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A. C. Celso,A. C. Celso, De medicinaDe medicina, I sec. d.C., I sec. d.C.
Quel dolore senza nome
Dott. Maurizio De Filippis
Tubercolosi, AIDS e Cancro
 Nel corso del Novecento tre patologie
tubercolosi, AIDS e cancro, definite
nell’immaginario collettivo mali del secolo,
hanno oltrepassato gli aspetti puramente
clinici sollevando una serie di problematiche
sociali, bioetiche, psicologiche e influenzando
il comportamento di intere generazioni.
 Tre patologie “sociali” in grado di influire
profondamente, seppur in forma diversa, sui
modelli organizzativi, assistenziali,
ospedalieri e scientifici del nostro paese.
 Dalla seconda metà del XX secolo, grazie al progressivo miglioramento delle
condizioni sociali ed economiche della popolazione e all’introduzione di nuove
terapie farmacologiche, la tubercolosi e gran parte delle principali malattie
infettive, potevano considerarsi malattie del passato.
 Il graduale declino della morbosità e mortalità per tubercolosi si poteva
attribuire all’attività dispensariale, all’assistenza sanatoriale e, in un secondo
momento, ad una sempre più efficace chemioterapia.
 La parabola discendente delle forme infettive si intersecava con quella
“ascendente delle malattie metabolico-degenerative in un punto cruciale che
segna una svolta: è la svolta epidemiologica”.
• Introdotto in medicina da Ippocrate
(ca. 460-377 a.C.), il termine tisi,
phthisis, consunzione, indicava in
origine diverse forme di affezione
polmonare.
• La phthisis dei greci - tabe per i popoli
latini - la malattia che “danneggia i
polmoni e consuma l’uomo”, era
conosciuta anche con il nome di “peste
bianca” o “mal sottile”.
• Prenderà il nome di tubercolosi (dai
tubercoli polmonari osservati durante le
autopsie, da tuberculum dimin. di tuber,
escrescenza, tumore, sorta di piccolo
tubero con caseificazione centrale), solo
agli inizi dell’Ottocento grazie a René
Laënnec (1781-1826).
Ippocrate di Cos
(480-390 a.C.)
• Grazie all’introduzione di nuovi farmaci
antitubercolari come la streptomicina e l’isoniazide,
si poteva guarire con successo gran parte degli
ammalati, impedendo il diffondersi del contagio
causato dalle espettorazioni tipiche delle forme
avanzate di tubercolosi polmonare aperta.
• Il progressivo miglioramento delle condizioni
sociali ed economiche, una campagna mirata di
vaccinazione con BCG (Bacillo biliato di Calmette-
Guérin), l’adozione di tecniche diagnostiche più
avanzate contribuirono a ridurre l’impatto
epidemiologico della tubercolosi nell’intero paese.
• In particolare, la scoperta della streptomicina
avvenuta nel 1942, grazie al microbiologo
statunitense Selman Abraham Waksman (1888-
1973), rappresentò un evento di grandissimo rilievo
nella storia della medicina: “Iniettato per via
intramuscolare, questo antibiotico poteva portare a
una scomparsa rapida del germe dall’espettorato e
alla scomparsa dei segni generali della malattia.”
Il Sanatorio di Vialba
 La scomparsa di gran parte delle
“malattie del passato” coincideva con
l’aumento delle patologie cardiovascolari e
tumorali, considerate “malattie del
presente”.
 Con il variare del trend epidemiologico
mutavano anche i criteri anamnestici
utilizzati per classificare le malattie e
prescrivere le cure ai pazienti:
 dall’osservazione dei sintomi affidata all’
”occhio clinico” del medico, si passava allo
screening diagnostico in grado di
supportare le diagnosi cliniche.
 Nelle cartelle cliniche si mettevano in
risalto i fattori di rischio del paziente,
prestando attenzione “ai comportamenti,
agli stili di vita, ai condizionamenti
ambientali, ai fattori genetici e
biomolecolari”.
 Sin dal momento della sua comparsa l’AIDS ha rappresentato molto
più che una semplice malattia inguaribile. La paura del contagio, le
modalità attraverso cui il virus si propaga, la scoperta traumatica
della sieropositività, hanno concorso nell’attribuire al complesso
“problema AIDS” un insieme di valori e significati ad ampio impatto
psicologico, sanitario ed etico.
