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Dr. Sergio GUIDA




IL RUOLO DELLA TECNOLOGIA NELLA
GENESI DEI PROCESSI FINANZIARI
INNOVATIVI




CONVEGNO C.I.S.I. PUGLIA – TARANTO

1° dicembre 2000
INDICE




Premessa                                        3

Essere digitali                                 4

Conoscenza, fonte di business                   5

La rete integrerà i servizi finanziari          6

Home banking, arma strategica per conquistare   8
nuova clientela

Il business corre negli incubatori              10

Considerazioni finali                           10

Appendice - Figure e grafici                    11




                                                     2
Premessa

“I bit non sono commestibili; in questo senso essi non possono togliere la fame. I
computer non hanno morale; non possono risolvere problemi come il diritto alla
vita o alla morte.
Ciò non di meno, l’ avvento del mondo digitale offre motivi di ottimismo. Come
una forza della natura, l’era digitale non può essere rifiutata o fermata.
Essa ha quattro punti di forza, che porteranno al suo definitivo trionfo:
decentramento, globalizzazione, armonizzazione e potenziamento umano”.

                                                            Nicholas Negroponte




                                                                                  3
Essere digitali
Nicholas Negroponte, figura carismatica del Media Lab, nonché professore di
Tecnologia dei mezzi di comunicazione del Massachusettes                  Institute of
Technology, si è da sempre interessato alle innovazioni tecnologiche digitali.
Partendo dall’assunto che il costo dei computer continua a diminuire , mentre la
loro presenza si fa sempre più dirompente, Negroponte delinea il quadro
d’insieme delle trasformazioni (presenti e future) apportate dall’introduzione
sempre più persuasiva del digitale nella vita quotidiana.
Ormai serve una strategia di sopravvivenza (sfruttamento intelligente) nell’ambito
dei newmedia, sia in veste di produttori che di consumatori (sempre più uniti
nella figura ibrida del prosumer). Dal concetto di interfaccia (luogo deputato per
natura all’incontro tra uomo e macchina), fino ai mutamenti radicali che
investono - o investiranno in un futuro piuttosto prossimo – società ed individui.
Si vede quindi come, nella sua struttura, il processo già in corso di progressivo e
necessario adattamento della macchina all’uomo (e non viceversa).
Anche i temi sono molteplici: televisione ad alta definizione, televisione via cavo,
Video on Demand, fibre ottiche, compressione dei dati, satelliti, modelli reticolari,
CD-ROM, multimedia, ipermedia, fax, grafica computerizzata, copyright, realtà
virtuale, pixel, dataland, windows e icone, sintesi vocale, tattilità, teleconferenze,
robot, multisensorialità, autostrade digitali, intelligenza artificiale, netiquette ed
e-mail.
E’ possibile comunque enucleare dei concetti cardine. In primo luogo richiamerei
l’ormai classica idea forte di Negroponte di maggiordomo digitale: vista la
proliferazione smisurata di informazioni, è inevitabile, ed anzi auspicabile,
l’ausilio del computer come filtro intelligente nella selezione e nella scelta della
loro priorità, in base ovviamente alle preferenze dell’utente.
Intorno a questo concetto ruotano sostanzialmente tutti gli altri.
Ad esempio la tautologia “i bit sono bit”, indica neutralità dei bit che sono in
grado di trasportare qualsiasi tipo di informazione: questo spiega non solo la frase
di McLuhan “nel mondo digitale il mezzo non è più messaggio”, ma dà anche una
nuova chiave di lettura al concetto di multimedialità: sarà infatti possibile fruire
un certo messaggio nella forma mediale che più si riterrà opportuna o divertente
(Negroponte parla di previsioni del tempo mostrate all’utente finale come semplici
diagrammi, testo o spiegati a voce dal nostro cartoon preferito).
Grazie ad un intelligenza diffusa e decentralizzata nelle macchine (persino gli
elettrodomestici) ed alla possibilità di scambiarsi bit sarà possibile sincronizzare
ed ottimizzare le risorse spesso già presenti nelle apparecchiature odierne.
A tal proposito, un’altra delle importanti conclusioni alle quali arriva Negroponte
è che - troppo impegnati a discutere sul passaggio dall’era industriale a quella
post-industriale (o dell’informazione) – non ci siamo neppure accorti di essere
entrati in una nuova era, quella della post-informazione. Se prima infatti l’
informazione era ancora prodotta in base ad un’economia di scala, oggi il
pubblico spesso si riduce ad una sola persona.
E’ già possibile, grazie anche ai maggiordomi virtuali, realizzare dei giornali “su
misura” (l’uomo è misura di tutte le cose).
“L’informazione su richiesta dominerà l’epoca digitale” e la produzione e lo
scambio sembrano già essersi spostate dagli atomi ai bit.


                                                                                    4
Conoscenza, fonte di business
Su cosa si basa l’economia digitale? Secondo un recente studio di Valdani &
Associati, la c.d.New economy poggia su quattro fondamenti:

   1. la diffusione e l’affermazione di Internet quale protocollo standard;
   2. la pervasività dell’interconessione elettronica tra oggetti, persone, aziende
      ed enti;
   3. la separazione dell’economia delle “cose fisiche” da quella basata, invece,
      sulla conoscenza e sull’informazione;
   4. il superamento del compromesso tra la varietà dell’offerta (richness) e
      l’ampiezza della facoltà (reach) nel raggiungere e collegare persone, aziende
      e le istituzioni.

In merito al primo punto, mai prima di Internet si era verificata l’adozione
generalizzata di uno standard universale, comune a tutti».
Questo ha permesso a Internet di diventare come la conosciamo adesso: un
veicolo planetario capace di distribuire informazioni e conoscenza attraverso le
pagine ipertestuali, ancora una volta standard, del World Wide Web.

