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XV Congresso della Federazione Nazionale Sindrome di Prader-Willi 
Montegrotto Terme 5-6 settembre 2014 
La comunicazione 
della diagnosi 
Rossana Grossi 
Psicologa Associazione Regionale SPW 
Emilia Romagna
…senza escludere elementi di speranza!
Definizione 
La comunicazione della diagnosi è un atto medico giornaliero per lo specialista 
È un vero e proprio intervento medico… 
E per le malattie genetiche rare? 
La comunicazione della diagnosi di una malattia a prognosi complessa è 
una serie coordinata e graduale di incontri che il medico svolge con il 
paziente e/o i suoi familiari, dopo aver definito la diagnosi più precisa 
possibile, con l’obiettivo di potenziare le risorse disponibili nella 
famiglia per affrontare le conseguenze della malattia e di fornire le 
informazioni più rilevanti sul piano assistenziale e prognostico
Dal punto di vista del medico… 
Diagnosi di malattia comune con prognosi favorevole: 
compito agevole 
Diagnosi di malattia genetica o rara con prognosi sfavorevole: 
compito complesso e difficile 
Un bimbo su 40 non rappresenta però per il neonatologo 
un evento raro… 
P. Mondrian
Dal punto di vista 
dei genitori… 
Avere un figlio è un evento che porta cambiamenti importanti 
È spesso il risultato di una scelta condivisa, 
di un bisogno di auto-realizzazione, 
di un desiderio di prolungare la propria vita nel figlio 
trasmettendo anche la propria eredità culturale … 
La nascita di un figlio con disabilità 
rappresenta un evento critico che 
può sconvolgere gli equilibri nella famiglia 
…è un evento raro… 
J.Mirò Ballerina II
CHI 
QUANDO 
CON CHI 
DOVE 
COSA 
COME 
… fare la comunicazione di diagnosi
CHI 
Il neonatologo, il genetista, il pediatra… 
Chi comunica la diagnosi deve possedere una buona conoscenza 
• del bambino 
• della sua famiglia (impossibile nella maggioranza dei casi) 
• della condizione diagnosticata 
• possibilmente essere il futuro responsabile dell’assistenza
QUANDO 
E’ meglio esporre subito il sospetto formulato sulla clinica 
(es. dismorfie tipiche di sindromi cromosomiche, ipotonia…) ? 
… o è meglio attendere la risposta degli esami di laboratorio? 
In base a vari studi sembra essere migliore la soluzione di 
comunicare subito il sospetto (utile il parere di altri colleghi) 
In caso di “diagnosi non definibile” si può procedere con una 
diagnosi funzionale per programmare il piano assistenziale che 
preveda anche la periodica rivalutazione diagnostica
…QUANDO 
E’ molto utile convocare i genitori per un secondo colloquio entro brevissimo 
tempo (da 1 a pochissimi giorni) cui ne possono seguire altri per permettere 
loro di formulare domande, ascoltare risposte efficaci e far emergere 
problemi a cui non avevano avuto modo di pensare durante il primo colloquio. 
‘‘Mi ricorderò tutta la vita il momento della diagnosi’’ 
una mamma 
Continueranno a fare e farsi domande per molto tempo, ma le risposte dei 
primi colloqui rimarranno scolpite nella loro mente. 
‘‘Qualcuno mi ha detto: io mi ricordo ad una ad una tutte le parole che lei 
mi ha detto ed era passato qualche anno… ed io ho pensato: chissà cosa ho 
detto! Spero di aver parlato bene! È una responsabilità molto pesante!’’ 
una genetista pediatra
Per evitare esperienze come questa: 
‘‘Le cose mi venivano dette solo quando erano certe… ‘sono sicuro, parlo’… 
forse c’è la paura di denunce. Io avrei preferito più franchezza, dimmi 
quello che mi aspetta, non addolcirmi la pillola, io ho bisogno di armarmi di 
pazienza e affrontare la cosa, non ho bisogno di essere coccolata, mi fa 
solo rimanere lì in stand-by ad aspettare senza avere la possibilità di 
reagire soprattutto al dolore che provoca questa cosa. In un anno e mezzo 
noi ci siamo illusi che si stessero sbagliando e non siamo stati accolti in 
questa cosa: non abbiamo avuto un riscontro del tipo ‘Vi ho detto questa 
cosa, parliamone, cosa ne pensate? Quali sono i vostri sentimenti? Diteci 
quanta rabbia avete’… magari non è una cosa dovuta, ma ci avrebbe aiutati’’ 
una mamma
CON CHI 
La presenza dei entrambi i genitore è la condizione preferibile 
Se le condizioni della madre non lo consentono, la prima comunicazione 
può essere fatta solo al padre 
E’ opportuno incontrare al più presto entrambi i genitori 
comportandosi come se fosse la prima volta 
Quando possibile è importante la presenza del bimbo 
Nei colloqui successivi sarebbe utile coinvolgere anche altri familiari 
come i fratelli e le sorelle oppure i nonni 
Nei colloqui successivi sarebbe opportuna la presenza del pediatra di 
base e di altri specialisti coinvolti nella presa in carico
DOVE 
Gli incontri devono avvenire in uno spazio privato, libero da 
interferenze di ogni tipo (es. interruzioni telefoniche o da altri 
operatori) nel rispetto della famiglia e dell’importanza del momento 
P. Magritte ‘’L’impero delle luci’’ 
… e dedicando il massimo di tempo possibile per il primo incontro! 
“La dottoressa mi tenne tre ore di orologio, mi spiegò tutto, non ebbi timore a 
fare domande anche stupide… uscii tranquilla perché mi sentivo in buone mani” 
una mamma
COSA 
• Le informazioni date all’inizio devono essere aggiornate ed autorevoli, esposte con 
semplicità, chiarezza e linguaggio comune 
• La prognosi deve fornire un quadro genericamente valido per qualunque bambino con 
quella diagnosi 
• I genitori preferiscono informazioni limitate alle caratteristiche principali della 
sindrome con le complicanze più comuni. Infatti l’emozione del momento può impedire 
ai genitori di assimilare informazioni successive anche se chiare e corrette 
• La descrizione della condizione deve essere seguita dalla presentazione del piano 
assistenziale e d’intervento definito in evoluzione e costruito su misura indicando il 
centro specialistico di riferimento più accessibile per un’assistenza multidisciplinare 
ed integrata con i servizi territoriali 
• È importante dare indicazioni su associazioni di genitori per avere utili contatti con 
chi ha già avuto esperienze simili, per ulteriori informazioni e proposte di soluzioni ai 
problemi che si possono incontrare nel tempo.