 L’alto indice di mortalità, la trasversalità dei ceti sociali colpiti, la
diffusione su scala planetaria, hanno consentito di effettuare
concreti parallelismi con alcune gravi epidemie del passato.
 “Definizioni come “peste del Duemila” spesso associate a pregiudizi
di natura sessuale, hanno spinto parte dell’opinione pubblica ad
individuare “l’untore” all’interno di alcune categorie considerate “a
rischio”.
 La lettura drammatizzata del fenomeno AIDS si è accompagnata con
il riemergere di sospetti, discriminazioni e timori che si credevano
dimenticati.
[1] Il termine contagio proviene dal latino contagium, contatto, conctatum, voce
verbale “formata da cum e da tangere,donde contingere, toccare direttamente senza
intermediazione”.
 Una visione di questo tipo ha
rallentato per molto tempo la lotta
contro l’HIV, decretando
l’insuccesso delle campagne di
prevenzione e perpetuando nei
fatti “l’immagine di un mondo
diviso in due:
• da un lato il mondo
dell’industrializzazione
avanzata, dove l’epidemia sembra
ora stabilizzarsi;
• dall’altro il mondo del
sottosviluppo cronico, dove la
situazione già esplosiva in Africa,
lo è diventata anche in America
Latina e in Asia”.
 Oltre alla tubercolosi e all’AIDS anche
il cancro, nelle sue molteplici
sembianze, raggiunse nel corso del
Novecento una elevata diffusione,
tanto da essere definito il “male del
secolo”.
 Negli anni venti l’incidenza del cancro
registrò un aumento considerevole in
tutti i paesi occidentali.
 In quel periodo negli Stati Uniti e in
Germania, ad esempi, l’indice di
mortalità dei tumori era ormai
superiore a quello per tubercolosi.
Tumori e fattori di rischio in paesi sviluppati
• La parola “cancro” dal latino cancer,
cancrum, in greco karkinos, granchio;
“male oscuro”, “dolore senza nome” che
consuma in modo inesorabile,“che rode e
prolifera”- e che, come il granchio, non
abbandona la presa- è stato per lungo
tempo considerato incurabile.
• Nel De naturalibus facultatibus di
Galeno (129-200 d.C.), la malattia -
legata allo “sconcerto della bile nera, al
guasto atrabiliare”- viene descritta come
caratterizzata da “un ingrossamento,
una protuberanza,e il cui nome deriva
dalla somiglianza che le vene gonfiate
dal tumore hanno con le zampe del
granchio”.
• Il termine “tumore” deriva invece dal
greco tymbos, tumulo sepolcrale e dal
latino tumor, tumefazione.
Il Caduceo è un bastone con uno o due serpenti
attorcigliati intorno ad esso. Era simbolo sia di Ermes, Dio
del commercio nella versione con due serpenti, che di
Asclepio, Dio della medicina nella versione con un
serpente.
•
Per fronteggiare il dolore senza nome, furono creati istituti in tutta Europa quali la “Fondazione per
le ricerche sul cancro” a Londra nel 1902, l’ ”Istituto del cancro” a Parigi nel 1926, l’ “Istituto
nazionale per lo studio e la cura dei tumori“ a Milano nel 1925 e l’ “Istituto Regina Elena” di Roma
nel 1926.
• L’espandersi -dal secondo dopoguerra- delle forme tumorali, considerate alla stregua di vere e proprie
“malattie sociali”, determinò “la crescita dell’oncologia intesa sempre più come disciplina attenta
all’analisi epidemiologica e all’eziopatogenesi dei tumori, alla ricerca neoplastica sperimentale e al
progresso delle cure per i pazienti affetti da patologia tumorale.
• L'Istituto milanese, fortemente voluto da Luigi Mangiagalli (1849-1928), clinico ostetrico, rettore
dell’Università degli Studi e sindaco di Milano, fu fondato nel 1925 con il nome di “Istituto
Nazionale Vittorio Emanuele III per lo studio e la cura del cancro”.
