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Introduzione allo
Humanistic Management
       Marco Minghetti
            aka
        Hamlet Queler




     Second Life 14 dicembre 2008
Scrivere il curriculum
                   di Wislawa Szymborska


Cosa è necessario?
E’ necessario scrivere una domanda
e alla domanda allegare il curriculum.

A prescindere da quanto si è vissuto
il curriculum dovrebbe essere breve.

E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e ricordi incerti in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale
e dei bambini solo quelli nati.

Conta più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza un perché.
Onoreficenze senza motivazione.

Scrivi come se non parlassi mai di te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.

Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.

Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto.
E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano carta.
Harvard Business Review, maggio 2004,
     presenta i risultati di ricerca effettuata su 1.052
    «star», tutti stock analyst che hanno lavorato per
              banche d' affari statunitensi :

   il 46% dei talenti riduce di oltre il 20% le proprie
    prestazioni nell' anno di ingresso nella nuova
    impresa;
   nella maggioranza dei casi l' arrivo di un talento
    riduce le performance del gruppo in cui è
    inserito;
   il 36% dei talenti lascia la nuova impresa entro
    36 mesi dall' arrivo;
    un altro 29% lascia entro i successivi 24 mesi.
La storia del management

   affonda le sue origini in testi come La ricchezza
    delle nazioni e nelle esperienze della rivoluzione
    industriale
   si impone come disciplina a sé stante agli inizi del
    Novecento, con gli scritti di Taylor e le pratiche
    della fabbrica fordista
   qui si radica lo “Scientific Management”.
Scientific management: taylorismo
 Indirizzo di studi sull'organizzazione
  scientifica   del      lavoro,    elaborato
  inizialmente dall'ingegnere statunitense F.
  W. Taylor all'interno delle industrie
  siderurgiche della Midvale Steel Co.
 Il sistema è illustrato nel suo saggio del
  1911, The Principles of Scientific
  Management,        Criteri  scientifici  di
  organizzazione e direzione aziendale.
Il modello
    dello scientific management (1)
A livello della produzione:
   serialità
   standardizzazione
   specializzazione del lavoro e delle mansioni


A livello dello scambio:
   mercato di massa
   orientamento al prodotto e alla quantità.
Il modello
    dello scientific management (2)
    A livello cognitivo:
   massimizzazione dei risultati nel minor tempo
    possibile
   trionfalismo funzionale
   riduzionismo di ogni varianza
   deresponsabilizzazione personale sul risultato
    finale
Humanistic management 1
   Rinvia ad una specifica appartenenza intellettuale,
    storicamente datata e radicata in Europa, specialmente nella
    Grecia classica e nel Rinascimento italiano.
   Un’appartenenza intellettuale che, però, non può essere solo
    ridotta o semplificata ad una sorta di italian o european style
    dai modi inconfondibili e aggraziati: gusto per il bello, per le
    arti, per le cose buone e per i piaceri della vita. L’umanesimo
    certo è in buona parte quello spirito geniale mediterraneo,
    greco, latino e rinascimentale, elitario, aristocratico ed
    estetizzante, che punta ad un ideale di epicurea felicità
    dell’attimo;
   ma si nutre anche di quell’etica del rispetto, di quelle
    elaborazioni evangeliche e laiche (tormentate), che
    appartengono ad esempio al pensiero della rinascenza
    erasmiana: una mediazione sapiente (o temperata, socratica)
    tra pietas e cultura dell’impegno morale.