Per quanto concerne il secondo elemento, il collegamento digitale tra i membri di
un tessuto socioeconomico e produttivo porta alla creazione di un sistema di
comunicazione globale che permette lo scambio non solo di dati e informazioni
ma anche di beni e servizi.
L’interconnessione è quindi l’intelaiatura di base sulla quale si regge la nascente
economia di rete. Essa fa appunto leva su inediti livelli di dialogo e di interazione
tra pluralità di soggetti facilitando, così la creazione di comunità virtuali che
trovano espressione nei portali verticali e orizzontali.
Tra l’altro, fa notare Valdani, l’evoluzione tecnologica comporta un progressivo
aumento della larghezza di banda delle reti, anche quelle senza filo, ossia la
“portata” delle autostrade dell’informazione.
Un passo in avanti nella costituzione di un sistema economico planetario basato
sulla grande Rete è costituito dalla disponibilità di soluzioni per Internet ad alta
velocità quali, per esempio, le fibre ottiche o “alchimie” elettroniche come l’Adsl
(Assymmetric digital subscriber line).

Il terzo elemento fondamentale della New economy verte, come accennato sulla
distinzione in atto fra l’economia basata sui beni fisici e quella fondata sullo
scambio delle conoscenze.
«Nell’economia tradizionale – dice Valdani – le attività possono essere dipartite
fra quelle basate sull’impiego di capitale e quelle incentrate sull’uso del lavoro.
Inoltre i beni e le informazioni sono strettamente nello stesso ambito
economico».
Nel processo di trasformazione indotto dall’era digitale, l’informazione ha assunto
il ruolo di fattore di produzione ed è diventata un elemento fondamentale dei
modelli di business delle imprese.
La dissociazione “cose” della “conoscenza” comporta la creazione di due distinte ,
benché complementari, catene di generazione del valore.
Questo si palesa nella distinzione, di stringente attualità, tra

                                                                                   5
il cosiddetto “market place» basato sulla fisicità e
il «market space», il mondo virtuale della conoscenza e dell’informazione.
«Le imprese ed organizzazioni – dice Valdani- si trovano quindi a dover agire e
competere contemporaneamente su due mondi».
La New economy impone quindi una duplice sfida: le aziende devono essere in
grado di generare valore in entrambi gli ambiti, seguendo modelli operativi
differenti. Questo implica un totale ridisegno dei processi interni a supporto delle
attività esterne, quelle sul market space di Internet, le quali concorrono, a loro
volta, a creare nuove opportunità di business.

Il quarto punto di base della nuova economia verte, infine, sull’annullamento del «
trade off » (reso possibile dalla scissione delle “cose” dalla conoscenza) tra
ampiezza d’offerta, intesa anche come possibilità di personalizzare l’informazione
in funzione dei bisogni del ricevente, e la quantità di informazioni che possono
essere trasmesse.
La tecnologia analogica non permette la diffusine di informazioni ad hoc e in
grandi quantità a un pubblico vastissimo. Al contrario, la televisione digitale
interattiva e i sistemi multimediali di Internet forniscono a un maggior numero di
persone contenuti calibrati su esigenze specifiche. Parimenti gli electronic trader,
erogano servizi personalizzati (in modo simile a quanto offerto da un agente di
cambio, capace di seguire i clienti uno per uno) pur agendo su un pubblico più
ampio di quello di una banca.
«Nei nascenti mercati virtuali – spiega Valdani – la conoscenza è la chiave del
successo insieme alla creazione di nuovi paradigmi tesi a instaurare uno stretto
rapporto fiduciario tra proponente ed acquirente». Fondamentali risultano
pertanto i sistemi informativi Crm (Customer relationship management) che
sopportano i processi di fidelizzazione e ritenzione dei consumatori. Internet
agevola queste funzioni poiché, superando il vincolo classico tra l’imitazione
dell’offerta e ampiezza dei contatti possibili, consente di realizzare inedite
modalità d’interazione fra acquirenti e produttori, istaurando quindi una sorta di
dialogo virtuale tra domanda e offerta. La conoscenza dei propri clienti, la
possibilità di condurre analisi sui loro profili e sulle propensioni d’acquisto creano
un prezioso bagaglio d’informazioni che costituisce una lega strategica
fondamentale, vero e proprio vantaggio competitivo, per intervenire in nuovi
mercati. «La gestione della catena virtuale del valore – avverte Valdani – non
comporta problemi di ordine tecnologico quanto, piuttosto, richiede la formazione
e il reperimento di competenze specifiche».
«La rivoluzione digitale» impone anche un rinnovamento dei sistemi di
commercializzazione dei beni e servizi che potrebbe comportare forme di totale o
parziale di disintermediazione dei tradizionali canali di vendita.


      La rete integrerà i servizi finanziari
La visione dominante nel sistema bancario vede in Internet una modalità di
accesso ai clienti più diretta, grazie alla connettività della rete, e un mezzo per
ridurre i costi della transazione, mantenendo sostanzialmente invariata la
struttura attuale del business system.
In realtà, stiamo assistendo ad un fenomeno che rende l’ informazione non solo
accessibile a tutti a costi quasi nulli, ma anche con contenuti di enorme
                                                                                    6
ricchezza. La conseguenza è che qualunque operatore può appropriarsi di parti
della banca e farne un business a sé stante.

Per esempio, oggi le PMI trovano nella banca un interlocutore importante.
Internet e gli standard collegati offrono la possibilità, a molti attori, di aggregare
in un unico punto una serie di informazioni oggi distribuite inmolteplici ambiti
(informazioni legali, amministrative, tributarie, su prodotti, agevolazioni, ecc…).
Gli attori di questa forma di “infomediation” potrebbero essere di origine non
bancaria: editori, operatori di TLC, directories, per citarne alcuni.
Se e quando qualcuno di questi attori diventerà il “navigatore” delle PMI allora il
passo per integrare nell’ offerta anche i servizi finanaziari sarà breve.

