Raggi e il vertice farsa con beppe grillo. qualcuno chiami i carabinieri il...
L'arco di giano tecnologia e sanità 79 2014)
1. Tecnologia in sanità:
innovazione e
sviluppo
A cura di Mariapia Garavaglia
I grandi progressi tecnologici, che si sono verificati negli ultimi due
decenni, hanno avuto significative ricadute sul benessere collettivo,
perché hanno permesso di affrontare situazioni patologiche comples-
se, che non potevano essere gestite e guarite con i mezzi tradizionali.
Ora è giunto il momento per una revisione critica del percorso
compiuto, non per negarne l’importanza, ma, al contrario, per rin-
forzarne le concrete possibilità di rispondere con mezzi nuovi alle
situazioni di bisogno.è quindi particolarmente significativo affrontare
il rapporto tra tecnologia e applicazione nel singolo caso,costruendo
un modello di lavoro che vede la tecnologia stessa come strumento
per avvicinarsi alla specificità clinica del singolo cittadino ammalato.
Si aprono scenari inediti e di grande rilievo per tecnologie inserite
nei processi di cura, apportatrici di un rilevante valore aggiunto;
di queste i sistemi sanitari dei paesi avanzati non potranno fare a
meno.Peraltro attorno all’innovazione tecnologica deve crescere
anche la preparazione dei professionisti,sia sul piano strettamente
operativo, sia su quello dell’inserimento delle nuove strumenta-
zioni nella logica di una clinica razionale.
Le parole chiave del volume sono: organizzazione, valutazione,
health technology assessment, nel contesto italiano.
€ 18,00 i.i.ISSN 1721-0178
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Istituto per l’Analisi dello Stato Sociale
Tecnologiainsanità:innovazioneesviluppo
I.A.S.S.
2. Istituto per l’Analisi dello Stato Sociale
Tecnologia in sanità:
innovazione e
sviluppo
A cura di Mariapia Garavaglia
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3. 2 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
Direttore
Mariapia Garavaglia
Comitato SCIENTIFICO
Anna Banchero, legislazione regionale sociosanitaria - Giovanni Berlinguer, bioetica - Mario Bertini, psicologia
- Paola Binetti, pedagogia medica - Alberto Bondolfi, filosofia morale e bioetica - Luigino Bruni, economia
politica - Mauro Ceruti, filosofia della scienza - Gilberto Corbellini, storia della medicina - Giorgio Cosma-
cini, storia della sanità - Francesco D’Agostino, filosofia del diritto - Bruno Dallapiccola, genetica - Dietrich
von Engelhardt, teoria della medicina - Adriano Fabris, filosofia delle religioni - Bernardino Fantini, storia e
filosofia delle scienze biologiche - Carlo Favaretti, management sanitario - Raffaele Landolfi, clinica - Salvino
Leone, bioetica - Luca Marini, diritto internazionale - Alessandro Pagnini, storia della filosofia - Roberto
Palumbo, habitat - Augusto Panà, sanità pubblica - Corrado Poli, ecologia - Alberto Quadrio Curzio,
economia politica - Pietro Rescigno, sanità e diritti umani - Walter Ricciardi, sanità internazionale - Rosanna
Tarricone, economia sanitaria - Willem Tousijn, sociologia - Marco Trabucchi, neuroscienze - Massimo
Valsecchi, politica economico-sanitaria - SilviaVegetti Finzi, psicoanalisi
COORDINAMENTO
FrancescaVanara
Segreteria di redazione
GiuseppinaVentura
La corrispondenza con la direzione e la redazione va inviata a:
«L’Arco di Giano» c/o I.A.S.S. - Istituto per l’Analisi dello Stato Sociale
Piazza Luigi di Savoia, 22 - 20124 Milano
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EDITORE
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Intestati a Edizioni Panorama della Sanità scarl -Viale diVal Fiorita, 86 - 00144 Romaa
Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 636 del 20/11/1992 - Direttore responsabile: Sandro Franco - Trimestrale
Poste Italiane S.P.A. Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB- Roma
Finito di stampare nel mese di maggio 2014 dalla tipografia “D’Auria Printing Spa” - S. Egidio allaVibrata (TE)
Chiunque è autorizzato a utilizzare e duplicare gli articoli de L’Arco di Giano.
Naturalmente apprezziamo chi vorrà, per correttezza, citare la fonte.
foto di copertina: sandro franco
Con il contributo incondizionato di
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4. 3primavera 2014 | numero 79 L’ARCO DI GIANO
eeditoriale
di Mariapia Garavaglia
L’Arco di Giano dedica il primo numero del 2014 al rapporto tra alta tecnologia
sanitaria e suo ruolo in medicina. Le parole chiave sono alta tecnologia, innovazione
clinica, sostenibilità, umanizzazione e formazione.
I grandi progressi tecnologici, che si sono verificati negli ultimi due decenni, hanno
avuto significative ricadute sul benessere collettivo,perché hanno permesso di affrontare
situazioni patologiche complesse, che non potevano essere gestite e guarite con i mezzi
tradizionali.Ora è però giunto il momento per una revisione critica del percorso compiuto,
non per negarne l’importanza, ma, al contrario, per rinforzarne le concrete possibilità
di rispondere con mezzi nuovi alle situazioni di bisogno. È quindi particolarmente signi-
ficativo affrontare il rapporto tra tecnologia e applicazione nel singolo caso, costruendo
un modello di lavoro che vede la tecnologia stessa come strumento per avvicinarsi alla
specificità clinica del singolo cittadino ammalato.Il cittadino,che pure coglie la rilevanza
dell’industrializzazione del paese,non attribuisce immediatamente al sistema manifattu-
riero di alta tecnologia l’attenzione che merita nel sistema sanitario;anzi,non attribuisce
al settore quella importanza, che invece è insita nella sua stessa funzione: migliorare
continuamente gli strumenti di diagnosi, cura e riabilitazione per i cittadini che abbiano
necessità di essere presi in carico dalla medicina.A cosa serve allora avere informazioni
sulla provenienza delle tac,moc,valvole cardiache o altro? Se potessimo avere informazioni
sull’avanzamento della ricerca e sulla diffusione di macchinari italiani potrebbe derivarne
una migliore affezione anche al sistema sanitario nazionale in generale, fiduciosi nelle
potenzialità del paese e nella capacità di utilizzazione degli operatori italiani.
In questa logica, il numero dell’Arco di Giano discute come dare nuovo impulso
alla ricerca, con un occhio di particolare attenzione all’Italia. Infatti in questi campi il
prodotto industriale è strettamente legato alle possibilità di un continuo rinnovamento
sulla base di ricerche avanzate; senza innovazione, non vi sono più mercati e si innesca
un circolo vizioso per il quale si rende praticamente impossibile ogni ulteriore progresso.
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5. 4 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
Ben vengano quindi scelte strategiche di politica economico-industriale volte ad affiancare
la crescita dei settori produttivi più avanzati in questo ambito.Anche l’Unione Europea
stanzia 1200 milioni di euro per il biennio 2014-2015 a sostegno della ricerca biomedica
all’interno del programma Horizon 2020.A guidare le scelte della Commissione Europea
sono stati tre fattori:l’invecchiamento della popolazione,il peso economico delle malattie
e la crisi economica.
Sono inoltre discussi gli aspetti concreti -e delicatissimi- legati alla sostenibilità delle
tecnologie sul piano organizzativo ed economico; il punto cruciale è il loro inserimento
nei programmi diagnostico-terapeutici, documentandone la reale efficacia e quindi giu-
stificandone anche i costi talvolta elevati. Se un intervento tecnologico porta a risultati
importanti (e verificati) per la salute umana non vi motivo per impedirne la diffusione;
è però necessario disporre di metodologie avanzate per rilevare il raggiungimento di
specifici risultati;non è più il tempo infatti delle tecnologie autoreferenziali,esposte anche
al rischio di un’utilizzazione impropria.Si aprono invece scenari inediti e di grande rilievo
per tecnologie inserite nei processi di cura,apportatrici di un rilevante valore aggiunto;di
queste i sistemi sanitari dei paesi avanzati non potranno fare a meno. Peraltro attorno
all’innovazione tecnologica deve crescere anche la preparazione dei professionisti,sia sul
piano strettamente operativo, sia su quello dell’inserimento delle nuove strumentazioni
nella logica di una clinica razionale.
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6. 5primavera 2014 | numero 79 L’ARCO DI GIANO
dossier
Tecnologia in sanità:
innovazione e sviluppo
a cura di Mariapia Garavaglia
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7. 6 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
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8. 7primavera 2014 | numero 79 L’ARCO DI GIANO
Il valore generato dalla
localizzazione in Italia degli
impianti di produzione
di alta tecnologia1
di Rosanna Tarricone
Riassunto
Questo articolo valuta l’impatto socio-economico della localizzazione in Italia di un’impresa bio-
medicale con l’obiettivo di fornire evidenze complete ai decisori pubblici circa i benefici derivanti
dalle scelte di localizzazione dell’insediamento produttivo in Italia. I produttori di tecnologia me-
dicale,oltre a contribuire in modo determinante al miglioramento della salute,producono benefici
aggiuntivi per il settore pubblico e per l’economia in generale.
Parole chiave:
Industria biomedicale, impatto economico, effetto moltiplicativo.
Abstract
This paper evaluates the socio-economic impact of a medical devices firm’s decision to set up its
manufacturing plants in Italy, using information on production processes. Besides being amongst
the major contributors of health outcomes,medical manufacturers provide benefits to public sector
and to the entire economy. A broader perspective needs to be endorsed when deciding about
introducing new healthcare technologies, thus achieving optimal outcomes for society as a whole.
Key words:
Medical device industry, economic impact, multiplier effect.
Premessa
L’innovazione tecnologica in sanità produce benefici sanitari, economici
e sociali. Aiuta le persone a vivere vite più sane, attive e produttive. Allo
1
Il presente articolo è estratto da G.Callea,R.Tarricone e R.Mujica-Mota,The economic impact of a me-
dical device company’s location in Italy, Journal of Medical Marketing: Device, Diagnostic and Pharmaceutical
Marketing, 2013,Vol. 13 (1).
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9. 8 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
stesso tempo contribuisce alla produttività del sistema sanitario in termini
di erogazione di servizi efficienti e costo efficaci. Inoltre, contribuisce alla
crescita economica e alla creazione di occupazione.
Il mercato globale dei dispositivi sanitari è stato valutato pari a 308
miliardi di dollari nel 2012 con una crescita proiettata a oltre 349 miliardi al
2016. Quasi tre quarti del mercato di dispositivi medici è composto da Stati
Uniti (41%) ed Europa: (29,5% in Europa occidentale, 4,6% in quella orien-
tale). In termini di occupazione, l’industria delle tecnologie sanitarie occupa
direttamente 500.000 persone in Europa, 400.000 negli Stati Uniti, per un
totale di oltre due milioni tra occupati diretti e indiretti.
L’impatto economico e occupazionale va però oltre la somma di occupazione,
reddito e produzione che si realizza nell’economia della regione o dello stato in
cui l’impresa è localizzata.L’industria delle tecnologie medicali,infatti,può generare
effetti moltiplicativi sul resto dell’economia in due direzioni:da un lato su altre indu-
strie locali che diventano fornitrici del produttore biomedicale,dall’altro sul resto
del tessuto industriale in termini di consumi locali da parte della sua forza lavoro.
