Emilia
Romagna che si chiamerà Bottega dell’Arte e Comunicazione
al di fuori della città.

Subito dopo la scuola ho cominciato a fotografare le espressioni
della mia generazione, sono un figlio degli anni sessanta,
andavo ai concerti rock e frequentavo il mondo che orbitava
intorno a questi fenomeni che caratterizzavano quel periodo.
In quel periodo mi chiesero di fare delle fotografie di moda e
cominciai appena ventenne iniziai a lavorare per tutte le più
importanti riviste di moda del mondo….curare l’immagine vuol
dire capire le esigenze; dove viene pubblicata, dove viene
affissa, la stampa, i manifesti.
Io sono un fotografo, mi invitano a fare pubblicità, ma io non
so niente di pubblicità, mi interessano dei temi, e chiaro che
poi le immagini vengono utilizzate per l’editoria dalla televisione,
io produco immagini non mi intendo di pubblicità; mi interessa l’editoria, la pubblicità, il cinema, la televisione,
tutto ciò dove l’immagine è il linguaggio, siccome viviamo in una società dove l’immagine è il linguaggio,
la cosa diventa sempre più interessante.

Quando mi chiamano per curare un’immagine, prendo in mano tutta la situazione, dal punto di vista grafico
dal punto di vista creativo, non lavoro per le agenzie come esecutore di un’immagine dietro ad un layout
predisposto, deciso; in un progetto voglio entrare dall’inizio, proprio dal concetto di base.
Ad un amico (Maurizio Vitali) che aveva un’industria a Torino(Robe di Kappa), dissi: (era circa la metà degli
anni sessanta) tu devi fare i blue jeans; dopo qualche anno ci incontrammo casualmente a New York e
camminando per Broadway mi disse: Olivero, ho deciso, produrrò i blue jeans, ma come gli chiamiamo?
Era quello il periodo di Jesus Christ Superstar e vidi la grande scritta davanti ad un teatro e dissi: chiamiamoli
Jesus un nome ormai affidato, a livello di marketing funziona sono duemila anni che funziona… e decidemmo
di dare il nome Jesus a questi blue jeans.
Con un budget limitatissimo feci questa immagine (foto 1) e realizzammo dei manifesti (circa un migliaio)
vennero attaccati nelle città (1972-73) e vennero subito censurati dal Vaticano con un grande scandalo
nazionale tutti i giornali gridarono a questo scandalo, parlando di questi blue jeans Jesus come della
bestemmia pubblicitaria sulle città Italiane.
Però un giorno, il Corriere della sera pubblicò questo articolo:
“Coloro che hanno prodotto questi Jeans, e li hanno lanciati sul mercato usando per lo slogan di prammatica
uno dei dieci comandamenti, probabilmente con una certa mancanza del senso di colpa cioè con l’incoscienza
di chi non si pone, per certi problemi, di essere già oltre la soglia entro cui si dispone la nostra vista e il
nostro orizzonte mentale, c’è nel cinismo di questo slogan un’intensità e un’innocenza di tipo assolutamente


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nuovo benché, probabilmente maturato a lungo in questi ultimi decenni
esso dice appunto nella sua laconicità di fenomeno rivelatosi di colpo
alla nostra coscienza e già così completo e definitivo che i nuovi tecnici
sono completamente laici ma di una laicità che non si misura più con
la religione.Tale laicità è un nuovo valore nato nell’entropia borghese
in cui la religione sta deperendo come autorità e forma di potere e
sopravvive in quanto ancora prodotto naturale di enorme consumo e
forma folkloristica ancora sfruttabile. Ma, l’interesse di questo slogan
non è solo negativo, non rappresenta solo il modo in cui la chiesa viene
ridimensionata brutalmente a ciò che essa realmente ormai rappresenta,
c’è in esso l’interesse anche positivo cioè la possibilità imprevista di
ideologizzare e quindi rendere espressivo il linguaggio dello slogan e
quindi presumibilmente quello dell’intero mondo tecnologico. Lo spirito
blasfemo di questo slogan e immagino, non si limita ad una pura
osservazione che fissa l’espressività in pura comunicatività, esso è
qualcosa di più che una trovata spregiudicata in cui il modello è
l’anglosassone Jesus Christ super star, al contrario esso si presta ad
un’interpretazione che non può essere che infinita esso conserva quindi
nello slogan i caratteri ideologici ed estetici dell’espressività, vuol dire
che il futuro che a noi religiosi e umanisti appare come fissazione e
morte sarà in un modo nuovo storia, che l’esigenza di pura comunicatività
della produzione, sarà in qualche modo contraddetta. Infatti lo slogan
di questi jeans , non si limita a comunicare la necessità del consumo
ma si presenta addirittura come una nemesi, sia pure incosciente che
punisce la chiesa con il suo patto con il diavolo.
L’articolista dell’ Osservatore Romano questa volta si, è davvero indifeso
e impotente, e a messo cristianamente in moto la censura… ormai si
tratta di un fatto irreversibile anche se forse molto anticipato, il suo
spirito è il nuovo spirito della seconda rivoluzione industriale e della
conseguente mutazione dei valori.” (Pier Paolo Pasolini per sviluppo e
progresso) ed ancora:
“..la dissociazione che spacca ormai in due il vecchio potere clerico-
fascista, può essere rappresentata da due simboli opposti non
inconciliabili, Jesus nella fattispecie Gesù del Vaticano da una parte
e i blue jeans Jesus dall’altra due forme di potere l’una di fronte all’altra.
Di qua il grande stuolo dei clericali e dei benpensanti, di là gli industriali
produttori dei peli superflui, e le grandi masse del consumo, laiche, e
magari idiotamente, irreligiose. Tra il Jesus del Vaticano e il Jesus dei
blue jeans c’è stata una rottura, in Vaticano all’apparire di questi manifesti
si sono levati alti lamenti a cui per solito seguiva l’azione della mano
secolare che provvedeva ad eliminare i nemici della chiesa magari non
nominati limitandosi ai lamenti.
La lunga mano è rimasta inesplicabilmente inerte, l’ Italia tappezzata
di manifesti rappresentanti sederi con la scritta “chi mi ama mi segua”
e rivestiti di blue jeans Jesus, il Gesù del Vaticano ha perso ora il potere
democristiano clerico-fascista si trova dilaniato tra questi due Jesus, la
vecchia forma del potere e la nuova realtà del futuro. (ndr. Corriere della
sera 17/05/1973)
…Quindi è interessante che sui muri delle città per una ragione di
commercio di marketing sia venuta fuori una discussione in questo tono,
non si parla di consumo ma si parla di religione di Vaticano…
…possiamo discutere di principi di filosofie ma alla fine è la scelta
estetica finale che decide la qualità di tutta un' azione, nella scelta
estetica è racchiusa un’etica che deve essere la forza portante di
quest’esperienza… la pubblicità è il media più potente che ci sia, se voi
come architetti farete un lavoro per una grande azienda, verrete targati
come l’architetto di quell’azienda in realtà voi siete degli architetti,
bisogna stare attenti a non accettare questa etichetta perché all’interno
del lavoro di un professionista serio ci deve essere comunque una
ricerca che va parallela e tante volte in contrasto al lavoro giornaliero.
E’ molto difficile essere democratici e far passare la creatività, non si
può accontentare tutti ed essere molto creativi, tutti cercano di smussare
ciò che voi fate, tutti cercano di accontentare tutti, tutti cercano il consenso
e voi da artisti siete condizionati ad accontentare tutti perché i progetti
passino.
…Esisteva negli anni sessanta un locale a New york, un locale che si
chiamava Max’s Kansas city che adesso non c’è più, ed era in Central
Park south vicino ad Union square do ve ci incontravamo la sera, era

