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2011


Dalla manutenzione della rete
       al coaching territoriale




                   Toni Montevidoni
                   Tesina per CCU Italia
                   30/07/2011
La separazione delle discipline rende incapaci di cogliere "ciò che è tessuto insieme",
                            cioè, secondo il significato originario del termine, il complesso.
                                                                                 Edgar Morin




   Toni Montevidoni
   info@tonimontevidoni.com


1. Premessa

       Da molte parti della cosiddetta società civile è espressa, seppur con forme, modalità
   e livelli di maturità e consapevolezza diverse, la forte esigenza per un modello socio-
   economico che affronti diversamente la produzione e la distribuzione di beni e servizi,
   ripartendo da una riformulazione delle stesse premesse politico culturali dell’idea stessa
   dell’economia. Da diversi decenni assistiamo, infatti, non solo ad un’analisi fortemente
   critica dell’attuale sistema neoliberista e capitalista, ma anche all’espressione via via
   sempre più organizzata di forme “altre” di economia e di società basate su principi di
   solidarietà, civismo, mutualismo. Dalle pratiche a forte impronta simbolica dei
   boicottaggi tipici degli anni ’80, e che individuavano già le forti distorsioni di un
   sistema economico che svuotava dall’interno il sistema politico basato sulla
   rappresentanza elettiva, siamo passati alla costruzione di vere e proprie filiere “altre”,
   come quelle del commercio equo e solidale, che hanno trovato il modo di consolidarsi,
   di certificarsi e di inserirsi nell’attuale sistema distributivo della grande distribuzione
   organizzata, fino alle pratiche di consumatori (GAS- Gruppi di Acquisto Solidale), dei
   Comuni, e delle reti locali di economia solidale1 che hanno persino messo in discussione
   i dogmi stessi della produzione, dello scambio e della distribuzione tipici di questo
   sistema.

       A fronte di un aumento quantitativo di queste pratiche alternative e parallelamente
   del salto di livello che questi soggetti dell’“altraeconomia” stanno compiendo saldando
   le esperienze locali prima in reti e gradualmente in reti di reti, si pone inevitabilmente
   un problema di governance dei processi e di conseguente gestione della fase di
   transizione dal sistema attuale a quello che si praticando e, contestualmente, di cui si sta


       1
         Si fa riferimento particolarmente alla RES -Rete dell’Economia Solidale- nazionale www.retecosol.org ed alla
   REES Marche www.reesmarche.org , ovvero a strutture organizzative più o meno formalizzate che aggregano
   consumatori critici, imprese che operano in modo eticamente orientato e amministrazioni locali virtuose.
tentando una modellizzazione teorica. L’ipotesi di questo breve lavoro è che il coaching,
   favorendo consapevolezza e responsabilità, possa facilitare alcuni di questi processi di
   transizione sostenendo i soggetti attivi nei vari territori ed attraverso i quali questa
   transizione sta prendendo corpo.

      In particolare crediamo che una particolare forma di coaching che definiamo
   territoriale, rivolta agli opinion leader di questi territori e di questi movimenti, possa
   favorire la nascita dei DES-Distretti di Economia Solidale- e quindi di modelli di
   governance e produttivi sostenibili ed eticamente orientati.




2. Introduzione

      Il contesto culturale italiano ed in particolare quello marchigiano in cui questo
   processo di transizione si concretizza non è caratterizzato mediamente da una forte
   propensione all’approccio cooperativo, da una diffusione delle tecniche e delle
   metodologie del lavoro di ed in rete. Anzi sembra non particolarmente capace di
   sganciarsi da un approccio fortemente competitivo, individualistico, in cui la modalità
   win win è raramente ricercata per la negoziazione dei conflitti e, più in generale, sono
   scarse le competenze relative alla facilitazione dei processi aggregativi, per non parlare
   della diffusione della metodologia del coaching, in larga parte completamente assente.

      Questa situazione, nel confronto tra i vari livelli di diversità e di frammentazione
   della società, spesso ripropone un modello basato sulla dicotomia identità-alterità.
   Ovvero a livello delle organizzazioni sociali, anche quando rappresentative della società
   civile, ed anche quando ci si pone onestamente l’intenzione di lavorare in rete per
   favorire la sinergia tra i soggetti e la maggiore consapevolezza dei processi, ci si scontra
   con una sostanziale incapacità di vedere la propria identità di origine in maniera
   prospettica ed evolutiva, e la si immagina in contrapposizione a tutto ciò da cui per
   qualche motivo si discosta. Il risultato, almeno apparentemente, è che si percepisce
   l’identità individuale o collettiva al pari di una propria zona di comfort in cui rifugiarsi e
   da difendere da tutto quello che, fosse anche solo per gli stili linguistici o cognitivi, per i
   diversi stili di leadership o i modelli organizzativi o di management, appare come di
   altra impronta. Ne deriva anche solo empiricamente che di fronte anche alla
   consapevolezza della necessità di lavorare in rete e, quindi, della volontà di farlo, si
   possa reagire al confronto con atteggiamenti di resistenza al cambiamento. Da qui
   spesso dobbiamo spesso registrare come, anche nelle organizzazioni e nei movimenti
che ricercano il cambiamento del sistema socio-economico e finanche del paradigma di
   società, ci sia il rischio di un forte disallineamento tra i propri principi e finalità generali
   ed i propri atteggiamenti verso l’innovazione ed i propri comportamenti quotidiani.

       In questo senso la ricerca di un allineamento tra principi e comportamenti non solo a
   livello individuale e collettivo, ma anche tra gli organismi che vogliono lavorare in rete
   per poter incidere anche sul sistema socio-economico locale, è di per sé un cambio di
   paradigma che può sostenere la transizione attraverso una piena consapevolezza ed una
   forte responsabilità dei soggetti individuali.

       Per rimuovere gli ostacoli all’implementazione del nuovo paradigma è necessario,
   analogamente, un glossario condiviso e dei chiari ruoli di facilitazione. Per glossario
   condiviso, in particolare, faccio riferimento all’obiettivo di evitare di usare gli stessi
   termini per significati diametralmente opposti. Più in generale alla necessità di ridefinire
   i valori ed i comportamenti di riferimento, fare sensemaking, chiarire i “drive” della
   cultura guida in cui vogliamo riconoscerci e che dovrebbe sottostare agli stessi progetti
   federatori e, quindi, alla premessa stessa dell’agire collettivo ed in rete.

       Rispetto a tutto questo è proposito di questo lavoro soprattutto il ruolo del coach
   soprattuto riguardo alla rimozione delle convinzioni ostacolanti, degli alibi, dei
   disallineamenti          individuali,       delle     singole       organizzazioni         e    interorganizzativi.
   Conoscendo le varie specializzazioni di questa metodologia (team, corporate, personal,
   executive coaching....solo per citarne alcune) ci appare un esercizio interessante anche
   quello di verificare questi specifici approcci e le varie e possibili fasi aggregative delle
   reti.




3. Le basi teoriche di un altro modello socio-economico2

       Polanyi considera l’economia come un processo istituzionalizzato di interazione tra
   l’uomo e il suo ambiente, che da vita a un continuo flusso di mezzi materiali per il
   soddisfacimento dei bisogni. Contestualmente, nell’organizzazione del mercato
   capitalistico, egli individua una contraddizione di fondo, un conflitto insanabile tra
   mercato e società. L’economia strutturandosi sulla base del mercato autoregolato,
   dunque sulla mercificazione delle risorse sociali, si è separata radicalmente dalle altre
   istituzioni e ha costretto il resto della società a funzionare secondo le leggi della sua

           2
               Francesco Orazi, aDESso. Economie solidali e cittadini consapevoli (a cura di ), Cattedrale, Ancona, 2011
specifica organizzazione. In altri termini, se da un lato la società si trasforma in
componente accessoria del mercato, dall’altro sviluppa processi di difesa che diventano
di ostacolo allo sviluppo capitalistico, esponendolo a meccanismi critici. La tensione tra
democrazia e mercato è uno di questi.

    Tracciato il quadro interpretativo, abbiamo ora la possibilità di leggere le diverse
forme economiche in base alle loro caratteristiche socio-istituzionali e regolative. In tal
senso, un’economia regolata dal mercato e dalla mano invisibile smithiana si fonda sul
perseguimento egoistico di utilità (profitto individuale); l’economia centralizzata
socialista, invece, si fonda su un presupposto re-distributivo il cui obiettivo è la
perequazione sociale delle risorse di sistema; un sistema di reciprocità (a es. economie
informali), a sua volta, si fonda su convenzioni istituzionali in base alle quali
prestazione e controprestazione (scambio) possono realizzarsi in una dilazione
temporale più o meno lunga 3. Parlare di “altra economia” o di economia solidale
significa, allora, ricondurre il processo allocativo delle risorse ad un meccanismo
istituzionale di regolazione il cui obiettivo è l’utilità sociale dello scambio (solidarietà
economica) in un contesto non centralizzato dei fattori, ovvero di mantenimento della
libera proprietà e della libera iniziativa individuale.

    Se scagliamo a terra un uovo, lo stesso si rompe disperdendo il suo contenuto. Gli
economisti standard attenderebbero, invece, la sua ricomposizione in un tempo definito,
come se esistesse un “mago divino” in grado di far funzionare la vita con una funzione
di rewind. Ma il pensiero economico non è rimasto fermo. E’ stato Schumpeter 4 a
dimostrare che tutte le curve di offerta di lungo periodo risultano irreversibili a causa
della natura ortogenetica delle innovazioni 5, così come i cambiamenti dei gusti in
quanto prodotti dell’apprendimento.

    Lungo questa prospettiva critica, l’analisi che informa il lavoro ha l’obiettivo di
evidenziare quanto le attività socio-economiche necessitino di essere studiate attraverso
approcci che ne mettano in luce la natura di sistemi complessi, dove cioè i fenomeni di
struttura sono produttori degli elementi e delle relazioni che li caratterizzano e da questi
a loro volta ricorsivamente prodotti. Nella teoria dei sistemi il comportamento
economico ottimale non è determinato dalla massimizzazione degli atteggiamenti


3
   Sull’argomento si veda E. Mingione, Economia e economia informale, in “Sociologia del lavoro”, n. 113, 2009.
4
  J.A. Schumpeter, Teoria dello sviluppo economico, Sansoni, Firenze, 1971.
5
  L'ortogenesi è un termine che indica, in biologia, un'evoluzione rettilinea, caratterizzata cioè dallo sviluppo, in modo
continuo o senza deviazioni, di un dato organo o carattere; è altresì così chiamato il ramo della medicina
costituzionalistica che si occupa dei fenomeni e dei problemi relativi allo sviluppo fisico e psichico dell'uomo dalla vita
intrauterina fino alla maturità.
competitivi, quanto da una congiunta opera di atteggiamenti competitivi e cooperativi6.
Su questo fronte, Hirsch7 sottolineava che il bisogno di affermazione sociale,
innescando il meccanismo della competizione posizionale (tutti cercano di avere
crescente successo e promozioni), frustra le ambizioni degli attori individuali e
collettivi, dando luogo a un crescente processo emulativo stagnante.

    Nell'ambito della teoria sistemica questo è l'effetto della retroazione positiva, quella
che accresce la dinamica dei sistemi instabili fino alla loro totale dissipazione. Il
modello di sviluppo basato sul dogma della crescita determina conseguenze sistemiche
sul piano delle ineguaglianze sociali e dei danni ecologici che in larga misura non sono
prevedibili, pur ripercuotendosi su coloro che li hanno prodotti. In tal senso, politica,
economia e cultura si presentano come dimensioni interrelate, la cui ottimale
regolazione è fondamentale per ripensare un modello di sviluppo adeguato a rispondere
alle problematicità insite nelle dinamiche della modernizzazione.

    Il discorso accennato ha profonde ripercussioni politiche. Democrazia e sviluppo
sono elementi reciprocamente indispensabili. Lo sviluppo non si limita più alla sola
ricerca di configurazioni tecniche per la produzione e la distribuzione della ricchezza.
Entrano in gioco fattori ben più rilevanti. L’impatto antropico sulla sostenibilità del
pianeta, il diritto al consumo consapevole, la possibilità di disarticolare le filiere
distributive in nuove forme organizzative di tipo solidale e a base locale, il diritto alla
disintermediazione energetica, pongono una nuova idea di democrazia e di economia.
La partecipazione, la fiducia e la collaborazione diventano fattori indispensabili per la
vita pubblica di ogni contesto sociale e politico. L’allargamento della sfera decisionale
diviene un obiettivo la cui funzione è stimolare una mobilitazione sociale degli individui
necessaria a dare linfa sia ai processi democratici che a quelli economici, dunque ad
incidere positivamente sulla modernizzazione dei contesti locali di sviluppo.

    Da un punto di vista teorico le economie solidali agiscono in un campo ideale nel
quale il capitalismo, pur se posto a critica, rimane lo sfondo dell'evoluzione storica.
Sotto questo profilo il mercato si configura come la più imponente istituzione sociale
mai costruita. La stessa ha aggregato, col meccanismo della solidarietà senza consenso 8
(riconoscimento sociale nell’azione collettiva), il più elevato numero di individui che la
storia ricordi, producendo una moltitudine coesa attorno a scenari simbolico-rituali e a
pratiche di azione piuttosto libere. Da un punto di vista politico, la strategia delle

6
  N. Georgescu-Roegen, Bioeconomia, Bollati Boringhieri, Torino, 2003.
7
  F. Hirsch, I limiti sociali allo sviluppo, Bompiani, Milano, 2001.
8
  E. Durkheim, La divisione del lavoro sociale, Edizioni di Comunità, Milano, 1962.
economie solidali è da un lato sottrattiva: si ricavano uno spazio autonomo nella
   generalità del mercato, e come terreno di ridefinizione della domanda sociale. Nella
   dimensione economica è possibile rintracciare il punto di ricongiungimento tra azione
   individuale e istanze collettive, un’ipotesi, paradossalmente, esterna sia al pensiero
   filosofico che a quello sociologico di stampo marxiano. A riguardo, si pensi all’analisi
   adorniana del carattere antagonistico della società.