Conoscere la dimensione di questi effetti moltiplicativi diventa cruciale
per valutare il contributo del produttore biomedicale all’economia nel suo
complesso. Recenti studi americani indicano che questo impatto moltiplica-
tivo è molto forte in termini produttivi e occupazionali sull’economia degli
stati in cui le industrie biomedicali sono insediate. Non esiste tuttavia una
letteratura vasta e, in particolare, non vi è alcuno studio specifico sull’Eu-
ropa. Colmare questo gap consentirebbe di fornire ai decisori pubblici un
utile strumento per valutare l’impatto economico complessivo derivante
dalle scelte di localizzazione delle sedi produttive in termini di occupazione,
produzione e reddito.
Il contributo economico dell’industria biomedicale
Le evidenze della letteratura dimostrano che il settore delle tecnologie
mediche esercita un forte impatto positivo sulle economie attraverso una
serie di fattori, come occupazione, reddito e fatturato. L’impatto è di tre tipi.
Il primo è l’impatto diretto attraverso l’occupazione, i salari e le vendite.
Gli altri due sono indiretti e si generano sia nel momento in cui l’azienda
acquista i beni e i servizi necessari alla produzione, sia nel momento in cui i
fornitori di questi beni e servizi a loro volta assumono personale ed erogano
stipendi. Il circolo virtuoso contagia l’intera economia in quanto i dipendenti
dell’industria biomedicale e dei fornitori a loro volta spendono reddito in
consumi di beni e servizi, il che genera a sua volta nuovi posti di lavoro e
nuovo reddito.
L’obiettivo del lavoro è quantificare l’impatto sull’economia regionale
e nazionale legato all’insediamento di un produttore di valvole cardiache
prostetiche in Italia.
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Metodi
Per conseguire l’obiettivo dello studio, sono stati raccolti e analizzati dati di
dettaglio sul reddito medio dei dipendenti dell’impresa per comune di residenza,
successivamente comparati con il reddito medio IRPEF degli stessi comuni pubbli-
cati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, oltre a informazioni sul prelievo
fiscale (IRAP e IRES) a carico dell’impresa. Attraverso interrogazioni su ORBIS,
un database finanziario sulle imprese italiane, sono stati acquisiti dati su reddito,
tasse e numero di dipendenti dei fornitori dell’impresa analizzata.
Risultati
Impatto diretto sull’economia regionale
Circa il 76% della forza lavoro dell’impresa presa in considerazione vive in un
raggio di 30 km dall’impianto,il 17% ha un livello di istruzione universitario e il 68%
è costituito da donne. La componente di genere riflette la speciale natura dell’at-
tività manifatturiera nel settore delle valvole prostetiche, che richiede la cucitura,
e si differenzia fortemente rispetto a quella delle altre attività manifatturiere della
regione,dove la componente femminile scende al 22%.Considerando tutti i settori
dell’economia regionale, e non solo quello manifatturiero, si sale al 43%, ben al di
sotto dei valori dell’impresa analizzata. Se si analizza la composizione di genere
nelle diverse posizioni gerarchiche, si rilevano percentuali più alte della presenza
femminile rispetto alle medie regionali del settore manifatturiero sia per posizioni
executive sia manageriali.A conferma di ciò, un recente studio indipendente su
1.076 aziende italiane con almeno 100 dipendenti nella stessa regione dell’azienda
biomedicale colloca l’azienda analizzata nelle prime tre posizioni quanto a forza
della componente femminile.
Generalmente, la densità abitativa dei dipendenti di un’azienda localizzata
in un dato comune diminuisce con l’aumento della distanza dal sito produttivo.
Nel caso in esame, i dipendenti dell’impresa rappresentano oltre il 5% della forza
lavoro cittadina. Il contributo marginale all’economia locale può essere stimato
paragonando i salari medi dei lavoratori dell’azienda con quelli medi dei comuni
di residenza.Nel 2010 il salario medio dei dipendenti dell’azienda era più alto che
nella maggior parte dei comuni di provenienza dei lavoratori, ed in particolare
superiore del 19% nel comune in cui è localizzato lo stabilimento produttivo. Il
dato è coerente con altri studi che stimano,negli Stati Uniti,un premium di alme-
no il 15% per i lavori nell’industria delle tecnologie medicali rispetto alla media
manifatturiera, indicando come il settore impieghi manodopera particolarmente
qualificata.La combinazione di salari superiori alla media con un’alta concentrazione
di dipendenti nel comune risulta in un maggior contributo da parte dell’azienda in
esame rispetto a quello degli altri datori di lavoro all’economia cittadina stimabile
equivalente al 6%.
Il prelievo fiscale operato sull’azienda e sui dipendenti costituisce un ulteriore
contributo economico, in questo caso per il settore pubblico, il cui ammontare è
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11. 10 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
di particolare rilievo in quanto va a contribuire alla copertura dei costi dei servizi
pubblici come ad esempio il Servizio Sanitario Nazionale, che è anche un utilizza-
tore di valvole cardiache.
Effetti indiretti e moltiplicativi
Le vendite di fornitori italiani all’azienda esaminata rappresentano lo 0,19%
dei loro ricavi nel 2009 (Fonte: elaborazioni dei ricercatori su dati ORBIS). Mol-
tiplicando tale valore per il numero di addetti dei fornitori, si può ottenere una
stima dell’impatto indiretto dell’impresa sul loro livello di occupazione, stimato
in 181 addetti. Distinguendo tra fornitori locali e fornitori di altre regioni italiane,
per i primi il fatturato riconducibile all’impresa analizzata è pari a 0,34%, mentre
per i secondi il dato si dimezza.Assumendo che l’azienda analizzata contribuisca
all’occupazione di lavoratori presso i fornitori in maniera proporzionale alla quota
del loro fatturato che genera, si conclude che per ogni quattro posti di lavoro
generati, uno viene prodotto localmente, ovvero nella regione in cui l’impresa è
ubicata.Per quanto riguarda i fornitori locali,le vendite all’azienda rappresentano il
25% del totale di quelle collegate alla produzione di valvole cardiache prostetiche.
Tradotto in posti di lavoro,10 sono direttamente collegati alle forniture specifiche
e 24 lo sono indirettamente.Viceversa, considerando i fornitori locali ubicati in
altre regioni italiane,la quota sul fatturato scende all’1%,mentre il numero di posti
di lavoro sale rispettivamente a 49 e 79.
Ipotizzando una correlazione esatta tra le forniture e la produzione di valvole
si può stimare che il fattore moltiplicativo del fatturato attribuibile al produttore in
questione sia stato 1,26 e 1,30 rispettivamente nel 2009 e nel 2010. Questo vuol
dire che il rapporto dell’azienda con l’economia locale è tale che a ogni euro di
fatturato corrispondono 30 centesimi di sostegno al fatturato del fornitore.Il mol-
tiplicatore qui adottato è coerente con i risultati del Milken Institute sull’industria
dei dispositivi medicali nel 2009.Il moltiplicatore occupazionale stimato per il 2009,
ultimo anno di disponibilità dei dati ORBIS,è pari a 1,26,indicando che ogni quattro
posti di lavoro creati almeno uno è attribuibile alle forniture all’azienda esaminata.
Oltre che in termini di fatturato e occupazione, l’impatto indiretto può es-
sere misurato in termini di gettito fiscale.Nell’ipotesi che tale gettito sia generato
nelle stesse proporzioni del fatturato, si arriva ad un gettito aggiuntivo stimabile
in 219.000 euro nel 2009, suddiviso approssimativamente al 50% tra fornitori
locali e non locali. È interessante notare che la parte di gettito fiscale generato
dalle forniture non direttamente legate alla produzione di valvole è in gran misura
prevalentemente locale.
Dai dati di bilancio dell’impresa analizzata è emerso che il costo del lavoro
rappresenta il 37% del fatturato globale in entrambi gli anni. Metà di questa quota
è costituita da reddito disponibile, mentre la parte restante riguarda le altri com-
ponenti del costo del lavoro, tra cui il contributo dell’azienda per la previdenza
sociale (9–10%).Gli acquisti dai fornitori rappresentano un altro terzo del fatturato
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12. 11primavera 2014 | numero 79 L’ARCO DI GIANO
globale mentre l’ultimo terzo è il reddito dell’azienda. Il gettito fiscale generato
dall’azienda e dai suoi dipendenti rappresenta il 9% del fatturato e costituisce un
contributo all’economia italiana: per ogni euro di fatturato di valvole cardiache
prostetiche prodotte in Italia, 9 centesimi tornano allo Stato italiano. La maggior
parte del gettito fiscale generato dall’azienda deriva dall’imposta sul reddito dei
dipendenti ed è pari all’ 84% del totale, con un moltiplicatore di 5,25 rispetto al
gettito generato dalla sola azienda. In questo calcolo non sono incluse le tasse
pagate dai dipendenti dei fornitori.
Conclusioni
Con il metodo appena descritto2
è stato stimato il contributo economico
all’economia italiana da parte di una multinazionale italiana produttrice di valvole
cardiache prostetiche localizzata in Italia.Sulla base dei più recenti dati ISTAT pub-
blicati nel 2011 sull’economia italiana a livello provinciale,si è stimato,per il periodo
2009-2010,un contributo al PIL della provincia in cui è ubicato l’impianto pari allo
0,82%. Questo risultato è stato conseguito principalmente grazie all’impiego di forza
lavoro localizzata nello stesso comune in cui ha sede l’impianto, che rappresenta
complessivamente circa il 6% del reddito della forza lavoro locale. Inoltre, si è sti-
mato che,per ogni 100 euro di fatturato generato dalla vendita di valvole cardiache
prostetiche prodotte in Italia, si generi un fatturato di 30 euro legato a forniture
alla stessa azienda. La stima è sicuramente calcolata per difetto dal momento che
non comprende alcuna attività economica indiretta generata dall’azienda al di fuori
degli acquisti di forniture e dall’impiego di lavoro associato a queste da parte dei
fornitori.Di conseguenza non sono state presi in considerazione ai fini della stima
conclusiva tutti quegli effetti diretti e indiretti derivanti da transazioni e altre attività
economiche intercorse tra i produttori intermedi e i rispettivi fornitori che sono
in ultima analisi al servizio delle forniture destinate all’azienda, dal momento che
non è possibile ricostruire e tracciare l’intera catena delle forniture stesse.Inoltre,
non sono stati considerati i consumi aggiuntivi indotti da parte della forza lavoro
dell’azienda. Dal punto di vista del contributo all’occupazione, la stima rileva che
per ogni quattro nuovi posti di lavoro creati dalla localizzazione in Italia della pro-
duzione di valvole cardiache prostetiche almeno uno venga creato nella catena di
fornitori immediatamente a monte del processo produttivo.I risultati esposti sono
più conservativi rispetto a precedenti studi.La differenza può essere parzialmente
spiegata con le diverse metodologie utilizzate.Gli studi americani,infatti,calcolano i
multipli utilizzando modelli input-output che forniscono una stima dei collegamenti
inter-industriali e prendono in considerazione tutte i settori dell’economia. Nel
nostro caso è stato considerato l’effetto moltiplicativo relativo solo alle attività
immediatamente a monte nella catena di forniture all’azienda considerata. Inoltre,
l’analisi ha preso in considerazione solo gli impatti indiretti e non gli effetti indotti,
2
Per maggiori dettagli sulla metodologia si veda G. Callea et al., 2013.