• I primi reparti furono inaugurati nel 1928. Negli anni trenta l’Istituto venne diretto da Gaetano
Fichera (1880-1935) e Pietro Rondoni (1882-1956). Negli anni sessanta fu la volta di Pietro
Bucalossi, mentre nel 1975 l’incarico di direttore generale venne ricoperto da Umberto Veronesi
(1925-2016), passato a dirigere nel 1994 l’ “Istituto Europeo di Oncologia”.
• Il “Regio Istituto Regina Elena” di Roma, nato nel 1926 per svolgere attività di studio e cura dei
tumori, fu inaugurato ufficialmente nel 1933. Primo direttore generale dell’Istituto venne nominato il
chirurgo Raffaele Bastianelli (1863-1961).
“Erano i tumori, nell’immaginario collettivo, la
nuova epidemia del XX secolo”.
• La prima pubblicazione scientifica relativa ad un caso di leucemia risale al 1827, quando il medico
francese Alfred-Armand-Louis-Marie Velpeau (1795-1817) descrisse il caso di un fiorista di 63 anni che
accusava febbre, debolezza, calcoli urinari con ingrossamento del fegato e della milza. Velpeau notò che il
sangue del paziente aveva una consistenza come pappa e ipotizzò che ciò fosse dovuto ai globuli bianchi.
• L'eziologia della leucemia è stata descritta la prima volta dal patologo Rudolf Virchow (1821-1902). Nel
1845 egli notò un numero molto elevato di globuli bianchi in un campione di sangue di un paziente. Virchow
chiamò la condizione Leukämie in tedesco (dal greco: λευκός, leukos, "bianco", e αίμα, aima, "sangue";
letteralmente sangue bianco).
• Una decina di anni dopo le scoperte di Virchow, il patologo Franz Ernst Neumann Christian (1834-
1918) scoprì che il midollo osseo di un paziente deceduto per leucemia aveva assunto un colore "giallo-verde
sporco", a differenza del normale rosso. Questa scoperta consentì a Neumann di concludere che era proprio un
problema al midollo osseo la causa delle anormalità nel sangue dei pazienti affetti dalla malattia.
• Nel 1947 il patologo Sidney Farber e nel 1962 i ricercatori Emil J. Freireich Jr. e Emil Frei approfondirono
la ricerca scientifica utile ad individuare una cura efficace contro tale patologia.
 A lungo ritenuta una malattia
incurabile “oggi il cancro,
diversamente dal passato, è sovente
una malattia guaribile”.
 La terapia utilizzata oggi è molto
spesso efficace. Ciò è dovuto al
progresso medico-sanitario degli
ultimi venticinque anni.
 I mutamenti demografici e sociali in
corso, le dinamiche in atto nella sanità
pubblica e in quella privata sembrano
confermare che nei prossimi anni si
verificherà un notevole incremento della
domanda sociale di cura.
 Ad interagire con il paziente saranno
chiamati, accanto ai professionisti della
sanità, anche altre figure professionali
(assistenti sociali, operatori sanitari) e
volontari provenienti dal mondo delle
associazioni come, ad esempio, il Comitato
“Maria Letizia Verga” ONLUS e
“Davide il Drago” ONLUS.
www.davideildrago.it
 Nell’ospedale, luogo di cura “rassicurante” di fronte alle numerose patologie
“inquietanti” provenienti dal mondo in cui viviamo ed operiamo, trova eco una
umanità composita e dialogante di pazienti e medici, infermieri ed ammalati.
 L’insieme delle loro “storie”, personali e collettive, accomunate dall’assistenza e
scandite dai tempi della diagnosi e della terapia, aiuta a comprendere meglio lo
stretto rapporto che intercorre tra salute e malattia, medicina e società.
Grazie per l’attenzione!!!

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Allora Blu & Gli amici di Davide il drago ONLUS: "Nati per vivere" di M. Jankovic e A. Rossetti:

  • 1. Rubor, tumor, calor et dolor.Rubor, tumor, calor et dolor. A. C. Celso,A. C. Celso, De medicinaDe medicina, I sec. d.C., I sec. d.C. Quel dolore senza nome Dott. Maurizio De Filippis
  • 2. Tubercolosi, AIDS e Cancro  Nel corso del Novecento tre patologie tubercolosi, AIDS e cancro, definite nell’immaginario collettivo mali del secolo, hanno oltrepassato gli aspetti puramente clinici sollevando una serie di problematiche sociali, bioetiche, psicologiche e influenzando il comportamento di intere generazioni.  Tre patologie “sociali” in grado di influire profondamente, seppur in forma diversa, sui modelli organizzativi, assistenziali, ospedalieri e scientifici del nostro paese.