Informazione 
e 
gradualità 
La prima comunicazione di diagnosi certa deve essere data con precisione e 
sincerità, ma senza la pretesa di completezza 
Questo primo momento è infatti l’inizio di un processo dove troveranno spazio 
altre informazioni dopo che i genitori avranno appreso anche le caratteristiche 
del loro bambino senza essere totalmente condizionati dalle parole dei sanitari 
L’attenzione dei genitori si sposta così dal presente al futuro, dal bisogno 
di sapere a quello di progettare lo sviluppo del loro bimbo 
‘’Bisogna dire le cose in modo molto semplice e chiaro. Quando non c’è ancora la certezza della 
diagnosi, magari perché il test molecolare non è ancora arrivato, si deve essere sinceri, bisogna 
giustificare il fatto che si fanno esami per chiarire la diagnosi. Se si sospetta una malattia genetica 
lo si può dire, però senza essere troppo dettagliati, ma in modo che i genitori capiscano bene’’ 
una genetista
Cosa significa comunicare? 
«Nella comunicazione medico-paziente, e ancor più in occasione della 
comunicazione di diagnosi, l’intervento medico si compone sempre e comunque di 
due aspetti: clinico o di informazione e di aiuto o di relazione. 
L’intervento clinico si rifà alla professione medica, alle competenze scientifiche 
e al “che cosa fare” ed è strutturato verso il paziente o la sua famiglia. 
La componente di aiuto si rifà invece alle “professioni di aiuto” o “attività di 
sostegno” (“Helping”) e a contenuti di scienza e arte, al ‘’che cosa e come 
fare’’ ed è una attività che si struttura con il paziente e la sua famiglia. 
I caratteri che rendono efficace l’azione di sostegno sono l’autentica 
disponibilità, l’accettazione e il rispetto incondizionato dell’altro, l’empatia, 
l’autenticità.» 
Emilio Brunati 
Direzione S.C. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’adolescenza, A.O. Niguarda Ca’ Granda
Alcune opinioni… 
‘’La mia esperienza mi dice che bisogna dire poche cose cercando di non 
spaventare, ma di dare sempre delle soluzioni, precisando che molte cose 
saranno definite in tempi successivi. Ma non è facile farlo perché spesso il 
genitore ti bombarda di domande, quindi bisogna calibrare l’informazione’’ 
un neonatologo 
‘’Ci sono genitori che non vogliono sapere e altri che vogliono sapere anche le 
virgole… e questi sono quelli che escono ancora più spaventati: bombardare 
di informazioni tecniche non ha senso, è meglio dire qual è il problema, cosa 
c’è da fare, che la situazione si può affrontare nei tempi necessari, senza 
mentire’’ 
un pediatra 
‘’Bisogna dire che il bambino dovrà seguire un percorso perché alcune 
complicanze potrebbero esserci e altre no. Spiegare ai genitori quale sarà 
questo percorso orientativamente, che cosa devono fare, cosa devono 
programmare nel prossimo futuro per la salute di questo bambino, ma 
sempre in modo positivo. È fondamentale l’appuntamento successivo per 
rivedere il bambino, i genitori si sentono appoggiati’’ 
una genetista
COME 
L’importanza di una buona comunicazione 
Le modalità di comunicazione della diagnosi e il contenuto delle informazioni 
influenzano le emozioni e modulano l’effetto doloroso della notizia 
• Una cattiva comunicazione rischia di determinare sensi di sfiducia e di rabbia nei 
confronti del medico e di impedire una buona collaborazione tra la famiglia e il 
personale socio-sanitario 
‘’Una cattiva comunicazione crea un trauma nei genitori e compromette l’alleanza futura con 
le figure di cura, la fiducia in quello che ti viene detto’’ una mamma 
• Ha un effetto a lungo termine sulle capacità di accettazione della diagnosi, 
sull’adattamento alla nuova situazione e sulle relazioni che si stabiliscono tra 
genitori e figli 
‘’Comunicare ad un genitore che gli è successa una tragedia perché ti è nato un figlio con la 
PW, gli modifichi tutto l’atteggiamento che ha nei confronti del bambino’’ una mamma 
I primi incontri 
sono quelli più critici per l’influenza 
che possono avere sullo sviluppo psicologico 
e sociale del bambino
Alcune testimonianze… 
‘’’Bisogna evitare di essere troppo tecnici e fare la comunicazione troppo 
tardi. Va fatta appena possibile con entrambi i genitori. Bisogna avere tempo 
evitando quando sai che dopo mezz’ora hai un impegno, i genitori devono 
avere la possibilità di farti tutte le domande che vogliono. Bisogna evitare di 
essere pessimisti, mettere in evidenza gli aspetti positivi. Cercare di 
dimostrare che noi vogliamo aiutare le persone. E per la PW il 95% ha la 
diagnosi dopo poche settimane’’ 
una genetista 
‘’La comunicazione di diagnosi fa parte della presa in carico in cui il medico 
deve porsi come un alleato, un facilitatore, non uno dall’altra parte’’ 
un pediatra ospedaliero
Agire una buona comunicazione significa: 
• porsi in una posizione di ascolto e di accoglienza senza giudicare o minimizzare l’ansia del momento 
• avere il massimo rispetto degli interlocutori 
• riuscire a condividere le emozioni del momento entrando in empatia con il sentire dei genitori 
• riferirsi al bambino con il suo nome 
• valutare le conoscenze già in possesso dei genitori e l’eventuale capacità di comprendere le informazioni 
• utilizzare parole semplici 
• essere consapevoli della comunicazione non verbale (gesti, sguardi, mimica facciale) 
• sollecitare domande e l’espressione di dubbi 
La diagnosi comunicata con chiarezza 
favorisce già dal primo incontro 
l’inizio della fase di elaborazione del lutto 
derivante dalla perdita del figlio ideale
Cosa significa ricevere una diagnosi di 
disabilità? 
