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Resoconto Generale Escursioni




   Ottobre 6, 2001 - sabato
     Monte Sant’Angelo a Tre Pizzi, m. 1444 (M. Lattari).
     Rosario, Pierino, Paoletto. [dia]
     Partenza da S. Maria del Castello (ore 8.35), utilizzando l’Alta Via dei Lattari 00. Primo tratto con
        soli 100 metri di dislivello fino alla Caserma Forestale. Alle spalle della suddetta, a differenza di
        quanto riportato sulla carta, si separano già i sentieri: 00 (per la Conocchia), 02 (per Agerola) e
        29 (per Positano).
       Comincia quindi la lunga salita che porta, usciti dal bosco di querce e cipressi, ad un balcone
       belvedere (leggermente fuori sentiero). Quindi si continua l’irta salita su una spalla che nasconde
       alla vista il vallone che apre alla Croce della Conocchia. Dopo un incrocio dubbio (i segni CAI
       puntavano a sinistra, il mio orientamento - risultato poi errato - consigliava a destra: trattasi
       dell’incrocio posto a q. 1050, ovviamente bisogna seguire i segni…) ed un acuto aggancio a gomito
       sulla cresta, si giunge finalmente al vallone di cui sopra e, soprattutto, al tratto più impegnativo
       dell’escursione. [n.b. Ho avuto l’impressione che da questo punto in poi il sentiero sia diverso da
       come rappresentato sulla carta: si imbocca la cresta (che più in basso prende il nome di Riva
       Erbatenera) e si punta decisamente ad est, non verso Croce della Conocchia, quanto piuttosto
       verso la cima segnata sulla carta q. 1314, per girare infine - raggiunta la vetta - verso nord e
       riallacciarsi allo 00 tracciato sulla carta. Mah!] Guadagnata la quota, resta la parte finale e poco
       difficoltosa del sentiero: incrociamo il bivio per il sentiero 50, che porta alla Chiesa di S. Michele e
       (ci è stato poi detto) anche ad una fonte perenne (15 min. ca.); ci affacciamo sulla testata di un
       valloncello che fa’ da valico tra il versante di Positano e quello di Pimonte (e viene battezzato
       Passo di Gustav Malher per la somiglianza di una roccia con il profilo del musicista, a detta di
       Pierino…); e affrontiamo infine l’ultima, breve ma erta, salita per guadagnare il Molare dopo 3.30
       h dalla partenza.
       Incontri interessanti durante l’ascesa: gechi, cornacchie, un rapace con una macchia bianca sotto
       le ali, un serpente bruno di circa 70 cm. Per il ritorno impieghiamo solo 1.55 h.



   Ottobre 8-9, 2001 – lun.-mar.
     Trentinara (Cilento).
     Prof. Barattolo, Antonio, Enrica del Vecchio.
     Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.



   Ottobre 13-14, 2001 – sab.-dom.
     Cappio con Cima delle Murelle, m. 2596 - Monte Acquaviva, m. 2737 – Monte Focalone, m. 2676
        (Massiccio della Majella).
     Rosario, Antonio & Francesca. [dia]
     Ottima due-giorni nel Parco Nazionale della Majella. Il sabato pomeriggio è impiegato per lo
        spostamento in auto, la serata per una buona cena nel Rifugio Pomilio (q. 1892) e per osservare lo
        stellato cielo abruzzese, la notte – infine – per un tormentato sonno.
       Domenica: partenza dal termine della provinciale della Majelletta alle ore 8.10. Dopo un’ora di
       cammino facile e sempre in splendida vista sui Valloni delle Tre Grotte e, dopo, di Selvaromana
       (ma non passando per la Blockhaus, né per M. Cavallo, né per la Tavola dei Briganti) giungiamo al

                                                      1
Fontanino di Grotta Celano con bell’acqua fresca ma stillicidiante e viriamo a sinistra a mezza
         costa. Attraversando un’intricata mugheta saliamo lentamente di quota e, mediate breve
         passaggio attrezzato, cambiamo versante lasciando i Pinus mugo ma guadagnando una magnifica
         visuale sulle Valle delle Murelle, che ci promette grand’impegno...
         Infatti arrivo senza fiato al sovrastante Anfiteatro delle Murelle, surreale. Continuando a salire,
         puntando verso est alla Cima delle Murelle, una meravigliosa sorpresa ci fa’ piombare nel mistero
         che fu di questi luoghi: su una roccia, piccola e piatta, ritroviamo alcune incisioni tra cui si
         distinuguono poche parole, che sembrano nomi (Pasqua), dei numeri e in tre croci in basso. Si
         tratta di un’incisione del periodo dei briganti! Ma solo una vista dall’alto, poco dopo, rivelerà la
         bellezza dell’Anfiteatro ad ogni livello: si legge chiaramente il circolo glaciale e gli accumuli
         morenici su cui si sono impiantati estesi ghiaioni, mentre alcune pietre sul fondale - che solo
         adesso appaiono allineate in circolo - denunciano la presenza (in età passate) di numerosi stazzi
         utilizzati, probabilmente, durante le transumanze. Risalendo inoltre scopriamo Rudiste di
         invidiabile bellezza. Agganciamo una delle creste (con direzione NO-SE) e cominciamo il tratto più
         impegnativo che ci porta in vetta alle 10.55 (m. 2596, Cima delle Murelle). Ottimo panorama a
         nord, segue disegno (vedi fig. 1). Alle undici e mezza lasciamo la nostra prima conquista perdendo
         quota in direzione SO e continuando a costeggiare il bell’Anfiteatro. Raggiungo, sempre con
         grande affanno, il valichetto tra l’Acquaviva e il Focalone, da cui viene anche avvistato il Matese,
         e puntiamo poi in direzione della seconda cima della Majella. Ci fanno compagnia cuscini di Sylene
         acaulis. Alle 12.40 siamo sul M. Acquaviva (m. 2737) per un amplissimo sguardo a 360° e per un
         meritatissimo panino.
         Dopo lunga pausa (alle 14.00) lasciamo la vetta e segniamo il passo anche sul M. Focalone (m.
         2676) che, osservato dal nostro punto di provenienza, è piuttosto un altopiano. Scendiamo ancora,
         stavolta in direzione nord, e possiamo osservare a sinistra la parte alta del Vallone dell’Orfento,
         più grande ma meno orrido di quelli incontrati in mattinata, che ha piccoli nevai in testa. Non
         seguiamo la cresta in maniera diretta ma deviamo ad est verso il Bivacco Fusco (m. 2455 – ore
         15.05) per un’ulteriore lunga sosta (oltre 50 min.) durante la quale lasciamo una firma ed
         assaggiamo del the preparato al momento da simpatici escursionisti di Francavilla al Mare. Alle
         16.25 chiudiamo il cappio doppiando il Fontanino e alle 17.20 siamo all’auto.
         Degno di nota è un punto (battezzato per l’occasione Imbocco della Nummulite) in cui è possibile
         osservare Nummuliti con oltre 5 cm di diametro. É lungo il primo tratto del percorso dopo un
         valico (Est-Ovest) che ospita un tombino e immediatamente dopo un segnale in legno per i sentieri
         che porta tre frecce.
         Incontri interessanti: gracchi a volontà (probabilmente anche un gracchio corallino) ma
         soprattutto la bellezza nuova e particolare del Pinus mugo.
         Siamo arrivati a casa solo alle 23.05, tra documenti smarriti, carabinieri e il traffico a Caserta.

                                        Corno Grande
    Sirente                                                       Centenario
                                                                                               Sibilla
                           Velino



    Fig. 1                                                                                               Montagne
                                                           Laga
                                                                                                         dei Fiori


   Novembre 4, 2001 – dom.
     Passeggiata a S. Liberatore, m. 466.
     -/-
     La bellezza e la pulizia di cielo del sabato e della domenica mi spingono a fare quattro passi,
       anche se brevi ed in solitaria, dopo pranzo. Dalla “Valle di San Liberatore” alla cima (35 min.)
       osservando rocce, arbusti e bei panorami. Attendo il tramonto affacciato sulla valle metelliana,
       giocando con la bruna penombra e i casali. Poi vado via: ne valeva la pena!



   Novembre 20, 2001 – mar.
     Roccadaspide
     Antonio, Enrica.
     Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.


                                                       2
   Novembre 21-22, 2001 – mer.-gio.
     Trentinara
     Antonio, Emilio.
     Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.



   Novembre 25, 2001 – dom.
     Passeggiata su Le Creste (anticima nord), m. 644 (Colline Salernitane)
     -/-
     In tarda mattinata ed in solitaria decido per una brevissima passeggiata. Da Varco della Foce
       (Cava-Pellezzano) mi sposto sulla crestina a prevalente direzione S-E per raggiungere in 20 min. la
       prima anticima nord de Le Creste (644 m.) passando sotto un boschetto misto di giovani castagni
       e ontani. Dal toppo osservo curioso il panorama poco familiare che si apre ad ovest e riconosco (da
       nord a sud) M. San Michele e gli adiacenti Mai, l’imponente Monna, il vicino gruppo del Monte
       Stella e, in un profilo geologicamente utilissimo, il M. Tobenna.



   Dicembre 2, 2001 – dom.
     Anello con Monte La Nuda, m. 1709 (Massiccio degli Alburni)
     Rosario e Francesco, Antonio & Francesca e i caini: Gianni De Fazio (capocordata), Mino, Antonio,
        Harling. [video]
     Prima escursione effettuata in pieno inverno, con le bellezze e le difficoltà caratteristiche della
        stagione.
        Partiamo alle ore 9.00 da Postiglione (q. 650) sotto un bosco a prevalenza di faggi giovani e
        querce, procedendo a zig-zag e salendo di quota. Dopo 45 minuti passiamo accanto alla Grotta di
        S. Elia (q. 867) e, poco dopo, ci raccordiamo alla base delle alte pareti del Colle Medoro. Lungo
        questa parte del tracciato incontriamo spesso stalattiti di ghiaccio e, ciò che desta più meraviglia,
        numerosi pinnacoli e guglie, strapiombanti su di noi. Alle ore 11.50 arriviamo al Valico dell’Arco
        (q. 1482) guadagnando la visuale finora nascosta e riuscendo a leggere nella cresta che continua a
        ovest e poi a sud la monoclinale del Massiccio. Approfittando della sosta mi reco, con Antonio, alla
        vicinissima cima del Guardiano della Nuda (come battezzata dal capocordata).
        Continuiamo per cresta con direzione prevalente est; a luoghi ci accompagnano il vento e bianchi
        lembi di nubi, che vediamo crearsi e disfarsi con estrema rapidità. Pochi metri sotto la vetta un
        valichetto accentuato, fungendo da corridoio per una corrente che batte sui nostri corpi sempre
        più forte, ci dona per la prima volta il magico aspetto degli alberi con la galaverna, mentre il
        vento strappa, a raffiche, cristalli di ghiaccio dai rami. Sono le 12.40 quando raggiungiamo la cima
        di Monte La Nuda (m. 1709), il termometro segna –2. Per consumare il pasto cerchiamo un riparo
        dall’implacabile vento gelido e dal tumulto delle candide nubi che, sempre più spesso,
        permettono al sole di riscaldarci.
        Dopo una sosta di oltre un’ora continuiamo l’anello spostandoci prima lungo la cresta principale e
        poi, dopo alcuni imbocchi ghiacciati - e quindi scartati - che ci hanno costretto a proseguire sulla
        principale più del voluto, lungo una crestina secondaria [ciò non mi è dato di sapere con
        precisione poiché eravamo tutti privi di carta topografica mentre il De Fazio (unico conoscitore
        della zona) non aveva fissato in precedenza un itinerario né illustrava il percorso, così come avrei
        preferito, in modo da potermi orientare]. Abbiamo, però, avuto in tal modo la possibilità di
        effettuare una serie di saliscendi che hanno offerto punti di vista ampi o raccolti, ma sempre
        estremamente suggestivi: panorami mozzafiato e ventosi sulle rupi verso nordest, tratti silenziosi
        sotto mature faggete dal suolo innevato, e doline - veri piccoli campi in quota - con una bellissima
        cornice di faggi ghiacciati dalla galaverna. L’ultima cima raggiunta (quindi la più orientale) prima
        del dietrofront ci permette di spaziare a 360° sulle restanti vette degli Alburni, sul percorso
        coperto, sulla costa tirrenica, sulla piana e la sottostante valle del Sele.
        Comincia così il lungo ritorno dapprima ancora su cresta, poi giù lungo una spalla del Monte
        Palermo (dalla quale abbiamo ammirato un poetico tramonto) e infine su comoda mulattiera che si
        inoltra lentamente nel bosco così come il meriggio si inoltrava nella sera e questa nella notte,
        tanto da farci accendere le torce. Abbiamo così concluso l’escursione praticamente in notturna
        alle ore 17.50, dopo un dislivello complessivo di circa 1250 metri.



   Dicembre 16, 2001 dom.

                                                     3
   Pendici del Monte Caruso (Parco Naturale Diecimare) – vetta mancata.
       Rosario. [dia]
       Il freddo intenso e la neve di questi giorni, effimera ma continua, mi avevano convinto nel tentare
        di ripetere un’escursione che fosse squisitamente invernale. Il tempo minaccioso ci ha prima
        trattenuti dall’andare nei Picentini, poi convinti a non sprecare, almeno, la mattinata. E siamo
        così andati al Parco di Diecimare.
        Dal Centro Visite del Parco (q. 425 ca. – da controllare) imbocchiamo il sentiero principale (ore
        11.30), quindi il sentiero Natura e poi il sentiero del Falco. Dopo 20 min. di cammino usciamo dal
        bosco (pini e cipressi rimpiantati) e poco dopo lasciamo la mulattiera segnata dal Parco, che
        probabilmente porta solo al varco con l’adiacente Forcella della Cava, e giriamo a sinistra verso
        Monte Caruso. La neve diventa più abbondante, in aria ed a terra.
        La cima - ormai completamente avvolta - ci sfugge alla vista, il vento cresce ad ogni minuto, il
        sentiero intrapreso non ha più neppure i segni rossi del CAI, la traccia diventa labile e l’ora tarda.
        A malincuore decidiamo di fare ritorno (ore 12.50) consapevoli che manca poco (ma non riusciamo
        a capire quanto poco) dalla vetta. In discesa il tempo peggiora: le raffiche di vento scagliano i
        piccoli fiocchi di neve sul volto e negli occhi e a volte ci fanno fermare. Quando siamo giunti di
        nuovo al Centro Visite (ore 13.30) scopriamo che anche lì la neve, assente prima, aveva
        cominciato ad accumularsi a terra...



   Dicembre 28, 2001 ven.
     Trentinara
     Antonio
     Per le note consultare il file “Pro-tesi a Trentinara”.



   Dicembre 30, 2001 dom.
     Anello sui Monti del Demanio (M. Lattari)
     Rosario & Francesco, Antonio, Pierino & Paoletto [dia]
     Anello concepito per approfondire la conoscenza dei sentieri che interessano la cresta tra Monte
        Finestra e l’Avvocata. È risultato molto più avventuroso del previsto!
        Nonostante il cielo completamente coperto, le previsioni che portavano pioggia e i dissensi
        familiari, ci rechiamo (ore 9.00) alla base del progettato itinerario (Corpo di Cava, q. 450 ca.):
        l’intenzione è quella di giungere sulla vetta sud del Finestra utilizzando il sentiero n. 6, quindi di
        tornare indietro con l’Alta Via e discendere con il n. 4. Imbocchiamo il sentiero n. 6 ma dopo
        pochi tornanti un casolare con recinti di maiali e cinghiali ci fa tornare sui nostri passi. Insicuri che
        la strada abbandonata fosse stata quella giusta, abbiamo seguito un chiaro sentiero con segni rossi
        che parte dal sottostante casone. Ben presto l’orientamento e lo sviluppo del percorso mi
        suggeriscono che siamo ridiscesi, in realtà, sul n. 4; e la conferma arriva poco dopo.
        Il sentiero è trascuratissimo: a tratti si perde tra le ginestre e gli arbusti mentre segni rossi nuovi
        sono pochi (più frequenti sono invece vecchi segni scoloriti); a questo si aggiunga il fatto che,
        essendoci ormai inoltrati nelle grigie e fitte nubi, la visibilità è scesa sotto i 25 metri e il tracciato
        è costantemente umido, quindi a rischio di pericolosi scivoloni... Le brutte condizioni di viaggio e
        il continuo smarrimento del sentiero spingono molti a ritenere più sicura l’Alta Via verso
        l’Avvocata piuttosto che verso M. Finestra; soprattutto ritenevo importante il fatto che con questa
        modifica al programma saremmo stati, sul tardi, su sentieri molto familiari e – soprattutto – non
        saremmo stati costretti a utilizzare per la discesa sentieri potenzialmente di uguale difficoltà,
        quali il 6 o il 4 all’inverso.
        Giungiamo in cresta laddove il n. 4 si aggancia sullo 00, e purtroppo siamo invece convinti di aver
        appena raggiunto la spalla Chianiello: quindi giriamo a destra, come da carta. Il sentiero
        letteralmente scompare... Controllata la bussola, mi accorgo che la direzione generale assunta è
        nord! Siamo in direzione M. Finestra! Bisogna tornare indietro! Il vento è più forte, i dubbi
        d’orientamento sono moltissimi, la bussola perde simbolicamente il vetrino di protezione ed io
        faccio un bel salto con scivolata in un rudere. Torniamo sui nostri passi e, fortunatamente, i
        “conti” tornano: ci rendiamo conto della nostra posizione, riconosciamo il sentiero 00 e
        decidiamo, infine, di attuare la predetta variante caldeggiata soprattutto dal sottoscritto
        capocordata, da Antonio e da Francesco.
        La tranquillità, in breve, torna nella truppa e in circa un’ora (anche con interessanti passaggi di
        discreta difficoltà) percorriamo la cresta per giungere all’incrocio triplo dell’Alta Via (Avvocata –
        Demanio – Badia). Sono le 12.10. Il pasto riscalda ancora di più il morale e così, dopo tre quarti


                                                        4
d’ora, prendiamo la via del ritorno verso Cappella Vecchia. Alle 15.20 siamo alla Badia e dopo 35
       minuti ritorniamo alle auto, un po’ lontane...



   Gennaio 5, 2002 sab.
     Monti Mai, m.1607 (Monti Picentini) – vetta mancata.
     Rosario, Pierino & Paoletto [video]
     Escursione bella e divertente, anche se incompleta.
       Da Capo Calvanico bisogna seguire le indicazioni per il Santuario di San Michele, continuando su
       strada asfaltata.
       Dopo pochi km, alla comparsa del segnale 16A, lasciamo l’auto (ore 8.55; in realtà sulla carta il
       sentiero coincide già con il precedente tratto asfaltato). Il forte vento ci accoglie nel vallone
       dell’Acqua Brecciarella. La mulattiera è comoda e ben segnata.
       Aggirato sulla sinistra un grosso spuntone roccioso (sulla cima del quale si apre un discreto
       panorama sul percorso coperto e su quello da coprire) assumiamo prevalente direzione est
       mantenendoci sulla destra orografica del bel Vallone del Faggeto: le chiazze di neve e le stalattiti
       di ghiaccio aumentano, e ben presto ci ritroviamo a camminare su oltre 1 metro di neve (!!!). A
       tratti incontriamo difficoltà d’orientamento solo perché la copertura nevosa cela il sentiero
       altrimenti evidentissimo. Ci sono tuttavia anche dei segni rossi che indicano tracciati non presenti
       sulla carta (uno di questi inaspettati incroci è, probabilmente, quello segnato a q. 1125 che vede a
       destra il 16A e a sinistra un sentiero che mena più direttamente a Tuppo dell’Uovo). Alle 10.35 ci
       concediamo una piccola pausa-cioccolatosa (15 min.) a quota 1260, in un zona di incrocio di
       sentieri (anch’essa apparentemente del tutto assente sulla carta dei Monti Picentini): ci troviamo
       in zona Scarfatella. Infatti poco dopo comincia l’ascesa che risulta un po’ più impegnativa, e
       quindi più lunga, del dovuto a causa dell’abbondante neve. In compenso il bosco innevato è
       bellissimo...
       Alle ore 11.35 raggiungiamo la cresta ed un vento, gelido ma atteso. Procediamo verso SSE, a volte
       spediti a volte lentamente dal momento che la cresta è spesso affilata e la neve spesso ghiacciata;
       la combinazione impone indiscutibilmente un’estrema cautela: uno scivolone lassù può risultare
       fatale. Con difficoltà sempre maggiore ci spingiamo fino a poco meno di 100 metri di dislivello
       dalla vetta, ma andare avanti è cosa proibitiva... Quindi (ore 12.35) decidiamo per il dietrofront
       e, appena trovato un luogo riparato ma con “vista”, facciamo colazione.
       La discesa è rapidissima: alle 13.50 siamo già alla Spalluccia del Cioccolato e alle 15.15 vicini
       alle auto.



   Gennaio 19, 2002 sab.
     Monte Finestra (cima sud) – vetta mancata.
     Rosario, Pierino & Paoletto.
     La maledizione della “Finestra da Sud” continua! Dopo il fallito tentativo di un mese fa,
       ritorniamo sulla cresta (a noi sì cara...) Avvocata-Finestra convinti che da lì sarà facile
       raggiungere Monte Finestra. Non avevamo fatto i conti con l’Alta Via...
       Partiamo alle ore 8.40 dalla Badia di Cava, utilizzando il neo-trovato sentiero 2, e continuiamo
       piuttosto lentamente poiché il sentiero non è d’immediata individuazione né curato. Alla fine
       infatti lo perdiamo (complice anche l’abbondante neve e le imprecisioni della carta – di cui dirò
       più tardi...) e siamo costretti a raggiungere l’ormai vicina cresta in direttissima, tra arbusti e
       tronchi abbattuti (!?) di giovani faggi. Sbuchiamo (11.10) nella parte alta dell’Aria del Grano, tra i
       montarozzi segnati 933 m. e 932 m.: il panorama è bello, ma molto più bello ed inatteso è
       l’incontro con sei cavalli pascolanti sulla cresta. La loro presenza rende più dolce l’ambiente e
       meno amara un’escursione che sarà senza cima... Per l’occasione il suddetto valico (quote
       932-933) viene battezzato Località Cavalli (n.b. probabilmente corrisponde al valico tra la fronte
       e il naso del famoso Profilo di Dante). Ci volgiamo verso nord e in 40 minuti ritroviamo il Casotto
       che si erge là dove dovrebbe arrivare il sentiero n. 2 e, adiacente, il valico dell’incrocio con il 4,
       ovvero il Rudere della Caduta (secondo nuovo toponimo della giornata!).
       E qui, come in un dejavù (ma senza la nebbia...), troviamo le stesse difficoltà del 30 dicembre: i
       segni ci sono, ma il sentiero praticamente non esiste! Continuiamo insistenti (soprattutto Rosario)
       verso nord ma la fatica è inconciliabile con l’orario (sono le 13.00) e le volontà: siamo quindi
       costretti ad un dietrofront che ci indispone. All’una e mezza siamo di nuovo ai Cavalli, per
       mangiare e godersi un po’ di pace dopo le arrabbiature dello 00 vecchio, non curato e quindi
       impraticabile.


                                                     5
Per la discesa ci proponiamo tre possibilità: continuare sull’Alta Via verso il bivio per l’Avvocata
       (facsimile del 30 dicembre...); inventarsi una strada verso la sottostante e visibile mulattiera per
       Cappella Vecchia; ritrovare il 2, che dovrebbe essere qui giù, a NE, da qualche parte... Scegliamo
       l’ultima busta e partiamo (ore 14.30). In effetti scendiamo seguendo prima le nostre impronte
       sulla neve e poi dei segnali rossi (ma come... il 2 sta qui?). Dopo poco capiamo tutto: il sentiero
       numero due non è come tracciato sulla carta, esso raggiunge la cresta molto prima mantenendosi
       quasi sempre parallelo alla crestina secondaria del Colonnello. Sulla carta invece il due raggiunge
       la cresta molto più avanti e a nordovest, presso il Casotto vicino al Rudere della Caduta. [p.s.
       altro errore della carta: tra la località Cavalli e il Rudere della Caduta lo 00 non procede affatto
       sul versante occidentale (né perde 150 metri di quota come segnato sulla carta dei sentieri!), ma
       si mantiene pressoché in cresta o sul lato cavese].
       La morale finale della giornata escursionistica – conclusasi alle 15.45 – è che il Cai riceverà ben
       presto una nostra visita e, soprattutto, le nostre lamentele!