COMUNICARE LA CITTA’ E E HABITAT URBANI
ESIGENZE DELL’UOMO IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’                                    modulo 02 - 21.02.2002
                                                                                          01 07.02.2002
                                                                         [19]
un locale frequentato dagli artisti, e al primo piano avevo un piccolo studio dove ho fatto circa quindicimila
foto e che rapresentano un documento storico di quel locale ma anche di quel periodo storico, locale di
transitavano normalmente tutti i personaggi del mondo dello spettacolo dell’arte e della cultura. Andy Warhol
vi passava le notti e lo usavo come modello, arrivava con la sua borsetta con le parrucche, serissimo ed
io l’ho usato poi come modello per servizi di moda per varie riviste…
…Volevo parlare della comunicazione all’interno di una città, in fondo stiamo parlando della comunicazione
di immagini a due dimensioni, perché la città di per se stesso è una comunicazione, l’architettura è una
comunicazione, una chiesa è una comunicazione, una piazza è una comunicazione, un lampione è una
comunicazione, una panchina è una comunicazione, la spazzatura è una comunicazione, quindi esiste già
una comunicazione della città, quindi bisogna stare attenti a non fare del make-up le “mutande” sono sporche.
Finalmente esiste la voglio di comunicare all’interno di una città e fare delle cose anche per nascondere
le lacune che una città ha, devo dire che non ho molta fiducia nelle amministrazioni, e non si può arrivare
ad un grande risultato finale quando l’amministrazione ma anche l’editoria dimostra di essere mediocre ed
è molto difficile trovare quell’ uno per cento che capisca che cos’è la creatività.
Nessun grande risultato creativo può essere pianificato, non esiste una creatività basata sulla sicurezza di
progetto, quindi vi rendete conto come è difficile per il creativo poter condizionare dei sistemi politico-
amministrativi dove loro, nella loro mediocrità non vedono altro che il rendiconto economico, purtroppo, la
battaglia fra i creativi ed i “ragionieri” come io li chiamo (amministratori, politici..) hanno perso da tanto
tempo e lo si vede dalle nostre città; dov’è finita l’arte nelle nostre città? Sembra che l’arte si sia fermata
(cita la Toscana) al rinascimento e che disastro si è combinato negli ultimi anni per rovinare tutto questo.
Io allora accuso le amministrazioni, i politici, i responsabili di non essere all’altezza, nel promuovere la
creatività. Infatti vediamo città invivibili dove è stato permesso di fare delle cose che non hanno alcun senso,
dove non c’è il coraggio di prendere delle decisioni drastiche e quindi si va avanti per una discesa agonizzante,
finché un giorno bisognerà prendere delle decisioni. Quindi finché non si prenderanno queste decisioni noi
parleremo e agiremo in una mediocrità totale.
La creatività non ha sicurezza non si può essere creativi ed essere sicuri; provate a pensarci, ogni volta
che vi sentite sicuri, andate nel panico, tutte le volte che siete insicuri forse allora è il vostro momento di
maggior creatività, però nel momento in cui siete insicuri , verrete aggrediti da tutto un sistema che vuole
che voi siate sicuri e produttivi nella sicurezza, perché solamente nella sicurezza loro pensano che potranno
realizzare quella sufficiente mediocrità, nella quale il mondo oggi vive. Gli investimenti economici sono tali
che non ci si può permettere di sbagliare, dicono, e quindi per questa ragione sbagliano costantemente e
noi siamo i primi collaborazionisti di questo stato di cose.
…I tre grandi momenti della comunicazione si possono dividere in Croce, Svastica e Coca-cola; la Croce
era il simbolo della comunicazione della chiesa, la svastica è quella politica, la Coca-cola è quella della

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comunicazione industriale, gli artisti sono alle dipendenze di questi tre
grandi santuari; i grandi artisti del rinascimento erano alle dipendenze
dei Papi erano impiegati dalla chiesa per fare pubblicità alla chiesa…tutte
le rappresentazioni della grande pittura sono la rappresentazione di
personaggi di cui non si ha veramente conferma della loro esistenza
sono tutti personaggi di fantasia creativa.
…siamo diventati tutti molto mediocri “perché dalla nostra torre d’avorio
tutto ci sembra relativamente bello e quasi perfetto, l’eccitazione delle
nuove tecnologie e tutti possibili e pensabili software, giustificano la
nostra inerzia e pigrizia, siamo ossessionati dalle telecomunicazioni
dalle tecnologie i media, stupidamente pensiamo che in qualche modo
tutto ciò salverà il pianeta e quindi salverà noi stessi. Invece tutto questo
ci tiene così falsamente occupati che non ci lascia alcun tempo per
pensare seriamente a qualsiasi cosa, stiamo diventando tutti molto,
molto, molto pigri, nel frattempo l’ 80% di tutti gli abitanti del pianeta
non ha mai sentito lo squillo di un telefono, meno del 7% del mondo è
on-line, o meglio il 90% della popolazione mondiale non ha accesso ad
internet, ciò che noi consideriamo digital e technological divide, è
chiaramente più uno scisma una differenza un’ incolmabile baratro della
terra, che agisce più come una barriera, proteggendo e arricchendo
quelli che posseggono da quelli che non posseggono nulla.
Quest’anno nasceranno cento milioni di bambini, oggi il mondo si
arricchirà di altre 230.000 persone, il 97% di questi bambini nascerà
nel terzo mondo, fra cinquanta anni l’Europa avrà il 25% in meno della
popolazione attuale e il Giappone ventuno milioni di persone in meno,
nel 1900 l’Europa aveva tre volte la popolazione dell’Africa ma nel 2050
l?Africa avrà tre volte la popolazione dell’Europa. Se il mondo dovesse
ridursi a cento individui, con le attuali statistiche, sei persone
possiederebbero il 59% della ricchezza e cinquanta soffrirebbero di
malnutrizione, questo significa che nel paese del ricco, primo mondo,
sempre meno persone si dividerebbero il benessere e le ricchezze,
mentre il paese in sviluppo, del terzo mondo, le risorse saranno sempre
più limitate, i ricchi diventano più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Si potrebbe pensare, che dovremmo dividere un po’ della nostra
ricchezza, ma di fatto gli aiuti ufficiali tra i paesi ricchi e quelli poveri è
calato del 25% tra il 1992 e il 1997 e l’ AIDS è a livelli più bassi degli
ultimi quarant’anni. Globalmente due miliardi di persone soffrono di
fame dovuto all’ingiusta distribuzione ed uso del terreno, alle erosioni,
la mancanza di infrastrutture, per politiche assurde, estrema povertà,
e impossibilità di accedere al mercato del cibo. Non c’è nessuna ragione
che ci sia qualcuno che soffra di fame, il problema è la povertà e
l’ineguaglianza piuttosto che la tecnologia, la distribuzione e i sistemi
politici più che la produzione, i problemi saranno nella distribuzione e
l’accesso a sempre più scarse risorse, in realtà ci sarebbe cibo a
sufficienza da distribuire se ci fosse migliore organizzazione
dell’agricoltura, migliore governo delle acque, sedi e riforme terriere,
più allevamenti ittici, energia rinnovabile e smettere con la dieta occidentale
di carne, tutto questo darebbe la possibilità di nutrire i dieci miliardi di
persone previsti attorno al 2050.
Le statistiche alle quali si ricorre sempre, nascondo i veri problemi
umani, ci nascondiamo dietro ad un muro di cifre e percentuali, un muro
di informazioni, sperando, contro la speranza, che il mondo della vera
sofferenza individuale rimarrà virtuale, un mondo dove la morte e la
sofferenza sono problemi sempre per qualcun altro, dove ogni lontana
suggestione di vera emozione, può essere seppellita, sotto infinite
pagine di ricerche e di statisiche.
Oggi la comunicazione, le tecnologie, i media, sono come delle Colas,
senza sostanza, saporizzati e colorati artificialmente, bevande
infinitamente riproducibili, basate sulla memoria di dipendenza che
addolcisce i nostri bisogni, non c’è potenziale di sostanza o di nutrimento
e nessuna qualità al di là dell’immediato bisogno di sete. Una sete di
che cosa? Un infinito bisogno di riempire quello spazio, quel vuoto
lasciato quando non siamo nutriti intellettualmente o veramente soddisfatti
o amati, siccome non abbiamo il coraggio di amarci, abbiamo bisogno
di un amore sostitutivo e quindi modelliamo i media, ad effettuare questo
ruolo virtuale per noi, così quando si usa il glutammato di sodio il cibo
è saporito, crea dipendenza, ma può lasciare prostrati e stanchi, con

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un gran mal di testa, lasciando una traccia di tossicodipendenza e come
i tossicodipendenti si ritorna a consumarne sempre di più cancellando
le memorie del passato, ma non abbastanza liberi per vivere il presente
ed immaginare un futuro alternativo, diverso e probabilmente migliore.
Oggi tutto è marchiato e condizionato dal marketing; branding significa
esattamente questo, un logo, che brucia, un segno di proprietà stampata
per sempre nel nostro cervello, un marchio ti fa sentire parte del branco,
del grande allevamento globale, dove differenza significa alienazione,
nessuno vuol diventare una pecora nera o perduta, così siamo tutti
agnelli delle macellerie multinazionali, il marchio è una tessera societaria,
significa appartenere al club globale nella gara contro la mortalità, una
corsa contro il tempo per cercare di fermare la morte che ci insegue
morsicandoci i talloni. I matti non nutrono l’umanità, ma si nutrono di
essa; per esempio il 70% dei guadagni delle esportazioni in USA sono
attualmente legati a proprietà intellettuali dei pervertiti marchi, da medicine
contro l’AIDS, ai marchi come Disney, Mc Donald, Nike, ecc.. la realtà
è sempre più virtualizzata e quindi il marchio è percepito come avente
più valore, dei prodotti, del cibo e delle medicine salvavita, la
semplificazione del mondo in marchi facili da ricordare, la si paga al
prezzo della ricchezza della diversità, al prezzo dell’orgoglio di identità
locale. Questi “Grandi Fratelli” (i marchi) sono cannibali, si appropriano
di culture indigene e le rigurgitano con artificiale autenticità, questo si
scontra frontalmente con il senso di autofiducia,
quella fiducia di essere capaci di sopravvivere si
soppiantano culture popolari con un imbecille
semplicismo che proviene sempre da qualche altra
parte del mondo, usando i mezzi della tecnologia,
dei media, della paura e della dipendenza del fare
tutto ciò.
I brevetti dei marchi uccidono la gente; come tutti
sappiamo i brevetti sono la ragione dei prezzi
astronomici delle medicine anti AIDS Il cartello delle
grandi industrie farmaceutiche che producono
queste medicine usa brevetti internazionali per
obbligare i paesi bisognosi a non usare generiche
copie di queste medicine che potrebbero
potenzialmente alleviare milioni di persone dalla
sofferenza, invece sanzioni e condanne di diritto
industriale internazionale sono minacciate contro
i paesi che non si adeguano a queste regole,
specialmente i paesi dove c’è maggior bisogno e
la più alta percentuale di AIDS e il più basso
guadagno.

