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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI LECCE
Facoltà di Economia
Master Universitario in Strategie di Marca e Nuovi Media sul Settore Moda
Gaetano Lopez
2007-2008
Moda, marca e consumi
nella post-modernità
2
Indice
Introduzione 3
1. La moda 5
1.1 Cos’è la moda
1.2 I consumi nella moda
1.3 Moda e marca
2. Ambito competitivo e segmentazione 11
2.1 L’ambito competitivo
2.2 Analisi della domanda: la segmentazione
3. Posizionamento strategico e vantaggi competitivi 22
3.1 Il posizionamento
3.2 Il vantaggio competitivo
4. Metodi per l'innovazione e il design 29
4.1 I “Creativity Template”
4.2 Personalità estreme per il design dell’interazione
4.3 Personalizzare la relazione
5. Un caso di studio: il brand Principe di Piemonte 35
5.1 Premessa
5.2 Analisi dell’azienda
5.3 Analisi del mercato uomo
5.4 Il progetto
Conclusioni 45
Bibliografia 46
3
Introduzione
L’evoluzione della società, i crescenti bisogni individuali, i cambiamenti economici e del
mercato del lavoro da un lato; il nuovo ruolo giocato dalla comunicazione tra tutti gli attori
sociali per la diffusione e lo sviluppo di nuove tecnologie dall’altro; pongono il problema di
attualizzare e ridefinire, alla luce di un nuovo sentire, i concetti di segmentazione e
posizionamento così come li abbiamo conosciuti e adottati, ma soprattutto l’approccio alla
complessa attività del brand management nel suo complesso.
Questo lavoro di tesi si pone l'obiettivo di porre alcune questioni sulle modalità con le quali
intercettare i bisogni individuali, cercando di comprendere la direzione da intraprendere
nella decodifica dei comportamenti d’acquisto alla luce dei nuovi scenari che si vanno
delineando.
Inoltre, poiché siamo interessati ad uno specifico settore, quello della moda e del lusso,
vogliamo istanziare le considerazioni di carattere generale nell’ambito di nostro interesse
che, senza ombra di dubbio rappresenta il territorio di elezione per la comprensione dei
mutamenti sociali, economici e relazionali. Dice Barthes “Il vestito – irriducibile a una
funzione protettiva e ornamentale – è un campo semiologico privilegiato: possiamo dire
che a fondare il vestito come fenomeno sociale totale è la sua funzione significante”.
Il presente lavoro è strutturato in cinque capitoli, nel primo capitolo analizza brevemente
l’articolato concetto di moda, ripercorre i profondi mutamenti dei consumi moda dal
dopoguerra a oggi, rimarcando il doppio legame che intreccia moda e marca.
Nel secondo capitolo viene affrontata l’analisi della domanda e la segmentazione, alla quale
viene data ampio spazio. L’Analisi è volta soprattutto a identificare le aree di criticità di
alcuni criteri di segmentazione sottolineando che è ormai necessario anticipare il mercato.
L’approccio del terzo capitolo è analogo. Si affronta criticamente il processo di posizio-
namento tradizionale, soprattutto quando si passa, nella definizione di caratteristiche uniche
e distintive, dal prodotto alla marca.
Il quarto capitolo è dedicato ad alcuni metodi, frutto di ricerche e studi, che propongono
approcci innovativi alla progettazione di prodotto, all’individuazione di “tipi di utenti” e
all’utilizzo da parte delle imprese delle potenzialità della tecnologia e dell’intelligenza arti-
4
ficiale per tessere, attraverso l’erogazione di contenuti di interesse per l’individuo, relazioni
significative e durabili.
L’ultimo capitolo, infine, mostra i risultati di un caso di studio, che ha avuto come oggetto
la definizione di un concept per un marchio di abbigliamento acquisito in licenza dalla U.
Emme P., con sede a Capurso (Ba), che dopo essere stata azienda di produzione per
importanti marchi nazionali, ha intrapreso politiche di valorizzazione della marca con
l’acquisizione di importanti licenze e grossi finanziamenti in comunicazione.
5
1. La moda
La vorticosa evoluzione dei consumi, che ha interessato molti prodotti e i settori più diversi,
ha senza dubbio sconvolto il sistema moda in maniera profonda modificando sia le
caratteristiche dei prodotti, sia le condizioni della progettazione e della produzione e
l’insieme di richieste, esigenze e aspettative da parte di un consumatore sempre meno
disposto ad accettare supinamente le proposte del mercato e sempre più attento ai significati
che si accompagnano ai prodotti moda.
1.1 Cos’è la moda
Quando cerchiamo di comprendere cos’è la moda avvertiamo subito di essere di fronte ad
un fenomeno complesso che attraversa una moltitudine di campi e che caratterizza, non solo
gli abiti, ma parecchi degli oggetti che ci circondano e che ci accompagnano nel quotidiano.
Gli oggetti sono percepiti non solo da un punto di vista fenomenologico, ma piuttosto per
altri aspetti, di tipo emozionale, che fanno sì che abbiano una significatività per la nostra
vita che va al di là della loro funzione.
La moda dunque coinvolge i diversi ambiti del consumo, non si limita all’abbigliamento e
interessa tutti, senza distinzione di sesso, età, status.
La moda, come dice Liptovetsky, quale meccanismo sociale caratterizzato da una specifica
breve durata e da cambiamenti più o meno bizzarri che le rendono possibile esercitare la
propria influenza su sfere ben distinte della vita collettiva.
D’altro canto altri autori limitano la definizione di moda all’abbigliamento, ma come
sottolinea Svendsen, non tutti gli abiti possono considerarsi oggetti di moda, così come, una
serie di fenomeni che non sono indumenti si possono descrivere come moda.
Al di là di queste posizioni, riteniamo di poter affermare che la moda influenzi le nostre
relazioni con noi stessi e gli altri. Il vestito, gli oggetti che utilizziamo, sono parte integrante
della nostra identità, della rappresentazione di noi stessi. Simmel afferma che esiste un
collegamento tra moda e identità. È forse questa relazione tra moda e costruzione identitaria
6
l’aspetto più interessante da cogliere nel fenomeno moda. Dice Svendsen: la moda non attua
solo una differenziazione tra i ceti, ma nella stessa misura permette al singolo di esprimere
sé stesso. L’abito è una parte dell’individuo non qualcosa di esterno rispetto alla sua
identità.
Questi presupposti lasciano intendere che la moda, indipendentemente dalla prospettiva
adottata nella sua indagine, rappresenta uno strumento privilegiato per la lettura dei com-
plessi fenomeni che caratterizzano la nostra società, per la comprensione dell’individuo nel
suo rapporto con gli altri e delle dinamiche gruppali. La moda è dunque un fenomeno
sociale, forse il più significativo del mondo moderno e post-moderno.
Questo lavoro non ha l’obiettivo di affrontare la moda dalle molteplici prospettive cui può
essere analizzata, ma limiteremo l’analisi all’oggetto di consumo, alle relazioni quindi tra
imprese, consumatori e marche della moda nell’abbigliamento.
1.2 I consumi nella moda
L’attuale società dei consumi, in cui i cittadini sono considerati dei consumatori, è un
fenomeno della tardo modernità. Agli inizi della modernità si viveva in una società della
produzione, nel senso che i cittadini erano in primo luogo dei produttori. Una continua
evoluzione, alla quale continuiamo ad assistere, ha spostato sempre più il ruolo primario
verso il consumo piuttosto che verso la produzione. Allo stesso tempo, stiamo assistendo ad
una diminuzione del tempo dedicato al lavoro a fronte di un allungamento della vita media.
La progressiva diminuzione del tempo dedicato al lavoro, tendenza che andrà sempre più
accentuandosi, è riconducibile alla “dematerializzazione” della società intervenuta con la
rivoluzione digitale.
L’elemento essenziale da cogliere nell’analisi del “consumatore moderno” è che la gran
parte del consumo non riguarda beni utili alla sopravvivenza, soddisfacimento di bisogni
primari, ma ha come oggetto il soddisfacimento di bisogni di autogratificazione e ha come
fine ultimo la creazione di un’identità. Il consumo è comportamento sociale che investe la
nostra sfera relazionale. I consumi non sono solo orientati all’acquisto di oggetti, sia pure
non di prima necessità, si consumano anche e soprattutto servizi e momenti di evasione. È
in forte crescita il consumo di cultura, di eventi spettacolari, di “esperienze”.
7
Il consumo mostra quindi una dimensione simbolica, i beni hanno un ruolo sociale e
socializzante. Il consumo ci consente di raccontarci, di significare la nostra identità e
concorre alla nostra realizzazione sociale.
Ma cerchiamo di ripercorrere sinteticamente in che modo è evoluto il consumo nella moda.
Nel primo dopoguerra, la netta divisione della società tra classe agiata e la massa comporta
una forte polarizzazione dei consumi. I consumi di fascia alta – la couture parigina per le
donne, l’alta sartoria inglese per gli uomini – sono la modalità attraverso la quale le classi
agiate ostentano il loro status, mentre un abbigliamento indifferenziato senza alcun ele-
mento di innovazione contraddistingue i consumi della massa e delle classi meno agiate.
Un primo segnale di discontinuità nei consumi moda si ha alla fine degli anni sessanta
contestualmente e dipendentemente da due fondamentali fenomeni sociali: la contestazione
giovanile e l’emancipazione femminile.
I giovani prendono coscienza della loro autonomia intellettuale, rivendicano nuovi valori e
sentono di rappresentare un mondo diverso e spesso in contrapposizione con quello degli
adulti. La caratterizzazione della loro identità passa attraverso nuovi comportamenti, ma
anche e soprattutto un nuovo modo di vestire vissuto come sistema segnico in grado di
significare i cambiamenti in atto. Nasce, così, un abbigliamento destinato ai giovani che si
configura come un nuovo segmento che propone ulteriori differenziazioni al suo interno:
jeanswear, sportswear, casualwear. L’apparire giovani diventa un valore e un segno di
rottura con il passato.
Sono anche gli anni del boom economico, iniziato a partire dai primi anni sessanta, un
pubblico sempre più ampio accede ai consumi, quali quello della moda, che possano
soddisfare bisogni di gratificazione.
La donna assume un nuovo ruolo, occupa i posti di lavoro, acquisisce consapevolezza e
ricerca un nuovo modo di apparire e un abbigliamento consono alle proprie esigenze.
La crisi dell’alta moda francese e della grande industria conducono alla nascita dei distretti
industriali e del prêt-à-porter. Si fa strada un nuovo concetto di moda che diventa indu-
strializzata e consente una differenziazione e una forte segmentazione dell’intero settore,
ora rappresentabile come una piramide.
Questi mutamenti, che si compiono definitivamente negli anni ottanta, preludono e
concorrono al fenomeno dello “stilismo” al quale assistiamo dagli anni ottanta in poi. Si
sviluppano considerevolmente il prêt-à-porter italiano grazie alla creatività degli stilisti e
all’avvio di politiche di brand extension che segmentano il mercato sulla base del prezzo e
8
creano un’offerta di prodotti griffati con un prezzo accessibile anche a fasce di mercato
meno facoltose ma spinte all’acquisto da motivi aspirazionali.
Il connubio stilista-industria formalizzato in accordi che prevedevano royalty sul fatturato
portarono a grossi incrementi del consumo e all’affermarsi del made in Italy.
Con la fine del secolo si assiste ad una ridefinizione della società dei consumi, non più
rappresentabile da una piramide, ma da un rombo con uno schiacciamento della fascia
media a favore della fascia alta e del mass-market. Questa tendenza di polarizzazione è
tuttora in essere e sta producendo un nuovo segmento di mercato che è quello del super
lusso.
Figura 1.1. Evoluzione del mercato della moda (GPF & Associati).
Si ricercano personalizzazione e individualità. L’identità degli individui è complessa e multi
sfaccettata a seconda delle diverse occasioni di vita.
Identità complesse richiedono sofisticati sistemi segnici per la propria rappresentazione. I
consumatori chiedono alle marche prodotti in grado di suscitare emozioni.
Siamo nell’epoca dell’emotional branding. Alle imprese l’arduo compito di ascoltare la
strada e rielaborare in tempo reale le istanze dei consumatori ponendosi in un rapporto
dialogico con essi.
Medium - Low
Low
Medium - Low
Low
Medium Medium
Medium-High
Luxury
Medium-High
Luxury Super-Luxury’90 2006
9
1.3 Moda e marca
Coerentemente con l’evolversi del mercato e dei modelli di consumo che abbiamo appena
tratteggiato anche il concetto di marca ha subito delle modificazioni rintracciabili anche
nelle definizioni di ricercatori e studiosi.
Quella proposta da Philip Kotler recita: “Un Nome, termine, segno, simbolo o un disegno o
una combinazione di questi che mira a identificare beni o servizi di un venditore o di un
gruppo di venditori e a differenziarli da quelli dei concorrenti”.
Questa definizione tuttavia non riesce a cogliere tutti gli aspetti strategici legati alla marca
moderna.
In quella proposta da David Arnold: “Un insieme di aggettivi che ne descrivono le sue
caratteristiche peculiari, indipendentemente dal prodotto e che i consumatori selezionano
come rilevanti e uniformi in tutto il mondo. E’ ciò che consente a una marca di essere
conosciuta e “riconosciuta” a livello emotivo secondo modalità condivise dalla maggioran-
za” vi è l’introduzione di ulteriori elementi, quali ad esempio l’indipendenza dal prodotto e
la componente emotiva, che potremmo dire segnano il passaggio della marca da una
funzione denotativa ad una funzione connotativa.
La marca nasce con il semplice scopo di dare riconoscibilità ai prodotti che affollavano i
banchi della grande distribuzione. Si noti che prima della diffusione di tale forma distri-
butiva, i prodotti venivano venduti per lo più sfusi, era il bottegaio che consigliava il cliente
e assolveva alla funzione di garanzia.
Oggi la marca ha assunto un valore, anzi rappresenta il più importante asset di cui l’impresa
moderna dispone. A differenza dei prodotti, non è possibile clonare la marca, per cui la
marca diventa un’ineguagliabile fonte di ricchezza, vero e proprio moltiplicatore di valore.
Valore in termini di premio di prezzo, di maggiore forza nei confronti dei distributori, nella
possibilità di compiere operazioni di brand extension, che proprio nella moda hanno assunto
la forma di vero e proprio brand streching. Tuttavia, questa capacità di produrre valore per
le imprese è subordinata alla proposizione di un buon prodotto o servizio, in grado di
assolvere ai requisiti performativi per i quali è stato progettato, ormai dati per acquisiti dal
consumatore.
Dice Fabris, “la marca ha valore quando introietta e trasmette forti valori. Valori in grado di
guidare le scelte individuali e quindi fondare l’identità sociale e la specificità individuale.
Ma questi elementi sono anche i nuclei attraverso cui passano e si consolidano i processi di
differenziazione sociale”.
10
Per Semprini la marca è “l’insieme dei discorsi tenuti su di essa dalla totalità dei soggetti
(individuali e collettivi) coinvolti nella sua generazione”.
La marca ha dunque natura semiotica, ha la capacità di costruire intorno ai suoi prodotti
mondi di valori con i quali il consumatore possa identificarsi. Questi processi di identi-
ficazione possono creare fenomeni di forte coinvolgimento.
Valori, ma anche valore per lo stesso consumatore che attraverso la marca può sentirsi
rassicurato sia sugli aspetti performativi del prodotto, che sugli aspetti psicologici.
La marca per poter intrattenere una relazione privilegiata con il consumatore deve mostrarsi
in grado di rielaborare continuamente la sua identità, di essere pronta a cogliere le sugge-
stioni provenienti dal mercato, di riuscire ad essere contemporanea, mantenendo inalterato il
nucleo di contenuti profondi che rappresentano il suo Dna.
Le caratteristiche della marca tratteggiate sin qui, mostrano chiaramente che è proprio il
settore moda quello in cui la valenza strategica delle politiche di marca massimizza la sua
importanza e può consentire un vantaggio competitivo duraturo.
In primo luogo la moda risponde al bisogno post-moderno di consumare essenzialmente
significati piuttosto che oggetti, da questa prospettiva l’attrattività di un marchio risiede
principalmente nelle sue capacità semantiche e di proporre attraverso la comunicazione
simboli in grado di rappresentare l’immaginario dell’individuo.
Inoltre, la moda è soggetta alla stagionalità e i prodotti risultano sostanzialmente omogenei.
L’impresa non può demandare alla creatività di una collezione il compito della costruzione
di relazioni durevoli. Solo la gestione strategica della marca può consentire di differenziare
la propria offerta allo scopo di soddisfare il proprio target sia sul piano degli attributi
funzionali e stilistici che su quello simbolico-emozionale. In questo modo il consumatore
acquisterà la marca e non il prodotto.
11
2. Ambito competitivo e segmentazione
L’analisi strategica di un’azienda, di un servizio o di una nuova linea di prodotti può essere
divisa in diversi step, infatti prima di poter effettuare l’analisi della domanda e dei
concorrenti allo scopo di definirne il posizionamento, sono utili:
• l’analisi del macroambiente – vale a dire l’insieme delle variabili sulle quali il mana-
gement dell’impresa ha limitate possibilità di intervento – che consiste nella valutazione
delle minacce e opportunità;
• l’analisi dell’ambiente competitivo, utile a esaminare la struttura e il ciclo di vita di un
mercato/settore. L’analisi della struttura e del ciclo di vita sono all’origine delle strate-
gie che possono essere adottate dall’impresa e generare determinati livelli di redditività.
2.1 L’ambito competitivo
L’azienda opera in un’arena competitiva (espressione usata da Porter e Day) vale a dire in
uno spazio in cui affronta un certo numero di rivali. Poter emergere significa, quindi, esibire
vantaggi competitivi nei confronti di tali rivali. Poter individuare le variabili sulle quali
costruire i vantaggi richiede l’individuazione dei rivali e del contesto in cui gli attori
competono.
Inoltre, va considerato che un prodotto si caratterizza per la sua capacità di rispondere a
determinati bisogni. Ricordiamo la gerarchia dei bisogni teorizzata da Maslow, il quale
rappresenta i bisogni umani attraverso una piramide caratterizzata da livelli gerarchici.
Gli uomini, dice Maslow, ambiscono a soddisfare i propri bisogni. Per poter soddisfare i
bisogni di un certo livello occorre che prima siano stati soddisfatti quelli di livello inferiore.
In questo quadro concettuale, risulta evidente che i bisogni possono essere materiali – in tal
caso, il prodotto si caratterizzerà esclusivamente per i suoi attributi funzionali – oppure
possono essere di carattere socio-culturale, legati soprattutto alla sfera psicologica, affettiva
e profondamente intima, avremo allora un prodotto il cui focus rinvierà quasi esclusi-
vamente a componenti immateriali.
12
Nella nostra società, in un’epoca considerata tardo moderna se non post-moderna, così
come ritengono diversi studiosi, in cui i bisogni di base sono sempre più frequentemente
stati soddisfatti, le marche e i prodotti, sono considerati e percepiti soprattutto per le
caratteristiche intangibili, per i valori che propongono e rappresentano, per i mondi e i
simboli che significano.
Autorelazione
Appartenenza
Sicurezza
Fisiologici
Stima
Figura 2.1. Gerarchia dei bisogni (Maslow, 1976).
Possiamo dunque assumere valida l’ipotesi di Henzel, ripresa da Testa, secondo cui esistono
due possibili categorizzazioni del prodotto, la prima definisce ciò che il prodotto è – nelle
sue componenti fisiche e nei suoi attributi funzionali – la seconda, viceversa, fa riferimento
al mondo di significati cui il prodotto rinvia.
Allo scopo di meglio comprendere le logiche competitive esistenti nel comparto moda,
proponiamo la categorizzazione offerta dall’American Marketing Association che sug-
gerisce l’esistenza di tre categorie distinte per frequenza e livello di coinvolgimento del
consumatore nell’acquisto, per grado di differenziabilità e costo del prodotto.
• Convenience: si tratta di prodotti indifferenziati, oggetti di acquisto ripetuto. Prodotti
unbranded con basso contenuto moda e basso prezzo, il cui processo d’acquisto non è
problematico. Appartengono a questa categoria anche prodotti dal prezzo non neces-
sariamente basso, ma basici e continuativi, come ad esempio la classica camicia azzurra
maschile;
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• Shopping: i prodotti di questo tipo non soddisfano bisogni immediati e materiali, ma
psicologici, hanno prezzo elevato, la loro frequenza d’acquisto è ridotta, il processo
d’acquisto risulta problematico. Sono prodotti di marca, differenziati, con prevalenza di
attributi intangibili. Sono scelti solo dopo una valutazione degli attributi del prodotto e
del sistema di offerta e prezzo;
• Specialty: prodotti percepiti come unici dai consumatori per le loro caratteristiche
oppure dal mondo della marca alla quale è collegato. Sono considerati specialty prodotti
firmati da un couturier con grande premio di prezzo oppure prodotti senza tempo come
la celebre Kelly di Hermès.
Le considerazioni sin qui fatte sulle caratteristiche dei prodotti e sulla capacità da parte dei
prodotti stessi di soddisfare determinati bisogni ci consentono di affermare che proprio la
relazione tra tali caratteristiche e tipologie di bisogni rappresenta il punto di partenza di
qualsiasi percorso strategico di segmentazione e posizionamento.