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13. 12 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
a differenza di analoghi studi condotti in precedenza.Infine,il moltiplicatore occu-
pazionale è basato sulle informazioni disponibili in ORBIS,aggiornato al 2009-2010,
che non copre l’intero universo rilevante.
Per tutte queste ragioni gli effetti stimati sono conservativi. Oltre un terzo
dei ricavi generati dalla produzione di valvole cardiache prostetiche è stato allocato
alla remunerazione del lavoro (37% del fatturato totale),di cui la metà si è tradotta
in reddito disponibile (18%) che andrà a contribuire all’attività economica nel suo
complesso,mentre il resto è costituito da imposte sul reddito (8%) e da contributi
pensionistici da parte di lavoratori (3%) e datore di lavoro (9–10%).
In aggiunta ai benefici economici generati dall’azienda dal punto di vista della
società nel suo complesso,le indicazioni esposte fin qui hanno implicazioni relative
al valore dell’azienda dal punto di vista del contribuente. Grazie agli effetti diretti,
indiretti e moltiplicativi descritti, il valore aggiunto da un impianto produttivo
localizzato in Italia ha un effetto mitigante sui costi sostenuti dai contribuenti per
l’utilizzo di questi prodotti. Infatti, a parità di prezzo di acquisto (e di qualità del
prodotto), il costo netto per l’acquirente pubblico di dispositivi medicali prodotti
localmente rispetto a quelli prodotti in altri paesi,è inferiore.Questo vuol dire che
per ogni euro di fatturato generato dalla vendita di valvole cardiache prostetiche
prodotte in Italia, il ritorno economico per lo Stato è di 9 centesimi di euro.
Questo lavoro ha contribuito ad illustrare le diverse tipologie di benefici de-
rivanti dalle scelte di localizzazione produttiva da parte delle imprese di tecnologie
mediche. In aggiunta alla produzione di salute, l’industria di tecnologie mediche
contribuisce allo sviluppo economico di un paese attraverso occupazione e pro-
duzione di reddito. Sarebbe pertanto auspicabile che nell’ambito delle decisioni
di introduzione di nuove tecnologie, il decisore pubblico consideri tutti questi
aspetti e il ritorno dell’investimento per la società nel suo complesso. In tempi di
crisi economica e di stagnazione,quando gli investimenti in ricerca e sviluppo sono
minacciati dai tagli alla spesa,ragionare a compartimenti stagni è un lusso che non
ci si può più permettere.
Ringraziamenti
Gli autori sono grati ad André-Michel Ballester (Amministratore Delegato,
Sorin Group) e a Matteo Pinciroli (Direttore del Programma Perceval, Business
Unit Valvole Cardiache, Sorin Group) per i commenti ricevuti sul manoscritto.
Tuttavia gli autori sono gli unici responsabili per i contenuti dell’articolo.
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16. 15primavera 2014 | numero 79 L’ARCO DI GIANO
Le nuove tecnologie e la
personalizzazione della medicina
di Marco Trabucchi
Riassunto
L’articolo esamina le caratteristiche di un rapporto difficile,ma che può diventare di grande utilità
per la salute delle persone più fragili.Infatti,in ogni ambito della cura le nuove tecnologie possono
allo stesso tempo contribuire alla definizione del bisogno e della sua specificità e a strutturare
una risposta adeguata.
Parole chiave:
Clinica, nuove tecnologie, personalizzazione.
Summary
The paper describes the difficulties related with a conciliation of new technologies with a per-
sonalized care. In fact advanced technologies may at the same time concur to the definition of
medical needs and predispose a correct answer.
Key words:
Effective care, new technologies, personalized medicine.
La medicina contemporanea deve fare i conti con una serie di dicotomie,
conseguenza del rapido cambiamento avvenuto in diversi ambiti della pratica clinica,
senza che vi sia stato il tempo per aggiustamenti progressivi.Infatti,in pochi decenni
si è assistito ad una trasformazione radicale delle attività di cura,mentre la cultura
alla base di queste non è stata in grado di dare un senso ed una collocazione ai
diversi eventi.
Tra le molte dialettiche prive di una sintesi, quella apparentemente più forte
è tra la tecnologia e la personalizzazione degli interventi.Infatti è difficile l’incontro
tra le esigenze di sistemi tecnologici,governati da precise leggi,e l’enorme variabilità
della persona, nelle sue espressioni tempo e storia dipendenti. Però è necessario
identificare gli strumenti culturali per un superamento della dicotomia,nella continua
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17. 16 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
ricerca della possibilità di ridurre la sofferenza della persona grazie ai progressi della
scienza e della tecnologia. Infatti, almeno parte dell’apparente contrasto è indotto
in modo artificiale da chi difende spazi in nome di premesse ideologiche, mentre
vi sono prospettive concrete per delineare strade che portano ad una sintesi tra i
due poli, nell’interesse della persona oggetto delle cure.
Negli ultimi decenni i risultati ottenuti dalla medicina sono cambiati radi-
calmente rispetto al passato; la clinica ha salvato moltissime vite, ma allo stesso
tempo ha indotto una diffusa tendenza alla cronicizzazione delle malattie. Oggi le
patologie curate, ma non guarite, rappresentano buona parte delle problematiche
di salute.Questa situazione -inattesa e non progettata- ha portato a riconsiderare
la visione ottimistica ed “espansionistica” che ha caratterizzato la medicina fino a
tempi recenti; la critica, però, per quanto appropriata e doverosa, non ha ancora
permesso la definizione di una nuova prospettiva.Nel frattempo prevale incertezza:
dove stiamo andando? il successo continuerà ad arridere alle ricerche o incomincia
ad apparire qualche segnale d’allarme (si veda ad esempio, la crisi dell’antibiotico-
terapia)? l’espansione di tecnologie costose è giustificata dal raggiungimento di
risultati significativi sulla salute? dove si colloca in molti campi il confine tra il nor-
male e il patologico? la complessità che si riscontra nei sistemi biologici, in modo
tanto più marcato quanto più si approfondiscono gli studi e le ricerche, è motivo
di preoccupazione per la comprensione dei fenomeni clinici o permette già ora di
spiegare -almeno in parte- la realtà delle malattie e della sofferenza? Molte altre
potrebbero essere le domande delle quali è necessario farsi carico nel momento
del cambiamento per non lasciare aree inesplorate, fonte di ansia e di incertezza
per il medico, per il personale sanitario, ma anche per i cittadini.Al fine di un reale
progresso,di seguito vengono discussi alcuni aspetti di una tecnologia che contri-
buisce, attraverso gli strumenti più raffinati, a caratterizzare il singolo individuo
(dalla genomica, alla proteomica, all’imaging più avanzato, ecc.) e allo stesso tempo
a rispondere allo specifico bisogno indotto dalle malattie (dall’interventistica ai
farmaci). In questa prospettiva non vi sono dicotomie, ma solo una integrazione
che porta a importanti risultati per la cura.
Sul concetto di personalizzazione
Il termine personalizzazione della medicina comprende il riconoscimento
dell’individualità di ogni persona quando si progettano interventi di cura.
La domanda centrale in questo ambito è:come si può raggiungere (o si cerca
di raggiungere) un modello clinico adeguato alla varietà dei fenotipi che si fondano
sulla genetica,sulla storia famigliare,sull’esposizione alle malattie,sull’ambiente,sui
comportamenti individuali, sulla cultura e sui valori? In particolare, come si inte-
grano le tecnologie,che sempre più numerose e complesse si rendono disponibili
per la cura,con l’esigenza di adattamento alla peculiarità di ogni singolo individuo?
Nelle righe che seguono, si suggeriscono alcune possibili risposte rispetto a
questi interrogativi.
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18. 17primavera 2014 | numero 79 L’ARCO DI GIANO
Un sistema sanitario adeguato al tempo presente deve essere impostato
secondo linee teoriche che descrivono prima di tutto l’obiettivo degli interventi
di cura, la persona ammalata.
L’uomo è una grande opera incompiuta (non in senso evoluzionistico, ma in
riferimento ad ogni singolo individuo). La vita costruisce una continua evoluzione
dell’essere umano sul piano biologico,somatico,psicologico,relazionale,senza mai
arrivare ad una fine,ad ogni età.L’evoluzione individuale avviene prevalentemente
adattandosi ai limiti imposti dalle circostanze vitali; il riconoscere queste realtà è
importante, perché non pone obiettivi irraggiungibili, ma segue una logica di vita
che rispetta i confini,pur mirando a superarli.D’altra parte,il formidabile aumento
della spettanza di vita avvenuta negli ultimi decenni non è forse segno anche di
un’evoluzione della specie,indipendente o conseguenza dell’evoluzione individuale?
Qualsiasi relazione con l’incompiutezza (dal piano relazionale tra persone,al
piano clinico) deve porsi il problema di conoscere l’altro prima di compiere atti che
vogliano essere significanti. Su questa base si fonda l’importanza delle valutazioni
multidimensionali, collegate ad una lettura empatica dell’altro, che hanno nella di-
mensione tempo il loro fondamento;in questo modo si arriva ad una conoscenza
approfondita, indispensabile per una cura che si ponga l’interrogativo sulle deter-
minanti di disagio e sulle loro evoluzioni come conseguenza delle interazioni tra
condizione di malattia e fattori esterni.
Sul piano clinico, quindi, il fenotipo di un paziente è sempre diverso da ogni
altro fenotipo e si trova in una condizione di continua instabilità. La componente
genetica ha un ruolo rilevante,ma prevale la modulazione che viene messa in atto
nel corso della vita; sappiamo, ad esempio, che le farfalle hanno molti più geni
dell’uomo. È quindi ovvio che il fenotipo discende soprattutto dalle interazione
tra geni e dalla loro modulazione indotta dalla vita stessa. Recentemente l’autore
di un articolo ha analizzato il proprio genoma e poi per un anno e mezzo ha ana-
lizzato contestualmente e ripetutamente il suo proteoma,trascrittoma,le risposte
immunologiche e antigeniche e ha rilevato come di mese in mese questi parametri
si modificavano in rapporto alla dieta, allo stile di vita, alle problematiche cliniche.
Manca però un modello alternativo teorico, che non sia l’osservazione dei vari
domini vitali e la loro collocazione l’uno vicino all’altro. In altro campo, si pensi
che le specie che colonizzano l’intestino umano esprimono da 2 a 4 milioni di geni,
contro i 25.000 della specie umana; questa disparità deve essere interpretata per
le influenze che ha sulla condizione clinica e sulle malattie. La crisi della visione
genomacentrica non ha però ancora portato ad un modello interpretativo della
complessità che permetta di comprendere le modalità attraverso le quali i vari
elementi producano un certo fenotipo come risultato di interazioni non sempre
predicibili.
La complessità come cultura di fondo del nostro tempo apre ad una mentalità
“estetica”, che guarda al mondo in modo aperto a qualsiasi evoluzione, e non in
modo segmentato, così da arrivare necessariamente ad un risultato ed uno solo.