Un secondo esempio è la nascita negli Stati Uniti di mercati virtuali per lo
scambio di prodotti industriali, soprattutto commodities (acciaio, materie
plastiche e chimiche), ma sempre di più anche prodotti differenti (tessili e di
componentistica). In Italia, le imprese agili ma frammentate che operano nei
distretti industriali avrebbero benefici enormi dalla creazione di piattaforme simili
(CASO PORTALE ALLUMINIO – EDIMET,ECC.)
Quando nasceranno queste piattaforme, il passo per integrarvi i servizi finanziari,
anche ad alto valore aggiunto, sarà immediato ( VEDI ANCHE SITI BROKER
SULL’ ALLUMINIO).
Un tipico esempio di come Internet possa alterare la struttura del business
bancario è l’ impatto sull’ investment banking.
Il Nasdaq nel ’99 ha visto circa 450 nuove quotazioni (IPOs), per circa 47 miliardi
di dollari di valore di offerta. Con commissioni medie tra il 4% e il 7% per le
banche di investimento, questo flusso di quotazioni ha quindi generato più di 2
miliardi di ricavi.
Apparentemente, una vera manna. Ma, guardando le cose più a fondo, ci
accorgiamo che sempre più le e-companies hanno altri partner finanziari, che le
hanno accompagnate nella loro crescita prima della quotazione e che si sono
appropriati di quote ancora più significative del valore (VEDI ANCHE CAUSE
GIUDIZ. E RECENTI PRONUNCE CONSOB).
Partner evoluti, tecnicamente e finanziariamente: incubatori, laboratori, venture
capital funds, partner di sviluppo tecnologico.
A riprova del loro potenziale, c’è spesso (ma non sempre) la presenza capitale
delle stesse grandi investment bank.
Nella quotazione, se osserviamo le attività di sottoscrizione e distribuzione,
troviamo lo stesso trend di disintermediazione degli attori tradizionali, anche
questa volta grazie alla potenza distributiva di Internet.
Emergono infatti banche d’investimento Internet-based, capaci di effettuare
placing diretto su investitori al dettaglio:questi operatori sono capaci di ridurre i
costi informativi e i costi di transazione per gli investitori privati, generando così
un flusso di domanda di titoli attraente per la società che intende quotarsi, a
costi del40% più bassi rispetto al canale tradizionale.
Persino l’attività più tecnica di strutturazione dell’operazione e determinazione del
prezzo è destinata ad essere attaccata: in alcuni casi è stato possibile, tramite
Internet, far partecipare il singolo investitore all’emissione di nuove azioni
attraverso un‘asta olandese(il prezzo cala man mano che l’asta procede: quantità
offerta e tempo a disposizione sono limitati). In questo modo si riduce il potenziale
di rischio derivante da un errore di valutazione e si massimizza la realizzazione

                                                                                    7
del valore di mercato dell’azienda, evitando di assistere a quotazioni che
raggiungono il 600 % di apprezzamento il primo giorno di contrattazione, con un
evidente trasferimento di valore dell’ azienda ai primi aggiudicatari delle azioni.
Infine, già oggi si riconoscono moltiplicatori di valore delle e-companies sulla base
delle loro basi clienti. Una volta che tali moltiplicatori dovessero essere
sufficientemente diffusi e consolidati, grazie alla sempre più ampia presenza di
esempi di aziende simili sui mercati di tutto il mondo e alla diffusione delle
capacità di analisi di tali dati, il valore delle conoscenze cumulate delle
investment bank tradizionali sarà evaporato.


      Home banking,arma strategica per
      conquistare nuova clientela
Si prepara l’addio al tradizionale sportello bancario? E’ certo che lo sviluppo dei
nuovi servizi di banca telematica sta cambiando radicalmente le strategie degli
istituti di credito e i comportamenti della clientela.
All’inizio l’innovazione è arrivata con la banca telefonica (Phone Banking) che
permette di svolgere operazioni di bonifico sul conto corrente, di pagamento e di
intermediazione titoli attraverso il telefono. Un servizio che si è sviluppato
lentamente ma che ha subito conquistato una fascia di clientela evoluta, più
disponibile a recepire le novità tecnologiche.
Per le banche si è anche trattato del primo esperimento di canale alternativo allo
sportello e alle reti di promotori. I risultati sono stati confortanti, anche se
l’assistenza fornita dai call center non sempre si è rilevata all’altezza delle
richieste della clientela, soprattutto in giornate particolari come quelle festive in
cui, con la Borsa aperta e gli sportelli bancari chiusi, in alcuni casi si è verificato
sovraffollamento di richieste (d’acquisto o di informazioni) che sono state
soddisfatte.
L’avvento di Internet ha definitivamente modificato lo scenario dei canali bancari.
I primi a muoversi con rapidità sono stati gli istituti di media dimesione che
hanno visto nel trading on line e, più in generale, nei servizi di home banking sul
web, la possibilità di ampliare la clientela.
Secondo un recente rapporto della Salomon Smith Barney, “istituti di media
grandezza stanno utilizzando l’e-banking per guadagnare quote di mercato,
mentre i grandi gruppi bancari tendono a sviluppare l’ Internet banking solo in
chiave difensiva”.
In pratica, secondo Salomon, i big del credito sembrano limitarsi a offrire servizi
di home banking per evitare che la clientela più evoluta, non trovando nella
propria banca servizi innovativi, chiuda il conto corrente e si rivolga altrove.
I risultati preliminari di fine ’99 hanno evidenziato come operatori dinamici
abbiano acquistato nuova clientela (25-30 % del totale di conti online), clientela
che, attratta dalle basse commissioni del trading online, diventa poi per le banche
l’obbiettivo di una strategia di cross-selling che punta a vendere tutti i servizi
finanziari. In effetti l’e-banking è un potente mezzo di concorrenza tra istituti che
offrono servizi e assistenza migliori.

Ma la competizione comincia ad avvertirsi anche all’interno delle stesse banche ,
tra vecchi e nuovi canali di vendita.