          Lo scarto fra le due nozioni di società proposte dalla sociologia, quella
   nominalistico-individualista e quella strutturale-organicistica, assume il carattere di
   antinomia non risolvibile con una più alta sintesi dialettica. Ciò relega la società ad
   un’inaccessibile “cosa in sè”. Una lettura filosofica alternativa 9, trova, invece, in questa
   condizione estrema di non comprensibilità, l’oggetto stesso che connota la società, il cui
   carattere fondamentale è l’antagonismo tra totalità e individui. Questa disgregazione è
   anche parallelamente, però, la forma della riconciliazione le cui risorse si annidano
   proprio nel sistema dei bisogni. 10. Riferendo il discorso all’istituzione mercato, essa
   lungi dal presentarsi come una forza meramente corrosiva delle relazioni sociali, assume
   a luogo della riconciliazione fra struttura della società e azione individuale. Dunque, è
   nella società del mercato, dove le relazioni economiche inglobano quelle sociali, che si
   giocano i destini della democrazia.

          Come per uno scherzo della storia, il veicolo di alienazione individuato da Marx: il
   feticcio della merce, si è dimostrato nei fatti il principale collante dell’umanità. Alla
   prova della storia, un’analisi dello sviluppo sociale fondata sulla sostanzialità della
   coscienza umana, ovvero su una separazione metodologica fra mente e materia, ci ha
   consegnato una teoria del mondo nella quale i suoi effetti postulati erano in realtà le
   cause del modo di funzionare della società. In questo senso, i movimenti dei
   consumatori critici e delle economie solidali rappresentano una forma di riconciliazione
   tra natura separata delle relazioni sociali di mercato e riconoscimento di questa sfera
   come cruciale per ripensare forme nuove di solidarietà, democrazia e dinamiche di
   sviluppo economico.




4. Il consumo come terreno di ridefinizione della domanda sociale




   9
       S. Zizek, In difesa delle cause perse, Adriano Salani Editore, Milano, 2009.
   10
        Ibidem.
Tra i fenomeni che hanno caratterizzato l’economia capitalistica nell’ultimo mezzo
secolo, il consumismo è uno dei più significativi. Il consumo di massa ha
omogeneizzato la struttura sociale dei paesi sviluppati, ed in piena globalizzazione sta
avvicinando organizzazioni sociali per secoli caratterizzate da profonde differenze di
natura economica, culturale e politica. Ad esempio, se la Cina è oggi “vicina”, lo si deve
più all’instaurarsi di un mercato globale che all’utopia di una lunga marcia di
avvicinamento alla rivoluzione mondiale. Con tutta probabilità, mai la Cina e
l’Occidente hanno condiviso nella storia una comunanza della vita sociale simile a
quella odierna e ciò è avvenuto quando lo scambio dei prodotti e dei servizi tra le due
aree del mondo ha potuto dispiegarsi sui canali comunicativi aperti dal mercato e dalla
condivisione mass mediale di informazioni e conoscenze. Come sottolineava
Mcluhan11: “qualsiasi comunità che voglia accelerare ed aumentare lo scambio di
prodotti e servizi deve assolutamente omogeneizzare la sua vita sociale”.

       Da questo punto di vista il consumo ha rappresentato un poderoso veicolo di
omogeneizzazione sociale che ha imposto registri comunicativi comuni ad aree
geografiche secolarmente separate e isolate. L’esplosione delle vie di comunicazione,
dalla ferrovia all’aeroplano, fino al sistema viario autostradale, accompagnate allo
sviluppo dei media, dal telegrafo ad Internet, hanno consentito la crescita e lo sviluppo
costante degli scambi e con esso di modelli culturali comuni che il linguaggio e la
comunicazione dei consumi hanno reso sempre più omogenei.

       Da un punto di vista sociologico, questo filone di analisi assume intuizioni
durkheimiane, in particolare che la produzione della cultura avvenga attraverso
rappresentazioni simboliche (esternazioni di significato) generate da un meccanismo di
continuità fra religione, ideologia e organizzazione sociale del senso. Ciò determina un
impatto sulla distribuzione dei significati e delle forme significanti tra le persone,
trasformando i loro modelli di relazione 12. Si esplicita una connessione inscindibile tra
processi di formazione culturale e struttura sociale, in modo tale che almeno in parte, un
sistema sociale sia creato e ricreato per mezzo del flusso culturale interno alla sua
popolazione. La partecipazione a questo flusso implica che le persone contribuendo a
crearlo, vengano contestualmente da questo formate in quanto individui e soggetti
sociali. L’interazione continua fra struttura sociale e dimensione culturale fa si che la
prima incanali il flusso della seconda. Questo processo assume in parte le caratteristiche
di una produzione culturale. Porre l’accento sui processi distributivi della cultura

11
     M. Mcluhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano, 1966.
12
     U. Hannerz, La complessità culturale, il Mulino, Bologna, 2001.
significa definirla come organizzazione della diversità, non solo in funzione della
variabilità biologica umana, ma soprattutto concentrandosi sugli aspetti più espliciti
dell’interazione sociale, ovvero in riferimento al continuo processo di scambio e
confronto fra i significati fatti propri individualmente e quelli desunti dall’assunzione
delle posizioni altrui.

       Tale ragionamento muove da un’ottica operativa interazionista, nella quale le
persone danno corpo alle strutture sociali e ai loro significati attraverso contatti
reciproci. Grazie all’accumularsi di queste attività le società e le culture emergono e
acquistano coerenza. All’interno dello scenario interpretativo delineato, la società dei
consumi può essere rappresentata come un gigantesco contenitore di significati culturali
che informano le relazioni e i comportamenti di individui e gruppi. Ognuno è
sovraccaricato da stimoli culturali e ad ogni livello dell’esistenza. Sentimenti, stili di
vita, forme di impegno collettivo, ritiri privatistici rispondono a precise scelte insite
nella dialettica tra natura sociale e immaginario. La società mediale dei consumi
costretta a “giocare” sul terreno della produzione sociale degli immaginari, aspetto
cruciale nel moderno funzionamento economico, da forma al campo delle cosiddette
“economie finzionali” 13.

       Il simbolo e il simbolico, trasformati in immagini e immaginario, sono diventati la
componente specificatamente estetica che contribuisce al buon funzionamento
dell’attuale economia. In questo meccanismo, se si vuole paradossale, da un lato
assistiamo alla creazione di una psiche sociale astratta, asservita alle logiche di
riproduzione economica: il consumo come fonte di valorizzazione. Dall’altro, invece,
permangono e vengono amplificati, dal crescente utilizzo culturale dell’economia, spazi
di exit sistemiche e narrazioni alternative della realtà sociale che aprono territori di
azione potenzialmente liberata. L’idea di consumo critico, pur se iscritta dentro tale
dinamica, apre nuovi spiragli di analisi, ponendo in termini critici, di critica
all’esistente, la formazione di nuove domande sociali che possono diventare anche
nuove immagini del mondo.

       Se la società individualizzata presenta forme di critica della domanda sociale e
riscopre l’importanza delle produzioni locali e delle filiere cortissime, lo deve alla
presenza di una ricchezza diffusa e a una base di consumi ampia e affluente. 14. In altri
termini, non esiste libertà senza consumi. Il consumismo, proprio perché aumenta a


13
     F. Carmagnola, Il consumo delle immagini, Mondadori, Milano, 2006.
14
     G. Lipovetsky, Una felicità paradossale. Sulla società dell’iperconsumo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2007.
dismisura le possibilità di scelta dell'individuo, costruisce consumatori più attenti e
   critici, che prima di comprare riflettono, valutano, s'informano, trasformando tali
   comportamenti in potenziale politico.




5. Il territorio verso la consapevolezza e la responsabilità del DES-Distretto di
   Economia Solidale.

      Se l’omogeneizzazione è la premessa culturale dell’attuale modello socio-
   economico, di società e del profilo individuale tipo del consumatore medio, i modelli
   nuovi, ed in particolare, quelli che si ispirano alle economie solidali sembrano
   sovvertire questa premessa culturale a favore di un individuo consapevole dei propri
   stili di vita e di consumo critico, responsabile delle proprie scelte che sono allineate ai
   propri drivers dominanti e non guidati da una dinamica conformista, e che, per la sua
   autonomia psico-culturale riscatta la propria piena cittadinanza.

      Le esperienze territoriale condotte ci dimostrano che questa dinamica individuale è
   già in corso anche sul piano collettivo ed in forme che, via via, strutturano la propria
   forma organizzativa. Il coaching territoriale in questi contesti può favorire una maggiore
   consapevolezza dei focus e chiarezza degli obiettivi condivisi che consente una
   transizione più veloce, più efficace e sostenibile dal modello attuale a quello basato sui
   principi e sui valori delle economie solidali, almeno a livello territoriale, appunto.

      Quando i GAS ed le aziende di un territorio cominciano ad interagire in maniera
   ricorrente e cominciano a farsi avanti termini come DES, ri-territorializzazione delle
   filiere, incontro tra domanda ed offerta aggregate etc… per le economie solidali è
   sicuramente giunto il momento della verità. Quando sono visibili i livelli di una massa
   critica che consentono almeno ad alcuni produttori di poter ragionare su un’eventuale
   riconversione della propria produzione o addirittura per trasmigrare da un approccio
   competitivo ad uno collaborativo, vuol dire che ci sono alcune delle condizioni
   essenziali per l’avvio del DES. Nelle varie esperienze italiane di DES, caratterizzati da
   un approccio dal basso e da una strategia di rete, sono riconoscibili molte pratiche
   promettenti ed altre che stanno già ottenendo risultati significativi. In entrambi i casi ci
   sembra di poter affermare che la funzione di facilitazione della rete sia una variabile
   determinante per sintonizzare mondi spesso paralleli, ma che fin qui sono stati abituati a
   lavorare in modi diversi, senza cercarsi e senza tantomeno ipotizzare un approccio
   sistemico. Pensiamo ad esempio al metodo di lavoro tipico della pubblica
amministrazione, che cosi raramente si percepisce come “privato sociale”, o ai
produttori agricoli, disillusi dalle esperienze cooperativistiche ed associative ed in balia
del rapporto impari con la GDO, per non parlare dei consumatori, volutamente resi
disinformati, spesso incapaci di distinguere e di intraprendere azioni collettive.

   Anche quando ci sono le condizioni per un DES, quindi, visto il background dei vari
soggetti territoriali, non è detto che questo prenda territorialmente avvio in maniera
automatica. E’ cosa ben nota, a tal proposito, nel mondo delle economie solidali e non
solo, quanto sia fondamentale una funzione di aggregazione dei soggetti per la
costituzione di una rete territoriale ed il conseguente lavoro di manutenzione della rete
stessa.

In genere queste funzioni di facilitazione assolvono il compito di:

         Far conoscere le persone
         Creare piccoli database
         Facilitare i flussi informativi, incentivandoli e predisponendo appositi strumenti
   (mailing list, piattaforme, wiki,
         Facilitare incontri in presenza, senza condizionare il processo decisionale
         Organizzare gruppi di lavoro, una volta rilevato un interesse comune o una
   strategia condivisa
         Favorire la memoria storica dei processi anche attraverso la redazione di
   specifici resoconti dei vari incontri territoriali.


   Queste funzioni sono essenziali per promuovere e sostenere l’apprendimento
territoriale, ovvero l’insieme delle relazioni che intercorrono tra processi di
apprendimento, grado di maturazione del ruolo di cittadinanza attiva della popolazione e
risultanze in termini di progettualità per lo sviluppo socio economico del territorio di
appartenenza. In altri termini l’apprendimento diffuso territorialmente, la propensione al
cambiamento ed una nuova idea di “sviluppo” locale vuole far focalizzare l’attenzione
degli stakeholder territoriali su domande del tipo: Quali elementi del capitale sociale di
quel territorio rappresentano i prerequisiti dello sviluppo locale? Quale ruolo hanno
l’istruzione e la formazione per la generazione di un “tessuto connettivo” su cui possa
crescere e prosperare una società? Quali azioni formative occorrerebbe avviare affinché
le persone possano facilitare e supportare le dinamiche di sviluppo?
L’apprendimento territoriale15 riguarda, quindi, l’individuo, le comunità di
   appartenenza e il genius loci del territorio. I temi che caratterizzano le attività di
   riflessione e ricerca sono la cittadinanza competente e la partecipazione ai processi
   decisionali, nella dimensione sia soggettiva sia oggettiva. Indagare sul come apprendere
   un territorio può aiutare a comprendere le modalità con cui interpretare creativamente
   un “territorio” per la formazione alla cittadinanza, all’appartenenza, all’educazione e
   alla felicità pubblica, all’attorialità al posto dell’attesa passiva, del lamento, della
   recriminazione.

          In questo caso dei DES nel contesto marchigiano, caratterizzato da una dimensione
   piccola che favorisce le connessioni relazioni, stiamo immaginando funzioni ulteriori a
   quelle della messa in rete e relative alla sviluppo delle potenzialità del territorio e/o
   delle relazioni tra i vari soggetti che vi operano.

          Al tal proposito può essere utile introdurre alcuni elementi base del coaching.




6. Dal business team coaching al coaching territoriale

          La federazione internazionale16 definisce il coaching come una partnership con i
   clienti che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ispirandoli a
   massimizzare il proprio potenziale personale e professionale.

          Grazie all’attività svolta dal coach, i clienti sono in grado di apprendere ed elaborare
   le tecniche e le strategie di azione che permetteranno loro di migliorare sia le
   performance che la qualità della propria vita.

          Il coach sostanzialmente è un professionista che ascolta, fa domande potenti,
   rispecchia, osserva, offre feedback attivi, propone strumenti ai suoi clienti.

          Il Ruolo del Coach

          Le caratteristiche ad elevate prestazioni esistono sia per gli individui, sia per i team,
   sia per le comunità locali. E’ compito del coach identificare i gap tra l’attuale posizione
   del team e quella nella quale si dovrebbe trovare. Un coach diventa partner del team per
   costruire ed attraversare il ponte che colma queste lacune.


   15
        S.Dini, opera citata
   16
         Cfr. http://www.icf-italia.org/fic/?p=62
Durante il viaggio del team17, il coach:

 Promuove un ambiente sicuro per la comunicazione aperta.

 Riconosce gli stili, le esigenze e gli impegni individuali che condizionano la dinamica
    del team.

 Usa valutazioni (es. PCSI®) per sviluppare una comprensione comune degli stili e delle
    preferenze comunicative dei membri del team.

 Riconosce attraverso l’intuito questioni e sensazioni vaghe che il team espone.

 Sfida il team dicendogli la verità basata sulla scoperta e sull’osservazione.

 Sviluppa i leader dei HIT18. Il coach presta molta attenzione ai comportamenti, alle
    azioni ed alle parole dei leader. In questo ruolo, il coach potrà modellare il coaching per
    i leader che in quel momento stanno plasmando le competenze dei propri team o
    comunità di appartenenza (ad es. il proprio GAS, amministrazione, realtà aziendale).