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19. 18 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
Questa visione deve essere rivolta verso l’esterno della persona (le relazioni),ma
anche verso il suo interno (la biologia).Anche gli interventi devono essere condotti
in questa prospettiva, aprendosi così ad una modalità di “defragmenting care”; la
struttura della persona richiede risposte di cura necessariamente unitarie.
La medicina si è illusa -sulla scia della ricchezza delle scoperte del periodo
1940-1970- di poter sconfiggere la sofferenza e la malattia attraverso interventi
specifici,legati ad un particolare segmento della fenomenologia clinica analizzato e
studiato in modo approfondito, per il quale ha identificato risposte importanti ed
adeguate.Ora però la medicina stessa inizia a comprendere che la mancanza di un
“collante”,che permetta di interpretare il significato unitario delle varie alterazioni
o disregolazioni,impedisce di compiere interventi di cura davvero efficaci.Con quali
modalità sarà possibile identificare il collante? Non potrà certamente discendere
da visioni retoriche come quella dell’umanizzazione;infatti,al di là dell’inconsistenza
dell’approccio, guarda agli aspetti della relazione operatore-paziente, che costitu-
iscono solo una parte della grande tematica “personalizzazione della medicina”.
La tecnologia e il suo spazio
La medicina che voglia rispondere al bisogno del singolo (personalizzazione
della cura) deve fare una sintesi alta tra la medicina basata sulle evidenze (una delle
grandi e indiscusse conquiste del pensiero contemporaneo) e la medicina narrativa.
È come dire una sintesi tra tecnologia e personalizzazione...è peraltro l’ennesimo
riproporsi del pendolo nella storia del pensiero clinico.Ad esempio, all’inizio del
‘900 vi è stato un dibattito tra Kraepelin,che tendeva ad inserire l’individuo malato
entro schemi fissi e precostituiti,e Alzheimer,che poneva l’osservazione clinica al
centro di valutazioni autonome per arrivare alla conoscenza del paziente.La stessa
problematica si pone rispetto all’adozione di linee guida per specifici aspetti clinici;
spesso non possono essere adottate a causa della loro incapacità di rispondere
alla complessità degli interrogativi posti dell’effettiva condizione clinica di un certo
paziente, che non era stata prevista al momento di costruire le linee guida (né al
momento di impostare gli studi clinici sui quali esse si basano).
All’opposto rispetto a queste considerazioni, la discussione del ruolo della
tecnologia nella medicina contemporanea non può trascurare la descrizione
di eventi che sembrano andare controcorrente. Ad esempio, l’evoluzione delle
conoscenze sulle demenze è l’immagine di una dinamica incerta tra tecnologia e
bisogno del paziente. Si profila infatti la definizione di una malattia costruita su
un’alterazione della betaamiloide,studiata con i criteri rigidi di selezione di pazienti
che rispondono a condizioni lontane dalla realtà; per questa “amiloidopatia” si
identificheranno farmaci in grado di controllare la diffusione della sostanza tos-
sica nel cervello. Si arriverà quindi a definire una malattia sulla base del successo
di un intervento biologico, ottenuto attraverso procedure che standardizzano
rigidamente la realtà (probabilmente in un campione così selezionato la cura
avrà effetti positivi).Tutto il resto, la malattia vera, quella che riguarda la massa di
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persone che si trovano in condizioni di disagio perché colpite da alterazioni della
cognitività accompagnate da polipatologia, da storie complesse, da condizioni di
vita molto diverse, ecc., non rientrerà nell’interesse della medicina scientifica e
quindi probabilmente sarà dimenticata...
È un esempio di come la scienza contemporanea non sempre riesca a collo-
care il proprio intervento nella logica della personalizzazione della cura; l’errore
è ancor più grave se si considera il rischio “culturale” di diffondere un modello
“panbiologico” della medicina,fondato su dati di laboratorio,altamente selezionati
e di difficile (e costosa) raccolta.
In contrasto con quanto discusso sulle demenze si deve riconoscere che la
tecnologia da qualche tempo ha iniziato a criticare la propria autoreferenzialità,
avendo compreso di fatto che la sua espansione richiede anche consenso sociale,
condizione che in medicina segue regole del tutto peculiari.
Un aspetto specifico è rappresentato dall’intervento tecnologico nelle varie
età della vita.La decisione in queste condizioni deve essere affidata al concorrere
di volontà e di sensibilità diverse: quelle del cittadino, spesso non chiare, e quelle
del medico,in grado di comprendere se l’intervento tecnologico si colloca nell’am-
bito dell’attesa di vita del paziente e quindi ha la possibilità di esercitare un effetto
positivo. Oggi, ad esempio, le tecniche chirurgiche più raffinate, che si fondano su
strumentazioni avanzate,sono applicate alle persone di qualsiasi età.Non si tratta
quindi di giudicare negativamente o positivamente un certo intervento, ma di
apprezzare la possibilità che possa guarire una malattia in modo commisurato con
la spettanza di vita. In questa direzione, l’ICT potrà rappresentare lo strumento
sul quale costruire prospettive di intervento anche in ambiti così complessi come
la vita della persona affetta da molte malattie, fragile, priva di autonomia, ecc. La
web medicine sarà lo strumento per una reale personalizzazione; risponde infatti
all’esigenza di costruire una medicina non puntiforme,che incorpora la continuità
terapeutico-assistenziale, una medicina appropriata, che risponde ad un bisogno
identificato con rigore, una medicina legata all’ottenimento di un risultato e non
alla prestazione autoreferenziale di un servizio.Mette in rapporto le persone e non
solo queste con i servizi.Si comprende bene come questa prospettiva permetterà
anche di evitare molti sprechi, superando l’attuale dibattito tutto incentrato sui
tagli, che trascura ogni valutazione sui risultati e la loro specificità. D’altra parte,
una lettura dell’evoluzione della medicina contemporanea porta a rilevare una
serie di “movimenti” che possono essere letti in modo ambiguo, ma che vanno
certamente nel senso di una personalizzazione, se fondati su precise premesse. Si
pensi, ad esempio, al “less is more”, che può diventare ambiguamente sia un’indi-
cazione a tagliare le procedure diagnostiche e terapeutiche indipendentemente
dal bisogno, sia, al contrario, in positivo, una precisa indicazione a privilegiare il
bisogno del singolo rispetto alla cultura medica.
Una considerazione particolare riguarda la collocazione dell’intervento
tecnologico all’interno di una logica clinica generale, per cui non rappresenta un
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21. 20 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
momento puntiforme, ma si colloca nella logica dell’accompagnamento e della
presa in carico. Non vi sono da una parte la tecnologia e dall’altra l’ammalato, ma
una clinica che segue il paziente nel tempo utilizzando i mezzi più appropriati per
le diverse condizioni cliniche.
Alcune considerazioni conclusive
In conclusione si devono considerare ulteriori aspetti, non secondari.
Alla base del rapporto tra tecnologia e personalizzazione vi è un’ area di
innovazione di grande rilievo, cioè la possibilità che i sistemi sanitari siano in gra-
do di incorporare al loro interno culture diverse che assieme portano a risultati
significativi.Biologia e clinica,scienze umane,sociali e dell’assistenza,modellistica e
organizzazione,tecnologie dell’informazione e della comunicazione devono trovare
una relazione dialettica per permettere una crescita armonica del sistema delle
cure.Infatti queste competenze e culture sono in grado di rappresentare per molti
aspetti il reticolo e la cornice che accompagnano il singolo individuo nei percorsi
di cura e quindi anche nei rapporti con la tecnologia. Sono in grado di adattare le
offerte tecnologiche ad un bisogno che cambia, attraverso continue modulazioni.
L’innovazione non tecnologica si incontra con quella tecnologica dando maggior
valore a quest’ultima;è peraltro un fattore non irrilevante nel momento di difficoltà
economiche, che richiedono un impegno mirato delle scarse risorse disponibili.
Il rapporto tra tecnologia e personalizzazione deve riconoscere la centralità del
bisogno, anche al di là di considerazioni etiche ed economiche. Infatti, è necessario
riaffermare che la cura ha di per sé il massimo valore.Se il rapporto tra la tecnologia
e la persona porta ad un adeguato vantaggio per la salute, perché l’effetto è diret-
tamente commisurato con la specificità della condizione, si realizza di fatto l’eticità
della scelta. Il bene raggiunto di un paziente è sempre un atto eticamente positivo,
senza che sia opportuno fare altre considerazioni; quindi la valutazione etica non
può avere una collocazione indipendente, perché la tecnologia è neutrale, mentre
il suo utilizzo è commisurato all’importanza clinica del risultato (su questo piano si
aprono le grandi tematiche di cosa sia realmente utile per la salute,in uno scenario
caratterizzato,come indicato nel primo paragrafo,dalla cronicizzazione delle malattie).
Per quanto riguarda gli aspetti economici le considerazioni sono diverse,
perché spesso la disponibilità di finanziamenti è rigida e quindi si deve costruire
all’interno di questa una lista di priorità che non negano il valore di uno specifico
atto, ma lo mettono in serie con altri di diversi livelli di efficacia. Sarà compito
della cultura clinica agire in modo da ampliare le disponibilità economiche, al fine
di includere anche uno specifico intervento tecnologico. Ciò richiede equilibrio
da parte di chi gestisce la tecnologia; purtroppo, nel nostro paese non vi sono
esempi particolarmente felici di realismo colto, per cui spesso si è delegata la
programmazione ad altri interessi, non solo economici, ma di prestigio personale,
di potere politico, ecc.Attorno a questa tematica è invece necessario costruire
linee guida e protocolli che si ispirano alla cultura scientifica più avanzata a livello
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22. 21primavera 2014 | numero 79 L’ARCO DI GIANO
internazionale.Anche se anch’essi non sono sempre scevri da influenze di parte,
rappresentano certamente il punto di riferimento più valido.
Un aspetto non secondario,in conclusione,riguarda la valutazione soggettiva
dei cittadini rispetto alle tecnologie. È un’area che andrebbe esplorata in modo
più attento, perché mancano indicazioni controllate sulla valutazione delle nuove
(o innovative) tecnologie da parte del singolo individuo. Infatti molti cittadini non
distinguono con chiarezza quali hanno funzione diagnostica (l’imaging),quali invece
possono avere un ruolo importante nelle cure (l’area dell’interventistica,dei farmaci,
ecc.), quali collaborano alla definizione del bisogno del singolo individuo (l’ICT).
Sarebbe utile arrivare ad una coscienza diffusa sull’importanza delle tecnologie per
il bene collettivo, al di là delle informazioni spesso non precise fornite dai media,
e nell’ambito di un approccio complessivo con i servizi sanitari; il fine è costruire
serenamente un rapporto con gli ambiti dove le tecnologie svolgono un ruolo im-
portante (ad esempio,in questa prospettiva non si potrebbe giustificare l’esistenza
di realtà ospedaliere di piccole dimensioni, prive di tecnologie avanzate dal punto
di vista diagnostico, interventistico e anche dell’uso dei farmaci più innovativi).
D’altra parte,una positiva valutazione del cittadino avrebbe una ricaduta rilevante
sull’efficacia degli interventi stessi,che verrebbero interpretati come un contributo
fondamentale per recuperare la salute e quindi soggettivamente valorizzati.
