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LA CASA DELL’ANGELO CADUTO



Ruben arrivò finalmente nella sua nuova casa Londinese. Una
bellissima casa a due piani che grazie al suo nuovo lavoro alla BD
Informatica poteva permettersi.
Una sensazione di stanchezza profonda colse Ruben proprio mentre
disfaceva l’ultima valigia. Era notte ormai.
Fino ad allora non aveva sentito la stanchezza del viaggio ma
improvvisamente il sonno s’impossessò dei suoi occhi.
Lasciò lì la valigia aperta e si mise a letto.
Con lo sguardo fisso sul soffitto, Ruben si perse nei suoi
pensieri. Era un bel ragazzo. Un ragazzo molto curato. Abbatteva
così il preconcetto degli abitanti di città secondo il quale gli
abitanti della provincia fossero tutti rozzi e bifolchi. Ruben
invece aveva un portamento regale e un modo di fare deciso. Aveva
dei bei capelli neri che gli scivolavano con leggerezza sulle
spalle e sul viso, coprendogli gli splendidi occhi verdi. Era
sempre stato un rubacuori Ruben, e ora che era in città non aveva
alcuna intenzione di smettere. Anzi, non vedeva l’ora di provare
il brivido del corteggiamento alle ragazze di città e di
assaporare e sentire il profumo delle donne di Londra; a patto che
la sua “caccia” non interferisse mai con il lavoro. Aveva sudato
tantissimo per arrivare ad occupare un posto come programmatore in
un’azienda così importante e non avrebbe permesso a nessuno di
interferire con la sua carriera. Aveva già in mente qualche
progetto interessante da sottoporre alla direzione e aveva ben
chiaro l’atteggiamento da avere in ufficio: Umile e deferente.
Voleva far credere a tutti che il nuovo arrivato non fosse altro
che un sempliciotto di provincia, illudere i suoi colleghi che lui
era uno sfigato che non sarebbe andato lontano. Avrebbe poi
aspettato il momento giusto per piazzare la zampata vincente che
nessuno si sarebbe aspettato avendolo sottovalutato dall’inizio.
Era così che era arrivato a quel posto di lavoro e sarebbe stato
così che sarebbe avanzato nelle mansioni fino ad arrivare al
dov’era adesso. Proprio mentre, con un leggero sorriso stampato in
faccia, Ruben pregustava gli effetti che avrebbe avuto la sua
tattica, Si addormentò stravolto dalle fatiche del viaggio.
Il sonno profondo del giovane scalatore aziendale fu spezzato da
un tonfo sordo ma rumoroso proveniente da un’altra stanza della
casa.
Ancora mezzo addormentato, Ruben andò verso il bagno e dovette
stropicciarsi gli occhi per mettere a fuoco qualcosa che gli
sembrò del tutto irreale.
Tutta la stanza era sporca di sangue. I muri erano ricoperti di
schizzi filiformi che si estendevano fino al soffitto. Il
pavimento presentava grosse pozze rosse e maleodoranti di sangue
fresco. A Ruben sembrò di essere entrato nei sotterranei di una
macelleria dove il macellaio, con mano esperta, Smembra le carni
delle carcasse. Da giovane aveva lavorato in una macelleria. In
quella stanza c’era la stessa, nauseabonda, puzza di morte. Con la
bocca spalancata dalla sorpresa e un senso di disgusto ad
attanagliargli lo stomaco, Ruben notò un altro dettaglio che lo
fece rabbrividire.
C’era una donna in quel bagno, stesa per terra, ripiegata su sé
stessa come un feto, ricoperta anche lei da grossi schizzi di
sangue, con la pelle attraversata da profonde cicatrici, i
lunghissimi capelli neri impiastricciati dal sangue, gli occhi
chiusi in un sonno innaturale. Nuda. Completamente nuda in quel
delirio di sangue.