   Cfr. Premessa a Manifesto dello Humanistic Management
Humanistic management 2
   L’umanesimo che noi vogliamo proporre ha fra le
    sue caratteristiche il superamento delle opposizioni
    tipiche del pensiero dicotomico moderno: quindi
    anche quella fra “scientifico” e “umanistico”. Dando
    enfasi all’aggettivo “umanistico”, il rischio, per
    assurdo, non solo è quello di perdere di vista ciò che
    di buono c’è nel paradigma scientifico, ma,
    soprattutto, ciò che l’umanesimo è sempre stato:
    sintesi di tante culture, fra cui anche quella
    scientifica.
Breve storia dello H.M. 1
   Nella prima metà degli anni Novanta, Marco Minghetti pubblica una serie di saggi
    che descrive l’avvento di un “nuovo dominio manageriale in cui confluiscono,
    connettendosi e modificandosi reciprocamente, discipline un tempo separate.”

   Tuttavia, scrive nel 1993 su Mondo Economico, “il determinarsi del nuovo dominio
    manageriale è possibile solo all’interno dell’organizzazione d’impresa che adesso si
    sta affermando e, allo stesso tempo, esso è necessario per il corretto funzionamento
    di questo nuovo modello organizzativo. La nuova organizzazione cui mi riferisco si
    caratterizza per essere “piatta”, rapida, interfunzionale, reticolare. In una parola,
    l’organizzazione comunemente definita “post-tayloristica”, basata quindi non sulla
    massima divisione possibile del lavoro, ma sul principio opposto, vale a dire la
    massima compattazione possibile del lavoro e sulla riduzione delle entità non
    strettamente necessarie. Per questo motivo, l’organizzazione post-tayloristica può
    essere definita anche “organizzazione occamista”. Al filosofo Guglielmo d’Occam
    (1300-1347) si fa infatti risalire la famosa frase “entia non sunt moltiplicanda sine
    necessitate” (le entità non devono essere moltiplicate oltre quanto è strettamente
    necessario). E’ il “rasoio di Occam” che gli stessi storici della filosofia chiamano
    “principio di economia”. E’ chiaro allora che se l’organizzazione tayloristica è
    caratterizzata da un moto centrifugo, che tende a distinguere e moltiplicare gli
    specialismi, nell’organizzazione occamista tutte le discipline manageriali sono
    soggette ad un processo centripeto, per il quale esse sono attratte le une verso le altre.
    La massima compattazione del lavoro genera quindi una tendenziale
    interdisciplinarietà e quello che abbiamo definito un nuovo dominio manageriale.”
Breve storia dello H.M. 2
Nel 1995 Marco Minghetti dà vita a Biblioteca Agip, una collana di libri che
Agip realizza in coedizione con Sperling & Kupfer e Jaca Book. Con il primo
editore la collana pubblica libri di carattere manageriale, con il secondo
opere letterarie dei Paesi in cui Agip (oggi Divisione Exploration &
Production di ENI) opera. La Biblioteca Agip vive due anni e rappresenta il
primo tentativo nato in ambito imprenditoriale di rinnovare la pionieristica
esperienza delle Edizioni Comunità di Olivetti, di con-fondere autori
specialisti in management con poeti e romanzieri di tutto il mondo, di
sperimentare quella “conversazione permanente tra passione e ragione che
deve andare insieme alla ricerca di quanto vi è di buono nelle altre civiltà”,
posta ancora recentissimamente da Edgar Morin come priorità etica se si
vuole guardare con serenità al futuro. Una decina i titoli pubblicati, tutti di
altissimo livello, fra cui la raccolta di poesie Attento, Soul Brother, che fece
conoscere in Italia lo scrittore nigeriano Chinua Achebe, e il volume vincitore
del Pulitzer Il premio, di Daniel Yergin. In questo quadro, Minghetti firma
Le cose e le parole, libro-inchiesta su prassi e strumenti per lo sviluppo della
cultura d’impresa in 20 multinazionali (coautore Giorgio Del Mare) e cura il
volume miscellaneo La metamorfosi manageriale: due testi nei quali si
individuano alcuni concetti (ad esempio quello di “personigramma” e di
“impresa circense”) che in seguito diverranno centrali nell’elaborazione dei
principi dello humanistic management.
L’esperienza di Hamlet

         nasce nel marzo del 1997
         come rivista ufficiale dell’AIDP
         destinata a 30.000 imprenditori e
          manager
         mission: sperimentare una modalità
          innovativa di riflessione manageriale
          fondata sull’apporto delle diverse
          discipline umanistiche
A long way of Metadisciplinar and
                                       multicultural meditations…