“Sconforto, rabbia, delusione, amarezza…le cose più negative che possano 
esserci” un papà 
‘’Quando mi è stato sbattuto in faccia ciò che era veramente, io ho avuto un 
crollo, che a cicli mi porto ancora dietro’’ una mamma 
“Mi è sembrato che mi fosse stata tolta da subito l’opportunità 
di fare la madre, di dimostrare che potevo essere una brava madre” 
una mamma 
“Mi credevo più forte, di non avere pregiudizi, di non avere dei limiti… e 
invece ho scoperto di averli… il buio è stato anche per questo, ho scoperto 
un fastidio, il pensare lei trattata male, io che faticavo ad accettarla 
perché non corrispondeva alle mie aspettative… questo mi ha dato fastidio: 
scoprire che non ero come pensavo…’’ un papà
…è un momento di grande 
disorientamento 
• La diagnosi irrompe nella vita di chi la riceve come un’aggressione del destino 
• Le reazioni emotive sono molteplici e intense: shock, incredulità, ostilità, 
rabbia, depressione, ansia, senso d’impotenza, di isolamento e abbandono, 
vergogna e colpa… 
• Il dolore nasce anche dalle aspettative deluse: la nascita di un figlio porta con 
sé progetti e desideri che adesso occorre ridefinire 
• È inevitabile il peso di una cultura impostata sui valori dell’efficienza, della 
bellezza e della competizione: quale posto per un figlio che parte in svantaggio?
Alcune considerazioni… 
• La patologia congenita, a differenza di quella acquisita, può comportare 
un atteggiamento di rabbia rivolto alla ricerca di un colpevole in famiglia 
(trasmissione del proprio DNA) a cui può seguire una crisi coniugale 
• La delusione della rappresentazione del figlio durante la gravidanza può 
spiegare atteggiamenti estremi di negazione della diagnosi 
• Lo stress dei genitori derivato dal trauma emotivo può generare anche 
senso d’inadeguatezza e scarsa autostima 
• La prognosi esclude la possibilità di una guarigione completa e rende 
incerta la futura qualità della vita del bimbo e della famiglia stessa 
W. Turner
• Può nascere la sensazione della 
diversità dagli altri: 
dagli altri bambini, 
dalle altre mamme, dagli altri papà, 
dalle altre famiglie 
• È frequente il senso di solitudine 
e impotenza, 
ma anche il bisogno di essere accolti 
e rincuorati 
• È comune il sentirsi paralizzati 
R. Magritte ‘’Le retour’’ 
e zittiti dal dolore, 
ma anche il bisogno esplosivo di 
parlare e agire… …quale equilibrio, 
quale normalità?
Ci si deve incamminare, ognuno col proprio ritmo e 
tempo, nel percorso di patteggiamento con la realtà 
cui seguirà una riorganizzazione dell’esistenza con la 
costruzione di un nuovo senso della vita… 
“Ci ho messo più tempo di lei ad accettarlo, a ricominciare a 
vivere in maniera serena, ma da lì è nata una nuova 
prospettiva…l’orgoglio di avere una bambina diversa dalle 
altre, l’orgoglio di essere un padre che deve tutelare più di 
ogni altro padre la propria figlia…’’ un papà
Il lavoro delle famiglie 
• Vivere e non sopravvivere con la disabilità 
• Ruolo attivo nella pianificazione precoce e condivisa della presa in 
carico per allontanare il senso di smarrimento, di impotenza e di 
incertezza per il futuro 
• Scoprire capacità di resilienza: la possibile differenza tra famiglie 
che funzionano e che non funzionano non sembra essere determinata 
dalla presenza o assenza di problemi (es. disabilità del figlio), ma 
dalla capacità di affrontare e risolvere le difficoltà che insorgono 
nel corso della vita preservando il potenziale di crescita 
‘’Non sono stata preparata ad essere la giusta mamma per un bimbo PW e 
quindi mi ci è voluto un po’ di tempo, mi sono dovuta riarmare, leccare le 
ferite e ripartire. Se mi avessero aiutato non sarei caduta dall’ultimo 
piano a terra ’’ 
una mamma
Alcune testimonianze… 
‘’Io ho imparato a stare al mondo, a trovare il modo di risolvere i problemi!” 
una mamma 
“Mi sento molto fortificato da questa esperienza, giorno per giorno, e penso 
che sto diventando positivo… non lo ero mai stato in vita mia” un papà 
“Pensando al discorso di essere stati scelti, che nulla avviene per caso nella 
nostra vita, sta a noi trovare un significato… le cose più belle le ho avute 
nei momenti più brutti… noi ci rinnoviamo continuamente” un papà 
“Penso che molti genitori vogliano normalizzare i ragazzi in tutti i modi… io 
vorrei riuscire a vivere la disabilità in modo sereno, con un senso diverso 
della vita…” un papà 
“Io mi sottovaluto, ma poi vedo che riesco. Non pensavo di farcela e invece 
affronto il problema tutti i giorni e vado avanti” una mamma 
“Per lei vorrei solo vedere realizzato il suo potenziale… 
tanto, poco, quello che è… il suo bagaglio speso al meglio… 
che quello che può fare sia fatto” un papà
Le difficoltà per il medico 
Il medico entra nella dimensione esistenziale dei genitori con 
una notizia che sconvolge… 
• Sono ancora scarse le occasioni formative in materia nel percorsi di studi e 
le ricerche per individuare linee guida 
• Influenza dei propri valori personali: cosa significa realizzazione e felicità? 