Dopo l’intontimento iniziale, Ruben si allarmò e corse verso la
donna, la prese in braccio e la portò al piano di sotto, la
avvolse in due coperte e la pose supina sul divano. Si sedette di
fronte a lei, dove vedeva fuoriuscire la testa della sconosciuta.
Nonostante fosse ridotta male, la misteriosa ragazza era di una
bellezza unica, il fisico perfetto era deturpato dalle ferite, la
pelle candida era macchiata dal sangue.
Ruben la fissava inorridito e affascinato. Non gli passò neanche
minimamente per la testa l’idea di chiamare la polizia o chiedere
aiuto a qualcuno.
Proprio mentre Ruben vagava con la fantasia per capire cosa stesse
accadendo, la donna ebbe un piccolo sussulto e aprì lentamente gli
occhi, i suoi occhi avevano il colore azzurro del cielo in una
giornata serena.
Ruben si avvicinò a lei frettolosamente:
<<Stai bene?>>
La giovane lo guardò con gli occhi spalancati e l’iniziale
sorpresa sul suo viso si trasformò in gioia:
<<Sì! Sto bene>> rispose sorridendo.

Ruben e la donna misteriosa erano nella spaziosa cucina della
nuova casa londinese di lui.
La donna era seduta a tavola, Ruben gli aveva preparato uova e
pancetta come solo un buon inglese saprebbe fare e gli aveva
spremuto personalmente le arance per quel grosso bicchiere pieno
di succo che lei fissava quasi sorpresa.
Il giovane ventiduenne si sedette di fronte a lei. Il cibo era
ancora immacolato sulla tavola:
<<Non mangi? Sarai affamata.>> disse Ruben.
La ragazza rimase con lo sguardo basso senza proferire parola.
Ruben allora addolcì il tono della voce e cambiò argomento:
<<Come ti chiami? Che ci facevi in quel bagno? Come mai sei
ferita?>>
Nessuna risposta provenne dalla ragazza.
Ruben si alzò sconsolato e tornò verso l’angolo cottura della
cucina e, proprio mentre voltò le spalle, la flebile vocina della
ragazza lo fermò:
<<Tu mi vedi… vero?>>
<<Sì…>> rispose Ruben, sorpreso dalla domanda.
La ragazza si alzò in piedi lasciando cadere le coperte che la
coprivano e rimanendo di nuovo nuda:
<<Allora sei tu! Finalmente!>>
Al finire di questa frase, dalle spalle della donna fuoriuscirono
due grosse e piumose ali nere che si estendevano per tutta la
stanza inebriandola di un dolce profumo mentre decine di piume
nere come la pece fluttuavano nella stanza in un balletto
dall’aria divina.
Alla visione di quelle ali, Ruben rimase stranamente calmo.
Si avvicinò a una delle ali e la accarezzò come si accarezza un
cucciolo:
<<Sei… un angelo?>> chiese, come se in cuor suo sapesse quello che
stava succedendo.
La donna ritrasse le ali e si avvicinò al ragazzo e, fissandolo
negli occhi, gli disse:
<<Sì, e sono qui per te>>.

Parlarono fino all’alba nell’atmosfera irreale che si creò in
quella casa.
Ruben iniziò a chiamare quella donna “Angela” in modo affettuoso,
quasi romantico.
Angela era in quella casa da secoli, nessuno l’aveva vista prima
d’ora. Solo una persona dal cuore candido l’avrebbe vista e Ruben
sembrava essere il prescelto.
L’angelo era ridotto così a causa dei peccati degli uomini.
Era stata mandata sulla terra con un compito importante: doveva
accertarsi della situazione degli uomini e riferirla direttamente
all’onnipotente. Una volta arrivata sulla terra, però, gli orrori
che la popolavano la indebolirono e la ridussero a poco più di un
verme strisciante. Non aveva più la forza di tornare al mondo
celeste e di informare del male che regnava sulla terra.