I concorrenti
Per poter esibire vantaggi competitivi nei confronti dei rivali, l’impresa deve anzitutto
individuare tali rivali, operazione spesso complessa, in quanto non sempre la concorrenza è
circoscrivibile a quegli attori che vendono/erogano un prodotto/servizio “simile”.
Figura 2.2. Analisi dei concorrenti (Giorgio Pellicelli).
L’arena competitiva
Chi sono i concorrenti
Il profilo dei concorrenti
Quali sono i loro punti di forza e debolezza?
Quali potrebbero essere le loro risposte
alle nostre strategie?
Quali sono le strategie dei concorrenti?
I gruppi strategici
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L’impresa deve inoltre definire il profilo dei concorrenti, individuando punti di forza e
debolezza, comprendere le loro strategie, ipotizzando infine le risposte alle proprie possibili
strategie.
La complessità socio-economica, i nuovi scenari planetari, la crescente dinamicità dell’am-
biente, l’incalzante progresso tecnologico, rendono spesso molto complessa l’indivi-
duazione dei concorrenti in quanto diversi settori convergono negli stessi mercati e le
distinzioni, vere un tempo, tra un settore e un altro, non sono più tali.
L’arena competitiva
Day propone un metodo, ripreso da Pellicelli, per la definizione dell’arena competitiva, che
dipende da quattro fattori:
1. l’ampiezza della gamma di prodotti e servizi considerati;
2. il numero dei segmenti di clienti;
3. i confini geografici;
4. il numero delle attività che vanno a comporre la catena del valore.
La modalità con la quale attribuire un diverso peso a ciascuno dei criteri suggeriti da Day
dipenderà dagli obiettivi che l’impresa si prefigge con la definizione dell’arena competitiva
• decisioni a breve termine, di tipo tattico, limiteranno lo spazio competitivo a clienti e
concorrenti attuali;
• decisioni di tipo strategico amplieranno la definizione del mercato considerando anche
atri aspetti:
- i rischi derivanti dall’ingresso di nuovi concorrenti
- le opportunità legate a bisogni non soddisfatti da altri
- i mutamenti delle condizioni e dei prezzi dovuti ad innovazioni tecnologiche o
legislative, ma aggiungeremmo anche del comune sentire, che potrebbero allargare
la cerchia dei prodotti sostitutivi
Day, per individuare l’arena competitiva, cercando di evitare i rischi legati ad una
definizione ristretta oppure troppo ampia, propone due prospettive, strettamente legate tra
loro, che si basano sull’idea di “sostituzione”.
Sostituzione dal lato della domanda, utile a comprendere i modi in cui i clienti possono
soddisfare le loro esigenze. Dal lato della domanda, il mercato è rappresentato da un
insieme di bisogni che possono essere soddisfatti da offerte in concorrenza, da parte di
imprese operanti in settori diversi.
15
Sostituzione dal lato dell’offerta, prospettiva in grado di far individuare tutti quei
concorrenti in grado di soddisfare gli stessi clienti. Dal lato dell’offerta, il mercato è
l’insieme di proposte sostituibili tra loro, percepite simili dai clienti.
Quali concorrenti offrono prodotti analoghi adottando tecnologia, processi e distribuzione
simili? Qual è la copertura geografica? Sono queste alcune delle domande alle quali Day
suggerisce di rispondere per definire l’arena competitiva allorché si ragiona in termini di
sostituzione dal lato dell’offerta.
2.2 Analisi della domanda: la segmentazione
Analizzare la domanda deve significare cercare di comprendere e individuare le esigenze
dei clienti. Per raggiungere questo obiettivo è necessario porre attenzione al processo
d’acquisto nella sua interezza, allo scopo di perseguire e ottenere la customer satisfaction,
attraverso la creazione di valore per il cliente.
La comprensione dei fattori che concorrono alla creazione di valore per il cliente richiede
che si analizzino tre aree:
1. benefici di carattere economico;
2. benefici di carattere psicologico;
3. benefici percepiti dal cliente.
Questa tripartizione dei possibili benefici che il cliente può trarre dall’acquisto di un
determinato bene/servizio evidenzia come non sempre le attese siano di carattere
strettamente economico, ma che spesso, soprattutto per alcune tipologie di prodotti – tra
questi senza ombra di dubbio quelli di tutto il sistema moda – intervengono fattori di
carattere psicologico e la personale percezione che ogni individuo ha dell’insieme di servizi
collaterali, dell’immagine di marca e del prezzo.
Il valore per il cliente sarà la risultante della differenza tra l’insieme dei benefici percepiti e
i costi percepiti.
Individuate le esigenze del cliente, l’impresa descrive segmenti che raggruppano attese
simili e che possono essere serviti con lo stesso marketing mix. Ognuno di questi segmenti
deve essere presidiato con l’individuazione di un posizionamento che consente di differen-
ziare la propria offerta da quella dei concorrenti che bisogna affrontare.
16
La segmentazione del settore abbigliamento
La segmentazione di marketing consiste nella suddivisione della domanda in sottoinsiemi
distinti di consumatori-clienti, omogenei al loro interno ma disomogenei tra loro, dove ogni
segmento può essere scelto quale obiettivo da raggiungere con una particolare configurazio-
ne di valore, attraverso le variabili del marketing mix.
Ognuno dei segmenti scelti dall’azienda, presenta un certo numero di concorrenti che si
confrontano dopo aver deciso la posizione da occupare.
Il processo di segmentazione si articola in due successive fasi:
- prima fase di ricerca
utile all’individuazione e descrizione dei segmenti;
- seconda fase di decisione
nella quale vengono valutati i segmenti individuati allo scopo di scegliere quelli in cui
operare.
Per la segmentazione di settore Abell propone un modello caratterizzato da tre dimensioni:
tecnologia, funzioni d’uso, clienti.
Figura 2.3. Segmentazione del settore abbigliamento (Saviolo, Testa).
La tecnologia è intesa come la modalità di svolgimento dei processi economici aziendali.
Nell’abbigliamento questa variabile può essere legata ad aspetti di natura merceologica
oppure riguardare il tipo di know-how incorporato nei processi aziendali.
Dal punto di vista merceologico abbiamo due tecnologie, quella per la produzione di
abbigliamento in tessuto (ortogonale e a maglia) e quella per la produzione di maglieria
17
(comprendente la calzetteria), con cicli produttivi differenti per la diversa natura della
materia prima utilizzata: il tessuto e la maglia. Un’altra tecnologia con un proprio ciclo
produttivo è quella dell’abbigliamento in pelle.
Per quanto riguarda il know-how incorporato nei processi aziendali dell’abbigliamento,
abbiamo tre tipologie che contraddistinguono tre diversi attori:
1. le maison o griffe (Armani, Calvin Klein, Ralph Lauren). Basate su forti competenze
progettuali all’inizio, sono oggi grandi aziende di produzione e di gestione di licenze,
con una amplissima estensione di marca che va al di fuori dell’abbigliamento;
2. i marchi industriali (Max Mara, Hugo Boss, Diesel), con competenze industriali e
commerciali, gamma completa di prodotti su diversi segmenti di mercato;
3. i marchi insegna (Benetton, Zara) con competenze commerciali e distributive, hanno
generalmente il controllo di tutta la filiera produttiva.
La funzione d’uso, che descrive il tipo di utilizzo di un prodotto, nell’abbigliamento è
riconducibile all’abbigliamento esterno, all’intimo, ai costumi da bagno. Possiamo ulte-
riormente segmentare rispetto alle “occasioni d’uso”, vale a dire rispetto alle occasioni di
vita alle quali un prodotto è destinato: formali, informali, legate al tempo libero.
I gruppi di clienti, infine, è il criterio che segmenta il settore distinguendo tra cliente
intermedio (canale) e cliente finale.
Un altro importante criterio di segmentazione del settore, che taglia trasversalmente
tecnologia, funzioni d’uso e gruppi di clienti è rappresentato dal prezzo. Sono cinque i
segmenti definiti dalla variabile prezzo:
Couture, prezzo fino a 10 volte superiore rispetto al prezzo medio di mercato. È l’alta
moda, abiti da sogno confezionati su misura. Si contano non più di duemila consumatori al
mondo;
Prêt-à-porter, prezzo da 3 a 5 volte superiore rispetto al prezzo medio di mercato. Nato,
come abbiamo visto nel primo capitolo, negli anni settanta dal connubio tra industria e alta
moda, è caratterizzato da alta creatività e dall’incalzante cambiamento scandito da almeno
due collezioni l’anno presentate nelle sfilate che rappresentano il principale canale di
comunicazione. Individua nell’immagine della griffe e nell’innovatività del prodotto i
fattori critici di successo. Nel prêt-à-porter è importante distinguere il segmento
abbigliamento moda, da quello del lusso, dove operano imprese come Hermès, Vuitton,
18
Gucci con un sistema di offerta caratterizzato da prodotti – soprattutto accessori – di
altissimo prestigio, ma classici e continuativi.
Diffusion, prezzo 2-3 volte superiore rispetto al prezzo medio di mercato. Nata come
estensione delle griffe su fasce di mercato più ampie, sono le seconde e terze linee degli
stilisti e di alcuni marchi industriali di prestigio.
Bridge, prezzo 1,5-2 volte superiore rispetto al prezzo medio di mercato. Nato in America
su iniziativa dei department store con lo scopo di offrire un prodotto che facesse da ponte
tra il mass market e le seconde linee dei designer, ha i suoi fattori critici di successo nel
servizio al punto vendita in termini di consegne e riassortimenti.
Mass, prezzo da 1,5 volte il prezzo medio fino al primo prezzo di mercato. Prodotti basici e
indifferenziati.
I metodi di segmentazione
Abbiamo visto che la segmentazione consente all’azienda di individuare e descrivere le
diverse aree di mercato e di domanda da parte del consumatore.
La modalità con la quale tale attività di analisi del mercato viene effettuata risulta
evidentemente centrale, in quanto determina le caratteristiche dei mercati e dei clienti da
soddisfare.
Poiché la domanda è in continua evoluzione, le metodologie di analisi devono necessa-
riamente cambiare cercando di cogliere gli aspetti salienti delle istanze che un cliente
sempre più evoluto pone al mercato.
Storicamente esistono diversi metodi con i quali operare un processo di segmentazione.
La gran parte di essi fa riferimento a variabili relative al consumatore.
Variabili di segmentazione relative al comportamento del consumatore
Segmentazione descrittiva Segmentazione comportamentale
Geografiche
- Regione
- Area urbana
- Clima
- Dimensione area
Socio-
Demografiche
- Età
- Sesso
- Reddito
- Livello di istruzione
- Occupazione
- Classe sociale
Comportamento
d’acquisto
- Status come
utilizzatore
- Occasione d’uso
- Fedeltà alla marca
- Sensibilità al prezzo
Psicografiche
- Attività svolte
- Interessi
- Opinioni
Benefici
- Valori e benefici
ricercati
Tabella 2.1. Variabili di segmentazione.
19
Le variabili geografiche
Questa modalità, che risulta tra le più semplici grazie alla facile reperibilità dei dati,
individua la sua caratteristica nell’idea che le differenze storico-culturali dei popoli hanno
un peso nelle scelte di consumo. Risulta evidente, però, che questo approccio, alla luce della
ridefinizione del concetto di spazio dovuta allo sviluppo delle tecnologie dell’informazione
e della comunicazione presenta diversi livelli di criticità.
I media e i linguaggi proposti dalla comunicazione, assumono sempre più una sfera
universale. I fenomeni della globalizzazione, inoltre, fanno sì che si stia assistendo ad un
fenomeno per cui i comportamenti di acquisto risultano trasversali rispetto alla localiz-
zazione geografica. Nonostante questo tipo di segmentazione perda la sua efficacia per
molte categorie di prodotti, può conservarla per altre. Si pensi alle applicazioni che possono
avere le informazioni – fornite da sistemi software chiamati GIS (Geographical Information
System) – che possono risultare preziose, ad esempio, per la localizzazione di alcune
attività, sulla base di informazioni sugli spostamenti della popolazione durante l’arco della
giornata.
È inoltre particolarmente interessante nella moda la metodologia di segmentazione geo-
grafica (riportata da Testa) basata sulle caratteristiche antropomorfiche – che consentono di
segmentare il mercato sulla base dell’altezza, la taglia media, il drop – e sulle caratteristiche
socio-culturali – che rivelano l’attitudine verso il colore, l’utilizzo di determinati materiali,
le abitudini d’acquisto.
La combinazione di questi due criteri genera sette macrosegmenti a livello internazionale.
L’Europa viene divisa nell’area pangermanica (Germania, paesi scandinavi, Europa centro-
orientale) e area latina (Europa meridionale e Gran Bretagna)
Le variabili socio-demografiche
La modalità di segmentazione che utilizza variabili demografiche (tabella 2.1) assume che
tali variabili influenzino in maniera significativa i comportamenti d’acquisto. Queste
variabili, che sono utilizzate dalle ricerche di mercato e quindi possono risultare utili nella
scelta dei canali di comunicazione, necessitano di essere utilizzate in modo incrociato
perché generino categorie significative. Facili da analizzare, il loro utilizzo è indispensabile
per individuare le caratteristiche dei diversi segmenti, ma non contribuiscono a chiarire i
comportamenti degli individui e le loro motivazioni nell’atto d’acquisto.
Nella moda, tuttavia, l’età rimane un criterio fondamentale di segmentazione.
20
Riportiamo di seguito una categorizzazione attuale, basata sul concetto di “generazione”
(Viewpoint, 1999):
• pre-teen (7-13 anni): giovanissimi ma precoci, sensibili alla moda e alle novità,
appartengono a famiglie con un potere d’acquisto doppio rispetto al passato. Ambiziosi,
vogliono emulare i ragazzi più grandi, tendono a stabilire identità di gruppo con i
coetanei;
• teen o net-generation (14-25 anni): cresciuti con le nuove tecnologie, sono alla ricerca
del nuovo, sono indipendenti, orientati al consumo ma estremamente mobili nello stile
di vita;
• generation-flex (25-40 anni): nota come “generazione X”, è stata la prima a entrare nel
mondo post-moderno. Ha sperimentato cambiamenti importanti nella vita sociale, è
formata da consumatori cinici, diffidenti, orientati al valore della proposta, che non
seguono uno stile di vita preciso;
• boomers (40-55 anni): la generazione degli anni 60, orientata al benessere, al salutismo,
alla carriera. È formata da grossi consumatori, raffinati, inclini ad uno stile di vita
giovanile;
• new senior (dai 55 anni): in crescita in termini numerici per l’allungarsi della vita
media, è caratterizzato da consumatori con atteggiamento giovanile, forte potere
d’acquisto, attivi e indipendenti.
I metodi di segmentazione che utilizzano variabili geografiche e socio-demografiche sono
detti metodi descrittivi. Quelli che utilizzano variabili psicografiche e comportamentali
vengono invece chiamati metodi comportamentali, considerano l’individuo come
consumatore e utilizzano fattori causali per la costruzione dei segmenti.
Le variabili sul comportamento d’acquisto
Questo tipo di segmentazione pone il proprio focus sulle conoscenze, gli atteggiamenti e le
reazioni dell’individuo nel comportamento d’acquisto. Il livello di fedeltà ad una marca o a
un prodotto, l’occasione d’uso: relativa al contesto di utilizzo di un prodotto indipen-
dentemente dal consumatore (criterio di estrema importanza nella moda), lo status come
utilizzatore: non utilizzatore, utilizzatore potenziale, neoutilizzatore, utilizzatore abituale, ex
utilizzatore, sono le tre variabili utilizzate in questo tipo di segmentazione
21
Le variabili psicografiche
Attraverso la segmentazione psicografica – che si differenzia rispetto a quella socio-
demografica (che valuta aspetti quantitativi), in quanto individui che appartengono allo
stesso gruppo demografico possono presentare differenti caratteristiche psicografiche – si
cercano di cogliere gli aspetti emotivi che risultano determinanti nella scelta del
consumatore. Con la segmentazione psicografica si considera come vive l’individuo. Gli
stili di vita sono considerati molto importanti sulla base della considerazione che i prodotti
acquistati rispecchino caratteristiche e comportamenti dell’individuo.
Attraverso le attività svolte, gli interessi personali e le opinioni su importanti aspetti sociali,
si identifica lo stile di vita.
Le variabili sui benefici attesi
La “benefit segmentation”, invece, cerca di aggregare i consumatori sulla base dei valori e
dei benefici ricercati dal consumatore in un prodotto o in una marca. La benefit
segmentation definisce quindi il mercato sulla base delle aspirazioni del consumatore e sulle
sue istanze. L’idea alla base è quella che gli acquirenti di una classe di prodotti ricerchi in
essi un tipo di benefici simili. La definizione dei segmenti si ottiene incrociando i
raggruppamenti emergenti da insiemi di benefici con variabili di tipo socio-demografico o
psicografiche.
Verso la comprensione del consumatore post-moderno
Dopo aver riportato i principali metodi di segmentazione e aver sottolineato come,
soprattutto quelli descrittivi presentano delle aree di criticità che vengono in qualche modo
superati dai metodi comportamentali non possiamo non considerare la problematica
dell’analisi del consumatore da una prospettiva che, da un lato inglobi la mutevolezza degli
individui, dall’altro cerchi di appropriarsi delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie.
L’esigenza che emerge è quella di anticipare i bisogni del consumatore. Gli ultimi
orientamenti privilegiano la segmentazione per immaginari e stili di pensiero, in cui
l’analisi non è più l’individuo ma la categoria mentale e il comportamento adottato
dipendentemente dalle diverse occasioni di vita.
Il marketing, soprattutto quello delle aziende di moda, deve operare uno spostamento
culturale che consenta sempre più una relazione amichevole con il consumatore, cercando
di anticipare i desideri di un consumatore mai uguale a sé stesso, in continuo divenire e
sempre pronto a diversificare il proprio approccio alle dimensioni della realtà.
22
3. Posizionamento strategico e vantaggi competitivi
Il processo di segmentazione è propedeutico alla definizione da parte di una marca o di un
prodotto del posizionamento. Una volta scelto il segmento da occupare, dipendentemente da
un insieme di valutazioni sull’attrattività – misurata da alcuni parametri: omogeneità, du-
rabilità, redditività, accessibilità – bisogna decidere quale area presidiare all’interno dello
stesso.
3.1 Il posizionamento
Il posizionamento è l’insieme di azioni volte ad identificare e a sviluppare un vantaggio
competitivo (tangibile o intangibile), differenziando il prodotto nella percezione degli
acquirenti, creandone una “soluzione speciale”, consci che la dinamica competitiva
tenderà a farne in tempi brevi “un prodotto banale”.
Questa definizione di posizionamento risulta interessante, in quanto evidenzia la sua natura
complessa e fa emergere il ruolo strategico che questa scelta ricopre nelle politiche
dell’impresa.
La prima considerazione da fare risiede nell’impossibilità di non fare questa scelta, in
quanto, laddove non effettuata, il consumatore sceglierà da solo come posizionare l’offerta.
Scegliere e definire un posizionamento, significa definire l’area cognitiva da occupare allo
scopo di risultare unici nella mente del consumatore che riconoscerà in una determinata
offerta la capacità di soddisfare alcune esigenze e bisogni.
Questo ruolo strategico, di carattere strettamente concettuale, assume maggior importanza e
richiede maggiori sforzi in ambiti, quale è quello del sistema moda, in cui la marca ha un
alto valore simbolico e il coinvolgimento dei clienti è essenzialmente emotivo.
Il processo di posizionamento, così come lo stiamo delineando è un’operazione che si
compie essenzialmente nella mente del consumatore e non sul prodotto, quindi, è un’attività
che acquisisce maggior importanza e compiutezza allorché è effettuata per una marca più
che per un prodotto.
23
L’individuazione di aree semantiche uniche, mondi possibili (Semprini) e universi simbolici
significativi per determinati target group risultano significativi soprattutto per l’entità marca
in grado di significare adeguatamente gli aspetti intangibili di un’offerta.
Risulta evidente che il processo di posizionamento è strettamente legato a quello di
segmentazione e alla scelta dei criteri adottati nella fase di definizione dei segmenti.
Il passaggio da criteri socio-demografici e psicografici a criteri basati su stili di pensiero, di
cui abbiamo parlato nel capitolo precedente trova piena giustificazione nelle considerazioni
appena fatte e può esserne meglio compresa la sua importanza.
Il posizionamento sottolinea l’importanza della scelta del “punto di leva” (Fabris, Mine-
stroni), vale a dire di quel tratto caratterizzante e determinante le scelte d’acquisto. Tuttavia,
poiché il significato centrale del prodotto – quello che risulta significativo per il consu-
matore – ha natura cangiante e dinamica, il punto di leva e le modalità della sua definizione
hanno assunto nuove connotazioni. All’attenzione per i benefici tangibili si è sostituita
quella per gli aspetti emotivi e intangibili.
Non è più sufficiente caratterizzare la marca attraverso aspetti funzionali – i cosiddetti
consumer benefit – ma è necessario estendere il posizionamento all’area dei benefici
intangibili e simbolici. Dice Fabris, “si prende consapevolezza che è necessario far evol-
vere il rapporto del consumatore nei confronti del brand: occorre promuovere ed edificare
il passaggio da una generica preferenza e disponibilità all’acquisto ad una forte relazione
emotiva con la marca, ad un diretto coinvolgimento con questa. È in questa direzione che si
dirige la costruzione dell’identità del marchio”.