    1997 fundation and
Minghetti’s direction till 2003.              2003-2005 Magazine
                                            Personae :metadisciplinar
  Magazine of AIDP (Italian
                                               approach applied to
  Association for Personnel
                                                organisation world
       Management)
Shakespeare nella letteratura
       manageriale
L’approccio anglosassone
   All’epoca di Shakespeare, l’alto dirigente veniva
    chiamato leader e aveva il compito di guidare una
    nazione, un clan o una contea. Gran parte delle sue
    opere mostrano quali sono i difetti del cattivo leader e
    le qualità del buon capo.
   I manager di oggi possono quindi trarre da queste
    opere lezioni di comportamento ancora attuali.
Nasce lo humanistic management
              Nell’impresa shakespeariana vi è
              invece un approccio metodologico che
              porterà nel 2004 alla nascita di un
              nuovo modello: lo humanistic
              management

              per il quale la poesia, l’arte, la filosofia:

             sono concepiti come strumenti operativi volti
              al superamento dei linguaggi settoriali
             si traducono in catalizzatori metadisciplinari
Necessità di un nuovo discorso
    Di fronte ad un mondo ‘complesso’, in rapido e continuo
    mutamento occorre non un nuovo paradigma, non una nuova
    verità assoluta, assiomatica, ma piuttosto un nuovo tipo di
    discorso:

   che ci parli di come si coglie l’emergere del nuovo
   di come si impara ad imparare
    dunque di un discorso che metta al centro l’‘arte’, quale ci è
    mostrata in massimo grado da poeti, romanzieri,
    drammaturghi: da “umanisti” nel senso rinascimentale,
    narratori di storie, “facitori di senso” (sensemakers) tramite
    il romanzo, la poesia, l’autobiografia, il teatro, il cinema.
Manifesto: Parte Prima. Concetti
   Sezione 1: Il contesto: un approccio metadisciplinare
   La dimensione filosofica, ermeneutica, storica, economica,
    organizzativa, politica, strategica, sociologica
   Cosa ci chiede il post. Sei domande per il management umanistico
    (Piero Trupia).
   Il management della modernità riflessiva. La conoscenza come risorsa
    per esplorare e per condividere (Enzo Rullani)
   Da Esiodo al Duemilaventicinque. Un modello umanistico latino per le
    imprese (Domenico De Masi)

   Sezione 2: Il mondo vitale dell’impresa
   Valorizzare l'intangibile: esperienze, conoscenze , relazioni,
    intelligenze, emozioni, regole, morali, etiche
   Il capitale intellettuale. Come dischiudere la ricchezza nascosta
    dell’organizzazione (Franco D’Egidio)
   L’azienda razionale e l’azienda emotiva. Emozione ed intelligenza per
    lavorare divertendosi (Luca, Laura, Maria Ludovica, RiccardoVarvelli)
   L’azienda etica. L’impresa come protagonista di una storia che le
    persone desidererebbero sentire (Giampaolo Azzoni)
Manifesto: Parte Seconda: Strumenti
     Sezione 3: Identità individuale. La cura di sé.
     Letteratura, autobiografia, cinema.
     Un certo tipo di letteratura. Breve storia di un mondo possibile
      (Francesco Varanini).
     La scrittura di sé nell’autoformazione umanistica. L’impresa come
      spazio narrativo ritrovato (Duccio Demetrio)
     Nutrire l’enigma. Il cinema come strumento di pensiero e di
      comunicazione nelle realtà complesse (Giuseppe Varchetta).