• Riuscire efficacemente ad entrare in sintonia con i genitori cercando 
d’intuire la loro percezione e le loro emozioni 
• Centrare l’attenzione sul bambino e non sui problemi medici del ‘’caso clinico’’ 
comunicando speranza e fiducia nelle sue possibilità come ‘’persona’’ 
‘’Insegnano poco all’università, tu l’impari molto sul campo. Bisogna avere 
l’esperienza, per fare una buona comunicazione di diagnosi, è la cosa più 
difficile, penso, che ci sia. Puoi leggere migliaia di articoli, però non ti 
rendi conto della sofferenza delle persone, devi averla provata’’ 
una genetista
e altre ancora… 
• Accettare l’impossibilità del ‘’guarire’’ e agire nella consapevolezza del 
‘’curare’’ basato sulle potenzialità del bimbo come risorse per il suo 
progetto di vita 
• Riuscire a trasmettere fiducia nella propria autorevolezza e 
professionalità per preservare i genitori da pericoli esterni (internet) 
e per costruire l’alleanza 
• Riuscire a calibrare realismo e ottimismo gestendo la speranza 
‘‘Bisogna essere il più chiari possibile per non 
creare aspettative false, il medico deve dire 
solo quello che è molto probabile che accada, 
non tutto quello che trovi su internet, dove c’è 
il peggio del peggio. Il medico può avere più 
potere di internet!’’ 
una mamma
Cosa comporta 
fare comunicazione di diagnosi… 
‘‘Comporta una situazione che vivo con molta ansia, perché è una 
comunicazione importante e come genitore provo una grande empatia, 
mi metto nei panni di chi riceve la notizia e questo ti fa partecipare. 
Può essere una facilitazione entrare in sintonia, ma significa anche che ti 
porti a casa una situazione di stress e fatica. È una grande opportunità 
per una professione che si è scelta per aiutare gli altri…anche se il costo 
personale è spesso alto. La buona assistenza comporta infatti la necessità 
di un aiuto psicologico per gli operatori, che va a vantaggio anche delle 
proprie famiglie’’ 
un pediatra 
‘‘A volte ti trovi persone meravigliose che non sai come fanno a 
sopportare un dolore di questo tipo e sono loro che ti danno una lezione di 
vita, altre volte ti rendi conto già da subito che uno dei genitori accetta 
la cosa e l’altro non l’accetterà mai… ma sono sensazioni, e questo 
chiaramente ti fa soffrire’’ 
una genetista
L’importanza della rete socio-sanitaria 
• La rete di servizi di presa in carico multidisciplinare come integrazione di 
competenze diverse coordinate e mirate all’empowerment della famiglia, 
ossia alla sua indipendenza (lavoro con e non per o sulle famiglie) 
• Importanza della piena consapevolezza dei ruoli, dei rapporti reciproci: 
competenza, collaborazione, sostegno e complementarietà 
• Integrazione tra medico e psicologo che interviene nella formazione alla 
comunicazione e nella presa in carico della famiglia 
• Ruolo del medico di base come coordinatore della rete 
• I centri regionali di riferimento… nota dolente! 
‘‘Lui ci diceva di non averne mai visti di PW, ma quando siamo andati per un consulto in 
un'altra città il medico non appena siamo entrati con nostre sporte piene di 
documentazione, guardando lei, ha esclamato “La mia bella ragazza PW !” 
Io e mio marito ci siamo guardati e abbiamo pensato ‘Allora si vede, hanno delle 
caratteristiche uguali a tutti ! ‘ . Non è vero che non si conosce: non c’è comunicazione, 
non c’è rete…’’ 
una mamma
Alcune affermazioni dei genitori… 
‘‘I medici dovrebbero fare un percorso sulla pedagogia del 
genitore in modo da vedere la potenzialità di un bambino, non 
solo come un paziente da curare o non poter curare. Guardare 
con gli occhi di un essere umano e con un lavoro sulla famiglia 
che stimoli la curiosità e le domande che possano ottenere non 
le risposte più complete, ma quelle più adatte in quel momento 
a dare forza per andare avanti’’ un papà 
‘‘Il primo anno sei tutta sul recupero dello shock, i primi sei 
mesi facevo fatica ad aprire la bocca. La dottoressa mi 
spiegava cose che erano troppo avanti per me, gli sport, le 
uscite…’’ una mamma 
‘‘La diagnosi è una risposta. È un punto di partenza. Potevamo 
informarci, studiare, conoscere, lavorare su di noi e lavorare 
sulla bambina, sui suoi limiti e sulle sue potenzialità’’ un papà 
‘‘Bisogna essere franchi, non nascondere la realtà, ma 
nemmeno dire che quella è una strada segnata. Franchezza e 
dare speranza. Dire che non tutto è perduto e mai dire che ci 
sono situazioni peggiori’’ un papà
‘’Immagino sia difficile per i medici comunicare una diagnosi, 
specialmente quando si tratta di malattie che non conoscono bene. Direi 
loro di documentarsi bene prima di parlare con i genitori e soprattutto 
d’informarci bene sulle possibilità che abbiamo noi genitori di far 
migliorare i nostri figli, indicando strade da percorrere e persone che 
possono aiutarci. Altrimenti è come mandare un soldato in guerra senza 
le munizioni. E questo è fondamentale sin dal momento della diagnosi, 
quindi tu che la dai devi essere preparato’’ un papà 
’Il neonatologo mi disse che 
sarebbe andato al nido come gli 
altri bambini, non che sarebbe 
stato tutto facile e senza 
problemi, ma che si poteva 
gestire, lo avremmo fatto 
insieme, e che avremmo fatto una 
vita normale. Eravamo sollevati 
perché il messaggio che ci era 
arrivato era che ogni vita ha 
diritto di essere vissuta e che 
non esistono bambini perfetti’’ 
una mamma Sabrina ‘‘Laggiù c’è sempre una pentola d’oro’’
http://memoesperienze.comune.modena.it/sitopraderwilli/index.htm
Rossana Grossi. La comunicazione della diagnosi
G. Klimt “L’albero della vita” 
"Un'illuminazione: posseggo un destino! 
E l'ho in mano!" 
P.Handke 
Rossana Grossi biseross@libero.it
Grazie per l’attenzione!