La gran parte degli studi concorda sul fatto che il posizionamento sarebbe definibile
attraverso la combinazione di una serie di domande o dimensioni che delimiterebbero il
territorio presidiato dalla marca.
Kapferer propone un modello a quattro dimensioni. Il quadrilatero del posizionamento di
Kapferer è la risultante di quattro domande:
• la marca perché, questa è la dimensione della promessa, del consumer benefit,
dell’attributo di prodotto. Materiali utilizzati, vestibilità, resistenza. Nell'abbigliamento,
a differenza di altri settori, è più difficile differenziare i prodotti solo sulla base di
aspetti fisici e tangibili del prodotto;
• la marca per chi, è la dimensione del destinatario, è riferita al segmento al quale la
marca si rivolge. “Zegna per chi privilegia l’eleganza sullo stilismo”;
• la marca quando, è la dimensione dell’occasione d’uso;
24
• la marca contro chi, nell’ottica della definizione di un posizionamento, risulta
fondamentale individuare e aver ben chiare le posizioni dei competitor. Queste infor-
mazioni limitano in quanto risulta complesso presidiare aree già occupate da altri, ma
possono anche essere un’opportunità se sfruttate per individuare spazi innovativi
all’interno di un determinato ambito di prodotto con l’obiettivo di orientarne lo sviluppo
sulla base delle proprie risorse e competenze.
Figura 3.1. Il quadrilatero del posizionamento (Kapferer).
Nella moda, un elemento importante del posizionamento è rappresentato dagli “stili
vestimentali” la cui definizione è strettamente legata agli aspetti socio-culturali di un
determinato momento storico.
Nel settore dell’abbigliamento si può realizzare il posizionamento attraverso la matrice
valore-stili vestimentali. La matrice presenta sull’asse orizzontale gli stili vestimentali,
sull’asse verticale vi è la segmentazione del mercato rispetto alla variabile prezzo.
Tradizionale Contemporaneo Avanguardia
Couture/sartoriale Brioni, Kiton, Zegna,
Canali
Calvin Klein Coll., Armani,
Black Label
Versace, Montana
Designer Hilton, Cerruti Corneliani, Boss V2, Gigli
Better Facis, Lebole, Lubiam Marbolo, Tombolini
Tabella 3.1. Matrice valore-stili vestimentali nell’abbigliamento maschile (Saviolo, Testa).
Il posizionamento deve definire caratteristiche che oltre a essere uniche e distintive in rela-
zione alla concorrenza e significative per il consumatore, devono anche essere:
Perché? Per chi?
Contro chi?Per quando?
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• rilevanti per il target, i benefici esibiti devono essere coerenti con quelli del target
prescelto dopo il processo di segmentazione;
• comunicabili, il passaggio beneficio atteso-attributo percepito richiede sia perfezionato
con il contributo della comunicazione. Esigenze di comunicazione richiedono che il
posizionamento sia facilmente riconoscibile, immediato e sintetico;
• profittevoli, i costi di differenziazione devono essere inferiori al valore attribuito dal
consumatore.
Verso il posizionamento della marca
L’approccio del posizionamento come modalità strategica per l’individuazione di caratte-
ristiche percepite uniche e distintive dal consumatore, in grado di delimitare un territorio da
presidiare, può preservare, tuttavia, dei rischi. Tali limiti assumono evidenza e rilevanza
allorché passiamo dal posizionamento di prodotto al posizionamento di marca. La marca per
sua natura è entità complessa, dinamica e in continua evoluzione. Sono proprio queste
caratteristiche che le consentono di risultare culturalmente contemporanea al consumatore e
al mercato.
La gestione di una marca è un processo articolato volto a individuare l’insieme di attributi
tangibili e valori intangibili in grado di concorrere alla costruzione e alla conservazione nel
tempo dell’identità di marca.
Mentre per il prodotto l’individuazione di benefici, sia pure di carattere intangibile, risulta
significativo e non limitante, per la marca un approccio che si limiti alla definizione di
benefici la costringerebbe in un rigido e angusto perimetro, impedendole di svolgere la sua
unzione eminentemente di carattere semiotico che le consente di rappresentare il valore per
eccellenza dell’impresa. Per quanto riguarda gli aspetti comunicativi, il posizionamento
orienta i messaggi pubblicitari dal punto di vista testuale e linguistico, risultando del tutto
priva di contributi nella definizione del tono e dello stile comunicativi. Non fornisce
elementi utili alla descrizione dell’atmosfera, laddove i significati emergono dalla combina-
zione dei vari elementi che costituiscono il messaggio. L’identità di marca a livello comuni-
cativo è la risultante della coerenza dei codici utilizzati nei diversi artefatti comunicativi
attraverso i diversi media utilizzati.
Infine, i benefici performativi di una classe di prodotti, considerati qualificanti un tempo, in
virtù di un nuovo concetto di qualità, sono ormai considerati un prerequisito. Quest’ul-
teriore elemento conferma non solo i limiti, ma evidenzia addirittura i rischi legati a
26
operazioni di posizionamento tese a individuare elementi caratterizzanti in attributi che sono
ormai comuni a tutte le marche.
Queste considerazioni su alcuni limiti del posizionamento tradizionale, non spostano e non
scalfiscono la centralità dell’assunto chiave dello stesso posizionamento: costruire fisiono-
mie di marca uniche e distintive.
3.2 Il vantaggio competitivo
Studi e ricerche hanno mostrato che la capacità da parte delle imprese, anche di piccole
dimensioni, di conquistare rapidamente quote di mercato significative, risiede nella capacità
di creare competenze uniche in grado di distinguerle dai clienti nella percezione dei
consumatori.
Avere competenze distintive ed essere capaci di usarle sono le due componenti che
consentono all’impresa di ottenere un buon posizionamento sul mercato creando valore
superiore a quello dei concorrenti, generando quindi un vantaggio competitivo.
Il raggiungimento del vantaggi competitivo è delegato alle scelte strategiche dell’imprese.
Le strategie generiche
Le imprese per creare un vantaggio competitivo deve essere in grado di creare valore in
misura maggiore rispetto a quello dei propri concorrenti.
Sulla base di un principio, condiviso da alcune scuole di pensiero, che la creazione di valore
dipende dai concetti di costi e differenziazione, Porter ha sviluppato quelle che definisce
strategie generiche.
Settore
Ambito
competitivo
Segmento
Fonte del vantaggio competitivo
Basso costo Differenziazione
Leadership dei costi Differenziazione
Focalizzazione
Figura 3.2. Le strategie generiche (Porter).
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Le strategie che Porter ha individuato essere alla base del conseguimento del vantaggio
competitivo sono:
• Leadership di costi
ha come obiettivo quello di ridurre al minimo i costi unitari. L’impresa vende un
prodotto indifferenziato individuando e sfruttando tutte le modalità per ottenere fonti di
vantaggio di costo. Questa strategia comporta efficienza nell’uso degli impianti e delle
attrezzature, controllo dei costi, eliminazione dei clienti marginali.
Requisiti generali sono l’elevata produzione con la realizzazione di economie di scala,
la standardizzazione dei processi produttivi allo scopo di ottenere la massima efficienza,
il controllo di tutta la filiera produttiva.
I rischi più evidenti della focalizzazione sui costi sono la facilità di imitazione da parte
dei concorrenti, la guerra dei prezzi, un’intrinseca rigidità che comporta una bassa
attitudine all’innovazione di prodotto. Inoltre, il vantaggio di costo acquisito può essere
vanificato da innovazioni tecnologiche che ridefiniscono il processo produttivo.
• Differenziazione
l’obiettivo è quello di fornire al cliente un prodotto unico, diverso da quello dei
concorrenti in modo da poter applicare un prezzo superiore. La differenziazione può
caratterizzare il design, l’immagine di marca, la rete distributiva, il livello di servizi al
cliente. Un’impresa che persegue politiche di differenziazione deve possedere risorse e
competenze, mostrare capacità innovative, avere una produzione snella, deve essere
altamente competitiva, in grado di modificare costantemente la propria proposta
esibendo un costante orientamento al cliente. Per quanto la propria offerta và ben al di
là di una semplice offerta a basso costo, un forte differenziale di prezzo con imprese che
perseguono politiche di basso costo costituisce un fattore di rischio. La facilità di
imitazione e l’eventuale incapacità di influenzare le scelte dei consumatori da parte dei
fattori di differenziazioni sono gli ulteriori elementi che possono rappresentare elementi
di rischio e criticità.
• Focalizzazione
Trasversalmente alle due strategie della leadership sui costi e della differenziazione,
abbiamo la focalizzazione su un unico segmento o nicchia di mercato. Un’azienda può
orientare la sua offerta – sia caratterizzata da costi bassi, che contraddistinta dalla diffe-
renziazione – ad un particolare target ristretto con determinate esigenze appartenente ad
un segmento caratterizzato da un ottimale sistema di produzione e distribuzione.
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Ridurre le strategie dell’impresa a quelle generiche del Porter rappresenta secondo alcuni
studiosi una notevole semplificazione che fa perdere di vista diverse opportunità strate-
giche. In particolare, oltre a risultare particolarmente limitante come tipo di approccio,
presenta due evidenti punti deboli. Il primo è che le due strategie di cost-leadership e di
differenziazione non necessariamente si escludono vicendevolmente. Il secondo risiede nel
fatto che mentre la leadership dei costi si manifesta nei confronti dei rivali e solo
indirettamente nei confronti dei clienti, la differenziazione è orientata quasi esclusivamente
al cliente.
Nonostante questi limiti l’impostazione del Porter, che contrappone costi a differenziazione,
ha il merito di evidenziare da una parte, il conflitto esistente tra costi e differenziazione,
dall’altra, la profonda diversità che contraddistingue capacità, competenza e struttura
organizzativa necessari al perseguimento delle due strategie.
29
4. Metodi per l’innovazione e il design
Nuovi approcci per la produzione di idee, per il design, per la profilazione di utenti sul web.
Attività e ambiti rilevanti per l'impresa e il management.
I metodi che riportiamo, di carattere scientifico, frutto di studi effettuati da ricercatori,
riteniamo siano ulteriori utili elementi per il branding.
4.1 I “Creativity Template”
Goldenberg e Mazursky hanno dato un importante contributo scientifico e teorico allo
sviluppo di metodi per la creatività e l’innovazione di prodotto. La creazione di nuovi
prodotti è senza dubbio centrale per le aziende che solo attraverso proposte innovative
possono creare spazi di differenziazione utili a generare vantaggi competitivi.
Il metodo proposto dai due studiosi è quello dei “Creativity Template” che rappresenta un
approccio rivoluzionario per lo sviluppo della creatività. I Creativity Template si caratteriz-
zano per l’approccio sistematico alla progettazione di nuovi prodotti e alla generazione di
idee, distaccandosi dai metodi più diffusi, brainstorming in testa, che propongono un
approccio causale e che hanno nell’individuo l’unità di analisi privilegiata. Generalmente il
costrutto creatività è stato spiegato essenzialmente con le associazioni mentali, l’utilizzo di
metafore oppure con alcune doti degli individui quali autonomia, intuito, curiosità.
I Creativity Template, anziché partire dall’analisi delle esigenze più o meno manifeste del
mercato di riferimento per produrre nuove idee, partono dal prodotto in sé.
L’idea è quella che i trend di mercato possono essere identificati partendo dall’analisi del
prodotto stesso al fine di individuare le caratteristiche alla base di un concept evolutivo. Il
prodotto “porta” con sé l’evoluzione dei bisogni dei consumatori e quindi rappresenta una
configurazione fisica delle caratteristiche che hanno risposto meglio alle esigenze dei
consumatori e alla selezione del mercato. I Creativity Template, rappresentazione delle in-
formazioni inglobate nei prodotti, possono essere convenientemente utilizzati quale frame-
work di base del pensiero creativo.
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L’approccio dei Creativity Template integra tre diverse prospettive per generare innova-
zione:
• molti template universali che sottostanno all’innovazione di prodotto possono servire
per prevedere potenziali nuovi prodotti
• il principio dell’ambito limitato che orienta i pensieri creativi lungo percorsi predefiniti
• la funzione segue la forma, cioè, nella proposizione prima di nuove configurazioni, per
dedurne successivamente i benefici di mercato allo scopo di creare un’idea nuova di
prodotto.
I template proposti, che trovano applicazione in aree in cui la creatività è misurabile, quali il
marketing, i nuovi prodotti e la pubblicità, sono quattro:
- l’Attribute Dependency Template
- il Displacement Template
- il Component Control Template
- il Replacement Template
Riportiamo solo un esempio di Replacement Template, che si basa sul concetto di sostitu-
zione. Questo approccio, che abbiamo visto essere utile in aree in cui operano aziende che
individuano nell’originalità e nell’innovazione aspetti determinanti del loro mix di prodotto,
basa la sua struttura sull’idea di sfruttare le risorse disponibili nelle vicinanze per sostituire
un componente del prodotto che soddisfa la stessa funzione. Il Replacement Template,
attraverso un legame tra una risorsa nell’ambiente e una funzione che deve essere svolta
consente al sistema un risparmio di risorse conferendogli al contempo maggior
compattezza.
Non riportiamo la descrizione dettagliata del Replacement Template, ma solo un esempio.
Le portiere delle automobili
I cardini delle automobili sono situati nella parte anteriore rendendo meno agevole ingresso
e uscita. La scelta progettuale è stata determinata da ragioni di sicurezza, la soluzione
adottata impedisce alle portiere di aprirsi quando la vettura è in movimento. Si è evitata la
costruzione di un congegno di sicurezza in grado di chiudere le portiere qualora si aprano
durante la marcia grazie all’utilizzo di una risorsa esistente nell’ambiente: la pressione
dell’aria.
31
4.2 Personalità estreme per il design dell’interazione
Il design dell’interazione di artefatti tecnologici è articolato in un ciclo di vita che prevede
una fase detta “user analisys” in cui si cerca di individuare le classi di utenti che utilizze-
ranno il dispositivo in un determinato contesto d’uso. La user analisys presenta, dunque,
elementi che riteniamo analoghi a quello della segmentazione di marketing, per cui è
interessante questo studio effettuato da Frens.
Allo scopo di indagare e comprendere nuovi metodi - basati sull’estetica piuttosto che sulla
facilità d’uso - per il design dell’interazione, Frens ne propone uno “Designing for extreme
characters” che aiuta i designer a comprendere gli aspetti socio-culturali dei loro progetti.
Frens illustra questa tecnica per mezzo del design di un’agenda elettronica che per poter
essere di aiuto agli utenti deve avere un’idea delle preferenze e dei sentimenti dell’utente su
ogni appuntamento.
Progettare, in genere con l’ausilio di scenari, per personalità prototipo ignora l’aspetto
emozionale e l’intero spettro delle emozioni umane. “Designing for extreme characters”
capovolgendo l’approccio progettuale basato su prototipi appartenenti ad un target group, è
una tecnica che progetta per personalità che hanno atteggiamenti emozionali estremi. Le
caratteristiche, peculiari di personalità estreme, sebbene comuni, rimangono nascoste
perché sono antisociali.
Frens ha progettato per tre personalità estreme: uno spacciatore, il papa e una ventenne con
più partner. Le personalità erano descritte non solo testualmente, ma anche visualizzate
sotto forma di collages che descrivevano una loro giornata, allo scopo di comprendere i
legami, difficilmente esprimibili con le parole, tra personalità, apparenza, azioni e ruolo.
Ognuna delle tre personalità ha un atteggiamento unico nei confronti degli appuntamenti.
Riportiamo quello della ventenne.
Profilo
È una donna con una moltitudine di contatti sociali, tra cui molti partner. Ha una normale
vita lavorativa come insegnante, ma è sempre nell’attesa spasmodica di essere libera dopo il
lavoro e nel week-end per divertirsi. Quando esce è sempre tesa perché ha timore che i vari
partner la possano incontrare con qualcun altro. Il suo atteggiamento nei confronti degli
appuntamenti è caratterizzato dal piacere che trae dal destreggiarsi tra le diverse richieste in
modo tale che i propri partner non scoprano l’esistenza di altri uomini. Quando ha più
richieste di appuntamento si chiede quale sia l’uomo che vada meglio per quella serata.
32
Il concept
L’agenda per la ventenne usa cinque schermi circolari che si ripiegano come un ventaglio
utilizzabile in due modi. Nel primo, detto “pubblico”, tutti gli schermi sono piegati
all’interno e solo quello principale è visibile. È possibile dare una sbirciata veloce agli altri.
Nel secondo, detto “privato”, gli schermi sono tutti visibili ed è possibile controllare tutte le
informazioni sensibili. Attraverso un appropriato posizionamento degli schermi, la donna
poteva valutare e comparare i suoi partner sulla base di un divertente profilo con misure
quali, cena, shopping, sesso.
Il ventaglio per appuntamenti si adatta all’atteggiamento della ventenne. La aiuta a
mantenere il suo stile di vita edonistico ricordandole le caratteristiche dei partner e
permettendole di ordinarli attraverso una semplice interfaccia. La doppia modalità, le
consente di utilizzare il dispositivo in pubblico senza rinunciare al suo speciale bisogno di
privacy.
Frens tradusse la frivolezza della personalità nella piacevolezza dell’interazione. Nella
gestione dell’invito multiplo, l’interfaccia, del tutto illustrata, utilizza fotografie scattate con
una fotocamera integrata, della persona, del luogo e del soggetto dell’appuntamento.
Sebbene la personalità della ventenne può essere considerata frivola, il ventaglio per
appuntamenti può essere introdotto per applicazioni più serie, ad esempio sostituendo i
partner con “incontri d’affari” si potrebbe giudicare la priorità. Per un free-lance, la
modalità “pubblico” potrebbe diventare un modo per proteggere l’associazione ad un cliente
mentre ne visita una altro.
Questo approccio “estremo” ha consentito in questo progetto considerare caratteristiche
della personalità quali la segretezza, lo status e l’autonomia, che non sono normalmente
enfatizzate negli appuntamenti dei manager. Sebbene sono considerati come concetti
separati, per Frens hanno forza sinergica e influenzano gli aspetti della personalità.
Progettare per la ventenne ha permesso di rompere con la nozione esistente di estetica e
interazione con un Pda. In realtà, il ventaglio è più probabilmente adatto ad una ventenne in
termini di estetica, funzionalità e significato culturale di un Pda. Questo è l’aspetto centrale
del progettare per personalità estreme: gli estremi fanno comprendere che il modo in cui le
cose sono non è l’unico possibile. Consentono di comprendere la ricchezza estetica,
funzionale e interattiva che i prodotti dovranno essere in grado di offrire.
Questo progetto può spronare i designer a trarre ispirazione dai film, dall’editoria e dal
mondo della moda che utilizzano questi stereotipi. Potrebbe essere anche interessante
33
pensare a stereotipi che escono dai cliché, come un professore che si droga o uno spaccia-
tore introverso.
Inoltre espone quelle emozioni e caratteristiche della personalità che rimangono nascoste
negli scenari ritenendole sconvenienti e imbarazzanti. In realtà, per progettare prodotti per
gli umani, non possiamo scindere queste emozioni indesiderabili in quanto sono quelle che
ci rendono umani.
4.3 Personalizzare la relazione
Rimaniamo nell’ambito dell’interazine uomo macchina per discutere e valutare le oppor-
tunità che l’innovazione tecnologica e lo sviluppo dei nuovi media riserva al marketing e
alle imprese nella costruzione di relazioni significative e di lunga durata.
La possibilità di personalizzare l’interazione rappresenta una modalità di sicuro interesse
per la progettazione centrata sull’utente.
La separazione tra l’interfaccia e il software – resasi necessaria con l’aumentare della com-
plessità legata all’introduzione delle Gui – ha comportato due vantaggi complementari: da
un lato la possibilità di adattare l’interazione all’utente collegando diverse interfacce alla
stessa applicazione, dall’altro la possibilità di introdurre cambiamenti in una delle due
componenti senza dover modificare l’altra.
Uno dei concetti chiave nella progettazione di interfacce utente è quello dell’usabilità.
L’usabilità può essere sinteticamente definita come l’insieme di caratteristiche e proprietà
che un artefatto deve esibire in modo da risultare vicino alle esigenze dell’utente. La
flessibilità rappresenta un’importante proprietà di un’interfaccia usabile. Il livello più
sofisticato di flessibilità prevede la capacità da parte del sistema di riconoscere le
caratteristiche dell’utente e di adattarsi automaticamente fornendo in questo modo una
“personalizzazione” dell’interazione. Questa forma di personalizzazione, detta “perso-
nalizzazione adattiva”, assume una grande importanza in ambiti quali la pubblicità e l’ero-
gazione di servizi sul web attraverso dispositivi diversi. Servizi, contenuti e messaggi hanno
significato se incrociano gli interessi dell’utente risultando rilevanti per lui e, quindi, in
grado di essere percepiti come valore aggiunto.
La personalizzazione adattiva avviene attraverso due fasi.
Nella prima il sistema crea un “profilo” dell’utente sulla base della richiesta di alcune
informazioni personali. È importante che le informazioni richieste non richiedano un
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impegno gravoso in termini di tempo e non siano percepite come invadenti della sfera
personale. Una buona modalità, utilizzata ad esempio nelle registrazioni ad alcuni siti web,
consiste nel dare la possibilità di poter rispondere all’insieme di domande anche in momenti
successivi, richiedendo all’utente nella fase iniziale solo alcune informazioni fondamentali.