Milioni moriranno per questo marchio, brevetto,
mafia, mentalità, il ricco diventa ancor più ricco, il
povero ne paga le spese. Stiamo andando a piena
velocità verso una fisica clonazione umana, stiamo
velocemente diventando un mondo di moltiplicabili
identici gemelli. Il futuro è visto come un posto dove
l’evoluzione scientifica e tecnologica, combinata
con il branding, creeranno un senza colpa, senza
pena, senza dolore, luccicante e sterilizzato mondo
virtuale, un mondo nel quale il possibile brutto della
realtà umana sarà escluso per paura di rovesciare
i codici, mentre cerchiamo di ridurre tutta la vita
ad un set di codici patentati, il peggiore rischio è
quello di un evoluzione naturale, la differenza diventa
nemico dello stato delle cose. La società non vuole
essere originale ma una copia di se stessa.
Le moderne architetture, hanno uno stile revival e nostalgico, ogni città è una versione turistica di se stessa,
uno stile di Holiday inns, di pitture riprodotte, che addobbano i muri di infinite camere identiche, i media non
sono creativi, sono riproducibili scegliendo di pubblicare clique clonati da una tavolozza di idee prefabbricate
tutto deve essere riproducibile, la mediocrità è a pieno regime, non c’è più vero sesso o procreazione,
adesso c’è la riproduzione senza sesso, la pornografia della promessa, l’immortalità attraverso la clonazione.
I media sono stati sterilizzati a senso unico, autoriproducendo monocultura, una fantasia di eccitazione e
promesse, un posto dove Disney e sperma sono congelati per futuri revival. I media, la tecnologia,la
comunicazione nutrono le nostre paure, rinforzano le nostre insicurezze più profonde, siamo convinti ce la

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                                                                        [22]
nostra futura sopravvivenza, dipenda dalla nostra ricchezza materiale
e dal potere evolvendosi in sistemi altamente sofisticati di software,
soluzioni finali, tutti condizionati dalle armi e dalle proprietà intellettuali.
Gli intellettuali, i creativi, e gli artisti, sono, siamo in prima linea in questo
esercito di collaborazionisti mentali. Ma abbiamo bisogno di media, di
comunicazione, di architettura, di design, di tecnologia. Ci sono molti
esempi dove queste espressioni hanno il coraggio di rischiare di essere
differenti, che vanno al di là dei profitti e delle necessità dei committenti,il
nostro spirito necessita questa creatività. Così, in mancanza di fedi, di
ideologie, sensi religiosi, le immagini, editate, accellerate nella piatta
vuotezza dello spazio cibernetico, le immagini digitali ci nutrono lasciandoci
bisognosi di un supporto a livello esistenziale.
La nostra esistenza sta diventando subumanizzata, e quindi cerchiamo
qualcosa di reale, la musica, la pittura, la scrittura, i film le immagini,
tutto è stato sterilizzato e convertito digitalmente, deciso da avvocati,
produttori, uomini marketing, pubblicitari e focus group, editato per
accontentare le richieste dei mercati. Gli artisti dovrebbero avere il
potere di liberarsi, finalmente, delle loro paure, il futuro ha bisogno di
permettere all’artista, vero potere e responsabilità.Oggi i media si nutrono
delle persone che invece dovrebbero servire. All’origine tutti loro,
avrebbero dovuto essere un servizio pubblico, ma ora sono degenerati
in uno strumento di manipolazione economica, sarebbe ora di sovvertire
questa situazione, i media e la comunicazione potrebbero veramente
servire l’umanità, potrebbero dei mezzi creativi, di ricerca, di quel nuovo
linguaggio che stiamo cercando, per simbolizzare ed edificare la
condizione umana e gli sforzi sociali, per capire e spiegare questo nuovo
mondo che ci sta venendo a dosso con la velocità di un meteorite,
potrebbero essere usati per aiutare ad arricchire l’umanità, nella fatica
di meglio esprimersi in questo mondo, potrebbero essere insegnati
come professioni, in società meno privilegiate per aiutare le future
generazioni a connettere con il resto della società e permettere loro un
futuro migliore.

Questo genere di media e comunicazione, può sfidare e mettere in
discussione idee e rompere le regole, distruggere i preconcetti e i
conformismi che ci governano e condizionano, non è mai stato
nell’interesse di certi sistemi che noi fossimo capaci di pensare, perché
chi pensa può essere creativo e la creatività è sempre sovversiva. I
creativi dovrebbero rompere questo cerchio, distruggere questi codici,
e aiutare a ad incoraggiare il pensiero libero, questo potrebbe generare
genuina bellezza e darci la possibilità di creare libera espressione con
veri e profondi significati con il mondo che ci circonda senza essere
condizionati dal profitto.

Dobbiamo avere il coraggio di rischiare di essere diversi. Nessuno deve
essere affamato culturalmente, fisicamente, e spiritualmente, i canali
di distribuzione esistono, i creativi come fornitori e creatori di contenuti
potrebbero avere le chiavi per sbloccare la vera comunicazione,
comunicazione significa che potrebbe cambiare le nostre vite e le vite
degli altri con creatività e rispetto. Abbiamo bisogno di creare un dialogo
non un monologo, o un monobrain, o un monopensiero, o una
monomacchina, dobbiamo laterare i messaggi, riarrangiare l’immagine,
non dobbiamo essere solo dei sopravvissuti di una specie ma dobbiamo
prosperare creativamente ed evolvere dinamicamente, dobbiamo
riconoscere in un marchio l’intera razza umana, con le sue diversità e
i suoi colori con le sue differenze, i suoi limiti, i suoi beni, dobbiamo
credere in un brand umano basato sul rispetto non sul potere, sulla
possibilità non sull’uniformità, sull’amore e non sulla paura. “
…siccome viviamo nel mondo dell’immagine, l’immagine è diventata
più reale della realtà, cioè crediamo molto più nell’immagine che nella
realtà, non a caso una volta i paesi venivano conquistati con le battaglie,
adesso si conquistano con i canali televisivi.
… fare passare le idee e molto faticoso, far passare le cose mediocri
è facilissimo, guardatevi attorno, guardate l’architettura che abbiamo
prodotto soprattutto negli ultimi cinquanta anni, cosa c’è d’ interessante,
ditemi? Cosa c’è? A parte il fatto che solamente il 4% del costruito è
fatto da architetti, e di questo 4% il 98% fa anche schifo, quindi fate i
calcoli; Io credo che bisogna cominciare a ragionare seriamente, è

COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’                                  modulo 02 - 21.02.2002
                                                                           [23]
chiaro poi che bisogna fare del make up
e attaccare i manifesti, perché ho la
sensazione che adesso, per salvare
l’architettura bisogna mettergli davanti un
manifesto… ( cita l’esperienza di Bologna
dove per finanziare il restauro di palazzo
dei Bardi, in Piazza Maggiore, si è utilizzato
lo spazio occupato dalle impalcature come
un grande cartello pubblicitario e dove i
soldi della pubblicità _ circa 700.000.000.
per un anno _ sono serviti al restauro del
palazzo stesso).
Vi sarete resi conto che i prodotti sono
sempre più fatti di comunicazione, e sempre
meno di materia, la comunicazione è ciò
che stabilisce il successo di un prodotto; i
prodotti sono tutti bene o male tutti uguali;
sono fatti tante volte dalla stessa fabbrica,
e poi vengono ordinati da un’azienda da
un imprenditore ad una fabbrica e venduti
poi da marchi che hanno nomi come Gucci,
Prada, ecc.. che a volte fabbricano nelle
stesse fabbriche, in paesi del mondo dove
conviene fabbricare. Quindi i prodotti non
sono più comperati in quanto tali, in quanto
materia, ma perché portano dietro di sé
una comunicazione, un’immagine che sta
diventando più importante della materia.
Il futuro delle aziende si baserà sulla
capacità di distribuzione e la capacità di
comunicazione che un’azienda saprà
produrre, quindi le aziende devono essere
sempre di più capaci nel definire qual è la
loro forza nel produrre comunicazione.
 Del resto l’architettura appartiene alla
comunicazione di un’azienda; con la scelta
di un determinato architetto per fare gli uffici, le fabbriche, le scuole, fa capire il livello culturale dell’industria,
dell’azienda, del committente. Quindi la comunicazione sta diventando sempre di più un prodotto determinante
del successo della produzione industriale…