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Rossana Grossi. La comunicazione della diagnosi

  • 1. XV Congresso della Federazione Nazionale Sindrome di Prader-Willi Montegrotto Terme 5-6 settembre 2014 La comunicazione della diagnosi Rossana Grossi Psicologa Associazione Regionale SPW Emilia Romagna
  • 3. Definizione La comunicazione della diagnosi è un atto medico giornaliero per lo specialista È un vero e proprio intervento medico… E per le malattie genetiche rare? La comunicazione della diagnosi di una malattia a prognosi complessa è una serie coordinata e graduale di incontri che il medico svolge con il paziente e/o i suoi familiari, dopo aver definito la diagnosi più precisa possibile, con l’obiettivo di potenziare le risorse disponibili nella famiglia per affrontare le conseguenze della malattia e di fornire le informazioni più rilevanti sul piano assistenziale e prognostico
  • 4. Dal punto di vista del medico… Diagnosi di malattia comune con prognosi favorevole: compito agevole Diagnosi di malattia genetica o rara con prognosi sfavorevole: compito complesso e difficile Un bimbo su 40 non rappresenta però per il neonatologo un evento raro… P. Mondrian
  • 5. Dal punto di vista dei genitori… Avere un figlio è un evento che porta cambiamenti importanti È spesso il risultato di una scelta condivisa, di un bisogno di auto-realizzazione, di un desiderio di prolungare la propria vita nel figlio trasmettendo anche la propria eredità culturale … La nascita di un figlio con disabilità rappresenta un evento critico che può sconvolgere gli equilibri nella famiglia …è un evento raro… J.Mirò Ballerina II
  • 6. CHI QUANDO CON CHI DOVE COSA COME … fare la comunicazione di diagnosi
  • 7. CHI Il neonatologo, il genetista, il pediatra… Chi comunica la diagnosi deve possedere una buona conoscenza • del bambino • della sua famiglia (impossibile nella maggioranza dei casi) • della condizione diagnosticata • possibilmente essere il futuro responsabile dell’assistenza
  • 8. QUANDO E’ meglio esporre subito il sospetto formulato sulla clinica (es. dismorfie tipiche di sindromi cromosomiche, ipotonia…) ? … o è meglio attendere la risposta degli esami di laboratorio? In base a vari studi sembra essere migliore la soluzione di comunicare subito il sospetto (utile il parere di altri colleghi) In caso di “diagnosi non definibile” si può procedere con una diagnosi funzionale per programmare il piano assistenziale che preveda anche la periodica rivalutazione diagnostica
  • 9. …QUANDO E’ molto utile convocare i genitori per un secondo colloquio entro brevissimo tempo (da 1 a pochissimi giorni) cui ne possono seguire altri per permettere loro di formulare domande, ascoltare risposte efficaci e far emergere problemi a cui non avevano avuto modo di pensare durante il primo colloquio. ‘‘Mi ricorderò tutta la vita il momento della diagnosi’’ una mamma Continueranno a fare e farsi domande per molto tempo, ma le risposte dei primi colloqui rimarranno scolpite nella loro mente. ‘‘Qualcuno mi ha detto: io mi ricordo ad una ad una tutte le parole che lei mi ha detto ed era passato qualche anno… ed io ho pensato: chissà cosa ho detto! Spero di aver parlato bene! È una responsabilità molto pesante!’’ una genetista pediatra
  • 10. Per evitare esperienze come questa: ‘‘Le cose mi venivano dette solo quando erano certe… ‘sono sicuro, parlo’… forse c’è la paura di denunce. Io avrei preferito più franchezza, dimmi quello che mi aspetta, non addolcirmi la pillola, io ho bisogno di armarmi di pazienza e affrontare la cosa, non ho bisogno di essere coccolata, mi fa solo rimanere lì in stand-by ad aspettare senza avere la possibilità di reagire soprattutto al dolore che provoca questa cosa. In un anno e mezzo noi ci siamo illusi che si stessero sbagliando e non siamo stati accolti in questa cosa: non abbiamo avuto un riscontro del tipo ‘Vi ho detto questa cosa, parliamone, cosa ne pensate? Quali sono i vostri sentimenti? Diteci quanta rabbia avete’… magari non è una cosa dovuta, ma ci avrebbe aiutati’’ una mamma
  • 11. CON CHI La presenza dei entrambi i genitore è la condizione preferibile Se le condizioni della madre non lo consentono, la prima comunicazione può essere fatta solo al padre E’ opportuno incontrare al più presto entrambi i genitori comportandosi come se fosse la prima volta Quando possibile è importante la presenza del bimbo Nei colloqui successivi sarebbe utile coinvolgere anche altri familiari come i fratelli e le sorelle oppure i nonni Nei colloqui successivi sarebbe opportuna la presenza del pediatra di base e di altri specialisti coinvolti nella presa in carico
  • 12. DOVE Gli incontri devono avvenire in uno spazio privato, libero da interferenze di ogni tipo (es. interruzioni telefoniche o da altri operatori) nel rispetto della famiglia e dell’importanza del momento P. Magritte ‘’L’impero delle luci’’ … e dedicando il massimo di tempo possibile per il primo incontro! “La dottoressa mi tenne tre ore di orologio, mi spiegò tutto, non ebbi timore a fare domande anche stupide… uscii tranquilla perché mi sentivo in buone mani” una mamma
  • 13. COSA • Le informazioni date all’inizio devono essere aggiornate ed autorevoli, esposte con semplicità, chiarezza e linguaggio comune • La prognosi deve fornire un quadro genericamente valido per qualunque bambino con quella diagnosi • I genitori preferiscono informazioni limitate alle caratteristiche principali della sindrome con le complicanze più comuni. Infatti l’emozione del momento può impedire ai genitori di assimilare informazioni successive anche se chiare e corrette • La descrizione della condizione deve essere seguita dalla presentazione del piano assistenziale e d’intervento definito in evoluzione e costruito su misura indicando il centro specialistico di riferimento più accessibile per un’assistenza multidisciplinare ed integrata con i servizi territoriali • È importante dare indicazioni su associazioni di genitori per avere utili contatti con chi ha già avuto esperienze simili, per ulteriori informazioni e proposte di soluzioni ai problemi che si possono incontrare nel tempo.