Ad ogni modo esistono essenzialmente due approcci per l’acquisizione di tali informazioni:
- l’acquisizione esplicita che raccoglie le informazioni necessarie alla personalizzazione
attraverso una serie di domande;
- l’acquisizione implicita che limita le domande iniziali attivando un primo modello
approssimativo.
Nella seconda fase il profilo creato viene aggiornato sulla base del comportamento, delle
scelte e delle preferenze mostrati dall’utente nel corso delle interazioni. Questa modalità che
sfrutta metodi di intelligenza artificiale consente di monitorare anche i cambiamenti di
interessi dell’utente nel corso del tempo.
Gli scenari che si vanno delineando, definiti di ubiquitous computing, pervasive computing,
invisible computing, wearable computing, embedded computing, ci vedranno costantemente
connessi a sistemi di calcolo. La capacità di sfruttare adeguatamente le potenzialità di
metodi quali la personalizzazione adattiva assumerà per le imprese una crescente impor-
tanza strategica.
35
5. Un caso di studio: il brand Principe di Piemonte
In questo capitolo vengono analizzati il mercato e le tendenze moda uomo per identificare
un’area cognitiva in cui posizionare il marchio Principe di Piemonte acquisito in licenza
dalla U. Emme P.
Sono definiti i valori e l’universo simbolico del brand, progettato un pay-off e viene
descritto l’“Uomo Principe”.
5.1 Premessa
Con l’acquisizione in licenza del marchio Principe di Piemonte, l’azienda intende produrre,
commercializzare e distribuire una nuova linea di abbigliamento uomo.
La licenza acquisita, per un periodo di sei anni, prevede lo stile, la produzione, commer-
cializzazione e distribuzione di collezioni di abbigliamento total look (uomo, donna e
bambino), accessori, pelletteria, calzature, bijoux.
La collezione che si intende comporre sarà costituita da circa 40 pezzi così distribuiti:
- 4 capospalla
- 6 felpe
- 10 camicie
- 10 T-shirt
- 10 maglie
I marchi
I marchi acquisiti dalla U. Emme P. sono:
• “Stemma Principe di Piemonte”
(Classi 3, 14, 18, 25, 33)
• “Emanuele Filiberto di Savoia Principe di Piemonte e Venezia”
(Classi 9, 25, 28, 35)
Potranno essere utilizzati sia in forma estesa o, previa autorizzazione, in forma abbreviata o
con acronimo.
36
Dal punto di vista visuale i marchi che si possono utilizzare sono quelli sotto rappresentati.
Eventuali variazioni, introduzione di elementi iconici e l’affiancamento di logotipi devono
essere preventivamente accettati dalla licenziante.
Figura 5.1. I marchi utilizzabili sulla base del contratto di licenza.
Lo stile
Lo stile è affidato a Raimondo Ciofani che disegnerà la prima collezione del nuovo corso
del brand “Principe di Savoia”. Lo stilista ha accettato con entusiasmo l’invito a proporre la
propria idea di stile per un uomo moderno ed elegante.
Raimondo Ciofani è lo stilista che ha creato nel 94 il marchio Swish Jeans. Presentata a
“Milano Collezioni” nel 95 la prima collezione, il brand acquisì immediata notorietà per la
prorompente forza della donna proposta (sexy e trasgressiva) e per una comunicazione con
claim provocatori e testimonial del calibro di Carla Bruni, Claudia Schiffer e Eva
Herzigova.
Il marchio è stato rilanciato nel 2006 dalla stessa U. Emme P. che ha individuato proprio in
Raimondo Ciofani e in Eva Herzigova, i naturali protagonisti del nuovo corso.
37
5.2 Analisi dell’azienda
La U. Emme P. ha sede a Capurso alle porte di Bari, dove un organico di 40 persone,
distribuite in una rete di aziende (Manifatture Ungaro, Officine Tessili, Mea Group) facenti
capo allo stesso gruppo, consente di gestire tutte la fasi del ciclo di vita della produzione di
maglieria, gestendo anche il magazzino e la logistica.
L'azienda, sul mercato dal 1992, ha dunque maturato un consolidato know-how nella
maglieria che rappresenta un sicuro punto di forza.
Questo expertise e l’attitudine a operare per la qualità, ha consentito di soddisfare le
esigenze di importanti marchi nazionali.
Il 2006 rappresenta senza dubbi l'anno di svolta nell'orientamento strategico dell'azienda,
l'acquisizione in licenza del marchio Swish Jeans è il segno della scelta di nuove politiche
aziendali. La gestione di una "marca" sposta l'azienda e la sua mission dalle logiche
strettamente produttive a quelle di valorizzazione di un brand.
Un piano di investimenti triennale in comunicazione che prevede una spesa di 6 milioni di
euro, con la scelta di Eva Herzigova come testimonial, significano il nuovo ruolo che
l'azienda ha deciso di ricoprire e di assumere.
Nel 2007, inoltre, ha acquisito in licenza esclusiva, per un periodo di sei anni, in tutto il
mondo, il Marchio Principe di Piemonte, oggetto di questa analisi.
Una collezione sportswear segnerà l'ingresso nel segmento a matrice urbana, ritenuto da
tutti gli osservatori il più promettente. Inoltre, l'ingresso nel mercato uomo potrà consentire
di differenziare e realizzare maggiori economie di scala.
Attualmente la distribuzione, su tutto il territorio nazionale, avviene essenzialmente in
negozi multimarca, mentre la rete vendita è costituita da agenti plurimandatari.
Il prossimo futuro ha tra gli obiettivi strategici primari la penetrazione, per il momento
attraverso accordi con trading company, dei mercati stranieri con particolare attenzione per
quei paesi che mostrano un alto potenziale di crescita.
L'allargamento dei confini permetterà di aumentare in maniera consistente il fatturato e i
livelli di produzione, consentendo maggiori economie di scala.
L’offerta di prodotti U. Emme P. è stata caratterizzata essenzialmente da produzioni e
collezioni donna e bambino, infatti, l’azienda ha in licenza i marchi Swish Jeans, Anima
Gemella e gestisce il processo produttivo per le linee bambino di importanti marchi quali
Ferrè, Byblos, Carlo Pignatelli, Malo.
38
Marchi in portfolio
I marchi in portfolio sono:
Swish (total look donna/uomo/bambino)
Anima Gemella
(produzione donna - licenza maglieria - distribuzione puglia e basilicata: Nifra)
Principe di Savoia (total look donna/uomo/bambino - accessori)(tutto il mondo)
Monella Vagabonda
(produzione donna - licenza maglieria - distribuzione puglia e basilicata: Nifra)
Baci e Abbracci (rappresentanza)
Fred Mello (rappresentanza - uomo/donna)
Puerco Espin (rappresentanza - uomo/donna)
Ferrè - Byblos - Carlo Pignatelli - Malo (produzione - bimbo)
L’analisi Swot
Punti di forza
- Consolidato know-how nell’intero processo di
produzione maglieria donna
- Esperienza e conoscenza del settore
Punti di debolezza
- Assenza dal mercato estero
- Mancanza di punti vendita di proprietà
- Inesperienza nella gestione della Marca
Opportunità
- Crescita dello Sportswear
- Possibilità di differenziare
- Realizzazione economie di scala
- Perseguimento di una politica di marca
Minacce
- Apertura dei mercati alle economie emergenti
39
5.3 Analisi del mercato uomo
Il quadro congiunturale nel settore vestiario esterno maschile ha evidenziato, nel corso del
2006, qualche miglioramento nei mesi centrali dell’anno, non sufficiente a compensare i
risultati negativi dei primi mesi e del cattivo avvio della stagione invernale. Il bilancio
complessivo del 2006 mostra una complessiva stagnazione (-0,7%) dei ricavi lordi. Più
chiaramente negativo risulta invece il bilancio preliminare dell’attività produttiva.
Le difficoltà congiunturali dell’export italiano sono riconducibili in parte al fattore cambio
ed in parte al leggero rallentamento dei consumi.
Tuttavia non modificano un quadro strutturale che vede il vestiario maschile made in Italy
giocare un ruolo dominante nel framework complessivo degli acquisti.
Nel 2006 il mercato risulta essere sempre più polarizzato: il made in Italy vince sulle fasce
alte e altissime della moda maschile (come quello in scena a “Pitti Uomo”).
L’industria italiana appare sempre più posizionata sulle fasce dove la competizione è basata
prevalentemente su fattori non-price, quali il contenuto stilistico, la qualità dei materiali, la
velocità e gli altri elementi di servizio offerti ai retailer ed ai consumatori.
Allo stesso modo, dopo i segmenti basic, anche una quota significativa della domanda di
prodotti di fascia media è ormai soddisfatta da prodotti importati.
Le tendenze stilistiche prevalenti per il menswear mostrano un ulteriore spostamento dal
classico alla moda-sportswear, anche se quest’ultima si appropria sempre più di caratteri-
stiche (eleganza, morbidezza dei tessuti, ricorso a fibre pregiate) tipiche del formalwear. In
quest’ultimo ambito, i prodotti più in sofferenza sono i capispalla ed i pantaloni, per le
giacche e gli abiti si è assistito ad una stabilizzazione.
Nell’area moda-sportswear, invece, i prodotti best-performer sono risultati i capispalla
casual (+1,4%), mentre per i pantaloni si è registrata una sostanziale stazionarietà.
A livello retail, il canale vincente della stagione invernale 2005-06 (l’ultima per la quale
sono disponibili i dati a consuntivo) è la catena monomarca/franchising.
Buoni risultati sono stati ottenuti anche dalla GDO, grazie soprattutto ai grandi magazzini
nell’area moda-sportswear.
Il retail indipendente invece ha continuato a soffrire, soprattutto nei format di fascia alta.
In definitiva, le previsioni 2007 sono in positivo per le aziende più competitive: almeno per
quel che riguarda la domanda rivolta ai prodotti della moda maschile, per le aziende
italiane.
40
Lo Sportswear
Lo Sportswear è connotato come uno stile di vestirsi comodo, legato soprattutto all’impiego
nel tempo libero. Al suo interno sono individuate due categorie stilistiche, quello a matrice
urbana e quello a matrice tecnica.
Secondo i risultati dei rapporti sul mondo dello sportswear, nonostante la moda italiana non
gode di ottima salute, lo sportswear è un mercato destinato crescere, oggi vale un terzo del
mercato.
Le tendenze mostrano che in quasi tutte le occasioni della vita quotidiana si ama vestire in
maniera comoda e funzionale pur senza rinunciare allo stile e all’eleganza. In questo settore
infatti continuano ad entrare consumatori che provengono dal segmento del lusso, facendolo
crescere al pari dell’apporto fornito al comparto da marchi formalwear e activewear che
aggrediscono lo sportswear sia con nuove linee, sia riposizionandosi.
Nel medio periodo dunque, le definizioni di sportswear, activewear e formalwear sono
destinate a perdere di significato. Sopravviveranno solo nicchie di abbigliamento formale
per le occasioni importanti e prodotti per chi lo sport lo pratica veramente. Il consumatore
ha una grande mobilità verticale nella scelta della fascia di prezzo e lascia anche grande
spazio alla sua inventiva negli abbinamenti.
Nello sportswear la capacità artigianale e sartoriale tipica delle aziende italiane ha un ruolo
minore; i fattori critici di successo su cui si deve puntare sono il valore intrinseco dei
prodotti e un’offerta ricca di creatività, innovazione e tecnologia anche e soprattutto sui
materiali utilizzati.
Per quanto riguarda la distribuzione in Italia, il 70% del fatturato del mercato sportswear in
Italia è ottenuto attraverso il canale della distribuzione sportswear e formalwear, mentre il
rimanente proviene da negozi di activewear.
Per i punti vendita multimarca si registrano grossi investimenti in boutique multibrand. In
questo comparto si nota come lo spostamento dell’interesse del consumatore verso i
prodotti sportswear abbia comportato una crisi dei negozi di activewear a causa dell’
aumento delle catene in questo comparto. Per contrastare la crisi i negozi da un verso si
sono spostati verso lo sportswear e dall’altra distribuendo linee e attrezzi molto tecnici,
indirizzati a praticanti abituali.
La moda inoltre è sempre più legata al mondo del calcio e gli sportivi diventano
ambasciatori del made in Italy. Il marchio tedesco “Puma2”, ad esempio, è lo sponsor degli
azzurri.
41
Alcune aziende
A. Moda (Everlast), Acon, Allegri, Aspesi, Alcott, Black Sheep (40 Weft), Blue Line,
Brema, Carrera, Casucci, Clothing Company, Columbus, Conte of Florence, Corona, Cp
Company, Dama (Paul & Shark), Diesel, Doppia Firma, Einstein, Eldo, Essenza, Facib,
Fegi (Wampum), Ferrone Sandro, Fingen (Eurocormar), Franklin&Marshall, Gas, Geo
Spirit, Grifoni, Guess Italia, Guru, Harmont & Blaine, Incom, Incor-3, Incotex, Interfashion
(Stefanel), La Martina, Lonsdale London, Mabitex, Mabrun, Met, Mistral (Brooksfield),
Murphy & Nye, Onyx, Original Marines, Replay, Riese (Navigare), Rifle, Romano
(Melting Pot), Roy Roger’s, Seven, Seventy, Sinv (Sportswear Int.), Sixty, Slam, Sweet
Years, Take Two, Think Pink, Tomasoni, Verdi’s, Via Del Corso (Witboy), Wp.
Posizionamento dei marchi nello sportswear
Matrice Urbana
Luxury
High
Medium
Low
Basic
Matrice Tecnica
E T I C H E T T E / P R I V A T E L A B E L / U N B R A N D E D
F A Y
P A U L & S H A R K
G O L D W I NP R A D A S P O R T
C . P . C O M P A N Y
N O R T H F A C E
P A T A G O N I A
A L L E G R I
E MP . A R M A N I
D & G
B E L F E
MO N C L E R
N A P A P I J R I
M. & N Y E
B R O O K S F I E L D
A S P E S I
C O L MA RT H I N K P I N K
B R U G I
A V I R E X
F I L A
C H A MP I O N
N . S A I L S
S L A M
R E P L A Y
L E V I ’ S
L O T T O
C A S U C C I
G A S
L U B I A M
O N Y X
B E N E T T O N
P I N K O
K I L L E R L O O P
D I E S E L
I C E B E R G
T I M B E R L A N D
C I E S S E
I N V I C T A
C O L U M B I A
H . L L O Y D
Z A R A
H & M
L I U - J O
M E L T I N ’ P O T
E N E R G I E
C O N B I P E L
B E L S T A F F
S . T A C C H I N I
42
5.4 Il progetto
Mercati: Italia
Settore: abbigliamento
Segmento: sportswear (matrice urbana)
Comunicazione: per la presentazione delle due collezioni annuali il testimonial delle
campagne sarà Emanuele Filiberto di Savoia
Distribuzione: indiretta - accordi di distribuzione con partner stranieri
Prezzo: felpe, camicie e t-shirt dovrebbero costare intorno ai 125-150 euro, mentre il prezzo
dei piumini dovrebbe aggirarsi sui 150-170 euro
Produzione: U. Emme P. (maglieria), Turchia o Dalla Libera (piumini e felpe)
Il concept
Il marchio Principe di Savoia vuole collocarsi nella fascia medio alta. Rivolto ad un uomo
raffinato, colto, che ama distinguersi senza apparire, intende caratterizzarsi per i seguenti
elementi:
• Immagine chic
• Qualità e innovazione dei tessuti
Il vissuto legato al marchio Principe di Savoia suggerisce di caratterizzare la collezione con
la matrice urbana, piuttosto che con quella tecnica.
Mantenimento dei contenuti legati al blasone, conservazione dei tratti dell’italianità.
Il riferimento Blauer, tipico marchio Usa, e troppo vicino al segmento tecnico, potebbe
tradire questi intenti.
Lo sportswear proposto dal marchio non è strettamente legato alle occasioni d’uso ma è in
grado di vestire e rappresentare un uomo che vuol essere elegante, ma moderno.
Queste ipotesi, pongono il marchio in un’area cognitiva contigua a quella presidiata da Fay,
oppure, da Allegri.
Valori del brand
- Eleganza
- Distinzione
- Carisma
43
La collezione
La prima collezione si compone solo di capospalla, maglie e t-shirt
Il pay-off
“La nobiltà è uno stato d’animo.”
L’uomo “Principe”
Età
30 - 45 anni
Atteggiamento d’acquisto
- valuta con attenzione cosa acquistare, selezionando l’offerta
- attribuisce al prodotto la capacità di rappresentarlo. Sceglie sulla base della coerenza tra
l’universo simbolico rappresentato dalla marca e lo stile di vita condotto
- status medio-alto
Lo stile di vita
- è una persona soddisfatta del proprio lavoro. Realizzata con il lavoro
- è un libero professionista
- è un mobile-worker
- è un utilizzatore delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione
- frequenta luoghi non molto affollati, dove poter gustare cibo e relazioni
- dà importanza al benessere fisico ed è consapevole dell’importanza che ricopre
un’alimentazione corretta, l’attività fisica, e il contatto con la natura
- di buona cultura, è fortemente interessato a vedere concerti, leggere libri, ascoltare
buona musica
Il “Nuovo Regale”
ll prodotto che si vuol proporre con il brand Principe di Piemonte si pone l’obiettivo di
introiettare i valori e l’universo simbolico della regalità in una collezione che si connota,
come detto, appartenente al segmento sportswear a matrice urbana.
Questo tipo di trasposizione valoriale, apparentemente contraddittoria, in realtà, ben
asseconda le tendenze del segmento, che vedono lo sportswear in grado di sganciarsi dalle
situazioni d’uso e di rappresentare in modo trasversale i bisogni di un uomo elegante che si
44
distingue, ma allo stesso tempo in grado di essere in linea con gli elementi e il sentire che
caratterizzano la tardo modernità.
Un uomo, dunque, che fatte proprie innovazione tecnologica e conseguente ridefinizione
della socialità, è in grado di autorappresentarsi come attore sicuro di sé, pronto a cavalcare
l’impalpabilità che caratterizza questo inizio di millennio con atteggiamento positivo.
Il nuovo si accosta alla tradizione dando vita ad un “mood forte”, per chi riconosce il valore
dello stile. Il “Nuovo Regale” identifica il brand; uno stile che utilizza tessuti, particolari e
tagli che ridefiniscono, attraverso una complessa attività di design, il gusto classico
proponendo un fashion informale ma elegante.
La giacca Principe di Piemonte
Il capospalla Principe di Piemonte vuole assumere il ruolo di elemento portante e
caratterizzante della collezione. Tessuti innovativi e un taglio, che pur mantenendo la sua
immagine urbanwear, echeggia la sartorialità rigorosa e preziosa del made in Italy.
Ulteriore elemento identificante la giacca Principe, ma anche di tutta la collezione, è
rappresentato dall’utilizzo di colori e accostamenti che concorrono in maniera determinante
a rendere sofisticato il capo. Colori poco saturi e indefiniti, alternati ad altri più decisi e
forti, ma mai accesi. Tonalità da scoprire, combinazioni suadenti, contrasti imprevedibili.
Queste caratteristiche interessano e definiscono un uomo fortemente attratto dal mood
Principe di Piemonte: un uomo dai 30 anni in su, dalla innata eleganza, che non ama osten-
tare, ma conserva una classe naturale che si distingue in ogni occasione e contesto.
45
Conclusioni
Questo breve lavoro ha inteso tracciare un percorso che consentisse l’individuazione degli
elementi emergenti nel consumo, specificatamente nel sistema moda, alla luce delle modi-
ficazioni socio-economiche che stanno coinvolgendo la società a livello planetario.
In particolare, si sono volute analizzare criticamente tutte le attività legate al fashion
branding contemporaneo. I grandi mutamenti – che stanno coinvolgendo la società, rivolu-
zionando i paradigmi sui quali era fondata nel secolo scorso – stanno pesantemente
modificando l’impresa e le modalità di fare marketing. I concetti tradizionali dei processi
cardine sulla base dei quali impostare le strategie aziendali mostrano diversi livelli di
criticità.
L’innovazione tecnologica e la nuova socialità, in una relazione circolare, hanno prodotto
un consumatore nuovo per nuovi mercati. Per comprendere questo nuovo assetto socio-
economico e culturale, che presenta nell’instabilità il suo unico dato certo, servono nuovi
approcci da parte delle aziende e del management tutto.
Aver preso consapevolezza che la marca rappresenta l’unico asset strategico in grado di
generare valore, grazie alla sua non replicabilità, non è sufficiente per assicurarsi vantaggi
competitivi significativi.
Uno dei tratti caratteristici delle economie e della società post-moderna è una complessità
mutevole, è possibile gestirla, allo scopo di instaurare con il consumatore relazioni paritarie
e profittevoli per entrambe le parti, solo attraverso risposte immediate e altrettanto
complesse.
Anticipare i bisogni, cavalcare l’instabilità, percepire le tendenze e il sentire comune
diventano prerogative dell’uomo di marketing.
Fare branding è un’operazione culturale che coinvolge l’impresa in tutte le sue componenti
e richiede competenze specialistiche e trasversali, ma soprattutto un’attitudine e una
propensione nella comprensione del senso comune che nasce dal sentirsi parte di una tra le
più grandi trasformazioni che la storia dell’umanità ha conosciuto.