<<Perché hai detto di essere qui per me?>>.
Angela sorrise e accarezzò il volto di Ruben:
<<Perché tu eliminerai il male per me.>>
Ruben non seppe come controbattere a tale affermazione e rimase in
silenzio ad ascoltare la celestiale voce di Angela:
<<Tu hai un cuore candido, Ruben. Ad un essere umano come te, io
posso affidare gli occhi del peccato>>.
<<Occhi del peccato?>> irruppe un curioso Ruben.
<<Si…>> riprese Angela:
<<…Ti basterà toccare la pelle di un altro essere umano e vedrai i
suoi peccati e potrai giudicarlo in base a questo. Quando troverai
una persona davvero malvagia, tu dovrai eliminarla. Dovrai
ucciderla e portarmi il suo cuore. Cibandomi di esso le mie ferite
pian piano guariranno. Maggiori saranno i peccati della tua
vittima e maggiori saranno i miei miglioramenti. Quando finalmente
riavrò tutte le forze che avevo prima, tornerò nel mondo celeste e
Colui che tutto può, giudicherà il vostro mondo com’è giusto che
sia.>>

Per adempiere al suo nuovo dovere, Ruben doveva avere libertà di
azione e i suoi orari di lavoro erano un problema. Il problema,
però fu risolto facilmente. Ruben strinse la mano al direttore
della sua azienda e i peccati di quest’ultimo furono rivelati. Il
suo direttore era arrivato ad occupare quella posizione importante
sfruttando delle ragazze che arrivavano in paese clandestinamente.
Lui le comprava e le faceva prostituire per lui. Convincerlo a
pagare lo stipendio di Ruben nonostante il giovane non si
presentasse mai a lavoro non fu difficile. Ruben conosceva i suoi
peccati, gli bastò fargli credere che avesse delle prove che
avrebbero fatto gola alla stampa.
Ruben non uccise il suo direttore. Si sorprese di sé stesso quando
si rese conto che avrebbe voluto ma che non lo fece solo perché la
mucca da latte non si ammazza. Che il potere di vita e di morte lo
stesse già corrompendo?
Per essere sicuro di non sbagliare. Di non uccidere persone che
avevano fatto solo peccati che, a seconda di ogni individuo,
potevano essere considerati veniali o gravi, Ruben si fissò un
obiettivo ben preciso. In tutto il mondo l’omicidio è considerato
un peccato mortale, un crimine orrendo. Serial killer.
Solo quelle due parole gli davano i brividi. Se fosse riuscito a
trovarne, Angela sarebbe guarita molto in fretta.
L’essere celeste, ormai soprannominato Angela, disse di essere
d’accordo. Anzi, avrebbe usato i pochi poteri che gli erano
rimasti per aiutare Ruben. Per confondere le guardie carcerarie
che tenevano alcuni individui sospettati in carceri di massima
sicurezza. Confonderli al punto da accompagnare Ruben fin dentro
le celle dove erano isolati.
Fu così che Ruben si procurò i primi cuori malvagi. Man mano che
li portava ad Angela, i poteri della creatura divina aumentarono
e, presto, l’essere alato fu in grado di individuare l’ubicazione
dei serial killer nascosti. Una squadra omicida perfetta: l’essere
divino era la mente, l’essere umano era il braccio. Una crociata
dei tempi moderni.
Per anni Ruben viaggiò per il mondo in cerca di assassini seriali
ai quali strappare via il cuore. Era tutto molto più facile per
Ruben che per un qualsiasi poliziotto o detective. Lui aveva
l’aiuto divino. Tanti i serial killer uccisi: David Berkowitz,
Donato Bilancia, Ed Kemper, Pedro Lopez, Dexter Morgan, Robert
Pickton, Richard Ramirez.
Trovava quelli in libertà e li sgozzava prima di strappargli il
cuore. Trasportava il cuore in contenitori termici pieni di
ghiaccio. Gli stessi che usano i medici quando trasportano organi.