   Gennaio 29, 2002 mar.
     Trentinara
     Antonio
     Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.



   Febbraio 17, 2002 dom.
     Anello sul Monte Maggiore
     Rosario, Antonio & Francesca, Pierino ed ”altri”. Comunque uno in più dell’immaginabile...
       [video]
     La più affollata escursione a cui abbia mai partecipato: di conseguenza, anche se l’ambiente era
       promettente, il risultato è stato pessimo. Non è esagerato ritenere che oltre un centinaio di
       persone abbia cinto e conquistato, in questo stesso giorno, le pendici e la vetta del M. Maggiore!
       Erano presenti tre sezioni Cai (Piedimonte, Caserta e Napoli) organizzate in una miriade di gruppi
       e gruppini che hanno attaccato il monte da diversi fronti, su sentieri diversi e con mete varie. Una
       biblica folla festante e curiosa di bimbi, presso uno dei santuari incontrati sul percorso, ha
       rappresentato la ciliegina sulla torta...
       Il sentiero parte sulla destra lungo la strada che da Rocchetta porta a Pietramelara, dopo aver
       valicato. La spedizione comincia (in ritardo) alle 10.00, attraversa subito un pianoro e sale di
       quota zigzagando nel bosco e accompagnata dalle solite stazioni di una Via Crucis (cominciamo
       quindi ad intuire che la prima parte del tracciato è una sorte di Avvocata). Dopo 40 minuti
       incontriamo la Cappella di Frade-Janne (q. 930), un primo panorama verso i settori NE e NO ed
       una folla degna dell’esodo d’ebraica memoria.
       Alle 11.00 ripartiamo in fila e, dopo un quarto d’ora decidiamo (anche con la speranza, rimasta
       delusa, di far “fluire” un po’ la maggior parte dei deportati) di deviare verso il Santuario del SS.
       Salvatore. Quivi Rosario, novello esploratore di terre mai raggiunte dall’Uomo Bianco, s’imbatte in
       divertiti autoctoni dalla giovane età. Lentissimamente torniamo indietro e solo alle 11.35 siamo di
       nuovo sul sentiero per la vetta (mi consola che lungo tale deviazione c’imbattiamo nel livello a
       Cladocoropsis). La salita è a velocità bassa e costante: alle 12.25 siamo all’anticima e - dopo
       ancora un quarto d’ora – in vetta.
       Il pasto dei numerosi caini è abbondante, duraturo e, purtroppo, produce anche un inatteso
       inquinamento... Sono le due quando lasciamo la cima e alle 15.20 siamo al punto di partenza: la
       folla si disperde tra le auto e lungo le strade. Torna il silenzio.



   Marzo 10, 2002 dom.
     Monte Cerreto, m.1316 (Monti Lattari)
     Rosario, Pierino & Paoletto [video]
     Combinando il sentiero 22 e l’Alta Via, realizziamo un’escursione di mezza giornata su una cima
       non ancora scalata dei nostri Monti.
       Alle 8.25 partiamo utilizzando il sentiero 22, segnato sulla carta ma non in campagna, che si
       presenta comunque abbastanza evidente. Incontriamo tagliaboschi iperattivi e raggiungiamo in
       un’ora il valico del Tuoro (q. 796) e quindi il segmento di cresta. Da qui, intenzionati ad usare la
       comoda Alta Via, puntiamo a SSW verso il chiaro Colle Calavricito: i segni rossi sono assenti (anche
       se erano comparsi al valico) ma la direzione è sacrosantamente giusta, come da carta. Dopo un
       po’ il cammino diventa più impegnativo e, per questo, più basso l’umore generale. Poi, aggirando

                                                    6
la Vena S. Marco, la nostra posizione diventa sempre più sicura; compaiono inoltre a destra alte e
       belle parete, e a sinistra bei scorci verso Tramonti e lungo il profilo Sant’Angelo-Finestra-Avvocata
       (S.A.F.A), in inusuale veduta riflessa.
       Mancano dieci minuti alle 10 quando raggiungiamo il valico e l’annessa casetta del Tuoro di
       Stellante (q. 880). Qui ricompaiono i segni bianco-rossi (‘u pittato, come suggerito dal
       tagliaboschi) e quindi puntiamo a SW ben determinati e ben indirizzati (grazie ai segni che ci
       accompagneranno fino alla fine) non prima di aver attraversato un delizioso tratto della cresta
       completamente invaso da crochi e che gli hanno reso il battesimo di Via dei Crochi. Il sentiero è
       sicuro, escursionisticamente interessante, paesaggisticamente gratificante e impegnativo nel
       finale; e alle undici in punto siamo in cima (M. Cerreto, m. 1316). La colazione è breve e il
       panorama è per lo più celato dalle nubi (compariranno a tratti il Vesuvio, Sant’Angelo a Tre Pizzi,
       l’Agro, il S.A.F.A.), così dopo mezz’ora lasciamo già la vetta.
       Giunti al Tuoro di Stellante riusciamo a seguire senza difficoltà i segni e comprendiamo, strada
       facendo, che la vera Alta Via passa costantemente a mezza costa (fianco SE dell’allineamento
       Vena S. Marco – Calavricito). Lo 00, quindi, utilizza non la cresta ma quel sentiero (tracciato sulla
       carta ma comunque mai evidenziato in rosso) che da Tuoro di Stellante mena a WNW, taglia in alto
       il Vallone Pietra Piana, scende fino ai 775 metri e si congiunge al Tuoro con netta direzione N-S.
       Tale valico ci rivede all’una meno un quarto e alle 13.25 siamo di nuovo all’auto.



   Aprile 27, 2002 sab.
     Monte Accellica, m. 1660 (Monti Picentini)
     Rosario & Francesco, Piero & Paolo [dia]
     Giornata destinata al dimenticatoio perché caratterizzata da una fitta nebbia che ha reso
        inesistente qualsiasi panorama.
       Si parte alle 8.45 pronti a percorrere un itinerario misto, ma già rodato, costituito dai sentieri
       11b, 11 e 4. Fino a Varco Colla Finestra (ore 10.00) l’escursione è semplice e, purtroppo, già avara
       d’interessi. Dal varco parte l’erta salita, sotto fitti faggi e - ben presto – anche sotto una sempre
       più fitta nebbia. Dopo mezz’ora ci dedichiamo una breve pausa (15 min.): ci troviamo a quota
       1260 (Ninni dell’Accellica) e il cammino è piuttosto impegnativo. Ripartiti, ci agganciamo subito al
       filo della cresta secondaria (la spalla d’ascesa) con netta direzione N-S, in un bosco a tratti fitto a
       tratti rado: il panorama è comunque assente. Alle 11.10 siamo in cresta e la domanda
       è:”Dobbiamo continuare?”. La via è sicura, ma il tempo è orribile; siamo immersi in una nube,
       quindi in un 100% d’umidità, e temiamo in un improvviso rovescio.
       Decidiamo di continuare e viriamo a est. Un forte vento australe, carico d’umidità, bagna e poi
       gela da destra: l’umidità nell’aria è così tanta che giù per i tronchi colano lavarelle d’acqua dalla
       portata mai vista! Nel finale della cresta due diversivi svegliano le sinapsi intorpidite dalle
       infiltrazioni: prima si perdono i segni rossi (ma la via è unica), poi Paoletto ci annuncia una vetta
       (senza alcun segnale da “vetta”...) che subito si scopre essere invece un’anticima (Anticima
       Paoletto, probabilmente il picco segnato con m. 1627). Il vero traguardo giunge poco dopo (M.
       Accellica, m. 1660); sono le 12.05. Purtroppo null’altro, se non la vetta, è possibile vedere da
       lassù e dopo solo 10 minuti siamo già di ritorno.
       Mancano 10 minuti all’una quando lasciamo la cresta e alle 13.25 siamo di nuovo al Valico Colla
       Finestra. La sterrata finale è lunga e noiosa come non mai, vivificata soltanto dal puzzo delle
       flatulenze di cinque vacche che sospingeremo per un bel po’. Alle 14.35 rientriamo - infreddoliti e
       umidicci - nell’auto: lì consumeremo sciapi panini...



   Maggio 18, 2002 sab.
     Monte Polveracchio, m. 1790 (Monti Picentini) – vetta mancata.
     Rosario, Piero & Paolo [dia]
     Il progetto, rivelatosi anche più ambizioso del previsto, prevedeva l’uso dei sentieri 7-b e 7-a per
       raggiungere la vetta. L’attacco del sentiero è raggiungibile da Acerno svoltando a destra nella
       piazza principale (provenendo da Montecorvino) e quindi subito a sinistra: la strada, che mena a
       Campagna, è molto dissestata e dopo circa 15 minuti, terminato l’asfalto, abbiamo convenuto di
       fermare l’auto per proseguire a
       piedi. Eravamo a circa 700 m.                  altri segni         Acerno
       s.l.m.                                         7a
       L’escursione comincia, in ritardo                                                            sentiero
       rispetto al previsto, alle ore 9.40
       continuando la suddetta strada                                  7a                           sterrata

                                                           N
                                                       7

                                              Fig. 2
                                                                       7b
per Campagna, ormai divenuta sterrata. Poco dopo, in un acceso tornante a destra, troviamo uno
       (ed unico sarà…) segnale rosso su tronco: abbiamo incrociato il sentiero 7-b. Lasciamo la strada e
       scendiamo a sinistra. I segni si dimostrano appunto limitati a quell’unico visibile lungo la strada;
       noi continuiamo con sicurezza – bussola e carta alla mano – nella direzione riportata sulla carta dei
       sentieri, ma ciononostante non esistono segni rossi. Attraversiamo uno slargo-stazzo e siamo
       prossimi al fiumiciattolo del Vallone Puzunito, che attraversiamo poco più avanti dopo aver
       intravisto un animale a pelo lungo di piccola taglia scomparire nel bosco (una faina?).
       Raggiungiamo, tutt’insieme, una sterrata, una baracca e un mandriano; che ci indirizza verso la
       direzione giusta. Seguendo la sterrata troviamo i segni 7-a e, poco dopo, un’atroce zona d’incrocio
       di sterrate (circoletto in fig. 2) con annesso tombino: probabilmente era questo, un tempo,
       l’immacolato punto d’incrocio tra il 7-a e il 7-bprosieguo Sentiero Italia (q. 907).
       Sono le 10.35 e, più o meno sicuri su dove ci troviamo, giriamo a est cominciando la lunga risalita
       del versante più occidentale del Polveracchio. L’ambiente è molto affascinante, e bellissimo è a
       tratti il bosco di faggi, ma il dislivello è notevole. Alla mezza siamo a quota 1460 circa, in
       corrispondenza di un valico di una delle spalle settentrionali della dorsale. I segni, in realtà
       abbastanza presenti sinora, scompaiono: ci dirigiamo comunque a sud, come da carta, e li
       ritroviamo infatti poco più su.
       Alle 12.50 siamo finalmente, abbastanza stanchi, all’attacco della cresta (che si trova a q. 1500,
       non 1527 come sulla carta: probabilmente il percorso effettuato non è lo stesso tracciato sulla
       carta) da cui parte anche il 7-c (e non dal precedente valichetto: altro errore della mappa). Un
       quarto d’ora di pausa, dedicato soprattutto all’Albero della Facile Arrampicata, e poi via verso
       est. L’ampia e luminosa cresta ovest ci dona bei panorami e stancanti saliscendi (più sali che
       scendi). Purtroppo giunti a q. 1620 i segni si annullano, lasciandoci in vista della vicina vetta ma
       non intenzionati a girare a zonzo per conquistarla: il rischio è quello di rallentamenti a causa delle
       numerose macchie boscose, di incappare in punti che costringano al dietrofront e, infine ma
       primo, di perdere troppo tempo nel tentativo di trovare la strada giusta o, altrimenti, di scegliere
       la migliore ad essa alternativa. L’orario (14.15) ci fa decidere e, subito, accomodare
       sull’accomodante prato assolato che vedrà solo per pochi minuti i nostri agognati panini.
       Esattamente un’ora dopo lasciamo la pseudo-meta. Alle quattro lasciamo anche la cresta e alle
       17.15 rivediamo la zona-incroci-tombino (fig. 2). Invece di utilizzare la “via vecchia” (7-b verso
       SSE), fraintendendo le indicazioni date dal mandriano sette ore prima, proviamo la sterrata verso
       W con l’idea che ci porti prima all’auto. In realtà ci allontaniamo vistosamente ed inutilmente
       verso NW: quindi dietrofront! Il tombino ci rivede per la terza volta (manca poco alle diciotto).
       Proviamo a seguire i segni rossi 7-b (“In un modo o in un altro porteranno alla strada della
       mattina! Rivedremo quell’unico segno! O no?”), ma altre nuove sterrate ci disorientano tanto da
       farci fare l’ennesimo dietrofront. La parte finale (attraversamento fiumiciattolo, stazzo-vacche,
       sentierino NE-SW come-da-mappa-ma-senza-segnali) sarà tutta affidata alle nostre quattro menti
       e alle loro capacità di memoria, e sarà arricchita dalla palpabile tensione del Piero preoccupato
       per l’oscurità che calava. Ma questo è un film a lieto fine: l’auto ci rivedrà alle 18.55.



   Maggio 26, 2002 dom.
     Cappio con Monte Tartaro, m. 2192 - Monte Meta, m. 2242 (Parco Nazionale D’Abruzzo – Lazio -
       Molise)
     Antonio & Francesca, Bruno Perillo, Mimmo, Paolo Lipu e due coppie [dia]
     Escursione di indubbia ricchezza che a causa del tempo inclemente (nonostante le previsioni
       fossero state positive) è infine risultata meno interessante di quanto potesse essere.
       La giornata comincia alle 5.15, sveglia necessaria per essere a Prato di Mezzo (q. 1420 - Picinisco)
       e partire alle 9.30. Purtroppo fin dall’inizio (e in effetti già si intuiva dalla strada) siamo immersi
       nelle nubi tanto che il paesaggio circostante è del tutto assente. S’intuisce che il bosco viene
       subito lasciato, ma gli ampi panorami di cui dovremmo di conseguenza godere ci sono proibiti!
       Alle 10.45, dopo aver lasciato alle spalle un bell’esemplare di Ellipsactinia, siamo al bivio N1-N3 e
       alle porte di un grazioso pianoro (finalmente si vede qualcosa…) ricco di Genzianelle. I segni qui si
       perdono un po’: seguiamo la direzione N – NW e alcuni ometti, superiamo strettamente a destra la
       Torretta Paradiso e giungiamo in vista (per lo più assente) della Val Canneto. L’escursione
       continua a mezza costa e registra interessantissimi incontri con i camosci e un’impennata di quota
       solo in corrispondenza di uno Stazzo delle Bombole, presso il quale bisogna tenersi molto più a
       destra di quanto suggerisca un evidente sentiero che (testimonianza di Antonio) non mena al
       valico di nostro interesse.
       Raggiungiamo tale valico, e quindi la cresta, all’una: finalmente riusciamo a vedere gli ampi e
       promessi panorami, che ci accompagneranno a singhiozzi, ma sempre e solo sul lato sinistro della
       cresta, ovvero internamente al Parco: riusciremo a leggere la tipica forma delle valle glaciali,

                                                      8
accumuli morenici, lo Jamiccio, il lago di Barrea in lontananza, lingue di neve invernale sotto di
       noi, ecc…
       Dopo solo 25 minuti siamo sulla prima vetta (M. Tartaro, m. 2191) su cui riposiamo e mangiamo.
       Alle 13.55 continuiamo la traversata per cresta con altri camosci e incontrando anche la Primula
       Orecchia d’Orso, pianta dall’areale piuttosto ristretto. Il tempo peggiora e pioggia e vento ci
       accompagnano in cima al M. Meta (q. 2242, ore 15.00) che ci trattiene per un’altra ora circa. Per
       il rientro, quindi, puntiamo a Passo Monaci, in corrispondenza del quale pioggia e grandine ci
       inzuppano per benino. Orami sono pronto a tutto!
       Chiudiamo rapidamente il cappio e alle 18.10 siamo alle auto, tutto sommato soddisfatti, ma con
       la sensazione di non aver fatto tutto, lungo il sentiero…



   Giugno 2, 2002 dom.
     Cappio con Serra del Campitello, m. 2026 – Monte della Corte, m. 2182 (Parco Nazionale
       D’Abruzzo – Lazio - Molise)
     Rosario, Antonio & Francesca, Aldo Colleoni, Mino sbarbato, due giovani di Piedimonte, alcuni
       caini di Cassino [dia]
     La trasferta comincia la sera prima, ospitati in Casa Giordano.
       Il percorso ha impiegato diversi sentieri del Parco (tutti A e Y), con partenza dalla Valle di Prato
       Rosso, vicinissima a Pescasseroli. Alle 8.40 lasciamo alle spalle le auto, poco dopo la fontana e il
       cartello del Parco, a quota 1300 circa. Dopo quaranta minuti di bosco e radurette, passiamo per il
       nodo del cappio (lo Stazzo, incrocio A6-A1) e proseguiamo diritti (A1) per giungere all’incrocio del
       Rifugio (chiuso) di Prato Rosso: delle tre strade che si parano avanti (A2, A4, A5) prendiamo quella
       centrale e continuiamo sotto un bosco sempre fitto e maturo.
       Alle 10 sbuchiamo sull’alta valle di Prato Rosso che, poco più avanti, si mostrerà chiaramente con
       la sua origine glaciale. Il sentiero ci porta sul lato sinistro della valle, guadagniamo quota e ci
       agganciamo alla crestina (in effetti già Serra del Campitello) che continueremo in direzione sud.
       È passato solo un quarto d’ora quando siamo sulla nostra prima cima (Serra del Campitello, m.
       2026); ma continuiamo senza sosta, mantenendo la direzione. Superiamo la testata della valle,
       che lasciamo a destra, e si apre ai nostri occhi una seconda valletta (sì cara all’Antonio, tanto da
       determinare il battesimo Conca Giordano) ampia e serena, dal colore verde piacevolmente
       passante - più in alto - al bianco calcareo; al centro della stessa un casolare in pietra aiuta
       nell’intuire le proporzioni. Alle 11.50 ci concediamo una pausa-colazione, sempre in vista della
       suddetta Conca e, purtroppo, anche di numerosi figuri che raccolgono illegalmente (siamo in un
       Parco!) gli orapi.
       Ripreso il cammino, seguiamo sempre l’allineamento di cime e cimette della nostra cresta, la
       quale congiunge il Campitello con La Corte e borda a est e a sud la Conca Giordano, per arrivare
       infine sulla seconda vetta (Monte della Corte, m. 2182 – ore 12.55) dopo una intensa erta finale
       che da una parte invita (il sottoscritto, tra gli altri…)a risparmiar fiato e dall’altra incita
       all’impresa personale! (Rosario).
       Il tempo che minaccia inclemenza ci suggerisce una pausa pranzo piuttosto breve, solo trenta
       minuti, dopo i quali lasciamo la vetta scendendo per un diverso versante (più ad ovest) con cui, in
       pratica, circuiamo la neonata Conca. Tale versante inoltre ci dona la vista di bei prati
       ricchissimamente colorati del blu elettrico delle Genzianelle, del viola e del giallo delle Viole, del
       rosa intenso della Silene acaulis, che a cuscinetti sbuca sul verde brillante dell’erbette, e – infine
       – del prezioso giallo dalla Primula Orecchia d’Orso.
       Rientriamo nel bosco della Val di Corte e comincia un lungo e stancante tratto sul greto del fiume,
       su cui è impiantato il sentiero (A 6). Ben presto osserviamo sulla destra la rialzata Fonte
       Schiappito e, solo molto più tardi (alle 15.15), chiudiamo il cappio in località Stazzo.
       Alle quattro in punto siamo alle auto, con una leggera pioggerellina che a tratti aveva cominciato
       ad accompagnarci. La pioggia, forte e abbondante, arriverà solo più tardi, quand’ormai si era già
       al sicuro. Fortunatamente!



   Giugno 23, 2002 dom.
     Vallone Pinzarrino (Monti Picentini)
     Rosario, Antonio, Alessandro.
     Brevissima passeggiata in occasione del genetliaco dell’Alessandro.
       Il punto di partenza si raggiunge da Acerno seguendo le indicazioni per Piana del Gaudo e
       guadagnando subito il greto del fiume all’altezza del tornante che piega a destra (sentiero 14A).
       Seguiamo l’alveo asciutto, meravigliati per l’abbondante mondezza inattesa, che culmina con una

                                                     9
carcassa d’auto nel bel mezzo del corso fluviale (ancora asciutto). Il rottame ha, almeno, segnato
        la fine dell’area soggetta all’inquinamento umano. Infatti a monte il greto è pulito e piacevole.
        Ci attenderebbe una svolta a sinistra, seguendo un rio tributario, che purtroppo non si paleserà
        mai ai nostri occhi. Continuiamo così il ramo principale che porta alla Fiumara Tànnera: le pareti
        della valle si accostano e diventano ripide, l’acqua compare prima in pozze poi fluente e
        abbondante, la fauna (a testimonianza della purezza delle acque) brulica di insettini protetti da
        un involucro, uova di anfibi, vermi probabilmente nematodi e infine (e all’apice della piramide
        alimentare, eccetto l’uomo) di numerose ed enormi trote fario. Quest’ultime sinuose s’adagiano in
        una pozza profonda e buia, serrata tra lisciate e scivolose pareti, posta sotto una cascatella. Il
        bagno completo rappresenterebbe l’unica possibilità di prosecuzione.
        Ma non siamo d’accordo. E così si impone il dietrofront, tra l’altro suggerito anche dall’orario, che
        ci porta (fatta eccezione per un blando tentativo di scovare il sentiero CAI) univocamente all’auto.
        Un tortino festeggerà il festeggiato, poi: ciao-ciao.