Infine, ma non secondario, vi è il problema della formazione degli operatori
su queste tematiche. L’equilibrio nell’adattare la tecnologia al bisogno del singolo
non si apprende senza problemi;è infatti il frutto di insegnamenti che percorrono
lo stesso iter delineato in questo articolo,per trasmettere all’operatore (tecnologo
o clinico) il significato del suo lavoro,sempre influenzato dal progresso scientifico,
ma allo stesso tempo sempre responsabilizzato rispetto al benessere del paziente.
Non è un equilibrio facile da raggiungere,sotto la pressione della cultura scientista
da una parte e della tendenza ad enfatizzare solo gli aspetti assistenziali dall’altra.
Però il futuro della medicina non può non essere fondato su una fusione dinamica
tra due realtà, quella della sofferenza che si presenta sotto forme sempre nuove
e quella della tecnologia che esprime con prudenza le sue enormi potenzialità.
In questa logica dovrà avere un maggiore sviluppo all’interno dei servizi sanitari
il lavoro di équipe, non come avvicinamento acritico tra professionalità diverse,
ma come base per un continuo scambio dialettico di informazioni per arrivare
alla migliore decisione. Su questo piano vi è ancora molta strada da compiere;
per esempio, all’interno degli ospedali il rapporto tra i servizi tecnologici e quelli
direttamente a contatto con l’ammalato non sono sempre facili. Però più che
prevedere protocolli su come devono avvenire i processi decisionali, sarà utile
sviluppare sempre più l’analisi del singolo caso,attorno al quale costruire consensi;
la verifica dei risultati in conseguenza di una certa decisione più o meno condivisa
sarà la modalità più efficace per definire le modalità di una collaborazione efficace.
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24. 23primavera 2014 | numero 79 L’ARCO DI GIANO
Innovazione e ricerca per
il rilancio dei settori high tech
di Andrea Bianchi
Riassunto
Sostenere la ricerca è un passaggio obbligato per la crescita. I dati sull’attività di ricerca in Italia
mostrano la debolezza strutturale del nostro paese,ma allo stesso tempo nascondono le eccellenze
dell’industria italiana sia nei settori a media che in quelli ad alta tecnologia, dove si concentra il
maggiore livello di innovazione. Gli strumenti messi in campo sono importanti ma ancora insuffi-
cienti.Servono politiche industriali mirate che puntino sulla qualificazione della domanda pubblica,
sul credito d’imposta e sul finanziamento dei progetti di ricerca.
Parole chiave:
Tecnologia, innovazione, ricerca.
Abstract
Supporting Research and Innovation is a an essential step to sustain growth.The data on Research
and Innovation in Italy provide unequivocal evidence of the intrinsic weakness of our country, but
at the same time disguise the excellencies of the Italian Industry in areas such as the media and
high tech sectors,where the highest level of innovation is concentrated.The adopted procedures are
effective but still highly insufficient. It is extremely important to deliver tailored industrial policies
that aim to a qualification of the public demand,the tax credit and the funding of research projects.
Key words:
Tecnologies - innovation, research.
La crisi finanziaria, che ha colpito le economie mondiali innescando la più grave
recessione del dopoguerra,ha tra le altre cose evidenziato il valore strategico dell’indu-
stria nelle economie avanzate. L’industria consente infatti di rendere più stabile il ciclo
economico anche in presenza di ampie oscillazioni dei mercati finanziari tipiche di un’e-
conomia globalizzata in cui le spinte alla speculazione hanno una straordinaria potenza.
Tale capacità deriva dal fatto che l’industria genera crescita grazie al grande bacino
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occupazionale che rappresenta e grazie al fatto che svolge gran parte dell’attività di
ricerca privata e possiede un’elevata propensione ad innovare.Attraverso la diffusione
di innovazioni mantiene una buona dinamica della produttività, garantendo più elevate
retribuzioni e una maggiore capacità di attrarre risorse umane qualificate.
Il valore del settore manifatturiero impone quindi una forte attenzione da parte
dei policy maker al fine di mettere la competitività delle imprese al centro di tutte
le politiche economiche.
L’Europa si sta già muovendo verso questo obiettivo. Dal 2010 il rilancio
dell’industria e il tema della reindustrializzazione dell’Europa sono stati oggetto
di importanti comunicazioni della Commissione – l’ultima “Per un rinascimento
industriale europeo” del 22 gennaio 2014 - che si sta orientando verso l’adozione
di politiche selettive, nella convinzione che per uscire dalla crisi sia necessario
valorizzare in via prioritaria le potenzialità di alcuni grandi driver industriali.
In particolare,l’idea della Commissione è di affiancare agli interventi orizzon-
tali volti a creare condizioni più favorevoli per l’attività d’impresa - quali ad esempio
l’accesso ai finanziamenti e il rafforzamento del mercato unico - anche interventi
in aree industriali ad elevata crescita,in cui l’adozione di tecnologie innovative può
giocare un ruolo determinante per la creazione di nuovi prodotti o per aumentare
la produttività. Sotto questo profilo, i mercati più rilevanti individuati dalla Com-
missione sono quelli delle tecnologie di fabbricazione avanzate per la produzione
“pulita” e delle tecnologie abilitanti, i mercati dei prodotti biologici, l’industria
sostenibile, edilizia e materie prime, la mobilità sostenibile e le reti intelligenti.
Un ruolo chiave in queste aeree di sviluppo è svolto dall’attività di ricerca.
La ricerca e l’innovazione sono unanimemente considerate le fondamenta del
progresso economico e sociale e il motore che dà impulso allo sviluppo durevole
e sostenibile.
Secondo i dati dell’ISTAT, nei paesi europei l’attività di ricerca e sviluppo ha
raggiunto nel 2010 i 247 miliardi di euro. L’Italia, con una spesa di 19,6 miliardi
di euro nel 2010 sostenuta da imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private
non profit e università conferma la sua debolezza rispetto agli altri grandi paesi
industriali europei. La spesa italiana rappresenta infatti l’8% del totale europeo
contro il 28,3% della Germania, il 18% della Francia e il 12,5% del Regno Unito.
In termini di rapporto tra spesa in ricerca e sviluppo e PIL, nel 2010 solo la
Svezia, la Finlandia e la Danimarca hanno superato la soglia l’obiettivo del 3% fis-
sato nell’ambito della strategia“Europa 2020”.Al di sotto del 3%,ma ampiamente
sopra la media europea del 2%, ci sono la Germania e l’Austria. L’Italia si colloca
molto al di sotto non solo della soglia del 3%, ma anche della media europea: con
un rapporto dell’1,3% l’Italia presenta un livello di spesa per ricerca inferiore a
quasi tutti i Paesi dell’Ue.
Questo quadro è confermato da altri indicatori che misurano il peso dell’at-
tività di ricerca. Un indicatore è dato dall’incidenza degli occupati nei settori high
tech:in Italia il 3,3% degli occupati lavora nei settori più innovativi,al di sotto della
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media europea del 3,8%,registrando uno dei valori più bassi tra i paesi dell’UE a 15.
L’altro è dato dall’incidenza dei cosiddetti“lavoratori della conoscenza” con laurea
o specializzazioni post laurea occupati in professioni tecnico-scientifiche:nel 2011
in Italia sono il 13,3% del totale degli occupati contro la media europea del 18,8%.
Se si esamina l’intensità di brevettazione,l’Italia con 73,3 brevetti per milione
di abitanti, si colloca al di sotto della media europea che nel 2010 è stata di 108,6
brevetti. L’Italia però registra risultati migliori se si considera la propensione ad
innovare che è misurata in termini di innovazione tecnologiche,di prodotto e/o di
processo,e di altre innovazioni organizzative realizzate dalle imprese.Nel triennio
2008-2010,infatti,l’Italia con il 53,9% di imprese innovatrici si posiziona al di sopra
della media europea (49%)
I dati illustrati mostrano un ritardo strutturale dell’Italia nell’attività di ri-
cerca e nell’alta tecnologia. Questo ritardo è legato in primo luogo alla struttura
molecolare del nostro sistema produttivo: più la dimensione è piccola e maggiori
sono le difficoltà di sostenere gli elevati costi fissi connessi all’avvio di progetti
innovativi;anche la minore propensione all’esportazione delle imprese più piccole
riduce l’incentivo a investire in innovazione perché i costi si ripartiscono su un
numero minore di vendite.Anche la gestione delle imprese ampiamente fondata
su un management familiare, con la sostanziale coincidenza tra patrimonio azien-
dale e familiare, può influire sulle decisioni di spesa in progetti di ricerca incerti
e rischiosi. Infine, un freno alla ricerca è costituito dalla struttura finanziaria delle
imprese italiane e la loro forte dipendenza dal credito bancario,che però è meno
adatto a sostenere investimenti a causa dell’incertezza dei risultati e delle difficoltà
di valutazione dei progetti di ricerca.
A questi elementi di freno si aggiunge la regolamentazione.Secondo l’OCSE
la crescita dimensionale delle aziende innovative è inferiore nei paesi in cui la
regolamentazione nel settore dei servizi alle imprese è più restrittiva, il sistema
giudiziario è più inefficiente e la normativa fallimentare è più penalizzante per le
imprese: tutti elementi che purtroppo si ritrovano in Italia.
Va tuttavia rilevato che i dati sulla ricerca possono sottostimare l’innovazio-
ne realizzata dalle tante PMI che spesso innovano senza effettuare o registrare
ufficialmente tale spesa. Il potenziale di crescita di queste imprese e la loro capa-
cità di realizzare brevetti risulta però inferiore a quella delle imprese che hanno
anche svolto l’attività di ricerca. Secondo i dati riportati nella Relazione Annuale
2013 della Banca d’Italia, in tutti i paesi il numero di imprese che hanno destinato
risorse e progetti innovativi supera il numero di quelle che hanno sostenuto spese
in ricerca e sviluppo: in Italia queste imprese rappresentano il 40%.
I dati riportati dunque nascondono eccellenze tecnologiche sia in settori a
media intensità tecnologica che in quelli ad alta tecnologia.
Ad esempio nella meccanica, segmento della manifattura oggi fondamentale
per il nostro paese, l’Italia è seconda solo alla Germania per spesa in ricerca con
oltre 1 miliardo di euro, cifra che peraltro sottostima largamente tanta ricerca
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informale fatta dalle PMI. Inoltre, considerando i 935 prodotti in cui, secondo
l’Osservatorio Fondazione Edison-GEA,l’Italia è prima,seconda o terza al mondo
per attivo commerciale con l’estero, si rileva che ben 415 di tali beni apparten-
gono a settori innovativi della meccanica e dei mezzi di trasporto diversi dagli
autoveicoli e che tali 415 beni hanno generato nel 2012 un surplus con l’estero
pari a 95 miliardi di dollari.
Esempi di eccellenze nell’alta tecnologia li ritroviamo nel settore della difesa
e dell’aerospazio,in cui l’Italia ha una posizione di grande rilievo a livello mondiale.
Nel panorama italiano spicca ovviamente Finmeccanica.