                                                                                     8
Un’efficace strategia di e-banking, secondo i consulenti specializzati, paga solo se
organizzata in una più ampia politica di coordinamento dei canali di vendita.
Tra sportello bancario, rete di promotori, phone e web banking, trading online è
necessario evitare la cannibalizzazione.
Negli Stati Uniti alcuni gruppi finanziari hanno provato a giocare al carta della
concorrenza interna multicanale: tutti vendono tutto e chi è più bravo vince.
Ma la politica della concorrenza interna ha portato più svantaggi che vantaggi ed
è stata in gran parte abbandonata anche da chi, come il gruppo Prudential, ci
aveva puntato con decisione.
Oggi Prudential, che è uno dei leader mondiali nella vendita di servizi finanziari,
ha deciso di vendere alcuni prodotti come i fondi pensione solo attraverso la
banca virtuale Egg.
Per le istituzioni finanziarie l’e-banking rappresenta dunque una ghiotta
oppurtunità.
Chi non si muove rapidamente, rischia di essere spiazzato dalla concorrenza,
mentre il First Mover ha buone chances di conquistare nuovi clienti con un costo
di acquisizione che è sensibilmente più basso rispetto agli investimenti necessari
per aprire o rilevare nuovi sportelli bancari.
All’aumento della clientela e del numero di prodotti ad essa vendibili (soprattutto
quando si sviluppa l’e-commerce) si contrappone però un drastico calo delle
commissioni.
Comprare azioni online costa il 2 per mille, contro il 7 per mille pagato allo
sportello.
L’incremento della redditività complessiva delle banche potrà quindi avvenire solo
se, a fronte dello sviluppo delle operazioni fuori sportello, corrisponderà un taglio
dei costi del personale di front office che, inevitabilmente, risulterà in eccesso.
I nuovi servizi richiedono invece un aumento del personale di back office e dei call
center, oltre che l’incremento del numero dei promotori.
Per i dipendenti bancari lo sviluppo dell’ online rappresenta l’occasione per una
rapida riqualificazione professionale.

Forte di una massiccia e diffusa base di risparmio l’Italia corre sul Trading online
alle più alte velocità registrabili in Europa. Negli scorsi nove mesi il numero di
operatori è più che triplicato. E’ così la dinamica dei conti online.
Non solo l’impulso della finanza su Internet sta anche svegliando iniziative di
maggior respiro nel banking online su Internet, finalmente uscito dalla lunga fase
di incubazione degli anni scorsi.
Capofila di questo effetto a palla di neve è stata senza dubbio Fineco, prima
italiana nella classifica Idc a fine ’99. Ma i nomi sono molti altri. L’Italia, oggi, ha
forse il massimo numero di pretendenti a un titolo, tra tutti il più ambito.
Diverse società puntano allo sviluppo del primo possibile protagonista europeo
della finanza online sulle reti mobili, siano esse Gsm-Gprs o le future Umts.
Qui si concentrerà il gioco, secondo gli analisti di Idc.
E su questo terreno anche operatori europei contano di attaccare. Sia nomi nuovi
come Selftrade sia colossi come Cortal-Parlbas, Comdirect-Commerzbank e
Concors. Mentre a tutt’oggi manca una forte strategia d’ingresso da parte dei
grandi nomi americani.
Il rischio per gli operatori italiani, è però quello di legarsi troppo ai singoli gestori
mobili, invece di sviluppare effettive strategie a tutto campo.


                                                                                       9
Tanti nomi quindi, su una corsa ancora impiantata sulle strategie di marketing,
di massimizzazione delle quote di mercato e di guerra decisa sul prezzo dei
servizi.
Ma c’è da scommettere che l’accento, in pochi mesi, si sposterà sulla qualità e la
ricchezza dei nuovi portali di open finance.




      Il business corre negli incubatori
Per essere un infante con solo otto mesi di vita è cresciuto piuttosto in fretta:
oggi il settore degli incubatori di impresa “profit oriented” (escludendo quindi le
iniziative universitarie e di enti pubblici) associa quindici nomi (nuovi), ha un
portafoglio di fondi propri per gli investimenti di circa mille miliardi e “alleva” 38
nuove imprese, contando soltanto quelle già costituite e quelle sul mercato.
Sono questi tratti di una recente ricerca dell’Aifi (l’associazione italiana del
venture capital).
Per il 40% dei casi il gruppo degli incubatori italiani proviene dall’area finanza dei
venture capitalist e degli investitori dei capitali di rischio.
In realtà si tratta di un ecosistema nascente con ampi spazi ancora aperti anche
per la consulenza ai nuovi imprenditori, principalmente in termini di assistenza
per la redazione del business plan e per l’organizzazione aziendale.



        Considerazioni finali
1) Si può parlare di nuova fenomenologia delle relazioni finanziarie?

   a. Nuovi rapporti tra gli attori dei processi finanziari.
   b. Nuovi paradigmi di ruolo per la “finanza personale”?
   c. La tecnologia può cambiare la dialettica fra i soggetti del “rapporto
   finanziario”?
   d. Tecnofinanza: la finanza come utilizzo ma anche e soprattutto come veicolo
   di diffusione delle innovazioni tecnologiche.
   e. L’operatore finanziario come “mediatore tecnologico” come partner delle
   imprese e del privato per la diffusione delle possibilità offerte dallo sviluppo
   tecnologico e come fornitore di NETWORK anche tecnologico.

2) Diffusione e utilizzo “proprio” delle tecnologie nel Mezzogiorno?

   Le analisi dei mercati sia nell’ottica delle imprese (operanti e non nella c.d.
   New Economy) che nell’ottica degli utenti/consumatori sembrano fornire dati
   confortanti in termini di “diffusione quantitativa” nel Mezzogiorno ma,
   purtroppo, di segno opposto per quanto riguarda la “qualità” degli utilizzi
   attuali.




