Pagine da strength & conditioning 22

Calzetti & Mariucci Editori
Calzetti & Mariucci EditoriWeb editor presso Calzetti & Mariucci Editore em Calzetti & Mariucci Editori

Pensieri di oggi per un futuro assai vicino Antonio Urso HIIT - High Intensity Interval training (prima parte) Gian Mario Migliaccio Il salto orizzontale come fattore predittivo della prestazione nel sollevamento pesi: uno studio pilota Rich J. Kite, Adam Spence Soluzioni pratiche al problema della rottura del tendine di Achille e alla diffusione delle lesioni a carico degli arti inferiori dei giocatori di football Andrew Charniga, Jr. La sede dell’instabilità influisce sul movimento e sull’attività muscolare durante un esercizio di squat Brian C. Nairn, Chad A. Sutherland, Janessa D.m. Drake Il luogo dell’esercizio. Viaggio euristico per menti allenabili (quarta parte) Alberto Andorlini Amnesia glutea: descrizione e rimedi (seconda parte) Fabio Prina, Giampietro Alberti La rapidità e la velocità nel tennis (ovvero il gioco di gambe) Alfio Cazzetta Attività fisica e patologie venose Giuseppe Di Natali, Claudio Lisi, Sara Ottobrini, Marco Del Bianco, Luca Marin L’importanza del riscaldamento e del defaticamento per la prevenzione degli infortuni Maura Mannucci Fare il peso Francesco Pasqualoni, Francesco Lampredi Riflessioni Pasquale Bellotti GiocosaMente. Possiamo giocare a...? Valentina Biino Sport e abbandono giovanile: cosa fare con il drop out e il burn out? Monica Paliaga Il 2017: anno di novità per lo sport italiano (seconda parte) Guido Martinelli http://www.calzetti-mariucci.it/shop/prodotti/strength-conditioning-n-22-rivista-pesistica

GIAN MARIO
MIGLIACCIO
Dottore di
ricerca in Sport
Science, direttore
scientifico Sport
Science Lab.
Migliaccio Gian Mario
Sport Science Lab
ALLENAMENTO
COMPETIZIONE
CONTINUA LA SERIE DI CONTRIBUTI ALLA
CONOSCENZA DEL FENOMENO ALLENA-
MENTO/COMPETIZIONE COORDINATA E
REALIZZATA DA GIAN MARIO MIGLIACCIO
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 5
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.5-9
Nell’evoluzione della specie uomo, i nostri ante-
nati dovevano effettuare percorsi giornalieri di ol-
tre 15 km, non tutti a velocità costante, perché
certo quegli ominidi alternavano momenti a basse
intensità, in silenzio per catturare le prede, con
fasi di impegno molto intense, al massimo delle
proprie possibilità per sfuggire alle belve. Senza
avere una seconda possibilità. (1)
Allo stesso tempo, essi effettuavano azioni dina-
miche come camminare o correre, sia in pianura
che in montagna, ma anche azioni di potenza e
di velocità per superare dossi o fiumi. Un susse-
guirsi, quindi, di fasi diverse per intensità, ritmo,
velocità, forza, potenza, che era richiesto nella
vita di tutti i giorni, in modo intervallato e casua-
le. Nell’evoluzione dell’uomo questa era chiamata
vita. Nei tempi moderni la chiamiamo, con gli ovvi
distinguo, allenamento.
1. SIAMO VELOCISTI O FONDISTI?
Questa considerazione, seppur basata su fon-
damenti corretti e dimostrata dalla genetica,
non sembra essere una vera discriminante nel-
la prestazione. Biopsie su atleti, sempre più re-
centi, hanno dimostrato che la prima cataloga-
zione di fibre, bianche o rosse, si è man mano
evoluta in una innumerevole sotto-gamma di
sfumature, fino a 7 nelle più recenti pubblica-
zioni scientifiche (2), che forniscono all’atleta
una predominanza di potenzialità genetiche, ma
anche una straordinaria possibilità di allena-
re le fibre “miste” per diverse azioni dinamiche.
Ed allora perché chi è fondista non è veloce? Il più
delle volte la genetica non è la causa, semplice-
mente non ci si allena per quelle caratteristiche.
E quindi si è completamente disallenati, sia negli
aspetti neuromuscolari che metabolici.
Questa situazione la ritroviamo in atleti che han-
no sempre concentrato le proprie attenzioni su
sistemi e metodi di allenamento in cui la “base
aerobica” era la priorità. Allenamenti basati su la-
voro cosiddetto “lungo e lento” (con terminologie,
in realtà, diverse da sport a sport), con grandi
volumi di attività fisica in steady state, ovvero a
velocità costante e sottomassimale. Questo tipo
di allenamento, basato su metodologie del seco-
lo scorso, è tutt’oggi ampiamente praticato so-
prattutto da amatori e principianti, ma non più ri-
tenuto la massima espressione di efficacia in base
alle evidenze scientifiche. (3)
2. PERCHÉ IL MONDO STA DIVENTANDO
“EVIDENCE-BASED”?
Semplicemente perché “basarsi su evidenze
scientifiche”, ovvero su fatti, ci ha fatto superare
i concetti del passato, teorizzati ma non dimo-
strati, che hanno caratterizzato tutta la meto-
dologia dell’allenamento degli ultimi 100 anni. Ma
le cose cambiano e ci si “apre” alla scienza. Nel
2014, il Professor Platonov mi invitò a Kiev alla
presentazione del suo ultimo libro di fisiologia
dell’esercizio.
Vladimir Nikolaevich Platonov (4) è stato uno dei
maggiori “capofila” di quel gruppo di esperti del pe-
High
Intensity
Interval
training
HIIT
PRIMA PARTE
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 11
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.11-18
S&C
INTRODUZIONE
L’identificazione del talento (TID) è un processo
attraverso il quale un’autorità sportiva tenta di
valutare i potenziali futuri atleti. Purtroppo, mol-
ti atleti non riusciranno a raggiungere i massimi
livelli del loro sport, nonostante mostrino una ca-
pacità e una condizione fisica elevate. Poiché mol-
te abilità sono trasferibili, il processo di TID può
avere lo scopo di indirizzare tali atleti verso uno
sport alternativo o più adatto.29
Spesso del pro-
cesso di TID fanno parte alcuni test fisici che pos-
sono avere una rilevanza particolare per gli sport
che non richiedono capacità percettivo-cognitive,
in particolare nell’ambito di sport ad abilità chiuse
come il sollevamento pesi.43,39
La British Weight
Lifting (BWL), l’ente britannico che si occupa della
pesistica, usa attualmente una batteria di test
fisici per identificare i potenziali atleti di talento
che si allenano e gareggiano in altri sport. Il pro-
tocollo completo della BWL è composto da test di
flessibilità, antropometrici e fisici e si svolge in più
fasi. Poiché la prima fase del protocollo per la TID
della BWL si svolge in varie sedi, è bene tenere
in considerazione il trasporto e il montaggio del-
le attrezzature. Allo stesso modo, gli atleti presi
in considerazione per questa prima fase della TID
possono avere un’esperienza scarsa, se non nulla,
nella pesistica, pertanto i test selezionati devono
rappresentare movimenti o compiti che siano fa-
miliari in numerosi sport. Entrambi questi fattori
fanno prediligere l’uso di semplici test da campo.
Le versioni iniziali del protocollo per la TID della
BWL richiedevano agli atleti di eseguire un sal-
to verticale, un salto orizzontale, uno sprint della
lunghezza di 30 m e un lancio di una weighted ball
[una palla zavorrata, NdC] al di sopra della testa.
Nell’ambito del sollevamento pesi, una prestazio-
ne vincente richiede che l’atleta realizzi il tota-
le più alto possibile in due movimenti: lo strappo
(snatch) e lo slancio (clean and jerk). La massa
corporea ha una forte influenza sul peso totale
sollevato e pertanto i concorrenti sono suddivi-
si in categorie basate sulla corporatura. Una
correzione delle misure della forza per mettere
a confronto le prestazioni in queste categorie è
per lo più ottenuta mediante un metodo di scale
a rapporti equivalenti. Tuttavia, poiché la correla-
zione tra forza e massa non è lineare10
, la scala
a rapporti equivalenti comporta una distorsione
(bias) in favore dei pesisti più leggeri. I modelli allo-
metrici forniscono un metodo più adatto a correg-
gere le prestazioni del sollevamento pesi, benché
siano ancora presenti degli errori.21
I confronti in
ambiente competitivo sono ottenuti tramite un
esponente di scala noto come coefficiente Sin-
clair. Il coefficiente Sinclair viene ricalcolato per
ogni anno Olimpico e si basa sulle prestazioni re-
gistrate degli anni precedenti. Nonostante i loro
limiti, i metodi di scale a rapporti equivalenti e al-
lometrici sono ancora utili per fare dei confronti
in ambiente di allenamento. Per gli atleti con un
totale competitivo, è più pertinente il coefficien-
te Sinclair.10
Durante la gara, il pesista solleva un
bilanciere con pesi da una posizione immobile al
RICH KITE
Rich possiede
un Bachelor
of Science
(laurea di primo
livello) in Forza e
Condizionamento
fisico e sta
seguendo
un Master of
Research in
Scienze dello
Sport.
È attualmente
incaricato dello
sviluppo dei talenti
e allenatore
regionale per
la British Weight
Lifting.
ADAM SPENCE
Adam è
professionista
della forza e del
condizionamento
fisico da oltre dieci
anni.
È attualmente
allenatore della
forza e del
condizionamento
fisico alla Royal
Holloway
(Università di
Londra), nel
Regno Unito.