Nessuno gli faceva domande sul contenitore che si portava
appresso. Angela faceva in modo che nessuno si accorgeva che lo
aveva con se.
Finiti i suoi “lavori”, nessuno riusciva a risalire a lui.
Ma il momento preferito da Ruben era quando Angela poteva
finalmente cibarsi del cuore delle vittime.
In realtà era un rituale. Angela s’inginocchiava e aveva il suo
“pasto” tra le mani, lo sguardo verso l’alto e la pronuncia di
parole incomprensibili anticipavano lo scaraventarsi sull’organo
umano che veniva divorato pezzo dopo pezzo. Finito il pasto Angela
si alzava in piedi, la bocca grondante sangue, gli occhi di un
azzurro opaco e tetro, liberava un urlo potente e innaturale come
solo una creatura celeste potrebbe fare, un urlo straziante di
dolore indicibile dopo il quale le sue ferite si rimarginavano
pian piano.

Arrivò il giorno dei 33 anni di Ruben. 11 anni di attività e 78
morti.
Angela andò da lui. Le ferite e il sangue erano solo un ricordo.
Adesso Angela era una donna bellissima. La sua pelle candida
contrastava con i suoi capelli corvini e trovava la perfezione nei
suoi occhi azzurri.
Angela andò da lui come quando la vide la prima volta: nuda.
Si avvicinò al giovane, gli accarezzò il viso e dispiegò le sue
enormi ali nere. L’essere divino guardò Ruben negli occhi e
avvicinò le sue labbra a quelle del giovane, gli sussurrò <<buon
compleanno…>> e lo baciò passionalmente.
Un lungo bacio che Ruben attendeva da tempo e che solo la paura
della reazione di una creatura celeste gli impediva di cercare. Il
suo corpo vibrava di piacere ed emozione. Si era innamorato di un
angelo? Attendeva quel bacio da così tanto tempo. Non aveva il
coraggio di prendere l’iniziativa. Si torturava al pensiero di
essere un peccatore della peggior specie. Uno di quelli che aveva
ridotto la sua amata Angela nelle condizioni di tremolante carne
sanguinolenta. Si era odiato per tutti questi anni. Quale essere
ignobile ha voglie così terrene verso un essere divino?
Ma ora Angela lo baciava, la sua lingua divina a contatto con la
sua lingua umana. Calda, dolce, passionale. Durante la sua estasi,
senza nemmeno accorgersene, Ruben cadde in terra come morto, con
il sorriso ancora sul viso.



Ruben si svegliò dopo molte ore, era supino sul pavimento del
bagno immerso in un lago di sangue. Appena la vista tornò nitida
vide chiaramente il suo torace squartato in due e i fiotti di
sangue che vi fuoriuscivano. Non sentiva dolore, era come guardare
un film.
Nella stanza entrò Angela che teneva tra le mani una cosa che
Ruben spesso gli aveva visto tenere in quel modo: un cuore umano.
Questo era diverso dagli altri, questo palpitava ancora, era
ancora “vivo”.
<<Questo è il tuo cuore, Ruben. Dovrei ringraziarti per quello che
hai fatto per me. In questi tempi tecnologici nessuno credeva più
in me ma, grazie a te, in molti si stanno ricredendo. I cuori
umani che mi hai portato mi hanno ridato vigore e adesso
finalmente tanti umani riescono a percepire quello che faccio>>.
Ruben cercò di urlare ma non uscì suono dalla sua bocca.
Gli occhi di Angela si colorarono di quell’azzurro opaco e
innaturale che Ruben conosceva bene.
<<Non puoi urlare, mi spiace.>> continuò Angela
<<Io sono quello che voi umani avete dimenticato, io sono il male
che alberga in te, io sono l’essere che domina la terra, io sono
il Diavolo… Io sono Lucifero!>>.