 Massimizza il potere dell’approvazione, del riconoscimento e della gratificazione nei
    confronti sia dei singoli sia dei team.

 Invita il team a stabilire delle normative per le gratificazioni e per i riconoscimenti che
    si basino sui desideri e sui comportamenti del team e non dei singoli. Incoraggerà la
    gratificazione tra pari e non, dal leader ad ogni membro del team.

 Dà il potere di fornire le proprie risposte e queste saranno in linea con gli obiettivi
    condivisi a livello territoriale e/o comunitario.

 Si focalizzerà sull’effetto che avranno il design e l’implementazione di iniziative a
    favore del cambiamento sulle persone, sulle strutture e sulle procedure. Valuterà anche
    quali strategie adottare per incrementare la capacità del team ad affrontare i
    cambiamenti.

    Esiste una distinzione tra il ruolo del coach e quello del consulente nel facilitare lo
    sviluppo dello sponsorship, nell’incrementare la dedizione dei titolari di quote di
    partecipazione e nel migliorare la comunicazione. Nello specifico, un coach
    contribuisce nel seguente modo:
    17
        Usiamo il termine team in senso esteso, quindi anche per intendere i vari opinion leader di un territorio che non hanno
    un alto livello o frequenza di attività in presenza, e che non collaborano necessariamente all’interno della stessa
    organizzazione, ma che si riconoscono responsabilità individuali e collettive, che condividono una chiara visione del
    territorio, una missione specifica ed una forte dedizione, e tendono a coordinare le proprie azioni territoriali.
    A tal proposito si veda il modulo di “Team Coaching” del corso Corporate Coaching di Corporate Coach U Italia e
    riferimenti al capitolo 8 “Team territoriale”
    18
       Cfr. High Initiative Team: Gruppo energico di persone dedite al raggiungimento di obiettivi comuni superando ostacoli
    e sfide con determinazione ed ottenendo dei risultati di successo. I membri del team si sostengono l’un l’altro per
    superare gli ostacoli.
Coach vs. Consulente

 Un coach ha appreso le abilità del coaching, ovviamente, e dei rapporti interpersonali
   (es. ascoltare, discernere, condividere, creare distinzioni, trasmettere messaggi, fare
   richieste, management, favorire shift e focalizzare sui risultati del cliente), mentre un
   consulente ha appreso abilità maggiormente inerenti l’ambito tecnico.
 Un coach si focalizza sull’ottenimento del successo da parte del cliente, mentre un
   consulente considera anche i propri interessi.
 Un coach fornisce al cliente il potere di trovare delle risposte mentre un consulente le
   fornisce di persona.
 Un coach si concentra su CHI mentre un consulente si concentra sul TASK.
 Un coach rappresenta un link vitale tra il team esecutivo del cliente ed un team con
   grande iniziativa per assicurare un cambiamento di successo, mentre il consulente si
   focalizza sul TASK.
 Un coach ha un ruolo esclusivo nella creazione e nel sostenimento di team ad elevata
   iniziativa, mentre un consulente si concentra esclusivamente sul lavoro del team.
   Le credenze sono il filtro attraverso il quale interpretiamo noi stessi ed il mondo che ci
   circonda. Sono le mappe che ci guidano e che influenzano il nostro modo di essere e di
   agire. Sono il frutto delle nostre esperienze, dell’ambiente in cui siamo nati e del
   territorio in cui siamo cresciuti.

       L’approccio di coaching può aiutarci a verificarle, a metterle in discussione ed,
   eventualmente, a svelarne gli elementi di crisi per favorirne un maggiore allineamento
   ai nostri valori ed ai nostri principi. Di seguito le principali differenze tra l’approccio
   del coach e quello del facilitatore:



                        COACH                                   FACILITATORE
     E’ focalizzato sulla persona                   Focalizzato sul processo
     Supporta il team a dare e ricevere feedback    Aiuta il team a fornirsi feedback reciproco

     E’ nel team o comunque impegnato con il team   Distaccato dal team

     Condivide il processo di apprendimento         Gestisce il processo di apprendimento

     Fornisce supporto intellettuale emozionale e   Catalizzatore – rimane distaccato
     operativo nel corso del cambiamento
     Reagente – apprende o cambia attraverso il     Dialogo diretto – la struttura del dialogo emerge
     processo                                       dalle osservazioni del facilitatore
     Dialoga apertamente                            Comprende le dinamiche del team
     Lavora nelle dinamiche del team                Concorda sulla direzione sul metodo
     Raggiunge risultati individuali e di gruppo.   Facilita il raggiungimento degli obiettivi del
                                                    gruppo
I percorsi di coaching sono veri e propri programmi individuali di allenamento
finalizzati a migliorare l’efficacia di performance19. Più frequentemente sono
percorsi destinati ai manager delle nostre organizzazioni e a coloro i quali ricoprono
ruoli chiave per i risultati dell’impresa. La filosofia di fondo di tali percorsi è quella di
potenziare il singolo, di favorire una sua spinta in sicurezza di sé (confidence boost) e di
autoconsapevolezza affinché la persona possa essere concretamente driver del proprio
processo       di sviluppo          competenze         (autoresponsabilizzazione) e della propria
employability.

     Nelle classiche organizzazioni profit, l’attesa nei confronti dei manager è che
assicurino i risultati di business in contesti di alta variabilità, bassa previsionalità,
spesso in presenza di vincoli di budget, tempo e risorse. Ciò che serve oggi alle
organizzazioni per vincere le sfide e ottenere il successo è che il management, gli
uomini e le donne in ruoli chiave creino commitment, ispirino le persone per motivarle,
costruiscano e consolidino nel tempo una rete di rapporti fondati sulla fiducia. In questo
quadro si sviluppa la domanda crescente di coaching da parte delle aziende a livello
planetario ed anche in Italia20.

     Tra le foucaultiane tecnologie del sé (τεχνή: arte, opera, lavoro) oggi utilizzate nel
mondo occidentale, ossia “le tecnologie che permettono agli individui di eseguire coi
propri mezzi o con l’aiuto degli altri un certo numero di operazioni sul proprio corpo e
sulla propria anima – dai pensieri, al comportamento, al modo di essere – e di realizzare
in tal modo una trasformazione di se stessi allo scopo di raggiungere uno stato
caratterizzato da felicità, purezza, saggezza, perfezione”, possiamo distinguere tra
coaching, counseling, mentoring, tutoring e psicoterapia. Le differenze riguardano
gli obiettivi e i bisogni, il ruolo degli attori, il setting e di conseguenza l’articolazione
dell’intervento.




19
   Tratto da “Le tecnologie del sé: il coaching per migliorare l’efficacia di performance e l’empowerment” di Silvana
Dini
     20
        Cfr. ICF Global Consumer Awareness Study. Condotto in modo del tutto indipendente da International Survey
Unit di PwC (sono state intervistate complessivamente 15.000 persone in 20 paesi di Africa, Asia, Europa, Nord America
e Sud America), anche in Italia l’indagine ha avuto un buon bacino di intervistati (750 persone dai 25 anni un su). Nel
nostro Paese, infatti, il 26% degli intervistati dichiara di avere una discreta conoscenza del professional/business
coaching (l’8% dichiara di avere una conoscenza “buona”) e di conoscere l’ICF e il suo ruolo istituzionale (5% lo
conosce molto bene; 22% lo conosce discretamente). Per approfondimenti www.coachfederation.org/works
7. Contributo distintivo del coaching

      Il processo di coaching è un percorso con e per il singolo nell’organizzazione21.

      Il perché e le motivazioni sono guidati classicamente dall’organizzazione che decide
di investire in modo mirato sui suoi collaboratori, il cosa è guidato dal coachee; muove
da ciò che la persona percepisce come esigenze, desideri, obiettivi nel contesto e nel
ruolo in cui opera; valorizza i diversi modi di apprendere, “sentire”, provare, rischiare;
valorizza l’unicità e le differenze di ciascuno.

      Nel processo di coaching cade il tabù secondo il quale prendersi cura di sé
(έπίμέλεσται έαυτόν), occuparsi delle proprie scelte, linee di azione, paure sia da
confinare nella solitudine della sfera privata, peraltro continuamente deprivata di tempo
e di energie da dedicarvi.

      Il metodo è strutturato di conseguenza: 1to1, carattere di confidenzialità, l’uso delle
domande, etc…




      Figura 1 Tratto da "Come diventare un coach professionista" di Life Coach Lab

      In particolare il processo di coaching supporta e facilita il cliente (detto anche
coachee)

                   nell’esplorare differenti letture delle situazioni e delle proprie risorse e
              bisogni
                   nell’attivare, mobilitare, valorizzare l’uso delle risorse migliori,
              riconoscendo le
                   emozioni alleate da quelle nemiche
                   nel progettare e realizzare le sue soluzioni
                   nel consentirne un uso più consapevole



21
     S. Dini, op. citata
Il processo di coaching usa e valorizza come palestra le sfide e gli “accidenti” di
ogni giorno e nel quotidiano facilita l’esplorazione di prospettive diverse, il
potenziamento della personale fiducia in sé, le possibilità di imparare dagli errori e di
percepire che il contesto può essere fonte di benessere e non subito.

   Nell’attività di coaching si realizza un rapporto di partnership con il coachee per:

    concentrare l’attenzione e non disperdere energie
    rendere chiari, consistenti ed allineati (alla situazione e alle possibilità del
      coachee) gli obiettivi
    definire le strategie, trovare o inventare con consapevole creatività le soluzioni, le
      azioni da intraprendere e i comportamenti da adottare
    aiutare a riconoscere le strategie da cambiare e modificare flessibilmente le azioni
      in corsa se la situazione lo richiede, valorizzando, capitalizzando i successi ma
      anche gli errori
    prendere decisioni, pianificare le azioni coerenti a realizzare i cambiamenti voluti



   Il processo di coaching è un percorso di allenamento (ad lena), il successo è una
maratona, non uno sprint, un processo non un evento; nel linguaggio degli ingegneri, è
la gestione di un progetto di sviluppo di se stessi; anche su questo aspetto il metodo è
articolato di conseguenza: scansione, durata degli incontri, il meccanismo delle review
dei piani di azione etc…

   Nell’attività di coaching il rapporto di partnership con il coachee promuove:

     l’utilizzazione dei feedback dei pari, dei collaboratori e dei capi
     l’esperienza di “mettersi in gioco”, di uscire dalla comfort zone
     l’ identificazione di continui nuovi fronti di miglioramento
     l’atteggiamento di alzare progressivamente lo standard della performance



    8. Il team coaching nel contesto territoriale e nella creazione dei DES-
        Distretti di Economia Solidale

   Lo svolgimento di dette funzioni, soprattutto se realizzate in maniera ricorrente da
determinate persone, presuppongo un team di lavoro specifico, assegnando veri e propri
ruoli, in questo caso di analisi, nella conduzione del processo di DES. In alcuni percorsi
locali li abbiamo chiamati comitati promotori, consigli distrettuali, forum gestionale,
tavolo, gruppo motore ….del DES!

   In generale possiamo riconoscere che, anche terminologicamente, queste esperienze,
dal punto di vista organizzativo, come detto, rappresentano il passaggio dall’esecuzione
di funzioni all’identificazione di ruoli, quindi affidati a determinate persone, mentre dal
punto di vista socio-politico presumono la volontà di organizzare efficacemente il
movimento di base fatto di esperienze autogenerate. Su questo crinale, ovvero sulla
capacità di organizzare il movimento delle economie solidali, rendendo sinergiche le
reti di pratiche e di competenze ed avviando significativi processi di DES, siamo
convinti si giochi parte rilevante che credibilità delle economie solidali nell’offrire un
modello socio-economico realmente alternativo e praticabile localmente.

Ciò che caratterizza un team, come accennato nel 6° capitolo, è:

     Interdipendenza: la dipendenza di un individuo da un altro per la
        realizzazione di compiti definiti non costituisce un team. Ma per diventare un
        team gli individui devono collaborare attivamente per gestire insieme il
        processo piuttosto che lasciarsi gestire da esso.
     Obiettivo comune: fine comune, direzione condivisa che ispiri il team. Gli
        obiettivi inviduali, quindi, sono bilanciati ed integrati nell’obiettivo comune
     Integrazione delle persone: il gruppo è molto di più della somma delle parti
     Responsabilizzazione collettiva: hanno tutti la stessa comprensione di cosa
        sarà il risultato del lavoro.
     Senso di appartenenza: pur non interagendo i membri devono avere una
        percezione collettiva della loro unità


   Siamo abituati a pensare il coaching per le squadre di football americane o per le
grandi multinazionali che hanno sempre molti soldi da spendere per migliorare le
performance. Ma cosa accadrebbe se le competenze tipiche di un coach fossero rivolte
agli opinion leader ed ai portatori di interesse del territorio? Se, invece che al CDA
aziendale o dal middle management di una corporation, il team di lavoro fosse
composto da gasisti, produttori e magari anche dai funzionari e dagli amministratori
degli enti locali?

   Oltre all’asimmetria informativa tra i vari soggetti, che abbiamo detto superabile già
con funzioni di facilitazione della rete, potremmo avere un’analisi critica condivisa tra i
suddetti soggetti dis-omogenei. E quindi è possibile chiarire la situazione di partenza
(ad es.: livelli e tipologie produttive, livello di rete tra i GAS ed i comitati mensa, livello
di sinergia tra le amministrazioni locali). Con strumenti come l’EASW 22 e l’OST
possiamo aiutare il territorio a definire scenari condivisi o desiderabili, e favorire una
partecipazione diretta dei soggetti nei processi di governance. Da anni gli scienziati ci
dicono, infatti, che l’autorganizzazione gioca un ruolo fondamentale nel funzionamento
dei sistemi fisici e chimici, gli scaffali delle nostre librerie continuano a riempirsi di
testi che raccontano di aziende che hanno costruito il proprio successo aprendo lo spazio
organizzativo all’iniziativa ed alla responsabilità dei propri dipendenti. Qui le funzioni
di coaching possono favorire l’innalzamento della consapevolezza rispetto agli obiettivi,
facendoli diventare, come si diceva, SMART, ed anche favorendo una più attenta
valutazione dei costi-benefici ed in particolare visualizzando chiaramente la situazione
desiderata.