Presente in 45 paesi e con un elevato numero di dipendenti qualificati
impiegati nelle sue aziende, Finmeccanica si pone al di sopra della media delle
multinazionali europee, anche di quelle tedesche, nella produzione di prodotti ad
alta e medio-alta tecnologia.In Italia Finmeccanica è presente su tutto il territorio
nazionale con oltre 100 siti industriali e commerciali, che rilevano un valore della
produzione nel 2012 superiore a 11 miliardi di euro e un valore aggiunto per oltre
3.5 miliardi di euro che diventano 9 se si considera anche l’indotto.
L’indotto è infatti una parte molto importante del settore. Si tratta di tante
piccole e medie imprese altamente specializzate che hanno potuto sviluppare
elevate competenze tecnologiche grazie alla partecipazione a progetti interna-
zionali promossi da Finmeccanica. Anche il dato sulle esportazioni del gruppo
Finmeccanica è di particolare rilevanza: le esportazioni superano i 7 miliardi,
rappresentando l’1,9% del valore totale delle esportazioni italiane di beni. Ma tra
tutti i dati riportati, quello che fa comprendere pienamente il ruolo trainante di
questa industria nell’economia italiana riguarda gli effetti moltiplicativi generati
dalla sua attività. Ogni euro di valore aggiunto del gruppo Finmeccanica genera
ulteriori 1,6 euro nell’economia italiana e ogni occupato di Finmeccanica sostiene
altri 2,1 posti di lavoro in Italia.
Più in generale, questi dati indicano che l’industria aerospaziale e della sicu-
rezza rappresenta un settore strategico dell’economia,che svolge una funzione di
traino grazie agli effetti prodotti dall’attività di ricerca e innovazione che rappre-
senta il cuore e il motore del settore stesso e contribuisce in modo determinante
all’ampliamento delle competenze all’interno delle filiere, al rafforzamento della
base tecnologica industriale attraverso processi di trasferimento tecnologico e,
in definitiva, alla crescita della domanda e dell’occupazione.
E ancora altri esempi di eccellenza si trovano nel settore della sanità e in
particolare della scienza della vita (farmaceutica e dispositivi medici).Una recente
ricerca dell’Aspen rileva come,con 43 miliardi di euro di fatturato pari al 4,2% del
manifatturiero italiano, questo settore sia uno dei comparti ad alta tecnologia in
cui l’industria italiana è altamente specializzata. Il settore delle scienze della vita
presenta una struttura produttiva globale e capace di attrarre investitori esteri,con
una forte presenza di multinazionali anche estere,affiancate da un fitto tessuto di
piccole e medie imprese dinamiche e flessibili e da numerose start up innovative
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che applicano le conoscenze e i risultati della ricerca svolta nei centri di ricerca
universitari e ospedalieri.
Si tratta dunque di un settore molto competitivo, che tra il 2008 e il 2012
ha visto crescere del 36,5% le proprie esportazioni contro la media del 6,5% del
manifatturiero e che con questi straordinari risultati si colloca al di sopra dei livelli
di fatturato precedenti alla crisi. In particolare, emergono i risultati ottenuti dalle
imprese più innovative - e che hanno depositato i loro brevetti allo European
Patent Office – che hanno registrato i migliori risultati in termini di fatturato e
di redditività.
Il settore delle scienze della vita ha, inoltre, un elevato potenziale di svilup-
po legato alla domanda pubblica. In particolare, una domanda pubblica orientata
all’innovazione può dare un forte impulso all’innovazione high tech e dei servizi
avanzati, configurandosi così come un efficace strumento di politica industriale.
Questo è vero per tutti i settori e ovviamente in tutti i paesi.
Nella strategia“Europa 2020” la domanda pubblica di prodotti innovativi e di
servizi di ricerca sono un pilastro delle politiche europee sull’innovazione.In par-
ticolare,nel caso della fornitura di servizi di ricerca e sviluppo,quando le esigenze
del committente pubblico presentano un’elevata complessità tecnologica,si attiva
la procedura di appalto pubblico pre-commerciale che segue schemi diversi dai
comuni appalti pubblici e risponde a fabbisogni specifici della stazione appaltante
e che per questo non potrebbe essere soddisfatto allo stesso modo tramite le
forme di approvvigionamento più tradizionali e codificate.
In Italia – dove secondo i dati Eurostat gli acquisti per forniture ammonta-
vano nel 2010 al 16,2% del PIL - il “Decreto sviluppo bis” ha rafforzato questo
strumento, prevedendo il suo utilizzo nell’ambito di grandi progetti di ricerca e
innovazione connessi alla realizzazione dell’Agenda digitale.
Un impulso significativo all’attività innovativa in Italia può venire dai cluster
tecnologici,la cui nascita è stata favorita negli ultimi anni da alcune specifiche misure
ispirate alle esperienze di agglomerazioni volontarie di imprese ad alta tecnologia.
L’obiettivo di tali misure,attraverso il sostegno di fondi pubblici,è attivare sinergie
tra centri di ricerca,università e imprese private in ambiti geografici circoscritti.Tra
queste politiche rientrano i distretti tecnologici e i parchi scientifici e tecnologici.
Alla fine del 2011 il MIUR ha censito 29 distretti tecnologici,distribuiti in 18
regioni e popolati da circa 2.300 imprese. Circa la metà dei distretti è localizzata
nel Mezzogiorno mentre il resto è distribuito uniformemente nelle altre tre ma-
croaree. Con riferimento ai parchi tecnologici, una ricerca promossa dalla Banca
d’Italia presso 25 parchi scientifici italiani ha messo in evidenza che quasi tutti
hanno una proprietà pubblica o mista e che,in media,il 30 per cento delle entrate
proviene da fondi pubblici. Inoltre, ogni parco occupa in media poco meno di 40
addetti,ospita 28 imprese e offre servizi a 105 aziende.I parchi inoltre cooperano
prevalentemente con le università piuttosto che con i centri di ricerca pubblici,
partecipando insieme a progetti e condividendo infrastrutture per la ricerca.
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Queste misure contribuiscono anche a superare il limite sopracitato della
dimensione delle imprese, ma l’attività di ricerca va ulteriormente sostenuta. In
questo senso uno strumento fondamentale è il credito di imposta per gli inve-
stimenti realizzati dalle imprese sia in house sia in collaborazione con il sistema
pubblico di ricerca e altri organismi.
Un primo passo in questa direzione viene dal decreto “Destinazione Italia”
che introduce per il triennio 2014 – 2016 un credito di imposta al 50% per i
nuovi investimenti in ricerca e sviluppo compresi tra 50 mila euro e 2,5 milioni di
euro. La misura è certamente apprezzabile, ma dovrebbe essere resa più incisiva:
perché il credito d’imposta possa configurarsi come un vero strumento di politica
industriale è necessario renderlo strutturale ed estenderlo al volume complessivo
degli investimenti in ricerca e innovazione. L’introduzione di misure limitate nel
tempo scoraggiano l’avvio di investimenti di ricerca che per loro natura richiedono
tempi di realizzazione lunghi.Misure non strutturali penalizzano la ricerca in Italia
e scoraggiano anche eventuali investimenti da parte di imprese estere,che in altri
paesi come Francia,Spagna,Gran Bretagna e Germania possono invece beneficiare
di condizioni strutturali e di particolare favore per la ricerca.
Infine,occorre favorire il finanziamento dei progetti di ricerca che,come detto
in precedenza, non trovano il supporto del sistema bancario. In proposito sono
due le strade da seguire in questo momento. La prima consiste nello sviluppo di
modalità di finanziamento basate sul meccanismo di risk sharing;una prima misura
che va in questa direzione è la costituzione, prevista dalla legge di stabilità, di una
sezione del Fondo di garanzia che garantisce i finanziamenti erogati dalla BEI per
la realizzazione di progetti di innovazione industriale. La seconda riguarda i fondi
europei di Horizon 2020 che vanno orientati verso progetti che avvicinano la
ricerca di base e la ricerca applicata al fine di favorire il trasferimento dei risultati
della ricerca all’industria.
Dagli investimenti in Ricerca e sviluppo dipende la modernizzazione del Paese
e il loro sostegno rappresenta una misura essenziale per la competitività delle
imprese, oltre che per il rilancio degli investimenti esteri.
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Crescere puntando
sull’innovazione
e le tecnologie sanitarie
di Stefano Rimondi
Riassunto
Con la crisi economica gli investimenti in ricerca nel settore dei dispositivi medici in Italia si sono
ridotti notevolmente. Eppure sono proprio questi che rendono il settore vivo e competitivo, oltre a
contribuire a innovare la Sanità e a migliorare la qualità della vita dei cittadini. Purtroppo invece
il Servizio sanitario nazionale sta pian piano rinunciando a investire in innovazione tecnologica
a discapito della qualità della cure dei cittadini. L’Italia è un paese che ha enormi potenzialità in
campo medico-scientifico grazie a un’ottima classe medica e a un’industria che produce tecnologie
di livello,oltre a una gran quantità di laboratori di ricerca pubblica.Se questi soggetti fossero messi
in condizione di fare sistema, creando delle reti nazionali di eccellenza, che riuniscano i migliori
poli per specifiche competenze, si metterebbe un primo tassello per la crescita e la creazione di
nuovi posti di lavoro.
Parole chiave:
Investimenti, reti, competenze.
Abstract
Dealing with the consequences of the economic crisis, investments in technological research in the
field of medical devices in Italy were considerably reduced.Unfortunately these just make the sector
lively and competitive as well as contributing to the Health innovation and the improvement of the
citizen’s quality of life.However the NHS is slowly giving up on investing in technological innovation to
the detriment of the quality of therapies and health services.Italy is a country that has huge potentiality
in medical and scientific field due to excellent medical profession and industry, that produces high
technologies, in addition to a large amount of public research laboratories. If these members were
put in a position to interact each other,creating national networks of excellence,bringing together the
best poles for specific expertise,it would put a first step for the growth and the creation of new jobs.
Key words:
Investiments, networks, expertise.
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31. 30 primavera 2014 | numero 79L’ARCO DI GIANO
I principali problemi che il nostro Paese deve affrontare sono l’ingente debito
pubblico e l’andamento negativo dell’economia. Essi sono legati in modo molto
stretto l’uno all’altro e per riuscire a risolverli è indispensabile poter contare su
una crescita economica stabile.Tornare a crescere è dunque un imperativo per il
Paese, tanto quanto le riforme strutturali che vanno avviate in parallelo.
L’Italia investe troppo poco in ricerca e sviluppo (R&S) e in misura importante
ciò è dovuto al venire meno del cosiddetto “effetto traino” della spesa pubblica
nei confronti degli investimenti privati. In altre parole, gli investimenti pubblici in
R&S in Italia non producono un volano sufficiente a generare investimenti delle
imprese,se non in misura modesta.Le ragioni di questo,in generale,sono di varia
natura. Detto ciò siamo ancora un Paese con grandi potenzialità; potenzialità che
ora più che mai dobbiamo valorizzare in modo che attraggano investimenti in R&S
e generino innovazione.Affinché questo possa realizzarsi, occorre intervenire su
tutti i punti deboli elencati. Questo andrebbe fatto attraverso scelte strategiche
chiare, individuando priorità che siano in linea con i bisogni e le competenze del
Paese, nel solco degli indirizzi strategici 2011-2020 indicati dalla Commissione
europea nel quadro di “Europa 2020”.