Angela addentò il cuore, ancora pulsante, di Ruben e lo divorò
avaramente.
Mentre il sangue gli sgorgava dalle labbra, Lucifero diede un
ultimo sguardo al giovane Killer,:
<<Grazie per avermi ridato la forza.>>.



                               FINE

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La casa dell'angelo caduto

  • 1. LA CASA DELL’ANGELO CADUTO Ruben arrivò finalmente nella sua nuova casa Londinese. Una bellissima casa a due piani che grazie al suo nuovo lavoro alla BD Informatica poteva permettersi. Una sensazione di stanchezza profonda colse Ruben proprio mentre disfaceva l’ultima valigia. Era notte ormai. Fino ad allora non aveva sentito la stanchezza del viaggio ma improvvisamente il sonno s’impossessò dei suoi occhi. Lasciò lì la valigia aperta e si mise a letto. Con lo sguardo fisso sul soffitto, Ruben si perse nei suoi pensieri. Era un bel ragazzo. Un ragazzo molto curato. Abbatteva così il preconcetto degli abitanti di città secondo il quale gli abitanti della provincia fossero tutti rozzi e bifolchi. Ruben invece aveva un portamento regale e un modo di fare deciso. Aveva dei bei capelli neri che gli scivolavano con leggerezza sulle spalle e sul viso, coprendogli gli splendidi occhi verdi. Era sempre stato un rubacuori Ruben, e ora che era in città non aveva alcuna intenzione di smettere. Anzi, non vedeva l’ora di provare il brivido del corteggiamento alle ragazze di città e di assaporare e sentire il profumo delle donne di Londra; a patto che la sua “caccia” non interferisse mai con il lavoro. Aveva sudato tantissimo per arrivare ad occupare un posto come programmatore in un’azienda così importante e non avrebbe permesso a nessuno di interferire con la sua carriera. Aveva già in mente qualche progetto interessante da sottoporre alla direzione e aveva ben chiaro l’atteggiamento da avere in ufficio: Umile e deferente. Voleva far credere a tutti che il nuovo arrivato non fosse altro che un sempliciotto di provincia, illudere i suoi colleghi che lui era uno sfigato che non sarebbe andato lontano. Avrebbe poi aspettato il momento giusto per piazzare la zampata vincente che nessuno si sarebbe aspettato avendolo sottovalutato dall’inizio. Era così che era arrivato a quel posto di lavoro e sarebbe stato così che sarebbe avanzato nelle mansioni fino ad arrivare al dov’era adesso. Proprio mentre, con un leggero sorriso stampato in faccia, Ruben pregustava gli effetti che avrebbe avuto la sua tattica, Si addormentò stravolto dalle fatiche del viaggio.
  • 2. Il sonno profondo del giovane scalatore aziendale fu spezzato da un tonfo sordo ma rumoroso proveniente da un’altra stanza della casa. Ancora mezzo addormentato, Ruben andò verso il bagno e dovette stropicciarsi gli occhi per mettere a fuoco qualcosa che gli sembrò del tutto irreale. Tutta la stanza era sporca di sangue. I muri erano ricoperti di schizzi filiformi che si estendevano fino al soffitto. Il pavimento presentava grosse pozze rosse e maleodoranti di sangue fresco. A Ruben sembrò di essere entrato nei sotterranei di una macelleria dove il macellaio, con mano esperta, Smembra le carni delle carcasse. Da giovane aveva lavorato in una macelleria. In quella stanza c’era la stessa, nauseabonda, puzza di morte. Con la bocca spalancata dalla sorpresa e un senso di disgusto ad attanagliargli lo stomaco, Ruben notò un altro dettaglio che lo fece rabbrividire. C’era una donna in quel bagno, stesa per terra, ripiegata su sé stessa come un feto, ricoperta anche lei da grossi schizzi di sangue, con la pelle attraversata da