     Provate a chiedere ad un produttore il livello di produzione ottimo per la sua
azienda: potrebbe indicarvi una quantità precisa di finocchi, in termini di quintali/anno,
di resa per ettaro e forse anche di prezzo finale che assicura un’adeguata remunerazione
dei fattori produttivi, persino costruendo un prezzo trasparente e, quindi, esplicitando il
valore aggiunto e la remunerazione dei vari fattori. Ma provate a verificare il suo livello
di assertività rispetto alla tipo di sistema produttivo in cui gli piacerebbe inserirsi,
sviluppando quali sinergie con gli altri soggetti produttivi, ed esplicitando quale livello
di responsabilità concreta rispetto a vari stakeholders territoriali?

     Il coaching, anziché guidare i partecipanti in un processo territoriale esercitando un
controllo sul gruppo, sui risultati e sul processo stesso, come fanno a volte le funzioni di
coordinamento al di là dello stile di leadership delle persone che svolgono questo ruolo,
lascia spazio alla passione, agli interessi ed alla responsabilità delle persone,
sviluppando le potenzialità dei partecipanti al processo e delle interazioni tra questi e,
soprattutto, credendo nella loro capacità di ottenere quello di cui hanno bisogno. Per
dirla con l’AIF23 “La formazione alla cittadinanza trae la sua essenza dalla


22
    L'European Awareness Scenario Workshop, noto anche con l'acronimo EASW, è un metodo nato
in Danimarca finalizzato alla ricerca di un accordo fra i diversi gruppi di portatori di interessi in ambito locale con
l'obiettivo del raggiungimento di una definizione consensuale di città sostenibile. Il campo d'applicazione originale è
quello dell'urbanistica partecipata ma in seguito il metodo è stato utilizzato in ambiti diversi, sviluppo locale, attivazione
di percorsi di cambiamento organizzativo e innovazione e ricerca. Nel 1994 anche la Commissione Europea ha attivato
un'iniziativa basata su questo metodo, chiamata TDSP ("Training and Dissemination Schemes Project"), che ha lo scopo
di esplorare nuove metodologie per favorire l'innovazione in ambito sociale attraverso la definizione di metodi più
efficaci di divulgazione di una serie di "best practices" in ambienti culturali e politici diversi e l'identificazione di
strumenti per la divulgazione del know-how correlato.
23
  Associazione Italiana Formatori: stralcio tratto da convegno nazionale del settore per l’apprendimento territoriale 13-
14 maggio 2011
valorizzazione della cultura dei luoghi quale elemento per il rafforzamento dei legami
esistenti tra l’ambiente economico, sociale e tecnologico in cui la persona vive.

     La sola coerenza pedagogica, che esuli dal contesto sociale della persona, non
fornisce risposte adeguate alle richieste individuali e collettive, né ai bisogni di
sviluppo economico e sociale dei differenti territori. L’elemento più importante del
processo educativo alla cittadinanza è la ricchezza culturale dei luoghi. La formazione
deve quindi riconoscere le contraddizioni sociali e i focolai d’incendio, affinché possa
divenire espressione stessa della realtà in rapida trasformazione.

     Un fattore comune è la corresponsabilità di tutti i cittadini di un territorio nella
realizzazione di livelli accettabili di qualità della vita e nello sviluppo di capacità
generatrici di felicità e lavoro”.

     In sintesi allora un approccio di coaching territoriale può aiutare i vari soggetti che
intendono avviare un processo di DES a:

1.    identificare il Focus ed a chiarire gli obiettivi, per avere una visione chiaramente
      condivisa e motivazioni all’azione forti e strutturate
2.    utilizzare gli strumenti migliori per il successo individuando, sintetizzando e
      condividendo le buone pratiche, scegliendo un mentore, sia esso un GAS o un
      produttore esperto che ci sostenga nel cambiamento
3.    allineare ed integrare i risultati, conquistando una nuova vocazione territoriale,
      alimentando nuovi settori e metodologie produttive, chiudendo filiere locali
      sostenibili
4.    identificare e riducire la distanza tra il punto A ed il punto B



         Chi apprende in un “ambiente d’apprendimento” autentico, si impegna in una
 molteplicità di attività differenti nel perseguimento di altrettanto molteplici obiettivi di
          apprendimento, con il formatore a svolgere il ruolo di allenatore (coach) e di
                                                                 facilitatore (Perkins,1991)



     9. Considerazioni finali e possibili ostacoli

La costruzione di sistemi esperti e di una fiducia sistemica, come si sa, non è
necessariamente un processo lineare. Siamo persuasi nel ritenere che questa finalità,
almeno a livello territoriale e tra gruppi di persone che hanno a cuore il proprio
territorio ed una chiara visione condivisa, sia perseguibile e sostenibile con un
approccio coaching oriented24.

Proprio perchè “non sia arriva al solidale da un unico sentiero, né da una strada
necessariamente condivisa, né, occorre dirlo, irreversibile o esclusiva”, è necessaria una
costruzione di senso negoziata a partire da una consapevolezza diffusa ed, in particolare,
basata su uno scenario condiviso. Su questo, nelle nostre esperienze dirette di coaching
territoriale25, abbiamo incontrato, in alcuni casi, la resistenza delle storie individuali a
percepirsi o a riconoscersi in percorsi collettivi o reticolari. Per poterci proporre
l’incontro tra culture e generazioni differenti è necessario sapere riconoscere i propri ed
altrui presupposti culturali per sapere individuare le proprie convinzioni, sia quando
limitanti, e quindi da sottoporre a revisione, sia per saperle distinguere all’interno di un
ventaglio di opzioni varie e tutte legittime. Un nuovo paradigma culturale si fa strada in
questi contesti territoriali così profilati:


         Vecchio paradigma                                              Nuovo paradigma
                   Crescita illimitata                                             Sostenibilità

                     Regole imposte                                               Valori interni

                           Paura                                                      Fiducia

                         Quantità                                                     Qualità

                          Eccessi                                            Quantità sufficiente

                      Insegnamento                                               Apprendimento

                      In/dipendenza                                             Interdipendenza

                         Successo                                                     Servizio

              Controllo della natura                                            Sistemi naturali



Volendo rendere prassi un nuovo panel di valori, in realtà non del tutto sconosciuto alle
penultime generazioni, si sente la necessità di allineare le pratiche e le azioni quotidiane
al sistema di convinzioni ecosol poggiato su un nuovo sistema di valori condivisi. Una
nuova visione chiara, condivisa, di lungo termine, che non prescinda dai diritti delle



     24
        Cfr. il caso di Life Coach Italy in allegato
25
  Si fa riferimento, in particolar modo, al coordinamento del progetto “Economie solidali nelle Marche: situazione
attuale e scenari evolutivi” e del progetto “Azioni verso il DES maceratese”
generazioni future e che identifichi l’ipotesi di sostenibilità come un’opportunità da
realizzare e non come un vincolo da eludere.

In questo movimento post ideologico i soggetti ecosol surfano tra i vari ambiti della
propria vita ed anche tra questi sentono la necessità di identificare e raggiungere un
maggior allineamento. Il driver che, ad esempio, istruiscono le scelte lavorative ed
aziendali, provengono spesso dalla sfera personale ed, in particolare, da quella degli
interessi, più che dalle regole macroeconomiche. Cosa c’è economicamente vantaggioso
nel lasciare piante secolari nel campo da arare, nella cura e nella passione per le attività
produttive che non siano immediatamente visibili all’acquirente e traducibili in maggior
valore monetario, o nell’aspettare pazientemente un socio ritardatario per la consegna
della spesa distribuita presso la sede del GAS? Faremmo inutile fatica se volessimo
cercare di quantificare questo valore al di fuori di una struttura motivazionale
fortemente basata sulla coincidenza tra interessi collettivi e personali, e quindi su quelle
si potrebbero contestualizzare come scelte politiche. Supportare i singoli, i GAS e le
aziende e le realtà simili nell’azione di districarsi tra interessi commerciali, privati,
individuali e collettivi nell’aspirazione congiunta di costruire e tutelare beni comuni è il
ruolo del coach, favorendo consapevolezza e responsabilità.

Visto che il coaching si propone come una professione eticamente orientata 26 e
profondamentamente basata sulla centralità della persona, sull’essere presenti qui ed
ora, sul risveglio delle potenzialità sopite, sul favorire l’autostima e la sicurezza
personale, traducendo in fatti valori come la libertà e la responsabilità, ci sembra
evidente che non possa sottrarsi dall’interazione con questi movimenti culturali ed
economici, almeno nel proprio contesto territoriale.




   26
        http://www.icf-italia.org/fic/?page_id=133
Allegato: Il Caso di Life Coach Italy nello sviluppo terriatoriale coaching
oriented


   Il Coaching come strumento innovativo di sostegno e sviluppo del network
territoriale:   il progetto   A.C.T.I.O.N.,      un caso    di successo     nella Pubblica
Amministrazione
   COACH: Giovanna Giuffredi, PCC (Professional certified Coach ICF), Psicologa
del lavoro, Life, Career e Business Coach, Responsabile scientifica di Life Coach Italy,
consulente senior del Cles s.r.l. e di organismi pubblici e privati.
   Life Coach Italy - Via Michelangelo Peroglio, 16 – Roma, 00144
   Email: giovannagiuffredi@lifecoachitaly.it - Website: www.lifecoachitaly.it


   SITUAZIONE:
   Il progetto     ACTION      (Azioni Comuni        sul   Territorio   per l’Innovazione,
l’Occupazione e il Network), finanziato dal F.S.E., art. 6 - Misure Innovative, ha avuto
l’obiettivo di definire una strategia locale per l’occupazione, sperimentando Azioni
Pilota. Capofila la Provincia di Campobasso, in partnership con il Cles s.r.l., Cosmo
Servizi e il Patto territoriale per il Matese, il progetto ha potuto contare su un
partenariato ricco e articolato di soggetti istituzionali sul territorio. Giovanna Giuffredi è
stata la Project Manager, Executive e Team Coach di Azioni Pilota.


   Focus: rendere il partenariato attivo e realizzare iniziative condivise e partecipate.
   Metodologia: azioni integrate, attraverso indagini preliminari, definizione di un
piano d’azione locale per l’occupazione, incontri assembleari, riunioni a piccoli gruppi,
sessioni di Team Coaching per gruppi omogenei, formazione, progettazione condivisa
di interventi, realizzazione di Azioni Pilota.
   Strumenti: sessioni di Team ed Executive Coaching, griglie di auto-analisi e di auto-
candidatura, materiali didattici e informativi.
   Punti deboli: resistenze culturali ad accettare inizialmente approcci e metodologie
nuove, rispetto alle prassi consolidate.
   Punti di forza: un terreno “vergine” su cui sperimentare azioni innovative


                                        INTERVENTO
   Nell’ambito del progetto ACTION, l’approccio Coaching oriented è stato un comune
denominatore, facendo riferimento al Diversity Management, un processo gestionale di
cambiamento, che ha lo scopo di valorizzare e utilizzare pienamente il contributo,
unico, che ciascun individuo/organizzazione può portare per il raggiungimento degli
obiettivi prefissati, e che contribuisce ad attrezzare al meglio l'organizzazione di fronte
alle sfide e ai cambiamenti da affrontare.
    Affrontare il tema della diversity a livello individuale e organizzativo ha significato
strutturare delle occasioni formative e di confronto, che hanno consentito alle persone
di avviare un processo di consapevolezza dei propri bisogni e necessità.
    Infine, per favorire la coerenza delle azioni progettate, in funzione della complessità
delle variabili, si é fatto riferimento al Project Cycle Management (PCM), un approccio
che opera nell’ambito di processi convergenti che tutelano la coerenza interna delle
azioni messe in essere. Si tratta di azioni multidirezionali, che tengono conto della
complessità. Il principale strumento di progettazione e gestione del contesto del PCM è
il Quadro Logico, che permette una rigorosa gestione del processo che, dai problemi da
risolvere, conduce all'identificazione di obiettivi e risultati e consente ai vari attori di
partecipare alla definizione di un itinerario trasparente, oltre che logico, utilizzando
concetti e linguaggi comuni. Le domande chiave della logica dell’intervento sono le
seguenti:
      Di che cosa c’è bisogno?
      Che cosa si vuole modificare?
      Come utilizzare le risorse disponibili?
      Perché le prassi ordinarie non hanno prodotto gli effetti desiderati?
      Che cosa manca per fare qui ed ora le cose possibili e desiderabili?


    Attraverso strategie di Team Coaching, gli stakeholders sono diventati protagonisti
di un’Azione Pilota di forte servizio e impatto sulla popolazione locale, definendo
MIssion e Vision:


Mission condivisa ha riguardato i seguenti aspetti:
 Ottimizzare le esperienze dei singoli partner
 Sperimentare nuove metodologia di lavoro in rete
 Consolidare la rete tra i sistemi della formazione, dell’istruzione, del lavoro e dei
    Centri per l’Impiego locali
 Sviluppare l’occupabilità sul territorio.


Vision condivisa ha individuato le seguenti azioni:
 Avvicinare i giovani al mondo del lavoro
 Rendere i giovani consapevoli delle loro potenzialità
 Valorizzare un processo locale sinergico per lo sviluppo economico locale
 Investire nella forza lavoro del domani: i giovani


                                                RISULTATI


   L’approccio Coaching oriented é da intendersi come un aspetto innovativo del
progetto che ha favorito una graduale consapevolezza delle potenzialità locali e la
condivisione di obiettivi e strategie comuni, attraverso il coinvolgimento attivo e
concertato dei numerosi e diversificati attori socio-economici del territorio di
riferimento provinciale (associazioni di categoria, sindacati, consorzi di sviluppo, Enti
Locali, enti di formazione ed istruzione, Università del Molise ecc.). Gli stessi,
fattivamente interessati nell’elaborazione del Piano locale per l’occupazione, hanno
condiviso l’analisi e la realizzazione di tutte le azioni sperimentali. L’impatto è stato
ampio e diffuso su tutto il partenariato coinvolto e sulla popolazione, in termini e di
ampliamento delle conoscenza delle opportunità e risorse offerte dal territorio e di
sviluppo dell’occupabilità locale. La sperimentazione di un nuovo modello di
applicazione per il sostegno e lo sviluppo di network territoriali, nell’ ambito di
interventi nella Pubblica Amministrazione, ha favorito la sostenibilità e la diffusione
degli interventi realizzati. E’ stata, infatti, posta una cura particolare alla trasmissione di
metodologie e strumenti, tale da consentire la realizzazione di successive edizioni di tali
iniziative. Il partenariato locale è divenuto il “motore del cambiamento” nell’ambito
della strategia locale per l’occupazione. A seguito di valutazione esterna, il Progetto è
stato inserito tra le Buone Prassi nell’ ambito dei progetti finanziati dalla Comunità
Europea.