   Agosto 1-8, 2002 – gio./gio.
     Gruppo dei Monti Sibillini (Appennino umbro-marchigiano).
     Antonio & Francesca, Alex, Pietro e altri caini delle sezioni di Piedimonte Matese, Napoli, Caserta
       [poche fotografie]
     Bella e remunerativa settimana trascorsa nel cuore dei Monti della Sibilla, rifugiati nel comodo
       Centro Escursionistico Giovanile di Castelluccio di Norcia (q. 1452), ottimamente gestito da Enzo
       Cori, presidente della sezione Cai di Spoleto.
       Il Pian Grande di Castelluccio, circondato da vette e valli, è stato il suggestivo contesto che ci ha
       ospitati.
        Giovedì 1° agosto. Arrivo e notturna.
            Siamo in sei: io, Antonio & Francesca, Alex, Pietro Delle Piane e Sergio il Vomerese. All’arrivo
            in Castelluccio il primo parere è stato di un paese per metà vecchio e per metà nuovo,
            diroccato e restaurato, turistico eppure destinato a sparire. La settimana che qui
            trascorreremo in effetti mi darà ragione…
            In serata mangiamo la pizza di patate e le melanzane della mamma e ospitiamo Ilaria, girl-
            scout agesci, che gira per l’Umbria chiedendo ospitalità e offrendo aiuto in casa (è la sua
            missione). L’indomani mattina scopriremo che è iscritta a Scienze Naturali a Napoli e che è
            una delle prossime erasmine in terra rumena. Morale: ci siamo già incontrati nello studio del
            Prof! Quando si dice che il mondo è piccolo…
            Breve escursione in notturna (eccetto il sottoscritto e il collega paleontologo, impegnati a
            preparasi geologicamente per il giorno successivo) verso Poggio di Croce, q. 1833.
        Venerdì 2 agosto. Circuito dei Monti Bove (m. 2112 e m. 2169) e Monte Bicco (m. 2052).
            Partenza dall’Hotel Felicita in Pian dell’Arco (Frontignano). Utilizzando il sentiero n.15 e
            attraversando un bosco ricchissimo di funghi (le “vesce” e un Phallus impudicus) raggiungiamo
            la Val di Bove e, dopo la fonte a quota 1597, viriamo a sinistra. Per tutto l’itinerario
            seguiremo la classica serie umbro-marchigiana (serie U-M) con il Calare Massiccio (cima del
            Bicco), le Marne a Posidonia (cima del Bove Nord) e i Calcari Diasprigni, la Maiolica (cima del
            Bove Sud e cresta tra i due Bove). Probabilmente è anche presente la Formazione de Calcari a
            Saccocoma ed aptici (eteropica ai Calcari Diasprigni) dal momento che più volte sono stati
            ritrovati aptici interi o frammentati in sedimenti quasi totalmente calcarei (gli aptici che
            vedremo nei calcari marnosi rossi dell’Acquasanta appartengono al Bugarone e quindi non sono
            coevi). È stato anche raccolto un campione purtroppo tuttora disperso.
            Raggiungiamo la Croce di Monte Bove (q. 1905) e, con direzione netta est e un bel po’ di
            fatica, il M. Bove Nord (q. 2112) da cui si riconosce la continuità – tipica dei Sibillini – di vette
            in successione collegate da creste; in questo caso: M. Rotondo, Pizzo Tre Vescovi, Pizzo Berro
            e, più lontano, la Priora. Continuiamo il circuito che borda la chiara valle glaciale dell’attuale
            Val di Bove, con bellissimi panorami su Val Panìco e Val di Tenna, e raggiungiamo il top di M.
            Bove Sud (q. 2169) dal quale lo sguardo può seguire un altro allineamento (la Sibilla, Cima
            Vallelunga, M. Porche) mentre lontano s’intravede la coppia Vettore-Redentore. Pausa
            colazione dopo aver coperto, all’incirca, 1000 metri di dislivello. Ultima cima della giornata
            sarà Monte Bicco (m. 2052).
            Il rientro avverrà su due strade: alcuni (io, Antonio, Alex) tornano indietro e usano un
            canalone su cui è sorto un impianto di risalita e che porta direttamente al punto di partenza,
            gli altri superano il Bicco e si ricollegano alla Val di Bove.
            In serata ci sarà una confusa cena alla taverna-reception e l’arrivo di Bruno Cherillo e Aldo
            Geront-Lover.


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   Sabato 3 agosto. Escursione geo-paleontologica in Valle Acquasanta [altri: cresta Sibilla-
    Vallelunga-Porche].
    Il gruppo si divide in due: mentre la maggior parte compie un’impegnativa e lunga traversata
    d’andata e ritorno con cui si toccheranno le cime Sibilla, Vallelunga e M. Porche, i
    paleontologi Luca e Antonio, consultate le mappe, si recano a Bolognola con l’intento duplice
    di soddisfare il Prof Barattolo e le proprie seti d’ammoniti.
    Percorrendo il sentiero 35 cogliamo il primo obiettivo e, in più, riceviamo in regalo la visione
    di bellezze geologiche-naturalistiche quasi uniche. Il sentiero in questione attraversa la serie
    U-M nella porzione dei Calcari a Posidonia (di cui forse osserviamo qualche esemplare
    frammentato), della Maiolica (l’oggetto della nostra ricerca), delle Marne a Fucoidi
    (abbondanti e facilmente riconoscibili) e della Scaglia Rossa (che compare alla fine e
    osserviamo da lontano). Raccolti sette campioni di Maiolica ad altezze stratigrafiche diverse, e
    continuando a salire la serie, ci ritroviamo nelle Marne a Fucoidi piegate e fagliate: qui
    l’entusiasmo è unico! Mesopieghe a iosa sul nostro versante e su quello opposto confondono le
    nostre menti abituate ad una geologia non plastica; spesso il nucleo è eroso (forse perché ivi
    la roccia, per le tensioni deformative, è sbrecciata in scaglie minute) e vi si impostano piccole
    cavità naturali molto suggestive; altrettanto spesso le ali delle pieghe sono asimmetriche e il
    lato più corto è bruscamente raccordato a quello lungo successivo mediante superfici che
    paiono di faglia. Ben presto all’esaltazione tettonica si aggiunge quella naturalistica con
    l’arrivo, dall’alto, di un gran numero di rivoli, impegnati a trovare la propria strada verso il
    basso oppure a scavarsela. In fondo al tratto percorribile del sentiero, una cascatella cade da
    oltre 25 metri d’altezza mentre, poco dietro, il rio dell’Acquasanta salta giù da una chiusa che
    dell’ultima e più bella parte della valle fluviale lo sguardo esclude.
    Lì procedere costa cautela (per il pericolo di caduta rocce) e infrazioni (dal momento che un
    divieto d’accesso proibisce all’escursionista quel cuore della Valle). Sfacciato e armato di
    coraggio mi isso sulla sgangherata scalaccia di ferro arrugginito che si arrampica sulla parete
    verticale della chiusa. In cima gli ultimi due metri sono da percorrere sulle grate inclinate ed
    invase dalle alghe, su cui scorre l’acqua. Scivolare è una verità fisica, almeno per me che non
    accompagno l’Antonio in quell’ultima conquista.
    Fu così, tra l’altro, che ho capito quanto l’arrampicata non appartenga alla mia natura.
    Soddisfatti da quel piccolo paradiso nascosto, torniamo indietro sui nostri passi per il secondo
    intento: le ammoniti del Bugarone. L’affioramento si slarga intorno al chilometro 19 della
    strada che da Bolognola mena a Piastra. Le promesse vengono mantenute, ma non per tutti.
    Fu così, tra l’altro, che l’Antonio portò a casa un’elegante ammonite da esposizione mentre il
    sottoscritto raccolse brandelli d’aptici e frammenti vari, attualmente in corso di studio.
    In serata al rifugio si crea un super gruppone per l’arrivo degli ospiti Mauro e Graziella da
    Fabriano (si fermeranno solo fino alla sera successiva) e di una consistente fetta dei caini
    previsti, con Geppino, Gabriella, Cignola, Lina, Luisa, Paola Sindachessa. Cena sociale senza
    l’Alex, dormiente catalettico.
   Domenica 4 agosto. Circuito con M. Patino (m. 1883) e M. Lieto (m. 1944) [altri: Grotte di
    Frasassi]
    Giornata mista: il terzetto Alex-Bruno-Aldo si dirige a Frasassi; la coppia Paola-Graziella va
    verso le medesime grotte, ma per altre strade; il gruppone infine (a cui si aggiungono per la
    giornata gli amici Loredana e Paolo) si incammina verso le cime a nord ovest del Piano, con
    partenza da Castelluccio.
    Coprendo il sentiero 19 A ci rifocilliamo di lamponi, fragole e more, attraversiamo Coste le
    Prata e poi – lasciandolo - giungiamo senza toccar cime ai piedi del Monte delle Rose, affollato
    di recinti per ovini. La comitiva, eccetto due defaillances, giunge a Forca di Giuda tramite il
    Sentiero Italia e, con il n. 21, al M. Patino (m. 1833). Ritorniamo sui nostri passi, aggiriamo il
    M. delle Rose e tocchiamo il valico (q. 1683) tra Valle Canàtra e Valle di Rapegna,
    quest’ultima risulterà molto bella per la ricca vegetazione e le aspre rocce della testa. La
    seconda cima viene conquistata “alla larga” usando la mulattiera a mezza costa che punta a
    nord e virando, poi, a sud-est da quota 1843 sul sentiero 22 A. Sulla vetta (ore 14.00 - M.
    Lieto, m. 1944) ci rifocilliamo. La discesa è rapida, prima continuando sul 22 A poi scendendo
    giù a capofitto dal valico verso il Vallone Canàtra, nel quale assisteremo alla scena piuttosto
    insolita di una capra che ha appena partorito, come segnalato dal cordone ombelicale ancora
    attaccato, col piccolo traballante sulle zampe.
    Al ritorno a Castelluccio troviamo gli ultimi arrivi del Cai di Piedimonte: Concetta, Domenico,
    Pino, Tonino.
   Lunedì 5 agosto. Monte Redentore, m. 2448 [altri, in aggiunta: Vettore e lago di Pilato]
    Primi saluti: Aldo e Bruno. Quasi al completo, la compagnia si reca sul gruppo Vettore-
    Redentore con partenza sfalsata a causa della disponibilità dei bagni… I “giovani” partono alle


                                             11
8.00 da Forca di Presta (sentiero n. 1), ma il gap tra le due spedizioni si azzera già al rifugio
            Zizioli che sarà quindi usato come punto di riferimento per tutta l’escursione. Da qui infatti
            (q. 2233) partiranno tutte le possibili combinazioni della giornata: alcuni (come il sottoscritto)
            scaleranno solo la bellissima cima del Redentore, altri solo quella del Vettore, altri ancora
            segneranno prima l’una poi l’altra.
            La cresta (con Punta di Prato Pulito, m. 2373, e Cima del Lago, m.2422) che dallo Zizioli
            porta al Redentore è probabilmente la più bella mai incontrata in tutte le mie passeggiate in
            montagna: si offre intera - in tutta la sua lunghezza - agli occhi, aerea e affilata, col Pian
            Grande aperto e solarissimo da un lato ed il Vettore col laghetto di Pilato dall’altro. Sulla
            cima (Cima del Redentore, m. 2448) il panorama è mozzafiato ed impone un silenzio quasi
            sacro, che suggerisce la solitudine prima ancora del rispetto per questi luoghi e per la Natura.
            Così me ne torno da solo, circondato da saettanti fringuelli (?) e nobili Stelle alpine,
            apprezzando a pieno gli sfuggenti orizzonti riempiti dai restanti Sibillini, dal Corno Grande e
            dalla Montagna dei Fiori, dalla Laga.
            Ritrovatici di nuovo allo Zizioli, e consumati un sempre-sorprendente-pranzo-cai, ci
            ridividiamo in due: il grosso scende al lago e, valicando Forca Viola, sarà poi recuperato a
            Fonte San Lorenzo, i restanti (io, Antonio, Alex, Concetta e Tonino) ricalcano la via
            dell’andata, tempestata da accese raffiche di vento stranamente assente sulle creste.
            In serata la cena dall’Erborista sarà un po’ deludente…
           Martedì 6 agosto. Escursione cittadina a Spoleto e Cascia [altri: Pizzo Tre Vescovi e Valle
            Acquasanta]
            Mentre tutti partecipano all’escursione su Pizzo Tre Vescovi e Valle Acquasanta (soluzione di
            ripiego al posto di un Pizzo Berro – Priora proibitiva a causa del forte vento) una piccola
            spedizione (io, Antonio, Alex e Concetta) si concede una gita turistica a Spoleto, così
            accompagniamo Sergio alla stazione, e al santuario di Santa Rita a Cascia.
            La cena ci vedrà di nuovo, e per l’ultima volta, tutti insieme al tavolo del rifugio.
           Mercoledì 7 agosto. [altri: Gole dell’Infernaccio]
            Il programma della giornata prevedeva la risalita del Vallone del Garrafo, nei Monti della Laga.
            Purtroppo, giunti sul luogo, uno scivolone brusco e rischioso e l’acqua alta e torbida, a causa
            delle piogge della notte, ci vietano di proseguire.
            E così, salutato il terzetto Domenico – Pino – Tonino, la comitiva si sposta all’Infernaccio (e, a
            sentire i racconti, si consola molto bene…) tranne i capi Luca e Antonio costretti al rientro per
            l’arrivo di Enzo Cori. Mi darà molta dolcezza i giochi di luce del pomeriggio e la passeggiata in
            solitaria nel mezzo del Pian Grande.
           Giovedì 8 agosto. [altri: Argentella e Palazzo Borghese]
            La mezza giornata a disposizione, piuttosto che impiegarla per l’escursione in calendario, la
            giochiamo – io e il Sandro – con una passeggiata e un po’ di shopping a Norcia.
            Un saluto a tutti, arrivederci alla prossima!



   Settembre 29, 2002 - dom.
     Trentinara
     Antonio.
     Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.



   Ottobre 25-28, 2002 - ven./lun.
     Villaggio Pino Grande (Sila Grande)
     Antonio, Fabio Villani e Daniela Buonocore [foto]
     Fine settimana (un po’ allargato) nella cara Sila, ospiti di Casa Giordano. L’iniziale gruppo,
        numerosissimo, si è ridotto a solo quattro unità. La presenza di Fabio è stata preziosa per le
        conoscenze sulla geologia della Calabria; a tale proposito consultare il file “Sila-Calabria e due
        modelli di subduzione”.
         Venerdì 25 ottobre.
           Arrivo in serata. Chiacchiere e progetti per il giorno dopo e per i successivi, mentre si
           consumano cibi cotti da casa.
         Sabato 26 ottobre. Sentiero numero 4.
           Escursione negli affascinanti boschi della Fossiata e di Gallopane: il percorso ci terrà occupati
           per tutta la giornata.
           Il primo tratto, in salita, presenta pini mediamente più piccoli, successivamente però il bosco
           diventa più maturo e ricchissimo di angoli mirabili. Pini larici (Pinus nigra, sottospecie laricio),

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faggi, abeti bianchi e pochi tassi sono le specie arboree incontrate che, grazie alla stagione,
            colorano il bosco e il sottobosco d’una varietà di tinte dal verde scuro, al verde intenso e al
            chiaro, dal bruno al marrone e al giallo. Ben presto compaiono anche i funghi, che in serata
            saranno cucinati e mangiati con grande soddisfazione. Si tratta soprattutto di Hydnum
            repandum (noto anche come steccherino), d’immediato riconoscimento grazie all’imenoforo
            ad aghetti, di qualche Lycoperdon sp. (conosciuto in Calabria come vescia, ma noto anche
            come Pirito di Lupo o Loffa) e di un unico Lactarius deliciousus, volgarmente chiamato rosito,
            che si differenzia dall’altrettanto commestibile Russula perché le lamelle di quest’ultimo sono
            bianche mentre nel rosito sono giallastre. Anche la vescia è di facile riconoscimento: il corpo
            (il carpoforo) è bianco, subsferico e di consistenza elastica prima (quando può essere raccolto
            e consumato) e diventa bruno e pulvurulento alla maturità, quando libera con uno sbuffo le
            spore, se viene calpestato.
            All’itinerario previsto sulla carta abbiamo aggiunto una breve deviazione con cui è stato
            raggiunto il Cozzo Pupàtolo: la deviazione si prende nel tratto più a nord del sentiero
            proseguendo sulla sterrata, al posto di lasciarla girando a destra in direzione Col del Lupo.
            L’escursione si è conclusa con un secondo, più breve, allontanamento dal tracciato (a destra,
            lungo un rio secondario della Valle della Fossiata, in cui è stata avvistata la trota fario) alla
            ricerca infruttuosa dei Giganti del Parco, e con il ritorno ad anello sulla statale 282.
            In serata ci aspetta un’ottima cena preparata dalla Daniela ed un dopocena a base di
            Lovecraft.
           Domenica 27 ottobre. Longobucco.
            Giornata alternativa. La mattinata è dedicata al tennis, il pomeriggio invece alla geologia (con
            buona pazienza di Daniela).
            Dopo pranzo, infatti, raggiungiamo la città di Longobucco allo scopo di ritrovare ammoniti e
            brachiopodi. L’affioramento d’interesse è lungo la strada che da Longobucco porta a
            Cropalati, dopo l’incrocio (solitamente non segnato sulle carte) per l’Ortiano ma prima di
            quello per Puntadura, sulla sinistra. Entrambi i taxa fossili sono stati ritrovati ma, in entrambi
            i casi, non è stato possibile prelevare campioni. Una sintesi dei discorsi della giornata è
            consultabile nel file “Sila-Calabria e due modelli di subduzione”.
            Una breve sosta a Longobucco ha preceduto il rientro a casa, con l’ennesima ottima cena
            preparata da Daniela.
           Lunedì 28 ottobre.
            Il rientro è cominciato in tarda mattinata. Durante il viaggio Fabio ha proposto, ed è stato
            accettato, uno stop a Rivello, piccolo centro nel Lagonegrese. Piacevole paese ed ultima, e
            per questo spiacevole, passeggiata della piccola comitiva. A presto!



   Dicembre 8, 2002 - dom.
     Cappio con Monte Finestra (vetta nord - m. 1128).
     Francesco, Antonio & Francesca, Pierino & Paoletto.
     Dopo una lunga interruzione riprendiamo l’attività escursionistica nelle nostre zone. Il Rosario,
        organizzatore della spedizione, sarà costretto all’ultimo minuto a mancare l’appuntamento (con
        cui apriamo anche la stagione invernale) a causa di una condizione generale non ottima. Il vento
        ed il freddo ha però reso più che giustificata la sua assenza.
        La comitiva aveva in programma la classica delle classiche: ascensione su “La Montagna” (per i
        cavesi) tramite il sentiero n. 8. Pochi passi dopo l’avvio però, la sempreattiva Francesca propone
        con successo il numero 10. Durante la risalita restano alcuni dubbi sulla fattibilità del sentiero, ma
        saranno alimentati per poco tempo e, ben presto, al loro posto troverà spazio la soddisfazione e
        insieme il dispiacere di aver violato un tabù che da anni si tramandava, da generazione in
        generazione. Il percorso n. 10 è infatti il cosiddetto “Sergio Rosa”.
        A causa della trasformazione del Casone in un agriturismo, l’attacco doppio (nn. 8 e 10) del
        sentiero è attualmente posto sulla destra prima degli ultimi due tornanti, molto evidente (ma
        ciononostante mancato in questa escursione). Dopo il bivio il sentiero si trasforma in traccia, i
        segni rossi sono comunque spesso numerosi ed evidenti. Il tracciato, però, non corrisponde con la
        carta. La spalla rocciosa, ad esempio, prima della località Cisterne non viene aggirata: il sentiero
        porta direttamente al punto di quota 743; più a monte il sentiero si muove sempre in vista del
        vallone centrale e punta alla cima senza spostarsi a destra come segnala la carta.
        In più punti è risultato necessario un attento uso di mani e piedi, tutti tesi a trovare il migliore
        appiglio e costretti a discrete contorsioni.
        Dopo una breve pausa-colazione sulla vetta nord (Il Telefono, m.1128), scendiamo alla finestra e
        subito torniamo a valle utilizzando il noto sentiero 8. Ci attende un pranzo domenicale, in
        compagnia di Antonio & Francesca.

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   Dicembre 10, 2002 – mar.
     Parco Diecimare
     Rosario
     Il doppio desiderio di una breve passeggiata e di far visita all’amico obiettore Agostino ci ha spinti
        al Parco Decimare nel primo pomeriggio.
        Con la supervisione del suddetto obiettore, risaliamo nell’area protetta fino al recinto di caprioli,
        portando loro il cibo. L’attesa del loro arrivo resterà delusa e il freddo, che invece era diventato
        sempre più presente, verrà poi temperato dal tè offertoci nel centro visite. Buon lavoro, Agostino.



   Dicembre 15, 2002 – dom.
     Anello con M. Sant’Angelo, m. 1130, e Valico Tramontane.
     Rosario
     Escursione di mezza giornata non particolarmente bella ma utile per la conoscenza dei sentieri
        caini dei Monti Lattari. E’ stato effettuato un circuito con i sentieri 14 e 12, anche se l’intenzione
        era quella di percorrerli al contrario (prima 12 e poi 14).
        L’attacco doppio (12 e 14) è al Contrapone. Per raggiungerlo bisogna arrivare prima nelle
        vicinanze della chiesa di Passiano, senza mai raggiungerla però, e continuare poi – piuttosto - sulla
        strada principale (seguendo già delle frecce rosse) che conduce ad uno slargo. Il sentiero comincia
        (ore 8.20) come una larga strada di sterro. Ben presto, in corrispondenza di una curva a destra
        (che tra l’altro nasconde alla vista una barra che chiude la sterrata) i segni rossi fanno lasciare la
        suddetta sterrata per guadagnare un sentiero sulla destra. E’ questo il bivio 12-14, ma non è
        affatto chiaro dal momento che sono visibili solo i segni del 14 (quelli che abbiamo seguito),
        nessun numero è segnato ed il sentiero 12, che in pratica continua lungo la sterrata, non viene in
        alcun modo segnalato. Tutto ciò verrà scoperto strada facendo e il quadro dei sentieri verrà
        chiarito solo alla fine, quando sarà chiuso il cappio.
        Il sentiero 14 è, comunque, ampiamente segnato: solo in una parte centrale, più arbustiva che
        boschiva, c’è qualche dubbio sulla direzione, dubbio alimentato anche dal fatto che si pensava di
        essere sul sentiero n. 12. La direzione generale del tracciato, la nostra posizione e, infine, la
        parete rocciosa (che parte dalla quota 900 circa) sotto la quale passa il 14 ci hanno –
        definitivamente – chiarito dove stavamo andando. Questa parete, per la funzione svolta in tale
        occasione, è stata battezzata lo Scoglio dell’Orientamento. Alle 10.30 raggiungiamo Punta
        Nevarra (q. 1036), molto poco panoramica a causa degli alberi e puntiamo a est verso la vetta. Le
        nubi, sotto cui ci infiliamo, ci vietano ulteriormente la vista. Dopo mezz’ora circondiamo gli
        orribili edifici posti in cima a Monte Sant’Angelo (m. 1130) e subito viriamo a sud, verso il varco
        delle Tramontane, liberi da qualsiasi segno Cai ma con una strada univoca: la cresta. Alle 11.45
        attraversiamo il Varco (q. 895) e lasciamo la cresta impiegando il sentiero 12.
        Durante la discesa notiamo alcuni punti del percorso che meritano un po’ d’attenzione per il
        corretto orientamento, dal momento che in passato gli stessi escursionisti sullo stesso sentiero in
        salita (n.12) si sono smarriti. Circa a quota 800, o meno, c’è un incrocio [A] la cui esatta direzione
        è segnalata da un cartello che però risulta piuttosto nascosto: per chi sale è sulla sinistra, quasi
        alle spalle, su un ramo alto. Più in basso (circa 700 m) c’è un altro incrocio [B] con segni nascosti,
        e di nuovo la direzione corretta è a sinistra, sempre per chi sale. Incroci successivi, blandamente
        segnati, possono essere decisi seguendo la sterrata principale. Ad un invasivo incrocio [C] a 4 tra
        due strade di sterro (praticamente scavate nella roccia e perpendicolari tra di loro) bisogna
        voltare a destra se si sta salendo (ovviamente bisogna girare a sinistra, se si sta scendendo).
        Nell’ultimo tratto della discesa, in corrispondenza di un acceso tornate a destra, un segno
        equivoco ci fa allontanare dalla sterrata (strada principale) per un sentiero, ma la deviazione è
        inutile dal momento che si riallaccia poco più in basso alla stessa sterrata. Si attraversa, infine, il
        mega tornantone a q. 468 (che sulla carta non è interessato dal sentiero) per ricongiungersi poi al
        cappio 12-14, posto a ridosso della barra.
        [L’escursione successiva, oltre che particolarissima per chi vi partecipa, chiarirà ulteriormente
        questo versante del gruppo Finestra-Santangelo.]