46
Bibliografia
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Moda, marca, consumi nella post-modernità

  • 1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI LECCE Facoltà di Economia Master Universitario in Strategie di Marca e Nuovi Media sul Settore Moda Gaetano Lopez 2007-2008 Moda, marca e consumi nella post-modernità
  • 2. 2 Indice Introduzione 3 1. La moda 5 1.1 Cos’è la moda 1.2 I consumi nella moda 1.3 Moda e marca 2. Ambito competitivo e segmentazione 11 2.1 L’ambito competitivo 2.2 Analisi della domanda: la segmentazione 3. Posizionamento strategico e vantaggi competitivi 22 3.1 Il posizionamento 3.2 Il vantaggio competitivo 4. Metodi per l'innovazione e il design 29 4.1 I “Creativity Template” 4.2 Personalità estreme per il design dell’interazione 4.3 Personalizzare la relazione 5. Un caso di studio: il brand Principe di Piemonte 35 5.1 Premessa 5.2 Analisi dell’azienda 5.3 Analisi del mercato uomo 5.4 Il progetto Conclusioni 45 Bibliografia 46
  • 3. 3 Introduzione L’evoluzione della società, i crescenti bisogni individuali, i cambiamenti economici e del mercato del lavoro da un lato; il nuovo ruolo giocato dalla comunicazione tra tutti gli attori sociali per la diffusione e lo sviluppo di nuove tecnologie dall’altro; pongono il problema di attualizzare e ridefinire, alla luce di un nuovo sentire, i concetti di segmentazione e posizionamento così come li abbiamo conosciuti e adottati, ma soprattutto l’approccio alla complessa attività del brand management nel suo complesso. Questo lavoro di tesi si pone l'obiettivo di porre alcune questioni sulle modalità con le quali intercettare i bisogni individuali, cercando di comprendere la direzione da intraprendere nella decodifica dei comportamenti d’acquisto alla luce dei nuovi scenari che si vanno delineando. Inoltre, poiché siamo interessati ad uno specifico settore, quello della moda e del lusso, vogliamo istanziare le considerazioni di carattere generale nell’ambito di nostro interesse che, senza ombra di dubbio rappresenta il territorio di elezione per la comprensione dei mutamenti sociali, economici e relazionali. Dice Barthes “Il vestito – irriducibile a una funzione protettiva e ornamentale – è un campo semiologico privilegiato: possiamo dire che a fondare il vestito come fenomeno sociale totale è la sua funzione significante”. Il presente lavoro è strutturato in cinque capitoli, nel primo capitolo analizza brevemente l’articolato concetto di moda, ripercorre i profondi mutamenti dei consumi moda dal dopoguerra a oggi, rimarcando il doppio legame che intreccia moda e marca. Nel secondo capitolo viene affrontata l’analisi della domanda e la segmentazione, alla quale viene data ampio spazio. L’Analisi è volta soprattutto a identificare le aree di criticità di alcuni criteri di segmentazione sottolineando che è ormai necessario anticipare il mercato. L’approccio del terzo capitolo è analogo. Si affronta criticamente il processo di posizio- namento tradizionale, soprattutto quando si passa, nella definizione di caratteristiche uniche e distintive, dal prodotto alla marca. Il quarto capitolo è dedicato ad alcuni metodi, frutto di ricerche e studi, che propongono approcci innovativi alla progettazione di prodotto, all’individuazione di “tipi di utenti” e all’utilizzo da parte delle imprese delle potenzialità della tecnologia e dell’intelligenza arti-
  • 4. 4 ficiale per tessere, attraverso l’erogazione di contenuti di interesse per l’individuo, relazioni significative e durabili. L’ultimo capitolo, infine, mostra i risultati di un caso di studio, che ha avuto come oggetto la definizione di un concept per un marchio di abbigliamento acquisito in licenza dalla U. Emme P., con sede a Capurso (Ba), che dopo essere stata azienda di produzione per importanti marchi nazionali, ha intrapreso politiche di valorizzazione della marca con l’acquisizione di importanti licenze e grossi finanziamenti in comunicazione.
  • 5. 5 1. La moda La vorticosa evoluzione dei consumi, che ha interessato molti prodotti e i settori più diversi, ha senza dubbio sconvolto il sistema moda in maniera profonda modificando sia le caratteristiche dei prodotti, sia le condizioni della progettazione e della produzione e l’insieme di richieste, esigenze e aspettative da parte di un consumatore sempre meno disposto ad accettare supinamente le proposte del mercato e sempre più attento ai significati che si accompagnano ai prodotti moda. 1.1 Cos’è la moda Quando cerchiamo di comprendere cos’è la moda avvertiamo subito di essere di fronte ad un fenomeno complesso che attraversa una moltitudine di campi e che caratterizza, non solo gli abiti, ma parecchi degli oggetti che ci circondano e che ci accompagnano nel quotidiano. Gli oggetti sono percepiti non solo da un punto di vista fenomenologico, ma piuttosto per altri aspetti, di tipo emozionale, che fanno sì che abbiano una significatività per la nostra vita che va al di là della loro funzione. La moda dunque coinvolge i diversi ambiti del consumo, non si limita all’abbigliamento e interessa tutti, senza distinzione di sesso, età, status. La moda, come dice Liptovetsky, quale meccanismo sociale caratterizzato da una specifica breve durata e da cambiamenti più o meno bizzarri che le rendono possibile esercitare la propria influenza su sfere ben distinte della vita collettiva. D’altro canto altri autori limitano la definizione di moda all’abbigliamento, ma come sottolinea Svendsen, non tutti gli abiti possono considerarsi oggetti di moda, così come, una serie di fenomeni che non sono indumenti si possono descrivere come moda. Al di là di queste posizioni, riteniamo di poter affermare che la moda influenzi le nostre relazioni con noi stessi e gli altri. Il vestito, gli oggetti che utilizziamo, sono parte integrante della nostra identità, della rappresentazione di noi stessi. Simmel afferma che esiste un collegamento tra moda e identità. È forse questa relazione tra moda e costruzione identitaria
  • 6. 6 l’aspetto più interessante da cogliere nel fenomeno moda. Dice Svendsen: la moda non attua solo una differenziazione tra i ceti, ma nella stessa misura permette al singolo di esprimere sé stesso. L’abito è una parte dell’individuo non qualcosa di esterno rispetto alla sua identità. Questi presupposti lasciano intendere che la moda, indipendentemente dalla prospettiva adottata nella sua indagine, rappresenta uno strumento privilegiato per la lettura dei com- plessi fenomeni che caratterizzano la nostra società, per la comprensione dell’individuo nel suo rapporto con gli altri e delle dinamiche gruppali. La moda è dunque un fenomeno sociale, forse il più significativo del mondo moderno e post-moderno. Questo lavoro non ha l’obiettivo di affrontare la moda dalle molteplici prospettive cui può essere analizzata, ma limiteremo l’analisi all’oggetto di consumo, alle relazioni quindi tra imprese, consumatori e marche della moda nell’abbigliamento. 1.2 I consumi nella moda L’attuale società dei consumi, in cui i cittadini sono considerati dei consumatori, è un fenomeno della tardo modernità. Agli inizi della modernità si viveva in una società della produzione, nel senso che i cittadini erano in primo luogo dei produttori. Una continua evoluzione, alla quale continuiamo ad assistere, ha spostato sempre più il ruolo primario verso il consumo piuttosto che verso la produzione. Allo stesso tempo, stiamo assistendo ad una diminuzione del tempo dedicato al lavoro a fronte di un allungamento della vita media. La progressiva diminuzione del tempo dedicato al lavoro, tendenza che andrà sempre più accentuandosi, è riconducibile alla “dematerializzazione” della società intervenuta con la rivoluzione digitale. L’elemento essenziale da cogliere nell’analisi del “consumatore moderno” è che la gran parte del consumo non riguarda beni utili alla sopravvivenza, soddisfacimento di bisogni primari, ma ha come oggetto il soddisfacimento di bisogni di autogratificazione e ha come fine ultimo la creazione di un’identità. Il consumo è comportamento sociale che investe la nostra sfera relazionale. I consumi non sono solo orientati all’acquisto di oggetti, sia pure non di prima necessità, si consumano anche e soprattutto servizi e momenti di evasione. È in forte crescita il consumo di cultura, di eventi spettacolari, di “esperienze”.
  • 7. 7 Il consumo mostra quindi una dimensione simbolica, i beni hanno un ruolo sociale e socializzante. Il consumo ci consente di raccontarci, di significare la nostra identità e concorre alla nostra realizzazione sociale. Ma cerchiamo di ripercorrere sinteticamente in che modo è evoluto il consumo nella moda. Nel primo dopoguerra, la netta divisione della società tra classe agiata e la massa comporta una forte polarizzazione dei consumi. I consumi di fascia alta – la couture parigina per le donne, l’alta sartoria inglese per gli uomini – sono la modalità attraverso la quale le classi agiate ostentano il loro status, mentre un abbigliamento indifferenziato senza alcun ele- mento di innovazione contraddistingue i consumi della massa e delle classi meno agiate. Un primo segnale di discontinuità nei consumi moda si ha alla fine degli anni sessanta contestualmente e dipendentemente da due fondamentali fenomeni sociali: la contestazione giovanile e l’emancipazione femminile. I giovani prendono coscienza della loro autonomia intellettuale, rivendicano nuovi valori e sentono di rappresentare un mondo diverso e spesso in contrapposizione con quello degli adulti. La caratterizzazione della loro identità passa attraverso nuovi comportamenti, ma anche e soprattutto un nuovo modo di vestire vissuto come sistema segnico in grado di significare i cambiamenti in atto. Nasce, così, un abbigliamento destinato ai giovani che si configura come un nuovo segmento che propone ulteriori differenziazioni al suo interno: jeanswear, sportswear, casualwear. L’apparire giovani diventa un valore e un segno di rottura con il passato. Sono anche gli anni del boom economico, iniziato a partire dai primi anni sessanta, un pubblico sempre più ampio accede ai consumi, quali quello della moda, che possano soddisfare bisogni di gratificazione. La donna assume un nuovo ruolo, occupa i posti di lavoro, acquisisce consapevolezza e ricerca un nuovo modo di apparire e un abbigliamento consono alle proprie esigenze. La crisi dell’alta moda francese e della grande industria conducono alla nascita dei distretti industriali e del prêt-à-porter. Si fa strada un nuovo concetto di moda che diventa indu- strializzata e consente una differenziazione e una forte segmentazione dell’intero settore, ora rappresentabile come una piramide. Questi mutamenti, che si compiono definitivamente negli anni ottanta, preludono e concorrono al fenomeno dello “stilismo” al quale assistiamo dagli anni ottanta in poi. Si sviluppano considerevolmente il prêt-à-porter italiano grazie alla creatività degli stilisti e all’avvio di politiche di brand extension che segmentano il mercato sulla base del prezzo e
  • 8. 8 creano un’offerta di prodotti griffati con un prezzo accessibile anche a fasce di mercato meno facoltose ma spinte all’acquisto da motivi aspirazionali. Il connubio stilista-industria formalizzato in accordi che prevedevano royalty sul fatturato portarono a grossi incrementi del consumo e all’affermarsi del made in Italy. Con la fine del secolo si assiste ad una ridefinizione della società dei consumi, non più rappresentabile da una piramide, ma da un rombo con uno schiacciamento della fascia media a favore della fascia alta e del mass-market. Questa tendenza di polarizzazione è tuttora in essere e sta producendo un nuovo segmento di mercato che è quello del super lusso. Figura 1.1. Evoluzione del mercato della moda (GPF & Associati). Si ricercano personalizzazione e individualità. L’identità degli individui è complessa e multi sfaccettata a seconda delle diverse occasioni di vita. Identità complesse richiedono sofisticati sistemi segnici per la propria rappresentazione. I consumatori chiedono alle marche prodotti in grado di suscitare emozioni. Siamo nell’epoca dell’emotional branding. Alle imprese l’arduo compito di ascoltare la strada e rielaborare in tempo reale le istanze dei consumatori ponendosi in un rapporto dialogico con essi. Medium - Low Low Medium - Low Low Medium Medium Medium-High Luxury Medium-High Luxury Super-Luxury’90 2006
  • 9. 9 1.3 Moda e marca Coerentemente con l’evolversi del mercato e dei modelli di consumo che abbiamo appena tratteggiato anche il concetto di marca ha subito delle modificazioni rintracciabili anche nelle definizioni di ricercatori e studiosi. Quella proposta da Philip Kotler recita: “Un Nome, termine, segno, simbolo o un disegno o una combinazione di questi che mira a identificare beni o servizi di un venditore o di un gruppo di venditori e a differenziarli da quelli dei concorrenti”. Questa definizione tuttavia non riesce a cogliere tutti gli aspetti strategici legati alla marca moderna. In quella proposta da David Arnold: “Un insieme di aggettivi che ne descrivono le sue caratteristiche peculiari, indipendentemente dal prodotto e che i consumatori selezionano come rilevanti e uniformi in tutto il mondo. E’ ciò che consente a una marca di essere conosciuta e “riconosciuta” a livello emotivo secondo modalità condivise dalla maggioran- za” vi è l’introduzione di ulteriori elementi, quali ad esempio l’indipendenza dal prodotto e la componente emotiva, che potremmo dire segnano il passaggio della marca da una funzione denotativa ad una funzione connotativa. La marca nasce con il semplice scopo di dare riconoscibilità ai prodotti che affollavano i banchi della grande distribuzione. Si noti che prima della diffusione di tale forma distri- butiva, i prodotti venivano venduti per lo più sfusi, era il bottegaio che consigliava il cliente e assolveva alla funzione di garanzia. Oggi la marca ha assunto un valore, anzi rappresenta il più importante asset di cui l’impresa moderna dispone. A differenza dei prodotti, non è possibile clonare la marca, per cui la marca diventa un’ineguagliabile fonte di ricchezza, vero e proprio moltiplicatore di valore. Valore in termini di premio di prezzo, di maggiore forza nei confronti dei distributori, nella possibilità di compiere operazioni di brand extension, che proprio nella moda hanno assunto la forma di vero e proprio brand streching. Tuttavia, questa capacità di produrre valore per le imprese è subordinata alla proposizione di un buon prodotto o servizio, in grado di assolvere ai requisiti performativi per i quali è stato progettato, ormai dati per acquisiti dal consumatore. Dice Fabris, “la marca ha valore quando introietta e trasmette forti valori. Valori in grado di guidare le scelte individuali e quindi fondare l’identità sociale e la specificità individuale. Ma questi elementi sono anche i nuclei attraverso cui passano e si consolidano i processi di differenziazione sociale”.
  • 10. 10 Per Semprini la marca è “l’insieme dei discorsi tenuti su di essa dalla totalità dei soggetti (individuali e collettivi) coinvolti nella sua generazione”. La marca ha dunque natura semiotica, ha la capacità di costruire intorno ai suoi prodotti mondi di valori con i quali il consumatore possa identificarsi. Questi processi di identi- ficazione possono creare fenomeni di forte coinvolgimento. Valori, ma anche valore per lo stesso consumatore che attraverso la marca può sentirsi rassicurato sia sugli aspetti performativi del prodotto, che sugli aspetti psicologici. La marca per poter intrattenere una relazione privilegiata con il consumatore deve mostrarsi in grado di rielaborare continuamente la sua identità, di essere pronta a cogliere le sugge- stioni provenienti dal mercato, di riuscire ad essere contemporanea, mantenendo inalterato il nucleo di contenuti profondi che rappresentano il suo Dna. Le caratteristiche della marca tratteggiate sin qui, mostrano chiaramente che è proprio il settore moda quello in cui la valenza strategica delle politiche di marca massimizza la sua importanza e può consentire un vantaggio competitivo duraturo. In primo luogo la moda risponde al bisogno post-moderno di consumare essenzialmente significati piuttosto che oggetti, da questa prospettiva l’attrattività di un marchio risiede principalmente nelle sue capacità semantiche e di proporre attraverso la comunicazione simboli in grado di rappresentare l’immaginario dell’individuo. Inoltre, la moda è soggetta alla stagionalità e i prodotti risultano sostanzialmente omogenei. L’impresa non può demandare alla creatività di una collezione il compito della costruzione di relazioni durevoli. Solo la gestione strategica della marca può consentire di differenziare la propria offerta allo scopo di soddisfare il proprio target sia sul piano degli attributi funzionali e stilistici che su quello simbolico-emozionale. In questo modo il consumatore acquisterà la marca e non il prodotto.
  • 11. 11 2. Ambito competitivo e segmentazione L’analisi strategica di un’azienda, di un servizio o di una nuova linea di prodotti può essere divisa in diversi step, infatti prima di poter effettuare l’analisi della domanda e dei concorrenti allo scopo di definirne il posizionamento, sono utili: • l’analisi del macroambiente – vale a dire l’insieme delle variabili sulle quali il mana- gement dell’impresa ha limitate possibilità di intervento – che consiste nella valutazione delle minacce e opportunità; • l’analisi dell’ambiente competitivo, utile a esaminare la struttura e il ciclo di vita di un mercato/settore. L’analisi della struttura e del ciclo di vita sono all’origine delle strate- gie che possono essere adottate dall’impresa e generare determinati livelli di redditività. 2.1 L’ambito competitivo L’azienda opera in un’arena competitiva (espressione usata da Porter e Day) vale a dire in uno spazio in cui affronta un certo numero di rivali. Poter emergere significa, quindi, esibire vantaggi competitivi nei confronti di tali rivali. Poter individuare le variabili sulle quali costruire i vantaggi richiede l’individuazione dei rivali e del contesto in cui gli attori competono. Inoltre, va considerato che un prodotto si caratterizza per la sua capacità di rispondere a determinati bisogni. Ricordiamo la gerarchia dei bisogni teorizzata da Maslow, il quale rappresenta i bisogni umani attraverso una piramide caratterizzata da livelli gerarchici. Gli uomini, dice Maslow, ambiscono a soddisfare i propri bisogni. Per poter soddisfare i bisogni di un certo livello occorre che prima siano stati soddisfatti quelli di livello inferiore. In questo quadro concettuale, risulta evidente che i bisogni possono essere materiali – in tal caso, il prodotto si caratterizzerà esclusivamente per i suoi attributi funzionali – oppure possono essere di carattere socio-culturale, legati soprattutto alla sfera psicologica, affettiva e profondamente intima, avremo allora un prodotto il cui focus rinvierà quasi esclusi- vamente a componenti immateriali.
  • 12. 12 Nella nostra società, in un’epoca considerata tardo moderna se non post-moderna, così come ritengono diversi studiosi, in cui i bisogni di base sono sempre più frequentemente stati soddisfatti, le marche e i prodotti, sono considerati e percepiti soprattutto per le caratteristiche intangibili, per i valori che propongono e rappresentano, per i mondi e i simboli che significano. Autorelazione Appartenenza Sicurezza Fisiologici Stima Figura 2.1. Gerarchia dei bisogni (Maslow, 1976). Possiamo dunque assumere valida l’ipotesi di Henzel, ripresa da Testa, secondo cui esistono due possibili categorizzazioni del prodotto, la prima definisce ciò che il prodotto è – nelle sue componenti fisiche e nei suoi attributi funzionali – la seconda, viceversa, fa riferimento al mondo di significati cui il prodotto rinvia. Allo scopo di meglio comprendere le logiche competitive esistenti nel comparto moda, proponiamo la categorizzazione offerta dall’American Marketing Association che sug- gerisce l’esistenza di tre categorie distinte per frequenza e livello di coinvolgimento del consumatore nell’acquisto, per grado di differenziabilità e costo del prodotto. • Convenience: si tratta di prodotti indifferenziati, oggetti di acquisto ripetuto. Prodotti unbranded con basso contenuto moda e basso prezzo, il cui processo d’acquisto non è problematico. Appartengono a questa categoria anche prodotti dal prezzo non neces- sariamente basso, ma basici e continuativi, come ad esempio la classica camicia azzurra maschile;
  • 13. 13 • Shopping: i prodotti di questo tipo non soddisfano bisogni immediati e materiali, ma psicologici, hanno prezzo elevato, la loro frequenza d’acquisto è ridotta, il processo d’acquisto risulta problematico. Sono prodotti di marca, differenziati, con prevalenza di attributi intangibili. Sono scelti solo dopo una valutazione degli attributi del prodotto e del sistema di offerta e prezzo; • Specialty: prodotti percepiti come unici dai consumatori per le loro caratteristiche oppure dal mondo della marca alla quale è collegato. Sono considerati specialty prodotti firmati da un couturier con grande premio di prezzo oppure prodotti senza tempo come la celebre Kelly di Hermès. Le considerazioni sin qui fatte sulle caratteristiche dei prodotti e sulla capacità da parte dei prodotti stessi di soddisfare determinati bisogni ci consentono di affermare che proprio la relazione tra tali caratteristiche e tipologie di bisogni rappresenta il punto di partenza di qualsiasi percorso strategico di segmentazione e posizionamento. I concorrenti Per poter esibire vantaggi competitivi nei confronti dei rivali, l’impresa deve anzitutto individuare tali rivali, operazione spesso complessa, in quanto non sempre la concorrenza è circoscrivibile a quegli attori che vendono/erogano un prodotto/servizio “simile”. Figura 2.2. Analisi dei concorrenti (Giorgio Pellicelli). L’arena competitiva Chi sono i concorrenti Il profilo dei concorrenti Quali sono i loro punti di forza e debolezza? Quali potrebbero essere le loro risposte alle nostre strategie? Quali sono le strategie dei concorrenti? I gruppi strategici
  • 14. 14 L’impresa deve inoltre definire il profilo dei concorrenti, individuando punti di forza e debolezza, comprendere le loro strategie, ipotizzando infine le risposte alle proprie possibili strategie. La complessità socio-economica, i nuovi scenari planetari, la crescente dinamicità dell’am- biente, l’incalzante progresso tecnologico, rendono spesso molto complessa l’indivi- duazione dei concorrenti in quanto diversi settori convergono negli stessi mercati e le distinzioni, vere un tempo, tra un settore e un altro, non sono più tali. L’arena competitiva Day propone un metodo, ripreso da Pellicelli, per la definizione dell’arena competitiva, che dipende da quattro fattori: 1. l’ampiezza della gamma di prodotti e servizi considerati; 2. il numero dei segmenti di clienti; 3. i confini geografici; 4. il numero delle attività che vanno a comporre la catena del valore. La modalità con la quale attribuire un diverso peso a ciascuno dei criteri suggeriti da Day dipenderà dagli obiettivi che l’impresa si prefigge con la definizione dell’arena competitiva • decisioni a breve termine, di tipo tattico, limiteranno lo spazio competitivo a clienti e concorrenti attuali; • decisioni di tipo strategico amplieranno la definizione del mercato considerando anche atri aspetti: - i rischi derivanti dall’ingresso di nuovi concorrenti - le opportunità legate a bisogni non soddisfatti da altri - i mutamenti delle condizioni e dei prezzi dovuti ad innovazioni tecnologiche o legislative, ma aggiungeremmo anche del comune sentire, che potrebbero allargare la cerchia dei prodotti sostitutivi Day, per individuare l’arena competitiva, cercando di evitare i rischi legati ad una definizione ristretta oppure troppo ampia, propone due prospettive, strettamente legate tra loro, che si basano sull’idea di “sostituzione”. Sostituzione dal lato della domanda, utile a comprendere i modi in cui i clienti possono soddisfare le loro esigenze. Dal lato della domanda, il mercato è rappresentato da un insieme di bisogni che possono essere soddisfatti da offerte in concorrenza, da parte di imprese operanti in settori diversi.