profonde cicatrici, i lunghissimi capelli neri impiastricciati dal sangue, gli occhi chiusi in un sonno innaturale. Nuda. Completamente nuda in quel delirio di sangue. Dopo l’intontimento iniziale, Ruben si allarmò e corse verso la donna, la prese in braccio e la portò al piano di sotto, la avvolse in due coperte e la pose supina sul divano. Si sedette di fronte a lei, dove vedeva fuoriuscire la testa della sconosciuta. Nonostante fosse ridotta male, la misteriosa ragazza era di una bellezza unica, il fisico perfetto era deturpato dalle ferite, la pelle candida era macchiata dal sangue. Ruben la fissava inorridito e affascinato. Non gli passò neanche minimamente per la testa l’idea di chiamare la polizia o chiedere aiuto a qualcuno. Proprio mentre Ruben vagava con la fantasia per capire cosa stesse accadendo, la donna ebbe un piccolo sussulto e aprì lentamente gli occhi, i suoi occhi avevano il colore azzurro del cielo in una giornata serena. Ruben si avvicinò a lei frettolosamente: <<Stai bene?>> La giovane lo guardò con gli occhi spalancati e l’iniziale sorpresa sul suo viso si trasformò in gioia: <<Sì! Sto bene>> rispose sorridendo. Ruben e la donna misteriosa erano nella spaziosa cucina della nuova casa londinese di lui. La donna era seduta a tavola, Ruben gli aveva preparato uova e pancetta come solo un buon inglese saprebbe fare e gli aveva
  • 3. spremuto personalmente le arance per quel grosso bicchiere pieno di succo che lei fissava quasi sorpresa. Il giovane ventiduenne si sedette di fronte a lei. Il cibo era ancora immacolato sulla tavola: <<Non mangi? Sarai affamata.>> disse Ruben. La ragazza rimase con lo sguardo basso senza proferire parola. Ruben allora addolcì il tono della voce e cambiò argomento: <<Come ti chiami? Che ci facevi in quel bagno? Come mai sei ferita?>> Nessuna risposta provenne dalla ragazza. Ruben si alzò sconsolato e tornò verso l’angolo cottura della cucina e, proprio mentre voltò le spalle, la flebile vocina della ragazza lo fermò: <<Tu mi vedi… vero?>> <<Sì…>> rispose Ruben, sorpreso dalla domanda. La ragazza si alzò in piedi lasciando cadere le coperte che la coprivano e rimanendo di nuovo nuda: <<Allora sei tu! Finalmente!>> Al finire di questa frase, dalle spalle della donna fuoriuscirono due grosse e piumose ali nere che si estendevano per tutta la stanza inebriandola di un dolce profumo mentre decine di piume nere come la pece fluttuavano nella stanza in un balletto dall’aria divina. Alla visione di quelle ali, Ruben rimase stranamente calmo. Si avvicinò a una delle ali e la accarezzò come si accarezza un cucciolo: <<Sei… un angelo?>> chiese, come se in cuor suo sapesse quello che stava succedendo. La donna ritrasse le ali e si avvicinò al ragazzo e, fissandolo negli occhi, gli disse: <<Sì, e sono qui per te>>. Parlarono fino all’alba nell’atmosfera irreale che si creò in quella casa. Ruben iniziò a chiamare quella donna “Angela” in modo affettuoso, quasi romantico. Angela era in quella casa da secoli, nessuno l’aveva vista prima d’ora. Solo una persona dal cuore candido l’avrebbe vista e Ruben sembrava essere il prescelto. L’angelo era ridotto così a causa dei peccati degli uomini. Era stata mandata sulla terra con un compito importante: doveva accertarsi della situazione degli uomini e riferirla direttamente all’onnipotente. Una volta arrivata sulla terra, però, gli orrori che la popolavano la indebolirono e la ridussero a poco più di un verme strisciante. Non aveva più la forza di tornare al mondo celeste e di informare del male che regnava sulla terra.