   Gennaio 2, 2003 – gio.
     Circuito aperto con Valico delle Tramontane e Monte Finestra (vetta nord - m. 1128).
     Rosario, papà Gerardo e zio Alfonso, Sandro argentino e Valeriano [video]


                                                      14
   Escursione dalle sfumature internazionali e con un
        assortimento di partecipanti più unico che raro.
        Soddisfacendo due desideri (quello vecchio dello zio Alfonso
        di ritornare, a distanza di molti anni, sulla Finestra e quello
        freschissimo del di lui nipote argentino Sandro di fare un giro                            tornantone
        sui monti dei luoghi d’origine della sua famiglia) conduciamo
        una lunga, impegnativa ma gratificante escursione sul Monte
        caro ai cavesi, aggiungendo un bel tratto di cresta. Il circuito      fig. 3
        (riguardando i sentieri 12, Alta Via e 8) è risultato altresì
        utile per completare e consolidare la conoscenza del
        tracciato 12 già percorso durante la precedente escursione, a cui converrà rimandarsi allorquando
        per brevità verrà indicato: vedi 15/12.
        Partenza da Contrapone [vedi 15/12/02] alle 8.25. Seguiamo il sentiero 12 superando la barra
        posta in una curva ove è collocato, senza indicazioni, l’incrocio con il 14 [vedi 15/12]. L’ascesa è
        tranquilla anche se il bosco è giovanissimo a causa dei tagli e privo di particolari bellezze. Non si
        lascia mai la sterrata principale per sentieri o altre sterrate laterali. Le maggiori sono tre,
        stilizzate in rosso in fig. 3, delle quali la prima è subito dopo il tornantone di quota 468 (ca. 30
        min. dalla partenza e 500 m. di quota) mentre le altre sono poste in corrispondenza di tornanti
        (nota: il disegno non è in scala e le posizioni reciproche dei tre stralci non sono esatte). A quota
        580 circa (45 min. dalla partenza) passiamo per l’invasivo incrocio di sterrate [vedi [C] in 15/12]
        voltando a destra e poco dopo, ad una biforcazione, prendiamo di nuovo a destra (sull’altra strada
        si vede una piccola edicola in legno). La sterrata perde di quota, offre sulla sinistra un
        inverosimile cartello M. Finestra-Xxx e giunge ad un tornante a destra.
        Successivamente (1 ora dalla partenza, q. 670 circa) troviamo una biforcazione [[B] in 15/12]: un
        segno sbiadito segna a sinistra. Dopo 10 minuti (q. 730 circa) nuovo incrocio con un cartello di
        faccia (non visto durante la 15/12) che segna a sinistra “Pietra’nghiana”: per giungere al Varco
        Tramontane bisogna continuare diritto sulla sterrata. Dopo altri 5 minuti (h 1.15 dalla partenza, q.
        750 circa) troviamo, praticamente in successione: una prima deviazione a sinistra (leggera traccia
        in salita, presenza di due strane frecce divergenti e congiunte alla base, disegnate su una roccia
        all’inizio di questo sentiero) che non bisogna prendere e una seconda deviazione a sinistra che
        bisogna intraprendere (incrocio [A] del 15/12, presenza di cartello alle spalle di chi sale, posto su
        un ramo tagliato). Da questo momento comincia il sentiero in zig-zag che ci porterà, alle 10.05,
        sul belvedere del Varco delle Tramontane (q. 895).
        Ma da questo momento in poi tutto il percorso, spostandoci sulla cresta, sarà un belvedere. I
        panorami tra il versante cavese e quello tramontìno si sprecano. Dopo un’ora esatta giungiamo al
        valico a quota 938, presso il quale emerge anche un altro sentiero da est. Dopo tale valico (che
        ospita un palo, una campana rotta ed una strana edicoletta votiva) i segni rossi portano –
        inaspettatamente – sul lato orientale di Vena del Covello anche se a destra (oltre una casettaccia
        con mattoni di cemento che pare in costruzione!!!!!) è ben evidente un sentiero-mulattiera, molto
        invitante per la comodità [tra l’altro ricordo anche di aver effettuato tale percorso in passato con
        l’Antonio e mi sembra che la strada allora impiegata sia stata quella di destra…].
        La cresta diventa più impegnativa e alle 12.15 siamo sulla vetta nord di M. Finestra (q. 1128). La
        colazione è breve: il tempo fino a quel punto ottimo (a dispetto delle previsioni) cominciava a
        cedere alle minacce dei nuvoloni provenienti soprattutto dall’invidioso Monte Sant’Angelo. All’una
        siamo alla rituale finestra (con piccola celebrazione per onorare il ritorno dello zio sul Monte di
        Cava) e alle 13.20 ci rimettiamo in viaggio impiegando il sentiero n. 8.
        La discesa purtroppo risulterà lenta e sempre più lenta. Le cause? La stanchezza della comitiva; il
        sentiero fangoso o comunque su rocce umide, che minacciava scivoloni ad alto rischio; l’acclività
        dell’itinerario, che costringeva i già provati corpi degli ultra cinquantenni e settantenni a vibranti
        colpi a carico delle loro indolenzite gambe e braccia. Piccola variante: all’altezza dello Spuntone
        Belvedere invece di proseguire dritti seguendo i segni, giriamo a sinistra sotto il boschetto
        abbandonando la crestina. In tal modo si evita il grottino I get up I get down, ma si passa per la
        fonte “Pantaniello ‘e l’avese” per riunirsi ai segni poco più avanti, in corrispondenza di un incrocio
        un tempo segnato anche da un cartello oggi smarrito.
        L’auto del gentil Francesco sarà raggiunta solo alle 16.05!



   Gennaio 19, 2003 – dom.
     Doppio cappio sul Monte Circeo (m. 541).
     Rosario, Antonio, Conte Puccescu, il rumeno Florìn, i caini Domenico, Aldo Colleone, Luisa ‘a
       ribelle, Gigliola e Geppino, Antonio Romano ed altri soci delle sezioni di Piedimonte e Caserta per
       un totale di oltre 20 partecipanti. [foto digitali]

                                                     15
   Ritorniamo a cinque anni di distanza e con piacere sul promontorio del Circeo. La comitiva è
        affollata e attardante – come al solito – ma può fregiarsi di una coppia di partecipanti
        d’eccezione: il Conte Puccescu e il rumeno Flopo! La partenza (dopo che la sveglia era suonata
        alle 5.30, per noi più meridionali…) si è avuta alle 10.05 da Torre Paola, in uno slargo che
        praticamente giace sul curvone della statale che da San Felice Circeo porta al Lido di Sabaudia.
        Per tutto il percorso i segni bianco-rossi del Cai saranno presenti e chiari, anche se in cresta ben
        poche sono le possibilità d’errore. La sterrata iniziale viene quasi subito abbandonata per un
        sentiero sulla destra, che si muove sotto il fitto bosco. La risalita è acclive e anche scivolosa (quel
        versante della montagna è, almeno in inverno, sempre all’ombra) ma in poco tempo, 40 minuti,
        usciamo allo scoperto agganciando la cresta e guadagnando i primi panorami sui laghi costieri del
        Pontino. La cresta è affilata, a tratti così erta da richiedere necessariamente l’uso delle mani. Una
        prima anticima, ancora molto distante dalla vetta, offre panorami sempre più interessanti,
        soprattutto verso la costa rocciosa sottostante. E’ presente un solo incrocio, ben segnalato, poco
        prima della meta, che mena a sinistra ridiscendendo sulla sterrata. Nel complesso la risalita è
        piuttosto lenta e alle 12.15 siamo sulla cima (Monte Circeo, q. 541) per una lunga pausa pranzo,
        in perfetto stile cai-piedimontese…
        Solo alle 14.00 lasciamo l’ampio panorama a 360°, un po’ velato dalla foschia, e discendiamo
        utilizzando il percorso della risalita. A quell’unico incrocio il gruppo però si divide in due: alcuni
        utilizzeranno lo stesso sentiero dell’andata, altri (la maggior parte, anche se spezzettata in molti
        microgruppi) girano invece a destra, buttandosi a capofitto, subito nel bosco. In questo modo, e in
        meno di 50 minuti, si torna alla sterrata laddove termina, ovvero soltanto un po’ più avanti
        rispetto al punto in cui la si aveva lasciata all’andata. L’ultimo quarto d’ora è impiegato per
        percorrere tale sterrata e rivedere le auto.
        L’attesa che tutti i partecipanti facessero ritorno fu piacevolissimamente consumata sulla sabbia
        del lido, passeggiando tra la risacca e invitati dal vento a raccogliere conchiglie.



   Gennaio 26, 2003 – dom.
     Circuito aperto con cappio terminale nella Valle delle Ferriere (Monti Lattari)
     Rosario, Antonio & Francesca, Barbara, Fabio Villani, Maria [foto]
     Le abbondanti piogge durante la settimana avevano consigliato all’Antonio di bissare questa
       spedizione (che aveva compiuto già 15 giorni prima) portando quindi anche noialtri, per la prima
       volta, in questa eccezionale valle dei cari Lattari.
       Si parte alle 9.00 dalla piazzetta belvedere di Pogerola, terra sacra ai Paolillo, utilizzando il
       sentiero numero 59. In realtà è possibile anche partire a piedi da Amalfi, salendo per le vecchie
       scale nella roccia che, fino a qualche tempo fa, rappresentavano l’unico collegamento tra il casale
       paolilliano e la bella città marinara. Il percorso, segnato con bolli rossi, si insinua tra le casine di
       Pogerola ma già in vista del bel Vallone delle Ferriere. Dopo le abitazioni, si prosegue su
       mulattiera e in 45 minuti ci si immette sul sentiero 01, che scende da sinistra.
       Si passa quindi alla base di una prima cascatella, visibile già in lontananza, di discreta altezza (il
       panorama dal versante opposto che osserveremo al ritorno, mostrerà che in effetti quella
       cascatella, così come molte altre, scende da quote molto più alte e giunge fino sul fondo della
       valle dopo una serie di salti e di tratti in cui assume carattere di rapida) e subito dopo si passa per
       un bivio: bisogna prendere a sinistra, leggermente in salita. Su entrambi i sentieri sono presenti
       dei segni rossi (anche se quelli di sinistra non sono visibili dall’incrocio perché posti solo dopo un
       po’ di strada), ma il sentiero di destra porta a valle. Da questo momento la vegetazione è più fitta
       e i segni più radi.
       Si giunge ad una seconda cascata, che per essere attraversata richiede maggiore perizia, e infine
       si scende a T su di una netta mulattiera (ore 10.50) allineata alla valle. La carta è imprecisa:
       probabilmente sono presenti molti più sentieri di quanti essa ne riporta e, di sicuro, molti sono
       segnati in rosso sul terreno ma non sulla carta. Alle 11.00 arriviamo al tornantino che segna il
       punto più interno ufficialmente raggiungibile nella Riserva Valle delle Ferriere: l’acqua, già
       abbondante e bella, diviene la protagonista indiscussa. Il torrente copioso ne riceve da sinistra e
       da destra, scendendo tumultuoso tra salti e rapide, mentre scava marmitte o rallenta negli angusti
       slarghi. A dispetto del cartello di divieto, varchiamo il tornante e troviamo due bellissimi salti del
       torrente, dei quali il secondo viene visitato alla base, sotto la polvere d’acqua nebulizzata e una
       strana brezza alimentata dalla stessa caduta d’acqua. Poco più su attraversiamo un blando
       incrocio: a sinistra (straccetti sugli alberi) il sentiero dovrebbe far aggirare la testata della valle
       molto più a monte, curvare e portare infine a Monte Rotondo; a destra, che intraprendiamo, il
       sentiero continua a costeggiare il torrente e giungiamo (ore 12.15) all’angolo più profondo della
       valle: continuare non sarebbe possibile dal momento che ci sono solo alte pareti a chiudere lo


                                                      16
sguardo, dalle quali continua a scendere acqua. La maggiore di queste cascate ha una portata
       minore di quelle al tornantino ma compie un salto molto più alto.
       Mezz’ora di pausa per un panino e poi facciamo dietrofront. Ripassiamo al tornatino con cartelli-
       divieto, chiudendo il cappio, e proseguiamo sul nuovo versante della valle. Si rivelerà molto più
       panoramico del primo, arricchito a sinistra dalle pareti strapiombanti sulle nostre teste, a destra
       dalle ampie vedute sulle pareti opposte (ricche d’acqua e di alberi), sotto di noi dalla valle e dai
       suoi dirupati opifici e - dinanzi - da Amalfi, stretta tra i piani di Pogerola e Pontone, tra il mare e
       la valle coltivata ad agrumi.
       Alle 14.00 vediamo l’incrocio con il n.57 e, dopo venti minuti, svoltiamo a destra (poco prima del
       grosso silos giallo posto sulla cresta). Alle 15.00 chiudiamo il circuito ritrovando l’auto lasciata di
       mattina a Pontone e, mentre tutti gli altri vanno a riprendere le restanti auto, il sottoscritto e la
       Francesca scendono a piedi per le gradinate che da Pontone portano ad Amalfi, tra limoni, cani
       rabbiosi e gatti socievoli.



   Febbraio 2, 2003 – dom.
     Doppio cappio con Monte Caruso, (m. 761) e Forcella della Cava – vetta mancata - (Parco
       Diecimare).
     Antonio.
     Escursione inaspettatamente bella. La neve intorno Cava ci spinge nel vicino Parco di Diecimare,
       in compagnia di Antonio, alla fine unico compagno dell’escursione dal momento che il Rosario e
       l’obiettore Agostino resteranno nei pressi dell’area del capriolo. La neve è stata sicuramente la
       caratteristica chiave che ha giocato la differenza per questa escursione, altrimenti banale,
       compiuta nell’arco della sola mattinata.
       Dal Centro Visite, percorrendo prima il sentiero natura e poi quello del falco, puntiamo dritti su
       Monte Caruso. Il sentiero, pur se all’inizio segnato con abbondante attenzione, giunto in
       prossimità di una palizzata con filo spinato si dissolve, lasciando la tonda e brulla cima quale unica
       ma inequivocabile indicazione. La neve è già abbondante, come abbondanti saranno su di lei
       numerose impronte.
       La vetta innevata (Monte Caruso, m. 761) circondata da un panorama innevato (che abbraccia i
       Picentini, i Lattari ed il Vesuvio) è piacevolissima. Subito scendiamo a sud, attraversiamo il valico
       della Pannèra e continuiamo per la crestina. Ci troviamo adesso sul sentiero dei due golfi, in un
       paesaggio inusualmente ricco del candore nivale. Si passa per il casolare con pozzo e quindi,
       ancora a sud, verso Forcella della Cava. La neve accumulata a terra risulta sempre di più, tanto
       che per accelerare la risalita lasciamo il sentiero principale (o ciò che ci sembrava tale, attraverso
       il manto della neve che tutto nasconde…) per arrampicarci di traverso verso l’alto. La divagazione
       purtroppo ci costerà la vetta, che resta immacolata mentre noi, per cautela, preferiamo non
       rischiare scivoloni e così torniamo indietro.
       Alla Pannèra (nodo del cappio superiore) continuiamo a percorrere il sentiero dei due golfi che,
       stranamente o per nostra disattenzione, ci conduce di nuovo sul sentiero del falco, alla base del
       Caruso (e così chiudiamo il nodo del cappio inferiore). Al Centro Visite del Parco ci aspettano dopo
       una mattinata spesa con i caprioli ma per niente proficua…



   Febbraio 8, 2003 – sab.
     Piano Laceno (Picentini)
     Rosario & Francesco, Piero e Paolo [foto]
     Era intenzione dei partecipanti raggiungere il Monte Cervialto. Per tale scopo siamo stati in grado
       di trovarci al Piano Laceno, angolo Ristorante La Lucciola, alle 8.45.
       Il cielo azzurro che garantiva una chilometrica visibilità, la candida neve presente ovunque sugli
       alberi e abbondantissima a terra (oltre 1 metro) ed infine una temperatura record mai osservata
       da noi poveri abitanti vicino-costieri (all’arrivo sul piano: -13.5°!!!!) sembravano le premesse di
       una escursione memorabile. Di sicuro resterà unica solo la bellezza della giornata. Eccezionale!
       Purtroppo il sentiero prescelto (n. 13) non verrà imboccato, fin dall’inizio. Questo sarà la causa
       dapprima di una risalita tra valloncelli al seguito di segni rossi equivocamente interpretati come
       d’origine caina, e - successivamente - di un tentativo di risalita libera (quando tali segni sono
       spariti) su acclivi e innevatissime spalle. Le difficoltà e la mancanza di volontà da parte di alcuni
       nel procedere saranno la causa di un infamante dietrofront, durante il quale riusciamo comunque
       a spiegare l’errore della partenza e a riconoscere, poi, il vero attacco del 13.



                                                     17
Dopo aver almeno goduto di divertenti scivoli scavati nella neve e di ovattati agguati alle retrovie,
       seguiranno una mortificante colazione in “stile pic-nic sul Terminio” ed un prematuro rientro a
       casa. Prematuro, ma mai quanto l’incondiviso vaglio di recedere.



   Febbraio 16, 2003 – dom.
     Piano Laceno (Picentini)
     Rosario & Francesco, Gerardo & Elena.
     Con il preciso scopo di fare quattro passi sulla neve e prendere un conveniente caffè al Piano
       Laceno, ci rechiamo sugli stessi passi delle settimana scorsa.
       La mattinata sarà trascorsa piacevolmente a “sciuliare” sulla neve, in divertente assetto da
       famiglia.



   Febbraio 23, 2003 – dom.
     Anello con Monte Falerio, m. 684, e Monte dell’Avvocata, m. 1014 (Lattari)
     Rosario & Francesco, Antonio [video]
     Lungo ed interessante anello che, pur toccando luoghi per noi sì noti e frequentati, ci ha permesso
       di utilizzare sentieri ancora inesplorati donando nuove prospettive su familiari cime. L’impegno,
       discreto, ha completato il quadro, rendendo l’escursione pienamente gratificante.
       L’anello, segnato sulla nuova carta dei Lattari ma assente sulla precedente edizione (a cui
       facciamo riferimento), ha per punto di partenza ed arrivo Cetara. L’attacco è –esattamente- in via
       Carcarella, traversina destra della strada principale della città; si passa a destra del cimitero
       (raggiungibile anche in auto) e si comincia a risalire la cresta che, con direzione SSW-NNE, punta
       al Falerio. Vi sono, qua e là, vecchi segni rossi, ma Il sentiero non è unico. All’arrivo presso un
       casone giallo, lo si supera sulla destra seguendo una freccia rossa.
       Alle 9.15, dopo quaranta minuti dalla partenza, in prossimità di una piccola casetta dirupata
       incontriamo il bivio (non segnato a terra, ma probabilmente corrisponde sulla carta a quello
       quotato a 365 m.) che distingue il sentiero per la cresta e per la vetta (a destra, che impieghiamo)
       da quello che aggira il Falerio alla base delle pareti, per buona parte evidentissimo da tutto il
       resto dell’Alta Via. Lungo la cresta ci saranno pochi segni rossi all’inizio, ma poi sarà possibile
       seguire facilmente e liberamente il filo per arrivare in cima: ore 10.00, Monte Falerio (m. 684).
       Dopo una pausa di dieci minuti discendiamo verso nord (si imbocca il sentierino spostandosi verso
       destra) e per le 10.35 siamo già alla familiarissima Cappella Vecchia. Dopo una breve
       socializzazione con i caini della sezione di Cava, lì scovati, ci mettiamo in cammino sull’Alta Via,
       nella sua parte più nota e più cara a noi cavesi. Dopo circa un’ora siamo alla fonte Scetate ca è
       juorn’ (chiusa, ma abbiamo scoperto che sulla destra, poco più su, ce n’è un’altra che in quel
       momento menava) e alle 12.15, dopo aver lasciato lo 00 per salire -in 15 minuti- la cresta che dal
       valico delle Vene di San Pietro porta al Montagnone, siamo in cima alla Montagna dell’Avvocata
       (m. 1014), in cui brighiamo una breve pausa.
       Infatti subito caliamo, liberamente fuori sentiero, verso SE raggiungendo il mitico Bell’vede’ e poi
       attraversiamo l’ancor più mitico (perché pericolosissimo per i numerosissimi escursionisti-fedeli)
       sentiero che lo collega al Santuario, a cui arriviamo alle 12.50. Nuvole che velano il sole, presente
       invece per tutta la mattinata, ci spingono ad una sosta piuttosto breve e così, dopo una visita alla
       sottostante grottina, all’una e mezza siamo sulla via del ritorno. Il sentiero che ci porterà a Cetara
       è il numero 5, che dovrà essere percorso in parte. Lo si può prendere dalle mura del Santuario,
       all’altezza della fontana, laddove termina la staccionata di legno.
       La discesa è facile. Numerosi sono gli incroci che si incrociano. Nei due più marcati si è sempre
       andati a sinistra (la destra dovrebbe portare a Maiori), inoltre poco dopo il secondo compare sulla
       roccia una frecciona con scritto “Cetara”: probabilmente il prima dei due è l’incrocio 5-7 della
       carta (ed il secondo è il successivo, vicino). Ad un’ora circa di cammino, dopo un tratto dissestato,
       si perviene ad un altro incrocio: destra Erchie, sinistra Cetara. Infatti proseguendo a sinistra si
       attraversa un rigagnolo, in corrispondenza di un tornatino, dopo il quale compare la scritta
       “Cetara”. L’incrocio in questione, ed il susseguente tornantino con attraversamento, sono posti a
       circa 400 m., dunque quasi sicuramente il disegno del tracciato n.5 sulla carta è sbagliato: tale
       incrocio e tale tornante possono verosimilmente essere individuati (sulla carta) poco oltre i 400
       metri di quota, su una linea che è più a valle del 5, nella zona opposta a Piano di Viesco ma
       sempre nella parte alta del vallone di Erchie. Dopo un ulteriore quarto d’ora (14.45) raggiungiamo
       un grosso edificio posto sullo stesso Piano di Viesco, che qui appare suggestivo e in bellissima
       posizione per un ampio panorama sulle retrostanti cime. (Sulla carta tale costruzione potrebbe
       corrispondere al pozzo segnato q. 439, tra il Piano ed il Feliceto). Dopo appena 10 minuti ci si

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imbatte nell’ultimo incrocio: si volta a destra e cominciano i gradini che accompagneranno fino
        alla fine. A sinistra è segnato come numero di sentiero il n. 2. Trattasi sicuramente di una vecchia
        numerazione. D’altra parte però, lo stesso tratto su gradini che ci attende riporterà più volte il
        segno 1 + 2, stando quindi ad indicare un tratto comune ai due percorsi, che si sarebbero poi
        separati a monte: 1 a sinistra (salendo), verso Piano di Viesco e l’Avvocata, e 2 a destra (sempre
        per chi sale) verso… non si sa!
        L’arrivo a Cetara si ha per direttissima usando la crestina di una spalla (quella con una Madonna
        del Popolo, tra l’altro non trovata) che punta dritta al centro del corso. Vi sbucheremo, alle
        15.35, uscendo da via Turillo, praticamente coincidente con la via Carcarella dell’andata, dopo
        quasi 1100 metri di dislivello.



   Marzo 22, 2003 – sab.
     Anello con Monte Caruso, m. 761, e Forcella della Cava, m. 852 (Parco Diecimare)
     Rosario, Piero & Paolo con Remì [foto]
     Piacevole escursione di mezza giornata nei dintorni di Cava, alla scoperta di luoghi e panorami
       tanto vicini quanto ignoti. Per tutti i partecipanti si tratta, inoltre, della prima ascensione sulla
       maggiore delle cime orientali di Cava, la rocciosa Forcella.
       Alle 8.30, dopo aver lasciato il civile Agostino al suo dovere presso il Centro Visite, percorriamo il
       comodo sentiero n. 2 del Parco che, allontanandosi da esso guadagna poca quota e aggira il tondo
       Caruso alla base. Successivamente il sentiero risale a zig-zag e torna indietro verso la direzione di
       partenza, assestandosi ad una quota maggiore. Dopo l’incrocio 2 – 4 (che permetterebbe,
       continuando sul due, di chiudere subito un anello breve) ci immettiamo sul sentiero n. 4 (del
       falco) che risale il brullo cucuzzolo. Il tracciato di questi sentieri non ci era stato mai chiarissimo:
       abbiamo sempre pensato che questa traccia portasse fin sulla cima, in realtà porta al valico Santa
       Lucia (n.b. per l’ascesa al Caruso la stessa guardia, incontrata alla fine nel Centro, ci ha indicato
       la cresta che dal succitato valico va verso nord). Allorquando ci è stato chiaro che stavamo
       puntando al valico (in località nota anche come la Pannera), abbiamo abbandonato il sentiero e
       liberamente siamo risaliti a sinistra lungo il precisissimo profilo di Caruso, giungendo in vetta (m.
       761, ore 9.45) sotto il tagliente sguardo di rapaci gironzolanti.
       Dopo una pausa di soli dieci minuti, scendiamo dalla bella cima andando verso sud, puntando al
       Valico di Santa Lucia (m. 642), che superiamo, e pervenendo poi alla Casermetta (ore 10.25).
       Lungo il filo della crestina il sentiero è facile e panoramico, abbellito da muscari e ancora da
       qualche crocus. La cima della Forcella della Cava (m. 852) (che, per chi viene da nord, viene
       prima superata e poi riagganciata da sud) sarà raggiunta alle undici, guadagnando un belvedere su
       Cava, sui monti Picentini e sul sottostante castagneto di Decimare.
       Per il ritorno, piuttosto che ripercorrere i medesimi sentieri, decidiamo di continuare verso sud
       lungo la cresta, che saremo comunque costretti a lasciare –prima o poi – per virare a destra e
       puntare, a occhio, verso il Centro.
       Infatti ci agganceremo sul sentiero del bosco, poco prima dell’area dei bombi, concludendo
       l’anello alle 12.30, in perfetto orario per una doccia e per il pranzo domenicale. Da notare che
       l’iperattivo Remì ha compiuto un percorso perlomeno triplo rispetto a noialtri partecipanti.