  • 3.  Dalla seconda metà del XX secolo, grazie al progressivo miglioramento delle condizioni sociali ed economiche della popolazione e all’introduzione di nuove terapie farmacologiche, la tubercolosi e gran parte delle principali malattie infettive, potevano considerarsi malattie del passato.  Il graduale declino della morbosità e mortalità per tubercolosi si poteva attribuire all’attività dispensariale, all’assistenza sanatoriale e, in un secondo momento, ad una sempre più efficace chemioterapia.  La parabola discendente delle forme infettive si intersecava con quella “ascendente delle malattie metabolico-degenerative in un punto cruciale che segna una svolta: è la svolta epidemiologica”.
  • 4. • Introdotto in medicina da Ippocrate (ca. 460-377 a.C.), il termine tisi, phthisis, consunzione, indicava in origine diverse forme di affezione polmonare. • La phthisis dei greci - tabe per i popoli latini - la malattia che “danneggia i polmoni e consuma l’uomo”, era conosciuta anche con il nome di “peste bianca” o “mal sottile”. • Prenderà il nome di tubercolosi (dai tubercoli polmonari osservati durante le autopsie, da tuberculum dimin. di tuber, escrescenza, tumore, sorta di piccolo tubero con caseificazione centrale), solo agli inizi dell’Ottocento grazie a René Laënnec (1781-1826). Ippocrate di Cos (480-390 a.C.)
  • 5. • Grazie all’introduzione di nuovi farmaci antitubercolari come la streptomicina e l’isoniazide, si poteva guarire con successo gran parte degli ammalati, impedendo il diffondersi del contagio causato dalle espettorazioni tipiche delle forme avanzate di tubercolosi polmonare aperta. • Il progressivo miglioramento delle condizioni sociali ed economiche, una campagna mirata di vaccinazione con BCG (Bacillo biliato di Calmette- Guérin), l’adozione di tecniche diagnostiche più avanzate contribuirono a ridurre l’impatto epidemiologico della tubercolosi nell’intero paese. • In particolare, la scoperta della streptomicina avvenuta nel 1942, grazie al microbiologo statunitense Selman Abraham Waksman (1888- 1973), rappresentò un evento di grandissimo rilievo nella storia della medicina: “Iniettato per via intramuscolare, questo antibiotico poteva portare a una scomparsa rapida del germe dall’espettorato e alla scomparsa dei segni generali della malattia.” Il Sanatorio di Vialba
  • 6.  La scomparsa di gran parte delle “malattie del passato” coincideva con l’aumento delle patologie cardiovascolari e tumorali, considerate “malattie del presente”.  Con il variare del trend epidemiologico mutavano anche i criteri anamnestici utilizzati per classificare le malattie e prescrivere le cure ai pazienti:  dall’osservazione dei sintomi affidata all’ ”occhio clinico” del medico, si passava allo screening diagnostico in grado di supportare le diagnosi cliniche.  Nelle cartelle cliniche si mettevano in risalto i fattori di rischio del paziente, prestando attenzione “ai comportamenti, agli stili di vita, ai condizionamenti ambientali, ai fattori genetici e biomolecolari”.
  • 7.  Sin dal momento della sua comparsa l’AIDS ha rappresentato molto più che una semplice malattia inguaribile. La paura del contagio, le modalità attraverso cui il virus si propaga, la scoperta traumatica della sieropositività, hanno concorso nell’attribuire al complesso “problema AIDS” un insieme di valori e significati ad ampio impatto psicologico, sanitario ed etico.  L’alto indice di mortalità, la trasversalità dei ceti sociali colpiti, la diffusione su scala planetaria, hanno consentito di effettuare concreti parallelismi con alcune gravi epidemie del passato.  “Definizioni come “peste del Duemila” spesso associate a pregiudizi di natura sessuale, hanno spinto parte dell’opinione pubblica ad individuare “l’untore” all’interno di alcune categorie considerate “a rischio”.  La lettura drammatizzata del fenomeno AIDS si è accompagnata con il riemergere di sospetti, discriminazioni e timori che si credevano dimenticati. [1] Il termine contagio proviene dal latino contagium, contatto, conctatum, voce verbale “formata da cum e da tangere,donde contingere, toccare direttamente senza intermediazione”.