                                                                                   10
Appendice - Figure e grafici




                Fig. 1 - Previsione trend numero utenti e-banking




        Fig. 2 - Previsione percentuale di crescita mercato potenziale




                                                                         11
Fig. 3 Ripartizione incidenza singole componenti fornitura
“soluzioni informatiche” in percentuale sul totale del pacchetto




          Fig. 4 - Previsione investimenti hi-tech Banche




                                                                   12
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Il ruolo della tecnologia nella genesi ..

  • 1. Dr. Sergio GUIDA IL RUOLO DELLA TECNOLOGIA NELLA GENESI DEI PROCESSI FINANZIARI INNOVATIVI CONVEGNO C.I.S.I. PUGLIA – TARANTO 1° dicembre 2000
  • 2. INDICE Premessa 3 Essere digitali 4 Conoscenza, fonte di business 5 La rete integrerà i servizi finanziari 6 Home banking, arma strategica per conquistare 8 nuova clientela Il business corre negli incubatori 10 Considerazioni finali 10 Appendice - Figure e grafici 11 2
  • 3. Premessa “I bit non sono commestibili; in questo senso essi non possono togliere la fame. I computer non hanno morale; non possono risolvere problemi come il diritto alla vita o alla morte. Ciò non di meno, l’ avvento del mondo digitale offre motivi di ottimismo. Come una forza della natura, l’era digitale non può essere rifiutata o fermata. Essa ha quattro punti di forza, che porteranno al suo definitivo trionfo: decentramento, globalizzazione, armonizzazione e potenziamento umano”. Nicholas Negroponte 3
  • 4. Essere digitali Nicholas Negroponte, figura carismatica del Media Lab, nonché professore di Tecnologia dei mezzi di comunicazione del Massachusettes Institute of Technology, si è da sempre interessato alle innovazioni tecnologiche digitali. Partendo dall’assunto che il costo dei computer continua a diminuire , mentre la loro presenza si fa sempre più dirompente, Negroponte delinea il quadro d’insieme delle trasformazioni (presenti e future) apportate dall’introduzione sempre più persuasiva del digitale nella vita quotidiana. Ormai serve una strategia di sopravvivenza (sfruttamento intelligente) nell’ambito dei newmedia, sia in veste di produttori che di consumatori (sempre più uniti nella figura ibrida del prosumer). Dal concetto di interfaccia (luogo deputato per natura all’incontro tra uomo e macchina), fino ai mutamenti radicali che investono - o investiranno in un futuro piuttosto prossimo – società ed individui. Si vede quindi come, nella sua struttura, il processo già in corso di progressivo e necessario adattamento della macchina all’uomo (e non viceversa). Anche i temi sono molteplici: televisione ad alta definizione, televisione via cavo, Video on Demand, fibre ottiche, compressione dei dati, satelliti, modelli reticolari, CD-ROM, multimedia, ipermedia, fax, grafica computerizzata, copyright, realtà virtuale, pixel, dataland, windows e icone, sintesi vocale, tattilità, teleconferenze, robot, multisensorialità, autostrade digitali, intelligenza artificiale, netiquette ed e-mail. E’ possibile comunque enucleare dei concetti cardine. In primo luogo richiamerei l’ormai classica idea forte di Negroponte di maggiordomo digitale: vista la proliferazione smisurata di informazioni, è inevitabile, ed anzi auspicabile, l’ausilio del computer come filtro intelligente nella selezione e nella scelta della loro priorità, in base ovviamente alle preferenze dell’utente. Intorno a questo concetto ruotano sostanzialmente tutti gli altri. Ad esempio la tautologia “i bit sono bit”, indica neutralità dei bit che sono in grado di trasportare qualsiasi tipo di informazione: questo spiega non solo la frase di McLuhan “nel mondo digitale il mezzo non è più messaggio”, ma dà anche una nuova chiave di lettura al concetto di multimedialità: sarà infatti possibile fruire un certo messaggio nella forma mediale che più si riterrà opportuna o divertente (Negroponte parla di previsioni del tempo mostrate all’utente finale come semplici diagrammi, testo o spiegati a voce dal nostro cartoon preferito). Grazie ad un intelligenza diffusa e decentralizzata nelle macchine (persino gli elettrodomestici) ed alla possibilità di scambiarsi bit sarà possibile sincronizzare ed ottimizzare le risorse spesso già presenti nelle apparecchiature odierne. A tal proposito, un’altra delle importanti conclusioni alle quali arriva Negroponte è che - troppo impegnati a discutere sul passaggio dall’era industriale a quella post-industriale (o dell’informazione) – non ci siamo neppure accorti di essere entrati in una nuova era, quella della post-informazione. Se prima infatti l’ informazione era ancora prodotta in base ad un’economia di scala, oggi il pubblico spesso si riduce ad una sola persona. E’ già possibile, grazie anche ai maggiordomi virtuali, realizzare dei giornali “su misura” (l’uomo è misura di tutte le cose). “L’informazione su richiesta dominerà l’epoca digitale” e la produzione e lo scambio sembrano già essersi spostate dagli atomi ai bit. 4