   Marzo 29, 2003 – sab.
     Alta Valle del Sabato (Monti Picentini)
     Barbara.
     Spedizione preliminare di mezza giornata finalizzata alla conoscenza dell’eventuale area di lavoro
       della tesi di Barbara. Oggetto di studio sono stati gli alberi della valle, ma la mancanza di foglie e
       infiorescenze ha impedito il riconoscimento di molte specie.



   Marzo 30, 2003 – dom.
     Circuito aperto con Valico delle Tramontane e Monte Finestra (vetta nord, m. 1128, e vetta sud,
       m.1145).
     Rosario, Antonio & Francesca, Fabio Villani, Gabriella Riselli, Pietro Rotunno, Mauro e Graziella di
       Fabriano e moltissimi altri caini tra cui: Domenico, Mino, Aldo Colleoni, signor Antonio, Paola
       Sindaco, Pompeo. Bonus track: prof.ssa Coppa-De Castro. [foto]
     Escursione inserita nel programma del Cai di Piedimonte Matese, con la guida di Antonio &
       Francesca ai quali si è dovuto aggiungere il nostro prezioso contributo quali conoscitori della parte

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  • 1. Resoconto Generale Escursioni  Ottobre 6, 2001 - sabato  Monte Sant’Angelo a Tre Pizzi, m. 1444 (M. Lattari).  Rosario, Pierino, Paoletto. [dia]  Partenza da S. Maria del Castello (ore 8.35), utilizzando l’Alta Via dei Lattari 00. Primo tratto con soli 100 metri di dislivello fino alla Caserma Forestale. Alle spalle della suddetta, a differenza di quanto riportato sulla carta, si separano già i sentieri: 00 (per la Conocchia), 02 (per Agerola) e 29 (per Positano). Comincia quindi la lunga salita che porta, usciti dal bosco di querce e cipressi, ad un balcone belvedere (leggermente fuori sentiero). Quindi si continua l’irta salita su una spalla che nasconde alla vista il vallone che apre alla Croce della Conocchia. Dopo un incrocio dubbio (i segni CAI puntavano a sinistra, il mio orientamento - risultato poi errato - consigliava a destra: trattasi dell’incrocio posto a q. 1050, ovviamente bisogna seguire i segni…) ed un acuto aggancio a gomito sulla cresta, si giunge finalmente al vallone di cui sopra e, soprattutto, al tratto più impegnativo dell’escursione. [n.b. Ho avuto l’impressione che da questo punto in poi il sentiero sia diverso da come rappresentato sulla carta: si imbocca la cresta (che più in basso prende il nome di Riva Erbatenera) e si punta decisamente ad est, non verso Croce della Conocchia, quanto piuttosto verso la cima segnata sulla carta q. 1314, per girare infine - raggiunta la vetta - verso nord e riallacciarsi allo 00 tracciato sulla carta. Mah!] Guadagnata la quota, resta la parte finale e poco difficoltosa del sentiero: incrociamo il bivio per il sentiero 50, che porta alla Chiesa di S. Michele e (ci è stato poi detto) anche ad una fonte perenne (15 min. ca.); ci affacciamo sulla testata di un valloncello che fa’ da valico tra il versante di Positano e quello di Pimonte (e viene battezzato Passo di Gustav Malher per la somiglianza di una roccia con il profilo del musicista, a detta di Pierino…); e affrontiamo infine l’ultima, breve ma erta, salita per guadagnare il Molare dopo 3.30 h dalla partenza. Incontri interessanti durante l’ascesa: gechi, cornacchie, un rapace con una macchia bianca sotto le ali, un serpente bruno di circa 70 cm. Per il ritorno impieghiamo solo 1.55 h.  Ottobre 8-9, 2001 – lun.-mar.  Trentinara (Cilento).  Prof. Barattolo, Antonio, Enrica del Vecchio.  Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.  Ottobre 13-14, 2001 – sab.-dom.  Cappio con Cima delle Murelle, m. 2596 - Monte Acquaviva, m. 2737 – Monte Focalone, m. 2676 (Massiccio della Majella).  Rosario, Antonio & Francesca. [dia]  Ottima due-giorni nel Parco Nazionale della Majella. Il sabato pomeriggio è impiegato per lo spostamento in auto, la serata per una buona cena nel Rifugio Pomilio (q. 1892) e per osservare lo stellato cielo abruzzese, la notte – infine – per un tormentato sonno. Domenica: partenza dal termine della provinciale della Majelletta alle ore 8.10. Dopo un’ora di cammino facile e sempre in splendida vista sui Valloni delle Tre Grotte e, dopo, di Selvaromana (ma non passando per la Blockhaus, né per M. Cavallo, né per la Tavola dei Briganti) giungiamo al 1
  • 2. Fontanino di Grotta Celano con bell’acqua fresca ma stillicidiante e viriamo a sinistra a mezza costa. Attraversando un’intricata mugheta saliamo lentamente di quota e, mediate breve passaggio attrezzato, cambiamo versante lasciando i Pinus mugo ma guadagnando una magnifica visuale sulle Valle delle Murelle, che ci promette grand’impegno... Infatti arrivo senza fiato al sovrastante Anfiteatro delle Murelle, surreale. Continuando a salire, puntando verso est alla Cima delle Murelle, una meravigliosa sorpresa ci fa’ piombare nel mistero che fu di questi luoghi: su una roccia, piccola e piatta, ritroviamo alcune incisioni tra cui si distinuguono poche parole, che sembrano nomi (Pasqua), dei numeri e in tre croci in basso. Si tratta di un’incisione del periodo dei briganti! Ma solo una vista dall’alto, poco dopo, rivelerà la bellezza dell’Anfiteatro ad ogni livello: si legge chiaramente il circolo glaciale e gli accumuli morenici su cui si sono impiantati estesi ghiaioni, mentre alcune pietre sul fondale - che solo adesso appaiono allineate in circolo - denunciano la presenza (in età passate) di numerosi stazzi utilizzati, probabilmente, durante le transumanze. Risalendo inoltre scopriamo Rudiste di invidiabile bellezza. Agganciamo una delle creste (con direzione NO-SE) e cominciamo il tratto più impegnativo che ci porta in vetta alle 10.55 (m. 2596, Cima delle Murelle). Ottimo panorama a nord, segue disegno (vedi fig. 1). Alle undici e mezza lasciamo la nostra prima conquista perdendo quota in direzione SO e continuando a costeggiare il bell’Anfiteatro. Raggiungo, sempre con grande affanno, il valichetto tra l’Acquaviva e il Focalone, da cui viene anche avvistato il Matese, e puntiamo poi in direzione della seconda cima della Majella. Ci fanno compagnia cuscini di Sylene acaulis. Alle 12.40 siamo sul M. Acquaviva (m. 2737) per un amplissimo sguardo a 360° e per un meritatissimo panino. Dopo lunga pausa (alle 14.00) lasciamo la vetta e segniamo il passo anche sul M. Focalone (m. 2676) che, osservato dal nostro punto di provenienza, è piuttosto un altopiano. Scendiamo ancora, stavolta in direzione nord, e possiamo osservare a sinistra la parte alta del Vallone dell’Orfento, più grande ma meno orrido di quelli incontrati in mattinata, che ha piccoli nevai in testa. Non seguiamo la cresta in maniera diretta ma deviamo ad est verso il Bivacco Fusco (m. 2455 – ore 15.05) per un’ulteriore lunga sosta (oltre 50 min.) durante la quale lasciamo una firma ed assaggiamo del the preparato al momento da simpatici escursionisti di Francavilla al Mare. Alle 16.25 chiudiamo il cappio doppiando il Fontanino e alle 17.20 siamo all’auto. Degno di nota è un punto (battezzato per l’occasione Imbocco della Nummulite) in cui è possibile osservare Nummuliti con oltre 5 cm di diametro. É lungo il primo tratto del percorso dopo un valico (Est-Ovest) che ospita un tombino e immediatamente dopo un segnale in legno per i sentieri che porta tre frecce. Incontri interessanti: gracchi a volontà (probabilmente anche un gracchio corallino) ma soprattutto la bellezza nuova e particolare del Pinus mugo. Siamo arrivati a casa solo alle 23.05, tra documenti smarriti, carabinieri e il traffico a Caserta. Corno Grande Sirente Centenario Sibilla Velino Fig. 1 Montagne Laga dei Fiori  Novembre 4, 2001 – dom.  Passeggiata a S. Liberatore, m. 466.  -/-  La bellezza e la pulizia di cielo del sabato e della domenica mi spingono a fare quattro passi, anche se brevi ed in solitaria, dopo pranzo. Dalla “Valle di San Liberatore” alla cima (35 min.) osservando rocce, arbusti e bei panorami. Attendo il tramonto affacciato sulla valle metelliana, giocando con la bruna penombra e i casali. Poi vado via: ne valeva la pena!  Novembre 20, 2001 – mar.  Roccadaspide  Antonio, Enrica.  Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”. 2
  • 3. Novembre 21-22, 2001 – mer.-gio.  Trentinara  Antonio, Emilio.  Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.  Novembre 25, 2001 – dom.  Passeggiata su Le Creste (anticima nord), m. 644 (Colline Salernitane)  -/-  In tarda mattinata ed in solitaria decido per una brevissima passeggiata. Da Varco della Foce (Cava-Pellezzano) mi sposto sulla crestina a prevalente direzione S-E per raggiungere in 20 min. la prima anticima nord de Le Creste (644 m.) passando sotto un boschetto misto di giovani castagni e ontani. Dal toppo osservo curioso il panorama poco familiare che si apre ad ovest e riconosco (da nord a sud) M. San Michele e gli adiacenti Mai, l’imponente Monna, il vicino gruppo del Monte Stella e, in un profilo geologicamente utilissimo, il M. Tobenna.  Dicembre 2, 2001 – dom.  Anello con Monte La Nuda, m. 1709 (Massiccio degli Alburni)  Rosario e Francesco, Antonio & Francesca e i caini: Gianni De Fazio (capocordata), Mino, Antonio, Harling. [video]  Prima escursione effettuata in pieno inverno, con le bellezze e le difficoltà caratteristiche della stagione. Partiamo alle ore 9.00 da Postiglione (q. 650) sotto un bosco a prevalenza di faggi giovani e querce, procedendo a zig-zag e salendo di quota. Dopo 45 minuti passiamo accanto alla Grotta di S. Elia (q. 867) e, poco dopo, ci raccordiamo alla base delle alte pareti del Colle Medoro. Lungo questa parte del tracciato incontriamo spesso stalattiti di ghiaccio e, ciò che desta più meraviglia, numerosi pinnacoli e guglie, strapiombanti su di noi. Alle ore 11.50 arriviamo al Valico dell’Arco (q. 1482) guadagnando la visuale finora nascosta e riuscendo a leggere nella cresta che continua a ovest e poi a sud la monoclinale del Massiccio. Approfittando della sosta mi reco, con Antonio, alla vicinissima cima del Guardiano della Nuda (come battezzata dal capocordata). Continuiamo per cresta con direzione prevalente est; a luoghi ci accompagnano il vento e bianchi lembi di nubi, che vediamo crearsi e disfarsi con estrema rapidità. Pochi metri sotto la vetta un valichetto accentuato, fungendo da corridoio per una corrente che batte sui nostri corpi sempre più forte, ci dona per la prima volta il magico aspetto degli alberi con la galaverna, mentre il vento strappa, a raffiche, cristalli di ghiaccio dai rami. Sono le 12.40 quando raggiungiamo la cima di Monte La Nuda (m. 1709), il termometro segna –2. Per consumare il pasto cerchiamo un riparo dall’implacabile vento gelido e dal tumulto delle candide nubi che, sempre più spesso, permettono al sole di riscaldarci. Dopo una sosta di oltre un’ora continuiamo l’anello spostandoci prima lungo la cresta principale e poi, dopo alcuni imbocchi ghiacciati - e quindi scartati - che ci hanno costretto a proseguire sulla principale più del voluto, lungo una crestina secondaria [ciò non mi è dato di sapere con precisione poiché eravamo tutti privi di carta topografica mentre il De Fazio (unico conoscitore della zona) non aveva fissato in precedenza un itinerario né illustrava il percorso, così come avrei preferito, in modo da potermi orientare]. Abbiamo, però, avuto in tal modo la possibilità di effettuare una serie di saliscendi che hanno offerto punti di vista ampi o raccolti, ma sempre estremamente suggestivi: panorami mozzafiato e ventosi sulle rupi verso nordest, tratti silenziosi sotto mature faggete dal suolo innevato, e doline - veri piccoli campi in quota - con una bellissima cornice di faggi ghiacciati dalla galaverna. L’ultima cima raggiunta (quindi la più orientale) prima del dietrofront ci permette di spaziare a 360° sulle restanti vette degli Alburni, sul percorso coperto, sulla costa tirrenica, sulla piana e la sottostante valle del Sele. Comincia così il lungo ritorno dapprima ancora su cresta, poi giù lungo una spalla del Monte Palermo (dalla quale abbiamo ammirato un poetico tramonto) e infine su comoda mulattiera che si inoltra lentamente nel bosco così come il meriggio si inoltrava nella sera e questa nella notte, tanto da farci accendere le torce. Abbiamo così concluso l’escursione praticamente in notturna alle ore 17.50, dopo un dislivello complessivo di circa 1250 metri.  Dicembre 16, 2001 dom. 3
  • 4. Pendici del Monte Caruso (Parco Naturale Diecimare) – vetta mancata.  Rosario. [dia]  Il freddo intenso e la neve di questi giorni, effimera ma continua, mi avevano convinto nel tentare di ripetere un’escursione che fosse squisitamente invernale. Il tempo minaccioso ci ha prima trattenuti dall’andare nei Picentini, poi convinti a non sprecare, almeno, la mattinata. E siamo così andati al Parco di Diecimare. Dal Centro Visite del Parco (q. 425 ca. – da controllare) imbocchiamo il sentiero principale (ore 11.30), quindi il sentiero Natura e poi il sentiero del Falco. Dopo 20 min. di cammino usciamo dal bosco (pini e cipressi rimpiantati) e poco dopo lasciamo la mulattiera segnata dal Parco, che probabilmente porta solo al varco con l’adiacente Forcella della Cava, e giriamo a sinistra verso Monte Caruso. La neve diventa più abbondante, in aria ed a terra. La cima - ormai completamente avvolta - ci sfugge alla vista, il vento cresce ad ogni minuto, il sentiero intrapreso non ha più neppure i segni rossi del CAI, la traccia diventa labile e l’ora tarda. A malincuore decidiamo di fare ritorno (ore 12.50) consapevoli che manca poco (ma non riusciamo a capire quanto poco) dalla vetta. In discesa il tempo peggiora: le raffiche di vento scagliano i piccoli fiocchi di neve sul volto e negli occhi e a volte ci fanno fermare. Quando siamo giunti di nuovo al Centro Visite (ore 13.30) scopriamo che anche lì la neve, assente prima, aveva cominciato ad accumularsi a terra...  Dicembre 28, 2001 ven.  Trentinara  Antonio  Per le note consultare il file “Pro-tesi a Trentinara”.  Dicembre 30, 2001 dom.  Anello sui Monti del Demanio (M. Lattari)  Rosario & Francesco, Antonio, Pierino & Paoletto [dia]  Anello concepito per approfondire la conoscenza dei sentieri che interessano la cresta tra Monte Finestra e l’Avvocata. È risultato molto più avventuroso del previsto! Nonostante il cielo completamente coperto, le previsioni che portavano pioggia e i dissensi familiari, ci rechiamo (ore 9.00) alla base del progettato itinerario (Corpo di Cava, q. 450 ca.): l’intenzione è quella di giungere sulla vetta sud del Finestra utilizzando il sentiero n. 6, quindi di tornare indietro con l’Alta Via e discendere con il n. 4. Imbocchiamo il sentiero n. 6 ma dopo pochi tornanti un casolare con recinti di maiali e cinghiali ci fa tornare sui nostri passi. Insicuri che la strada abbandonata fosse stata quella giusta, abbiamo seguito un chiaro sentiero con segni rossi che parte dal sottostante casone. Ben presto l’orientamento e lo sviluppo del percorso mi suggeriscono che siamo ridiscesi, in realtà, sul n. 4; e la conferma arriva poco dopo. Il sentiero è trascuratissimo: a tratti si perde tra le ginestre e gli arbusti mentre segni rossi nuovi sono pochi (più frequenti sono invece vecchi segni scoloriti); a questo si aggiunga il fatto che, essendoci ormai inoltrati nelle grigie e fitte nubi, la visibilità è scesa sotto i 25 metri e il tracciato è costantemente umido, quindi a rischio di pericolosi scivoloni... Le brutte condizioni di viaggio e il continuo smarrimento del sentiero spingono molti a ritenere più sicura l’Alta Via verso l’Avvocata piuttosto che verso M. Finestra; soprattutto ritenevo importante il fatto che con questa modifica al programma saremmo stati, sul tardi, su sentieri molto familiari e – soprattutto – non saremmo stati costretti a utilizzare per la discesa sentieri potenzialmente di uguale difficoltà, quali il 6 o il 4 all’inverso. Giungiamo in cresta laddove il n. 4 si aggancia sullo 00, e purtroppo siamo invece convinti di aver appena raggiunto la spalla Chianiello: quindi giriamo a destra, come da carta. Il sentiero letteralmente scompare... Controllata la bussola, mi accorgo che la direzione generale assunta è nord! Siamo in direzione M. Finestra! Bisogna tornare indietro! Il vento è più forte, i dubbi d’orientamento sono moltissimi, la bussola perde simbolicamente il vetrino di protezione ed io faccio un bel salto con scivolata in un rudere. Torniamo sui nostri passi e, fortunatamente, i “conti” tornano: ci rendiamo conto della nostra posizione, riconosciamo il sentiero 00 e decidiamo, infine, di attuare la predetta variante caldeggiata soprattutto dal sottoscritto capocordata, da Antonio e da Francesco. La tranquillità, in breve, torna nella truppa e in circa un’ora (anche con interessanti passaggi di discreta difficoltà) percorriamo la cresta per giungere all’incrocio triplo dell’Alta Via (Avvocata – Demanio – Badia). Sono le 12.10. Il pasto riscalda ancora di più il morale e così, dopo tre quarti 4
  • 5. d’ora, prendiamo la via del ritorno verso Cappella Vecchia. Alle 15.20 siamo alla Badia e dopo 35 minuti ritorniamo alle auto, un po’ lontane...  Gennaio 5, 2002 sab.  Monti Mai, m.1607 (Monti Picentini) – vetta mancata.  Rosario, Pierino & Paoletto [video]  Escursione bella e divertente, anche se incompleta. Da Capo Calvanico bisogna seguire le indicazioni per il Santuario di San Michele, continuando su strada asfaltata. Dopo pochi km, alla comparsa del segnale 16A, lasciamo l’auto (ore 8.55; in realtà sulla carta il sentiero coincide già con il precedente tratto asfaltato). Il forte vento ci accoglie nel vallone dell’Acqua Brecciarella. La mulattiera è comoda e ben segnata. Aggirato sulla sinistra un grosso spuntone roccioso (sulla cima del quale si apre un discreto panorama sul percorso coperto e su quello da coprire) assumiamo prevalente direzione est mantenendoci sulla destra orografica del bel Vallone del Faggeto: le chiazze di neve e le stalattiti di ghiaccio aumentano, e ben presto ci ritroviamo a camminare su oltre 1 metro di neve (!!!). A tratti incontriamo difficoltà d’orientamento solo perché la copertura nevosa cela il sentiero altrimenti evidentissimo. Ci sono tuttavia anche dei segni rossi che indicano tracciati non presenti sulla carta (uno di questi inaspettati incroci è, probabilmente, quello segnato a q. 1125 che vede a destra il 16A e a sinistra un sentiero che mena più direttamente a Tuppo dell’Uovo). Alle 10.35 ci concediamo una piccola pausa-cioccolatosa (15 min.) a quota 1260, in un zona di incrocio di sentieri (anch’essa apparentemente del tutto assente sulla carta dei Monti Picentini): ci troviamo in zona Scarfatella. Infatti poco dopo comincia l’ascesa che risulta un po’ più impegnativa, e quindi più lunga, del dovuto a causa dell’abbondante neve. In compenso il bosco innevato è bellissimo... Alle ore 11.35 raggiungiamo la cresta ed un vento, gelido ma atteso. Procediamo verso SSE, a volte spediti a volte lentamente dal momento che la cresta è spesso affilata e la neve spesso ghiacciata; la combinazione impone indiscutibilmente un’estrema cautela: uno scivolone lassù può risultare fatale. Con difficoltà sempre maggiore ci spingiamo fino a poco meno di 100 metri di dislivello dalla vetta, ma andare avanti è cosa proibitiva... Quindi (ore 12.35) decidiamo per il dietrofront e, appena trovato un luogo riparato ma con “vista”, facciamo colazione. La discesa è rapidissima: alle 13.50 siamo già alla Spalluccia del Cioccolato e alle 15.15 vicini alle auto.  Gennaio 19, 2002 sab.  Monte Finestra (cima sud) – vetta mancata.  Rosario, Pierino & Paoletto.  La maledizione della “Finestra da Sud” continua! Dopo il fallito tentativo di un mese fa, ritorniamo sulla cresta (a noi sì cara...) Avvocata-Finestra convinti che da lì sarà facile raggiungere Monte Finestra. Non avevamo fatto i conti con l’Alta Via... Partiamo alle ore 8.40 dalla Badia di Cava, utilizzando il neo-trovato sentiero 2, e continuiamo piuttosto lentamente poiché il sentiero non è d’immediata individuazione né curato. Alla fine infatti lo perdiamo (complice anche l’abbondante neve e le imprecisioni della carta – di cui dirò più tardi...) e siamo costretti a raggiungere l’ormai vicina cresta in direttissima, tra arbusti e tronchi abbattuti (!?) di giovani faggi. Sbuchiamo (11.10) nella parte alta dell’Aria del Grano, tra i montarozzi segnati 933 m. e 932 m.: il panorama è bello, ma molto più bello ed inatteso è l’incontro con sei cavalli pascolanti sulla cresta. La loro presenza rende più dolce l’ambiente e meno amara un’escursione che sarà senza cima... Per l’occasione il suddetto valico (quote 932-933) viene battezzato Località Cavalli (n.b. probabilmente corrisponde al valico tra la fronte e il naso del famoso Profilo di Dante). Ci volgiamo verso nord e in 40 minuti ritroviamo il Casotto che si erge là dove dovrebbe arrivare il sentiero n. 2 e, adiacente, il valico dell’incrocio con il 4, ovvero il Rudere della Caduta (secondo nuovo toponimo della giornata!). E qui, come in un dejavù (ma senza la nebbia...), troviamo le stesse difficoltà del 30 dicembre: i segni ci sono, ma il sentiero praticamente non esiste! Continuiamo insistenti (soprattutto Rosario) verso nord ma la fatica è inconciliabile con l’orario (sono le 13.00) e le volontà: siamo quindi costretti ad un dietrofront che ci indispone. All’una e mezza siamo di nuovo ai Cavalli, per mangiare e godersi un po’ di pace dopo le arrabbiature dello 00 vecchio, non curato e quindi impraticabile. 5