  • 8.  Una visione di questo tipo ha rallentato per molto tempo la lotta contro l’HIV, decretando l’insuccesso delle campagne di prevenzione e perpetuando nei fatti “l’immagine di un mondo diviso in due: • da un lato il mondo dell’industrializzazione avanzata, dove l’epidemia sembra ora stabilizzarsi; • dall’altro il mondo del sottosviluppo cronico, dove la situazione già esplosiva in Africa, lo è diventata anche in America Latina e in Asia”.
  • 9.  Oltre alla tubercolosi e all’AIDS anche il cancro, nelle sue molteplici sembianze, raggiunse nel corso del Novecento una elevata diffusione, tanto da essere definito il “male del secolo”.  Negli anni venti l’incidenza del cancro registrò un aumento considerevole in tutti i paesi occidentali.  In quel periodo negli Stati Uniti e in Germania, ad esempi, l’indice di mortalità dei tumori era ormai superiore a quello per tubercolosi. Tumori e fattori di rischio in paesi sviluppati
  • 10. • La parola “cancro” dal latino cancer, cancrum, in greco karkinos, granchio; “male oscuro”, “dolore senza nome” che consuma in modo inesorabile,“che rode e prolifera”- e che, come il granchio, non abbandona la presa- è stato per lungo tempo considerato incurabile. • Nel De naturalibus facultatibus di Galeno (129-200 d.C.), la malattia - legata allo “sconcerto della bile nera, al guasto atrabiliare”- viene descritta come caratterizzata da “un ingrossamento, una protuberanza,e il cui nome deriva dalla somiglianza che le vene gonfiate dal tumore hanno con le zampe del granchio”. • Il termine “tumore” deriva invece dal greco tymbos, tumulo sepolcrale e dal latino tumor, tumefazione. Il Caduceo è un bastone con uno o due serpenti attorcigliati intorno ad esso. Era simbolo sia di Ermes, Dio del commercio nella versione con due serpenti, che di Asclepio, Dio della medicina nella versione con un serpente.
  • 11. • Per fronteggiare il dolore senza nome, furono creati istituti in tutta Europa quali la “Fondazione per le ricerche sul cancro” a Londra nel 1902, l’ ”Istituto del cancro” a Parigi nel 1926, l’ “Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori“ a Milano nel 1925 e l’ “Istituto Regina Elena” di Roma nel 1926. • L’espandersi -dal secondo dopoguerra- delle forme tumorali, considerate alla stregua di vere e proprie “malattie sociali”, determinò “la crescita dell’oncologia intesa sempre più come disciplina attenta all’analisi epidemiologica e all’eziopatogenesi dei tumori, alla ricerca neoplastica sperimentale e al progresso delle cure per i pazienti affetti da patologia tumorale. • L'Istituto milanese, fortemente voluto da Luigi Mangiagalli (1849-1928), clinico ostetrico, rettore dell’Università degli Studi e sindaco di Milano, fu fondato nel 1925 con il nome di “Istituto Nazionale Vittorio Emanuele III per lo studio e la cura del cancro”. • I primi reparti furono inaugurati nel 1928. Negli anni trenta l’Istituto venne diretto da Gaetano Fichera (1880-1935) e Pietro Rondoni (1882-1956). Negli anni sessanta fu la volta di Pietro Bucalossi, mentre nel 1975 l’incarico di direttore generale venne ricoperto da Umberto Veronesi (1925-2016), passato a dirigere nel 1994 l’ “Istituto Europeo di Oncologia”. • Il “Regio Istituto Regina Elena” di Roma, nato nel 1926 per svolgere attività di studio e cura dei tumori, fu inaugurato ufficialmente nel 1933. Primo direttore generale dell’Istituto venne nominato il chirurgo Raffaele Bastianelli (1863-1961). “Erano i tumori, nell’immaginario collettivo, la nuova epidemia del XX secolo”.