Campagna benetton
…credo che l’arte deve fare paura, perché ti porta in una dimensione fuori dalla tua piccola dimensione
umanoide, la grande architettura fa paura, perché ti fa vedere dimensioni, prospettive, colori, luce che
normalmente a cui non sei abituato.Quando entro in una grande architettura, ho un senso quasi di immortalità,
cioè entro nel “paradiso”come la sensazione che probabilmente si ha entrando nel “vero” paradiso..
… la morte non esiste nel mondo della moda, della pubblicità, del consumo, non è mai esistita, è stata la
prima volta che un immagine di morte, (foto Croci) che in realtà non è assolutamente di morte, anzi al
contrario è un’immagine di vita, di chi vuole vivere e non vuole la morte, ma è strano che la lettura
dell’immagine venga fatto soltanto in un senso, perché a scuola ci insegnano l’alfabeto, la lettura, ma non
ci insegnano a capire il significato della lettura, ancor meno dell’immagine…io penso che la televisione va
insegnata ai bambini alle elementari, va insegnata la lettura della televisione alle elementari, ed è una cosa
che io farò all’interno della bottega dell’arte e della comunicazione, ci sarà una stanza con dei televisori e
a dei bambini molto piccoli si insegnerà solamente a leggere la televisione per capirne i significati e per
avere la capacità di critica…
(dopo la proiezione del video sui detenuti nei bracci della morte in USA)
…fatto questo, sono stato invitato alla commissione delle Nazioni Unite a parlare e volevo leggervi il discorso
fatto il 19/04/2001:
ONU, Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite Art. 17, Promozione Protezione dei diritti Umani,
situazione sul rispetto del patto internazionale sui diritti civili e politici:
Mi chiamo Oliviero Toscani e parlo a nome del partito transnazionale sull’ Art.17, in particolare sulla questione
della pena di morte;
Signor Presidente, sfortunatamente, il mondo è ancora diviso in Paesi e Nazioni e questa sede ne è la
prova, e in maniera piuttosto strana gli esseri umani si considerano appartenenti a razze diverse, non è
ancora ufficialmente permesso appartenere ad un’unica razza, la razza umana. Se si ha la fortuna di
appartenere alla non ancora unificata razza umana come me e molte altre persone, si ha la sfortuna di

COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’                                 modulo 02 - 21.02.2002
                                                                         [24]
imbattersi nelle gravi difficoltà del mondo moderno. Una di
queste difficoltà sta nell’accettare che in alcune parti del mondo
esistano ancora la pena di morte, le esecuzioni capitali e gli
omicidi legalizzati, non ho intenzione di annoiarvi ripetendovi
qui tutte le ragioni per cui la pena di morte dovrebbe essere
eliminata, perché è ormai provato che non è un rimedio in
nessun caso.
Ma ciò che voglio dirvi è, che la pena di morte sfortunatamente,
non è un problema sol per quei paesi che la praticano, per
quelli che la condividono, per quelli per i quali è una realtà,
per quei paesi che uccidono pensando di fare giustizia, il
problema è che io e i miei pari, appartenenti alla razza umana,
non vogliamo più far parte della razza disumana che ancora
giustizia così, quella razza disumana che ancora legalizza
l’omicidio, non vogliamo appartenere a quella razza disumana
che ancora legalizza il lavoro dei boia e non vogliamo
appartenere alla razza disumana che uccide pensando di
fare giustizia. La pena di morte e un grande problema per i
paesi e la società civile. La pena di morte e civiltà sono una
contraddizione in termini, per noi, la razza umana, è ridicolo
parlarne ancora oggi nell’Aprile del 2001, è ridicolo come
sarebbe parlare di schiavitù, ma per abolire la schiavitù c’è
voluto tanto tempo e tanta violenza.
La pena di morte non ha ragione di appartenere a nessun
ordinamento giuridico, perché essa appartiene ad un sistema
basato sulla discriminazione e violenza, dove la maniera più facile di risolvere la questione della giustizia
è uccidere. Recentemente ho avuto l’opportunità come fotografo di visitare nove prigioni statunitensi, dove
ho fotografato ventisei detenuti nel braccio della morte, sono rimasto colpito dal loro sguardo, avevano tutti
un’espressione drammatica, il dramma di una vita fallita il dramma di non avere più futuro. Ci sono cose
che si vedono solo al cinema, e che si spera di vedere solo al cinema, quando invece si realizza, che
possono essere vere, si è colti dal panico, la realtà del braccio della morte è una di quelle cose. Il braccio
della morte, puzza di morte, di moribondi, di un obitorio fatto di persone vive in attesa di essere giustiziate
a sangue freddo, sotto la supervisione di testimoni, che vogliono appagare il loro desiderio di vendetta,
come nei peggiori film.
Quando si appartiene alla razza umana non si vuole vendetta, si vuole giustizia non si vuole essere
collaborazionisti della razza disumana che uccide pensando di fare cosa giusta; uccidere non può mai
essere giusto, non è un problema di paesi di oriente occidente di nord di sud di religione, sistema politico,
tradizioni, tutti sappiamo che uccidere è sbagliato.

Dovremmo insegnarlo ai nostri bambini, come possiamo fare se continuiamo a giustiziare uccidendo? Ma
non è più una questione di chi sia colpevole o innocente, è l’uccidere che è sbagliato, il problema è proprio
l’esecuzione di chi è colpevole, l’uccidere Caino, dobbiamo capire il senso profondo del “Nessuno tocchi
Caino”, i paesi che praticano la pena di morte, dovrebbero avere il coraggio di farlo vedere pubblicamente,
dovrebbero smettere di nascondersi dietro la loro violenza.
Sono molto fiero di essere qui in un luogo così importante, per parlarvi della speranza della possibilità della
messa al bando della pena capitale, perché un giorno, spero presto, i miei nipoti potranno essere orgogliosi
dell’impegno del loro nonno di essersi battuto per l’abolizione della pena di morte, così io son fiero di mio
nonno che ha lottato vent’anni contro il fascismo. Spero che così finalmente un giorno tutti potremmo
appartenere all’unica vera razza, la razza umana, grazie.

…io personalmente mi baso in modo completo sul mio istinto, in tutto ciò che faccio, perché c’è una voce
istintiva, come quella del mio cane che corre dietro alle pecore, come quella di Frizzi che picchia lì ma non
sa.. quella voce non è solamente sonora, ci sono delle voci che purtroppo, grazie ai media che si nutrono
di noi, queste voci vengono sfocate, e non le ascoltiamo più, non le sentiamo più, provate a mettervi nel
silenzio e sentirete tanti rumori, anzi avrete paura da quanto suonano le vostre orecchie.Quindi io credo
che bisogna basarsi su questo, lo scatto finale, l’ultima azione, dell’azione creativa, nella fotografia è così,
come nell’architettura, credo che ci sia tutta una riflessione costante, per portare avanti anche la tua mano
nel fare il segno.. la creazione viene da un ordine, da un pensiero molto chiaro, cosi come quando parli se
non hai le idee chiare parlerai male.




COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’                           modulo 02 - 21.02.2002
                                                                     [25]
>> MASTER                        ABSTRACT
                                          modulo 02 - 21/23.02.2002
[pag.15]
Conferenza stampa di apertura lavori Ma.Sp.

[pag.17]
Oliviero Toscani
COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’