   Presentazione breve dell’autore

Facilitatore di reti e di processi territoriali, da oltre 20 anni si occupa di facilitazione del cambiamento
attraverso la consulenza, la formazione e, recentemente, con il coaching.
Dopo la laurea in Economia e Commercio si è specializzato in Intercultura ed ha
conseguito il Master di 2° livello nella gestione dei servizi formativi.
Ha insegnato per 3 anni presso la Facoltà di Scienze Politiche di Macerata su
temi quali: la responsabilità sociale d’impresa, le economie sostenibili e solidali,
i nuovi modelli di sviluppo territoriale e d’impresa.
Dal 2010 è iscritto all’albo dei valutatori sociali di Banca Popolare Etica. Ha
collaborato come freelance con enti locali, ONG, organizzazioni del terzo
settore e reti aziendali, anche a livello internazionale.
E’ socio dell’International Coach Federation dal 2009 e dal 2010 è titolare della
ditta Fair Coach. Attualmente è team coach in progetti di ricerca con le 4
Università marchigiane e di sviluppo territoriale con la Provincia di Macerata.
E’ coautore de “Il capitale delle relazioni”, ediz. Altreconomia ed “aDESso. Economie solidali e cittadini
consapevoli”, ediz. Cattedrale.

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Coaching Territoriale

  • 1. 2011 Dalla manutenzione della rete al coaching territoriale Toni Montevidoni Tesina per CCU Italia 30/07/2011
  • 2. La separazione delle discipline rende incapaci di cogliere "ciò che è tessuto insieme", cioè, secondo il significato originario del termine, il complesso. Edgar Morin Toni Montevidoni info@tonimontevidoni.com 1. Premessa Da molte parti della cosiddetta società civile è espressa, seppur con forme, modalità e livelli di maturità e consapevolezza diverse, la forte esigenza per un modello socio- economico che affronti diversamente la produzione e la distribuzione di beni e servizi, ripartendo da una riformulazione delle stesse premesse politico culturali dell’idea stessa dell’economia. Da diversi decenni assistiamo, infatti, non solo ad un’analisi fortemente critica dell’attuale sistema neoliberista e capitalista, ma anche all’espressione via via sempre più organizzata di forme “altre” di economia e di società basate su principi di solidarietà, civismo, mutualismo. Dalle pratiche a forte impronta simbolica dei boicottaggi tipici degli anni ’80, e che individuavano già le forti distorsioni di un sistema economico che svuotava dall’interno il sistema politico basato sulla rappresentanza elettiva, siamo passati alla costruzione di vere e proprie filiere “altre”, come quelle del commercio equo e solidale, che hanno trovato il modo di consolidarsi, di certificarsi e di inserirsi nell’attuale sistema distributivo della grande distribuzione organizzata, fino alle pratiche di consumatori (GAS- Gruppi di Acquisto Solidale), dei Comuni, e delle reti locali di economia solidale1 che hanno persino messo in discussione i dogmi stessi della produzione, dello scambio e della distribuzione tipici di questo sistema. A fronte di un aumento quantitativo di queste pratiche alternative e parallelamente del salto di livello che questi soggetti dell’“altraeconomia” stanno compiendo saldando le esperienze locali prima in reti e gradualmente in reti di reti, si pone inevitabilmente un problema di governance dei processi e di conseguente gestione della fase di transizione dal sistema attuale a quello che si praticando e, contestualmente, di cui si sta 1 Si fa riferimento particolarmente alla RES -Rete dell’Economia Solidale- nazionale www.retecosol.org ed alla REES Marche www.reesmarche.org , ovvero a strutture organizzative più o meno formalizzate che aggregano consumatori critici, imprese che operano in modo eticamente orientato e amministrazioni locali virtuose.
  • 3. tentando una modellizzazione teorica. L’ipotesi di questo breve lavoro è che il coaching, favorendo consapevolezza e responsabilità, possa facilitare alcuni di questi processi di transizione sostenendo i soggetti attivi nei vari territori ed attraverso i quali questa transizione sta prendendo corpo. In particolare crediamo che una particolare forma di coaching che definiamo territoriale, rivolta agli opinion leader di questi territori e di questi movimenti, possa favorire la nascita dei DES-Distretti di Economia Solidale- e quindi di modelli di governance e produttivi sostenibili ed eticamente orientati. 2. Introduzione Il contesto culturale italiano ed in particolare quello marchigiano in cui questo processo di transizione si concretizza non è caratterizzato mediamente da una forte propensione all’approccio cooperativo, da una diffusione delle tecniche e delle metodologie del lavoro di ed in rete. Anzi sembra non particolarmente capace di sganciarsi da un approccio fortemente competitivo, individualistico, in cui la modalità win win è raramente ricercata per la negoziazione dei conflitti e, più in generale, sono scarse le competenze relative alla facilitazione dei processi aggregativi, per non parlare della diffusione della metodologia del coaching, in larga parte completamente assente. Questa situazione, nel confronto tra i vari livelli di diversità e di frammentazione della società, spesso ripropone un modello basato sulla dicotomia identità-alterità. Ovvero a livello delle organizzazioni sociali, anche quando rappresentative della società civile, ed anche quando ci si pone onestamente l’intenzione di lavorare in rete per favorire la sinergia tra i soggetti e la maggiore consapevolezza dei processi, ci si scontra con una sostanziale incapacità di vedere la propria identità di origine in maniera prospettica ed evolutiva, e la si immagina in contrapposizione a tutto ciò da cui per qualche motivo si discosta. Il risultato, almeno apparentemente, è che si percepisce l’identità individuale o collettiva al pari di una propria zona di comfort in cui rifugiarsi e da difendere da tutto quello che, fosse anche solo per gli stili linguistici o cognitivi, per i diversi stili di leadership o i modelli organizzativi o di management, appare come di altra impronta. Ne deriva anche solo empiricamente che di fronte anche alla consapevolezza della necessità di lavorare in rete e, quindi, della volontà di farlo, si possa reagire al confronto con atteggiamenti di resistenza al cambiamento. Da qui spesso dobbiamo spesso registrare come, anche nelle organizzazioni e nei movimenti
  • 4. che ricercano il cambiamento del sistema socio-economico e finanche del paradigma di società, ci sia il rischio di un forte disallineamento tra i propri principi e finalità generali ed i propri atteggiamenti verso l’innovazione ed i propri comportamenti quotidiani. In questo senso la ricerca di un allineamento tra principi e comportamenti non solo a livello individuale e collettivo, ma anche tra gli organismi che vogliono lavorare in rete per poter incidere anche sul sistema socio-economico locale, è di per sé un cambio di paradigma che può sostenere la transizione attraverso una piena consapevolezza ed una forte responsabilità dei soggetti individuali. Per rimuovere gli ostacoli all’implementazione del nuovo paradigma è necessario, analogamente, un glossario condiviso e dei chiari ruoli di facilitazione. Per glossario condiviso, in particolare, faccio riferimento all’obiettivo di evitare di usare gli stessi termini per significati diametralmente opposti. Più in generale alla necessità di ridefinire i valori ed i comportamenti di riferimento, fare sensemaking, chiarire i “drive” della cultura guida in cui vogliamo riconoscerci e che dovrebbe sottostare agli stessi progetti federatori e, quindi, alla premessa stessa dell’agire collettivo ed in rete. Rispetto a tutto questo è proposito di questo lavoro soprattutto il ruolo del coach soprattuto riguardo alla rimozione delle convinzioni ostacolanti, degli alibi, dei disallineamenti individuali, delle singole organizzazioni e interorganizzativi. Conoscendo le varie specializzazioni di questa metodologia (team, corporate, personal, executive coaching....solo per citarne alcune) ci appare un esercizio interessante anche quello di verificare questi specifici approcci e le varie e possibili fasi aggregative delle reti. 3. Le basi teoriche di un altro modello socio-economico2 Polanyi considera l’economia come un processo istituzionalizzato di interazione tra l’uomo e il suo ambiente, che da vita a un continuo flusso di mezzi materiali per il soddisfacimento dei bisogni. Contestualmente, nell’organizzazione del mercato capitalistico, egli individua una contraddizione di fondo, un conflitto insanabile tra mercato e società. L’economia strutturandosi sulla base del mercato autoregolato, dunque sulla mercificazione delle risorse sociali, si è separata radicalmente dalle altre istituzioni e ha costretto il resto della società a funzionare secondo le leggi della sua 2 Francesco Orazi, aDESso. Economie solidali e cittadini consapevoli (a cura di ), Cattedrale, Ancona, 2011
  • 5. specifica organizzazione. In altri termini, se da un lato la società si trasforma in componente accessoria del mercato, dall’altro sviluppa processi di difesa che diventano di ostacolo allo sviluppo capitalistico, esponendolo a meccanismi critici. La tensione tra democrazia e mercato è uno di questi. Tracciato il quadro interpretativo, abbiamo ora la possibilità di leggere le diverse forme economiche in base alle loro caratteristiche socio-istituzionali e regolative. In tal senso, un’economia regolata dal mercato e dalla mano invisibile smithiana si fonda sul perseguimento egoistico di utilità (profitto individuale); l’economia centralizzata socialista, invece, si fonda su un presupposto re-distributivo il cui obiettivo è la perequazione sociale delle risorse di sistema; un sistema di reciprocità (a es. economie informali), a sua volta, si fonda su convenzioni istituzionali in base alle quali prestazione e controprestazione (scambio) possono realizzarsi in una dilazione temporale più o meno lunga 3. Parlare di “altra economia” o di economia solidale significa, allora, ricondurre il processo allocativo delle risorse ad un meccanismo istituzionale di regolazione il cui obiettivo è l’utilità sociale dello scambio (solidarietà economica) in un contesto non centralizzato dei fattori, ovvero di mantenimento della libera proprietà e della libera iniziativa individuale. Se scagliamo a terra un uovo, lo stesso si rompe disperdendo il suo contenuto. Gli economisti standard attenderebbero, invece, la sua ricomposizione in un tempo definito, come se esistesse un “mago divino” in grado di far funzionare la vita con una funzione di rewind. Ma il pensiero economico non è rimasto fermo. E’ stato Schumpeter 4 a dimostrare che tutte le curve di offerta di lungo periodo risultano irreversibili a causa della natura ortogenetica delle innovazioni 5, così come i cambiamenti dei gusti in quanto prodotti dell’apprendimento. Lungo questa prospettiva critica, l’analisi che informa il lavoro ha l’obiettivo di evidenziare quanto le attività socio-economiche necessitino di essere studiate attraverso approcci che ne mettano in luce la natura di sistemi complessi, dove cioè i fenomeni di struttura sono produttori degli elementi e delle relazioni che li caratterizzano e da questi a loro volta ricorsivamente prodotti. Nella teoria dei sistemi il comportamento economico ottimale non è determinato dalla massimizzazione degli atteggiamenti 3 Sull’argomento si veda E. Mingione, Economia e economia informale, in “Sociologia del lavoro”, n. 113, 2009. 4 J.A. Schumpeter, Teoria dello sviluppo economico, Sansoni, Firenze, 1971. 5 L'ortogenesi è un termine che indica, in biologia, un'evoluzione rettilinea, caratterizzata cioè dallo sviluppo, in modo continuo o senza deviazioni, di un dato organo o carattere; è altresì così chiamato il ramo della medicina costituzionalistica che si occupa dei fenomeni e dei problemi relativi allo sviluppo fisico e psichico dell'uomo dalla vita intrauterina fino alla maturità.
  • 6. competitivi, quanto da una congiunta opera di atteggiamenti competitivi e cooperativi6. Su questo fronte, Hirsch7 sottolineava che il bisogno di affermazione sociale, innescando il meccanismo della competizione posizionale (tutti cercano di avere crescente successo e promozioni), frustra le ambizioni degli attori individuali e collettivi, dando luogo a un crescente processo emulativo stagnante. Nell'ambito della teoria sistemica questo è l'effetto della retroazione positiva, quella che accresce la dinamica dei sistemi instabili fino alla loro totale dissipazione. Il modello di sviluppo basato sul dogma della crescita determina conseguenze sistemiche sul piano delle ineguaglianze sociali e dei danni ecologici che in larga misura non sono prevedibili, pur ripercuotendosi su coloro che li hanno prodotti. In tal senso, politica, economia e cultura si presentano come dimensioni interrelate, la cui ottimale regolazione è fondamentale per ripensare un modello di sviluppo adeguato a rispondere alle problematicità insite nelle dinamiche della modernizzazione. Il discorso accennato ha profonde ripercussioni politiche. Democrazia e sviluppo sono elementi reciprocamente indispensabili. Lo sviluppo non si limita più alla sola ricerca di configurazioni tecniche per la produzione e la distribuzione della ricchezza. Entrano in gioco fattori ben più rilevanti. L’impatto antropico sulla sostenibilità del pianeta, il diritto al consumo consapevole, la possibilità di disarticolare le filiere distributive in nuove forme organizzative di tipo solidale e a base locale, il diritto alla disintermediazione energetica, pongono una nuova idea di democrazia e di economia. La partecipazione, la fiducia e la collaborazione diventano fattori indispensabili per la vita pubblica di ogni contesto sociale e politico. L’allargamento della sfera decisionale diviene un obiettivo la cui funzione è stimolare una mobilitazione sociale degli individui necessaria a dare linfa sia ai processi democratici che a quelli economici, dunque ad incidere positivamente sulla modernizzazione dei contesti locali di sviluppo. Da un punto di vista teorico le economie solidali agiscono in un campo ideale nel quale il capitalismo, pur se posto a critica, rimane lo sfondo dell'evoluzione storica. Sotto questo profilo il mercato si configura come la più imponente istituzione sociale mai costruita. La stessa ha aggregato, col meccanismo della solidarietà senza consenso 8 (riconoscimento sociale nell’azione collettiva), il più elevato numero di individui che la storia ricordi, producendo una moltitudine coesa attorno a scenari simbolico-rituali e a pratiche di azione piuttosto libere. Da un punto di vista politico, la strategia delle 6 N. Georgescu-Roegen, Bioeconomia, Bollati Boringhieri, Torino, 2003. 7 F. Hirsch, I limiti sociali allo sviluppo, Bompiani, Milano, 2001. 8 E. Durkheim, La divisione del lavoro sociale, Edizioni di Comunità, Milano, 1962.