Rich J. Kite,1*
Adam Spence,2
1British Weight Lifting, Leeds, UK; 2 St. Mary’s University, Twickenham, UK
lsaltoorizzontale
comefattore
predittivodella
prestazionenel
sollevamentopesi:
unostudiopilota
I
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 21
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.21-27
L’analisi di una lesione così tragica come la rot-
tura del tendine d’Achille sarebbe inutile se non
esistessero soluzioni. Pertanto, diversamente
dalle soluzioni irrazionali (o persino inesistenti)
proposte dalla letteratura sull’allenamento spor-
tivo, dagli allenatori del condizionamento fisico e
dai chirurghi ortopedici, vi può essere un’azione
alternativa logica e ragionevole da intraprendere
per ridurre i numerosi casi di lesioni a carico della
caviglia e del tendine di Achille che affliggono i
giocatori di football [ma anche gli atleti di altre
specialità sportive, NdC].
“Non puoi cadere senza farti male, se non sei
in grado di fletterti”
Le principali differenze tra il regime di allenamen-
to dei pesisti e quello dei giocatori di football ri-
siedono nel fatto che i pesisti sottopongono gli
arti inferiori ad esercizi caratterizzati da velocità
elevata e un’ampia escursione articolare.
Invece, nell’allenamento della forza dei giocatori
di football sono preponderanti gli elementi tipici
del bodybuilding e del powerlifting e anche molti
degli esercizi di agilità non affrontano l’elasticità,
la flessibilità e la destrezza che gli esercizi della
pesistica invece impongono ed allenano.
Probabilmente, il concetto più importante da te-
nere presente è che non si devono separare o
altrimenti arbitrariamente compartimentalizza-
re, le lesioni a carico degli arti inferiori (in primo
luogo quelle da non contatto). Nel caso dei gioca-
tori di football, la compressione di piedi, caviglie e
ginocchia con bende e tutori, l’irrigidimento delle
articolazioni di anche, ginocchia e piedi ad opera
degli esercizi tipici del bodybuilding e powerlifting
e la generale mancanza di una completa ampiezza
di movimento comportano che una lesione a cari-
co del ginocchio non può che essere il risultato di
caviglie bendate o steccate e della rigidità gene-
rale di anche, ginocchia e caviglie che impedisce
all’atleta di dissipare, o di redistribuire in altro
“Se una molla viene
allungata e poi
rilasciata, “scatta” di
nuovo indietro”
(R.McN. Alexander,
1988)
Sportivnypress.com©
oluzioni pratiche al problema
della rottura del tendine di
Achille e alla diffusione delle
lesioni a carico degli arti inferiori
dei giocatori di football
Andrew Charniga, Jr.
S
ANDREW “BUD”
CHARNIGA
Scienziato del
sollevamento pesi
e allenatore.
Laurea in Scienze
Motorie alla
Eastern Michigan
University (USA) e
Master in
Kinesioterapia alla
Università di
Toledo (SPA).
Fondatore, nel
1980, di Sportivny
Press. Ha editato
15 libri tradotti
dal russo e molte
decine di articoli
sull’allenamento
nel sollevamento
pesi, sulla
biomeccanica, sul
recupero, ecc.
I rilievi che
l’Autore sembra
avanzare, qua
e là nell’articolo,
rispetto ai
contenuti di alcuni
testi della NSCA
si riferiscono,
in realtà, a tesi
e a punti di
vista e scelte
metodologiche di
qualche anno fa.
La visione attuale
della NSCA è del
tutto condivisibile,
nei testi editi
e nei principi
propugnati, e
non presenta
punti di conflitto
né concetti
classiflcabili come
erronei (NdR).
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 29
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.29-37
S&C
INTRODUZIONE
Combinare un tipico esercizio di allenamento
contro resistenza con un attrezzo destabiliz-
zante, compresa una superficie instabile (ad
es. una palla BOSU o una Swiss ball), è di-
ventata una metodica sempre più diffusa nei
programmi di allenamento. Tra i benefici perce-
piti per l’allenamento, derivanti dall’utilizzo di
attrezzi destabilizzanti, vi sono: aumento della
co-attivazione muscolare con produzione infe-
riore della forza (4), aumento dell’attivazione
del core rispetto ad esercizi simili eseguiti su
una superficie stabile (21,23) e aumenti del-
la forza dovuti agli adattamenti neurali (2). In
genere, si ritiene che gli strumenti che appor-
tano instabilità non siano consigliati quando
l’obiettivo principale dell’allenamento è quello
di aumentare la forza mediante ipertrofia mu-
scolare (3) o migliorare la produzione di forza
e potenza (12,28). Tuttavia, l’uso di strumenti
destabilizzanti è stato raccomandato per sco-
pi riabilitativi (6,11,21).
Quando si esegue un esercizio di squat con
un attrezzo cosiddetto destabilizzante, sono
disponibili numerose opzioni per produrre
un’interfaccia tra l’utente e l’attrezzo. Tra
gli strumenti destabilizzanti sono stati inclusi
superfici di gomma espansa (12), dischi gon-
fiabili (1) e una palla BOSU con la cupola rivol-
ta verso il basso (8) e verso l’alto (24). Con
questi dispositivi l’instabilità viene generata a
partire dal basso. Non è chiaro quale sia l’ef-
fetto dell’uso di un attrezzo che destabilizza
dall’alto verso il basso, che introduce cioè l’in-
stabilità a livello delle mani o della parte supe-
riore del corpo, rispetto all’instabilità genera-
ta dal basso verso l’alto.
Studi precedenti sull’attivazione dei muscoli,
sia degli arti inferiori che del tronco, durante
un movimento di squat eseguito con attrezzi
destabilizzanti hanno dato risultati contra-
stanti. McBride et al. (16) hanno osservato
diminuzioni sia nella produzione della forza che
nei valori elettromiografici (EMG) integrati e
Brian C. Nairn,1
Chad A. Sutherland,2
Janessa D.m. Drake
1School of Kinesiology and Health Science, Faculty of Health, York University, Toronto, Ontario, Canada; and 2Department of
Kinesiology, Faculty of Human Kinetics, University of Windsor, Windsor, Ontario, Canada
A SEDE DELL’INSTABILITÀ
INFLUISCE SUL MOVIMENTO
E SULL’ATTIVITÀ MUSCOLARE
DURANTE UN ESERCIZIO
DI SQUAT
L
ORIG:
Motion and
muscle activity
are affected by
instability
location
during a squat
exercise.
Journal of
Strength and
Conditioning
Research
National
Strength and
Conditioning
Association
VOLUME 31
- NUMBER 3 -
MARCH 2017
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 39
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.39-44
Alberto Andorlini
ALBERTO
ANDORLINI
Preparatore presso
F.C. Internazionale
Milano.
Chief Therapist
presso Training
Lab di Firenze.
Svolge attività
didattica nel corso
di Laurea in
Scienza e Tecnica
dello Sport e delle
Attività Motorie
Preventive e
Adattative
dell’Università
di Firenze.
IL LUOGO
DELL’ESERCIZIO.
Viaggio euristico per
menti allenabili.
QUARTA PARTE
CONTRIBUTO
ORIGINALE
ca.it
FABIO PRINA
Laurea Magistrale
in Scienze Motorie,
Università degli
Studi di Milano
Personal Trainer
esperto in
Ginnastica
Compensativa
e Rieducazione
Posturale.
Responsabile
tecnico
presso centro
Riabilitativo/
Sportivo G.P. GYM
di Mesero.
GIAMPIETRO
ALBERTI
Professore
Associato
di Metodi e
Didattiche delle
Attività Sportive
Scuola di
Scienze Motorie,
Dipartimento
di Scienze
Biomediche per la
Salute, Università
degli Studi di
Milano.
giampietro.
alberti@unimi.it
Fabio Prina e Giampietro Alberti
mnesia glutea:
descrizione e rimedi
A SECONDA PARTE
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 47
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.47-52
IL METODO TS:
UN RIMEDIO ALL’AMNESIA GLUTEA
PREMESSA
Nello scorso numero di questa rivista abbiamo
trattato le problematiche collegate a una non
corretta attivazione del Grande Gluteo. Abbiamo
visto come la sindrome della cosiddetta Amne-
sia Glutea sia spesso correlata con l’infortunio
di bicipiti femorali, ginocchia e caviglie oltre che
a diverse condizioni patologiche subacute come,
ad esempio, la sindrome del piriforme della ban-
delletta ileo-tibiale, la condropatia rotulea e la
lombalgia. Abbiamo cercato di ricostruire le pos-
sibili cause di questa inibizione neuromuscolare
del Gluteo riconoscendo lo stile di vita moderno
come primo responsabile. Abitudini lavorative e
ricreative ci obbligano spesso a passare molto
tempo in auto, su sedie e divani, ma anche in pie-
di davanti a tavoli o macchinari. La tecnologia, in
genere, ci facilita in certe attività, esonerando-
ci da un’attività fisica altrimenti obbligatoria e a
volte faticosa, ma non per questo dannosa. Que-
ste abitudini e posture non fisiologiche (come lo
stare non correttamente seduti) creano dei forti
scompensi alla “macchina” muscolo-scheletrica,
determinando l’insorgenza dell’amnesia glutea e
quindi di tutti i problemi che essa comporta. Ab-
biamo infine evidenziato come l’uomo si sia evoluto
in un ambiente naturale molto più stimolante ed
in forte contrasto con l’ambiente impoverito in cui
oggi viviamo. Per fare alcuni esempi, non possiamo
infatti ipotizzare che le comuni attività sportive
che oggi promuoviamo per i nostri adulti e ragazzi
possano ricreare “l’offerta motoria” di una vita in
un bosco o montagna o comunque in un ambiente
selvaggio privo delle comodità del progresso, sia
per la quantità e la varianza degli stimoli motori.
Gli sport di oggi sono molto specialistici e preve-
dono l’utilizzo di pochi attrezzi o movimenti: non
e.
ALFIO CAZZETTA
Insegnante di
educazione fisica
ormai in pensione.
Già docente di
metodologia
dell’allenamento
presso Scienze
Motorie di Catania
e Messina.