[pag.26]
Studio 5+1 Architetti Associati
GIANLUCA PELUFFO E PIERLUIGI FELTRI


[pag.29]
Presentazione gruppo Viacom
ANDREA RUSTIONI

[pag.31]
Gabriele Lelli
PRESENTAZIONE PROGETTI

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Toscani

  • 1. >> MASTER ABSTRACT modulo 02 - 21.02.2002 COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ Oliviero Toscani Oliviero Toscani nasce a Milano e vive in Toscana con sua moglie Kirsti e i suoi tre figli. Ha studiato fotografia al Kunstgewerbesch le di Zurigo da 1961 al 1965 e comincia a lavorare per riviste di moda e così le sue foto appaiono in tutte le pubblicazioni internazionali come Elle, Vogue, Lei, Donna, GQ and Harper's. La collaborazione con Benetton inizia nel 1982 e questo rapporto gli procura diversi riconoscimenti come il Grand Prix d'Affichage, il Gran Prix dell'Unesco e la Medaglia all'Art Directors Club di New York. Nel 1989 vince il Leone d'Oro a Cannes come regista pubblicitario. Sue foto si possono vedere in molti musei come la Biennale di Venezia, il Museum of Contemporary Photography of Chicago, il Museum of Moder Art a Tel Aviv e in altri musei internazionali. Sue recenti mostre sono al Kunstmuseet Trapholt a Kolding, Danimarca e a Firenze al Pitti Immagine dove sono esposte Le Facce uno degli argomenti preferiti. E' direttore della scuola di Benetton, Fabrica. La mia esperienza con la scuola Italiana non è stata molto positiva, e con molte difficoltà sono arrivato alla licenza liceale, dopodiché ho fatto l’esame di ammissione ad una scuola svizzera dove, durante il periodo del nazismo in Germania, si erano rifugiati gran parte dei professori che insegnavano al Bauhaus e quindi la mia formazione professionale deriva da quel tipo d’impostazione scolastica. Volevo subito cominciare con qualcosa per farvi capire qual è la concezione del mio lavoro e, proprio del mio modo di affrontare la vita: “Il futuro del futuro è il presente, se veramente vuoi conoscere il futuro, studia semplicemente il presente, perché ciò che noi vediamo ordinariamente nel presente è in realtà ciò che ci appare nello specchietto retrovisore, ciò vuol dire che ciò che noi pensiamo del presente è in realtà il passato. Non si vuole guardare il presente, si vuole vivere con la realtà delle immagini dello specchietto retrovisore, del passato perché è più sicuro, si è già stati lì e quindi è più comodo.Chiunque viva o guardi al presente, disturba, è un sovversivo è un rivoluzionario.Il presente è un’area che storicamente l’umanità ha sempre cercato di evitare, le utopie dell’umanità sono immagini da specchietto retrovisore dell’era precedente.” Credo che questo spieghi un po’ i grandi problemi di questo mondo dove sempre di più bisogna agire e conformarsi ad un grande mercato. A questo punto visto che dovrete affrontare il mondo del mercato dovrete anche voi integrarvi e cercare quel consenso che vi permetterà di vivere come tutti voi pensate e sognate, perché lì c’è un grande problema, per gli individui con grande passione per la libertà della creatività, per il loro lavoro e le aziende (o studi o laboratori), quelle multinazionali per le quali andrete a lavorare, le imprese e le società anonime e senza faccia, con i loro comitati e i loro consigli di amministrazione, società che pretendono di capire i bisogni delle masse, della gente, di quell'umanità che loro chiamano i consumatori. Queste aziende credono in una cultura senza passione, senza forza, senza emozione, lucidano, smussano, appiattiscono tutto e il risultato è qualcosa che non sarà amato né odiato da nessuno, il loro scopo è la mediocrità. Tutti i media, l’architettura, i prodotti, il design sono stati spogliati dalle idee dalle passioni individuali e sono stati relegati a servitori delle imprese, i media supportatori di strategie tutte concentrate a fargli alzare il titoli in borsa. I creativi ormai sono condannati a servire e a lavorare per la finanza, i giornalisti hanno di fatto perso la loro indipendenza editoriale e lavorano per comitati di editori, che a loro volta lavorano per comitati di pubblicitari. Le sceneggiature per la televisione vengono fatte da produttori, pubblicitari, specialisti di marketing, avvocati, da ricerche di mercato estratti ed estratti di manager pagati profumatamente che determinano se i programmi sono abbastanza stupidi per divertire quel pubblico che loro chiamano “minimo comune denominatore”. COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ modulo 02 - 21.02.2002 [17]
  • 2. Gli studios di cinema fanno analizzare dai focus-groups i finali dei films per stabilire se soddisferà il pubblico mediocre. Si ascolta l’auditel non la creatività, tutte le arti si assomigliano; le decisioni architettoniche vengono prese dai geometri, responsabili per le commissioni edilizie, con tessere di partito, le pubblicità sono stupide, piatte, costose ed inutili, la nostra cultura è una cultura aziendale, perché le imprese sono rimaste purtroppo gli unici ed ultimi arbitri delle idee e della cultura. Cosa fanno le grandi aziende di oggi: prodotti spazzatura, posta inutile, immagini oscene la cultura e la creatività sono rimasti un mezzo di consegna di messaggi-prodotto che ci stanno inquinando la vita.Ma fortunatamente tutto quello che io vi ho detto finora è vero solamente per il 99% della realtà delle imprese moderne, perché c’è sempre quell’imprenditore o quel politico, pazzo, eccentrico, innamorato, grazie al quale la cultura continuerà. Bisogna semplicemente cercare questo, questo personaggio, questo imprenditore, e aiutarlo nella sua e nella nostra passione. Ho letto questi due pezzi perché questo è determinante sulla qualità, delle azioni che si vanno ad intraprendere. …a proposito del titolo della conferenza che riguarda la città, premetto subito che sono nato a Milano ho vissuto a New York ho una casa a Parigi, lavoro ancora a New York mensilmente, frequento le città ma le frequento come un contadino che va in città, non penso che il futuro sarà fatto dalle città, penso che le città sono e siano state un’aggregazione fisica, politica, di difesa, e Lucca ne è un esempio fra i più belli, ma credo che al giorno d’oggi non abbiamo più bisogno di strutture simili. La città dei grandi problemi ad esempio le targhe alterne, e tutta una serie di problematiche che dobbiamo ancora affrontare per una vera società civile. Il tema della città mi ha sempre affascinato e non a caso alcuni anni fa ho iniziato a fare un giornale che si chiama, Colors, ho iniziato a farlo a New York l’ho portato a Roma l’ho portato a Parigi, e poi ho detto proviamo a farlo da un prato e quando ho cominciato a farlo da un prato il giornale è diventato molto più interessante di quando eravamo condizionati dalla città e se dovessi andare in una città penso che andrei a Bombay e c’era un’idea di trasferire il progetto Colors a Bombay ma poi ho lasciato tutto per il progetto di Fabrica a Treviso che adesso sto per ripetere a Firenze grazie alla regione Toscana ed alla regione Emilia Romagna che si chiamerà Bottega dell’Arte e Comunicazione al di fuori della città. Subito dopo la scuola ho cominciato a fotografare le espressioni della mia generazione, sono un figlio degli anni sessanta, andavo ai concerti rock e frequentavo il mondo che orbitava intorno a questi fenomeni che caratterizzavano quel periodo. In quel periodo mi chiesero di fare delle fotografie di moda e cominciai appena ventenne iniziai a lavorare per tutte le più importanti riviste di moda del mondo….curare l’immagine vuol dire capire le esigenze; dove viene pubblicata, dove viene affissa, la stampa, i manifesti. Io sono un fotografo, mi invitano a fare pubblicità, ma io non so niente di pubblicità, mi interessano dei temi, e chiaro che poi le immagini vengono utilizzate per l’editoria dalla televisione, io produco immagini non mi intendo di pubblicità; mi interessa l’editoria, la pubblicità, il cinema, la televisione, tutto ciò dove l’immagine è il linguaggio, siccome viviamo in una società dove l’immagine è il linguaggio, la cosa diventa sempre più interessante. Quando mi chiamano per curare un’immagine, prendo in mano tutta la situazione, dal punto di vista grafico dal punto di vista creativo, non lavoro per le agenzie come esecutore di un’immagine dietro ad un layout predisposto, deciso; in un progetto voglio entrare dall’inizio, proprio dal concetto di base. Ad un amico (Maurizio Vitali) che aveva un’industria a Torino(Robe di Kappa), dissi: (era circa la metà degli anni sessanta) tu devi fare i blue jeans; dopo qualche anno ci incontrammo casualmente a New York e camminando per Broadway mi disse: Olivero, ho deciso, produrrò i blue jeans, ma come gli chiamiamo? Era quello il periodo di Jesus Christ Superstar e vidi la grande scritta davanti ad un teatro e dissi: chiamiamoli Jesus un nome ormai affidato, a livello di marketing funziona sono duemila anni che funziona… e decidemmo di dare il nome Jesus a questi blue jeans. Con un budget limitatissimo feci questa immagine (foto 1) e realizzammo dei manifesti (circa un migliaio) vennero attaccati nelle città (1972-73) e vennero subito censurati dal Vaticano con un grande scandalo nazionale tutti i giornali gridarono a questo scandalo, parlando di questi blue jeans Jesus come della bestemmia pubblicitaria sulle città Italiane. Però un giorno, il Corriere della sera pubblicò questo articolo: “Coloro che hanno prodotto questi Jeans, e li hanno lanciati sul mercato usando per lo slogan di prammatica uno dei dieci comandamenti, probabilmente con una certa mancanza del senso di colpa cioè con l’incoscienza di chi non si pone, per certi problemi, di essere già oltre la soglia entro cui si dispone la nostra vista e il nostro orizzonte mentale, c’è nel cinismo di questo slogan un’intensità e un’innocenza di tipo assolutamente COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ modulo 02 - 21.02.2002 [18]