  • 6. Per la discesa ci proponiamo tre possibilità: continuare sull’Alta Via verso il bivio per l’Avvocata (facsimile del 30 dicembre...); inventarsi una strada verso la sottostante e visibile mulattiera per Cappella Vecchia; ritrovare il 2, che dovrebbe essere qui giù, a NE, da qualche parte... Scegliamo l’ultima busta e partiamo (ore 14.30). In effetti scendiamo seguendo prima le nostre impronte sulla neve e poi dei segnali rossi (ma come... il 2 sta qui?). Dopo poco capiamo tutto: il sentiero numero due non è come tracciato sulla carta, esso raggiunge la cresta molto prima mantenendosi quasi sempre parallelo alla crestina secondaria del Colonnello. Sulla carta invece il due raggiunge la cresta molto più avanti e a nordovest, presso il Casotto vicino al Rudere della Caduta. [p.s. altro errore della carta: tra la località Cavalli e il Rudere della Caduta lo 00 non procede affatto sul versante occidentale (né perde 150 metri di quota come segnato sulla carta dei sentieri!), ma si mantiene pressoché in cresta o sul lato cavese]. La morale finale della giornata escursionistica – conclusasi alle 15.45 – è che il Cai riceverà ben presto una nostra visita e, soprattutto, le nostre lamentele!  Gennaio 29, 2002 mar.  Trentinara  Antonio  Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.  Febbraio 17, 2002 dom.  Anello sul Monte Maggiore  Rosario, Antonio & Francesca, Pierino ed ”altri”. Comunque uno in più dell’immaginabile... [video]  La più affollata escursione a cui abbia mai partecipato: di conseguenza, anche se l’ambiente era promettente, il risultato è stato pessimo. Non è esagerato ritenere che oltre un centinaio di persone abbia cinto e conquistato, in questo stesso giorno, le pendici e la vetta del M. Maggiore! Erano presenti tre sezioni Cai (Piedimonte, Caserta e Napoli) organizzate in una miriade di gruppi e gruppini che hanno attaccato il monte da diversi fronti, su sentieri diversi e con mete varie. Una biblica folla festante e curiosa di bimbi, presso uno dei santuari incontrati sul percorso, ha rappresentato la ciliegina sulla torta... Il sentiero parte sulla destra lungo la strada che da Rocchetta porta a Pietramelara, dopo aver valicato. La spedizione comincia (in ritardo) alle 10.00, attraversa subito un pianoro e sale di quota zigzagando nel bosco e accompagnata dalle solite stazioni di una Via Crucis (cominciamo quindi ad intuire che la prima parte del tracciato è una sorte di Avvocata). Dopo 40 minuti incontriamo la Cappella di Frade-Janne (q. 930), un primo panorama verso i settori NE e NO ed una folla degna dell’esodo d’ebraica memoria. Alle 11.00 ripartiamo in fila e, dopo un quarto d’ora decidiamo (anche con la speranza, rimasta delusa, di far “fluire” un po’ la maggior parte dei deportati) di deviare verso il Santuario del SS. Salvatore. Quivi Rosario, novello esploratore di terre mai raggiunte dall’Uomo Bianco, s’imbatte in divertiti autoctoni dalla giovane età. Lentissimamente torniamo indietro e solo alle 11.35 siamo di nuovo sul sentiero per la vetta (mi consola che lungo tale deviazione c’imbattiamo nel livello a Cladocoropsis). La salita è a velocità bassa e costante: alle 12.25 siamo all’anticima e - dopo ancora un quarto d’ora – in vetta. Il pasto dei numerosi caini è abbondante, duraturo e, purtroppo, produce anche un inatteso inquinamento... Sono le due quando lasciamo la cima e alle 15.20 siamo al punto di partenza: la folla si disperde tra le auto e lungo le strade. Torna il silenzio.  Marzo 10, 2002 dom.  Monte Cerreto, m.1316 (Monti Lattari)  Rosario, Pierino & Paoletto [video]  Combinando il sentiero 22 e l’Alta Via, realizziamo un’escursione di mezza giornata su una cima non ancora scalata dei nostri Monti. Alle 8.25 partiamo utilizzando il sentiero 22, segnato sulla carta ma non in campagna, che si presenta comunque abbastanza evidente. Incontriamo tagliaboschi iperattivi e raggiungiamo in un’ora il valico del Tuoro (q. 796) e quindi il segmento di cresta. Da qui, intenzionati ad usare la comoda Alta Via, puntiamo a SSW verso il chiaro Colle Calavricito: i segni rossi sono assenti (anche se erano comparsi al valico) ma la direzione è sacrosantamente giusta, come da carta. Dopo un po’ il cammino diventa più impegnativo e, per questo, più basso l’umore generale. Poi, aggirando 6
  • 7. la Vena S. Marco, la nostra posizione diventa sempre più sicura; compaiono inoltre a destra alte e belle parete, e a sinistra bei scorci verso Tramonti e lungo il profilo Sant’Angelo-Finestra-Avvocata (S.A.F.A), in inusuale veduta riflessa. Mancano dieci minuti alle 10 quando raggiungiamo il valico e l’annessa casetta del Tuoro di Stellante (q. 880). Qui ricompaiono i segni bianco-rossi (‘u pittato, come suggerito dal tagliaboschi) e quindi puntiamo a SW ben determinati e ben indirizzati (grazie ai segni che ci accompagneranno fino alla fine) non prima di aver attraversato un delizioso tratto della cresta completamente invaso da crochi e che gli hanno reso il battesimo di Via dei Crochi. Il sentiero è sicuro, escursionisticamente interessante, paesaggisticamente gratificante e impegnativo nel finale; e alle undici in punto siamo in cima (M. Cerreto, m. 1316). La colazione è breve e il panorama è per lo più celato dalle nubi (compariranno a tratti il Vesuvio, Sant’Angelo a Tre Pizzi, l’Agro, il S.A.F.A.), così dopo mezz’ora lasciamo già la vetta. Giunti al Tuoro di Stellante riusciamo a seguire senza difficoltà i segni e comprendiamo, strada facendo, che la vera Alta Via passa costantemente a mezza costa (fianco SE dell’allineamento Vena S. Marco – Calavricito). Lo 00, quindi, utilizza non la cresta ma quel sentiero (tracciato sulla carta ma comunque mai evidenziato in rosso) che da Tuoro di Stellante mena a WNW, taglia in alto il Vallone Pietra Piana, scende fino ai 775 metri e si congiunge al Tuoro con netta direzione N-S. Tale valico ci rivede all’una meno un quarto e alle 13.25 siamo di nuovo all’auto.  Aprile 27, 2002 sab.  Monte Accellica, m. 1660 (Monti Picentini)  Rosario & Francesco, Piero & Paolo [dia]  Giornata destinata al dimenticatoio perché caratterizzata da una fitta nebbia che ha reso inesistente qualsiasi panorama. Si parte alle 8.45 pronti a percorrere un itinerario misto, ma già rodato, costituito dai sentieri 11b, 11 e 4. Fino a Varco Colla Finestra (ore 10.00) l’escursione è semplice e, purtroppo, già avara d’interessi. Dal varco parte l’erta salita, sotto fitti faggi e - ben presto – anche sotto una sempre più fitta nebbia. Dopo mezz’ora ci dedichiamo una breve pausa (15 min.): ci troviamo a quota 1260 (Ninni dell’Accellica) e il cammino è piuttosto impegnativo. Ripartiti, ci agganciamo subito al filo della cresta secondaria (la spalla d’ascesa) con netta direzione N-S, in un bosco a tratti fitto a tratti rado: il panorama è comunque assente. Alle 11.10 siamo in cresta e la domanda è:”Dobbiamo continuare?”. La via è sicura, ma il tempo è orribile; siamo immersi in una nube, quindi in un 100% d’umidità, e temiamo in un improvviso rovescio. Decidiamo di continuare e viriamo a est. Un forte vento australe, carico d’umidità, bagna e poi gela da destra: l’umidità nell’aria è così tanta che giù per i tronchi colano lavarelle d’acqua dalla portata mai vista! Nel finale della cresta due diversivi svegliano le sinapsi intorpidite dalle infiltrazioni: prima si perdono i segni rossi (ma la via è unica), poi Paoletto ci annuncia una vetta (senza alcun segnale da “vetta”...) che subito si scopre essere invece un’anticima (Anticima Paoletto, probabilmente il picco segnato con m. 1627). Il vero traguardo giunge poco dopo (M. Accellica, m. 1660); sono le 12.05. Purtroppo null’altro, se non la vetta, è possibile vedere da lassù e dopo solo 10 minuti siamo già di ritorno. Mancano 10 minuti all’una quando lasciamo la cresta e alle 13.25 siamo di nuovo al Valico Colla Finestra. La sterrata finale è lunga e noiosa come non mai, vivificata soltanto dal puzzo delle flatulenze di cinque vacche che sospingeremo per un bel po’. Alle 14.35 rientriamo - infreddoliti e umidicci - nell’auto: lì consumeremo sciapi panini...  Maggio 18, 2002 sab.  Monte Polveracchio, m. 1790 (Monti Picentini) – vetta mancata.  Rosario, Piero & Paolo [dia]  Il progetto, rivelatosi anche più ambizioso del previsto, prevedeva l’uso dei sentieri 7-b e 7-a per raggiungere la vetta. L’attacco del sentiero è raggiungibile da Acerno svoltando a destra nella piazza principale (provenendo da Montecorvino) e quindi subito a sinistra: la strada, che mena a Campagna, è molto dissestata e dopo circa 15 minuti, terminato l’asfalto, abbiamo convenuto di fermare l’auto per proseguire a piedi. Eravamo a circa 700 m. altri segni Acerno s.l.m. 7a L’escursione comincia, in ritardo sentiero rispetto al previsto, alle ore 9.40 continuando la suddetta strada 7a sterrata N 7 Fig. 2 7b
  • 8. per Campagna, ormai divenuta sterrata. Poco dopo, in un acceso tornante a destra, troviamo uno (ed unico sarà…) segnale rosso su tronco: abbiamo incrociato il sentiero 7-b. Lasciamo la strada e scendiamo a sinistra. I segni si dimostrano appunto limitati a quell’unico visibile lungo la strada; noi continuiamo con sicurezza – bussola e carta alla mano – nella direzione riportata sulla carta dei sentieri, ma ciononostante non esistono segni rossi. Attraversiamo uno slargo-stazzo e siamo prossimi al fiumiciattolo del Vallone Puzunito, che attraversiamo poco più avanti dopo aver intravisto un animale a pelo lungo di piccola taglia scomparire nel bosco (una faina?). Raggiungiamo, tutt’insieme, una sterrata, una baracca e un mandriano; che ci indirizza verso la direzione giusta. Seguendo la sterrata troviamo i segni 7-a e, poco dopo, un’atroce zona d’incrocio di sterrate (circoletto in fig. 2) con annesso tombino: probabilmente era questo, un tempo, l’immacolato punto d’incrocio tra il 7-a e il 7-bprosieguo Sentiero Italia (q. 907). Sono le 10.35 e, più o meno sicuri su dove ci troviamo, giriamo a est cominciando la lunga risalita del versante più occidentale del Polveracchio. L’ambiente è molto affascinante, e bellissimo è a tratti il bosco di faggi, ma il dislivello è notevole. Alla mezza siamo a quota 1460 circa, in corrispondenza di un valico di una delle spalle settentrionali della dorsale. I segni, in realtà abbastanza presenti sinora, scompaiono: ci dirigiamo comunque a sud, come da carta, e li ritroviamo infatti poco più su. Alle 12.50 siamo finalmente, abbastanza stanchi, all’attacco della cresta (che si trova a q. 1500, non 1527 come sulla carta: probabilmente il percorso effettuato non è lo stesso tracciato sulla carta) da cui parte anche il 7-c (e non dal precedente valichetto: altro errore della mappa). Un quarto d’ora di pausa, dedicato soprattutto all’Albero della Facile Arrampicata, e poi via verso est. L’ampia e luminosa cresta ovest ci dona bei panorami e stancanti saliscendi (più sali che scendi). Purtroppo giunti a q. 1620 i segni si annullano, lasciandoci in vista della vicina vetta ma non intenzionati a girare a zonzo per conquistarla: il rischio è quello di rallentamenti a causa delle numerose macchie boscose, di incappare in punti che costringano al dietrofront e, infine ma primo, di perdere troppo tempo nel tentativo di trovare la strada giusta o, altrimenti, di scegliere la migliore ad essa alternativa. L’orario (14.15) ci fa decidere e, subito, accomodare sull’accomodante prato assolato che vedrà solo per pochi minuti i nostri agognati panini. Esattamente un’ora dopo lasciamo la pseudo-meta. Alle quattro lasciamo anche la cresta e alle 17.15 rivediamo la zona-incroci-tombino (fig. 2). Invece di utilizzare la “via vecchia” (7-b verso SSE), fraintendendo le indicazioni date dal mandriano sette ore prima, proviamo la sterrata verso W con l’idea che ci porti prima all’auto. In realtà ci allontaniamo vistosamente ed inutilmente verso NW: quindi dietrofront! Il tombino ci rivede per la terza volta (manca poco alle diciotto). Proviamo a seguire i segni rossi 7-b (“In un modo o in un altro porteranno alla strada della mattina! Rivedremo quell’unico segno! O no?”), ma altre nuove sterrate ci disorientano tanto da farci fare l’ennesimo dietrofront. La parte finale (attraversamento fiumiciattolo, stazzo-vacche, sentierino NE-SW come-da-mappa-ma-senza-segnali) sarà tutta affidata alle nostre quattro menti e alle loro capacità di memoria, e sarà arricchita dalla palpabile tensione del Piero preoccupato per l’oscurità che calava. Ma questo è un film a lieto fine: l’auto ci rivedrà alle 18.55.  Maggio 26, 2002 dom.  Cappio con Monte Tartaro, m. 2192 - Monte Meta, m. 2242 (Parco Nazionale D’Abruzzo – Lazio - Molise)  Antonio & Francesca, Bruno Perillo, Mimmo, Paolo Lipu e due coppie [dia]  Escursione di indubbia ricchezza che a causa del tempo inclemente (nonostante le previsioni fossero state positive) è infine risultata meno interessante di quanto potesse essere. La giornata comincia alle 5.15, sveglia necessaria per essere a Prato di Mezzo (q. 1420 - Picinisco) e partire alle 9.30. Purtroppo fin dall’inizio (e in effetti già si intuiva dalla strada) siamo immersi nelle nubi tanto che il paesaggio circostante è del tutto assente. S’intuisce che il bosco viene subito lasciato, ma gli ampi panorami di cui dovremmo di conseguenza godere ci sono proibiti! Alle 10.45, dopo aver lasciato alle spalle un bell’esemplare di Ellipsactinia, siamo al bivio N1-N3 e alle porte di un grazioso pianoro (finalmente si vede qualcosa…) ricco di Genzianelle. I segni qui si perdono un po’: seguiamo la direzione N – NW e alcuni ometti, superiamo strettamente a destra la Torretta Paradiso e giungiamo in vista (per lo più assente) della Val Canneto. L’escursione continua a mezza costa e registra interessantissimi incontri con i camosci e un’impennata di quota solo in corrispondenza di uno Stazzo delle Bombole, presso il quale bisogna tenersi molto più a destra di quanto suggerisca un evidente sentiero che (testimonianza di Antonio) non mena al valico di nostro interesse. Raggiungiamo tale valico, e quindi la cresta, all’una: finalmente riusciamo a vedere gli ampi e promessi panorami, che ci accompagneranno a singhiozzi, ma sempre e solo sul lato sinistro della cresta, ovvero internamente al Parco: riusciremo a leggere la tipica forma delle valle glaciali, 8
  • 9. accumuli morenici, lo Jamiccio, il lago di Barrea in lontananza, lingue di neve invernale sotto di noi, ecc… Dopo solo 25 minuti siamo sulla prima vetta (M. Tartaro, m. 2191) su cui riposiamo e mangiamo. Alle 13.55 continuiamo la traversata per cresta con altri camosci e incontrando anche la Primula Orecchia d’Orso, pianta dall’areale piuttosto ristretto. Il tempo peggiora e pioggia e vento ci accompagnano in cima al M. Meta (q. 2242, ore 15.00) che ci trattiene per un’altra ora circa. Per il rientro, quindi, puntiamo a Passo Monaci, in corrispondenza del quale pioggia e grandine ci inzuppano per benino. Orami sono pronto a tutto! Chiudiamo rapidamente il cappio e alle 18.10 siamo alle auto, tutto sommato soddisfatti, ma con la sensazione di non aver fatto tutto, lungo il sentiero…  Giugno 2, 2002 dom.  Cappio con Serra del Campitello, m. 2026 – Monte della Corte, m. 2182 (Parco Nazionale D’Abruzzo – Lazio - Molise)  Rosario, Antonio & Francesca, Aldo Colleoni, Mino sbarbato, due giovani di Piedimonte, alcuni caini di Cassino [dia]  La trasferta comincia la sera prima, ospitati in Casa Giordano. Il percorso ha impiegato diversi sentieri del Parco (tutti A e Y), con partenza dalla Valle di Prato Rosso, vicinissima a Pescasseroli. Alle 8.40 lasciamo alle spalle le auto, poco dopo la fontana e il cartello del Parco, a quota 1300 circa. Dopo quaranta minuti di bosco e radurette, passiamo per il nodo del cappio (lo Stazzo, incrocio A6-A1) e proseguiamo diritti (A1) per giungere all’incrocio del Rifugio (chiuso) di Prato Rosso: delle tre strade che si parano avanti (A2, A4, A5) prendiamo quella centrale e continuiamo sotto un bosco sempre fitto e maturo. Alle 10 sbuchiamo sull’alta valle di Prato Rosso che, poco più avanti, si mostrerà chiaramente con la sua origine glaciale. Il sentiero ci porta sul lato sinistro della valle, guadagniamo quota e ci agganciamo alla crestina (in effetti già Serra del Campitello) che continueremo in direzione sud. È passato solo un quarto d’ora quando siamo sulla nostra prima cima (Serra del Campitello, m. 2026); ma continuiamo senza sosta, mantenendo la direzione. Superiamo la testata della valle, che lasciamo a destra, e si apre ai nostri occhi una seconda valletta (sì cara all’Antonio, tanto da determinare il battesimo Conca Giordano) ampia e serena, dal colore verde piacevolmente passante - più in alto - al bianco calcareo; al centro della stessa un casolare in pietra aiuta nell’intuire le proporzioni. Alle 11.50 ci concediamo una pausa-colazione, sempre in vista della suddetta Conca e, purtroppo, anche di numerosi figuri che raccolgono illegalmente (siamo in un Parco!) gli orapi. Ripreso il cammino, seguiamo sempre l’allineamento di cime e cimette della nostra cresta, la quale congiunge il Campitello con La Corte e borda a est e a sud la Conca Giordano, per arrivare infine sulla seconda vetta (Monte della Corte, m. 2182 – ore 12.55) dopo una intensa erta finale che da una parte invita (il sottoscritto, tra gli altri…)a risparmiar fiato e dall’altra incita all’impresa personale! (Rosario). Il tempo che minaccia inclemenza ci suggerisce una pausa pranzo piuttosto breve, solo trenta minuti, dopo i quali lasciamo la vetta scendendo per un diverso versante (più ad ovest) con cui, in pratica, circuiamo la neonata Conca. Tale versante inoltre ci dona la vista di bei prati ricchissimamente colorati del blu elettrico delle Genzianelle, del viola e del giallo delle Viole, del rosa intenso della Silene acaulis, che a cuscinetti sbuca sul verde brillante dell’erbette, e – infine – del prezioso giallo dalla Primula Orecchia d’Orso. Rientriamo nel bosco della Val di Corte e comincia un lungo e stancante tratto sul greto del fiume, su cui è impiantato il sentiero (A 6). Ben presto osserviamo sulla destra la rialzata Fonte Schiappito e, solo molto più tardi (alle 15.15), chiudiamo il cappio in località Stazzo. Alle quattro in punto siamo alle auto, con una leggera pioggerellina che a tratti aveva cominciato ad accompagnarci. La pioggia, forte e abbondante, arriverà solo più tardi, quand’ormai si era già al sicuro. Fortunatamente!  Giugno 23, 2002 dom.  Vallone Pinzarrino (Monti Picentini)  Rosario, Antonio, Alessandro.  Brevissima passeggiata in occasione del genetliaco dell’Alessandro. Il punto di partenza si raggiunge da Acerno seguendo le indicazioni per Piana del Gaudo e guadagnando subito il greto del fiume all’altezza del tornante che piega a destra (sentiero 14A). Seguiamo l’alveo asciutto, meravigliati per l’abbondante mondezza inattesa, che culmina con una 9
  • 10. carcassa d’auto nel bel mezzo del corso fluviale (ancora asciutto). Il rottame ha, almeno, segnato la fine dell’area soggetta all’inquinamento umano. Infatti a monte il greto è pulito e piacevole. Ci attenderebbe una svolta a sinistra, seguendo un rio tributario, che purtroppo non si paleserà mai ai nostri occhi. Continuiamo così il ramo principale che porta alla Fiumara Tànnera: le pareti della valle si accostano e diventano ripide, l’acqua compare prima in pozze poi fluente e abbondante, la fauna (a testimonianza della purezza delle acque) brulica di insettini protetti da un involucro, uova di anfibi, vermi probabilmente nematodi e infine (e all’apice della piramide alimentare, eccetto l’uomo) di numerose ed enormi trote fario. Quest’ultime sinuose s’adagiano in una pozza profonda e buia, serrata tra lisciate e scivolose pareti, posta sotto una cascatella. Il bagno completo rappresenterebbe l’unica possibilità di prosecuzione. Ma non siamo d’accordo. E così si impone il dietrofront, tra l’altro suggerito anche dall’orario, che ci porta (fatta eccezione per un blando tentativo di scovare il sentiero CAI) univocamente all’auto. Un tortino festeggerà il festeggiato, poi: ciao-ciao.  Agosto 1-8, 2002 – gio./gio.  Gruppo dei Monti Sibillini (Appennino umbro-marchigiano).  Antonio & Francesca, Alex, Pietro e altri caini delle sezioni di Piedimonte Matese, Napoli, Caserta [poche fotografie]  Bella e remunerativa settimana trascorsa nel cuore dei Monti della Sibilla, rifugiati nel comodo Centro Escursionistico Giovanile di Castelluccio di Norcia (q. 1452), ottimamente gestito da Enzo Cori, presidente della sezione Cai di Spoleto. Il Pian Grande di Castelluccio, circondato da vette e valli, è stato il suggestivo contesto che ci ha ospitati.  Giovedì 1° agosto. Arrivo e notturna. Siamo in sei: io, Antonio & Francesca, Alex, Pietro Delle Piane e Sergio il Vomerese. All’arrivo in Castelluccio il primo parere è stato di un paese per metà vecchio e per metà nuovo, diroccato e restaurato, turistico eppure destinato a sparire. La settimana che qui trascorreremo in effetti mi darà ragione… In serata mangiamo la pizza di patate e le melanzane della mamma e ospitiamo Ilaria, girl- scout agesci, che gira per l’Umbria chiedendo ospitalità e offrendo aiuto in casa (è la sua missione). L’indomani mattina scopriremo che è iscritta a Scienze Naturali a Napoli e che è una delle prossime erasmine in terra rumena. Morale: ci siamo già incontrati nello studio del Prof! Quando si dice che il mondo è piccolo… Breve escursione in notturna (eccetto il sottoscritto e il collega paleontologo, impegnati a preparasi geologicamente per il giorno successivo) verso Poggio di Croce, q. 1833.  Venerdì 2 agosto. Circuito dei Monti Bove (m. 2112 e m. 2169) e Monte Bicco (m. 2052). Partenza dall’Hotel Felicita in Pian dell’Arco (Frontignano). Utilizzando il sentiero n.15 e attraversando un bosco ricchissimo di funghi (le “vesce” e un Phallus impudicus) raggiungiamo la Val di Bove e, dopo la fonte a quota 1597, viriamo a sinistra. Per tutto l’itinerario seguiremo la classica serie umbro-marchigiana (serie U-M) con il Calare Massiccio (cima del Bicco), le Marne a Posidonia (cima del Bove Nord) e i Calcari Diasprigni, la Maiolica (cima del Bove Sud e cresta tra i due Bove). Probabilmente è anche presente la Formazione de Calcari a Saccocoma ed aptici (eteropica ai Calcari Diasprigni) dal momento che più volte sono stati ritrovati aptici interi o frammentati in sedimenti quasi totalmente calcarei (gli aptici che vedremo nei calcari marnosi rossi dell’Acquasanta appartengono al Bugarone e quindi non sono coevi). È stato anche raccolto un campione purtroppo tuttora disperso. Raggiungiamo la Croce di Monte Bove (q. 1905) e, con direzione netta est e un bel po’ di fatica, il M. Bove Nord (q. 2112) da cui si riconosce la continuità – tipica dei Sibillini – di vette in successione collegate da creste; in questo caso: M. Rotondo, Pizzo Tre Vescovi, Pizzo Berro e, più lontano, la Priora. Continuiamo il circuito che borda la chiara valle glaciale dell’attuale Val di Bove, con bellissimi panorami su Val Panìco e Val di Tenna, e raggiungiamo il top di M. Bove Sud (q. 2169) dal quale lo sguardo può seguire un altro allineamento (la Sibilla, Cima Vallelunga, M. Porche) mentre lontano s’intravede la coppia Vettore-Redentore. Pausa colazione dopo aver coperto, all’incirca, 1000 metri di dislivello. Ultima cima della giornata sarà Monte Bicco (m. 2052). Il rientro avverrà su due strade: alcuni (io, Antonio, Alex) tornano indietro e usano un canalone su cui è sorto un impianto di risalita e che porta direttamente al punto di partenza, gli altri superano il Bicco e si ricollegano alla Val di Bove. In serata ci sarà una confusa cena alla taverna-reception e l’arrivo di Bruno Cherillo e Aldo Geront-Lover. 10