Allenatore di
atletica leggera
e responsabile
nazionale
giovanile di
mezzofondo.
Tecnico di basket
e già preparatore
dell’Isab Priolo
(basket femminile
di serie A).
Preparatore
di tennis. Già
collaboratore
nella riabilitazione
del Calcio
Catania (serie A).
Già docente della
Scuola Regionale
dello Sport della
Sicilia.
Ha pubblicato:
- “Traumi e
Rieducazione
Funzionale”, Ed.
Cooperativa
Dante, Vigevano
- “Il Tennista”, Ed.
Greco, Catania
- “Sapersi muovere
per mantenere
e recuperare
la migliore
condizione”,
Calzetti e Mariucci
Editori.
- “La resistenza
negli sport
individuali e di
squadra” Calzetti
e Mariucci Editori.
a rapidità e la velocità nel tennis
(ovvero il gioco di gambe)
L
Alfio Cazzetta
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 53
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.52-57
Il tennis è uno sport molto complesso: bisogna
mediare fra le esigenze di rapidità, velocità,
forza e resistenza, con azioni mai stereotipa-
te, anche nella stessa partita.
Le azioni sono brevi, di durata variabile (da
pochi a parecchi secondi) con continui cam-
biamenti di direzione. L’efficacia dell’azione di-
pende dalla giusta scelta e pronta decisione:
valutazione della velocità della palla e della sua
traiettoria, il probabile punto di incontro, la
scelta del tipo di risposta e la velocità di spo-
stamento.
A volte bastano pochi movimenti, a volte azioni
rapidissime ed esplosive che richiedono grandi
capacità organico-muscolari, ma anche del-
la tecnica, nelle varie situazioni della partita.
In questo contesto, si intendono esaminare i
movimenti al di fuori di quelli che concernono i
passi speciali di preparazione al colpo, essen-
do questi di competenza del maestro.
RAPIDITÀ E VELOCITÀ
È importante, prima, definire il concetto di ra-
pidità.
“La qualità della rapidità non esiste e non
può essere educata isolatamente, ma nor-
malmente forma una lega con le altre ca-
pacità fisiche (Tabacnik).
“È un’espressione rapida della forza, come
velocità massimale, solo un caso limite
della contrazione muscolare” (Israel).
“La rapidità è la facoltà di effettuare attività
motorie in tempo minimo e in determinate
condizioni, che durino poco tempo e che
non producano affaticamento”. (Zaciorskji)
Parecchi studiosi (fra cui Israel, Verchosanskji,
Radford ed altri) affermano che la rapidità di
movimento dipende principalmente dalla veloci-
tà della conduzione nervosa; ma ciò è da rite-
nersi limitativo, poiché è necessario prendere
in considerazione le capacità cognitivi, organi-
che, muscolari e tecniche.
I processi cognitivi riguardano il riconoscimen-
to di un’azione e la risposta più appropriata
secondo la situazione. La scelta della soluzio-
ne dipende dall’intelligenza, e dall’esperienza
che l’atleta ha immagazzinato.
Rapidità e velocità implicano anche fattori fi-
siologici e meccanici (tipo di fibre, angoli uti-
lizzati), età e sesso. La rapidità può essere
intesa come rapidità di reazione (risposta allo
stimolo), di azione (accorciamento del musco-
lo), di frequenza (coordinazione).
Nella velocità di risposta al servizio, incide
molto la posizione di attesa. L’atleta deve as-
sumere la posizione più consona all’esecuzione
del gesto (angoli). Nel contesto, gioca un ruolo
molto importante anche la capacità di antici-
pazione, che dipende dall’intelligenza dell’atle-
ta, dalla sua concentrazione e dall’esperienza.
La rapidità spesso viene confusa con la velo-
cità. La velocità è considerata la capacità di
spostare rapidamente il proprio corpo o un ca-
rico nello spazio.
FORZA E VELOCITÀ
Il tipo di forza determina la rapidità o la veloci-
tà di esecuzione:
-	 se il muscolo ha un maggior numero di fi-
bre bianche, la contrazione è più rapida;
-	 se si deve vincere una resistenza bassa,
il movimento potrà essere rapido (forza
rapida);
-	 se si deve vincere una resistenza me-
dio-alta, sarà necessario ricorrere alla
forza esplosiva (veloce);
-	 si può esplicare una grande forza esplo-
siva, se si ha un buon gradiente di forza
massima.
G. Di Natali, C. Lisi, S. Ottobrini, M. Del Bianco, L. Marin
ttivitàfisica
epatologievenose
A
SARA OTTOBRINI
Dottore Magistrale
in Scienze Motorie
PhD Student
Università di
Genova
Laboratorio
Attività Motoria
Adattata (LAMA)
Università di Pavia.
CLAUDIO LISI
Specialista in
Medicina Fisica
e Riabilitazione e
in Medicina dello
Sport.
Direttore UO di
Medicina Fisica e
Riabilitativa presso
la Fondazione
IRCCS Policlinico
San Matteo e
Professore a
contratto presso
l’Università di
Pavia.
GIUSEPPE
DI NATALI
Specialista in
Medicina Fisica
e Riabilitazione,
Dirigente Medico
Fisiatra UO di
Medicina Fisica e
Riabilitativa presso
la Fondazione
IRCCS Policlinico
San Matteo e
Professore a
contratto presso
l’Università di
Pavia.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 59
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.59-62
Le malattie vascolari periferiche possono riguar-
dare le arterie (patologie ostruttive o funziona-
li), le vene, entrambi i vasi (p. es., fistole arte-
ro-venose) o i vasi linfatici. Le patologie arteriose
ostruttive comprendono l’ostruzione arteriosa
periferica e la tromboangioite obliterante. Le pa-
tologie funzionali delle arterie possono essere do-
vute a fenomeni di vasospasmo (fenomeno e ma-
lattia di Raynaud, acrocianosi) o di vasodilatazione
(eritromelalgia); possono essere secondarie a un
alterato funzionamento locale dei vasi sanguigni o
a disturbi del sistema nervoso simpatico, oppure
ancora possono accompagnare patologie vasco-
lari organiche. Le patologie venose comprendono
la trombosi venosa e le varici; le patologie combi-
nate artero-venose comprendono le fistole arte-
ro-venose; le patologie dei vasi linfatici compren-
dono il linfedema e il lipedema1
.
L’attività fisica (AF) e la riabilitazione possono
svolgere un ruolo importante nel trattamento e
nella prevenzione della patologia vascolare degli
AAII e delle sue complicanze. Questo articolo si
occuperà della pratica dell’AF come supporto alle
patologie venose e arterovenose.
Le complicazioni degli eventi vascolari non solo si
traducono in ostacoli fisici, ma rischiano di altera-
re l’adattamento psicosociale. I soggetti, spesso,
non ritornano a svolgere il loro precedente lavoro
e le attività personali e del tempo libero a cui era-
no abituati. Tutto ciò può condurre all’isolamento
sociale, ad una scarsa compliance ai trattamen-
ti, ad una percezione negativa del proprio stato
di salute, all’ansia ed alla depressione che sono
comuni in tali soggetti, anche se coinvolti in pro-
grammi di riabilitazione/rieducazione.
Gli obiettivi del recupero psico-sociale e profes-
sionale devono quindi essere la massimizzazione
delle capacità funzionali e di adattamento, coe-
rentemente con i danni già subiti e con le eventuali
limitazioni ambientali. In questo modo, il soggetto
può tornare a svolgere un ruolo utile e personal-
mente soddisfacente nella società.
Considerata la multifattorialità eziopatogenetica
e la variabilità delle manifestazioni cliniche, oltre
all’ormai universalmente riconosciuto approccio
multidisciplinare, è importante rendere il tratta-
mento riabilitativo/rieducazionale quanto più per-
sonalizzato possibile.
Tale approccio va integrato con le indicazioni ge-
nerali riportate in letteratura che, sebbene non
evidenzino con accuratezza percorsi e protocolli
validati, forniscono una serie di indicazioni, di ca-
rattere generale, utili per stilare un corretto pro-
gramma di lavoro individualizzato.
’IMPORTANZA DEL
RISCALDAMENTO E DEL
DEFATICAMENTO PER
LA PREVENZIONE DEGLI
INFORTUNI
Dott.ssa Maura Mannucci
L
MAURA
MANNUCCI
Laurea in
Fisioterapia, D.O.
in Osteopatia,
Perfezionamento
in Uro-riabilitazione,
esperta in
Ginnastica
Ipopressiva
Addominale e
in Riabilitazione
Pre e Post parto,
in riabilitazione
delle disfunzioni in
ambito pelvico, in
riabilitazione Post
Prostatectomia
Radicale,
di riabilitazione
per la stipsi ed
incontinenza
fecale.
Ha collaborato
in qualità di
fisioterapista ed
Osteopata con
la Nazionale
Italiana di Triathlon
(FITRI) e collabora
attualmente
con la Nazionale
Italiana della
Federazione
Pesistica (FIPE).
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 63
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.63-69
INTRODUZIONE
Il riscaldamento (warm up) ed il defati-
camento (cool down) sono molto spesso
sottovalutati dagli atleti, poiché consi-
derati una perdita di tempo.
Questa non consapevole considerazio-
ne porta spesso gli atleti ad effettuarli
in maniera superficiale o a considerali
come momenti ludici o di socializzazione.
Il riscaldamento e il defaticamento in re-
altà non sono momenti ludici e di svago
i cui esercizi possano essere effettua-
ti senza una vera logica sequenza, ma
devono essere una parte integrante
dell’allenamento a cui porre la dovuta
attenzione.
Il riscaldamento ha lo scopo di attivare
tutti i sistemi funzionali dell’atleta al fine
di portarlo nelle migliori condizioni psico-
fisiche atte ad effettuare l’allenamento
o la gara, per esprimere appieno le pro-
prie potenzialità.