  • 5. Conoscenza, fonte di business Su cosa si basa l’economia digitale? Secondo un recente studio di Valdani & Associati, la c.d.New economy poggia su quattro fondamenti: 1. la diffusione e l’affermazione di Internet quale protocollo standard; 2. la pervasività dell’interconessione elettronica tra oggetti, persone, aziende ed enti; 3. la separazione dell’economia delle “cose fisiche” da quella basata, invece, sulla conoscenza e sull’informazione; 4. il superamento del compromesso tra la varietà dell’offerta (richness) e l’ampiezza della facoltà (reach) nel raggiungere e collegare persone, aziende e le istituzioni. In merito al primo punto, mai prima di Internet si era verificata l’adozione generalizzata di uno standard universale, comune a tutti». Questo ha permesso a Internet di diventare come la conosciamo adesso: un veicolo planetario capace di distribuire informazioni e conoscenza attraverso le pagine ipertestuali, ancora una volta standard, del World Wide Web. Per quanto concerne il secondo elemento, il collegamento digitale tra i membri di un tessuto socioeconomico e produttivo porta alla creazione di un sistema di comunicazione globale che permette lo scambio non solo di dati e informazioni ma anche di beni e servizi. L’interconnessione è quindi l’intelaiatura di base sulla quale si regge la nascente economia di rete. Essa fa appunto leva su inediti livelli di dialogo e di interazione tra pluralità di soggetti facilitando, così la creazione di comunità virtuali che trovano espressione nei portali verticali e orizzontali. Tra l’altro, fa notare Valdani, l’evoluzione tecnologica comporta un progressivo aumento della larghezza di banda delle reti, anche quelle senza filo, ossia la “portata” delle autostrade dell’informazione. Un passo in avanti nella costituzione di un sistema economico planetario basato sulla grande Rete è costituito dalla disponibilità di soluzioni per Internet ad alta velocità quali, per esempio, le fibre ottiche o “alchimie” elettroniche come l’Adsl (Assymmetric digital subscriber line). Il terzo elemento fondamentale della New economy verte, come accennato sulla distinzione in atto fra l’economia basata sui beni fisici e quella fondata sullo scambio delle conoscenze. «Nell’economia tradizionale – dice Valdani – le attività possono essere dipartite fra quelle basate sull’impiego di capitale e quelle incentrate sull’uso del lavoro. Inoltre i beni e le informazioni sono strettamente nello stesso ambito economico». Nel processo di trasformazione indotto dall’era digitale, l’informazione ha assunto il ruolo di fattore di produzione ed è diventata un elemento fondamentale dei modelli di business delle imprese. La dissociazione “cose” della “conoscenza” comporta la creazione di due distinte , benché complementari, catene di generazione del valore. Questo si palesa nella distinzione, di stringente attualità, tra 5
  • 6. il cosiddetto “market place» basato sulla fisicità e il «market space», il mondo virtuale della conoscenza e dell’informazione. «Le imprese ed organizzazioni – dice Valdani- si trovano quindi a dover agire e competere contemporaneamente su due mondi». La New economy impone quindi una duplice sfida: le aziende devono essere in grado di generare valore in entrambi gli ambiti, seguendo modelli operativi differenti. Questo implica un totale ridisegno dei processi interni a supporto delle attività esterne, quelle sul market space di Internet, le quali concorrono, a loro volta, a creare nuove opportunità di business. Il quarto punto di base della nuova economia verte, infine, sull’annullamento del « trade off » (reso possibile dalla scissione delle “cose” dalla conoscenza) tra ampiezza d’offerta, intesa anche come possibilità di personalizzare l’informazione in funzione dei bisogni del ricevente, e la quantità di informazioni che possono essere trasmesse. La tecnologia analogica non permette la diffusine di informazioni ad hoc e in grandi quantità a un pubblico vastissimo. Al contrario, la televisione digitale interattiva e i sistemi multimediali di Internet forniscono a un maggior numero di persone contenuti calibrati su esigenze specifiche. Parimenti gli electronic trader, erogano servizi personalizzati (in modo simile a quanto offerto da un agente di cambio, capace di seguire i clienti uno per uno) pur agendo su un pubblico più ampio di quello di una banca. «Nei nascenti mercati virtuali – spiega Valdani – la conoscenza è la chiave del successo insieme alla creazione di nuovi paradigmi tesi a instaurare uno stretto rapporto fiduciario tra proponente ed acquirente». Fondamentali risultano pertanto i sistemi informativi Crm (Customer relationship management) che sopportano i processi di fidelizzazione e ritenzione dei consumatori. Internet agevola queste funzioni poiché, superando il vincolo classico tra l’imitazione dell’offerta e ampiezza dei contatti possibili, consente di realizzare inedite modalità d’interazione fra acquirenti e produttori, istaurando quindi una sorta di dialogo virtuale tra domanda e offerta. La conoscenza dei propri clienti, la possibilità di condurre analisi sui loro profili e sulle propensioni d’acquisto creano un prezioso bagaglio d’informazioni che costituisce una lega strategica fondamentale, vero e proprio vantaggio competitivo, per intervenire in nuovi mercati. «La gestione della catena virtuale del valore – avverte Valdani – non comporta problemi di ordine tecnologico quanto, piuttosto, richiede la formazione e il reperimento di competenze specifiche». «La rivoluzione digitale» impone anche un rinnovamento dei sistemi di commercializzazione dei beni e servizi che potrebbe comportare forme di totale o parziale di disintermediazione dei tradizionali canali di vendita. La rete integrerà i servizi finanziari La visione dominante nel sistema bancario vede in Internet una modalità di accesso ai clienti più diretta, grazie alla connettività della rete, e un mezzo per ridurre i costi della transazione, mantenendo sostanzialmente invariata la struttura attuale del business system. In realtà, stiamo assistendo ad un fenomeno che rende l’ informazione non solo accessibile a tutti a costi quasi nulli, ma anche con contenuti di enorme 6