  • 11. Sabato 3 agosto. Escursione geo-paleontologica in Valle Acquasanta [altri: cresta Sibilla- Vallelunga-Porche]. Il gruppo si divide in due: mentre la maggior parte compie un’impegnativa e lunga traversata d’andata e ritorno con cui si toccheranno le cime Sibilla, Vallelunga e M. Porche, i paleontologi Luca e Antonio, consultate le mappe, si recano a Bolognola con l’intento duplice di soddisfare il Prof Barattolo e le proprie seti d’ammoniti. Percorrendo il sentiero 35 cogliamo il primo obiettivo e, in più, riceviamo in regalo la visione di bellezze geologiche-naturalistiche quasi uniche. Il sentiero in questione attraversa la serie U-M nella porzione dei Calcari a Posidonia (di cui forse osserviamo qualche esemplare frammentato), della Maiolica (l’oggetto della nostra ricerca), delle Marne a Fucoidi (abbondanti e facilmente riconoscibili) e della Scaglia Rossa (che compare alla fine e osserviamo da lontano). Raccolti sette campioni di Maiolica ad altezze stratigrafiche diverse, e continuando a salire la serie, ci ritroviamo nelle Marne a Fucoidi piegate e fagliate: qui l’entusiasmo è unico! Mesopieghe a iosa sul nostro versante e su quello opposto confondono le nostre menti abituate ad una geologia non plastica; spesso il nucleo è eroso (forse perché ivi la roccia, per le tensioni deformative, è sbrecciata in scaglie minute) e vi si impostano piccole cavità naturali molto suggestive; altrettanto spesso le ali delle pieghe sono asimmetriche e il lato più corto è bruscamente raccordato a quello lungo successivo mediante superfici che paiono di faglia. Ben presto all’esaltazione tettonica si aggiunge quella naturalistica con l’arrivo, dall’alto, di un gran numero di rivoli, impegnati a trovare la propria strada verso il basso oppure a scavarsela. In fondo al tratto percorribile del sentiero, una cascatella cade da oltre 25 metri d’altezza mentre, poco dietro, il rio dell’Acquasanta salta giù da una chiusa che dell’ultima e più bella parte della valle fluviale lo sguardo esclude. Lì procedere costa cautela (per il pericolo di caduta rocce) e infrazioni (dal momento che un divieto d’accesso proibisce all’escursionista quel cuore della Valle). Sfacciato e armato di coraggio mi isso sulla sgangherata scalaccia di ferro arrugginito che si arrampica sulla parete verticale della chiusa. In cima gli ultimi due metri sono da percorrere sulle grate inclinate ed invase dalle alghe, su cui scorre l’acqua. Scivolare è una verità fisica, almeno per me che non accompagno l’Antonio in quell’ultima conquista. Fu così, tra l’altro, che ho capito quanto l’arrampicata non appartenga alla mia natura. Soddisfatti da quel piccolo paradiso nascosto, torniamo indietro sui nostri passi per il secondo intento: le ammoniti del Bugarone. L’affioramento si slarga intorno al chilometro 19 della strada che da Bolognola mena a Piastra. Le promesse vengono mantenute, ma non per tutti. Fu così, tra l’altro, che l’Antonio portò a casa un’elegante ammonite da esposizione mentre il sottoscritto raccolse brandelli d’aptici e frammenti vari, attualmente in corso di studio. In serata al rifugio si crea un super gruppone per l’arrivo degli ospiti Mauro e Graziella da Fabriano (si fermeranno solo fino alla sera successiva) e di una consistente fetta dei caini previsti, con Geppino, Gabriella, Cignola, Lina, Luisa, Paola Sindachessa. Cena sociale senza l’Alex, dormiente catalettico.  Domenica 4 agosto. Circuito con M. Patino (m. 1883) e M. Lieto (m. 1944) [altri: Grotte di Frasassi] Giornata mista: il terzetto Alex-Bruno-Aldo si dirige a Frasassi; la coppia Paola-Graziella va verso le medesime grotte, ma per altre strade; il gruppone infine (a cui si aggiungono per la giornata gli amici Loredana e Paolo) si incammina verso le cime a nord ovest del Piano, con partenza da Castelluccio. Coprendo il sentiero 19 A ci rifocilliamo di lamponi, fragole e more, attraversiamo Coste le Prata e poi – lasciandolo - giungiamo senza toccar cime ai piedi del Monte delle Rose, affollato di recinti per ovini. La comitiva, eccetto due defaillances, giunge a Forca di Giuda tramite il Sentiero Italia e, con il n. 21, al M. Patino (m. 1833). Ritorniamo sui nostri passi, aggiriamo il M. delle Rose e tocchiamo il valico (q. 1683) tra Valle Canàtra e Valle di Rapegna, quest’ultima risulterà molto bella per la ricca vegetazione e le aspre rocce della testa. La seconda cima viene conquistata “alla larga” usando la mulattiera a mezza costa che punta a nord e virando, poi, a sud-est da quota 1843 sul sentiero 22 A. Sulla vetta (ore 14.00 - M. Lieto, m. 1944) ci rifocilliamo. La discesa è rapida, prima continuando sul 22 A poi scendendo giù a capofitto dal valico verso il Vallone Canàtra, nel quale assisteremo alla scena piuttosto insolita di una capra che ha appena partorito, come segnalato dal cordone ombelicale ancora attaccato, col piccolo traballante sulle zampe. Al ritorno a Castelluccio troviamo gli ultimi arrivi del Cai di Piedimonte: Concetta, Domenico, Pino, Tonino.  Lunedì 5 agosto. Monte Redentore, m. 2448 [altri, in aggiunta: Vettore e lago di Pilato] Primi saluti: Aldo e Bruno. Quasi al completo, la compagnia si reca sul gruppo Vettore- Redentore con partenza sfalsata a causa della disponibilità dei bagni… I “giovani” partono alle 11
  • 12. 8.00 da Forca di Presta (sentiero n. 1), ma il gap tra le due spedizioni si azzera già al rifugio Zizioli che sarà quindi usato come punto di riferimento per tutta l’escursione. Da qui infatti (q. 2233) partiranno tutte le possibili combinazioni della giornata: alcuni (come il sottoscritto) scaleranno solo la bellissima cima del Redentore, altri solo quella del Vettore, altri ancora segneranno prima l’una poi l’altra. La cresta (con Punta di Prato Pulito, m. 2373, e Cima del Lago, m.2422) che dallo Zizioli porta al Redentore è probabilmente la più bella mai incontrata in tutte le mie passeggiate in montagna: si offre intera - in tutta la sua lunghezza - agli occhi, aerea e affilata, col Pian Grande aperto e solarissimo da un lato ed il Vettore col laghetto di Pilato dall’altro. Sulla cima (Cima del Redentore, m. 2448) il panorama è mozzafiato ed impone un silenzio quasi sacro, che suggerisce la solitudine prima ancora del rispetto per questi luoghi e per la Natura. Così me ne torno da solo, circondato da saettanti fringuelli (?) e nobili Stelle alpine, apprezzando a pieno gli sfuggenti orizzonti riempiti dai restanti Sibillini, dal Corno Grande e dalla Montagna dei Fiori, dalla Laga. Ritrovatici di nuovo allo Zizioli, e consumati un sempre-sorprendente-pranzo-cai, ci ridividiamo in due: il grosso scende al lago e, valicando Forca Viola, sarà poi recuperato a Fonte San Lorenzo, i restanti (io, Antonio, Alex, Concetta e Tonino) ricalcano la via dell’andata, tempestata da accese raffiche di vento stranamente assente sulle creste. In serata la cena dall’Erborista sarà un po’ deludente…  Martedì 6 agosto. Escursione cittadina a Spoleto e Cascia [altri: Pizzo Tre Vescovi e Valle Acquasanta] Mentre tutti partecipano all’escursione su Pizzo Tre Vescovi e Valle Acquasanta (soluzione di ripiego al posto di un Pizzo Berro – Priora proibitiva a causa del forte vento) una piccola spedizione (io, Antonio, Alex e Concetta) si concede una gita turistica a Spoleto, così accompagniamo Sergio alla stazione, e al santuario di Santa Rita a Cascia. La cena ci vedrà di nuovo, e per l’ultima volta, tutti insieme al tavolo del rifugio.  Mercoledì 7 agosto. [altri: Gole dell’Infernaccio] Il programma della giornata prevedeva la risalita del Vallone del Garrafo, nei Monti della Laga. Purtroppo, giunti sul luogo, uno scivolone brusco e rischioso e l’acqua alta e torbida, a causa delle piogge della notte, ci vietano di proseguire. E così, salutato il terzetto Domenico – Pino – Tonino, la comitiva si sposta all’Infernaccio (e, a sentire i racconti, si consola molto bene…) tranne i capi Luca e Antonio costretti al rientro per l’arrivo di Enzo Cori. Mi darà molta dolcezza i giochi di luce del pomeriggio e la passeggiata in solitaria nel mezzo del Pian Grande.  Giovedì 8 agosto. [altri: Argentella e Palazzo Borghese] La mezza giornata a disposizione, piuttosto che impiegarla per l’escursione in calendario, la giochiamo – io e il Sandro – con una passeggiata e un po’ di shopping a Norcia. Un saluto a tutti, arrivederci alla prossima!  Settembre 29, 2002 - dom.  Trentinara  Antonio.  Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.  Ottobre 25-28, 2002 - ven./lun.  Villaggio Pino Grande (Sila Grande)  Antonio, Fabio Villani e Daniela Buonocore [foto]  Fine settimana (un po’ allargato) nella cara Sila, ospiti di Casa Giordano. L’iniziale gruppo, numerosissimo, si è ridotto a solo quattro unità. La presenza di Fabio è stata preziosa per le conoscenze sulla geologia della Calabria; a tale proposito consultare il file “Sila-Calabria e due modelli di subduzione”.  Venerdì 25 ottobre. Arrivo in serata. Chiacchiere e progetti per il giorno dopo e per i successivi, mentre si consumano cibi cotti da casa.  Sabato 26 ottobre. Sentiero numero 4. Escursione negli affascinanti boschi della Fossiata e di Gallopane: il percorso ci terrà occupati per tutta la giornata. Il primo tratto, in salita, presenta pini mediamente più piccoli, successivamente però il bosco diventa più maturo e ricchissimo di angoli mirabili. Pini larici (Pinus nigra, sottospecie laricio), 12
  • 13. faggi, abeti bianchi e pochi tassi sono le specie arboree incontrate che, grazie alla stagione, colorano il bosco e il sottobosco d’una varietà di tinte dal verde scuro, al verde intenso e al chiaro, dal bruno al marrone e al giallo. Ben presto compaiono anche i funghi, che in serata saranno cucinati e mangiati con grande soddisfazione. Si tratta soprattutto di Hydnum repandum (noto anche come steccherino), d’immediato riconoscimento grazie all’imenoforo ad aghetti, di qualche Lycoperdon sp. (conosciuto in Calabria come vescia, ma noto anche come Pirito di Lupo o Loffa) e di un unico Lactarius deliciousus, volgarmente chiamato rosito, che si differenzia dall’altrettanto commestibile Russula perché le lamelle di quest’ultimo sono bianche mentre nel rosito sono giallastre. Anche la vescia è di facile riconoscimento: il corpo (il carpoforo) è bianco, subsferico e di consistenza elastica prima (quando può essere raccolto e consumato) e diventa bruno e pulvurulento alla maturità, quando libera con uno sbuffo le spore, se viene calpestato. All’itinerario previsto sulla carta abbiamo aggiunto una breve deviazione con cui è stato raggiunto il Cozzo Pupàtolo: la deviazione si prende nel tratto più a nord del sentiero proseguendo sulla sterrata, al posto di lasciarla girando a destra in direzione Col del Lupo. L’escursione si è conclusa con un secondo, più breve, allontanamento dal tracciato (a destra, lungo un rio secondario della Valle della Fossiata, in cui è stata avvistata la trota fario) alla ricerca infruttuosa dei Giganti del Parco, e con il ritorno ad anello sulla statale 282. In serata ci aspetta un’ottima cena preparata dalla Daniela ed un dopocena a base di Lovecraft.  Domenica 27 ottobre. Longobucco. Giornata alternativa. La mattinata è dedicata al tennis, il pomeriggio invece alla geologia (con buona pazienza di Daniela). Dopo pranzo, infatti, raggiungiamo la città di Longobucco allo scopo di ritrovare ammoniti e brachiopodi. L’affioramento d’interesse è lungo la strada che da Longobucco porta a Cropalati, dopo l’incrocio (solitamente non segnato sulle carte) per l’Ortiano ma prima di quello per Puntadura, sulla sinistra. Entrambi i taxa fossili sono stati ritrovati ma, in entrambi i casi, non è stato possibile prelevare campioni. Una sintesi dei discorsi della giornata è consultabile nel file “Sila-Calabria e due modelli di subduzione”. Una breve sosta a Longobucco ha preceduto il rientro a casa, con l’ennesima ottima cena preparata da Daniela.  Lunedì 28 ottobre. Il rientro è cominciato in tarda mattinata. Durante il viaggio Fabio ha proposto, ed è stato accettato, uno stop a Rivello, piccolo centro nel Lagonegrese. Piacevole paese ed ultima, e per questo spiacevole, passeggiata della piccola comitiva. A presto!  Dicembre 8, 2002 - dom.  Cappio con Monte Finestra (vetta nord - m. 1128).  Francesco, Antonio & Francesca, Pierino & Paoletto.  Dopo una lunga interruzione riprendiamo l’attività escursionistica nelle nostre zone. Il Rosario, organizzatore della spedizione, sarà costretto all’ultimo minuto a mancare l’appuntamento (con cui apriamo anche la stagione invernale) a causa di una condizione generale non ottima. Il vento ed il freddo ha però reso più che giustificata la sua assenza. La comitiva aveva in programma la classica delle classiche: ascensione su “La Montagna” (per i cavesi) tramite il sentiero n. 8. Pochi passi dopo l’avvio però, la sempreattiva Francesca propone con successo il numero 10. Durante la risalita restano alcuni dubbi sulla fattibilità del sentiero, ma saranno alimentati per poco tempo e, ben presto, al loro posto troverà spazio la soddisfazione e insieme il dispiacere di aver violato un tabù che da anni si tramandava, da generazione in generazione. Il percorso n. 10 è infatti il cosiddetto “Sergio Rosa”. A causa della trasformazione del Casone in un agriturismo, l’attacco doppio (nn. 8 e 10) del sentiero è attualmente posto sulla destra prima degli ultimi due tornanti, molto evidente (ma ciononostante mancato in questa escursione). Dopo il bivio il sentiero si trasforma in traccia, i segni rossi sono comunque spesso numerosi ed evidenti. Il tracciato, però, non corrisponde con la carta. La spalla rocciosa, ad esempio, prima della località Cisterne non viene aggirata: il sentiero porta direttamente al punto di quota 743; più a monte il sentiero si muove sempre in vista del vallone centrale e punta alla cima senza spostarsi a destra come segnala la carta. In più punti è risultato necessario un attento uso di mani e piedi, tutti tesi a trovare il migliore appiglio e costretti a discrete contorsioni. Dopo una breve pausa-colazione sulla vetta nord (Il Telefono, m.1128), scendiamo alla finestra e subito torniamo a valle utilizzando il noto sentiero 8. Ci attende un pranzo domenicale, in compagnia di Antonio & Francesca. 13
  • 14. Dicembre 10, 2002 – mar.  Parco Diecimare  Rosario  Il doppio desiderio di una breve passeggiata e di far visita all’amico obiettore Agostino ci ha spinti al Parco Decimare nel primo pomeriggio. Con la supervisione del suddetto obiettore, risaliamo nell’area protetta fino al recinto di caprioli, portando loro il cibo. L’attesa del loro arrivo resterà delusa e il freddo, che invece era diventato sempre più presente, verrà poi temperato dal tè offertoci nel centro visite. Buon lavoro, Agostino.  Dicembre 15, 2002 – dom.  Anello con M. Sant’Angelo, m. 1130, e Valico Tramontane.  Rosario  Escursione di mezza giornata non particolarmente bella ma utile per la conoscenza dei sentieri caini dei Monti Lattari. E’ stato effettuato un circuito con i sentieri 14 e 12, anche se l’intenzione era quella di percorrerli al contrario (prima 12 e poi 14). L’attacco doppio (12 e 14) è al Contrapone. Per raggiungerlo bisogna arrivare prima nelle vicinanze della chiesa di Passiano, senza mai raggiungerla però, e continuare poi – piuttosto - sulla strada principale (seguendo già delle frecce rosse) che conduce ad uno slargo. Il sentiero comincia (ore 8.20) come una larga strada di sterro. Ben presto, in corrispondenza di una curva a destra (che tra l’altro nasconde alla vista una barra che chiude la sterrata) i segni rossi fanno lasciare la suddetta sterrata per guadagnare un sentiero sulla destra. E’ questo il bivio 12-14, ma non è affatto chiaro dal momento che sono visibili solo i segni del 14 (quelli che abbiamo seguito), nessun numero è segnato ed il sentiero 12, che in pratica continua lungo la sterrata, non viene in alcun modo segnalato. Tutto ciò verrà scoperto strada facendo e il quadro dei sentieri verrà chiarito solo alla fine, quando sarà chiuso il cappio. Il sentiero 14 è, comunque, ampiamente segnato: solo in una parte centrale, più arbustiva che boschiva, c’è qualche dubbio sulla direzione, dubbio alimentato anche dal fatto che si pensava di essere sul sentiero n. 12. La direzione generale del tracciato, la nostra posizione e, infine, la parete rocciosa (che parte dalla quota 900 circa) sotto la quale passa il 14 ci hanno – definitivamente – chiarito dove stavamo andando. Questa parete, per la funzione svolta in tale occasione, è stata battezzata lo Scoglio dell’Orientamento. Alle 10.30 raggiungiamo Punta Nevarra (q. 1036), molto poco panoramica a causa degli alberi e puntiamo a est verso la vetta. Le nubi, sotto cui ci infiliamo, ci vietano ulteriormente la vista. Dopo mezz’ora circondiamo gli orribili edifici posti in cima a Monte Sant’Angelo (m. 1130) e subito viriamo a sud, verso il varco delle Tramontane, liberi da qualsiasi segno Cai ma con una strada univoca: la cresta. Alle 11.45 attraversiamo il Varco (q. 895) e lasciamo la cresta impiegando il sentiero 12. Durante la discesa notiamo alcuni punti del percorso che meritano un po’ d’attenzione per il corretto orientamento, dal momento che in passato gli stessi escursionisti sullo stesso sentiero in salita (n.12) si sono smarriti. Circa a quota 800, o meno, c’è un incrocio [A] la cui esatta direzione è segnalata da un cartello che però risulta piuttosto nascosto: per chi sale è sulla sinistra, quasi alle spalle, su un ramo alto. Più in basso (circa 700 m) c’è un altro incrocio [B] con segni nascosti, e di nuovo la direzione corretta è a sinistra, sempre per chi sale. Incroci successivi, blandamente segnati, possono essere decisi seguendo la sterrata principale. Ad un invasivo incrocio [C] a 4 tra due strade di sterro (praticamente scavate nella roccia e perpendicolari tra di loro) bisogna voltare a destra se si sta salendo (ovviamente bisogna girare a sinistra, se si sta scendendo). Nell’ultimo tratto della discesa, in corrispondenza di un acceso tornate a destra, un segno equivoco ci fa allontanare dalla sterrata (strada principale) per un sentiero, ma la deviazione è inutile dal momento che si riallaccia poco più in basso alla stessa sterrata. Si attraversa, infine, il mega tornantone a q. 468 (che sulla carta non è interessato dal sentiero) per ricongiungersi poi al cappio 12-14, posto a ridosso della barra. [L’escursione successiva, oltre che particolarissima per chi vi partecipa, chiarirà ulteriormente questo versante del gruppo Finestra-Santangelo.]  Gennaio 2, 2003 – gio.  Circuito aperto con Valico delle Tramontane e Monte Finestra (vetta nord - m. 1128).  Rosario, papà Gerardo e zio Alfonso, Sandro argentino e Valeriano [video] 14