  • 15. 15 Sostituzione dal lato dell’offerta, prospettiva in grado di far individuare tutti quei concorrenti in grado di soddisfare gli stessi clienti. Dal lato dell’offerta, il mercato è l’insieme di proposte sostituibili tra loro, percepite simili dai clienti. Quali concorrenti offrono prodotti analoghi adottando tecnologia, processi e distribuzione simili? Qual è la copertura geografica? Sono queste alcune delle domande alle quali Day suggerisce di rispondere per definire l’arena competitiva allorché si ragiona in termini di sostituzione dal lato dell’offerta. 2.2 Analisi della domanda: la segmentazione Analizzare la domanda deve significare cercare di comprendere e individuare le esigenze dei clienti. Per raggiungere questo obiettivo è necessario porre attenzione al processo d’acquisto nella sua interezza, allo scopo di perseguire e ottenere la customer satisfaction, attraverso la creazione di valore per il cliente. La comprensione dei fattori che concorrono alla creazione di valore per il cliente richiede che si analizzino tre aree: 1. benefici di carattere economico; 2. benefici di carattere psicologico; 3. benefici percepiti dal cliente. Questa tripartizione dei possibili benefici che il cliente può trarre dall’acquisto di un determinato bene/servizio evidenzia come non sempre le attese siano di carattere strettamente economico, ma che spesso, soprattutto per alcune tipologie di prodotti – tra questi senza ombra di dubbio quelli di tutto il sistema moda – intervengono fattori di carattere psicologico e la personale percezione che ogni individuo ha dell’insieme di servizi collaterali, dell’immagine di marca e del prezzo. Il valore per il cliente sarà la risultante della differenza tra l’insieme dei benefici percepiti e i costi percepiti. Individuate le esigenze del cliente, l’impresa descrive segmenti che raggruppano attese simili e che possono essere serviti con lo stesso marketing mix. Ognuno di questi segmenti deve essere presidiato con l’individuazione di un posizionamento che consente di differen- ziare la propria offerta da quella dei concorrenti che bisogna affrontare.
  • 16. 16 La segmentazione del settore abbigliamento La segmentazione di marketing consiste nella suddivisione della domanda in sottoinsiemi distinti di consumatori-clienti, omogenei al loro interno ma disomogenei tra loro, dove ogni segmento può essere scelto quale obiettivo da raggiungere con una particolare configurazio- ne di valore, attraverso le variabili del marketing mix. Ognuno dei segmenti scelti dall’azienda, presenta un certo numero di concorrenti che si confrontano dopo aver deciso la posizione da occupare. Il processo di segmentazione si articola in due successive fasi: - prima fase di ricerca utile all’individuazione e descrizione dei segmenti; - seconda fase di decisione nella quale vengono valutati i segmenti individuati allo scopo di scegliere quelli in cui operare. Per la segmentazione di settore Abell propone un modello caratterizzato da tre dimensioni: tecnologia, funzioni d’uso, clienti. Figura 2.3. Segmentazione del settore abbigliamento (Saviolo, Testa). La tecnologia è intesa come la modalità di svolgimento dei processi economici aziendali. Nell’abbigliamento questa variabile può essere legata ad aspetti di natura merceologica oppure riguardare il tipo di know-how incorporato nei processi aziendali. Dal punto di vista merceologico abbiamo due tecnologie, quella per la produzione di abbigliamento in tessuto (ortogonale e a maglia) e quella per la produzione di maglieria
  • 17. 17 (comprendente la calzetteria), con cicli produttivi differenti per la diversa natura della materia prima utilizzata: il tessuto e la maglia. Un’altra tecnologia con un proprio ciclo produttivo è quella dell’abbigliamento in pelle. Per quanto riguarda il know-how incorporato nei processi aziendali dell’abbigliamento, abbiamo tre tipologie che contraddistinguono tre diversi attori: 1. le maison o griffe (Armani, Calvin Klein, Ralph Lauren). Basate su forti competenze progettuali all’inizio, sono oggi grandi aziende di produzione e di gestione di licenze, con una amplissima estensione di marca che va al di fuori dell’abbigliamento; 2. i marchi industriali (Max Mara, Hugo Boss, Diesel), con competenze industriali e commerciali, gamma completa di prodotti su diversi segmenti di mercato; 3. i marchi insegna (Benetton, Zara) con competenze commerciali e distributive, hanno generalmente il controllo di tutta la filiera produttiva. La funzione d’uso, che descrive il tipo di utilizzo di un prodotto, nell’abbigliamento è riconducibile all’abbigliamento esterno, all’intimo, ai costumi da bagno. Possiamo ulte- riormente segmentare rispetto alle “occasioni d’uso”, vale a dire rispetto alle occasioni di vita alle quali un prodotto è destinato: formali, informali, legate al tempo libero. I gruppi di clienti, infine, è il criterio che segmenta il settore distinguendo tra cliente intermedio (canale) e cliente finale. Un altro importante criterio di segmentazione del settore, che taglia trasversalmente tecnologia, funzioni d’uso e gruppi di clienti è rappresentato dal prezzo. Sono cinque i segmenti definiti dalla variabile prezzo: Couture, prezzo fino a 10 volte superiore rispetto al prezzo medio di mercato. È l’alta moda, abiti da sogno confezionati su misura. Si contano non più di duemila consumatori al mondo; Prêt-à-porter, prezzo da 3 a 5 volte superiore rispetto al prezzo medio di mercato. Nato, come abbiamo visto nel primo capitolo, negli anni settanta dal connubio tra industria e alta moda, è caratterizzato da alta creatività e dall’incalzante cambiamento scandito da almeno due collezioni l’anno presentate nelle sfilate che rappresentano il principale canale di comunicazione. Individua nell’immagine della griffe e nell’innovatività del prodotto i fattori critici di successo. Nel prêt-à-porter è importante distinguere il segmento abbigliamento moda, da quello del lusso, dove operano imprese come Hermès, Vuitton,
  • 18. 18 Gucci con un sistema di offerta caratterizzato da prodotti – soprattutto accessori – di altissimo prestigio, ma classici e continuativi. Diffusion, prezzo 2-3 volte superiore rispetto al prezzo medio di mercato. Nata come estensione delle griffe su fasce di mercato più ampie, sono le seconde e terze linee degli stilisti e di alcuni marchi industriali di prestigio. Bridge, prezzo 1,5-2 volte superiore rispetto al prezzo medio di mercato. Nato in America su iniziativa dei department store con lo scopo di offrire un prodotto che facesse da ponte tra il mass market e le seconde linee dei designer, ha i suoi fattori critici di successo nel servizio al punto vendita in termini di consegne e riassortimenti. Mass, prezzo da 1,5 volte il prezzo medio fino al primo prezzo di mercato. Prodotti basici e indifferenziati. I metodi di segmentazione Abbiamo visto che la segmentazione consente all’azienda di individuare e descrivere le diverse aree di mercato e di domanda da parte del consumatore. La modalità con la quale tale attività di analisi del mercato viene effettuata risulta evidentemente centrale, in quanto determina le caratteristiche dei mercati e dei clienti da soddisfare. Poiché la domanda è in continua evoluzione, le metodologie di analisi devono necessa- riamente cambiare cercando di cogliere gli aspetti salienti delle istanze che un cliente sempre più evoluto pone al mercato. Storicamente esistono diversi metodi con i quali operare un processo di segmentazione. La gran parte di essi fa riferimento a variabili relative al consumatore. Variabili di segmentazione relative al comportamento del consumatore Segmentazione descrittiva Segmentazione comportamentale Geografiche - Regione - Area urbana - Clima - Dimensione area Socio- Demografiche - Età - Sesso - Reddito - Livello di istruzione - Occupazione - Classe sociale Comportamento d’acquisto - Status come utilizzatore - Occasione d’uso - Fedeltà alla marca - Sensibilità al prezzo Psicografiche - Attività svolte - Interessi - Opinioni Benefici - Valori e benefici ricercati Tabella 2.1. Variabili di segmentazione.
  • 19. 19 Le variabili geografiche Questa modalità, che risulta tra le più semplici grazie alla facile reperibilità dei dati, individua la sua caratteristica nell’idea che le differenze storico-culturali dei popoli hanno un peso nelle scelte di consumo. Risulta evidente, però, che questo approccio, alla luce della ridefinizione del concetto di spazio dovuta allo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione presenta diversi livelli di criticità. I media e i linguaggi proposti dalla comunicazione, assumono sempre più una sfera universale. I fenomeni della globalizzazione, inoltre, fanno sì che si stia assistendo ad un fenomeno per cui i comportamenti di acquisto risultano trasversali rispetto alla localiz- zazione geografica. Nonostante questo tipo di segmentazione perda la sua efficacia per molte categorie di prodotti, può conservarla per altre. Si pensi alle applicazioni che possono avere le informazioni – fornite da sistemi software chiamati GIS (Geographical Information System) – che possono risultare preziose, ad esempio, per la localizzazione di alcune attività, sulla base di informazioni sugli spostamenti della popolazione durante l’arco della giornata. È inoltre particolarmente interessante nella moda la metodologia di segmentazione geo- grafica (riportata da Testa) basata sulle caratteristiche antropomorfiche – che consentono di segmentare il mercato sulla base dell’altezza, la taglia media, il drop – e sulle caratteristiche socio-culturali – che rivelano l’attitudine verso il colore, l’utilizzo di determinati materiali, le abitudini d’acquisto. La combinazione di questi due criteri genera sette macrosegmenti a livello internazionale. L’Europa viene divisa nell’area pangermanica (Germania, paesi scandinavi, Europa centro- orientale) e area latina (Europa meridionale e Gran Bretagna) Le variabili socio-demografiche La modalità di segmentazione che utilizza variabili demografiche (tabella 2.1) assume che tali variabili influenzino in maniera significativa i comportamenti d’acquisto. Queste variabili, che sono utilizzate dalle ricerche di mercato e quindi possono risultare utili nella scelta dei canali di comunicazione, necessitano di essere utilizzate in modo incrociato perché generino categorie significative. Facili da analizzare, il loro utilizzo è indispensabile per individuare le caratteristiche dei diversi segmenti, ma non contribuiscono a chiarire i comportamenti degli individui e le loro motivazioni nell’atto d’acquisto. Nella moda, tuttavia, l’età rimane un criterio fondamentale di segmentazione.
  • 20. 20 Riportiamo di seguito una categorizzazione attuale, basata sul concetto di “generazione” (Viewpoint, 1999): • pre-teen (7-13 anni): giovanissimi ma precoci, sensibili alla moda e alle novità, appartengono a famiglie con un potere d’acquisto doppio rispetto al passato. Ambiziosi, vogliono emulare i ragazzi più grandi, tendono a stabilire identità di gruppo con i coetanei; • teen o net-generation (14-25 anni): cresciuti con le nuove tecnologie, sono alla ricerca del nuovo, sono indipendenti, orientati al consumo ma estremamente mobili nello stile di vita; • generation-flex (25-40 anni): nota come “generazione X”, è stata la prima a entrare nel mondo post-moderno. Ha sperimentato cambiamenti importanti nella vita sociale, è formata da consumatori cinici, diffidenti, orientati al valore della proposta, che non seguono uno stile di vita preciso; • boomers (40-55 anni): la generazione degli anni 60, orientata al benessere, al salutismo, alla carriera. È formata da grossi consumatori, raffinati, inclini ad uno stile di vita giovanile; • new senior (dai 55 anni): in crescita in termini numerici per l’allungarsi della vita media, è caratterizzato da consumatori con atteggiamento giovanile, forte potere d’acquisto, attivi e indipendenti. I metodi di segmentazione che utilizzano variabili geografiche e socio-demografiche sono detti metodi descrittivi. Quelli che utilizzano variabili psicografiche e comportamentali vengono invece chiamati metodi comportamentali, considerano l’individuo come consumatore e utilizzano fattori causali per la costruzione dei segmenti. Le variabili sul comportamento d’acquisto Questo tipo di segmentazione pone il proprio focus sulle conoscenze, gli atteggiamenti e le reazioni dell’individuo nel comportamento d’acquisto. Il livello di fedeltà ad una marca o a un prodotto, l’occasione d’uso: relativa al contesto di utilizzo di un prodotto indipen- dentemente dal consumatore (criterio di estrema importanza nella moda), lo status come utilizzatore: non utilizzatore, utilizzatore potenziale, neoutilizzatore, utilizzatore abituale, ex utilizzatore, sono le tre variabili utilizzate in questo tipo di segmentazione
  • 21. 21 Le variabili psicografiche Attraverso la segmentazione psicografica – che si differenzia rispetto a quella socio- demografica (che valuta aspetti quantitativi), in quanto individui che appartengono allo stesso gruppo demografico possono presentare differenti caratteristiche psicografiche – si cercano di cogliere gli aspetti emotivi che risultano determinanti nella scelta del consumatore. Con la segmentazione psicografica si considera come vive l’individuo. Gli stili di vita sono considerati molto importanti sulla base della considerazione che i prodotti acquistati rispecchino caratteristiche e comportamenti dell’individuo. Attraverso le attività svolte, gli interessi personali e le opinioni su importanti aspetti sociali, si identifica lo stile di vita. Le variabili sui benefici attesi La “benefit segmentation”, invece, cerca di aggregare i consumatori sulla base dei valori e dei benefici ricercati dal consumatore in un prodotto o in una marca. La benefit segmentation definisce quindi il mercato sulla base delle aspirazioni del consumatore e sulle sue istanze. L’idea alla base è quella che gli acquirenti di una classe di prodotti ricerchi in essi un tipo di benefici simili. La definizione dei segmenti si ottiene incrociando i raggruppamenti emergenti da insiemi di benefici con variabili di tipo socio-demografico o psicografiche. Verso la comprensione del consumatore post-moderno Dopo aver riportato i principali metodi di segmentazione e aver sottolineato come, soprattutto quelli descrittivi presentano delle aree di criticità che vengono in qualche modo superati dai metodi comportamentali non possiamo non considerare la problematica dell’analisi del consumatore da una prospettiva che, da un lato inglobi la mutevolezza degli individui, dall’altro cerchi di appropriarsi delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie. L’esigenza che emerge è quella di anticipare i bisogni del consumatore. Gli ultimi orientamenti privilegiano la segmentazione per immaginari e stili di pensiero, in cui l’analisi non è più l’individuo ma la categoria mentale e il comportamento adottato dipendentemente dalle diverse occasioni di vita. Il marketing, soprattutto quello delle aziende di moda, deve operare uno spostamento culturale che consenta sempre più una relazione amichevole con il consumatore, cercando di anticipare i desideri di un consumatore mai uguale a sé stesso, in continuo divenire e sempre pronto a diversificare il proprio approccio alle dimensioni della realtà.
  • 22. 22 3. Posizionamento strategico e vantaggi competitivi Il processo di segmentazione è propedeutico alla definizione da parte di una marca o di un prodotto del posizionamento. Una volta scelto il segmento da occupare, dipendentemente da un insieme di valutazioni sull’attrattività – misurata da alcuni parametri: omogeneità, du- rabilità, redditività, accessibilità – bisogna decidere quale area presidiare all’interno dello stesso. 3.1 Il posizionamento Il posizionamento è l’insieme di azioni volte ad identificare e a sviluppare un vantaggio competitivo (tangibile o intangibile), differenziando il prodotto nella percezione degli acquirenti, creandone una “soluzione speciale”, consci che la dinamica competitiva tenderà a farne in tempi brevi “un prodotto banale”. Questa definizione di posizionamento risulta interessante, in quanto evidenzia la sua natura complessa e fa emergere il ruolo strategico che questa scelta ricopre nelle politiche dell’impresa. La prima considerazione da fare risiede nell’impossibilità di non fare questa scelta, in quanto, laddove non effettuata, il consumatore sceglierà da solo come posizionare l’offerta. Scegliere e definire un posizionamento, significa definire l’area cognitiva da occupare allo scopo di risultare unici nella mente del consumatore che riconoscerà in una determinata offerta la capacità di soddisfare alcune esigenze e bisogni. Questo ruolo strategico, di carattere strettamente concettuale, assume maggior importanza e richiede maggiori sforzi in ambiti, quale è quello del sistema moda, in cui la marca ha un alto valore simbolico e il coinvolgimento dei clienti è essenzialmente emotivo. Il processo di posizionamento, così come lo stiamo delineando è un’operazione che si compie essenzialmente nella mente del consumatore e non sul prodotto, quindi, è un’attività che acquisisce maggior importanza e compiutezza allorché è effettuata per una marca più che per un prodotto.
  • 23. 23 L’individuazione di aree semantiche uniche, mondi possibili (Semprini) e universi simbolici significativi per determinati target group risultano significativi soprattutto per l’entità marca in grado di significare adeguatamente gli aspetti intangibili di un’offerta. Risulta evidente che il processo di posizionamento è strettamente legato a quello di segmentazione e alla scelta dei criteri adottati nella fase di definizione dei segmenti. Il passaggio da criteri socio-demografici e psicografici a criteri basati su stili di pensiero, di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente trova piena giustificazione nelle considerazioni appena fatte e può esserne meglio compresa la sua importanza. Il posizionamento sottolinea l’importanza della scelta del “punto di leva” (Fabris, Mine- stroni), vale a dire di quel tratto caratterizzante e determinante le scelte d’acquisto. Tuttavia, poiché il significato centrale del prodotto – quello che risulta significativo per il consu- matore – ha natura cangiante e dinamica, il punto di leva e le modalità della sua definizione hanno assunto nuove connotazioni. All’attenzione per i benefici tangibili si è sostituita quella per gli aspetti emotivi e intangibili. Non è più sufficiente caratterizzare la marca attraverso aspetti funzionali – i cosiddetti consumer benefit – ma è necessario estendere il posizionamento all’area dei benefici intangibili e simbolici. Dice Fabris, “si prende consapevolezza che è necessario far evol- vere il rapporto del consumatore nei confronti del brand: occorre promuovere ed edificare il passaggio da una generica preferenza e disponibilità all’acquisto ad una forte relazione emotiva con la marca, ad un diretto coinvolgimento con questa. È in questa direzione che si dirige la costruzione dell’identità del marchio”. La gran parte degli studi concorda sul fatto che il posizionamento sarebbe definibile attraverso la combinazione di una serie di domande o dimensioni che delimiterebbero il territorio presidiato dalla marca. Kapferer propone un modello a quattro dimensioni. Il quadrilatero del posizionamento di Kapferer è la risultante di quattro domande: • la marca perché, questa è la dimensione della promessa, del consumer benefit, dell’attributo di prodotto. Materiali utilizzati, vestibilità, resistenza. Nell'abbigliamento, a differenza di altri settori, è più difficile differenziare i prodotti solo sulla base di aspetti fisici e tangibili del prodotto; • la marca per chi, è la dimensione del destinatario, è riferita al segmento al quale la marca si rivolge. “Zegna per chi privilegia l’eleganza sullo stilismo”; • la marca quando, è la dimensione dell’occasione d’uso;
  • 24. 24 • la marca contro chi, nell’ottica della definizione di un posizionamento, risulta fondamentale individuare e aver ben chiare le posizioni dei competitor. Queste infor- mazioni limitano in quanto risulta complesso presidiare aree già occupate da altri, ma possono anche essere un’opportunità se sfruttate per individuare spazi innovativi all’interno di un determinato ambito di prodotto con l’obiettivo di orientarne lo sviluppo sulla base delle proprie risorse e competenze. Figura 3.1. Il quadrilatero del posizionamento (Kapferer). Nella moda, un elemento importante del posizionamento è rappresentato dagli “stili vestimentali” la cui definizione è strettamente legata agli aspetti socio-culturali di un determinato momento storico. Nel settore dell’abbigliamento si può realizzare il posizionamento attraverso la matrice valore-stili vestimentali. La matrice presenta sull’asse orizzontale gli stili vestimentali, sull’asse verticale vi è la segmentazione del mercato rispetto alla variabile prezzo. Tradizionale Contemporaneo Avanguardia Couture/sartoriale Brioni, Kiton, Zegna, Canali Calvin Klein Coll., Armani, Black Label Versace, Montana Designer Hilton, Cerruti Corneliani, Boss V2, Gigli Better Facis, Lebole, Lubiam Marbolo, Tombolini Tabella 3.1. Matrice valore-stili vestimentali nell’abbigliamento maschile (Saviolo, Testa). Il posizionamento deve definire caratteristiche che oltre a essere uniche e distintive in rela- zione alla concorrenza e significative per il consumatore, devono anche essere: Perché? Per chi? Contro chi?Per quando?