  • 4. <<Perché hai detto di essere qui per me?>>. Angela sorrise e accarezzò il volto di Ruben: <<Perché tu eliminerai il male per me.>> Ruben non seppe come controbattere a tale affermazione e rimase in silenzio ad ascoltare la celestiale voce di Angela: <<Tu hai un cuore candido, Ruben. Ad un essere umano come te, io posso affidare gli occhi del peccato>>. <<Occhi del peccato?>> irruppe un curioso Ruben. <<Si…>> riprese Angela: <<…Ti basterà toccare la pelle di un altro essere umano e vedrai i suoi peccati e potrai giudicarlo in base a questo. Quando troverai una persona davvero malvagia, tu dovrai eliminarla. Dovrai ucciderla e portarmi il suo cuore. Cibandomi di esso le mie ferite pian piano guariranno. Maggiori saranno i peccati della tua vittima e maggiori saranno i miei miglioramenti. Quando finalmente riavrò tutte le forze che avevo prima, tornerò nel mondo celeste e Colui che tutto può, giudicherà il vostro mondo com’è giusto che sia.>> Per adempiere al suo nuovo dovere, Ruben doveva avere libertà di azione e i suoi orari di lavoro erano un problema. Il problema, però fu risolto facilmente. Ruben strinse la mano al direttore della sua azienda e i peccati di quest’ultimo furono rivelati. Il suo direttore era arrivato ad occupare quella posizione importante sfruttando delle ragazze che arrivavano in paese clandestinamente. Lui le comprava e le faceva prostituire per lui. Convincerlo a pagare lo stipendio di Ruben nonostante il giovane non si presentasse mai a lavoro non fu difficile. Ruben conosceva i suoi peccati, gli bastò fargli credere che avesse delle prove che avrebbero fatto gola alla stampa. Ruben non uccise il suo direttore. Si sorprese di sé stesso quando si rese conto che avrebbe voluto ma che non lo fece solo perché la mucca da latte non si ammazza. Che il potere di vita e di morte lo stesse già corrompendo? Per essere sicuro di non sbagliare. Di non uccidere persone che avevano fatto solo peccati che, a seconda di ogni individuo, potevano essere considerati veniali o gravi, Ruben si fissò un obiettivo ben preciso. In tutto il mondo l’omicidio è considerato un peccato mortale, un crimine orrendo. Serial killer. Solo quelle due parole gli davano i brividi. Se fosse riuscito a trovarne, Angela sarebbe guarita molto in fretta. L’essere celeste, ormai soprannominato Angela, disse di essere d’accordo. Anzi, avrebbe usato i pochi poteri che gli erano rimasti per aiutare Ruben. Per confondere le guardie carcerarie che tenevano alcuni individui sospettati in carceri di massima sicurezza. Confonderli al punto da accompagnare Ruben fin dentro
  • 5. le celle dove erano isolati. Fu così che Ruben si procurò i primi cuori malvagi. Man mano che li portava ad Angela, i poteri della creatura divina aumentarono e, presto, l’essere alato fu in grado di individuare l’ubicazione dei serial killer nascosti. Una squadra omicida perfetta: l’essere divino era la mente, l’essere umano era il braccio. Una crociata dei tempi moderni. Per anni Ruben viaggiò per il mondo in cerca di assassini seriali ai quali strappare via il cuore. Era tutto molto più facile per Ruben che per un qualsiasi poliziotto o detective. Lui aveva l’aiuto divino. Tanti i serial killer uccisi: David Berkowitz, Donato Bilancia, Ed Kemper, Pedro Lopez, Dexter Morgan, Robert Pickton, Richard Ramirez. Trovava quelli in libertà e li sgozzava prima di strappargli il cuore. Trasportava il cuore in contenitori termici pieni di ghiaccio. Gli stessi che usano i medici quando trasportano organi. Nessuno gli faceva domande