  • 14. Informazione e gradualità La prima comunicazione di diagnosi certa deve essere data con precisione e sincerità, ma senza la pretesa di completezza Questo primo momento è infatti l’inizio di un processo dove troveranno spazio altre informazioni dopo che i genitori avranno appreso anche le caratteristiche del loro bambino senza essere totalmente condizionati dalle parole dei sanitari L’attenzione dei genitori si sposta così dal presente al futuro, dal bisogno di sapere a quello di progettare lo sviluppo del loro bimbo ‘’Bisogna dire le cose in modo molto semplice e chiaro. Quando non c’è ancora la certezza della diagnosi, magari perché il test molecolare non è ancora arrivato, si deve essere sinceri, bisogna giustificare il fatto che si fanno esami per chiarire la diagnosi. Se si sospetta una malattia genetica lo si può dire, però senza essere troppo dettagliati, ma in modo che i genitori capiscano bene’’ una genetista
  • 15. Cosa significa comunicare? «Nella comunicazione medico-paziente, e ancor più in occasione della comunicazione di diagnosi, l’intervento medico si compone sempre e comunque di due aspetti: clinico o di informazione e di aiuto o di relazione. L’intervento clinico si rifà alla professione medica, alle competenze scientifiche e al “che cosa fare” ed è strutturato verso il paziente o la sua famiglia. La componente di aiuto si rifà invece alle “professioni di aiuto” o “attività di sostegno” (“Helping”) e a contenuti di scienza e arte, al ‘’che cosa e come fare’’ ed è una attività che si struttura con il paziente e la sua famiglia. I caratteri che rendono efficace l’azione di sostegno sono l’autentica disponibilità, l’accettazione e il rispetto incondizionato dell’altro, l’empatia, l’autenticità.» Emilio Brunati Direzione S.C. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’adolescenza, A.O. Niguarda Ca’ Granda
  • 16. Alcune opinioni… ‘’La mia esperienza mi dice che bisogna dire poche cose cercando di non spaventare, ma di dare sempre delle soluzioni, precisando che molte cose saranno definite in tempi successivi. Ma non è facile farlo perché spesso il genitore ti bombarda di domande, quindi bisogna calibrare l’informazione’’ un neonatologo ‘’Ci sono genitori che non vogliono sapere e altri che vogliono sapere anche le virgole… e questi sono quelli che escono ancora più spaventati: bombardare di informazioni tecniche non ha senso, è meglio dire qual è il problema, cosa c’è da fare, che la situazione si può affrontare nei tempi necessari, senza mentire’’ un pediatra ‘’Bisogna dire che il bambino dovrà seguire un percorso perché alcune complicanze potrebbero esserci e altre no. Spiegare ai genitori quale sarà questo percorso orientativamente, che cosa devono fare, cosa devono programmare nel prossimo futuro per la salute di questo bambino, ma sempre in modo positivo. È fondamentale l’appuntamento successivo per rivedere il bambino, i genitori si sentono appoggiati’’ una genetista
  • 17. COME L’importanza di una buona comunicazione Le modalità di comunicazione della diagnosi e il contenuto delle informazioni influenzano le emozioni e modulano l’effetto doloroso della notizia • Una cattiva comunicazione rischia di determinare sensi di sfiducia e di rabbia nei confronti del medico e di impedire una buona collaborazione tra la famiglia e il personale socio-sanitario ‘’Una cattiva comunicazione crea un trauma nei genitori e compromette l’alleanza futura con le figure di cura, la fiducia in quello che ti viene detto’’ una mamma • Ha un effetto a lungo termine sulle capacità di accettazione della diagnosi, sull’adattamento alla nuova situazione e sulle relazioni che si stabiliscono tra genitori e figli ‘’Comunicare ad un genitore che gli è successa una tragedia perché ti è nato un figlio con la PW, gli modifichi tutto l’atteggiamento che ha nei confronti del bambino’’ una mamma I primi incontri sono quelli più critici per l’influenza che possono avere sullo sviluppo psicologico e sociale del bambino
  • 18. Alcune testimonianze… ‘’’Bisogna evitare di essere troppo tecnici e fare la comunicazione troppo tardi. Va fatta appena possibile con entrambi i genitori. Bisogna avere tempo evitando quando sai che dopo mezz’ora hai un impegno, i genitori devono avere la possibilità di farti tutte le domande che vogliono. Bisogna evitare di essere pessimisti, mettere in evidenza gli aspetti positivi. Cercare di dimostrare che noi vogliamo aiutare le persone. E per la PW il 95% ha la diagnosi dopo poche settimane’’ una genetista ‘’La comunicazione di diagnosi fa parte della presa in carico in cui il medico deve porsi come un alleato, un facilitatore, non uno dall’altra parte’’ un pediatra ospedaliero
  • 19. Agire una buona comunicazione significa: • porsi in una posizione di ascolto e di accoglienza senza giudicare o minimizzare l’ansia del momento • avere il massimo rispetto degli interlocutori • riuscire a condividere le emozioni del momento entrando in empatia con il sentire dei genitori • riferirsi al bambino con il suo nome • valutare le conoscenze già in possesso dei genitori e l’eventuale capacità di comprendere le informazioni • utilizzare parole semplici • essere consapevoli della comunicazione non verbale (gesti, sguardi, mimica facciale) • sollecitare domande e l’espressione di dubbi La diagnosi comunicata con chiarezza favorisce già dal primo incontro l’inizio della fase di elaborazione del lutto derivante dalla perdita del figlio ideale
  • 20. Cosa significa ricevere una diagnosi di disabilità? “Sconforto, rabbia, delusione, amarezza…le cose più negative che possano esserci” un papà ‘’Quando mi è stato sbattuto in faccia ciò che era veramente, io ho avuto un crollo, che a cicli mi porto ancora dietro’’ una mamma “Mi è sembrato che mi fosse stata tolta da subito l’opportunità di fare la madre, di dimostrare che potevo essere una brava madre” una mamma “Mi credevo più forte, di non avere pregiudizi, di non avere dei limiti… e invece ho scoperto di averli… il buio è stato anche per questo, ho scoperto un fastidio, il pensare lei trattata male, io che faticavo ad accettarla perché non corrispondeva alle mie aspettative… questo mi ha dato fastidio: scoprire che non ero come pensavo…’’ un papà
  • 21. …è un momento di grande disorientamento • La diagnosi irrompe nella vita di chi la riceve come un’aggressione del destino • Le reazioni emotive sono molteplici e intense: shock, incredulità, ostilità, rabbia, depressione, ansia, senso d’impotenza, di isolamento e abbandono, vergogna e colpa… • Il dolore nasce anche dalle aspettative deluse: la nascita di un figlio porta con sé progetti e desideri che adesso occorre ridefinire • È inevitabile il peso di una cultura impostata sui valori dell’efficienza, della bellezza e della competizione: quale posto per un figlio che parte in svantaggio?