Il defaticamento, al contrario, ha lo sco-
po di riportare il sistema dopo lo stress
da allenamento o da gara nelle condizioni
iniziali, al fine di ottimizzare e velocizzare
le condizioni di recupero.
Entrambi concorrono alla prevenzione
degli infortuni.
In altre parole il riscaldamento ed il de-
faticamento sono anelli essenziali di una
reazione a catena il cui risultato finale
è la prestazione massima in assenza di
infortuni.
IL RISCALDAMENTO E LA SUA
IMPORTANZA
Il riscaldamento (1) (2)
è costituito da due
fasi:
- Riscaldamento generale
- Riscaldamento specifico
L’obiettivo del riscaldamento generale è
quello di creare un aumento generaliz-
zato della temperatura del corpo al fine
di raggiungere la temperatura ottimale
(39°C) necessaria per far avvenire più
rapidamente tutte le reazioni fisiologi-
che indispensabili per la capacità di pre-
stazione.
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 71
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.71-76
RAPID WEIGHT LOSS
NEGLI SPORT DA COMBATTIMENTO
Quasi tutti gli sport da combattimento prevedo-
no delle categorie di peso per la competizione.
L’assunzione di base è che individui con la stessa
massa corporea abbiano una simile forza fisica e
una simile lunghezza delle leve. Lo scopo è quello
di rendere equi i combattimenti facendo affron-
tare atleti che abbiano caratteristiche fisiche
confrontabili. Quest’esigenza viene perlopiù sod-
disfatta. Si può facilmente comprendere, tutta-
via, come la massa corporea rappresenti solo un
parziale indicatore delle caratteristiche atletiche.
È possibile, inoltre, “fluttuare” fra le categorie di
peso in modo da ottenere un vantaggio. Gli atle-
ti cercano allora di perdere rapidamente peso in
vista di una gara – anche solo pochi giorni prima
– in modo da essere assegnati a una categoria più
leggera al momento della pesatura. L’assunzione,
in questo caso, è che gareggiare in una catego-
ria inferiore a quella “naturale” significhi poter
contare su un rapporto massa/potenza più fa-
vorevole e su una lunghezza di leve maggiore,
rispetto ad un avversario che gareggia nella
propria categoria “naturale”.
Tale prassi è, in effetti, da sempre diffusa fra gli
agonisti e “fare il peso” è una strategia vecchia
quanto le categorie di peso. La NCAA america-
na nel 1997 addirittura proibì la pratica del calo
peso nelle gare di wrestling delle high school sot-
toponendo gli atleti a rigidi controlli e ad accurati
programmi educativi, ma il calo peso si è dimo-
strato una realtà troppo radicata negli sport da
combattimento. Uno studio di Alderman et al[1]
rappresenta molto bene questa “tradizione”: gli
atleti non mostrarono più nessun comportamento
riconducibile a una diminuzione rapida del peso nel
contesto delle gare NCAA. Appena, tuttavia, gli
stessi atleti si ritrovavano ad affrontare gare in
cui il calo peso non veniva proibito (come nelle gare
di stile internazionale) essi ritornavano immediata-
mente alle vecchie abitudini con grande slancio[1]
.
Gli sport da combattimento vengono praticati e
seguiti da milioni di persone in tutto il mondo. Essi
rappresentano un business in costante evoluzione
e di dimensioni molto grandi[2][3]
.
F. Pasqualoni, F. Lampredi
AREILPESO
FRANCESCO
PASQUALONI
Nutrizionista
della Nazionale
Italiana di Pugilato,
Nutrizionista
della Nazionale
Italiana di
Pesistica - Squadra
Paralimpica.
Ha seguito
inoltre atleti delle
Nazionali Italiane
di Ciclismo-settore
BMX, Football
Americano,
Pesistica Olimpica
e delle Nazionali
Sammarinesi di
Pesistica Olimpica,
Tiro al Volo,
Motoristica.
Docente per
FIPE e per corsi
di formazione e
perfezionamento
in ambito di
Nutrizione,
Terapia Manuale,
Osteopatia,
Sicurezza
Alimentare.
FRANCESCO
LAMPREDI
Biologo specialista
in Biotecnologie
molecolari.
F
GiocosaMente
IN QUESTO NUMERO:
“POSSIAMO
GIOCARE A…?”
VALENTINA BIINO
Docente di
“Gioco e sport in
età scolare” nella
Laurea magistrale
di Scienze Motorie
e di “Fondamenti
e didattica
delle scienze
motorie” presso il
Dipartimento di
Scienze Umane
dell’Università
degli Studi di
Verona. Insegna
educazione
fisica nella scuola
secondaria di
primo grado in
provincia
di Padova.
Sta attualmente
scrivendo un libro
di giochi motori
per bambini,
ma ha già al
suo attivo 2 libri
di giochi per la
scuola primaria
e 1 di minisport
nelle discipline
che padroneggia:
il tennis e gli sport
di rimando in
genere.
Valentina Biino
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 79
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.79-85
Il gioco è uno strano personaggio nel mestiere
di un insegnante di educazione fisica; a secon-
da di come viene accolto dal gruppo può stare e
fermarsi a lungo, perfino faticare ad andarsene,
oppure rimanere estraneo e scomparire dopo la
prima partita a meno che non cambi qualcosa.
L’insegnante di educazione fisica deve guardarsi
bene dall’accompagnare il suo personaggio prin-
cipale alla lezione e sapere che dovrà da subito
ottenere per lui rispetto e considerazione. Ma in
quale modo?
La letteratura scientifica contemporanea ci inse-
gna che esiste una relazione tra attività fisica di
qualità ed efficienza fisica (Vazou, Pesce, 2016);
la pratica con i bambini dimostra che solo ciò che
li coinvolge mentalmente li potrà attivare fisica-
mente. Per effetto delle loro caratteristiche bio-
logiche, i bambini non si fermano spontaneamente
davanti allo sforzo fisico mentre giocano; durante
l’attività ludica, i bambini sembrano avere un’ener-
gia inesauribile, soprattutto se quel gioco li coin-
volge, se è di gruppo, individuale o di coppia, se è a
somma zero (senza perdenti né vincitori) oppure a
punti; in una parola: sempre. Quando un bambino
gioca, sia la sua attivazione corporea che quella
mentale sono inesauribili. Il bambino possiede una
natura fisica, una cognitiva ed una emozionale che
interagiscono senza soluzione di continuità. Se
questi aspetti sono presi in considerazione tutti
insieme nella proposta del gioco, il “personaggio”
S&C
86 STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017
È in grado di colpire i ragazzi dai 14 anni in su
che praticano sport e che lo hanno fatto per anni
senza grossi problemi e con passione; è un “mo-
stro nero” nello sport, una specie di “malattia”:
questo fenomeno si chiama Drop Out.
Ad un certo punto, quasi per effetto domino, mol-
lano uno dopo l’altro: circa il 33% degli sportivi dai
14 anni ai 20... non è più uno sportivo!
Mettendoci nei panni della società sportiva è un
vero e proprio dramma: il 30% dei ragazzini che ne
fanno parte abbandonerà.
Perchè?
Secondo molti studi condotti da esperti di psico-
logia dello sport, il principale motivo è la scarsa
percezione della propria competenza nello sport,
ossia la difficoltà di accettare un confronto pre-
stazionale contro un altro atleta.
Tale problema nasce anche da una difficoltà di fon-
do di cui vengono accusate le società sportive:
troppa propensione alla performance e quindi alla
valutazione del risultato verso un avversario, ri-
spetto alla competenza, ossia al confronto con i
propri progressi personali.
Una considerazione importante che bisogna asso-
lutamente fare è quella che porta a considerare
l’impostazione di una cultura societaria basata
sulla competenza, sul far capire al/la ragazzo/a
quanto per diventare competente in uno sport sia
necessario investire su di sè, piuttosto che spre-
care risorse nel confronto continuo ed ossessivo
con l’avversario: se non si vive lo sport come sod-
disfazione personale, esso sarà abbandonato non
appena il confronto si farà “impossibile”.
Detto questo, va però capito il reale fenomeno
che sta dietro al Drop Out, che è quanto di più
osservabile possibile: i ragazzi crescono, vogliono
diventare indipendenti e cercare la loro strada.
La chiamano pubertà ed è il momento in cui la
soddisfazione immediata è necessaria, per essere
sicuri di stare nel posto giusto ed essere la per-
sona giusta. È una lotta verso l’alto, in cui ci si
sente un perdente se non ci si riesce.
Negli Stati Uniti, questo fattore sociale è più evi-
dente e marcato e molto spesso è rappresentato
come stereotipo nei film dei teenager: il quater-
back, spesso un quaterback-teppista, la cheerle-
ader, il nerd (anche se nell’era tecnologica si deli-
neano nuove sotto-categorie come il geek).
Monica Paliaga
PORTEABBANDONO
GIOVANILE:
COSAFARECON
ILDROPOUT
EILBURNOUT?
MONICA PALIAGA
Psicologa
con Master di
specializzazione
in Psicologia dello
Sport presso la
Società Italiana
Psicologia
dello Sport e
Certificazione
Internazionale
“Inner Game”
con Tim Gallewey
nell’ambito
del Coaching
Sportivo.
S
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.86-88
SECONDA PARTE
S&C
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 89
S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.89-91
Nello scorso numero della rivista, abbiamo
presentato le novità – in positivo – che sono
arrivate sulle modalità di gestione giuridico–
amministrativa delle attività sportive. In que-
sto numero, ci occupiamo, invece, di quelle
novità che - per qualcuno - potranno essere
“negative”.