  • 25. 25 • rilevanti per il target, i benefici esibiti devono essere coerenti con quelli del target prescelto dopo il processo di segmentazione; • comunicabili, il passaggio beneficio atteso-attributo percepito richiede sia perfezionato con il contributo della comunicazione. Esigenze di comunicazione richiedono che il posizionamento sia facilmente riconoscibile, immediato e sintetico; • profittevoli, i costi di differenziazione devono essere inferiori al valore attribuito dal consumatore. Verso il posizionamento della marca L’approccio del posizionamento come modalità strategica per l’individuazione di caratte- ristiche percepite uniche e distintive dal consumatore, in grado di delimitare un territorio da presidiare, può preservare, tuttavia, dei rischi. Tali limiti assumono evidenza e rilevanza allorché passiamo dal posizionamento di prodotto al posizionamento di marca. La marca per sua natura è entità complessa, dinamica e in continua evoluzione. Sono proprio queste caratteristiche che le consentono di risultare culturalmente contemporanea al consumatore e al mercato. La gestione di una marca è un processo articolato volto a individuare l’insieme di attributi tangibili e valori intangibili in grado di concorrere alla costruzione e alla conservazione nel tempo dell’identità di marca. Mentre per il prodotto l’individuazione di benefici, sia pure di carattere intangibile, risulta significativo e non limitante, per la marca un approccio che si limiti alla definizione di benefici la costringerebbe in un rigido e angusto perimetro, impedendole di svolgere la sua unzione eminentemente di carattere semiotico che le consente di rappresentare il valore per eccellenza dell’impresa. Per quanto riguarda gli aspetti comunicativi, il posizionamento orienta i messaggi pubblicitari dal punto di vista testuale e linguistico, risultando del tutto priva di contributi nella definizione del tono e dello stile comunicativi. Non fornisce elementi utili alla descrizione dell’atmosfera, laddove i significati emergono dalla combina- zione dei vari elementi che costituiscono il messaggio. L’identità di marca a livello comuni- cativo è la risultante della coerenza dei codici utilizzati nei diversi artefatti comunicativi attraverso i diversi media utilizzati. Infine, i benefici performativi di una classe di prodotti, considerati qualificanti un tempo, in virtù di un nuovo concetto di qualità, sono ormai considerati un prerequisito. Quest’ul- teriore elemento conferma non solo i limiti, ma evidenzia addirittura i rischi legati a
  • 26. 26 operazioni di posizionamento tese a individuare elementi caratterizzanti in attributi che sono ormai comuni a tutte le marche. Queste considerazioni su alcuni limiti del posizionamento tradizionale, non spostano e non scalfiscono la centralità dell’assunto chiave dello stesso posizionamento: costruire fisiono- mie di marca uniche e distintive. 3.2 Il vantaggio competitivo Studi e ricerche hanno mostrato che la capacità da parte delle imprese, anche di piccole dimensioni, di conquistare rapidamente quote di mercato significative, risiede nella capacità di creare competenze uniche in grado di distinguerle dai clienti nella percezione dei consumatori. Avere competenze distintive ed essere capaci di usarle sono le due componenti che consentono all’impresa di ottenere un buon posizionamento sul mercato creando valore superiore a quello dei concorrenti, generando quindi un vantaggio competitivo. Il raggiungimento del vantaggi competitivo è delegato alle scelte strategiche dell’imprese. Le strategie generiche Le imprese per creare un vantaggio competitivo deve essere in grado di creare valore in misura maggiore rispetto a quello dei propri concorrenti. Sulla base di un principio, condiviso da alcune scuole di pensiero, che la creazione di valore dipende dai concetti di costi e differenziazione, Porter ha sviluppato quelle che definisce strategie generiche. Settore Ambito competitivo Segmento Fonte del vantaggio competitivo Basso costo Differenziazione Leadership dei costi Differenziazione Focalizzazione Figura 3.2. Le strategie generiche (Porter).
  • 27. 27 Le strategie che Porter ha individuato essere alla base del conseguimento del vantaggio competitivo sono: • Leadership di costi ha come obiettivo quello di ridurre al minimo i costi unitari. L’impresa vende un prodotto indifferenziato individuando e sfruttando tutte le modalità per ottenere fonti di vantaggio di costo. Questa strategia comporta efficienza nell’uso degli impianti e delle attrezzature, controllo dei costi, eliminazione dei clienti marginali. Requisiti generali sono l’elevata produzione con la realizzazione di economie di scala, la standardizzazione dei processi produttivi allo scopo di ottenere la massima efficienza, il controllo di tutta la filiera produttiva. I rischi più evidenti della focalizzazione sui costi sono la facilità di imitazione da parte dei concorrenti, la guerra dei prezzi, un’intrinseca rigidità che comporta una bassa attitudine all’innovazione di prodotto. Inoltre, il vantaggio di costo acquisito può essere vanificato da innovazioni tecnologiche che ridefiniscono il processo produttivo. • Differenziazione l’obiettivo è quello di fornire al cliente un prodotto unico, diverso da quello dei concorrenti in modo da poter applicare un prezzo superiore. La differenziazione può caratterizzare il design, l’immagine di marca, la rete distributiva, il livello di servizi al cliente. Un’impresa che persegue politiche di differenziazione deve possedere risorse e competenze, mostrare capacità innovative, avere una produzione snella, deve essere altamente competitiva, in grado di modificare costantemente la propria proposta esibendo un costante orientamento al cliente. Per quanto la propria offerta và ben al di là di una semplice offerta a basso costo, un forte differenziale di prezzo con imprese che perseguono politiche di basso costo costituisce un fattore di rischio. La facilità di imitazione e l’eventuale incapacità di influenzare le scelte dei consumatori da parte dei fattori di differenziazioni sono gli ulteriori elementi che possono rappresentare elementi di rischio e criticità. • Focalizzazione Trasversalmente alle due strategie della leadership sui costi e della differenziazione, abbiamo la focalizzazione su un unico segmento o nicchia di mercato. Un’azienda può orientare la sua offerta – sia caratterizzata da costi bassi, che contraddistinta dalla diffe- renziazione – ad un particolare target ristretto con determinate esigenze appartenente ad un segmento caratterizzato da un ottimale sistema di produzione e distribuzione.
  • 28. 28 Ridurre le strategie dell’impresa a quelle generiche del Porter rappresenta secondo alcuni studiosi una notevole semplificazione che fa perdere di vista diverse opportunità strate- giche. In particolare, oltre a risultare particolarmente limitante come tipo di approccio, presenta due evidenti punti deboli. Il primo è che le due strategie di cost-leadership e di differenziazione non necessariamente si escludono vicendevolmente. Il secondo risiede nel fatto che mentre la leadership dei costi si manifesta nei confronti dei rivali e solo indirettamente nei confronti dei clienti, la differenziazione è orientata quasi esclusivamente al cliente. Nonostante questi limiti l’impostazione del Porter, che contrappone costi a differenziazione, ha il merito di evidenziare da una parte, il conflitto esistente tra costi e differenziazione, dall’altra, la profonda diversità che contraddistingue capacità, competenza e struttura organizzativa necessari al perseguimento delle due strategie.
  • 29. 29 4. Metodi per l’innovazione e il design Nuovi approcci per la produzione di idee, per il design, per la profilazione di utenti sul web. Attività e ambiti rilevanti per l'impresa e il management. I metodi che riportiamo, di carattere scientifico, frutto di studi effettuati da ricercatori, riteniamo siano ulteriori utili elementi per il branding. 4.1 I “Creativity Template” Goldenberg e Mazursky hanno dato un importante contributo scientifico e teorico allo sviluppo di metodi per la creatività e l’innovazione di prodotto. La creazione di nuovi prodotti è senza dubbio centrale per le aziende che solo attraverso proposte innovative possono creare spazi di differenziazione utili a generare vantaggi competitivi. Il metodo proposto dai due studiosi è quello dei “Creativity Template” che rappresenta un approccio rivoluzionario per lo sviluppo della creatività. I Creativity Template si caratteriz- zano per l’approccio sistematico alla progettazione di nuovi prodotti e alla generazione di idee, distaccandosi dai metodi più diffusi, brainstorming in testa, che propongono un approccio causale e che hanno nell’individuo l’unità di analisi privilegiata. Generalmente il costrutto creatività è stato spiegato essenzialmente con le associazioni mentali, l’utilizzo di metafore oppure con alcune doti degli individui quali autonomia, intuito, curiosità. I Creativity Template, anziché partire dall’analisi delle esigenze più o meno manifeste del mercato di riferimento per produrre nuove idee, partono dal prodotto in sé. L’idea è quella che i trend di mercato possono essere identificati partendo dall’analisi del prodotto stesso al fine di individuare le caratteristiche alla base di un concept evolutivo. Il prodotto “porta” con sé l’evoluzione dei bisogni dei consumatori e quindi rappresenta una configurazione fisica delle caratteristiche che hanno risposto meglio alle esigenze dei consumatori e alla selezione del mercato. I Creativity Template, rappresentazione delle in- formazioni inglobate nei prodotti, possono essere convenientemente utilizzati quale frame- work di base del pensiero creativo.
  • 30. 30 L’approccio dei Creativity Template integra tre diverse prospettive per generare innova- zione: • molti template universali che sottostanno all’innovazione di prodotto possono servire per prevedere potenziali nuovi prodotti • il principio dell’ambito limitato che orienta i pensieri creativi lungo percorsi predefiniti • la funzione segue la forma, cioè, nella proposizione prima di nuove configurazioni, per dedurne successivamente i benefici di mercato allo scopo di creare un’idea nuova di prodotto. I template proposti, che trovano applicazione in aree in cui la creatività è misurabile, quali il marketing, i nuovi prodotti e la pubblicità, sono quattro: - l’Attribute Dependency Template - il Displacement Template - il Component Control Template - il Replacement Template Riportiamo solo un esempio di Replacement Template, che si basa sul concetto di sostitu- zione. Questo approccio, che abbiamo visto essere utile in aree in cui operano aziende che individuano nell’originalità e nell’innovazione aspetti determinanti del loro mix di prodotto, basa la sua struttura sull’idea di sfruttare le risorse disponibili nelle vicinanze per sostituire un componente del prodotto che soddisfa la stessa funzione. Il Replacement Template, attraverso un legame tra una risorsa nell’ambiente e una funzione che deve essere svolta consente al sistema un risparmio di risorse conferendogli al contempo maggior compattezza. Non riportiamo la descrizione dettagliata del Replacement Template, ma solo un esempio. Le portiere delle automobili I cardini delle automobili sono situati nella parte anteriore rendendo meno agevole ingresso e uscita. La scelta progettuale è stata determinata da ragioni di sicurezza, la soluzione adottata impedisce alle portiere di aprirsi quando la vettura è in movimento. Si è evitata la costruzione di un congegno di sicurezza in grado di chiudere le portiere qualora si aprano durante la marcia grazie all’utilizzo di una risorsa esistente nell’ambiente: la pressione dell’aria.
  • 31. 31 4.2 Personalità estreme per il design dell’interazione Il design dell’interazione di artefatti tecnologici è articolato in un ciclo di vita che prevede una fase detta “user analisys” in cui si cerca di individuare le classi di utenti che utilizze- ranno il dispositivo in un determinato contesto d’uso. La user analisys presenta, dunque, elementi che riteniamo analoghi a quello della segmentazione di marketing, per cui è interessante questo studio effettuato da Frens. Allo scopo di indagare e comprendere nuovi metodi - basati sull’estetica piuttosto che sulla facilità d’uso - per il design dell’interazione, Frens ne propone uno “Designing for extreme characters” che aiuta i designer a comprendere gli aspetti socio-culturali dei loro progetti. Frens illustra questa tecnica per mezzo del design di un’agenda elettronica che per poter essere di aiuto agli utenti deve avere un’idea delle preferenze e dei sentimenti dell’utente su ogni appuntamento. Progettare, in genere con l’ausilio di scenari, per personalità prototipo ignora l’aspetto emozionale e l’intero spettro delle emozioni umane. “Designing for extreme characters” capovolgendo l’approccio progettuale basato su prototipi appartenenti ad un target group, è una tecnica che progetta per personalità che hanno atteggiamenti emozionali estremi. Le caratteristiche, peculiari di personalità estreme, sebbene comuni, rimangono nascoste perché sono antisociali. Frens ha progettato per tre personalità estreme: uno spacciatore, il papa e una ventenne con più partner. Le personalità erano descritte non solo testualmente, ma anche visualizzate sotto forma di collages che descrivevano una loro giornata, allo scopo di comprendere i legami, difficilmente esprimibili con le parole, tra personalità, apparenza, azioni e ruolo. Ognuna delle tre personalità ha un atteggiamento unico nei confronti degli appuntamenti. Riportiamo quello della ventenne. Profilo È una donna con una moltitudine di contatti sociali, tra cui molti partner. Ha una normale vita lavorativa come insegnante, ma è sempre nell’attesa spasmodica di essere libera dopo il lavoro e nel week-end per divertirsi. Quando esce è sempre tesa perché ha timore che i vari partner la possano incontrare con qualcun altro. Il suo atteggiamento nei confronti degli appuntamenti è caratterizzato dal piacere che trae dal destreggiarsi tra le diverse richieste in modo tale che i propri partner non scoprano l’esistenza di altri uomini. Quando ha più richieste di appuntamento si chiede quale sia l’uomo che vada meglio per quella serata.
  • 32. 32 Il concept L’agenda per la ventenne usa cinque schermi circolari che si ripiegano come un ventaglio utilizzabile in due modi. Nel primo, detto “pubblico”, tutti gli schermi sono piegati all’interno e solo quello principale è visibile. È possibile dare una sbirciata veloce agli altri. Nel secondo, detto “privato”, gli schermi sono tutti visibili ed è possibile controllare tutte le informazioni sensibili. Attraverso un appropriato posizionamento degli schermi, la donna poteva valutare e comparare i suoi partner sulla base di un divertente profilo con misure quali, cena, shopping, sesso. Il ventaglio per appuntamenti si adatta all’atteggiamento della ventenne. La aiuta a mantenere il suo stile di vita edonistico ricordandole le caratteristiche dei partner e permettendole di ordinarli attraverso una semplice interfaccia. La doppia modalità, le consente di utilizzare il dispositivo in pubblico senza rinunciare al suo speciale bisogno di privacy. Frens tradusse la frivolezza della personalità nella piacevolezza dell’interazione. Nella gestione dell’invito multiplo, l’interfaccia, del tutto illustrata, utilizza fotografie scattate con una fotocamera integrata, della persona, del luogo e del soggetto dell’appuntamento. Sebbene la personalità della ventenne può essere considerata frivola, il ventaglio per appuntamenti può essere introdotto per applicazioni più serie, ad esempio sostituendo i partner con “incontri d’affari” si potrebbe giudicare la priorità. Per un free-lance, la modalità “pubblico” potrebbe diventare un modo per proteggere l’associazione ad un cliente mentre ne visita una altro. Questo approccio “estremo” ha consentito in questo progetto considerare caratteristiche della personalità quali la segretezza, lo status e l’autonomia, che non sono normalmente enfatizzate negli appuntamenti dei manager. Sebbene sono considerati come concetti separati, per Frens hanno forza sinergica e influenzano gli aspetti della personalità. Progettare per la ventenne ha permesso di rompere con la nozione esistente di estetica e interazione con un Pda. In realtà, il ventaglio è più probabilmente adatto ad una ventenne in termini di estetica, funzionalità e significato culturale di un Pda. Questo è l’aspetto centrale del progettare per personalità estreme: gli estremi fanno comprendere che il modo in cui le cose sono non è l’unico possibile. Consentono di comprendere la ricchezza estetica, funzionale e interattiva che i prodotti dovranno essere in grado di offrire. Questo progetto può spronare i designer a trarre ispirazione dai film, dall’editoria e dal mondo della moda che utilizzano questi stereotipi. Potrebbe essere anche interessante
  • 33. 33 pensare a stereotipi che escono dai cliché, come un professore che si droga o uno spaccia- tore introverso. Inoltre espone quelle emozioni e caratteristiche della personalità che rimangono nascoste negli scenari ritenendole sconvenienti e imbarazzanti. In realtà, per progettare prodotti per gli umani, non possiamo scindere queste emozioni indesiderabili in quanto sono quelle che ci rendono umani. 4.3 Personalizzare la relazione Rimaniamo nell’ambito dell’interazine uomo macchina per discutere e valutare le oppor- tunità che l’innovazione tecnologica e lo sviluppo dei nuovi media riserva al marketing e alle imprese nella costruzione di relazioni significative e di lunga durata. La possibilità di personalizzare l’interazione rappresenta una modalità di sicuro interesse per la progettazione centrata sull’utente. La separazione tra l’interfaccia e il software – resasi necessaria con l’aumentare della com- plessità legata all’introduzione delle Gui – ha comportato due vantaggi complementari: da un lato la possibilità di adattare l’interazione all’utente collegando diverse interfacce alla stessa applicazione, dall’altro la possibilità di introdurre cambiamenti in una delle due componenti senza dover modificare l’altra. Uno dei concetti chiave nella progettazione di interfacce utente è quello dell’usabilità. L’usabilità può essere sinteticamente definita come l’insieme di caratteristiche e proprietà che un artefatto deve esibire in modo da risultare vicino alle esigenze dell’utente. La flessibilità rappresenta un’importante proprietà di un’interfaccia usabile. Il livello più sofisticato di flessibilità prevede la capacità da parte del sistema di riconoscere le caratteristiche dell’utente e di adattarsi automaticamente fornendo in questo modo una “personalizzazione” dell’interazione. Questa forma di personalizzazione, detta “perso- nalizzazione adattiva”, assume una grande importanza in ambiti quali la pubblicità e l’ero- gazione di servizi sul web attraverso dispositivi diversi. Servizi, contenuti e messaggi hanno significato se incrociano gli interessi dell’utente risultando rilevanti per lui e, quindi, in grado di essere percepiti come valore aggiunto. La personalizzazione adattiva avviene attraverso due fasi. Nella prima il sistema crea un “profilo” dell’utente sulla base della richiesta di alcune informazioni personali. È importante che le informazioni richieste non richiedano un
  • 34. 34 impegno gravoso in termini di tempo e non siano percepite come invadenti della sfera personale. Una buona modalità, utilizzata ad esempio nelle registrazioni ad alcuni siti web, consiste nel dare la possibilità di poter rispondere all’insieme di domande anche in momenti successivi, richiedendo all’utente nella fase iniziale solo alcune informazioni fondamentali. Ad ogni modo esistono essenzialmente due approcci per l’acquisizione di tali informazioni: - l’acquisizione esplicita che raccoglie le informazioni necessarie alla personalizzazione attraverso una serie di domande; - l’acquisizione implicita che limita le domande iniziali attivando un primo modello approssimativo. Nella seconda fase il profilo creato viene aggiornato sulla base del comportamento, delle scelte e delle preferenze mostrati dall’utente nel corso delle interazioni. Questa modalità che sfrutta metodi di intelligenza artificiale consente di monitorare anche i cambiamenti di interessi dell’utente nel corso del tempo. Gli scenari che si vanno delineando, definiti di ubiquitous computing, pervasive computing, invisible computing, wearable computing, embedded computing, ci vedranno costantemente connessi a sistemi di calcolo. La capacità di sfruttare adeguatamente le potenzialità di metodi quali la personalizzazione adattiva assumerà per le imprese una crescente impor- tanza strategica.
  • 35. 35 5. Un caso di studio: il brand Principe di Piemonte In questo capitolo vengono analizzati il mercato e le tendenze moda uomo per identificare un’area cognitiva in cui posizionare il marchio Principe di Piemonte acquisito in licenza dalla U. Emme P. Sono definiti i valori e l’universo simbolico del brand, progettato un pay-off e viene descritto l’“Uomo Principe”. 5.1 Premessa Con l’acquisizione in licenza del marchio Principe di Piemonte, l’azienda intende produrre, commercializzare e distribuire una nuova linea di abbigliamento uomo. La licenza acquisita, per un periodo di sei anni, prevede lo stile, la produzione, commer- cializzazione e distribuzione di collezioni di abbigliamento total look (uomo, donna e bambino), accessori, pelletteria, calzature, bijoux. La collezione che si intende comporre sarà costituita da circa 40 pezzi così distribuiti: - 4 capospalla - 6 felpe - 10 camicie - 10 T-shirt - 10 maglie I marchi I marchi acquisiti dalla U. Emme P. sono: • “Stemma Principe di Piemonte” (Classi 3, 14, 18, 25, 33) • “Emanuele Filiberto di Savoia Principe di Piemonte e Venezia” (Classi 9, 25, 28, 35) Potranno essere utilizzati sia in forma estesa o, previa autorizzazione, in forma abbreviata o con acronimo.