  • 7. ricchezza. La conseguenza è che qualunque operatore può appropriarsi di parti della banca e farne un business a sé stante. Per esempio, oggi le PMI trovano nella banca un interlocutore importante. Internet e gli standard collegati offrono la possibilità, a molti attori, di aggregare in un unico punto una serie di informazioni oggi distribuite inmolteplici ambiti (informazioni legali, amministrative, tributarie, su prodotti, agevolazioni, ecc…). Gli attori di questa forma di “infomediation” potrebbero essere di origine non bancaria: editori, operatori di TLC, directories, per citarne alcuni. Se e quando qualcuno di questi attori diventerà il “navigatore” delle PMI allora il passo per integrare nell’ offerta anche i servizi finanaziari sarà breve. Un secondo esempio è la nascita negli Stati Uniti di mercati virtuali per lo scambio di prodotti industriali, soprattutto commodities (acciaio, materie plastiche e chimiche), ma sempre di più anche prodotti differenti (tessili e di componentistica). In Italia, le imprese agili ma frammentate che operano nei distretti industriali avrebbero benefici enormi dalla creazione di piattaforme simili (CASO PORTALE ALLUMINIO – EDIMET,ECC.) Quando nasceranno queste piattaforme, il passo per integrarvi i servizi finanziari, anche ad alto valore aggiunto, sarà immediato ( VEDI ANCHE SITI BROKER SULL’ ALLUMINIO). Un tipico esempio di come Internet possa alterare la struttura del business bancario è l’ impatto sull’ investment banking. Il Nasdaq nel ’99 ha visto circa 450 nuove quotazioni (IPOs), per circa 47 miliardi di dollari di valore di offerta. Con commissioni medie tra il 4% e il 7% per le banche di investimento, questo flusso di quotazioni ha quindi generato più di 2 miliardi di ricavi. Apparentemente, una vera manna. Ma, guardando le cose più a fondo, ci accorgiamo che sempre più le e-companies hanno altri partner finanziari, che le hanno accompagnate nella loro crescita prima della quotazione e che si sono appropriati di quote ancora più significative del valore (VEDI ANCHE CAUSE GIUDIZ. E RECENTI PRONUNCE CONSOB). Partner evoluti, tecnicamente e finanziariamente: incubatori, laboratori, venture capital funds, partner di sviluppo tecnologico. A riprova del loro potenziale, c’è spesso (ma non sempre) la presenza capitale delle stesse grandi investment bank. Nella quotazione, se osserviamo le attività di sottoscrizione e distribuzione, troviamo lo stesso trend di disintermediazione degli attori tradizionali, anche questa volta grazie alla potenza distributiva di Internet. Emergono infatti banche d’investimento Internet-based, capaci di effettuare placing diretto su investitori al dettaglio:questi operatori sono capaci di ridurre i costi informativi e i costi di transazione per gli investitori privati, generando così un flusso di domanda di titoli attraente per la società che intende quotarsi, a costi del40% più bassi rispetto al canale tradizionale. Persino l’attività più tecnica di strutturazione dell’operazione e determinazione del prezzo è destinata ad essere attaccata: in alcuni casi è stato possibile, tramite Internet, far partecipare il singolo investitore all’emissione di nuove azioni attraverso un‘asta olandese(il prezzo cala man mano che l’asta procede: quantità offerta e tempo a disposizione sono limitati). In questo modo si riduce il potenziale di rischio derivante da un errore di valutazione e si massimizza la realizzazione 7
  • 8. del valore di mercato dell’azienda, evitando di assistere a quotazioni che raggiungono il 600 % di apprezzamento il primo giorno di contrattazione, con un evidente trasferimento di valore dell’ azienda ai primi aggiudicatari delle azioni. Infine, già oggi si riconoscono moltiplicatori di valore delle e-companies sulla base delle loro basi clienti. Una volta che tali moltiplicatori dovessero essere sufficientemente diffusi e consolidati, grazie alla sempre più ampia presenza di esempi di aziende simili sui mercati di tutto il mondo e alla diffusione delle capacità di analisi di tali dati, il valore delle conoscenze cumulate delle investment bank tradizionali sarà evaporato. Home banking,arma strategica per conquistare nuova clientela Si prepara l’addio al tradizionale sportello bancario? E’ certo che lo sviluppo dei nuovi servizi di banca telematica sta cambiando radicalmente le strategie degli istituti di credito e i comportamenti della clientela. All’inizio l’innovazione è arrivata con la banca telefonica (Phone Banking) che permette di svolgere operazioni di bonifico sul conto corrente, di pagamento e di intermediazione titoli attraverso il telefono. Un servizio che si è sviluppato lentamente ma che ha subito conquistato una fascia di clientela evoluta, più disponibile a recepire le novità tecnologiche. Per le banche si è anche trattato del primo esperimento di canale alternativo allo sportello e alle reti di promotori. I risultati sono stati confortanti, anche se l’assistenza fornita dai call center non sempre si è rilevata all’altezza delle richieste della clientela, soprattutto in giornate particolari come quelle festive in cui, con la Borsa aperta e gli sportelli bancari chiusi, in alcuni casi si è verificato sovraffollamento di richieste (d’acquisto o di informazioni) che sono state soddisfatte. L’avvento di Internet ha definitivamente modificato lo scenario dei canali bancari. I primi a muoversi con rapidità sono stati gli istituti di media dimesione che hanno visto nel trading on line e, più in generale, nei servizi di home banking sul web, la possibilità di ampliare la clientela. Secondo un recente rapporto della Salomon Smith Barney, “istituti di media grandezza stanno utilizzando l’e-banking per guadagnare quote di mercato, mentre i grandi gruppi bancari tendono a sviluppare l’ Internet banking solo in chiave difensiva”. In pratica, secondo Salomon, i big del credito sembrano limitarsi a offrire servizi di home banking per evitare che la clientela più evoluta, non trovando nella propria banca servizi innovativi, chiuda il conto corrente e si rivolga altrove. I risultati preliminari di fine ’99 hanno evidenziato come operatori dinamici abbiano acquistato nuova clientela (25-30 % del totale di conti online), clientela che, attratta dalle basse commissioni del trading online, diventa poi per le banche l’obbiettivo di una strategia di cross-selling che punta a vendere tutti i servizi finanziari. In effetti l’e-banking è un potente mezzo di concorrenza tra istituti che offrono servizi e assistenza migliori. Ma la competizione comincia ad avvertirsi anche all’interno delle stesse banche , tra vecchi e nuovi canali di vendita. 8