  • 15. Escursione dalle sfumature internazionali e con un assortimento di partecipanti più unico che raro. Soddisfacendo due desideri (quello vecchio dello zio Alfonso di ritornare, a distanza di molti anni, sulla Finestra e quello freschissimo del di lui nipote argentino Sandro di fare un giro tornantone sui monti dei luoghi d’origine della sua famiglia) conduciamo una lunga, impegnativa ma gratificante escursione sul Monte caro ai cavesi, aggiungendo un bel tratto di cresta. Il circuito fig. 3 (riguardando i sentieri 12, Alta Via e 8) è risultato altresì utile per completare e consolidare la conoscenza del tracciato 12 già percorso durante la precedente escursione, a cui converrà rimandarsi allorquando per brevità verrà indicato: vedi 15/12. Partenza da Contrapone [vedi 15/12/02] alle 8.25. Seguiamo il sentiero 12 superando la barra posta in una curva ove è collocato, senza indicazioni, l’incrocio con il 14 [vedi 15/12]. L’ascesa è tranquilla anche se il bosco è giovanissimo a causa dei tagli e privo di particolari bellezze. Non si lascia mai la sterrata principale per sentieri o altre sterrate laterali. Le maggiori sono tre, stilizzate in rosso in fig. 3, delle quali la prima è subito dopo il tornantone di quota 468 (ca. 30 min. dalla partenza e 500 m. di quota) mentre le altre sono poste in corrispondenza di tornanti (nota: il disegno non è in scala e le posizioni reciproche dei tre stralci non sono esatte). A quota 580 circa (45 min. dalla partenza) passiamo per l’invasivo incrocio di sterrate [vedi [C] in 15/12] voltando a destra e poco dopo, ad una biforcazione, prendiamo di nuovo a destra (sull’altra strada si vede una piccola edicola in legno). La sterrata perde di quota, offre sulla sinistra un inverosimile cartello M. Finestra-Xxx e giunge ad un tornante a destra. Successivamente (1 ora dalla partenza, q. 670 circa) troviamo una biforcazione [[B] in 15/12]: un segno sbiadito segna a sinistra. Dopo 10 minuti (q. 730 circa) nuovo incrocio con un cartello di faccia (non visto durante la 15/12) che segna a sinistra “Pietra’nghiana”: per giungere al Varco Tramontane bisogna continuare diritto sulla sterrata. Dopo altri 5 minuti (h 1.15 dalla partenza, q. 750 circa) troviamo, praticamente in successione: una prima deviazione a sinistra (leggera traccia in salita, presenza di due strane frecce divergenti e congiunte alla base, disegnate su una roccia all’inizio di questo sentiero) che non bisogna prendere e una seconda deviazione a sinistra che bisogna intraprendere (incrocio [A] del 15/12, presenza di cartello alle spalle di chi sale, posto su un ramo tagliato). Da questo momento comincia il sentiero in zig-zag che ci porterà, alle 10.05, sul belvedere del Varco delle Tramontane (q. 895). Ma da questo momento in poi tutto il percorso, spostandoci sulla cresta, sarà un belvedere. I panorami tra il versante cavese e quello tramontìno si sprecano. Dopo un’ora esatta giungiamo al valico a quota 938, presso il quale emerge anche un altro sentiero da est. Dopo tale valico (che ospita un palo, una campana rotta ed una strana edicoletta votiva) i segni rossi portano – inaspettatamente – sul lato orientale di Vena del Covello anche se a destra (oltre una casettaccia con mattoni di cemento che pare in costruzione!!!!!) è ben evidente un sentiero-mulattiera, molto invitante per la comodità [tra l’altro ricordo anche di aver effettuato tale percorso in passato con l’Antonio e mi sembra che la strada allora impiegata sia stata quella di destra…]. La cresta diventa più impegnativa e alle 12.15 siamo sulla vetta nord di M. Finestra (q. 1128). La colazione è breve: il tempo fino a quel punto ottimo (a dispetto delle previsioni) cominciava a cedere alle minacce dei nuvoloni provenienti soprattutto dall’invidioso Monte Sant’Angelo. All’una siamo alla rituale finestra (con piccola celebrazione per onorare il ritorno dello zio sul Monte di Cava) e alle 13.20 ci rimettiamo in viaggio impiegando il sentiero n. 8. La discesa purtroppo risulterà lenta e sempre più lenta. Le cause? La stanchezza della comitiva; il sentiero fangoso o comunque su rocce umide, che minacciava scivoloni ad alto rischio; l’acclività dell’itinerario, che costringeva i già provati corpi degli ultra cinquantenni e settantenni a vibranti colpi a carico delle loro indolenzite gambe e braccia. Piccola variante: all’altezza dello Spuntone Belvedere invece di proseguire dritti seguendo i segni, giriamo a sinistra sotto il boschetto abbandonando la crestina. In tal modo si evita il grottino I get up I get down, ma si passa per la fonte “Pantaniello ‘e l’avese” per riunirsi ai segni poco più avanti, in corrispondenza di un incrocio un tempo segnato anche da un cartello oggi smarrito. L’auto del gentil Francesco sarà raggiunta solo alle 16.05!  Gennaio 19, 2003 – dom.  Doppio cappio sul Monte Circeo (m. 541).  Rosario, Antonio, Conte Puccescu, il rumeno Florìn, i caini Domenico, Aldo Colleone, Luisa ‘a ribelle, Gigliola e Geppino, Antonio Romano ed altri soci delle sezioni di Piedimonte e Caserta per un totale di oltre 20 partecipanti. [foto digitali] 15
  • 16. Ritorniamo a cinque anni di distanza e con piacere sul promontorio del Circeo. La comitiva è affollata e attardante – come al solito – ma può fregiarsi di una coppia di partecipanti d’eccezione: il Conte Puccescu e il rumeno Flopo! La partenza (dopo che la sveglia era suonata alle 5.30, per noi più meridionali…) si è avuta alle 10.05 da Torre Paola, in uno slargo che praticamente giace sul curvone della statale che da San Felice Circeo porta al Lido di Sabaudia. Per tutto il percorso i segni bianco-rossi del Cai saranno presenti e chiari, anche se in cresta ben poche sono le possibilità d’errore. La sterrata iniziale viene quasi subito abbandonata per un sentiero sulla destra, che si muove sotto il fitto bosco. La risalita è acclive e anche scivolosa (quel versante della montagna è, almeno in inverno, sempre all’ombra) ma in poco tempo, 40 minuti, usciamo allo scoperto agganciando la cresta e guadagnando i primi panorami sui laghi costieri del Pontino. La cresta è affilata, a tratti così erta da richiedere necessariamente l’uso delle mani. Una prima anticima, ancora molto distante dalla vetta, offre panorami sempre più interessanti, soprattutto verso la costa rocciosa sottostante. E’ presente un solo incrocio, ben segnalato, poco prima della meta, che mena a sinistra ridiscendendo sulla sterrata. Nel complesso la risalita è piuttosto lenta e alle 12.15 siamo sulla cima (Monte Circeo, q. 541) per una lunga pausa pranzo, in perfetto stile cai-piedimontese… Solo alle 14.00 lasciamo l’ampio panorama a 360°, un po’ velato dalla foschia, e discendiamo utilizzando il percorso della risalita. A quell’unico incrocio il gruppo però si divide in due: alcuni utilizzeranno lo stesso sentiero dell’andata, altri (la maggior parte, anche se spezzettata in molti microgruppi) girano invece a destra, buttandosi a capofitto, subito nel bosco. In questo modo, e in meno di 50 minuti, si torna alla sterrata laddove termina, ovvero soltanto un po’ più avanti rispetto al punto in cui la si aveva lasciata all’andata. L’ultimo quarto d’ora è impiegato per percorrere tale sterrata e rivedere le auto. L’attesa che tutti i partecipanti facessero ritorno fu piacevolissimamente consumata sulla sabbia del lido, passeggiando tra la risacca e invitati dal vento a raccogliere conchiglie.  Gennaio 26, 2003 – dom.  Circuito aperto con cappio terminale nella Valle delle Ferriere (Monti Lattari)  Rosario, Antonio & Francesca, Barbara, Fabio Villani, Maria [foto]  Le abbondanti piogge durante la settimana avevano consigliato all’Antonio di bissare questa spedizione (che aveva compiuto già 15 giorni prima) portando quindi anche noialtri, per la prima volta, in questa eccezionale valle dei cari Lattari. Si parte alle 9.00 dalla piazzetta belvedere di Pogerola, terra sacra ai Paolillo, utilizzando il sentiero numero 59. In realtà è possibile anche partire a piedi da Amalfi, salendo per le vecchie scale nella roccia che, fino a qualche tempo fa, rappresentavano l’unico collegamento tra il casale paolilliano e la bella città marinara. Il percorso, segnato con bolli rossi, si insinua tra le casine di Pogerola ma già in vista del bel Vallone delle Ferriere. Dopo le abitazioni, si prosegue su mulattiera e in 45 minuti ci si immette sul sentiero 01, che scende da sinistra. Si passa quindi alla base di una prima cascatella, visibile già in lontananza, di discreta altezza (il panorama dal versante opposto che osserveremo al ritorno, mostrerà che in effetti quella cascatella, così come molte altre, scende da quote molto più alte e giunge fino sul fondo della valle dopo una serie di salti e di tratti in cui assume carattere di rapida) e subito dopo si passa per un bivio: bisogna prendere a sinistra, leggermente in salita. Su entrambi i sentieri sono presenti dei segni rossi (anche se quelli di sinistra non sono visibili dall’incrocio perché posti solo dopo un po’ di strada), ma il sentiero di destra porta a valle. Da questo momento la vegetazione è più fitta e i segni più radi. Si giunge ad una seconda cascata, che per essere attraversata richiede maggiore perizia, e infine si scende a T su di una netta mulattiera (ore 10.50) allineata alla valle. La carta è imprecisa: probabilmente sono presenti molti più sentieri di quanti essa ne riporta e, di sicuro, molti sono segnati in rosso sul terreno ma non sulla carta. Alle 11.00 arriviamo al tornantino che segna il punto più interno ufficialmente raggiungibile nella Riserva Valle delle Ferriere: l’acqua, già abbondante e bella, diviene la protagonista indiscussa. Il torrente copioso ne riceve da sinistra e da destra, scendendo tumultuoso tra salti e rapide, mentre scava marmitte o rallenta negli angusti slarghi. A dispetto del cartello di divieto, varchiamo il tornante e troviamo due bellissimi salti del torrente, dei quali il secondo viene visitato alla base, sotto la polvere d’acqua nebulizzata e una strana brezza alimentata dalla stessa caduta d’acqua. Poco più su attraversiamo un blando incrocio: a sinistra (straccetti sugli alberi) il sentiero dovrebbe far aggirare la testata della valle molto più a monte, curvare e portare infine a Monte Rotondo; a destra, che intraprendiamo, il sentiero continua a costeggiare il torrente e giungiamo (ore 12.15) all’angolo più profondo della valle: continuare non sarebbe possibile dal momento che ci sono solo alte pareti a chiudere lo 16
  • 17. sguardo, dalle quali continua a scendere acqua. La maggiore di queste cascate ha una portata minore di quelle al tornantino ma compie un salto molto più alto. Mezz’ora di pausa per un panino e poi facciamo dietrofront. Ripassiamo al tornatino con cartelli- divieto, chiudendo il cappio, e proseguiamo sul nuovo versante della valle. Si rivelerà molto più panoramico del primo, arricchito a sinistra dalle pareti strapiombanti sulle nostre teste, a destra dalle ampie vedute sulle pareti opposte (ricche d’acqua e di alberi), sotto di noi dalla valle e dai suoi dirupati opifici e - dinanzi - da Amalfi, stretta tra i piani di Pogerola e Pontone, tra il mare e la valle coltivata ad agrumi. Alle 14.00 vediamo l’incrocio con il n.57 e, dopo venti minuti, svoltiamo a destra (poco prima del grosso silos giallo posto sulla cresta). Alle 15.00 chiudiamo il circuito ritrovando l’auto lasciata di mattina a Pontone e, mentre tutti gli altri vanno a riprendere le restanti auto, il sottoscritto e la Francesca scendono a piedi per le gradinate che da Pontone portano ad Amalfi, tra limoni, cani rabbiosi e gatti socievoli.  Febbraio 2, 2003 – dom.  Doppio cappio con Monte Caruso, (m. 761) e Forcella della Cava – vetta mancata - (Parco Diecimare).  Antonio.  Escursione inaspettatamente bella. La neve intorno Cava ci spinge nel vicino Parco di Diecimare, in compagnia di Antonio, alla fine unico compagno dell’escursione dal momento che il Rosario e l’obiettore Agostino resteranno nei pressi dell’area del capriolo. La neve è stata sicuramente la caratteristica chiave che ha giocato la differenza per questa escursione, altrimenti banale, compiuta nell’arco della sola mattinata. Dal Centro Visite, percorrendo prima il sentiero natura e poi quello del falco, puntiamo dritti su Monte Caruso. Il sentiero, pur se all’inizio segnato con abbondante attenzione, giunto in prossimità di una palizzata con filo spinato si dissolve, lasciando la tonda e brulla cima quale unica ma inequivocabile indicazione. La neve è già abbondante, come abbondanti saranno su di lei numerose impronte. La vetta innevata (Monte Caruso, m. 761) circondata da un panorama innevato (che abbraccia i Picentini, i Lattari ed il Vesuvio) è piacevolissima. Subito scendiamo a sud, attraversiamo il valico della Pannèra e continuiamo per la crestina. Ci troviamo adesso sul sentiero dei due golfi, in un paesaggio inusualmente ricco del candore nivale. Si passa per il casolare con pozzo e quindi, ancora a sud, verso Forcella della Cava. La neve accumulata a terra risulta sempre di più, tanto che per accelerare la risalita lasciamo il sentiero principale (o ciò che ci sembrava tale, attraverso il manto della neve che tutto nasconde…) per arrampicarci di traverso verso l’alto. La divagazione purtroppo ci costerà la vetta, che resta immacolata mentre noi, per cautela, preferiamo non rischiare scivoloni e così torniamo indietro. Alla Pannèra (nodo del cappio superiore) continuiamo a percorrere il sentiero dei due golfi che, stranamente o per nostra disattenzione, ci conduce di nuovo sul sentiero del falco, alla base del Caruso (e così chiudiamo il nodo del cappio inferiore). Al Centro Visite del Parco ci aspettano dopo una mattinata spesa con i caprioli ma per niente proficua…  Febbraio 8, 2003 – sab.  Piano Laceno (Picentini)  Rosario & Francesco, Piero e Paolo [foto]  Era intenzione dei partecipanti raggiungere il Monte Cervialto. Per tale scopo siamo stati in grado di trovarci al Piano Laceno, angolo Ristorante La Lucciola, alle 8.45. Il cielo azzurro che garantiva una chilometrica visibilità, la candida neve presente ovunque sugli alberi e abbondantissima a terra (oltre 1 metro) ed infine una temperatura record mai osservata da noi poveri abitanti vicino-costieri (all’arrivo sul piano: -13.5°!!!!) sembravano le premesse di una escursione memorabile. Di sicuro resterà unica solo la bellezza della giornata. Eccezionale! Purtroppo il sentiero prescelto (n. 13) non verrà imboccato, fin dall’inizio. Questo sarà la causa dapprima di una risalita tra valloncelli al seguito di segni rossi equivocamente interpretati come d’origine caina, e - successivamente - di un tentativo di risalita libera (quando tali segni sono spariti) su acclivi e innevatissime spalle. Le difficoltà e la mancanza di volontà da parte di alcuni nel procedere saranno la causa di un infamante dietrofront, durante il quale riusciamo comunque a spiegare l’errore della partenza e a riconoscere, poi, il vero attacco del 13. 17
  • 18. Dopo aver almeno goduto di divertenti scivoli scavati nella neve e di ovattati agguati alle retrovie, seguiranno una mortificante colazione in “stile pic-nic sul Terminio” ed un prematuro rientro a casa. Prematuro, ma mai quanto l’incondiviso vaglio di recedere.  Febbraio 16, 2003 – dom.  Piano Laceno (Picentini)  Rosario & Francesco, Gerardo & Elena.  Con il preciso scopo di fare quattro passi sulla neve e prendere un conveniente caffè al Piano Laceno, ci rechiamo sugli stessi passi delle settimana scorsa. La mattinata sarà trascorsa piacevolmente a “sciuliare” sulla neve, in divertente assetto da famiglia.  Febbraio 23, 2003 – dom.  Anello con Monte Falerio, m. 684, e Monte dell’Avvocata, m. 1014 (Lattari)  Rosario & Francesco, Antonio [video]  Lungo ed interessante anello che, pur toccando luoghi per noi sì noti e frequentati, ci ha permesso di utilizzare sentieri ancora inesplorati donando nuove prospettive su familiari cime. L’impegno, discreto, ha completato il quadro, rendendo l’escursione pienamente gratificante. L’anello, segnato sulla nuova carta dei Lattari ma assente sulla precedente edizione (a cui facciamo riferimento), ha per punto di partenza ed arrivo Cetara. L’attacco è –esattamente- in via Carcarella, traversina destra della strada principale della città; si passa a destra del cimitero (raggiungibile anche in auto) e si comincia a risalire la cresta che, con direzione SSW-NNE, punta al Falerio. Vi sono, qua e là, vecchi segni rossi, ma Il sentiero non è unico. All’arrivo presso un casone giallo, lo si supera sulla destra seguendo una freccia rossa. Alle 9.15, dopo quaranta minuti dalla partenza, in prossimità di una piccola casetta dirupata incontriamo il bivio (non segnato a terra, ma probabilmente corrisponde sulla carta a quello quotato a 365 m.) che distingue il sentiero per la cresta e per la vetta (a destra, che impieghiamo) da quello che aggira il Falerio alla base delle pareti, per buona parte evidentissimo da tutto il resto dell’Alta Via. Lungo la cresta ci saranno pochi segni rossi all’inizio, ma poi sarà possibile seguire facilmente e liberamente il filo per arrivare in cima: ore 10.00, Monte Falerio (m. 684). Dopo una pausa di dieci minuti discendiamo verso nord (si imbocca il sentierino spostandosi verso destra) e per le 10.35 siamo già alla familiarissima Cappella Vecchia. Dopo una breve socializzazione con i caini della sezione di Cava, lì scovati, ci mettiamo in cammino sull’Alta Via, nella sua parte più nota e più cara a noi cavesi. Dopo circa un’ora siamo alla fonte Scetate ca è juorn’ (chiusa, ma abbiamo scoperto che sulla destra, poco più su, ce n’è un’altra che in quel momento menava) e alle 12.15, dopo aver lasciato lo 00 per salire -in 15 minuti- la cresta che dal valico delle Vene di San Pietro porta al Montagnone, siamo in cima alla Montagna dell’Avvocata (m. 1014), in cui brighiamo una breve pausa. Infatti subito caliamo, liberamente fuori sentiero, verso SE raggiungendo il mitico Bell’vede’ e poi attraversiamo l’ancor più mitico (perché pericolosissimo per i numerosissimi escursionisti-fedeli) sentiero che lo collega al Santuario, a cui arriviamo alle 12.50. Nuvole che velano il sole, presente invece per tutta la mattinata, ci spingono ad una sosta piuttosto breve e così, dopo una visita alla sottostante grottina, all’una e mezza siamo sulla via del ritorno. Il sentiero che ci porterà a Cetara è il numero 5, che dovrà essere percorso in parte. Lo si può prendere dalle mura del Santuario, all’altezza della fontana, laddove termina la staccionata di legno. La discesa è facile. Numerosi sono gli incroci che si incrociano. Nei due più marcati si è sempre andati a sinistra (la destra dovrebbe portare a Maiori), inoltre poco dopo il secondo compare sulla roccia una frecciona con scritto “Cetara”: probabilmente il prima dei due è l’incrocio 5-7 della carta (ed il secondo è il successivo, vicino). Ad un’ora circa di cammino, dopo un tratto dissestato, si perviene ad un altro incrocio: destra Erchie, sinistra Cetara. Infatti proseguendo a sinistra si attraversa un rigagnolo, in corrispondenza di un tornatino, dopo il quale compare la scritta “Cetara”. L’incrocio in questione, ed il susseguente tornantino con attraversamento, sono posti a circa 400 m., dunque quasi sicuramente il disegno del tracciato n.5 sulla carta è sbagliato: tale incrocio e tale tornante possono verosimilmente essere individuati (sulla carta) poco oltre i 400 metri di quota, su una linea che è più a valle del 5, nella zona opposta a Piano di Viesco ma sempre nella parte alta del vallone di Erchie. Dopo un ulteriore quarto d’ora (14.45) raggiungiamo un grosso edificio posto sullo stesso Piano di Viesco, che qui appare suggestivo e in bellissima posizione per un ampio panorama sulle retrostanti cime. (Sulla carta tale costruzione potrebbe corrispondere al pozzo segnato q. 439, tra il Piano ed il Feliceto). Dopo appena 10 minuti ci si 18
  • 19. imbatte nell’ultimo incrocio: si volta a destra e cominciano i gradini che accompagneranno fino alla fine. A sinistra è segnato come numero di sentiero il n. 2. Trattasi sicuramente di una vecchia numerazione. D’altra parte però, lo stesso tratto su gradini che ci attende riporterà più volte il segno 1 + 2, stando quindi ad indicare un tratto comune ai due percorsi, che si sarebbero poi separati a monte: 1 a sinistra (salendo), verso Piano di Viesco e l’Avvocata, e 2 a destra (sempre per chi sale) verso… non si sa! L’arrivo a Cetara si ha per direttissima usando la crestina di una spalla (quella con una Madonna del Popolo, tra l’altro non trovata) che punta dritta al centro del corso. Vi sbucheremo, alle 15.35, uscendo da via Turillo, praticamente coincidente con la via Carcarella dell’andata, dopo quasi 1100 metri di dislivello.  Marzo 22, 2003 – sab.  Anello con Monte Caruso, m. 761, e Forcella della Cava, m. 852 (Parco Diecimare)  Rosario, Piero & Paolo con Remì [foto]  Piacevole escursione di mezza giornata nei dintorni di Cava, alla scoperta di luoghi e panorami tanto vicini quanto ignoti. Per tutti i partecipanti si tratta, inoltre, della prima ascensione sulla maggiore delle cime orientali di Cava, la rocciosa Forcella. Alle 8.30, dopo aver lasciato il civile Agostino al suo dovere presso il Centro Visite, percorriamo il comodo sentiero n. 2 del Parco che, allontanandosi da esso guadagna poca quota e aggira il tondo Caruso alla base. Successivamente il sentiero risale a zig-zag e torna indietro verso la direzione di partenza, assestandosi ad una quota maggiore. Dopo l’incrocio 2 – 4 (che permetterebbe, continuando sul due, di chiudere subito un anello breve) ci immettiamo sul sentiero n. 4 (del falco) che risale il brullo cucuzzolo. Il tracciato di questi sentieri non ci era stato mai chiarissimo: abbiamo sempre pensato che questa traccia portasse fin sulla cima, in realtà porta al valico Santa Lucia (n.b. per l’ascesa al Caruso la stessa guardia, incontrata alla fine nel Centro, ci ha indicato la cresta che dal succitato valico va verso nord). Allorquando ci è stato chiaro che stavamo puntando al valico (in località nota anche come la Pannera), abbiamo abbandonato il sentiero e liberamente siamo risaliti a sinistra lungo il precisissimo profilo di Caruso, giungendo in vetta (m. 761, ore 9.45) sotto il tagliente sguardo di rapaci gironzolanti. Dopo una pausa di soli dieci minuti, scendiamo dalla bella cima andando verso sud, puntando al Valico di Santa Lucia (m. 642), che superiamo, e pervenendo poi alla Casermetta (ore 10.25). Lungo il filo della crestina il sentiero è facile e panoramico, abbellito da muscari e ancora da qualche crocus. La cima della Forcella della Cava (m. 852) (che, per chi viene da nord, viene prima superata e poi riagganciata da sud) sarà raggiunta alle undici, guadagnando un belvedere su Cava, sui monti Picentini e sul sottostante castagneto di Decimare. Per il ritorno, piuttosto che ripercorrere i medesimi sentieri, decidiamo di continuare verso sud lungo la cresta, che saremo comunque costretti a lasciare –prima o poi – per virare a destra e puntare, a occhio, verso il Centro. Infatti ci agganceremo sul sentiero del bosco, poco prima dell’area dei bombi, concludendo l’anello alle 12.30, in perfetto orario per una doccia e per il pranzo domenicale. Da notare che l’iperattivo Remì ha compiuto un percorso perlomeno triplo rispetto a noialtri partecipanti.  Marzo 29, 2003 – sab.  Alta Valle del Sabato (Monti Picentini)  Barbara.  Spedizione preliminare di mezza giornata finalizzata alla conoscenza dell’eventuale area di lavoro della tesi di Barbara. Oggetto di studio sono stati gli alberi della valle, ma la mancanza di foglie e infiorescenze ha impedito il riconoscimento di molte specie.  Marzo 30, 2003 – dom.  Circuito aperto con Valico delle Tramontane e Monte Finestra (vetta nord, m. 1128, e vetta sud, m.1145).  Rosario, Antonio & Francesca, Fabio Villani, Gabriella Riselli, Pietro Rotunno, Mauro e Graziella di Fabriano e moltissimi altri caini tra cui: Domenico, Mino, Aldo Colleoni, signor Antonio, Paola Sindaco, Pompeo. Bonus track: prof.ssa Coppa-De Castro. [foto]  Escursione inserita nel programma del Cai di Piedimonte Matese, con la guida di Antonio & Francesca ai quali si è dovuto aggiungere il nostro prezioso contributo quali conoscitori della parte 19