  • 22. Alcune considerazioni… • La patologia congenita, a differenza di quella acquisita, può comportare un atteggiamento di rabbia rivolto alla ricerca di un colpevole in famiglia (trasmissione del proprio DNA) a cui può seguire una crisi coniugale • La delusione della rappresentazione del figlio durante la gravidanza può spiegare atteggiamenti estremi di negazione della diagnosi • Lo stress dei genitori derivato dal trauma emotivo può generare anche senso d’inadeguatezza e scarsa autostima • La prognosi esclude la possibilità di una guarigione completa e rende incerta la futura qualità della vita del bimbo e della famiglia stessa W. Turner
  • 23. • Può nascere la sensazione della diversità dagli altri: dagli altri bambini, dalle altre mamme, dagli altri papà, dalle altre famiglie • È frequente il senso di solitudine e impotenza, ma anche il bisogno di essere accolti e rincuorati • È comune il sentirsi paralizzati R. Magritte ‘’Le retour’’ e zittiti dal dolore, ma anche il bisogno esplosivo di parlare e agire… …quale equilibrio, quale normalità?
  • 24. Ci si deve incamminare, ognuno col proprio ritmo e tempo, nel percorso di patteggiamento con la realtà cui seguirà una riorganizzazione dell’esistenza con la costruzione di un nuovo senso della vita… “Ci ho messo più tempo di lei ad accettarlo, a ricominciare a vivere in maniera serena, ma da lì è nata una nuova prospettiva…l’orgoglio di avere una bambina diversa dalle altre, l’orgoglio di essere un padre che deve tutelare più di ogni altro padre la propria figlia…’’ un papà
  • 25. Il lavoro delle famiglie • Vivere e non sopravvivere con la disabilità • Ruolo attivo nella pianificazione precoce e condivisa della presa in carico per allontanare il senso di smarrimento, di impotenza e di incertezza per il futuro • Scoprire capacità di resilienza: la possibile differenza tra famiglie che funzionano e che non funzionano non sembra essere determinata dalla presenza o assenza di problemi (es. disabilità del figlio), ma dalla capacità di affrontare e risolvere le difficoltà che insorgono nel corso della vita preservando il potenziale di crescita ‘’Non sono stata preparata ad essere la giusta mamma per un bimbo PW e quindi mi ci è voluto un po’ di tempo, mi sono dovuta riarmare, leccare le ferite e ripartire. Se mi avessero aiutato non sarei caduta dall’ultimo piano a terra ’’ una mamma
  • 26. Alcune testimonianze… ‘’Io ho imparato a stare al mondo, a trovare il modo di risolvere i problemi!” una mamma “Mi sento molto fortificato da questa esperienza, giorno per giorno, e penso che sto diventando positivo… non lo ero mai stato in vita mia” un papà “Pensando al discorso di essere stati scelti, che nulla avviene per caso nella nostra vita, sta a noi trovare un significato… le cose più belle le ho avute nei momenti più brutti… noi ci rinnoviamo continuamente” un papà “Penso che molti genitori vogliano normalizzare i ragazzi in tutti i modi… io vorrei riuscire a vivere la disabilità in modo sereno, con un senso diverso della vita…” un papà “Io mi sottovaluto, ma poi vedo che riesco. Non pensavo di farcela e invece affronto il problema tutti i giorni e vado avanti” una mamma “Per lei vorrei solo vedere realizzato il suo potenziale… tanto, poco, quello che è… il suo bagaglio speso al meglio… che quello che può fare sia fatto” un papà
  • 27. Le difficoltà per il medico Il medico entra nella dimensione esistenziale dei genitori con una notizia che sconvolge… • Sono ancora scarse le occasioni formative in materia nel percorsi di studi e le ricerche per individuare linee guida • Influenza dei propri valori personali: cosa significa realizzazione e felicità? • Riuscire efficacemente ad entrare in sintonia con i genitori cercando d’intuire la loro percezione e le loro emozioni • Centrare l’attenzione sul bambino e non sui problemi medici del ‘’caso clinico’’ comunicando speranza e fiducia nelle sue possibilità come ‘’persona’’ ‘’Insegnano poco all’università, tu l’impari molto sul campo. Bisogna avere l’esperienza, per fare una buona comunicazione di diagnosi, è la cosa più difficile, penso, che ci sia. Puoi leggere migliaia di articoli, però non ti rendi conto della sofferenza delle persone, devi averla provata’’ una genetista
  • 28. e altre ancora… • Accettare l’impossibilità del ‘’guarire’’ e agire nella consapevolezza del ‘’curare’’ basato sulle potenzialità del bimbo come risorse per il suo progetto di vita • Riuscire a trasmettere fiducia nella propria autorevolezza e professionalità per preservare i genitori da pericoli esterni (internet) e per costruire l’alleanza • Riuscire a calibrare realismo e ottimismo gestendo la speranza ‘‘Bisogna essere il più chiari possibile per non creare aspettative false, il medico deve dire solo quello che è molto probabile che accada, non tutto quello che trovi su internet, dove c’è il peggio del peggio. Il medico può avere più potere di internet!’’ una mamma
  • 29. Cosa comporta fare comunicazione di diagnosi… ‘‘Comporta una situazione che vivo con molta ansia, perché è una comunicazione importante e come genitore provo una grande empatia, mi metto nei panni di chi riceve la notizia e questo ti fa partecipare. Può essere una facilitazione entrare in sintonia, ma significa anche che ti porti a casa una situazione di stress e fatica. È una grande opportunità per una professione che si è scelta per aiutare gli altri…anche se il costo personale è spesso alto. La buona assistenza comporta infatti la necessità di un aiuto psicologico per gli operatori, che va a vantaggio anche delle proprie famiglie’’ un pediatra ‘‘A volte ti trovi persone meravigliose che non sai come fanno a sopportare un dolore di questo tipo e sono loro che ti danno una lezione di vita, altre volte ti rendi conto già da subito che uno dei genitori accetta la cosa e l’altro non l’accetterà mai… ma sono sensazioni, e questo chiaramente ti fa soffrire’’ una genetista