La Sanità e il settore dei dispositivi medici offrono importanti opportunità
di sviluppo per il Paese ed è in questa chiave, dunque, che andrebbero pensati gli
interventi da mettere in campo per questo settore,compresi quelli tesi ad assicu-
rare la necessaria sostenibilità del sistema:un obiettivo,quest’ultimo,da perseguire
non rinunciando alla qualità delle tecnologie sanitarie e delle prestazioni erogabili,
bensì puntando proprio su di essa come volano di sviluppo. In questo momento
nel Paese ci sono diverse iniziative in moto a livello locale e regionale che dimo-
strano come, da un lato, le opportunità offerte dal settore siano state intraviste,
ma, dall’altro, manchi una strategia di coordinamento e un sistema finalizzato a
cogliere le possibili sinergie tra queste iniziative.
Quello cheAssobiomedica cerca di fare da alcuni anni è di richiamare l’atten-
zione su una serie di possibili interventi strutturali,in massima parte a costo netto
pari a zero,quali spunti finalizzati a una politica per lo sviluppo centrata sul settore
sanitario e, in particolare, dei dispositivi medici.Tutto questo con il presupposto
che nel Paese sia prioritario da una parte elevare il livello di collaborazione tra
i soggetti interessati nel fare investimenti, nel promuovere tali investimenti, nel
potenziare e offrire capacità di fare ricerca; dall’altra non disperdere le risorse a
disposizione, ma fare il più possibile massa critica.
Il nostro sistema sanitario, pur con tutte le disuguaglianze interregionali e
infra-regionali, può contare su competenze e tecnologie che lo pongono certa-
mente tra quelli più avanzati al mondo. In particolare, il fatto che la classe medica
italiana sia di ottimo livello e all’avanguardia nell’utilizzo di numerose tecnologie
sanitarie innovative, rappresenta sicuramente un’importante punto di forza del
nostro sistema che occorre valorizzare al massimo,su due piani:quello delle capa-
cità progettuali per cogliere le opportunità presenti nel quadro dei finanziamenti
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32. 31primavera 2014 | numero 79 L’ARCO DI GIANO
europei per l’innovazione;quello delle capacità di offerta di servizi alle imprese in
tema di R&S, trasferimento tecnologico e indagini cliniche.Attrarre investimenti
per la ricerca e l’innovazione è un obiettivo che molti paesi si pongono. Di più, è
un obiettivo rispetto al quale la competizione tra i paesi interessati alle ricadute
dirette e indirette di tali investimenti è già oggi molto forte e andrà crescendo
ancora in futuro.A questo proposito il principale ostacolo da superare nel nostro
Paese è la frammentazione delle politiche,delle iniziative e degli investimenti.Essa,
con i suoi risvolti pratici sul piano delle risorse a disposizione,limita fortemente sia
le possibilità di valorizzare il sistema nel suo complesso,sia l’efficacia e l’efficienza
delle iniziative che vengono portate avanti. In tema di governance della ricer-
ca e dell’innovazione, le proposte domestiche e gli esempi dall’estero su cui
ragionare, anche criticamente, non mancano. L’obiettivo, però, deve essere quello
di trovare rapidamente una soluzione in grado di favorire sinergie e collaborazioni
attraverso una regia e un coordinamento,almeno per le iniziative più impegnative;
promuovere soluzioni in grado di attrarre con maggiore efficacia gli investimenti
europei; semplificare l’accesso ai finanziamenti disponibili.
Nel prossimo futuro andranno probabilmente consolidandosi“macro-archi-
tetture” ad alta tecnologia che risulteranno sempre più attrattive per gli investimenti
e, di conseguenza, diminuiranno le opportunità alla portata di singole strutture, o
di singole regioni al di fuori di tali architetture.Sul piano strategico,la risposta a un
tale scenario consisterebbe nel passare dall’odierna logica“micro-competitiva” (tra
singole strutture e/o singole regioni) a una logica“collaborativa di sistema” basata
sulle eccellenze,che permetta di rafforzare le competenze specialistiche. Sul piano
pratico,si tratterebbe di realizzare apposite“reti” ciascuna delle quali ospiti
al suo interno il centro nazionale di competenza per la propria specialità e
riunisca tutti i migliori poli con competenze in quella specialità.I vantaggi,rispetto
a oggi, che queste reti offrirebbero sarebbero diversi. Consentirebbero di non
disperdere le risorse a disposizione a livello regionale e nazionale, e di migliorare
il livello qualitativo della ricerca sanitaria italiana;inoltre,favorirebbero il consolida-
mento infrastrutturale dei laboratori,a cominciare da quelli che oggi sono deficitari
di risorse. Darebbero ai centri italiani più forza per intercettare le opportunità
offerte dalla programmazione europea e i finanziamenti privati.Darebbero a tutte
le imprese certezze riguardo a dove poter trovare determinate competenze a cui
esse fossero interessate, offrendosi non solo come partner ideali per l’attività di
R&S, ma altresì come piattaforme tecnologiche (multicentriche e interregionali)
ideali per validare le innovazioni su scala internazionale. L’Italia ha tutto quello
che occorre per creare numerose reti di eccellenza. Una soluzione pragmatica
consisterebbe nell’allargare il respiro delle reti che già esistono, coinvolgendovi
tutti i poli di eccellenza che possono renderle più competitive. Al contempo è
necessario creare nuove reti di questa concezione, così da giungere ad avere una
rete nazionale per ognuna delle branche medico-specialistiche e tecnologiche nelle
quali l’Italia ha oggettivi punti di forza da valorizzare.
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La R&S e il trasferimento tecnologico non passano attraverso semplici “in-
terruttori” da accendere episodicamente e tenere spenti per il resto del tempo. I
risultati della R&S e del trasferimento tecnologico sono tanto più proficui quanto
più si tratta di finalizzare un rapporto di “frequentazione” tra impresa e ricerca che
è sistematico, continuativo, caratterizzato da una fertilizzazione reciproca. L’idea di
“parco scientifico e tecnologico” (PST) nasce infatti come luogo d’elezione
dove industria e laboratori di ricerca (collegati all’università) possano interagire già
in fase di programmazione delle rispettive attività e poi collaborare in fase di R&S
e trasferimento tecnologico. Questo è un aspetto di fondamentale importanza, che
invece tende a essere tuttora sottovalutato in Italia.È noto che sotto il profilo della
frequentazione stabile tra il mondo dell’impresa e quello della ricerca all’interno
dei PST la situazione è tuttora meno brillante di quanto servirebbe, complice pro-
babilmente il fatto che diversi PST, quando sono nati, non avevano alle spalle una
progettualità forte. Per questa ragione, il ripensamento dei PST esistenti potrebbe
essere un esercizio decisamente utile – ad esempio per favorirne l’aggregazione, in
taluni casi, e rafforzarne le specializzazioni, in altri – che andrebbe fatto nell’ambito
e in sinergia con la valorizzazione delle reti di eccellenze. Riguardo, poi, agli uffici
di trasferimento tecnologico (UTT) interni alle università, questi nel nostro Paese
hanno finora svolto una funzione più culturale che pratica. In linea generale, infatti,
hanno sì promosso e sviluppato interazioni con il sistema produttivo, ma sul piano
del trasferimento tecnologico vero e proprio, i risultati prodotti appaiono modesti.
Le ragioni di questo sono diverse, ma sarebbe molto più sensato creare un UTT
nazionale dedicato al settore delle tecnologie sanitarie e collegato in rete a una serie
di UTT regionali,altrettanto dedicati a questo settore e a loro volta in contatto con
gli atenei e i centri di ricerca non universitari.
Investimenti in R&S, indagini cliniche, registri, studi post-marketing sono tutti
momenti di un unico processo finalizzato all’innovazione per un’assistenza sanitaria
sempre più appropriata.Tale processo va favorito nel suo insieme e sostenuto crean-
dogli intorno le condizioni di cui necessita.In Italia gli investimenti delle imprese
in studi clinici,siano essi pre-marketing o post-marketing,appaiono modesti rispetto
alle potenzialità del nostro sistema sanitario nazionale (SSN), che è all’avanguardia
nell’utilizzo di innumerevoli tecnologie sanitarie.Questo si è tradotto in minori risorse
a disposizione del SSN.Le motivazioni sono legate a una certa disorganizzazione del
sistema nel suo complesso,e in particolare alla burocrazia (che produce tempi lunghi
e incerti) prima ancora che ai costi (maggiori soprattutto rispetto ai paesi emergenti).
L’elemento positivo in tutto ciò consiste nel fatto che l’Italia ha ancora la possibilità
di essere competitiva su questo fronte.Allo scopo di valorizzare le potenzialità del
nostro SSN e attrarre maggiori investimenti in studi clinici,sia di imprese produttrici
che di multinazionali estere commerciali,è necessario,prima di ogni altra cosa,rendere
uniformi tempistiche,modalità di presentazione dei protocolli clinici (i documenti da
produrre e il formato standard degli stessi,le istruzioni per la formulazione del con-
senso del paziente,ecc.) e tariffe di rimborso spese applicate dai Comitati etici locali.
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Altri aspetti che l’Italia oggi riesce a cogliere in misura molto inferiore ri-
spetto ad altri paesi sono le opportunità che offrono i bandi comunitari.Tra
tutti i progetti di ricerca che, a partire dal 1990, sono stati finanziati direttamente
dall’Unione Europea e che riguardano il settore Health and Medicine, l’Italia è 4°
(e molto distanziata da Regno Unito,Germania e Francia) nel ranking europeo per
numero di progetti in cui è presente e 5° per numero di progetti che coordina
(cedendo il quarto posto all’Olanda).A questo riguardo,la realizzazione di apposite
reti nazionali di eccellenze specialistiche sarebbe la via per rafforzare le nostre
realtà di punta e potenziarne le capacità di proporsi con il ruolo di coordinatrici
di progetti europei.Sul fronte interno,l’esame dei programmi,delle norme e delle
iniziative in questione mette in luce in generale un’altissima dispersione, a livello
nazionale, dei finanziamenti, i quali peraltro risultano normalmente caratterizzati
da un respiro di breve periodo;un’ampia sovrapposizione,a livello regionale,delle
voci, degli strumenti, e soprattutto delle aree strategiche di intervento.
Sarebbe necessaria una politica di lungo respiro che dia certezza sulle linee di
indirizzo e sulle risorse che si renderanno disponibili, oltre ad essere quanto mai
utile che si diffonda un approccio sistemico e interregionale che miri a cogliere
sinergie e a evitare competizioni domestiche irragionevoli. Infatti, al fine di mas-
simizzarne le ricadute economiche, sarebbe decisivo un coordinamento, almeno
a livello interregionale, delle politiche regionali di finanziamento a sostegno della
ricerca e dell’innovazione,legate ai territori e ai rispettivi sistemi produttivi (distretti
tecnologici).Nel complesso,la frammentazione degli interventi disposti all’interno
di una stessa regione è talmente alta che,per un’impresa,risulta difficile orientarsi,
anche perché non tutte le misure inizialmente disposte vengono poi effettivamen-
te finanziate. Per riuscire nel prossimo futuro a cogliere maggiormente le grandi
opportunità offerte dai bandi comunitari, è necessario che tanto i finanziamenti
nazionali quanto quelli delle singole regioni vengano in massima parte finalizzati a
rafforzare le eccellenze e le specializzazioni forti del nostro Paese.Infatti,l’efficacia
dei futuri finanziamenti nazionali e regionali dipenderà da quanto questi risulteranno
sinergici rispetto a quelli europei:alla strategia“Europa 2020” è quindi bene che il
nostro Paese risponda con un’analoga strategia “Italia 2020”, in cui l’innovazione
legata alle tecnologie sanitarie sia uno degli assi portanti.