LE CONSEGUENZE, PER LE SSD,
DELLE DELIBERE CONI
SUGLI SPORTS RICONOSCIUTI
Con le delibere del Consiglio Nazionale del Coni,
la n. 1566 del 20 dicembre 2016, avente ad
oggetto il “Registro Nazionale delle Associa-
zioni e Società Sportive Dilettantistiche-Elenco
discipline sportive ammissibili”, e le successive
delibere integrative e correttive, il Coni ha in-
dividuato 385 discipline sportive che, ad oggi,
possono validamente ritenersi “attività sporti-
ve dilettantistiche riconosciute”.
Proviamo ad esaminare le conseguenze, sotto
il profilo fiscale, che possono sorgere in capo
alle società di capitali o cooperative sportive
dilettantistiche che appaiono quelle principal-
mente “sacrificate”. Tanto che, in alcuni casi,
potrebbe essere rimessa in discussione la
scelta operata di costituirsi in una delle forme
previste dal quinto libro del codice civile. Esa-
miniamo, pertanto, quali saranno le novità per
le sportive che avessero scelto questa forma
costitutiva.
Ovviamente, nessuna conseguenza ci sarà
in capo a chi pratica esclusivamente attività
sportive rientranti tra quelle indicate nell’e-
lenco allegato alla delibera citata.
Analizziamo, invece, quali potrebbero essere
le conseguenze per una società sportiva di
capitali o cooperativa che pratichi sia attività
comprese che non.
Diciamo subito che sicuramente perde, es-
sendo l’impianto non più destinato esclusi-
vamente ad attività sportiva dilettantistica,
la possibilità di agevolazioni ai fini Imu e Tasi
(ammesso che prima ne godesse in quanto
agevolazioni previste per gli enti non commer-
IL2017:ANNODINOVITÀ
PERLOSPORTITALIANO
Guido Martinelli
GUIDO MARTINELLI
avvocato,
consulente della
FIPE, professore
aggregato di
legislazione
sportiva presso
l’Università degli
studi di Ferrara,
docente nazionale
della Scuola
Centrale dello
sport del CONI,
è autore di diverse
pubblicazioni in
materia di diritto
sportivo.
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  • 1. GIAN MARIO MIGLIACCIO Dottore di ricerca in Sport Science, direttore scientifico Sport Science Lab. Migliaccio Gian Mario Sport Science Lab ALLENAMENTO COMPETIZIONE CONTINUA LA SERIE DI CONTRIBUTI ALLA CONOSCENZA DEL FENOMENO ALLENA- MENTO/COMPETIZIONE COORDINATA E REALIZZATA DA GIAN MARIO MIGLIACCIO S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 5 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.5-9 Nell’evoluzione della specie uomo, i nostri ante- nati dovevano effettuare percorsi giornalieri di ol- tre 15 km, non tutti a velocità costante, perché certo quegli ominidi alternavano momenti a basse intensità, in silenzio per catturare le prede, con fasi di impegno molto intense, al massimo delle proprie possibilità per sfuggire alle belve. Senza avere una seconda possibilità. (1) Allo stesso tempo, essi effettuavano azioni dina- miche come camminare o correre, sia in pianura che in montagna, ma anche azioni di potenza e di velocità per superare dossi o fiumi. Un susse- guirsi, quindi, di fasi diverse per intensità, ritmo, velocità, forza, potenza, che era richiesto nella vita di tutti i giorni, in modo intervallato e casua- le. Nell’evoluzione dell’uomo questa era chiamata vita. Nei tempi moderni la chiamiamo, con gli ovvi distinguo, allenamento. 1. SIAMO VELOCISTI O FONDISTI? Questa considerazione, seppur basata su fon- damenti corretti e dimostrata dalla genetica, non sembra essere una vera discriminante nel- la prestazione. Biopsie su atleti, sempre più re- centi, hanno dimostrato che la prima cataloga- zione di fibre, bianche o rosse, si è man mano evoluta in una innumerevole sotto-gamma di sfumature, fino a 7 nelle più recenti pubblica- zioni scientifiche (2), che forniscono all’atleta una predominanza di potenzialità genetiche, ma anche una straordinaria possibilità di allena- re le fibre “miste” per diverse azioni dinamiche. Ed allora perché chi è fondista non è veloce? Il più delle volte la genetica non è la causa, semplice- mente non ci si allena per quelle caratteristiche. E quindi si è completamente disallenati, sia negli aspetti neuromuscolari che metabolici. Questa situazione la ritroviamo in atleti che han- no sempre concentrato le proprie attenzioni su sistemi e metodi di allenamento in cui la “base aerobica” era la priorità. Allenamenti basati su la- voro cosiddetto “lungo e lento” (con terminologie, in realtà, diverse da sport a sport), con grandi volumi di attività fisica in steady state, ovvero a velocità costante e sottomassimale. Questo tipo di allenamento, basato su metodologie del seco- lo scorso, è tutt’oggi ampiamente praticato so- prattutto da amatori e principianti, ma non più ri- tenuto la massima espressione di efficacia in base alle evidenze scientifiche. (3) 2. PERCHÉ IL MONDO STA DIVENTANDO “EVIDENCE-BASED”? Semplicemente perché “basarsi su evidenze scientifiche”, ovvero su fatti, ci ha fatto superare i concetti del passato, teorizzati ma non dimo- strati, che hanno caratterizzato tutta la meto- dologia dell’allenamento degli ultimi 100 anni. Ma le cose cambiano e ci si “apre” alla scienza. Nel 2014, il Professor Platonov mi invitò a Kiev alla presentazione del suo ultimo libro di fisiologia dell’esercizio. Vladimir Nikolaevich Platonov (4) è stato uno dei maggiori “capofila” di quel gruppo di esperti del pe- High Intensity Interval training HIIT PRIMA PARTE
  • 2. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 11 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.11-18 S&C INTRODUZIONE L’identificazione del talento (TID) è un processo attraverso il quale un’autorità sportiva tenta di valutare i potenziali futuri atleti. Purtroppo, mol- ti atleti non riusciranno a raggiungere i massimi livelli del loro sport, nonostante mostrino una ca- pacità e una condizione fisica elevate. Poiché mol- te abilità sono trasferibili, il processo di TID può avere lo scopo di indirizzare tali atleti verso uno sport alternativo o più adatto.29 Spesso del pro- cesso di TID fanno parte alcuni test fisici che pos- sono avere una rilevanza particolare per gli sport che non richiedono capacità percettivo-cognitive, in particolare nell’ambito di sport ad abilità chiuse come il sollevamento pesi.43,39 La British Weight Lifting (BWL), l’ente britannico che si occupa della pesistica, usa attualmente una batteria di test fisici per identificare i potenziali atleti di talento che si allenano e gareggiano in altri sport. Il pro- tocollo completo della BWL è composto da test di flessibilità, antropometrici e fisici e si svolge in più fasi. Poiché la prima fase del protocollo per la TID della BWL si svolge in varie sedi, è bene tenere in considerazione il trasporto e il montaggio del- le attrezzature. Allo stesso modo, gli atleti presi in considerazione per questa prima fase della TID possono avere un’esperienza scarsa, se non nulla, nella pesistica, pertanto i test selezionati devono rappresentare movimenti o compiti che siano fa- miliari in numerosi sport. Entrambi questi fattori fanno prediligere l’uso di semplici test da campo. Le versioni iniziali del protocollo per la TID della BWL richiedevano agli atleti di eseguire un sal- to verticale, un salto orizzontale, uno sprint della lunghezza di 30 m e un lancio di una weighted ball [una palla zavorrata, NdC] al di sopra della testa. Nell’ambito del sollevamento pesi, una prestazio- ne vincente richiede che l’atleta realizzi il tota- le più alto possibile in due movimenti: lo strappo (snatch) e lo slancio (clean and jerk). La massa corporea ha una forte influenza sul peso totale sollevato e pertanto i concorrenti sono suddivi- si in categorie basate sulla corporatura. Una correzione delle misure della forza per mettere a confronto le prestazioni in queste categorie è per lo più ottenuta mediante un metodo di scale a rapporti equivalenti. Tuttavia, poiché la correla- zione tra forza e massa non è lineare10 , la scala a rapporti equivalenti comporta una distorsione (bias) in favore dei pesisti più leggeri. I modelli allo- metrici forniscono un metodo più adatto a correg- gere le prestazioni del sollevamento pesi, benché siano ancora presenti degli errori.21 I confronti in ambiente competitivo sono ottenuti tramite un esponente di scala noto come coefficiente Sin- clair. Il coefficiente Sinclair viene ricalcolato per ogni anno Olimpico e si basa sulle prestazioni re- gistrate degli anni precedenti. Nonostante i loro limiti, i metodi di scale a rapporti equivalenti e al- lometrici sono ancora utili per fare dei confronti in ambiente di allenamento. Per gli atleti con un totale competitivo, è più pertinente il coefficien- te Sinclair.10 Durante la gara, il pesista solleva un bilanciere con pesi da una posizione immobile al RICH KITE Rich possiede un Bachelor of Science (laurea di primo livello) in Forza e Condizionamento fisico e sta seguendo un Master of Research in Scienze dello Sport. È attualmente incaricato dello sviluppo dei talenti e allenatore regionale per la British Weight Lifting. ADAM SPENCE Adam è professionista della forza e del condizionamento fisico da oltre dieci anni. È attualmente allenatore della forza e del condizionamento fisico alla Royal Holloway (Università di Londra), nel Regno Unito. Rich J. Kite,1* Adam Spence,2 1British Weight Lifting, Leeds, UK; 2 St. Mary’s University, Twickenham, UK lsaltoorizzontale comefattore predittivodella prestazionenel sollevamentopesi: unostudiopilota I
  • 3. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 21 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.21-27 L’analisi di una lesione così tragica come la rot- tura del tendine d’Achille sarebbe inutile se non esistessero soluzioni. Pertanto, diversamente dalle soluzioni irrazionali (o persino inesistenti) proposte dalla letteratura sull’allenamento spor- tivo, dagli allenatori del condizionamento fisico e dai chirurghi ortopedici, vi può essere un’azione alternativa logica e ragionevole da intraprendere per ridurre i numerosi casi di lesioni a carico della caviglia e del tendine di Achille che affliggono i giocatori di football [ma anche gli atleti di altre specialità sportive, NdC]. “Non puoi cadere senza farti male, se non sei in grado di fletterti” Le principali differenze tra il regime di allenamen- to dei pesisti e quello dei giocatori di football ri- siedono nel fatto che i pesisti sottopongono gli arti inferiori ad esercizi caratterizzati da velocità elevata e un’ampia escursione articolare. Invece, nell’allenamento della forza dei giocatori di football sono preponderanti gli elementi tipici del bodybuilding e del powerlifting e anche molti degli esercizi di agilità non affrontano l’elasticità, la flessibilità e la destrezza che gli esercizi della pesistica invece impongono ed allenano. Probabilmente, il concetto più importante da te- nere presente è che non si devono separare o altrimenti arbitrariamente compartimentalizza- re, le lesioni a carico degli arti inferiori (in primo luogo quelle da non contatto). Nel caso dei gioca- tori di football, la compressione di piedi, caviglie e ginocchia con bende e tutori, l’irrigidimento delle articolazioni di anche, ginocchia e piedi ad opera degli esercizi tipici del bodybuilding e powerlifting e la generale mancanza di una completa ampiezza di movimento comportano che una lesione a cari- co del ginocchio non può che essere il risultato di caviglie bendate o steccate e della rigidità gene- rale di anche, ginocchia e caviglie che impedisce all’atleta di dissipare, o di redistribuire in altro “Se una molla viene allungata e poi rilasciata, “scatta” di nuovo indietro” (R.McN. Alexander, 1988) Sportivnypress.com© oluzioni pratiche al problema della rottura del tendine di Achille e alla diffusione delle lesioni a carico degli arti inferiori dei giocatori di football Andrew Charniga, Jr. S ANDREW “BUD” CHARNIGA Scienziato del sollevamento pesi e allenatore. Laurea in Scienze Motorie alla Eastern Michigan University (USA) e Master in Kinesioterapia alla Università di Toledo (SPA). Fondatore, nel 1980, di Sportivny Press. Ha editato 15 libri tradotti dal russo e molte decine di articoli sull’allenamento nel sollevamento pesi, sulla biomeccanica, sul recupero, ecc. I rilievi che l’Autore sembra avanzare, qua e là nell’articolo, rispetto ai contenuti di alcuni testi della NSCA si riferiscono, in realtà, a tesi e a punti di vista e scelte metodologiche di qualche anno fa. La visione attuale della NSCA è del tutto condivisibile, nei testi editi e nei principi propugnati, e non presenta punti di conflitto né concetti classiflcabili come erronei (NdR).