  • 3. nuovo benché, probabilmente maturato a lungo in questi ultimi decenni esso dice appunto nella sua laconicità di fenomeno rivelatosi di colpo alla nostra coscienza e già così completo e definitivo che i nuovi tecnici sono completamente laici ma di una laicità che non si misura più con la religione.Tale laicità è un nuovo valore nato nell’entropia borghese in cui la religione sta deperendo come autorità e forma di potere e sopravvive in quanto ancora prodotto naturale di enorme consumo e forma folkloristica ancora sfruttabile. Ma, l’interesse di questo slogan non è solo negativo, non rappresenta solo il modo in cui la chiesa viene ridimensionata brutalmente a ciò che essa realmente ormai rappresenta, c’è in esso l’interesse anche positivo cioè la possibilità imprevista di ideologizzare e quindi rendere espressivo il linguaggio dello slogan e quindi presumibilmente quello dell’intero mondo tecnologico. Lo spirito blasfemo di questo slogan e immagino, non si limita ad una pura osservazione che fissa l’espressività in pura comunicatività, esso è qualcosa di più che una trovata spregiudicata in cui il modello è l’anglosassone Jesus Christ super star, al contrario esso si presta ad un’interpretazione che non può essere che infinita esso conserva quindi nello slogan i caratteri ideologici ed estetici dell’espressività, vuol dire che il futuro che a noi religiosi e umanisti appare come fissazione e morte sarà in un modo nuovo storia, che l’esigenza di pura comunicatività della produzione, sarà in qualche modo contraddetta. Infatti lo slogan di questi jeans , non si limita a comunicare la necessità del consumo ma si presenta addirittura come una nemesi, sia pure incosciente che punisce la chiesa con il suo patto con il diavolo. L’articolista dell’ Osservatore Romano questa volta si, è davvero indifeso e impotente, e a messo cristianamente in moto la censura… ormai si tratta di un fatto irreversibile anche se forse molto anticipato, il suo spirito è il nuovo spirito della seconda rivoluzione industriale e della conseguente mutazione dei valori.” (Pier Paolo Pasolini per sviluppo e progresso) ed ancora: “..la dissociazione che spacca ormai in due il vecchio potere clerico- fascista, può essere rappresentata da due simboli opposti non inconciliabili, Jesus nella fattispecie Gesù del Vaticano da una parte e i blue jeans Jesus dall’altra due forme di potere l’una di fronte all’altra. Di qua il grande stuolo dei clericali e dei benpensanti, di là gli industriali produttori dei peli superflui, e le grandi masse del consumo, laiche, e magari idiotamente, irreligiose. Tra il Jesus del Vaticano e il Jesus dei blue jeans c’è stata una rottura, in Vaticano all’apparire di questi manifesti si sono levati alti lamenti a cui per solito seguiva l’azione della mano secolare che provvedeva ad eliminare i nemici della chiesa magari non nominati limitandosi ai lamenti. La lunga mano è rimasta inesplicabilmente inerte, l’ Italia tappezzata di manifesti rappresentanti sederi con la scritta “chi mi ama mi segua” e rivestiti di blue jeans Jesus, il Gesù del Vaticano ha perso ora il potere democristiano clerico-fascista si trova dilaniato tra questi due Jesus, la vecchia forma del potere e la nuova realtà del futuro. (ndr. Corriere della sera 17/05/1973) …Quindi è interessante che sui muri delle città per una ragione di commercio di marketing sia venuta fuori una discussione in questo tono, non si parla di consumo ma si parla di religione di Vaticano… …possiamo discutere di principi di filosofie ma alla fine è la scelta estetica finale che decide la qualità di tutta un' azione, nella scelta estetica è racchiusa un’etica che deve essere la forza portante di quest’esperienza… la pubblicità è il media più potente che ci sia, se voi come architetti farete un lavoro per una grande azienda, verrete targati come l’architetto di quell’azienda in realtà voi siete degli architetti, bisogna stare attenti a non accettare questa etichetta perché all’interno del lavoro di un professionista serio ci deve essere comunque una ricerca che va parallela e tante volte in contrasto al lavoro giornaliero. E’ molto difficile essere democratici e far passare la creatività, non si può accontentare tutti ed essere molto creativi, tutti cercano di smussare ciò che voi fate, tutti cercano di accontentare tutti, tutti cercano il consenso e voi da artisti siete condizionati ad accontentare tutti perché i progetti passino. …Esisteva negli anni sessanta un locale a New york, un locale che si chiamava Max’s Kansas city che adesso non c’è più, ed era in Central Park south vicino ad Union square do ve ci incontravamo la sera, era COMUNICARE LA CITTA’ E E HABITAT URBANI ESIGENZE DELL’UOMO IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ modulo 02 - 21.02.2002 01 07.02.2002 [19]
  • 4. un locale frequentato dagli artisti, e al primo piano avevo un piccolo studio dove ho fatto circa quindicimila foto e che rapresentano un documento storico di quel locale ma anche di quel periodo storico, locale di transitavano normalmente tutti i personaggi del mondo dello spettacolo dell’arte e della cultura. Andy Warhol vi passava le notti e lo usavo come modello, arrivava con la sua borsetta con le parrucche, serissimo ed io l’ho usato poi come modello per servizi di moda per varie riviste… …Volevo parlare della comunicazione all’interno di una città, in fondo stiamo parlando della comunicazione di immagini a due dimensioni, perché la città di per se stesso è una comunicazione, l’architettura è una comunicazione, una chiesa è una comunicazione, una piazza è una comunicazione, un lampione è una comunicazione, una panchina è una comunicazione, la spazzatura è una comunicazione, quindi esiste già una comunicazione della città, quindi bisogna stare attenti a non fare del make-up le “mutande” sono sporche. Finalmente esiste la voglio di comunicare all’interno di una città e fare delle cose anche per nascondere le lacune che una città ha, devo dire che non ho molta fiducia nelle amministrazioni, e non si può arrivare ad un grande risultato finale quando l’amministrazione ma anche l’editoria dimostra di essere mediocre ed è molto difficile trovare quell’ uno per cento che capisca che cos’è la creatività. Nessun grande risultato creativo può essere pianificato, non esiste una creatività basata sulla sicurezza di progetto, quindi vi rendete conto come è difficile per il creativo poter condizionare dei sistemi politico- amministrativi dove loro, nella loro mediocrità non vedono altro che il rendiconto economico, purtroppo, la battaglia fra i creativi ed i “ragionieri” come io li chiamo (amministratori, politici..) hanno perso da tanto tempo e lo si vede dalle nostre città; dov’è finita l’arte nelle nostre città? Sembra che l’arte si sia fermata (cita la Toscana) al rinascimento e che disastro si è combinato negli ultimi anni per rovinare tutto questo. Io allora accuso le amministrazioni, i politici, i responsabili di non essere all’altezza, nel promuovere la creatività. Infatti vediamo città invivibili dove è stato permesso di fare delle cose che non hanno alcun senso, dove non c’è il coraggio di prendere delle decisioni drastiche e quindi si va avanti per una discesa agonizzante, finché un giorno bisognerà prendere delle decisioni. Quindi finché non si prenderanno queste decisioni noi parleremo e agiremo in una mediocrità totale. La creatività non ha sicurezza non si può essere creativi ed essere sicuri; provate a pensarci, ogni volta che vi sentite sicuri, andate nel panico, tutte le volte che siete insicuri forse allora è il vostro momento di maggior creatività, però nel momento in cui siete insicuri , verrete aggrediti da tutto un sistema che vuole che voi siate sicuri e produttivi nella sicurezza, perché solamente nella sicurezza loro pensano che potranno realizzare quella sufficiente mediocrità, nella quale il mondo oggi vive. Gli investimenti economici sono tali che non ci si può permettere di sbagliare, dicono, e quindi per questa ragione sbagliano costantemente e noi siamo i primi collaborazionisti di questo stato di cose. …I tre grandi momenti della comunicazione si possono dividere in Croce, Svastica e Coca-cola; la Croce era il simbolo della comunicazione della chiesa, la svastica è quella politica, la Coca-cola è quella della COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ modulo 02 - 21.02.2002 [20]
  • 5. comunicazione industriale, gli artisti sono alle dipendenze di questi tre grandi santuari; i grandi artisti del rinascimento erano alle dipendenze dei Papi erano impiegati dalla chiesa per fare pubblicità alla chiesa…tutte le rappresentazioni della grande pittura sono la rappresentazione di personaggi di cui non si ha veramente conferma della loro esistenza sono tutti personaggi di fantasia creativa. …siamo diventati tutti molto mediocri “perché dalla nostra torre d’avorio tutto ci sembra relativamente bello e quasi perfetto, l’eccitazione delle nuove tecnologie e tutti possibili e pensabili software, giustificano la nostra inerzia e pigrizia, siamo ossessionati dalle telecomunicazioni dalle tecnologie i media, stupidamente pensiamo che in qualche modo tutto ciò salverà il pianeta e quindi salverà noi stessi. Invece tutto questo ci tiene così falsamente occupati che non ci lascia alcun tempo per pensare seriamente a qualsiasi cosa, stiamo diventando tutti molto, molto, molto pigri, nel frattempo l’ 80% di tutti gli abitanti del pianeta non ha mai sentito lo squillo di un telefono, meno del 7% del mondo è on-line, o meglio il 90% della popolazione mondiale non ha accesso ad internet, ciò che noi consideriamo digital e technological divide, è chiaramente più uno scisma una differenza un’ incolmabile baratro della terra, che agisce più come una barriera, proteggendo e arricchendo quelli che posseggono da quelli che non posseggono nulla. Quest’anno nasceranno cento milioni di bambini, oggi il mondo si arricchirà di altre 230.000 persone, il 97% di questi bambini nascerà nel terzo mondo, fra cinquanta anni l’Europa avrà il 25% in meno della popolazione attuale e il Giappone ventuno milioni di persone in meno, nel 1900 l’Europa aveva tre volte la popolazione dell’Africa ma nel 2050 l?Africa avrà tre volte la popolazione dell’Europa. Se il mondo dovesse ridursi a cento individui, con le attuali statistiche, sei persone possiederebbero il 59% della ricchezza e cinquanta soffrirebbero di malnutrizione, questo significa che nel paese del ricco, primo mondo, sempre meno persone si dividerebbero il benessere e le ricchezze, mentre il paese in sviluppo, del terzo mondo, le risorse saranno sempre più limitate, i ricchi diventano più ricchi