  • 36. 36 Dal punto di vista visuale i marchi che si possono utilizzare sono quelli sotto rappresentati. Eventuali variazioni, introduzione di elementi iconici e l’affiancamento di logotipi devono essere preventivamente accettati dalla licenziante. Figura 5.1. I marchi utilizzabili sulla base del contratto di licenza. Lo stile Lo stile è affidato a Raimondo Ciofani che disegnerà la prima collezione del nuovo corso del brand “Principe di Savoia”. Lo stilista ha accettato con entusiasmo l’invito a proporre la propria idea di stile per un uomo moderno ed elegante. Raimondo Ciofani è lo stilista che ha creato nel 94 il marchio Swish Jeans. Presentata a “Milano Collezioni” nel 95 la prima collezione, il brand acquisì immediata notorietà per la prorompente forza della donna proposta (sexy e trasgressiva) e per una comunicazione con claim provocatori e testimonial del calibro di Carla Bruni, Claudia Schiffer e Eva Herzigova. Il marchio è stato rilanciato nel 2006 dalla stessa U. Emme P. che ha individuato proprio in Raimondo Ciofani e in Eva Herzigova, i naturali protagonisti del nuovo corso.
  • 37. 37 5.2 Analisi dell’azienda La U. Emme P. ha sede a Capurso alle porte di Bari, dove un organico di 40 persone, distribuite in una rete di aziende (Manifatture Ungaro, Officine Tessili, Mea Group) facenti capo allo stesso gruppo, consente di gestire tutte la fasi del ciclo di vita della produzione di maglieria, gestendo anche il magazzino e la logistica. L'azienda, sul mercato dal 1992, ha dunque maturato un consolidato know-how nella maglieria che rappresenta un sicuro punto di forza. Questo expertise e l’attitudine a operare per la qualità, ha consentito di soddisfare le esigenze di importanti marchi nazionali. Il 2006 rappresenta senza dubbi l'anno di svolta nell'orientamento strategico dell'azienda, l'acquisizione in licenza del marchio Swish Jeans è il segno della scelta di nuove politiche aziendali. La gestione di una "marca" sposta l'azienda e la sua mission dalle logiche strettamente produttive a quelle di valorizzazione di un brand. Un piano di investimenti triennale in comunicazione che prevede una spesa di 6 milioni di euro, con la scelta di Eva Herzigova come testimonial, significano il nuovo ruolo che l'azienda ha deciso di ricoprire e di assumere. Nel 2007, inoltre, ha acquisito in licenza esclusiva, per un periodo di sei anni, in tutto il mondo, il Marchio Principe di Piemonte, oggetto di questa analisi. Una collezione sportswear segnerà l'ingresso nel segmento a matrice urbana, ritenuto da tutti gli osservatori il più promettente. Inoltre, l'ingresso nel mercato uomo potrà consentire di differenziare e realizzare maggiori economie di scala. Attualmente la distribuzione, su tutto il territorio nazionale, avviene essenzialmente in negozi multimarca, mentre la rete vendita è costituita da agenti plurimandatari. Il prossimo futuro ha tra gli obiettivi strategici primari la penetrazione, per il momento attraverso accordi con trading company, dei mercati stranieri con particolare attenzione per quei paesi che mostrano un alto potenziale di crescita. L'allargamento dei confini permetterà di aumentare in maniera consistente il fatturato e i livelli di produzione, consentendo maggiori economie di scala. L’offerta di prodotti U. Emme P. è stata caratterizzata essenzialmente da produzioni e collezioni donna e bambino, infatti, l’azienda ha in licenza i marchi Swish Jeans, Anima Gemella e gestisce il processo produttivo per le linee bambino di importanti marchi quali Ferrè, Byblos, Carlo Pignatelli, Malo.
  • 38. 38 Marchi in portfolio I marchi in portfolio sono: Swish (total look donna/uomo/bambino) Anima Gemella (produzione donna - licenza maglieria - distribuzione puglia e basilicata: Nifra) Principe di Savoia (total look donna/uomo/bambino - accessori)(tutto il mondo) Monella Vagabonda (produzione donna - licenza maglieria - distribuzione puglia e basilicata: Nifra) Baci e Abbracci (rappresentanza) Fred Mello (rappresentanza - uomo/donna) Puerco Espin (rappresentanza - uomo/donna) Ferrè - Byblos - Carlo Pignatelli - Malo (produzione - bimbo) L’analisi Swot Punti di forza - Consolidato know-how nell’intero processo di produzione maglieria donna - Esperienza e conoscenza del settore Punti di debolezza - Assenza dal mercato estero - Mancanza di punti vendita di proprietà - Inesperienza nella gestione della Marca Opportunità - Crescita dello Sportswear - Possibilità di differenziare - Realizzazione economie di scala - Perseguimento di una politica di marca Minacce - Apertura dei mercati alle economie emergenti
  • 39. 39 5.3 Analisi del mercato uomo Il quadro congiunturale nel settore vestiario esterno maschile ha evidenziato, nel corso del 2006, qualche miglioramento nei mesi centrali dell’anno, non sufficiente a compensare i risultati negativi dei primi mesi e del cattivo avvio della stagione invernale. Il bilancio complessivo del 2006 mostra una complessiva stagnazione (-0,7%) dei ricavi lordi. Più chiaramente negativo risulta invece il bilancio preliminare dell’attività produttiva. Le difficoltà congiunturali dell’export italiano sono riconducibili in parte al fattore cambio ed in parte al leggero rallentamento dei consumi. Tuttavia non modificano un quadro strutturale che vede il vestiario maschile made in Italy giocare un ruolo dominante nel framework complessivo degli acquisti. Nel 2006 il mercato risulta essere sempre più polarizzato: il made in Italy vince sulle fasce alte e altissime della moda maschile (come quello in scena a “Pitti Uomo”). L’industria italiana appare sempre più posizionata sulle fasce dove la competizione è basata prevalentemente su fattori non-price, quali il contenuto stilistico, la qualità dei materiali, la velocità e gli altri elementi di servizio offerti ai retailer ed ai consumatori. Allo stesso modo, dopo i segmenti basic, anche una quota significativa della domanda di prodotti di fascia media è ormai soddisfatta da prodotti importati. Le tendenze stilistiche prevalenti per il menswear mostrano un ulteriore spostamento dal classico alla moda-sportswear, anche se quest’ultima si appropria sempre più di caratteri- stiche (eleganza, morbidezza dei tessuti, ricorso a fibre pregiate) tipiche del formalwear. In quest’ultimo ambito, i prodotti più in sofferenza sono i capispalla ed i pantaloni, per le giacche e gli abiti si è assistito ad una stabilizzazione. Nell’area moda-sportswear, invece, i prodotti best-performer sono risultati i capispalla casual (+1,4%), mentre per i pantaloni si è registrata una sostanziale stazionarietà. A livello retail, il canale vincente della stagione invernale 2005-06 (l’ultima per la quale sono disponibili i dati a consuntivo) è la catena monomarca/franchising. Buoni risultati sono stati ottenuti anche dalla GDO, grazie soprattutto ai grandi magazzini nell’area moda-sportswear. Il retail indipendente invece ha continuato a soffrire, soprattutto nei format di fascia alta. In definitiva, le previsioni 2007 sono in positivo per le aziende più competitive: almeno per quel che riguarda la domanda rivolta ai prodotti della moda maschile, per le aziende italiane.
  • 40. 40 Lo Sportswear Lo Sportswear è connotato come uno stile di vestirsi comodo, legato soprattutto all’impiego nel tempo libero. Al suo interno sono individuate due categorie stilistiche, quello a matrice urbana e quello a matrice tecnica. Secondo i risultati dei rapporti sul mondo dello sportswear, nonostante la moda italiana non gode di ottima salute, lo sportswear è un mercato destinato crescere, oggi vale un terzo del mercato. Le tendenze mostrano che in quasi tutte le occasioni della vita quotidiana si ama vestire in maniera comoda e funzionale pur senza rinunciare allo stile e all’eleganza. In questo settore infatti continuano ad entrare consumatori che provengono dal segmento del lusso, facendolo crescere al pari dell’apporto fornito al comparto da marchi formalwear e activewear che aggrediscono lo sportswear sia con nuove linee, sia riposizionandosi. Nel medio periodo dunque, le definizioni di sportswear, activewear e formalwear sono destinate a perdere di significato. Sopravviveranno solo nicchie di abbigliamento formale per le occasioni importanti e prodotti per chi lo sport lo pratica veramente. Il consumatore ha una grande mobilità verticale nella scelta della fascia di prezzo e lascia anche grande spazio alla sua inventiva negli abbinamenti. Nello sportswear la capacità artigianale e sartoriale tipica delle aziende italiane ha un ruolo minore; i fattori critici di successo su cui si deve puntare sono il valore intrinseco dei prodotti e un’offerta ricca di creatività, innovazione e tecnologia anche e soprattutto sui materiali utilizzati. Per quanto riguarda la distribuzione in Italia, il 70% del fatturato del mercato sportswear in Italia è ottenuto attraverso il canale della distribuzione sportswear e formalwear, mentre il rimanente proviene da negozi di activewear. Per i punti vendita multimarca si registrano grossi investimenti in boutique multibrand. In questo comparto si nota come lo spostamento dell’interesse del consumatore verso i prodotti sportswear abbia comportato una crisi dei negozi di activewear a causa dell’ aumento delle catene in questo comparto. Per contrastare la crisi i negozi da un verso si sono spostati verso lo sportswear e dall’altra distribuendo linee e attrezzi molto tecnici, indirizzati a praticanti abituali. La moda inoltre è sempre più legata al mondo del calcio e gli sportivi diventano ambasciatori del made in Italy. Il marchio tedesco “Puma2”, ad esempio, è lo sponsor degli azzurri.
  • 41. 41 Alcune aziende A. Moda (Everlast), Acon, Allegri, Aspesi, Alcott, Black Sheep (40 Weft), Blue Line, Brema, Carrera, Casucci, Clothing Company, Columbus, Conte of Florence, Corona, Cp Company, Dama (Paul & Shark), Diesel, Doppia Firma, Einstein, Eldo, Essenza, Facib, Fegi (Wampum), Ferrone Sandro, Fingen (Eurocormar), Franklin&Marshall, Gas, Geo Spirit, Grifoni, Guess Italia, Guru, Harmont & Blaine, Incom, Incor-3, Incotex, Interfashion (Stefanel), La Martina, Lonsdale London, Mabitex, Mabrun, Met, Mistral (Brooksfield), Murphy & Nye, Onyx, Original Marines, Replay, Riese (Navigare), Rifle, Romano (Melting Pot), Roy Roger’s, Seven, Seventy, Sinv (Sportswear Int.), Sixty, Slam, Sweet Years, Take Two, Think Pink, Tomasoni, Verdi’s, Via Del Corso (Witboy), Wp. Posizionamento dei marchi nello sportswear Matrice Urbana Luxury High Medium Low Basic Matrice Tecnica E T I C H E T T E / P R I V A T E L A B E L / U N B R A N D E D F A Y P A U L & S H A R K G O L D W I NP R A D A S P O R T C . P . C O M P A N Y N O R T H F A C E P A T A G O N I A A L L E G R I E MP . A R M A N I D & G B E L F E MO N C L E R N A P A P I J R I M. & N Y E B R O O K S F I E L D A S P E S I C O L MA RT H I N K P I N K B R U G I A V I R E X F I L A C H A MP I O N N . S A I L S S L A M R E P L A Y L E V I ’ S L O T T O C A S U C C I G A S L U B I A M O N Y X B E N E T T O N P I N K O K I L L E R L O O P D I E S E L I C E B E R G T I M B E R L A N D C I E S S E I N V I C T A C O L U M B I A H . L L O Y D Z A R A H & M L I U - J O M E L T I N ’ P O T E N E R G I E C O N B I P E L B E L S T A F F S . T A C C H I N I
  • 42. 42 5.4 Il progetto Mercati: Italia Settore: abbigliamento Segmento: sportswear (matrice urbana) Comunicazione: per la presentazione delle due collezioni annuali il testimonial delle campagne sarà Emanuele Filiberto di Savoia Distribuzione: indiretta - accordi di distribuzione con partner stranieri Prezzo: felpe, camicie e t-shirt dovrebbero costare intorno ai 125-150 euro, mentre il prezzo dei piumini dovrebbe aggirarsi sui 150-170 euro Produzione: U. Emme P. (maglieria), Turchia o Dalla Libera (piumini e felpe) Il concept Il marchio Principe di Savoia vuole collocarsi nella fascia medio alta. Rivolto ad un uomo raffinato, colto, che ama distinguersi senza apparire, intende caratterizzarsi per i seguenti elementi: • Immagine chic • Qualità e innovazione dei tessuti Il vissuto legato al marchio Principe di Savoia suggerisce di caratterizzare la collezione con la matrice urbana, piuttosto che con quella tecnica. Mantenimento dei contenuti legati al blasone, conservazione dei tratti dell’italianità. Il riferimento Blauer, tipico marchio Usa, e troppo vicino al segmento tecnico, potebbe tradire questi intenti. Lo sportswear proposto dal marchio non è strettamente legato alle occasioni d’uso ma è in grado di vestire e rappresentare un uomo che vuol essere elegante, ma moderno. Queste ipotesi, pongono il marchio in un’area cognitiva contigua a quella presidiata da Fay, oppure, da Allegri. Valori del brand - Eleganza - Distinzione - Carisma
  • 43. 43 La collezione La prima collezione si compone solo di capospalla, maglie e t-shirt Il pay-off “La nobiltà è uno stato d’animo.” L’uomo “Principe” Età 30 - 45 anni Atteggiamento d’acquisto - valuta con attenzione cosa acquistare, selezionando l’offerta - attribuisce al prodotto la capacità di rappresentarlo. Sceglie sulla base della coerenza tra l’universo simbolico rappresentato dalla marca e lo stile di vita condotto - status medio-alto Lo stile di vita - è una persona soddisfatta del proprio lavoro. Realizzata con il lavoro - è un libero professionista - è un mobile-worker - è un utilizzatore delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione - frequenta luoghi non molto affollati, dove poter gustare cibo e relazioni - dà importanza al benessere fisico ed è consapevole dell’importanza che ricopre un’alimentazione corretta, l’attività fisica, e il contatto con la natura - di buona cultura, è fortemente interessato a vedere concerti, leggere libri, ascoltare buona musica Il “Nuovo Regale” ll prodotto che si vuol proporre con il brand Principe di Piemonte si pone l’obiettivo di introiettare i valori e l’universo simbolico della regalità in una collezione che si connota, come detto, appartenente al segmento sportswear a matrice urbana. Questo tipo di trasposizione valoriale, apparentemente contraddittoria, in realtà, ben asseconda le tendenze del segmento, che vedono lo sportswear in grado di sganciarsi dalle situazioni d’uso e di rappresentare in modo trasversale i bisogni di un uomo elegante che si
  • 44. 44 distingue, ma allo stesso tempo in grado di essere in linea con gli elementi e il sentire che caratterizzano la tardo modernità. Un uomo, dunque, che fatte proprie innovazione tecnologica e conseguente ridefinizione della socialità, è in grado di autorappresentarsi come attore sicuro di sé, pronto a cavalcare l’impalpabilità che caratterizza questo inizio di millennio con atteggiamento positivo. Il nuovo si accosta alla tradizione dando vita ad un “mood forte”, per chi riconosce il valore dello stile. Il “Nuovo Regale” identifica il brand; uno stile che utilizza tessuti, particolari e tagli che ridefiniscono, attraverso una complessa attività di design, il gusto classico proponendo un fashion informale ma elegante. La giacca Principe di Piemonte Il capospalla Principe di Piemonte vuole assumere il ruolo di elemento portante e caratterizzante della collezione. Tessuti innovativi e un taglio, che pur mantenendo la sua immagine urbanwear, echeggia la sartorialità rigorosa e preziosa del made in Italy. Ulteriore elemento identificante la giacca Principe, ma anche di tutta la collezione, è rappresentato dall’utilizzo di colori e accostamenti che concorrono in maniera determinante a rendere sofisticato il capo. Colori poco saturi e indefiniti, alternati ad altri più decisi e forti, ma mai accesi. Tonalità da scoprire, combinazioni suadenti, contrasti imprevedibili. Queste caratteristiche interessano e definiscono un uomo fortemente attratto dal mood Principe di Piemonte: un uomo dai 30 anni in su, dalla innata eleganza, che non ama osten- tare, ma conserva una classe naturale che si distingue in ogni occasione e contesto.
  • 45. 45 Conclusioni Questo breve lavoro ha inteso tracciare un percorso che consentisse l’individuazione degli elementi emergenti nel consumo, specificatamente nel sistema moda, alla luce delle modi- ficazioni socio-economiche che stanno coinvolgendo la società a livello planetario. In particolare, si sono volute analizzare criticamente tutte le attività legate al fashion branding contemporaneo. I grandi mutamenti – che stanno coinvolgendo la società, rivolu- zionando i paradigmi sui quali era fondata nel secolo scorso – stanno pesantemente modificando l’impresa e le modalità di fare marketing. I concetti tradizionali dei processi cardine sulla base dei quali impostare le strategie aziendali mostrano diversi livelli di criticità. L’innovazione tecnologica e la nuova socialità, in una relazione circolare, hanno prodotto un consumatore nuovo per nuovi mercati. Per comprendere questo nuovo assetto socio- economico e culturale, che presenta nell’instabilità il suo unico dato certo, servono nuovi approcci da parte delle aziende e del management tutto. Aver preso consapevolezza che la marca rappresenta l’unico asset strategico in grado di generare valore, grazie alla sua non replicabilità, non è sufficiente per assicurarsi vantaggi competitivi significativi. Uno dei tratti caratteristici delle economie e della società post-moderna è una complessità mutevole, è possibile gestirla, allo scopo di instaurare con il consumatore relazioni paritarie e profittevoli per entrambe le parti, solo attraverso risposte immediate e altrettanto complesse. Anticipare i bisogni, cavalcare l’instabilità, percepire le tendenze e il sentire comune diventano prerogative dell’uomo di marketing. Fare branding è un’operazione culturale che coinvolge l’impresa in tutte le sue componenti e richiede competenze specialistiche e trasversali, ma soprattutto un’attitudine e una propensione nella comprensione del senso comune che nasce dal sentirsi parte di una tra le più grandi trasformazioni che la storia dell’umanità ha conosciuto.
  • 46. 46 Bibliografia Barthes R. (2006). Il senso della moda. Forme e significati dell’abbigliamento. Marrone G. (a cura di). Einaudi. Baudrillard J. (1972). Il sistema degli oggetti. Bompiani. Berger P.L., Luckmann T. (1969). La realtà come costruzione sociale. Il Mulino. Codeluppi V. (2001). Il potere della marca. Disney, McDonald’s, Nike e le altre. Bollati Boringhieri. Djajadiningrat J.P., Gaver W.W., Frens J.W. (2000). Interaction relabelling and extreme characters: methods for exploring aesthetic interactions. In Conference Proceedings on Designing Interactive Systems. ACM Press, New York, NY, 66-71. Fabris G., Minestroni L. (2006). Valore e valori della marca. Come costruire e gestire una marca di successo. Franco Angeli. Giancola A. (a cura di) (1999). La moda nel consumo giovanile. Strategie & immaginari di fine millennio. Franco Angeli. Goldenberg J., Mazursky D. (2003). Creatività e innovazione di prodotto. Etas. Kapferer J.N. (2000). Re-inventare la marca. Potranno le grandi marche sopravvivere al nuovo mercato? Franco Angeli. Kotler P. (1992). Marketing management. Isedi. Jung C.G. (1934-54). Gli archetipi dell’inconscio collettivo. Bollati Boringhieri. Levitt S.D., Dubner S.J. (2005). Freakonomics. Il calcolo dell’incalcolabile. Sperling & Kupfer Editori. Maizza A. (2000). Marca e comunicazione nella gestione delle imprese dell’abbigliamento. Cacucci Editore. Mantovani G. (1995). Comunicazione e identità. Dalle situazioni quotidiane agli ambienti virtuali. Il Mulino. Norman D. (2004). Emotional design. Apogeo. Pellicelli G. (2005). Strategie di impresa. Egea. Pine J., Gilmore J.H. (2000). L’economia delle esperienze. Etas. Rifkin J. (2000). L’era dell’accesso. Arnoldo Mondadori. Riva G. (2004). Psicologia dei nuovi media. Il Mulino.
  • 47. 47 Saviolo S., Testa C. (2005). Le imprese del sistema moda. Il management al servizio della creatività. Etas. Semprini A. (1993). Marche e mondi possibili. Un approccio semiotico al marketing della marca. Franco Angeli. Sgalippa G. (a cura di) (2002). Quando il prodotto diventa luogo. I microambienti come scenari del design e contesti dell’innovazione tecnologica. Franco Angeli. Silverston R. (2000). Perché studiare i media? Il Mulino. Simmel G. (1911). La moda. Mondadori. Svendsen L. Fr. H. (2004). Filosofia della moda. Guanda.