Con l’obiettivo di riorientare il nostro modello di sviluppo economico verso
determinati settori ad alta intensità di ricerca e strategici per il Paese, quale ad
esempio il settore dei dispositivi medici, servono segnali forti e stabili perché se-
gnali deboli e intermittenti hanno già dimostrato di non essere efficaci.A questo
proposito, il meccanismo del credito di imposta è uno strumento di grande
rilevanza che,in Italia,deve però essere migliorato,sotto il profilo sia della stabilità
che della portata. In relazione all’aspetto della stabilità, si sottolinea come fino a
oggi il credito di imposta sia stato oggetto di continue ridefinizioni;infatti,i provve-
dimenti che nel tempo lo hanno introdotto e regolamentato si sono caratterizzati
per la loro breve durata e ciò li ha resi fatti isolati in balia di una perenne incertezza.
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Invece, i programmi di investimento delle imprese, e in particolare quelli in R&S,
in particolare, non sono decisi con logiche di breve periodo: il credito di imposta
nel nostro Paese andrebbe dunque reso strutturale,stabilizzato per un periodo di
almeno dieci anni.In relazione all’aspetto della portata,è fin troppo facile affermare
che occorre destinare al credito di imposta un’adeguata dotazione finanziaria. Il
punto è come riuscire a conciliare l’esigenza di offrire agevolazioni sufficiente-
mente attraenti, da un lato, con la limitatezza delle disponibilità finanziarie pubbli-
che, dall’altro.A questo proposito, si ritiene che una possibile soluzione consista
nell’adottare un approccio doppiamente selettivo,che punti su pochissimi settori,
quelli ritenuti realmente strategici, nonché soprattutto sulle imprese realmente
innovative.Sul piano pratico,una volta definiti quali siano i settori strategici e fatto
salvo l’automatismo iniziale del credito (nessuna valutazione ex-ante sull’impresa
interessata),andrebbero introdotti meccanismi di valutazione (periodica) ex-post
che non siano meramente fiscali e contabili, ma siano in grado di cogliere e pre-
miare la produttività degli investimenti effettuati. Le imprese che dimostrassero
di sapere meglio investire in R&S si vedrebbero riconoscere lo status di “imprese
innovative”, in base al quale, il credito di imposta da esse inizialmente goduto
verrebbe aumentato per gli anni a venire. Si consideri che lo status di “impresa
innovativa” è presente in Francia,Belgio,e probabilmente verrà presto introdotto
in Spagna e Gran Bretagna;in Francia,in particolare,questo meccanismo esiste dal
2004 e sembra aver funzionato bene.A completare il quadro, la rosa delle attività
e dei costi ammissibili dovrebbe essere definita in modo stringente (così da esser
certi di incentivare investimenti in R&S),la rendicontazione dovrebbe essere il più
possibile semplificata, e il credito dovrebbe riguardare l’intera spesa sostenuta, e
non unicamente il suo relativo eventuale incremento rispetto all’anno precedente
(come invece è previsto che sia attualmente), per non penalizzare le imprese che
già investono molto, facendo venir loro a mancare il sostegno offerto alle altre.
Tutti questi interventi,insieme,garantirebbero che gli incentivi alla R&S andassero
effettivamente non solo a investimenti di questo tipo, ma altresì alle imprese che
dimostrassero di saperli fare in modo produttivo.
Nei mercati la domanda incide profondamente sulle politiche di investimento
delle imprese e alla cosiddetta“industria o filiera italiana della salute” va attribuita
una quota importante del PIL italiano, e in questo ambito la domanda pubblica
ha un ruolo predominante. Per i dispositivi medici, in particolare, la sanità è
l’unico mercato di sbocco.Quello italiano è uno dei più importanti nel mondo – è
il terzo mercato europeo, il sesto a livello mondiale (dopo Stati Uniti, Giappone,
Cina, Germania, Francia) – e la domanda pubblica ne rappresenta direttamente
circa il 73%. Non a caso, l’innovazione è storicamente entrata e si è diffusa nel
nostro sistema sanitario passando prima e soprattutto attraverso le strutture
sanitarie pubbliche. La domanda pubblica per questo comparto ha dunque una
valenza enorme e, se bene esercitata, può risultare determinante nello stimolare
e attrarre gli investimenti in R&S.Infatti,il sapere di poter contare su un contesto
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istituzionale e tecnico favorevole all’introduzione sul mercato dell’innovazione
stimola la propensione dell’industria a investire, sin dalle fasi più precoci, in pro-
dotti innovativi. Ovviamente è vero anche l’inverso: un paese che facesse suo un
atteggiamento anche solo di timidezza nei confronti dell’innovazione tecnologica
finirebbe per allontanare gli investimenti delle imprese.
Sulla base di queste considerazioni, è fondamentale che le innovazioni pro-
venienti dal settore dei dispositivi medici possano trovare nel mercato italiano
logiche premianti in termini di politiche di acquisto e criteri di aggiudicazione delle
forniture; meccanismi di finanziamento e di rimborso delle prestazioni sanitarie.
Riguardo al primo aspetto, da diversi anni, in Italia la politica pubblica di acquisto
dei dispositivi medici sembra, invece, non preoccuparsi del suo possibile impatto
a medio-lungo termine sul “genoma” dell’offerta. Questo almeno traspare dalle
sempre più numerose gare caratterizzate da punteggi prezzo-qualità sbilanciati sul
prezzo e dalle gare centralizzate. Queste ultime, in particolare, nella misura in cui
tentano di imporre la logica del “one device for all” appaiono in totale controten-
denza rispetto agli indirizzi della ricerca nel campo delle tecnologie sanitarie, che
invece va verso una crescente personalizzazione dei dispositivi medici. Riguardo
al secondo aspetto, si osserva come la pervasività delle tecnologie oggi sembri
spaventare chi governa sul piano amministrativo il sistema. Il pensiero corre al
concetto di health technology assessment (HTA),una funzione che,nonostante fosse
stata considerata una priorità sia nel Piano sanitario nazionale (PSN) 2006-2008
che nella quasi totalità dei piani sanitari regionali,finora è stata implementata più sul
piano mediatico che sostanziale.L’HTA può essere di grande utilità nell’orientare al
meglio le decisioni sulle politiche sanitarie e per assicurare un servizio di sempre
maggiore equità ed efficienza. Questo a due condizioni: che resti ancorato a una
visione e a un approccio prettamente clinici e non amministrativi; che sia coor-
dinata a livello centrale, utilizzando per le valutazioni le competenze esistenti sui
territori.Non si deve commettere l’errore di appiattire la valutazione dell’impatto
di tecnologie sanitarie innovative a un mero esercizio per il controllo della spesa.
GLOSSARIO
Parco scientifico e tecnologico (PST)- In linea con le definizioni riportate da
APSTI (Associazione dei PST italiani) e da IASP (International Association of Science
Parks),con questa espressione si intende una realtà che comprende imprese impegnate
in settori ad alta tecnologia e istituti di ricerca e di università.Il PST funge da snodo tra
il mercato e la produzione di conoscenza, in grado di facilitare, abbreviare e rendere
meno costoso il percorso tra bisogni di sostegno all’innovazione e soluzioni possibili,
in funzione di un effettivo incremento del dialogo e una“fertilizzazione incrociata” tra
ricerca scientifica e produzione di beni e servizi.All’interno della maggioranza dei PST
sono presenti anche servizi e infrastrutture d’incubazione per la nascita e sviluppo
di nuove imprese a base innovativa, funzionalmente e strutturalmente integrati con il
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Parco,in cui le idee innovative provenienti dall’eccellenza scientifica trovano un habitat
naturale per trasformarsi in impresa. Il PST si distingue dal Parco Scientifico per la
presenza di imprese che legano operativamente le proprie attività di ricerca,soprattutto
applicata e di sviluppo, alle attività di produzione e commercializzazione. Le istituzioni
accademiche continuano ad essere presenti, con laboratori messi al servizio delle
imprese e con dipartimenti di ricerca.All’interno dei laboratori le università effettuano
attività di ricerca, sia in proprio sia per conto delle imprese.
Indagine clinica – Qualsiasi studio sistematico progettato e pianificato nei
soggetti umani intrapreso per verificare la sicurezza e/o le prestazioni di un dispositivo
medico (norma europea UNI EN ISO 14155-1). Nel quadro della regolamentazione
europea e nazionale,si distinguono in indagini (o studi) pre-marketing e post-marketing.
Health technology assessment (HTA) – Con questa espressione si intende
un approccio multidimensionale e multidisciplinare per l’analisi di tutte le possibili
implicazioni (medico-cliniche, sociali, organizzative, economiche, etiche, ecc.) di una
tecnologia.L’obiettivo è quello di valutare gli effetti reali e/o potenziali della tecnologia,
sia a priori che durante l’intero ciclo di vita,nonché le conseguenze che l’introduzione
o l’esclusione di un intervento ha per il sistema sanitario, l’economia e la società.
Polo tecnologico – Con questa espressione si intende una struttura specializzata,
dotata di solide competenze e mezzi per svolgere attività di ricerca industriale e
trasferimento tecnologico in un determinato campo e che può appartenere a sua volta
a organizzazioni più ampie (rete, piattaforma) per la ricerca e l’innovazione.
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Tecnologie avanzate:
sfide della ricerca in Europa
di Patrizia Toia
Riassunto
L’Europa è stata a lungo l’area più tecnologicamente avanzata del mondo, ma ha perso questo
primato. Horizon 2020 è il programma europeo della ricerca, è un’occasione e un volano per
ridurre il gap tra la UE e gli altri grandi paesi industrializzati.Il programma,supporterà la ricerca
privilegiando lo sviluppo commerciale e dedicherà parte delle proprie risorse alle PMI.
Si tratta di un quadro di azione che,grazie al co-finanziamento e alla collaborazione tra il settore
pubblico e privato aiuterà a promuovere la competitività in Europa.
Parole chiave:
Europa, Horizon 2020, ricerca.
Abstract
Europe was,in the past,one of the most technologically advanced areas in the world,with time we
have lost positions in investment on research. Horizon 2020 is the European Research Program,
a chance to reduce the gap between EU and other industrialized countries.
The programme will support research, focusing on commercial development and ring-fencing
part of its resources for Small and Medium Enterprises.
It is a framework, which, thanks to national co-financing and Public-Private Partnerships, will
support increased competitiveness in Europe.
Key words:
Europe, Horizon 2020, research.
Fino al secolo scorso, e per ben tre secoli,l’Europa ha avuto il dominio nel
campo della ricerca, e solo a partire dagli anni 30 ha condiviso questa leadership
con gli Stati Uniti.
Ma ora tutto é cambiato perché é verso l’area indocinese che si é spostato
con forza questo primato e molto rapidamente cambierà ancora se l’Europa non
si muoverà nella giusta direzione.
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