e i poveri sempre più poveri. Si potrebbe pensare, che dovremmo dividere un po’ della nostra ricchezza, ma di fatto gli aiuti ufficiali tra i paesi ricchi e quelli poveri è calato del 25% tra il 1992 e il 1997 e l’ AIDS è a livelli più bassi degli ultimi quarant’anni. Globalmente due miliardi di persone soffrono di fame dovuto all’ingiusta distribuzione ed uso del terreno, alle erosioni, la mancanza di infrastrutture, per politiche assurde, estrema povertà, e impossibilità di accedere al mercato del cibo. Non c’è nessuna ragione che ci sia qualcuno che soffra di fame, il problema è la povertà e l’ineguaglianza piuttosto che la tecnologia, la distribuzione e i sistemi politici più che la produzione, i problemi saranno nella distribuzione e l’accesso a sempre più scarse risorse, in realtà ci sarebbe cibo a sufficienza da distribuire se ci fosse migliore organizzazione dell’agricoltura, migliore governo delle acque, sedi e riforme terriere, più allevamenti ittici, energia rinnovabile e smettere con la dieta occidentale di carne, tutto questo darebbe la possibilità di nutrire i dieci miliardi di persone previsti attorno al 2050. Le statistiche alle quali si ricorre sempre, nascondo i veri problemi umani, ci nascondiamo dietro ad un muro di cifre e percentuali, un muro di informazioni, sperando, contro la speranza, che il mondo della vera sofferenza individuale rimarrà virtuale, un mondo dove la morte e la sofferenza sono problemi sempre per qualcun altro, dove ogni lontana suggestione di vera emozione, può essere seppellita, sotto infinite pagine di ricerche e di statisiche. Oggi la comunicazione, le tecnologie, i media, sono come delle Colas, senza sostanza, saporizzati e colorati artificialmente, bevande infinitamente riproducibili, basate sulla memoria di dipendenza che addolcisce i nostri bisogni, non c’è potenziale di sostanza o di nutrimento e nessuna qualità al di là dell’immediato bisogno di sete. Una sete di che cosa? Un infinito bisogno di riempire quello spazio, quel vuoto lasciato quando non siamo nutriti intellettualmente o veramente soddisfatti o amati, siccome non abbiamo il coraggio di amarci, abbiamo bisogno di un amore sostitutivo e quindi modelliamo i media, ad effettuare questo ruolo virtuale per noi, così quando si usa il glutammato di sodio il cibo è saporito, crea dipendenza, ma può lasciare prostrati e stanchi, con COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ modulo 02 - 21.02.2002 [21]
  • 6. un gran mal di testa, lasciando una traccia di tossicodipendenza e come i tossicodipendenti si ritorna a consumarne sempre di più cancellando le memorie del passato, ma non abbastanza liberi per vivere il presente ed immaginare un futuro alternativo, diverso e probabilmente migliore. Oggi tutto è marchiato e condizionato dal marketing; branding significa esattamente questo, un logo, che brucia, un segno di proprietà stampata per sempre nel nostro cervello, un marchio ti fa sentire parte del branco, del grande allevamento globale, dove differenza significa alienazione, nessuno vuol diventare una pecora nera o perduta, così siamo tutti agnelli delle macellerie multinazionali, il marchio è una tessera societaria, significa appartenere al club globale nella gara contro la mortalità, una corsa contro il tempo per cercare di fermare la morte che ci insegue morsicandoci i talloni. I matti non nutrono l’umanità, ma si nutrono di essa; per esempio il 70% dei guadagni delle esportazioni in USA sono attualmente legati a proprietà intellettuali dei pervertiti marchi, da medicine contro l’AIDS, ai marchi come Disney, Mc Donald, Nike, ecc.. la realtà è sempre più virtualizzata e quindi il marchio è percepito come avente più valore, dei prodotti, del cibo e delle medicine salvavita, la semplificazione del mondo in marchi facili da ricordare, la si paga al prezzo della ricchezza della diversità, al prezzo dell’orgoglio di identità locale. Questi “Grandi Fratelli” (i marchi) sono cannibali, si appropriano di culture indigene e le rigurgitano con artificiale autenticità, questo si scontra frontalmente con il senso di autofiducia, quella fiducia di essere capaci di sopravvivere si soppiantano culture popolari con un imbecille semplicismo che proviene sempre da qualche altra parte del mondo, usando i mezzi della tecnologia, dei media, della paura e della dipendenza del fare tutto ciò. I brevetti dei marchi uccidono la gente; come tutti sappiamo i brevetti sono la ragione dei prezzi astronomici delle medicine anti AIDS Il cartello delle grandi industrie farmaceutiche che producono queste medicine usa brevetti internazionali per obbligare i paesi bisognosi a non usare generiche copie di queste medicine che potrebbero potenzialmente alleviare milioni di persone dalla sofferenza, invece sanzioni e condanne di diritto industriale internazionale sono minacciate contro i paesi che non si adeguano a queste regole, specialmente i paesi dove c’è maggior bisogno e la più alta percentuale di AIDS e il più basso guadagno. Milioni moriranno per questo marchio, brevetto, mafia, mentalità, il ricco diventa ancor più ricco, il povero ne paga le spese. Stiamo andando a piena velocità verso una fisica clonazione umana, stiamo velocemente diventando un mondo di moltiplicabili identici gemelli. Il futuro è visto come un posto dove l’evoluzione scientifica e tecnologica, combinata con il branding, creeranno un senza colpa, senza pena, senza dolore, luccicante e sterilizzato mondo virtuale, un mondo nel quale il possibile brutto della realtà umana sarà escluso per paura di rovesciare i codici, mentre cerchiamo di ridurre tutta la vita ad un set di codici patentati, il peggiore rischio è quello di un evoluzione naturale, la differenza diventa nemico dello stato delle cose. La società non vuole essere originale ma una copia di se stessa. Le moderne architetture, hanno uno stile revival e nostalgico, ogni città è una versione turistica di se stessa, uno stile di Holiday inns, di pitture riprodotte, che addobbano i muri di infinite camere identiche, i media non sono creativi, sono riproducibili scegliendo di pubblicare clique clonati da una tavolozza di idee prefabbricate tutto deve essere riproducibile, la mediocrità è a pieno regime, non c’è più vero sesso o procreazione, adesso c’è la riproduzione senza sesso, la pornografia della promessa, l’immortalità attraverso la clonazione. I media sono stati sterilizzati a senso unico, autoriproducendo monocultura, una fantasia di eccitazione e promesse, un posto dove Disney e sperma sono congelati per futuri revival. I media, la tecnologia,la comunicazione nutrono le nostre paure, rinforzano le nostre insicurezze più profonde, siamo convinti ce la COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ modulo 02 - 21.02.2002 [22]
  • 7. nostra futura sopravvivenza, dipenda dalla nostra ricchezza materiale e dal potere evolvendosi in sistemi altamente sofisticati di software, soluzioni finali, tutti condizionati dalle armi e dalle proprietà intellettuali. Gli intellettuali, i creativi, e gli artisti, sono, siamo in prima linea in questo esercito di collaborazionisti mentali. Ma abbiamo bisogno di media, di comunicazione, di architettura, di design, di tecnologia. Ci sono molti esempi dove queste espressioni hanno il coraggio di rischiare di essere differenti, che vanno al di là dei profitti e delle necessità dei committenti,il nostro spirito necessita questa creatività. Così, in mancanza di fedi, di ideologie, sensi religiosi, le immagini, editate, accellerate nella piatta vuotezza dello spazio cibernetico, le immagini digitali ci nutrono lasciandoci bisognosi di un supporto a livello esistenziale. La nostra esistenza sta diventando subumanizzata, e quindi cerchiamo qualcosa di reale, la musica, la pittura, la scrittura, i film le immagini, tutto è stato sterilizzato e convertito digitalmente, deciso da avvocati, produttori, uomini marketing, pubblicitari e focus group, editato per accontentare le richieste dei mercati. Gli artisti dovrebbero avere il potere di liberarsi, finalmente, delle loro paure, il futuro ha bisogno di permettere all’artista, vero potere e responsabilità.Oggi i media si nutrono delle persone che invece dovrebbero servire. All’origine tutti loro, avrebbero dovuto essere un servizio pubblico, ma ora sono degenerati in uno strumento di manipolazione economica, sarebbe ora di sovvertire questa situazione, i media e la comunicazione potrebbero veramente servire l’umanità, potrebbero dei mezzi creativi, di ricerca, di quel nuovo linguaggio che stiamo cercando, per simbolizzare ed edificare la condizione umana e gli sforzi sociali, per capire e spiegare questo nuovo mondo che ci sta venendo a dosso con la velocità di un meteorite, potrebbero essere usati per aiutare ad arricchire l’umanità, nella fatica di meglio esprimersi in questo mondo, potrebbero essere insegnati come professioni, in società meno privilegiate per aiutare le future generazioni a connettere con il resto della società e permettere loro un futuro migliore. Questo genere di media e comunicazione, può sfidare e mettere in discussione idee e rompere le regole, distruggere i preconcetti e i conformismi che ci governano e condizionano, non è mai stato nell’interesse di certi sistemi che noi fossimo capaci di pensare, perché chi pensa può essere creativo e la creatività è sempre sovversiva. I creativi dovrebbero rompere questo cerchio, distruggere questi codici, e aiutare a ad incoraggiare il pensiero libero, questo potrebbe generare genuina bellezza e darci la possibilità di creare libera espressione con veri e profondi significati con il mondo che ci circonda senza essere condizionati dal profitto. Dobbiamo avere il coraggio di rischiare di essere diversi. Nessuno deve essere affamato culturalmente, fisicamente, e spiritualmente, i canali di distribuzione esistono, i creativi come fornitori e creatori di contenuti potrebbero avere le chiavi per sbloccare la vera comunicazione, comunicazione significa che potrebbe cambiare le nostre vite e le vite degli altri con creatività e rispetto. Abbiamo bisogno di creare un dialogo non un monologo, o un monobrain, o un monopensiero, o una monomacchina, dobbiamo laterare i messaggi, riarrangiare l’immagine, non dobbiamo essere solo dei sopravvissuti di una specie ma dobbiamo prosperare creativamente ed evolvere dinamicamente, dobbiamo riconoscere in un marchio l’intera razza umana, con le sue diversità e i suoi colori con le sue differenze, i suoi limiti, i suoi beni, dobbiamo credere in un brand umano basato sul rispetto non sul potere, sulla possibilità non sull’uniformità, sull’amore e non sulla paura. “ …siccome viviamo nel mondo dell’immagine, l’immagine è diventata più reale della realtà, cioè crediamo molto più nell’immagine che nella realtà, non a caso una volta i paesi venivano conquistati con le battaglie, adesso si conquistano con i canali televisivi. … fare passare le idee e molto faticoso, far passare le cose mediocri è facilissimo, guardatevi attorno, guardate l’architettura che abbiamo prodotto soprattutto negli ultimi cinquanta anni, cosa c’è d’ interessante, ditemi? Cosa c’è? A parte il fatto che solamente il 4% del costruito è fatto da architetti, e di questo 4% il 98% fa anche schifo, quindi fate i calcoli; Io credo che bisogna cominciare a ragionare seriamente, è COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ modulo 02 - 21.02.2002 [23]