  • 7. economie solidali è da un lato sottrattiva: si ricavano uno spazio autonomo nella generalità del mercato, e come terreno di ridefinizione della domanda sociale. Nella dimensione economica è possibile rintracciare il punto di ricongiungimento tra azione individuale e istanze collettive, un’ipotesi, paradossalmente, esterna sia al pensiero filosofico che a quello sociologico di stampo marxiano. A riguardo, si pensi all’analisi adorniana del carattere antagonistico della società. Lo scarto fra le due nozioni di società proposte dalla sociologia, quella nominalistico-individualista e quella strutturale-organicistica, assume il carattere di antinomia non risolvibile con una più alta sintesi dialettica. Ciò relega la società ad un’inaccessibile “cosa in sè”. Una lettura filosofica alternativa 9, trova, invece, in questa condizione estrema di non comprensibilità, l’oggetto stesso che connota la società, il cui carattere fondamentale è l’antagonismo tra totalità e individui. Questa disgregazione è anche parallelamente, però, la forma della riconciliazione le cui risorse si annidano proprio nel sistema dei bisogni. 10. Riferendo il discorso all’istituzione mercato, essa lungi dal presentarsi come una forza meramente corrosiva delle relazioni sociali, assume a luogo della riconciliazione fra struttura della società e azione individuale. Dunque, è nella società del mercato, dove le relazioni economiche inglobano quelle sociali, che si giocano i destini della democrazia. Come per uno scherzo della storia, il veicolo di alienazione individuato da Marx: il feticcio della merce, si è dimostrato nei fatti il principale collante dell’umanità. Alla prova della storia, un’analisi dello sviluppo sociale fondata sulla sostanzialità della coscienza umana, ovvero su una separazione metodologica fra mente e materia, ci ha consegnato una teoria del mondo nella quale i suoi effetti postulati erano in realtà le cause del modo di funzionare della società. In questo senso, i movimenti dei consumatori critici e delle economie solidali rappresentano una forma di riconciliazione tra natura separata delle relazioni sociali di mercato e riconoscimento di questa sfera come cruciale per ripensare forme nuove di solidarietà, democrazia e dinamiche di sviluppo economico. 4. Il consumo come terreno di ridefinizione della domanda sociale 9 S. Zizek, In difesa delle cause perse, Adriano Salani Editore, Milano, 2009. 10 Ibidem.
  • 8. Tra i fenomeni che hanno caratterizzato l’economia capitalistica nell’ultimo mezzo secolo, il consumismo è uno dei più significativi. Il consumo di massa ha omogeneizzato la struttura sociale dei paesi sviluppati, ed in piena globalizzazione sta avvicinando organizzazioni sociali per secoli caratterizzate da profonde differenze di natura economica, culturale e politica. Ad esempio, se la Cina è oggi “vicina”, lo si deve più all’instaurarsi di un mercato globale che all’utopia di una lunga marcia di avvicinamento alla rivoluzione mondiale. Con tutta probabilità, mai la Cina e l’Occidente hanno condiviso nella storia una comunanza della vita sociale simile a quella odierna e ciò è avvenuto quando lo scambio dei prodotti e dei servizi tra le due aree del mondo ha potuto dispiegarsi sui canali comunicativi aperti dal mercato e dalla condivisione mass mediale di informazioni e conoscenze. Come sottolineava Mcluhan11: “qualsiasi comunità che voglia accelerare ed aumentare lo scambio di prodotti e servizi deve assolutamente omogeneizzare la sua vita sociale”. Da questo punto di vista il consumo ha rappresentato un poderoso veicolo di omogeneizzazione sociale che ha imposto registri comunicativi comuni ad aree geografiche secolarmente separate e isolate. L’esplosione delle vie di comunicazione, dalla ferrovia all’aeroplano, fino al sistema viario autostradale, accompagnate allo sviluppo dei media, dal telegrafo ad Internet, hanno consentito la crescita e lo sviluppo costante degli scambi e con esso di modelli culturali comuni che il linguaggio e la comunicazione dei consumi hanno reso sempre più omogenei. Da un punto di vista sociologico, questo filone di analisi assume intuizioni durkheimiane, in particolare che la produzione della cultura avvenga attraverso rappresentazioni simboliche (esternazioni di significato) generate da un meccanismo di continuità fra religione, ideologia e organizzazione sociale del senso. Ciò determina un impatto sulla distribuzione dei significati e delle forme significanti tra le persone, trasformando i loro modelli di relazione 12. Si esplicita una connessione inscindibile tra processi di formazione culturale e struttura sociale, in modo tale che almeno in parte, un sistema sociale sia creato e ricreato per mezzo del flusso culturale interno alla sua popolazione. La partecipazione a questo flusso implica che le persone contribuendo a crearlo, vengano contestualmente da questo formate in quanto individui e soggetti sociali. L’interazione continua fra struttura sociale e dimensione culturale fa si che la prima incanali il flusso della seconda. Questo processo assume in parte le caratteristiche di una produzione culturale. Porre l’accento sui processi distributivi della cultura 11 M. Mcluhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano, 1966. 12 U. Hannerz, La complessità culturale, il Mulino, Bologna, 2001.
  • 9. significa definirla come organizzazione della diversità, non solo in funzione della variabilità biologica umana, ma soprattutto concentrandosi sugli aspetti più espliciti dell’interazione sociale, ovvero in riferimento al continuo processo di scambio e confronto fra i significati fatti propri individualmente e quelli desunti dall’assunzione delle posizioni altrui. Tale ragionamento muove da un’ottica operativa interazionista, nella quale le persone danno corpo alle strutture sociali e ai loro significati attraverso contatti reciproci. Grazie all’accumularsi di queste attività le società e le culture emergono e acquistano coerenza. All’interno dello scenario interpretativo delineato, la società dei consumi può essere rappresentata come un gigantesco contenitore di significati culturali che informano le relazioni e i comportamenti di individui e gruppi. Ognuno è sovraccaricato da stimoli culturali e ad ogni livello dell’esistenza. Sentimenti, stili di vita, forme di impegno collettivo, ritiri privatistici rispondono a precise scelte insite nella dialettica tra natura sociale e immaginario. La società mediale dei consumi costretta a “giocare” sul terreno della produzione sociale degli immaginari, aspetto cruciale nel moderno funzionamento economico, da forma al campo delle cosiddette “economie finzionali” 13. Il simbolo e il simbolico, trasformati in immagini e immaginario, sono diventati la componente specificatamente estetica che contribuisce al buon funzionamento dell’attuale economia. In questo meccanismo, se si vuole paradossale, da un lato assistiamo alla creazione di una psiche sociale astratta, asservita alle logiche di riproduzione economica: il consumo come fonte di valorizzazione. Dall’altro, invece, permangono e vengono amplificati, dal crescente utilizzo culturale dell’economia, spazi di exit sistemiche e narrazioni alternative della realtà sociale che aprono territori di azione potenzialmente liberata. L’idea di consumo critico, pur se iscritta dentro tale dinamica, apre nuovi spiragli di analisi, ponendo in termini critici, di critica all’esistente, la formazione di nuove domande sociali che possono diventare anche nuove immagini del mondo. Se la società individualizzata presenta forme di critica della domanda sociale e riscopre l’importanza delle produzioni locali e delle filiere cortissime, lo deve alla presenza di una ricchezza diffusa e a una base di consumi ampia e affluente. 14. In altri termini, non esiste libertà senza consumi. Il consumismo, proprio perché aumenta a 13 F. Carmagnola, Il consumo delle immagini, Mondadori, Milano, 2006. 14 G. Lipovetsky, Una felicità paradossale. Sulla società dell’iperconsumo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2007.
  • 10. dismisura le possibilità di scelta dell'individuo, costruisce consumatori più attenti e critici, che prima di comprare riflettono, valutano, s'informano, trasformando tali comportamenti in potenziale politico. 5. Il territorio verso la consapevolezza e la responsabilità del DES-Distretto di Economia Solidale. Se l’omogeneizzazione è la premessa culturale dell’attuale modello socio- economico, di società e del profilo individuale tipo del consumatore medio, i modelli nuovi, ed in particolare, quelli che si ispirano alle economie solidali sembrano sovvertire questa premessa culturale a favore di un individuo consapevole dei propri stili di vita e di consumo critico, responsabile delle proprie scelte che sono allineate ai propri drivers dominanti e non guidati da una dinamica conformista, e che, per la sua autonomia psico-culturale riscatta la propria piena cittadinanza. Le esperienze territoriale condotte ci dimostrano che questa dinamica individuale è già in corso anche sul piano collettivo ed in forme che, via via, strutturano la propria forma organizzativa. Il coaching territoriale in questi contesti può favorire una maggiore consapevolezza dei focus e chiarezza degli obiettivi condivisi che consente una transizione più veloce, più efficace e sostenibile dal modello attuale a quello basato sui principi e sui valori delle economie solidali, almeno a livello territoriale, appunto. Quando i GAS ed le aziende di un territorio cominciano ad interagire in maniera ricorrente e cominciano a farsi avanti termini come DES, ri-territorializzazione delle filiere, incontro tra domanda ed offerta aggregate etc… per le economie solidali è sicuramente giunto il momento della verità. Quando sono visibili i livelli di una massa critica che consentono almeno ad alcuni produttori di poter ragionare su un’eventuale riconversione della propria produzione o addirittura per trasmigrare da un approccio competitivo ad uno collaborativo, vuol dire che ci sono alcune delle condizioni essenziali per l’avvio del DES. Nelle varie esperienze italiane di DES, caratterizzati da un approccio dal basso e da una strategia di rete, sono riconoscibili molte pratiche promettenti ed altre che stanno già ottenendo risultati significativi. In entrambi i casi ci sembra di poter affermare che la funzione di facilitazione della rete sia una variabile determinante per sintonizzare mondi spesso paralleli, ma che fin qui sono stati abituati a lavorare in modi diversi, senza cercarsi e senza tantomeno ipotizzare un approccio sistemico. Pensiamo ad esempio al metodo di lavoro tipico della pubblica
  • 11. amministrazione, che cosi raramente si percepisce come “privato sociale”, o ai produttori agricoli, disillusi dalle esperienze cooperativistiche ed associative ed in balia del rapporto impari con la GDO, per non parlare dei consumatori, volutamente resi disinformati, spesso incapaci di distinguere e di intraprendere azioni collettive. Anche quando ci sono le condizioni per un DES, quindi, visto il background dei vari soggetti territoriali, non è detto che questo prenda territorialmente avvio in maniera automatica. E’ cosa ben nota, a tal proposito, nel mondo delle economie solidali e non solo, quanto sia fondamentale una funzione di aggregazione dei soggetti per la costituzione di una rete territoriale ed il conseguente lavoro di manutenzione della rete stessa. In genere queste funzioni di facilitazione assolvono il compito di:  Far conoscere le persone  Creare piccoli database  Facilitare i flussi informativi, incentivandoli e predisponendo appositi strumenti (mailing list, piattaforme, wiki,  Facilitare incontri in presenza, senza condizionare il processo decisionale  Organizzare gruppi di lavoro, una volta rilevato un interesse comune o una strategia condivisa  Favorire la memoria storica dei processi anche attraverso la redazione di specifici resoconti dei vari incontri territoriali. Queste funzioni sono essenziali per promuovere e sostenere l’apprendimento territoriale, ovvero l’insieme delle relazioni che intercorrono tra processi di apprendimento, grado di maturazione del ruolo di cittadinanza attiva della popolazione e risultanze in termini di progettualità per lo sviluppo socio economico del territorio di appartenenza. In altri termini l’apprendimento diffuso territorialmente, la propensione al cambiamento ed una nuova idea di “sviluppo” locale vuole far focalizzare l’attenzione degli stakeholder territoriali su domande del tipo: Quali elementi del capitale sociale di quel territorio rappresentano i prerequisiti dello sviluppo locale? Quale ruolo hanno l’istruzione e la formazione per la generazione di un “tessuto connettivo” su cui possa crescere e prosperare una società? Quali azioni formative occorrerebbe avviare affinché le persone possano facilitare e supportare le dinamiche di sviluppo?
  • 12. L’apprendimento territoriale15 riguarda, quindi, l’individuo, le comunità di appartenenza e il genius loci del territorio. I temi che caratterizzano le attività di riflessione e ricerca sono la cittadinanza competente e la partecipazione ai processi decisionali, nella dimensione sia soggettiva sia oggettiva. Indagare sul come apprendere un territorio può aiutare a comprendere le modalità con cui interpretare creativamente un “territorio” per la formazione alla cittadinanza, all’appartenenza, all’educazione e alla felicità pubblica, all’attorialità al posto dell’attesa passiva, del lamento, della recriminazione. In questo caso dei DES nel contesto marchigiano, caratterizzato da una dimensione piccola che favorisce le connessioni relazioni, stiamo immaginando funzioni ulteriori a quelle della messa in rete e relative alla sviluppo delle potenzialità del territorio e/o delle relazioni tra i vari soggetti che vi operano. Al tal proposito può essere utile introdurre alcuni elementi base del coaching. 6. Dal business team coaching al coaching territoriale La federazione internazionale16 definisce il coaching come una partnership con i clienti che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale. Grazie all’attività svolta dal coach, i clienti sono in grado di apprendere ed elaborare le tecniche e le strategie di azione che permetteranno loro di migliorare sia le performance che la qualità della propria vita. Il coach sostanzialmente è un professionista che ascolta, fa domande potenti, rispecchia, osserva, offre feedback attivi, propone strumenti ai suoi clienti. Il Ruolo del Coach Le caratteristiche ad elevate prestazioni esistono sia per gli individui, sia per i team, sia per le comunità locali. E’ compito del coach identificare i gap tra l’attuale posizione del team e quella nella quale si dovrebbe trovare. Un coach diventa partner del team per costruire ed attraversare il ponte che colma queste lacune. 15 S.Dini, opera citata 16 Cfr. http://www.icf-italia.org/fic/?p=62