sul contenitore che si portava appresso. Angela faceva in modo che nessuno si accorgeva che lo aveva con se. Finiti i suoi “lavori”, nessuno riusciva a risalire a lui. Ma il momento preferito da Ruben era quando Angela poteva finalmente cibarsi del cuore delle vittime. In realtà era un rituale. Angela s’inginocchiava e aveva il suo “pasto” tra le mani, lo sguardo verso l’alto e la pronuncia di parole incomprensibili anticipavano lo scaraventarsi sull’organo umano che veniva divorato pezzo dopo pezzo. Finito il pasto Angela si alzava in piedi, la bocca grondante sangue, gli occhi di un azzurro opaco e tetro, liberava un urlo potente e innaturale come solo una creatura celeste potrebbe fare, un urlo straziante di dolore indicibile dopo il quale le sue ferite si rimarginavano pian piano. Arrivò il giorno dei 33 anni di Ruben. 11 anni di attività e 78 morti. Angela andò da lui. Le ferite e il sangue erano solo un ricordo. Adesso Angela era una donna bellissima. La sua pelle candida contrastava con i suoi capelli corvini e trovava la perfezione nei suoi occhi azzurri. Angela andò da lui come quando la vide la prima volta: nuda. Si avvicinò al giovane, gli accarezzò il viso e dispiegò le sue enormi ali nere. L’essere divino guardò Ruben negli occhi e avvicinò le sue labbra a quelle del giovane, gli sussurrò <<buon compleanno…>> e lo baciò passionalmente. Un lungo bacio che Ruben attendeva da tempo e che solo la paura della reazione di una creatura celeste gli impediva di cercare. Il suo corpo vibrava di piacere ed emozione. Si era innamorato di un
  • 6. angelo? Attendeva quel bacio da così tanto tempo. Non aveva il coraggio di prendere l’iniziativa. Si torturava al pensiero di essere un peccatore della peggior specie. Uno di quelli che aveva ridotto la sua amata Angela nelle condizioni di tremolante carne sanguinolenta. Si era odiato per tutti questi anni. Quale essere ignobile ha voglie così terrene verso un essere divino? Ma ora Angela lo baciava, la sua lingua divina a contatto con la sua lingua umana. Calda, dolce, passionale. Durante la sua estasi, senza nemmeno accorgersene, Ruben cadde in terra come morto, con il sorriso ancora sul viso. Ruben si svegliò dopo molte ore, era supino sul pavimento del bagno immerso in un lago di sangue. Appena la vista tornò nitida vide chiaramente il suo torace squartato in due e i fiotti di sangue che vi fuoriuscivano. Non sentiva dolore, era come guardare un film. Nella stanza entrò Angela che teneva tra le mani una cosa che Ruben spesso gli aveva visto tenere in quel modo: un cuore umano. Questo era diverso dagli altri, questo palpitava ancora, era ancora “vivo”. <<Questo è il tuo cuore, Ruben. Dovrei ringraziarti per quello che hai fatto per me. In questi tempi tecnologici nessuno credeva più in me ma, grazie a te, in molti si stanno ricredendo. I cuori umani che mi hai portato mi hanno ridato vigore e adesso finalmente tanti umani riescono a percepire quello che faccio>>. Ruben cercò di urlare ma non uscì suono dalla sua bocca. Gli occhi di Angela si colorarono di quell’azzurro opaco e innaturale che Ruben conosceva bene. <<Non puoi urlare, mi spiace.>> continuò Angela <<Io sono quello che voi umani avete dimenticato, io sono il male che alberga in te, io sono l’essere che domina la terra, io sono il Diavolo… Io sono Lucifero!>>. Angela addentò il cuore, ancora pulsante, di Ruben e lo divorò avaramente. Mentre il sangue gli sgorgava dalle labbra, Lucifero diede un ultimo sguardo al giovane Killer,: <<Grazie per avermi ridato la forza.>>. FINE