  • 4. STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 29 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.29-37 S&C INTRODUZIONE Combinare un tipico esercizio di allenamento contro resistenza con un attrezzo destabiliz- zante, compresa una superficie instabile (ad es. una palla BOSU o una Swiss ball), è di- ventata una metodica sempre più diffusa nei programmi di allenamento. Tra i benefici perce- piti per l’allenamento, derivanti dall’utilizzo di attrezzi destabilizzanti, vi sono: aumento della co-attivazione muscolare con produzione infe- riore della forza (4), aumento dell’attivazione del core rispetto ad esercizi simili eseguiti su una superficie stabile (21,23) e aumenti del- la forza dovuti agli adattamenti neurali (2). In genere, si ritiene che gli strumenti che appor- tano instabilità non siano consigliati quando l’obiettivo principale dell’allenamento è quello di aumentare la forza mediante ipertrofia mu- scolare (3) o migliorare la produzione di forza e potenza (12,28). Tuttavia, l’uso di strumenti destabilizzanti è stato raccomandato per sco- pi riabilitativi (6,11,21). Quando si esegue un esercizio di squat con un attrezzo cosiddetto destabilizzante, sono disponibili numerose opzioni per produrre un’interfaccia tra l’utente e l’attrezzo. Tra gli strumenti destabilizzanti sono stati inclusi superfici di gomma espansa (12), dischi gon- fiabili (1) e una palla BOSU con la cupola rivol- ta verso il basso (8) e verso l’alto (24). Con questi dispositivi l’instabilità viene generata a partire dal basso. Non è chiaro quale sia l’ef- fetto dell’uso di un attrezzo che destabilizza dall’alto verso il basso, che introduce cioè l’in- stabilità a livello delle mani o della parte supe- riore del corpo, rispetto all’instabilità genera- ta dal basso verso l’alto. Studi precedenti sull’attivazione dei muscoli, sia degli arti inferiori che del tronco, durante un movimento di squat eseguito con attrezzi destabilizzanti hanno dato risultati contra- stanti. McBride et al. (16) hanno osservato diminuzioni sia nella produzione della forza che nei valori elettromiografici (EMG) integrati e Brian C. Nairn,1 Chad A. Sutherland,2 Janessa D.m. Drake 1School of Kinesiology and Health Science, Faculty of Health, York University, Toronto, Ontario, Canada; and 2Department of Kinesiology, Faculty of Human Kinetics, University of Windsor, Windsor, Ontario, Canada A SEDE DELL’INSTABILITÀ INFLUISCE SUL MOVIMENTO E SULL’ATTIVITÀ MUSCOLARE DURANTE UN ESERCIZIO DI SQUAT L ORIG: Motion and muscle activity are affected by instability location during a squat exercise. Journal of Strength and Conditioning Research National Strength and Conditioning Association VOLUME 31 - NUMBER 3 - MARCH 2017
  • 5. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 39 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.39-44 Alberto Andorlini ALBERTO ANDORLINI Preparatore presso F.C. Internazionale Milano. Chief Therapist presso Training Lab di Firenze. Svolge attività didattica nel corso di Laurea in Scienza e Tecnica dello Sport e delle Attività Motorie Preventive e Adattative dell’Università di Firenze. IL LUOGO DELL’ESERCIZIO. Viaggio euristico per menti allenabili. QUARTA PARTE CONTRIBUTO ORIGINALE ca.it
  • 6. FABIO PRINA Laurea Magistrale in Scienze Motorie, Università degli Studi di Milano Personal Trainer esperto in Ginnastica Compensativa e Rieducazione Posturale. Responsabile tecnico presso centro Riabilitativo/ Sportivo G.P. GYM di Mesero. GIAMPIETRO ALBERTI Professore Associato di Metodi e Didattiche delle Attività Sportive Scuola di Scienze Motorie, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano. giampietro. alberti@unimi.it Fabio Prina e Giampietro Alberti mnesia glutea: descrizione e rimedi A SECONDA PARTE S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 47 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.47-52 IL METODO TS: UN RIMEDIO ALL’AMNESIA GLUTEA PREMESSA Nello scorso numero di questa rivista abbiamo trattato le problematiche collegate a una non corretta attivazione del Grande Gluteo. Abbiamo visto come la sindrome della cosiddetta Amne- sia Glutea sia spesso correlata con l’infortunio di bicipiti femorali, ginocchia e caviglie oltre che a diverse condizioni patologiche subacute come, ad esempio, la sindrome del piriforme della ban- delletta ileo-tibiale, la condropatia rotulea e la lombalgia. Abbiamo cercato di ricostruire le pos- sibili cause di questa inibizione neuromuscolare del Gluteo riconoscendo lo stile di vita moderno come primo responsabile. Abitudini lavorative e ricreative ci obbligano spesso a passare molto tempo in auto, su sedie e divani, ma anche in pie- di davanti a tavoli o macchinari. La tecnologia, in genere, ci facilita in certe attività, esonerando- ci da un’attività fisica altrimenti obbligatoria e a volte faticosa, ma non per questo dannosa. Que- ste abitudini e posture non fisiologiche (come lo stare non correttamente seduti) creano dei forti scompensi alla “macchina” muscolo-scheletrica, determinando l’insorgenza dell’amnesia glutea e quindi di tutti i problemi che essa comporta. Ab- biamo infine evidenziato come l’uomo si sia evoluto in un ambiente naturale molto più stimolante ed in forte contrasto con l’ambiente impoverito in cui oggi viviamo. Per fare alcuni esempi, non possiamo infatti ipotizzare che le comuni attività sportive che oggi promuoviamo per i nostri adulti e ragazzi possano ricreare “l’offerta motoria” di una vita in un bosco o montagna o comunque in un ambiente selvaggio privo delle comodità del progresso, sia per la quantità e la varianza degli stimoli motori. Gli sport di oggi sono molto specialistici e preve- dono l’utilizzo di pochi attrezzi o movimenti: non e.