  • 9. Un’efficace strategia di e-banking, secondo i consulenti specializzati, paga solo se organizzata in una più ampia politica di coordinamento dei canali di vendita. Tra sportello bancario, rete di promotori, phone e web banking, trading online è necessario evitare la cannibalizzazione. Negli Stati Uniti alcuni gruppi finanziari hanno provato a giocare al carta della concorrenza interna multicanale: tutti vendono tutto e chi è più bravo vince. Ma la politica della concorrenza interna ha portato più svantaggi che vantaggi ed è stata in gran parte abbandonata anche da chi, come il gruppo Prudential, ci aveva puntato con decisione. Oggi Prudential, che è uno dei leader mondiali nella vendita di servizi finanziari, ha deciso di vendere alcuni prodotti come i fondi pensione solo attraverso la banca virtuale Egg. Per le istituzioni finanziarie l’e-banking rappresenta dunque una ghiotta oppurtunità. Chi non si muove rapidamente, rischia di essere spiazzato dalla concorrenza, mentre il First Mover ha buone chances di conquistare nuovi clienti con un costo di acquisizione che è sensibilmente più basso rispetto agli investimenti necessari per aprire o rilevare nuovi sportelli bancari. All’aumento della clientela e del numero di prodotti ad essa vendibili (soprattutto quando si sviluppa l’e-commerce) si contrappone però un drastico calo delle commissioni. Comprare azioni online costa il 2 per mille, contro il 7 per mille pagato allo sportello. L’incremento della redditività complessiva delle banche potrà quindi avvenire solo se, a fronte dello sviluppo delle operazioni fuori sportello, corrisponderà un taglio dei costi del personale di front office che, inevitabilmente, risulterà in eccesso. I nuovi servizi richiedono invece un aumento del personale di back office e dei call center, oltre che l’incremento del numero dei promotori. Per i dipendenti bancari lo sviluppo dell’ online rappresenta l’occasione per una rapida riqualificazione professionale. Forte di una massiccia e diffusa base di risparmio l’Italia corre sul Trading online alle più alte velocità registrabili in Europa. Negli scorsi nove mesi il numero di operatori è più che triplicato. E’ così la dinamica dei conti online. Non solo l’impulso della finanza su Internet sta anche svegliando iniziative di maggior respiro nel banking online su Internet, finalmente uscito dalla lunga fase di incubazione degli anni scorsi. Capofila di questo effetto a palla di neve è stata senza dubbio Fineco, prima italiana nella classifica Idc a fine ’99. Ma i nomi sono molti altri. L’Italia, oggi, ha forse il massimo numero di pretendenti a un titolo, tra tutti il più ambito. Diverse società puntano allo sviluppo del primo possibile protagonista europeo della finanza online sulle reti mobili, siano esse Gsm-Gprs o le future Umts. Qui si concentrerà il gioco, secondo gli analisti di Idc. E su questo terreno anche operatori europei contano di attaccare. Sia nomi nuovi come Selftrade sia colossi come Cortal-Parlbas, Comdirect-Commerzbank e Concors. Mentre a tutt’oggi manca una forte strategia d’ingresso da parte dei grandi nomi americani. Il rischio per gli operatori italiani, è però quello di legarsi troppo ai singoli gestori mobili, invece di sviluppare effettive strategie a tutto campo. 9
  • 10. Tanti nomi quindi, su una corsa ancora impiantata sulle strategie di marketing, di massimizzazione delle quote di mercato e di guerra decisa sul prezzo dei servizi. Ma c’è da scommettere che l’accento, in pochi mesi, si sposterà sulla qualità e la ricchezza dei nuovi portali di open finance. Il business corre negli incubatori Per essere un infante con solo otto mesi di vita è cresciuto piuttosto in fretta: oggi il settore degli incubatori di impresa “profit oriented” (escludendo quindi le iniziative universitarie e di enti pubblici) associa quindici nomi (nuovi), ha un portafoglio di fondi propri per gli investimenti di circa mille miliardi e “alleva” 38 nuove imprese, contando soltanto quelle già costituite e quelle sul mercato. Sono questi tratti di una recente ricerca dell’Aifi (l’associazione italiana del venture capital). Per il 40% dei casi il gruppo degli incubatori italiani proviene dall’area finanza dei venture capitalist e degli investitori dei capitali di rischio. In realtà si tratta di un ecosistema nascente con ampi spazi ancora aperti anche per la consulenza ai nuovi imprenditori, principalmente in termini di assistenza per la redazione del business plan e per l’organizzazione aziendale. Considerazioni finali 1) Si può parlare di nuova fenomenologia delle relazioni finanziarie? a. Nuovi rapporti tra gli attori dei processi finanziari. b. Nuovi paradigmi di ruolo per la “finanza personale”? c. La tecnologia può cambiare la dialettica fra i soggetti del “rapporto finanziario”? d. Tecnofinanza: la finanza come utilizzo ma anche e soprattutto come veicolo di diffusione delle innovazioni tecnologiche. e. L’operatore finanziario come “mediatore tecnologico” come partner delle imprese e del privato per la diffusione delle possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico e come fornitore di NETWORK anche tecnologico. 2) Diffusione e utilizzo “proprio” delle tecnologie nel Mezzogiorno? Le analisi dei mercati sia nell’ottica delle imprese (operanti e non nella c.d. New Economy) che nell’ottica degli utenti/consumatori sembrano fornire dati confortanti in termini di “diffusione quantitativa” nel Mezzogiorno ma, purtroppo, di segno opposto per quanto riguarda la “qualità” degli utilizzi attuali. 10
  • 11. Appendice - Figure e grafici Fig. 1 - Previsione trend numero utenti e-banking Fig. 2 - Previsione percentuale di crescita mercato potenziale 11
  • 12. Fig. 3 Ripartizione incidenza singole componenti fornitura “soluzioni informatiche” in percentuale sul totale del pacchetto Fig. 4 - Previsione investimenti hi-tech Banche 12
  • 13. 13