  • 13. Durante il viaggio del team17, il coach:  Promuove un ambiente sicuro per la comunicazione aperta.  Riconosce gli stili, le esigenze e gli impegni individuali che condizionano la dinamica del team.  Usa valutazioni (es. PCSI®) per sviluppare una comprensione comune degli stili e delle preferenze comunicative dei membri del team.  Riconosce attraverso l’intuito questioni e sensazioni vaghe che il team espone.  Sfida il team dicendogli la verità basata sulla scoperta e sull’osservazione.  Sviluppa i leader dei HIT18. Il coach presta molta attenzione ai comportamenti, alle azioni ed alle parole dei leader. In questo ruolo, il coach potrà modellare il coaching per i leader che in quel momento stanno plasmando le competenze dei propri team o comunità di appartenenza (ad es. il proprio GAS, amministrazione, realtà aziendale).  Massimizza il potere dell’approvazione, del riconoscimento e della gratificazione nei confronti sia dei singoli sia dei team.  Invita il team a stabilire delle normative per le gratificazioni e per i riconoscimenti che si basino sui desideri e sui comportamenti del team e non dei singoli. Incoraggerà la gratificazione tra pari e non, dal leader ad ogni membro del team.  Dà il potere di fornire le proprie risposte e queste saranno in linea con gli obiettivi condivisi a livello territoriale e/o comunitario.  Si focalizzerà sull’effetto che avranno il design e l’implementazione di iniziative a favore del cambiamento sulle persone, sulle strutture e sulle procedure. Valuterà anche quali strategie adottare per incrementare la capacità del team ad affrontare i cambiamenti. Esiste una distinzione tra il ruolo del coach e quello del consulente nel facilitare lo sviluppo dello sponsorship, nell’incrementare la dedizione dei titolari di quote di partecipazione e nel migliorare la comunicazione. Nello specifico, un coach contribuisce nel seguente modo: 17 Usiamo il termine team in senso esteso, quindi anche per intendere i vari opinion leader di un territorio che non hanno un alto livello o frequenza di attività in presenza, e che non collaborano necessariamente all’interno della stessa organizzazione, ma che si riconoscono responsabilità individuali e collettive, che condividono una chiara visione del territorio, una missione specifica ed una forte dedizione, e tendono a coordinare le proprie azioni territoriali. A tal proposito si veda il modulo di “Team Coaching” del corso Corporate Coaching di Corporate Coach U Italia e riferimenti al capitolo 8 “Team territoriale” 18 Cfr. High Initiative Team: Gruppo energico di persone dedite al raggiungimento di obiettivi comuni superando ostacoli e sfide con determinazione ed ottenendo dei risultati di successo. I membri del team si sostengono l’un l’altro per superare gli ostacoli.
  • 14. Coach vs. Consulente  Un coach ha appreso le abilità del coaching, ovviamente, e dei rapporti interpersonali (es. ascoltare, discernere, condividere, creare distinzioni, trasmettere messaggi, fare richieste, management, favorire shift e focalizzare sui risultati del cliente), mentre un consulente ha appreso abilità maggiormente inerenti l’ambito tecnico.  Un coach si focalizza sull’ottenimento del successo da parte del cliente, mentre un consulente considera anche i propri interessi.  Un coach fornisce al cliente il potere di trovare delle risposte mentre un consulente le fornisce di persona.  Un coach si concentra su CHI mentre un consulente si concentra sul TASK.  Un coach rappresenta un link vitale tra il team esecutivo del cliente ed un team con grande iniziativa per assicurare un cambiamento di successo, mentre il consulente si focalizza sul TASK.  Un coach ha un ruolo esclusivo nella creazione e nel sostenimento di team ad elevata iniziativa, mentre un consulente si concentra esclusivamente sul lavoro del team. Le credenze sono il filtro attraverso il quale interpretiamo noi stessi ed il mondo che ci circonda. Sono le mappe che ci guidano e che influenzano il nostro modo di essere e di agire. Sono il frutto delle nostre esperienze, dell’ambiente in cui siamo nati e del territorio in cui siamo cresciuti. L’approccio di coaching può aiutarci a verificarle, a metterle in discussione ed, eventualmente, a svelarne gli elementi di crisi per favorirne un maggiore allineamento ai nostri valori ed ai nostri principi. Di seguito le principali differenze tra l’approccio del coach e quello del facilitatore: COACH FACILITATORE E’ focalizzato sulla persona Focalizzato sul processo Supporta il team a dare e ricevere feedback Aiuta il team a fornirsi feedback reciproco E’ nel team o comunque impegnato con il team Distaccato dal team Condivide il processo di apprendimento Gestisce il processo di apprendimento Fornisce supporto intellettuale emozionale e Catalizzatore – rimane distaccato operativo nel corso del cambiamento Reagente – apprende o cambia attraverso il Dialogo diretto – la struttura del dialogo emerge processo dalle osservazioni del facilitatore Dialoga apertamente Comprende le dinamiche del team Lavora nelle dinamiche del team Concorda sulla direzione sul metodo Raggiunge risultati individuali e di gruppo. Facilita il raggiungimento degli obiettivi del gruppo
  • 15. I percorsi di coaching sono veri e propri programmi individuali di allenamento finalizzati a migliorare l’efficacia di performance19. Più frequentemente sono percorsi destinati ai manager delle nostre organizzazioni e a coloro i quali ricoprono ruoli chiave per i risultati dell’impresa. La filosofia di fondo di tali percorsi è quella di potenziare il singolo, di favorire una sua spinta in sicurezza di sé (confidence boost) e di autoconsapevolezza affinché la persona possa essere concretamente driver del proprio processo di sviluppo competenze (autoresponsabilizzazione) e della propria employability. Nelle classiche organizzazioni profit, l’attesa nei confronti dei manager è che assicurino i risultati di business in contesti di alta variabilità, bassa previsionalità, spesso in presenza di vincoli di budget, tempo e risorse. Ciò che serve oggi alle organizzazioni per vincere le sfide e ottenere il successo è che il management, gli uomini e le donne in ruoli chiave creino commitment, ispirino le persone per motivarle, costruiscano e consolidino nel tempo una rete di rapporti fondati sulla fiducia. In questo quadro si sviluppa la domanda crescente di coaching da parte delle aziende a livello planetario ed anche in Italia20. Tra le foucaultiane tecnologie del sé (τεχνή: arte, opera, lavoro) oggi utilizzate nel mondo occidentale, ossia “le tecnologie che permettono agli individui di eseguire coi propri mezzi o con l’aiuto degli altri un certo numero di operazioni sul proprio corpo e sulla propria anima – dai pensieri, al comportamento, al modo di essere – e di realizzare in tal modo una trasformazione di se stessi allo scopo di raggiungere uno stato caratterizzato da felicità, purezza, saggezza, perfezione”, possiamo distinguere tra coaching, counseling, mentoring, tutoring e psicoterapia. Le differenze riguardano gli obiettivi e i bisogni, il ruolo degli attori, il setting e di conseguenza l’articolazione dell’intervento. 19 Tratto da “Le tecnologie del sé: il coaching per migliorare l’efficacia di performance e l’empowerment” di Silvana Dini 20 Cfr. ICF Global Consumer Awareness Study. Condotto in modo del tutto indipendente da International Survey Unit di PwC (sono state intervistate complessivamente 15.000 persone in 20 paesi di Africa, Asia, Europa, Nord America e Sud America), anche in Italia l’indagine ha avuto un buon bacino di intervistati (750 persone dai 25 anni un su). Nel nostro Paese, infatti, il 26% degli intervistati dichiara di avere una discreta conoscenza del professional/business coaching (l’8% dichiara di avere una conoscenza “buona”) e di conoscere l’ICF e il suo ruolo istituzionale (5% lo conosce molto bene; 22% lo conosce discretamente). Per approfondimenti www.coachfederation.org/works
  • 16. 7. Contributo distintivo del coaching Il processo di coaching è un percorso con e per il singolo nell’organizzazione21. Il perché e le motivazioni sono guidati classicamente dall’organizzazione che decide di investire in modo mirato sui suoi collaboratori, il cosa è guidato dal coachee; muove da ciò che la persona percepisce come esigenze, desideri, obiettivi nel contesto e nel ruolo in cui opera; valorizza i diversi modi di apprendere, “sentire”, provare, rischiare; valorizza l’unicità e le differenze di ciascuno. Nel processo di coaching cade il tabù secondo il quale prendersi cura di sé (έπίμέλεσται έαυτόν), occuparsi delle proprie scelte, linee di azione, paure sia da confinare nella solitudine della sfera privata, peraltro continuamente deprivata di tempo e di energie da dedicarvi. Il metodo è strutturato di conseguenza: 1to1, carattere di confidenzialità, l’uso delle domande, etc… Figura 1 Tratto da "Come diventare un coach professionista" di Life Coach Lab In particolare il processo di coaching supporta e facilita il cliente (detto anche coachee)  nell’esplorare differenti letture delle situazioni e delle proprie risorse e bisogni  nell’attivare, mobilitare, valorizzare l’uso delle risorse migliori, riconoscendo le  emozioni alleate da quelle nemiche  nel progettare e realizzare le sue soluzioni  nel consentirne un uso più consapevole 21 S. Dini, op. citata
  • 17. Il processo di coaching usa e valorizza come palestra le sfide e gli “accidenti” di ogni giorno e nel quotidiano facilita l’esplorazione di prospettive diverse, il potenziamento della personale fiducia in sé, le possibilità di imparare dagli errori e di percepire che il contesto può essere fonte di benessere e non subito. Nell’attività di coaching si realizza un rapporto di partnership con il coachee per:  concentrare l’attenzione e non disperdere energie  rendere chiari, consistenti ed allineati (alla situazione e alle possibilità del coachee) gli obiettivi  definire le strategie, trovare o inventare con consapevole creatività le soluzioni, le azioni da intraprendere e i comportamenti da adottare  aiutare a riconoscere le strategie da cambiare e modificare flessibilmente le azioni in corsa se la situazione lo richiede, valorizzando, capitalizzando i successi ma anche gli errori  prendere decisioni, pianificare le azioni coerenti a realizzare i cambiamenti voluti Il processo di coaching è un percorso di allenamento (ad lena), il successo è una maratona, non uno sprint, un processo non un evento; nel linguaggio degli ingegneri, è la gestione di un progetto di sviluppo di se stessi; anche su questo aspetto il metodo è articolato di conseguenza: scansione, durata degli incontri, il meccanismo delle review dei piani di azione etc… Nell’attività di coaching il rapporto di partnership con il coachee promuove:  l’utilizzazione dei feedback dei pari, dei collaboratori e dei capi  l’esperienza di “mettersi in gioco”, di uscire dalla comfort zone  l’ identificazione di continui nuovi fronti di miglioramento  l’atteggiamento di alzare progressivamente lo standard della performance 8. Il team coaching nel contesto territoriale e nella creazione dei DES- Distretti di Economia Solidale Lo svolgimento di dette funzioni, soprattutto se realizzate in maniera ricorrente da determinate persone, presuppongo un team di lavoro specifico, assegnando veri e propri ruoli, in questo caso di analisi, nella conduzione del processo di DES. In alcuni percorsi
  • 18. locali li abbiamo chiamati comitati promotori, consigli distrettuali, forum gestionale, tavolo, gruppo motore ….del DES! In generale possiamo riconoscere che, anche terminologicamente, queste esperienze, dal punto di vista organizzativo, come detto, rappresentano il passaggio dall’esecuzione di funzioni all’identificazione di ruoli, quindi affidati a determinate persone, mentre dal punto di vista socio-politico presumono la volontà di organizzare efficacemente il movimento di base fatto di esperienze autogenerate. Su questo crinale, ovvero sulla capacità di organizzare il movimento delle economie solidali, rendendo sinergiche le reti di pratiche e di competenze ed avviando significativi processi di DES, siamo convinti si giochi parte rilevante che credibilità delle economie solidali nell’offrire un modello socio-economico realmente alternativo e praticabile localmente. Ciò che caratterizza un team, come accennato nel 6° capitolo, è:  Interdipendenza: la dipendenza di un individuo da un altro per la realizzazione di compiti definiti non costituisce un team. Ma per diventare un team gli individui devono collaborare attivamente per gestire insieme il processo piuttosto che lasciarsi gestire da esso.  Obiettivo comune: fine comune, direzione condivisa che ispiri il team. Gli obiettivi inviduali, quindi, sono bilanciati ed integrati nell’obiettivo comune  Integrazione delle persone: il gruppo è molto di più della somma delle parti  Responsabilizzazione collettiva: hanno tutti la stessa comprensione di cosa sarà il risultato del lavoro.  Senso di appartenenza: pur non interagendo i membri devono avere una percezione collettiva della loro unità Siamo abituati a pensare il coaching per le squadre di football americane o per le grandi multinazionali che hanno sempre molti soldi da spendere per migliorare le performance. Ma cosa accadrebbe se le competenze tipiche di un coach fossero rivolte agli opinion leader ed ai portatori di interesse del territorio? Se, invece che al CDA aziendale o dal middle management di una corporation, il team di lavoro fosse composto da gasisti, produttori e magari anche dai funzionari e dagli amministratori degli enti locali? Oltre all’asimmetria informativa tra i vari soggetti, che abbiamo detto superabile già con funzioni di facilitazione della rete, potremmo avere un’analisi critica condivisa tra i