  • 7. ALFIO CAZZETTA Insegnante di educazione fisica ormai in pensione. Già docente di metodologia dell’allenamento presso Scienze Motorie di Catania e Messina. Allenatore di atletica leggera e responsabile nazionale giovanile di mezzofondo. Tecnico di basket e già preparatore dell’Isab Priolo (basket femminile di serie A). Preparatore di tennis. Già collaboratore nella riabilitazione del Calcio Catania (serie A). Già docente della Scuola Regionale dello Sport della Sicilia. Ha pubblicato: - “Traumi e Rieducazione Funzionale”, Ed. Cooperativa Dante, Vigevano - “Il Tennista”, Ed. Greco, Catania - “Sapersi muovere per mantenere e recuperare la migliore condizione”, Calzetti e Mariucci Editori. - “La resistenza negli sport individuali e di squadra” Calzetti e Mariucci Editori. a rapidità e la velocità nel tennis (ovvero il gioco di gambe) L Alfio Cazzetta S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 53 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.52-57 Il tennis è uno sport molto complesso: bisogna mediare fra le esigenze di rapidità, velocità, forza e resistenza, con azioni mai stereotipa- te, anche nella stessa partita. Le azioni sono brevi, di durata variabile (da pochi a parecchi secondi) con continui cam- biamenti di direzione. L’efficacia dell’azione di- pende dalla giusta scelta e pronta decisione: valutazione della velocità della palla e della sua traiettoria, il probabile punto di incontro, la scelta del tipo di risposta e la velocità di spo- stamento. A volte bastano pochi movimenti, a volte azioni rapidissime ed esplosive che richiedono grandi capacità organico-muscolari, ma anche del- la tecnica, nelle varie situazioni della partita. In questo contesto, si intendono esaminare i movimenti al di fuori di quelli che concernono i passi speciali di preparazione al colpo, essen- do questi di competenza del maestro. RAPIDITÀ E VELOCITÀ È importante, prima, definire il concetto di ra- pidità. “La qualità della rapidità non esiste e non può essere educata isolatamente, ma nor- malmente forma una lega con le altre ca- pacità fisiche (Tabacnik). “È un’espressione rapida della forza, come velocità massimale, solo un caso limite della contrazione muscolare” (Israel). “La rapidità è la facoltà di effettuare attività motorie in tempo minimo e in determinate condizioni, che durino poco tempo e che non producano affaticamento”. (Zaciorskji) Parecchi studiosi (fra cui Israel, Verchosanskji, Radford ed altri) affermano che la rapidità di movimento dipende principalmente dalla veloci- tà della conduzione nervosa; ma ciò è da rite- nersi limitativo, poiché è necessario prendere in considerazione le capacità cognitivi, organi- che, muscolari e tecniche. I processi cognitivi riguardano il riconoscimen- to di un’azione e la risposta più appropriata secondo la situazione. La scelta della soluzio- ne dipende dall’intelligenza, e dall’esperienza che l’atleta ha immagazzinato. Rapidità e velocità implicano anche fattori fi- siologici e meccanici (tipo di fibre, angoli uti- lizzati), età e sesso. La rapidità può essere intesa come rapidità di reazione (risposta allo stimolo), di azione (accorciamento del musco- lo), di frequenza (coordinazione). Nella velocità di risposta al servizio, incide molto la posizione di attesa. L’atleta deve as- sumere la posizione più consona all’esecuzione del gesto (angoli). Nel contesto, gioca un ruolo molto importante anche la capacità di antici- pazione, che dipende dall’intelligenza dell’atle- ta, dalla sua concentrazione e dall’esperienza. La rapidità spesso viene confusa con la velo- cità. La velocità è considerata la capacità di spostare rapidamente il proprio corpo o un ca- rico nello spazio. FORZA E VELOCITÀ Il tipo di forza determina la rapidità o la veloci- tà di esecuzione: - se il muscolo ha un maggior numero di fi- bre bianche, la contrazione è più rapida; - se si deve vincere una resistenza bassa, il movimento potrà essere rapido (forza rapida); - se si deve vincere una resistenza me- dio-alta, sarà necessario ricorrere alla forza esplosiva (veloce); - si può esplicare una grande forza esplo- siva, se si ha un buon gradiente di forza massima.
  • 8. G. Di Natali, C. Lisi, S. Ottobrini, M. Del Bianco, L. Marin ttivitàfisica epatologievenose A SARA OTTOBRINI Dottore Magistrale in Scienze Motorie PhD Student Università di Genova Laboratorio Attività Motoria Adattata (LAMA) Università di Pavia. CLAUDIO LISI Specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione e in Medicina dello Sport. Direttore UO di Medicina Fisica e Riabilitativa presso la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Professore a contratto presso l’Università di Pavia. GIUSEPPE DI NATALI Specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione, Dirigente Medico Fisiatra UO di Medicina Fisica e Riabilitativa presso la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Professore a contratto presso l’Università di Pavia. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 59 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.59-62 Le malattie vascolari periferiche possono riguar- dare le arterie (patologie ostruttive o funziona- li), le vene, entrambi i vasi (p. es., fistole arte- ro-venose) o i vasi linfatici. Le patologie arteriose ostruttive comprendono l’ostruzione arteriosa periferica e la tromboangioite obliterante. Le pa- tologie funzionali delle arterie possono essere do- vute a fenomeni di vasospasmo (fenomeno e ma- lattia di Raynaud, acrocianosi) o di vasodilatazione (eritromelalgia); possono essere secondarie a un alterato funzionamento locale dei vasi sanguigni o a disturbi del sistema nervoso simpatico, oppure ancora possono accompagnare patologie vasco- lari organiche. Le patologie venose comprendono la trombosi venosa e le varici; le patologie combi- nate artero-venose comprendono le fistole arte- ro-venose; le patologie dei vasi linfatici compren- dono il linfedema e il lipedema1 . L’attività fisica (AF) e la riabilitazione possono svolgere un ruolo importante nel trattamento e nella prevenzione della patologia vascolare degli AAII e delle sue complicanze. Questo articolo si occuperà della pratica dell’AF come supporto alle patologie venose e arterovenose. Le complicazioni degli eventi vascolari non solo si traducono in ostacoli fisici, ma rischiano di altera- re l’adattamento psicosociale. I soggetti, spesso, non ritornano a svolgere il loro precedente lavoro e le attività personali e del tempo libero a cui era- no abituati. Tutto ciò può condurre all’isolamento sociale, ad una scarsa compliance ai trattamen- ti, ad una percezione negativa del proprio stato di salute, all’ansia ed alla depressione che sono comuni in tali soggetti, anche se coinvolti in pro- grammi di riabilitazione/rieducazione. Gli obiettivi del recupero psico-sociale e profes- sionale devono quindi essere la massimizzazione delle capacità funzionali e di adattamento, coe- rentemente con i danni già subiti e con le eventuali limitazioni ambientali. In questo modo, il soggetto può tornare a svolgere un ruolo utile e personal- mente soddisfacente nella società. Considerata la multifattorialità eziopatogenetica e la variabilità delle manifestazioni cliniche, oltre all’ormai universalmente riconosciuto approccio multidisciplinare, è importante rendere il tratta- mento riabilitativo/rieducazionale quanto più per- sonalizzato possibile. Tale approccio va integrato con le indicazioni ge- nerali riportate in letteratura che, sebbene non evidenzino con accuratezza percorsi e protocolli validati, forniscono una serie di indicazioni, di ca- rattere generale, utili per stilare un corretto pro- gramma di lavoro individualizzato.
  • 9. ’IMPORTANZA DEL RISCALDAMENTO E DEL DEFATICAMENTO PER LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI Dott.ssa Maura Mannucci L MAURA MANNUCCI Laurea in Fisioterapia, D.O. in Osteopatia, Perfezionamento in Uro-riabilitazione, esperta in Ginnastica Ipopressiva Addominale e in Riabilitazione Pre e Post parto, in riabilitazione delle disfunzioni in ambito pelvico, in riabilitazione Post Prostatectomia Radicale, di riabilitazione per la stipsi ed incontinenza fecale. Ha collaborato in qualità di fisioterapista ed Osteopata con la Nazionale Italiana di Triathlon (FITRI) e collabora attualmente con la Nazionale Italiana della Federazione Pesistica (FIPE). S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 63 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.63-69 INTRODUZIONE Il riscaldamento (warm up) ed il defati- camento (cool down) sono molto spesso sottovalutati dagli atleti, poiché consi- derati una perdita di tempo. Questa non consapevole considerazio- ne porta spesso gli atleti ad effettuarli in maniera superficiale o a considerali come momenti ludici o di socializzazione. Il riscaldamento e il defaticamento in re- altà non sono momenti ludici e di svago i cui esercizi possano essere effettua- ti senza una vera logica sequenza, ma devono essere una parte integrante dell’allenamento a cui porre la dovuta attenzione. Il riscaldamento ha lo scopo di attivare tutti i sistemi funzionali dell’atleta al fine di portarlo nelle migliori condizioni psico- fisiche atte ad effettuare l’allenamento o la gara, per esprimere appieno le pro- prie potenzialità. Il defaticamento, al contrario, ha lo sco- po di riportare il sistema dopo lo stress da allenamento o da gara nelle condizioni iniziali, al fine di ottimizzare e velocizzare le condizioni di recupero. Entrambi concorrono alla prevenzione degli infortuni. In altre parole il riscaldamento ed il de- faticamento sono anelli essenziali di una reazione a catena il cui risultato finale è la prestazione massima in assenza di infortuni. IL RISCALDAMENTO E LA SUA IMPORTANZA Il riscaldamento (1) (2) è costituito da due fasi: - Riscaldamento generale - Riscaldamento specifico L’obiettivo del riscaldamento generale è quello di creare un aumento generaliz- zato della temperatura del corpo al fine di raggiungere la temperatura ottimale (39°C) necessaria per far avvenire più rapidamente tutte le reazioni fisiologi- che indispensabili per la capacità di pre- stazione.