  • 12. • La prima pubblicazione scientifica relativa ad un caso di leucemia risale al 1827, quando il medico francese Alfred-Armand-Louis-Marie Velpeau (1795-1817) descrisse il caso di un fiorista di 63 anni che accusava febbre, debolezza, calcoli urinari con ingrossamento del fegato e della milza. Velpeau notò che il sangue del paziente aveva una consistenza come pappa e ipotizzò che ciò fosse dovuto ai globuli bianchi. • L'eziologia della leucemia è stata descritta la prima volta dal patologo Rudolf Virchow (1821-1902). Nel 1845 egli notò un numero molto elevato di globuli bianchi in un campione di sangue di un paziente. Virchow chiamò la condizione Leukämie in tedesco (dal greco: λευκός, leukos, "bianco", e αίμα, aima, "sangue"; letteralmente sangue bianco). • Una decina di anni dopo le scoperte di Virchow, il patologo Franz Ernst Neumann Christian (1834- 1918) scoprì che il midollo osseo di un paziente deceduto per leucemia aveva assunto un colore "giallo-verde sporco", a differenza del normale rosso. Questa scoperta consentì a Neumann di concludere che era proprio un problema al midollo osseo la causa delle anormalità nel sangue dei pazienti affetti dalla malattia. • Nel 1947 il patologo Sidney Farber e nel 1962 i ricercatori Emil J. Freireich Jr. e Emil Frei approfondirono la ricerca scientifica utile ad individuare una cura efficace contro tale patologia.
  • 13.  A lungo ritenuta una malattia incurabile “oggi il cancro, diversamente dal passato, è sovente una malattia guaribile”.  La terapia utilizzata oggi è molto spesso efficace. Ciò è dovuto al progresso medico-sanitario degli ultimi venticinque anni.
  • 14.  I mutamenti demografici e sociali in corso, le dinamiche in atto nella sanità pubblica e in quella privata sembrano confermare che nei prossimi anni si verificherà un notevole incremento della domanda sociale di cura.  Ad interagire con il paziente saranno chiamati, accanto ai professionisti della sanità, anche altre figure professionali (assistenti sociali, operatori sanitari) e volontari provenienti dal mondo delle associazioni come, ad esempio, il Comitato “Maria Letizia Verga” ONLUS e “Davide il Drago” ONLUS. www.davideildrago.it
  • 15.  Nell’ospedale, luogo di cura “rassicurante” di fronte alle numerose patologie “inquietanti” provenienti dal mondo in cui viviamo ed operiamo, trova eco una umanità composita e dialogante di pazienti e medici, infermieri ed ammalati.  L’insieme delle loro “storie”, personali e collettive, accomunate dall’assistenza e scandite dai tempi della diagnosi e della terapia, aiuta a comprendere meglio lo stretto rapporto che intercorre tra salute e malattia, medicina e società.

Notas do Editor

  1. Cfr. G. Cosmacini, La dinamica della storia, in Id., M. De Filippis, P. Sanseverino, La peste bianca. Milano e la lotta antitubercolare (1882-1945), Milano, FrancoAngeli, 2004, pp. 17-18; Cfr. P. Dri, Tisi, in Dizionario di storia della salute, a cura di G. Cosmacini, G. Gaudenzi, R. Satolli, Torino, Einaudi, 1996, p. 601.
  2. G. Cosmacini, Introduzione, in Dagli antichi contagi all’AIDS. Opere ed eventi al San Matteo di Pavia, Roma-Bari, Laterza, 1998, p. 10.
  3. In Lombardia, in particolare, la media annuale passò da 70,9 per 100.000 abitanti nel 1903 a 87,2 nel 1917, mentre Milano raggiunse quota 124.
  4. G. Cosmacini, Introduzione, in Dal male oscuro alla malattia curabile. Storia dell’Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 3-11; cfr. V. A. Sironi, Nascita e crescita dell’oncologia, in Il Male del secolo. Per una storia del Cancro, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 17.
  5. Per una storia dell’ “Istituto dei Tumori” di Milano cfr. P. Placucci, Dal male oscuro alla malattia curabile. Storia dell’Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano, Roma-Bari, Laterza, 1995. Sulla figura di Bastianelli cfr. G. Cosmacini, Clinica dei tumori mammari: diagnostica e terapia “anni Trenta”, in “Argomenti di Oncologia”, n. 14, 1993, pp. 303-305.