  • 19. suddetti soggetti dis-omogenei. E quindi è possibile chiarire la situazione di partenza (ad es.: livelli e tipologie produttive, livello di rete tra i GAS ed i comitati mensa, livello di sinergia tra le amministrazioni locali). Con strumenti come l’EASW 22 e l’OST possiamo aiutare il territorio a definire scenari condivisi o desiderabili, e favorire una partecipazione diretta dei soggetti nei processi di governance. Da anni gli scienziati ci dicono, infatti, che l’autorganizzazione gioca un ruolo fondamentale nel funzionamento dei sistemi fisici e chimici, gli scaffali delle nostre librerie continuano a riempirsi di testi che raccontano di aziende che hanno costruito il proprio successo aprendo lo spazio organizzativo all’iniziativa ed alla responsabilità dei propri dipendenti. Qui le funzioni di coaching possono favorire l’innalzamento della consapevolezza rispetto agli obiettivi, facendoli diventare, come si diceva, SMART, ed anche favorendo una più attenta valutazione dei costi-benefici ed in particolare visualizzando chiaramente la situazione desiderata. Provate a chiedere ad un produttore il livello di produzione ottimo per la sua azienda: potrebbe indicarvi una quantità precisa di finocchi, in termini di quintali/anno, di resa per ettaro e forse anche di prezzo finale che assicura un’adeguata remunerazione dei fattori produttivi, persino costruendo un prezzo trasparente e, quindi, esplicitando il valore aggiunto e la remunerazione dei vari fattori. Ma provate a verificare il suo livello di assertività rispetto alla tipo di sistema produttivo in cui gli piacerebbe inserirsi, sviluppando quali sinergie con gli altri soggetti produttivi, ed esplicitando quale livello di responsabilità concreta rispetto a vari stakeholders territoriali? Il coaching, anziché guidare i partecipanti in un processo territoriale esercitando un controllo sul gruppo, sui risultati e sul processo stesso, come fanno a volte le funzioni di coordinamento al di là dello stile di leadership delle persone che svolgono questo ruolo, lascia spazio alla passione, agli interessi ed alla responsabilità delle persone, sviluppando le potenzialità dei partecipanti al processo e delle interazioni tra questi e, soprattutto, credendo nella loro capacità di ottenere quello di cui hanno bisogno. Per dirla con l’AIF23 “La formazione alla cittadinanza trae la sua essenza dalla 22 L'European Awareness Scenario Workshop, noto anche con l'acronimo EASW, è un metodo nato in Danimarca finalizzato alla ricerca di un accordo fra i diversi gruppi di portatori di interessi in ambito locale con l'obiettivo del raggiungimento di una definizione consensuale di città sostenibile. Il campo d'applicazione originale è quello dell'urbanistica partecipata ma in seguito il metodo è stato utilizzato in ambiti diversi, sviluppo locale, attivazione di percorsi di cambiamento organizzativo e innovazione e ricerca. Nel 1994 anche la Commissione Europea ha attivato un'iniziativa basata su questo metodo, chiamata TDSP ("Training and Dissemination Schemes Project"), che ha lo scopo di esplorare nuove metodologie per favorire l'innovazione in ambito sociale attraverso la definizione di metodi più efficaci di divulgazione di una serie di "best practices" in ambienti culturali e politici diversi e l'identificazione di strumenti per la divulgazione del know-how correlato. 23 Associazione Italiana Formatori: stralcio tratto da convegno nazionale del settore per l’apprendimento territoriale 13- 14 maggio 2011
  • 20. valorizzazione della cultura dei luoghi quale elemento per il rafforzamento dei legami esistenti tra l’ambiente economico, sociale e tecnologico in cui la persona vive. La sola coerenza pedagogica, che esuli dal contesto sociale della persona, non fornisce risposte adeguate alle richieste individuali e collettive, né ai bisogni di sviluppo economico e sociale dei differenti territori. L’elemento più importante del processo educativo alla cittadinanza è la ricchezza culturale dei luoghi. La formazione deve quindi riconoscere le contraddizioni sociali e i focolai d’incendio, affinché possa divenire espressione stessa della realtà in rapida trasformazione. Un fattore comune è la corresponsabilità di tutti i cittadini di un territorio nella realizzazione di livelli accettabili di qualità della vita e nello sviluppo di capacità generatrici di felicità e lavoro”. In sintesi allora un approccio di coaching territoriale può aiutare i vari soggetti che intendono avviare un processo di DES a: 1. identificare il Focus ed a chiarire gli obiettivi, per avere una visione chiaramente condivisa e motivazioni all’azione forti e strutturate 2. utilizzare gli strumenti migliori per il successo individuando, sintetizzando e condividendo le buone pratiche, scegliendo un mentore, sia esso un GAS o un produttore esperto che ci sostenga nel cambiamento 3. allineare ed integrare i risultati, conquistando una nuova vocazione territoriale, alimentando nuovi settori e metodologie produttive, chiudendo filiere locali sostenibili 4. identificare e riducire la distanza tra il punto A ed il punto B Chi apprende in un “ambiente d’apprendimento” autentico, si impegna in una molteplicità di attività differenti nel perseguimento di altrettanto molteplici obiettivi di apprendimento, con il formatore a svolgere il ruolo di allenatore (coach) e di facilitatore (Perkins,1991) 9. Considerazioni finali e possibili ostacoli La costruzione di sistemi esperti e di una fiducia sistemica, come si sa, non è necessariamente un processo lineare. Siamo persuasi nel ritenere che questa finalità, almeno a livello territoriale e tra gruppi di persone che hanno a cuore il proprio
  • 21. territorio ed una chiara visione condivisa, sia perseguibile e sostenibile con un approccio coaching oriented24. Proprio perchè “non sia arriva al solidale da un unico sentiero, né da una strada necessariamente condivisa, né, occorre dirlo, irreversibile o esclusiva”, è necessaria una costruzione di senso negoziata a partire da una consapevolezza diffusa ed, in particolare, basata su uno scenario condiviso. Su questo, nelle nostre esperienze dirette di coaching territoriale25, abbiamo incontrato, in alcuni casi, la resistenza delle storie individuali a percepirsi o a riconoscersi in percorsi collettivi o reticolari. Per poterci proporre l’incontro tra culture e generazioni differenti è necessario sapere riconoscere i propri ed altrui presupposti culturali per sapere individuare le proprie convinzioni, sia quando limitanti, e quindi da sottoporre a revisione, sia per saperle distinguere all’interno di un ventaglio di opzioni varie e tutte legittime. Un nuovo paradigma culturale si fa strada in questi contesti territoriali così profilati: Vecchio paradigma Nuovo paradigma Crescita illimitata Sostenibilità Regole imposte Valori interni Paura Fiducia Quantità Qualità Eccessi Quantità sufficiente Insegnamento Apprendimento In/dipendenza Interdipendenza Successo Servizio Controllo della natura Sistemi naturali Volendo rendere prassi un nuovo panel di valori, in realtà non del tutto sconosciuto alle penultime generazioni, si sente la necessità di allineare le pratiche e le azioni quotidiane al sistema di convinzioni ecosol poggiato su un nuovo sistema di valori condivisi. Una nuova visione chiara, condivisa, di lungo termine, che non prescinda dai diritti delle 24 Cfr. il caso di Life Coach Italy in allegato 25 Si fa riferimento, in particolar modo, al coordinamento del progetto “Economie solidali nelle Marche: situazione attuale e scenari evolutivi” e del progetto “Azioni verso il DES maceratese”
  • 22. generazioni future e che identifichi l’ipotesi di sostenibilità come un’opportunità da realizzare e non come un vincolo da eludere. In questo movimento post ideologico i soggetti ecosol surfano tra i vari ambiti della propria vita ed anche tra questi sentono la necessità di identificare e raggiungere un maggior allineamento. Il driver che, ad esempio, istruiscono le scelte lavorative ed aziendali, provengono spesso dalla sfera personale ed, in particolare, da quella degli interessi, più che dalle regole macroeconomiche. Cosa c’è economicamente vantaggioso nel lasciare piante secolari nel campo da arare, nella cura e nella passione per le attività produttive che non siano immediatamente visibili all’acquirente e traducibili in maggior valore monetario, o nell’aspettare pazientemente un socio ritardatario per la consegna della spesa distribuita presso la sede del GAS? Faremmo inutile fatica se volessimo cercare di quantificare questo valore al di fuori di una struttura motivazionale fortemente basata sulla coincidenza tra interessi collettivi e personali, e quindi su quelle si potrebbero contestualizzare come scelte politiche. Supportare i singoli, i GAS e le aziende e le realtà simili nell’azione di districarsi tra interessi commerciali, privati, individuali e collettivi nell’aspirazione congiunta di costruire e tutelare beni comuni è il ruolo del coach, favorendo consapevolezza e responsabilità. Visto che il coaching si propone come una professione eticamente orientata 26 e profondamentamente basata sulla centralità della persona, sull’essere presenti qui ed ora, sul risveglio delle potenzialità sopite, sul favorire l’autostima e la sicurezza personale, traducendo in fatti valori come la libertà e la responsabilità, ci sembra evidente che non possa sottrarsi dall’interazione con questi movimenti culturali ed economici, almeno nel proprio contesto territoriale. 26 http://www.icf-italia.org/fic/?page_id=133
  • 23. Allegato: Il Caso di Life Coach Italy nello sviluppo terriatoriale coaching oriented Il Coaching come strumento innovativo di sostegno e sviluppo del network territoriale: il progetto A.C.T.I.O.N., un caso di successo nella Pubblica Amministrazione COACH: Giovanna Giuffredi, PCC (Professional certified Coach ICF), Psicologa del lavoro, Life, Career e Business Coach, Responsabile scientifica di Life Coach Italy, consulente senior del Cles s.r.l. e di organismi pubblici e privati. Life Coach Italy - Via Michelangelo Peroglio, 16 – Roma, 00144 Email: giovannagiuffredi@lifecoachitaly.it - Website: www.lifecoachitaly.it SITUAZIONE: Il progetto ACTION (Azioni Comuni sul Territorio per l’Innovazione, l’Occupazione e il Network), finanziato dal F.S.E., art. 6 - Misure Innovative, ha avuto l’obiettivo di definire una strategia locale per l’occupazione, sperimentando Azioni Pilota. Capofila la Provincia di Campobasso, in partnership con il Cles s.r.l., Cosmo Servizi e il Patto territoriale per il Matese, il progetto ha potuto contare su un partenariato ricco e articolato di soggetti istituzionali sul territorio. Giovanna Giuffredi è stata la Project Manager, Executive e Team Coach di Azioni Pilota. Focus: rendere il partenariato attivo e realizzare iniziative condivise e partecipate. Metodologia: azioni integrate, attraverso indagini preliminari, definizione di un piano d’azione locale per l’occupazione, incontri assembleari, riunioni a piccoli gruppi, sessioni di Team Coaching per gruppi omogenei, formazione, progettazione condivisa di interventi, realizzazione di Azioni Pilota. Strumenti: sessioni di Team ed Executive Coaching, griglie di auto-analisi e di auto- candidatura, materiali didattici e informativi. Punti deboli: resistenze culturali ad accettare inizialmente approcci e metodologie nuove, rispetto alle prassi consolidate. Punti di forza: un terreno “vergine” su cui sperimentare azioni innovative INTERVENTO Nell’ambito del progetto ACTION, l’approccio Coaching oriented è stato un comune denominatore, facendo riferimento al Diversity Management, un processo gestionale di cambiamento, che ha lo scopo di valorizzare e utilizzare pienamente il contributo,
  • 24. unico, che ciascun individuo/organizzazione può portare per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, e che contribuisce ad attrezzare al meglio l'organizzazione di fronte alle sfide e ai cambiamenti da affrontare. Affrontare il tema della diversity a livello individuale e organizzativo ha significato strutturare delle occasioni formative e di confronto, che hanno consentito alle persone di avviare un processo di consapevolezza dei propri bisogni e necessità. Infine, per favorire la coerenza delle azioni progettate, in funzione della complessità delle variabili, si é fatto riferimento al Project Cycle Management (PCM), un approccio che opera nell’ambito di processi convergenti che tutelano la coerenza interna delle azioni messe in essere. Si tratta di azioni multidirezionali, che tengono conto della complessità. Il principale strumento di progettazione e gestione del contesto del PCM è il Quadro Logico, che permette una rigorosa gestione del processo che, dai problemi da risolvere, conduce all'identificazione di obiettivi e risultati e consente ai vari attori di partecipare alla definizione di un itinerario trasparente, oltre che logico, utilizzando concetti e linguaggi comuni. Le domande chiave della logica dell’intervento sono le seguenti:  Di che cosa c’è bisogno?  Che cosa si vuole modificare?  Come utilizzare le risorse disponibili?  Perché le prassi ordinarie non hanno prodotto gli effetti desiderati?  Che cosa manca per fare qui ed ora le cose possibili e desiderabili? Attraverso strategie di Team Coaching, gli stakeholders sono diventati protagonisti di un’Azione Pilota di forte servizio e impatto sulla popolazione locale, definendo MIssion e Vision: Mission condivisa ha riguardato i seguenti aspetti:  Ottimizzare le esperienze dei singoli partner  Sperimentare nuove metodologia di lavoro in rete  Consolidare la rete tra i sistemi della formazione, dell’istruzione, del lavoro e dei Centri per l’Impiego locali  Sviluppare l’occupabilità sul territorio. Vision condivisa ha individuato le seguenti azioni:  Avvicinare i giovani al mondo del lavoro  Rendere i giovani consapevoli delle loro potenzialità
  • 25.  Valorizzare un processo locale sinergico per lo sviluppo economico locale  Investire nella forza lavoro del domani: i giovani RISULTATI L’approccio Coaching oriented é da intendersi come un aspetto innovativo del progetto che ha favorito una graduale consapevolezza delle potenzialità locali e la condivisione di obiettivi e strategie comuni, attraverso il coinvolgimento attivo e concertato dei numerosi e diversificati attori socio-economici del territorio di riferimento provinciale (associazioni di categoria, sindacati, consorzi di sviluppo, Enti Locali, enti di formazione ed istruzione, Università del Molise ecc.). Gli stessi, fattivamente interessati nell’elaborazione del Piano locale per l’occupazione, hanno condiviso l’analisi e la realizzazione di tutte le azioni sperimentali. L’impatto è stato ampio e diffuso su tutto il partenariato coinvolto e sulla popolazione, in termini e di ampliamento delle conoscenza delle opportunità e risorse offerte dal territorio e di sviluppo dell’occupabilità locale. La sperimentazione di un nuovo modello di applicazione per il sostegno e lo sviluppo di network territoriali, nell’ ambito di interventi nella Pubblica Amministrazione, ha favorito la sostenibilità e la diffusione degli interventi realizzati. E’ stata, infatti, posta una cura particolare alla trasmissione di metodologie e strumenti, tale da consentire la realizzazione di successive edizioni di tali iniziative. Il partenariato locale è divenuto il “motore del cambiamento” nell’ambito della strategia locale per l’occupazione. A seguito di valutazione esterna, il Progetto è stato inserito tra le Buone Prassi nell’ ambito dei progetti finanziati dalla Comunità Europea. Presentazione breve dell’autore Facilitatore di reti e di processi territoriali, da oltre 20 anni si occupa di facilitazione del cambiamento attraverso la consulenza, la formazione e, recentemente, con il coaching. Dopo la laurea in Economia e Commercio si è specializzato in Intercultura ed ha conseguito il Master di 2° livello nella gestione dei servizi formativi. Ha insegnato per 3 anni presso la Facoltà di Scienze Politiche di Macerata su temi quali: la responsabilità sociale d’impresa, le economie sostenibili e solidali, i nuovi modelli di sviluppo territoriale e d’impresa. Dal 2010 è iscritto all’albo dei valutatori sociali di Banca Popolare Etica. Ha collaborato come freelance con enti locali, ONG, organizzazioni del terzo settore e reti aziendali, anche a livello internazionale. E’ socio dell’International Coach Federation dal 2009 e dal 2010 è titolare della ditta Fair Coach. Attualmente è team coach in progetti di ricerca con le 4 Università marchigiane e di sviluppo territoriale con la Provincia di Macerata. E’ coautore de “Il capitale delle relazioni”, ediz. Altreconomia ed “aDESso. Economie solidali e cittadini consapevoli”, ediz. Cattedrale.