  • 10. S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 71 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.71-76 RAPID WEIGHT LOSS NEGLI SPORT DA COMBATTIMENTO Quasi tutti gli sport da combattimento prevedo- no delle categorie di peso per la competizione. L’assunzione di base è che individui con la stessa massa corporea abbiano una simile forza fisica e una simile lunghezza delle leve. Lo scopo è quello di rendere equi i combattimenti facendo affron- tare atleti che abbiano caratteristiche fisiche confrontabili. Quest’esigenza viene perlopiù sod- disfatta. Si può facilmente comprendere, tutta- via, come la massa corporea rappresenti solo un parziale indicatore delle caratteristiche atletiche. È possibile, inoltre, “fluttuare” fra le categorie di peso in modo da ottenere un vantaggio. Gli atle- ti cercano allora di perdere rapidamente peso in vista di una gara – anche solo pochi giorni prima – in modo da essere assegnati a una categoria più leggera al momento della pesatura. L’assunzione, in questo caso, è che gareggiare in una catego- ria inferiore a quella “naturale” significhi poter contare su un rapporto massa/potenza più fa- vorevole e su una lunghezza di leve maggiore, rispetto ad un avversario che gareggia nella propria categoria “naturale”. Tale prassi è, in effetti, da sempre diffusa fra gli agonisti e “fare il peso” è una strategia vecchia quanto le categorie di peso. La NCAA america- na nel 1997 addirittura proibì la pratica del calo peso nelle gare di wrestling delle high school sot- toponendo gli atleti a rigidi controlli e ad accurati programmi educativi, ma il calo peso si è dimo- strato una realtà troppo radicata negli sport da combattimento. Uno studio di Alderman et al[1] rappresenta molto bene questa “tradizione”: gli atleti non mostrarono più nessun comportamento riconducibile a una diminuzione rapida del peso nel contesto delle gare NCAA. Appena, tuttavia, gli stessi atleti si ritrovavano ad affrontare gare in cui il calo peso non veniva proibito (come nelle gare di stile internazionale) essi ritornavano immediata- mente alle vecchie abitudini con grande slancio[1] . Gli sport da combattimento vengono praticati e seguiti da milioni di persone in tutto il mondo. Essi rappresentano un business in costante evoluzione e di dimensioni molto grandi[2][3] . F. Pasqualoni, F. Lampredi AREILPESO FRANCESCO PASQUALONI Nutrizionista della Nazionale Italiana di Pugilato, Nutrizionista della Nazionale Italiana di Pesistica - Squadra Paralimpica. Ha seguito inoltre atleti delle Nazionali Italiane di Ciclismo-settore BMX, Football Americano, Pesistica Olimpica e delle Nazionali Sammarinesi di Pesistica Olimpica, Tiro al Volo, Motoristica. Docente per FIPE e per corsi di formazione e perfezionamento in ambito di Nutrizione, Terapia Manuale, Osteopatia, Sicurezza Alimentare. FRANCESCO LAMPREDI Biologo specialista in Biotecnologie molecolari. F
  • 11. GiocosaMente IN QUESTO NUMERO: “POSSIAMO GIOCARE A…?” VALENTINA BIINO Docente di “Gioco e sport in età scolare” nella Laurea magistrale di Scienze Motorie e di “Fondamenti e didattica delle scienze motorie” presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi di Verona. Insegna educazione fisica nella scuola secondaria di primo grado in provincia di Padova. Sta attualmente scrivendo un libro di giochi motori per bambini, ma ha già al suo attivo 2 libri di giochi per la scuola primaria e 1 di minisport nelle discipline che padroneggia: il tennis e gli sport di rimando in genere. Valentina Biino S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 79 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.79-85 Il gioco è uno strano personaggio nel mestiere di un insegnante di educazione fisica; a secon- da di come viene accolto dal gruppo può stare e fermarsi a lungo, perfino faticare ad andarsene, oppure rimanere estraneo e scomparire dopo la prima partita a meno che non cambi qualcosa. L’insegnante di educazione fisica deve guardarsi bene dall’accompagnare il suo personaggio prin- cipale alla lezione e sapere che dovrà da subito ottenere per lui rispetto e considerazione. Ma in quale modo? La letteratura scientifica contemporanea ci inse- gna che esiste una relazione tra attività fisica di qualità ed efficienza fisica (Vazou, Pesce, 2016); la pratica con i bambini dimostra che solo ciò che li coinvolge mentalmente li potrà attivare fisica- mente. Per effetto delle loro caratteristiche bio- logiche, i bambini non si fermano spontaneamente davanti allo sforzo fisico mentre giocano; durante l’attività ludica, i bambini sembrano avere un’ener- gia inesauribile, soprattutto se quel gioco li coin- volge, se è di gruppo, individuale o di coppia, se è a somma zero (senza perdenti né vincitori) oppure a punti; in una parola: sempre. Quando un bambino gioca, sia la sua attivazione corporea che quella mentale sono inesauribili. Il bambino possiede una natura fisica, una cognitiva ed una emozionale che interagiscono senza soluzione di continuità. Se questi aspetti sono presi in considerazione tutti insieme nella proposta del gioco, il “personaggio”
  • 12. S&C 86 STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 È in grado di colpire i ragazzi dai 14 anni in su che praticano sport e che lo hanno fatto per anni senza grossi problemi e con passione; è un “mo- stro nero” nello sport, una specie di “malattia”: questo fenomeno si chiama Drop Out. Ad un certo punto, quasi per effetto domino, mol- lano uno dopo l’altro: circa il 33% degli sportivi dai 14 anni ai 20... non è più uno sportivo! Mettendoci nei panni della società sportiva è un vero e proprio dramma: il 30% dei ragazzini che ne fanno parte abbandonerà. Perchè? Secondo molti studi condotti da esperti di psico- logia dello sport, il principale motivo è la scarsa percezione della propria competenza nello sport, ossia la difficoltà di accettare un confronto pre- stazionale contro un altro atleta. Tale problema nasce anche da una difficoltà di fon- do di cui vengono accusate le società sportive: troppa propensione alla performance e quindi alla valutazione del risultato verso un avversario, ri- spetto alla competenza, ossia al confronto con i propri progressi personali. Una considerazione importante che bisogna asso- lutamente fare è quella che porta a considerare l’impostazione di una cultura societaria basata sulla competenza, sul far capire al/la ragazzo/a quanto per diventare competente in uno sport sia necessario investire su di sè, piuttosto che spre- care risorse nel confronto continuo ed ossessivo con l’avversario: se non si vive lo sport come sod- disfazione personale, esso sarà abbandonato non appena il confronto si farà “impossibile”. Detto questo, va però capito il reale fenomeno che sta dietro al Drop Out, che è quanto di più osservabile possibile: i ragazzi crescono, vogliono diventare indipendenti e cercare la loro strada. La chiamano pubertà ed è il momento in cui la soddisfazione immediata è necessaria, per essere sicuri di stare nel posto giusto ed essere la per- sona giusta. È una lotta verso l’alto, in cui ci si sente un perdente se non ci si riesce. Negli Stati Uniti, questo fattore sociale è più evi- dente e marcato e molto spesso è rappresentato come stereotipo nei film dei teenager: il quater- back, spesso un quaterback-teppista, la cheerle- ader, il nerd (anche se nell’era tecnologica si deli- neano nuove sotto-categorie come il geek). Monica Paliaga PORTEABBANDONO GIOVANILE: COSAFARECON ILDROPOUT EILBURNOUT? MONICA PALIAGA Psicologa con Master di specializzazione in Psicologia dello Sport presso la Società Italiana Psicologia dello Sport e Certificazione Internazionale “Inner Game” con Tim Gallewey nell’ambito del Coaching Sportivo. S S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.86-88
  • 13. SECONDA PARTE S&C STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 22 / Ottobre-Dicembre 2017 89 S&C(Ita)n.22,Ottobre-Dicembre2017,pp.89-91 Nello scorso numero della rivista, abbiamo presentato le novità – in positivo – che sono arrivate sulle modalità di gestione giuridico– amministrativa delle attività sportive. In que- sto numero, ci occupiamo, invece, di quelle novità che - per qualcuno - potranno essere “negative”. LE CONSEGUENZE, PER LE SSD, DELLE DELIBERE CONI SUGLI SPORTS RICONOSCIUTI Con le delibere del Consiglio Nazionale del Coni, la n. 1566 del 20 dicembre 2016, avente ad oggetto il “Registro Nazionale delle Associa- zioni e Società Sportive Dilettantistiche-Elenco discipline sportive ammissibili”, e le successive delibere integrative e correttive, il Coni ha in- dividuato 385 discipline sportive che, ad oggi, possono validamente ritenersi “attività sporti- ve dilettantistiche riconosciute”. Proviamo ad esaminare le conseguenze, sotto il profilo fiscale, che possono sorgere in capo alle società di capitali o cooperative sportive dilettantistiche che appaiono quelle principal- mente “sacrificate”. Tanto che, in alcuni casi, potrebbe essere rimessa in discussione la scelta operata di costituirsi in una delle forme previste dal quinto libro del codice civile. Esa- miniamo, pertanto, quali saranno le novità per le sportive che avessero scelto questa forma costitutiva. Ovviamente, nessuna conseguenza ci sarà in capo a chi pratica esclusivamente attività sportive rientranti tra quelle indicate nell’e- lenco allegato alla delibera citata. Analizziamo, invece, quali potrebbero essere le conseguenze per una società sportiva di capitali o cooperativa che pratichi sia attività comprese che non. Diciamo subito che sicuramente perde, es- sendo l’impianto non più destinato esclusi- vamente ad attività sportiva dilettantistica, la possibilità di agevolazioni ai fini Imu e Tasi (ammesso che prima ne godesse in quanto agevolazioni previste per gli enti non commer- IL2017:ANNODINOVITÀ PERLOSPORTITALIANO Guido Martinelli GUIDO MARTINELLI avvocato, consulente della FIPE, professore aggregato di legislazione sportiva presso l’Università degli studi di Ferrara, docente nazionale della Scuola Centrale dello sport del CONI, è autore di diverse pubblicazioni in materia di diritto sportivo.
  • 14. www.calzetti-mariucci.it Visita il nostro sito Collegandoti al sito puoi visionare nel dettaglio e acquista- re gli articoli (libri, video, dvd, riviste), grazie ad un sistema di ricerca semplice ed intuitivo. CATALOGO ON LINE Inoltre il sito è sempre aggiornato con sezioni specifiche di approfon- dimento su tutti gli argomenti più interes- santi legati allo sport, come eventi, convegni e corsi di aggiornamento. APPROFONDIMENTI Iscrivendoti e dando la preferen- za alla disciplina sportiva che più ti interessa potrai ricevere tutte le news al tuo indiriz- zo e-mail. NEWSLETTER libri,videoerivisteperlosportlibri,videoerivisteperlosport