  • 8. chiaro poi che bisogna fare del make up e attaccare i manifesti, perché ho la sensazione che adesso, per salvare l’architettura bisogna mettergli davanti un manifesto… ( cita l’esperienza di Bologna dove per finanziare il restauro di palazzo dei Bardi, in Piazza Maggiore, si è utilizzato lo spazio occupato dalle impalcature come un grande cartello pubblicitario e dove i soldi della pubblicità _ circa 700.000.000. per un anno _ sono serviti al restauro del palazzo stesso). Vi sarete resi conto che i prodotti sono sempre più fatti di comunicazione, e sempre meno di materia, la comunicazione è ciò che stabilisce il successo di un prodotto; i prodotti sono tutti bene o male tutti uguali; sono fatti tante volte dalla stessa fabbrica, e poi vengono ordinati da un’azienda da un imprenditore ad una fabbrica e venduti poi da marchi che hanno nomi come Gucci, Prada, ecc.. che a volte fabbricano nelle stesse fabbriche, in paesi del mondo dove conviene fabbricare. Quindi i prodotti non sono più comperati in quanto tali, in quanto materia, ma perché portano dietro di sé una comunicazione, un’immagine che sta diventando più importante della materia. Il futuro delle aziende si baserà sulla capacità di distribuzione e la capacità di comunicazione che un’azienda saprà produrre, quindi le aziende devono essere sempre di più capaci nel definire qual è la loro forza nel produrre comunicazione. Del resto l’architettura appartiene alla comunicazione di un’azienda; con la scelta di un determinato architetto per fare gli uffici, le fabbriche, le scuole, fa capire il livello culturale dell’industria, dell’azienda, del committente. Quindi la comunicazione sta diventando sempre di più un prodotto determinante del successo della produzione industriale… Campagna benetton …credo che l’arte deve fare paura, perché ti porta in una dimensione fuori dalla tua piccola dimensione umanoide, la grande architettura fa paura, perché ti fa vedere dimensioni, prospettive, colori, luce che normalmente a cui non sei abituato.Quando entro in una grande architettura, ho un senso quasi di immortalità, cioè entro nel “paradiso”come la sensazione che probabilmente si ha entrando nel “vero” paradiso.. … la morte non esiste nel mondo della moda, della pubblicità, del consumo, non è mai esistita, è stata la prima volta che un immagine di morte, (foto Croci) che in realtà non è assolutamente di morte, anzi al contrario è un’immagine di vita, di chi vuole vivere e non vuole la morte, ma è strano che la lettura dell’immagine venga fatto soltanto in un senso, perché a scuola ci insegnano l’alfabeto, la lettura, ma non ci insegnano a capire il significato della lettura, ancor meno dell’immagine…io penso che la televisione va insegnata ai bambini alle elementari, va insegnata la lettura della televisione alle elementari, ed è una cosa che io farò all’interno della bottega dell’arte e della comunicazione, ci sarà una stanza con dei televisori e a dei bambini molto piccoli si insegnerà solamente a leggere la televisione per capirne i significati e per avere la capacità di critica… (dopo la proiezione del video sui detenuti nei bracci della morte in USA) …fatto questo, sono stato invitato alla commissione delle Nazioni Unite a parlare e volevo leggervi il discorso fatto il 19/04/2001: ONU, Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite Art. 17, Promozione Protezione dei diritti Umani, situazione sul rispetto del patto internazionale sui diritti civili e politici: Mi chiamo Oliviero Toscani e parlo a nome del partito transnazionale sull’ Art.17, in particolare sulla questione della pena di morte; Signor Presidente, sfortunatamente, il mondo è ancora diviso in Paesi e Nazioni e questa sede ne è la prova, e in maniera piuttosto strana gli esseri umani si considerano appartenenti a razze diverse, non è ancora ufficialmente permesso appartenere ad un’unica razza, la razza umana. Se si ha la fortuna di appartenere alla non ancora unificata razza umana come me e molte altre persone, si ha la sfortuna di COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ modulo 02 - 21.02.2002 [24]
  • 9. imbattersi nelle gravi difficoltà del mondo moderno. Una di queste difficoltà sta nell’accettare che in alcune parti del mondo esistano ancora la pena di morte, le esecuzioni capitali e gli omicidi legalizzati, non ho intenzione di annoiarvi ripetendovi qui tutte le ragioni per cui la pena di morte dovrebbe essere eliminata, perché è ormai provato che non è un rimedio in nessun caso. Ma ciò che voglio dirvi è, che la pena di morte sfortunatamente, non è un problema sol per quei paesi che la praticano, per quelli che la condividono, per quelli per i quali è una realtà, per quei paesi che uccidono pensando di fare giustizia, il problema è che io e i miei pari, appartenenti alla razza umana, non vogliamo più far parte della razza disumana che ancora giustizia così, quella razza disumana che ancora legalizza l’omicidio, non vogliamo appartenere a quella razza disumana che ancora legalizza il lavoro dei boia e non vogliamo appartenere alla razza disumana che uccide pensando di fare giustizia. La pena di morte e un grande problema per i paesi e la società civile. La pena di morte e civiltà sono una contraddizione in termini, per noi, la razza umana, è ridicolo parlarne ancora oggi nell’Aprile del 2001, è ridicolo come sarebbe parlare di schiavitù, ma per abolire la schiavitù c’è voluto tanto tempo e tanta violenza. La pena di morte non ha ragione di appartenere a nessun ordinamento giuridico, perché essa appartiene ad un sistema basato sulla discriminazione e violenza, dove la maniera più facile di risolvere la questione della giustizia è uccidere. Recentemente ho avuto l’opportunità come fotografo di visitare nove prigioni statunitensi, dove ho fotografato ventisei detenuti nel braccio della morte, sono rimasto colpito dal loro sguardo, avevano tutti un’espressione drammatica, il dramma di una vita fallita il dramma di non avere più futuro. Ci sono cose che si vedono solo al cinema, e che si spera di vedere solo al cinema, quando invece si realizza, che possono essere vere, si è colti dal panico, la realtà del braccio della morte è una di quelle cose. Il braccio della morte, puzza di morte, di moribondi, di un obitorio fatto di persone vive in attesa di essere giustiziate a sangue freddo, sotto la supervisione di testimoni, che vogliono appagare il loro desiderio di vendetta, come nei peggiori film. Quando si appartiene alla razza umana non si vuole vendetta, si vuole giustizia non si vuole essere collaborazionisti della razza disumana che uccide pensando di fare cosa giusta; uccidere non può mai essere giusto, non è un problema di paesi di oriente occidente di nord di sud di religione, sistema politico, tradizioni, tutti sappiamo che uccidere è sbagliato. Dovremmo insegnarlo ai nostri bambini, come possiamo fare se continuiamo a giustiziare uccidendo? Ma non è più una questione di chi sia colpevole o innocente, è l’uccidere che è sbagliato, il problema è proprio l’esecuzione di chi è colpevole, l’uccidere Caino, dobbiamo capire il senso profondo del “Nessuno tocchi Caino”, i paesi che praticano la pena di morte, dovrebbero avere il coraggio di farlo vedere pubblicamente, dovrebbero smettere di nascondersi dietro la loro violenza. Sono molto fiero di essere qui in un luogo così importante, per parlarvi della speranza della possibilità della messa al bando della pena capitale, perché un giorno, spero presto, i miei nipoti potranno essere orgogliosi dell’impegno del loro nonno di essersi battuto per l’abolizione della pena di morte, così io son fiero di mio nonno che ha lottato vent’anni contro il fascismo. Spero che così finalmente un giorno tutti potremmo appartenere all’unica vera razza, la razza umana, grazie. …io personalmente mi baso in modo completo sul mio istinto, in tutto ciò che faccio, perché c’è una voce istintiva, come quella del mio cane che corre dietro alle pecore, come quella di Frizzi che picchia lì ma non sa.. quella voce non è solamente sonora, ci sono delle voci che purtroppo, grazie ai media che si nutrono di noi, queste voci vengono sfocate, e non le ascoltiamo più, non le sentiamo più, provate a mettervi nel silenzio e sentirete tanti rumori, anzi avrete paura da quanto suonano le vostre orecchie.Quindi io credo che bisogna basarsi su questo, lo scatto finale, l’ultima azione, dell’azione creativa, nella fotografia è così, come nell’architettura, credo che ci sia tutta una riflessione costante, per portare avanti anche la tua mano nel fare il segno.. la creazione viene da un ordine, da un pensiero molto chiaro, cosi come quando parli se non hai le idee chiare parlerai male. COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ modulo 02 - 21.02.2002 [25]
  • 10. >> MASTER ABSTRACT modulo 02 - 21/23.02.2002 [pag.15] Conferenza stampa di apertura lavori Ma.Sp. [pag.17] Oliviero Toscani COMUNICARE LA CITTA’ E IL DESIGN PER LA PUBBLICITA’ [pag.26] Studio 5+1 Architetti Associati GIANLUCA PELUFFO E PIERLUIGI FELTRI [pag.29] Presentazione gruppo Viacom ANDREA RUSTIONI [pag.31] Gabriele Lelli PRESENTAZIONE PROGETTI