  • 30. L’importanza della rete socio-sanitaria • La rete di servizi di presa in carico multidisciplinare come integrazione di competenze diverse coordinate e mirate all’empowerment della famiglia, ossia alla sua indipendenza (lavoro con e non per o sulle famiglie) • Importanza della piena consapevolezza dei ruoli, dei rapporti reciproci: competenza, collaborazione, sostegno e complementarietà • Integrazione tra medico e psicologo che interviene nella formazione alla comunicazione e nella presa in carico della famiglia • Ruolo del medico di base come coordinatore della rete • I centri regionali di riferimento… nota dolente! ‘‘Lui ci diceva di non averne mai visti di PW, ma quando siamo andati per un consulto in un'altra città il medico non appena siamo entrati con nostre sporte piene di documentazione, guardando lei, ha esclamato “La mia bella ragazza PW !” Io e mio marito ci siamo guardati e abbiamo pensato ‘Allora si vede, hanno delle caratteristiche uguali a tutti ! ‘ . Non è vero che non si conosce: non c’è comunicazione, non c’è rete…’’ una mamma
  • 31. Alcune affermazioni dei genitori… ‘‘I medici dovrebbero fare un percorso sulla pedagogia del genitore in modo da vedere la potenzialità di un bambino, non solo come un paziente da curare o non poter curare. Guardare con gli occhi di un essere umano e con un lavoro sulla famiglia che stimoli la curiosità e le domande che possano ottenere non le risposte più complete, ma quelle più adatte in quel momento a dare forza per andare avanti’’ un papà ‘‘Il primo anno sei tutta sul recupero dello shock, i primi sei mesi facevo fatica ad aprire la bocca. La dottoressa mi spiegava cose che erano troppo avanti per me, gli sport, le uscite…’’ una mamma ‘‘La diagnosi è una risposta. È un punto di partenza. Potevamo informarci, studiare, conoscere, lavorare su di noi e lavorare sulla bambina, sui suoi limiti e sulle sue potenzialità’’ un papà ‘‘Bisogna essere franchi, non nascondere la realtà, ma nemmeno dire che quella è una strada segnata. Franchezza e dare speranza. Dire che non tutto è perduto e mai dire che ci sono situazioni peggiori’’ un papà
  • 32. ‘’Immagino sia difficile per i medici comunicare una diagnosi, specialmente quando si tratta di malattie che non conoscono bene. Direi loro di documentarsi bene prima di parlare con i genitori e soprattutto d’informarci bene sulle possibilità che abbiamo noi genitori di far migliorare i nostri figli, indicando strade da percorrere e persone che possono aiutarci. Altrimenti è come mandare un soldato in guerra senza le munizioni. E questo è fondamentale sin dal momento della diagnosi, quindi tu che la dai devi essere preparato’’ un papà ’Il neonatologo mi disse che sarebbe andato al nido come gli altri bambini, non che sarebbe stato tutto facile e senza problemi, ma che si poteva gestire, lo avremmo fatto insieme, e che avremmo fatto una vita normale. Eravamo sollevati perché il messaggio che ci era arrivato era che ogni vita ha diritto di essere vissuta e che non esistono bambini perfetti’’ una mamma Sabrina ‘‘Laggiù c’è sempre una pentola d’oro’’
  • 35. G. Klimt “L’albero della vita” "Un'illuminazione: posseggo un destino! E l'ho in mano!" P.Handke Rossana Grossi biseross@libero.it

Notas do Editor

  1. Di fronte ad una malattia comune, a prognosi favorevole, prontamente risolvibile, con o senza la necessità di terapie mediche o chirurgiche poco impegnative, il compito è assolutamente agevole e non presenta particolari problemi. Il massimo di complessità e difficoltà si riscontra di fronte ad una malattia di natura genetica, o comunque congenita, soprattutto se complessa, multiproblematica, accompagnata in molti casi da ritardo mentale, poco comune o addirittura rara, a prognosi sfavorevole, non risolvibile con efficaci terapie mediche o chirurgiche, che necessita interventi assistenziali socio-sanitari articolati e complessi per tutto l’arco della vita
  2. genitori stessi (80%), i quali confermano che nei giorni successivi alla comunicazione diagnostica erano in grado di ricordare solo alcune delle frasi dette dai medici: ritornano alla mente soprattutto gli stralci di conversazione piu polarizzati in termini negativi o positivi (“morirà; camminerà non si preoccupi; si deve rassegnare; forse un giorno si troverà una cura…”).
  3. reazione di negazione e rifiuto (tutto si rimetterà a posto, urgenza di riparare)
  4. il principale fattore protettivo per la stabilità del rapporto in famiglie con un figlio con sindrome genetica sembra sia rappresentato dalla capacità di valorizzare le potenzialità l’uno dell’altra.
  5. Il lavoro va fatto CON e non PER o SULLE famiglie in un’ottica costruttivita e autonomizzante
  6. Chi ritiene che la felicità, lo star bene, il valore essenziale dell’esistenza umana sia quello di riuscire a stabilire emozioni e relazioni con gli altri, a prescindere dall’aspetto fisico o dal grado di autonomia personale o di abilità intellettive, troverà minore difficoltà di chi al contrario è convinto che la felicità risieda nel grado di indipendenza personale, di successo professionale o economico.
  7. In questo percorso le famiglie incontrano gli operatori e i servizi e con questi devono imparare a rapportarsi, capire il funzionamento, adeguarsi al linguaggio, entrare nell’ottica di procedure e certificazioni, individuare le strutture meglio rispondenti e sperimentarne l’utilizzo. Nell’attivazione di risorse esterne al nucleo il primo ostacolo da affrontare risulta essere la necessità di reperire informazioni sui servizi, sulle risorse presenti e sulle modalità per richiedere interventi. Il problema è quello del personale che non è sufficiente per impostare tutto il lavoro da fare con questi bambini e le loro famiglie. Occorrono tante figure compreso lo psicologo, specialmente per le disabilità intellettive Il documento ICCC Innovative Care for Chronic Condition: buildingn blocksn for action (OMS 2002) parte dal principio che in una condizione cronica una migliore qualità della vita si realizza quando tutti e tre gli elementi della triade composta dalle famiglie coi pazienti, dai partner della comunità (per esempio le associazioni dedicate) e dalle organizzazioni sanitarie sono considerate risorse essenziali che lavorano insieme, risorse da informare, formare e motivare al cambiamento. Molto rispondente a questa epistemologia delle relazioni è anche la nuova ICF Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (OMS, 2001) che completa l’ICD-10, che è impostato su diagnosi, eziologia e patologia, e si riferisce solo al funzionamento dell’individuo senza fare riferimento alla malattia.