     Sezione 4: Identità collettiva. La cura per gli altri.
     Networking, Business TV, Teatro d’impresa, Edutainment.
     Il Simposio platonico nel XXI secolo. Competenze di ruolo per la
      gestione della comunità e lo sviluppo della conoscenza negli ambienti
      virtuali (Paolo Costa)
     La business television. La tv come media e come schema mentale
      (Andrea Notarnicola).
     Esperienze e sogni di un formattore. La cultura d’impresa fra
      formazione, comunicazione e intrattenimento (Enrico Bertolino)
Societing. (da un articolo scritto da Giampaolo Fabris)
Credo siano davvero maturi i tempi, il neologismo
intende porlo con forza, per una radicale rifondazione
del marketing. Di quella funzione cioè che ha sempre
presieduto ed ottimizzato gli interventi dell' impresa sui
mercati. Una disciplina ancora improntata a una
filosofia di stampo fordista/taylorista dell' epoca che ne
ha costituito il terreno di coltura, dei grandi mercati di
massa che l' hanno vista nascere e consacrato i suoi
successi. Da allora il contesto a cui il marketing deve
applicarsi, e il sistema di prodotti e servizi che deve
promuovere, è profondamente cambiato. E' una società
nuova dove produzione e consumo vedono abbattere i
tradizionali steccati, e l' abituale separatezza, per
divenire due facce di una medesima realtà.
Societing significa porre l' enfasi su questi incisivi
cambiamenti e sottolineare che il mercato è parte della
società, è un suo subsistema e non un hortum clausum di
esclusiva pertinenza degli aziendalisti; che i significati
intangibili, simbolici delle merci prevalgono largamente sugli
aspetti strumentali, performativi; che il consumatore ha
ormai acquisito un potere ed una discrezionalità che
contrasta sempre più vistosamente con gli stereotipi della
sua tradizionale subalternità. Significa anche che i mercati,
per usare un lessico caro ai cultori delle nuove tecnologie,
sono ormai divenuti quot;luoghi di conversazionequot;: in transizione
da mercati di massa a una massa di mercati (Anderson)
composti da tante nicchie, al limite formati da singoli
individui, in cui si frammenta oggi la domanda.
Ma, soprattutto, il richiamo al societing significa prendere
    atto delle crescenti responsabilità sociali delle imprese;
    della richiesta nuova di trasparenza e di eticità da parte del
    consumatore lungo tutta la filiera di ciò che acquista; della
    presa di consapevolezza delle gravi patologie che possono
    derivare da alcune pratiche di consumo; dell' inadeguatezza
    dell' etica one spot che è stata, sino ad adesso, prassi
    ricorrente anche da parte delle imprese più lungimiranti.


.
Humanistic management 3
   “Le nuove frontiere della Cultura d’Impresa.
    Manifesto     dello     humanistic     management,
    pubblicato da Etas nel 2004. In quella occasione, un
    gruppo di noti esponenti della cultura italiana ha
    proposto una visione alternativa di che cosa sia e di
    come gestire il “mondo vitale” delle imprese: lo
    humanistic management.
   Una apertura al nuovo che guarda alle possibilità
    dell’Information & Communication Technology
    coniugate a discipline che solo da qualche tempo
    hanno cominciato ad essere utilizzate in contesti
    imprenditoriali – la letteratura, la filosofia,
    l’antropologia, la drammaturgia, la cinematografia.
   “Dalla poesia all’apprendimento”: così è sintetizzata
    la questione nella controcopertina del libro.
Forma e contenuto
Elementi oggettivi e soggettivi, forma e
contenuto, devono essere perfettamente
integrati.

I due piani devono coesistere per poter quot;direquot; il
 cambiamento in atto. L'idea musicale di
 Variazione pensa proprio questa persistenza nel
 cambiamento. Lo stesso vale evidentemente per
 la più musicale delle discipline letterarie: la
 poesia.
Difficoltà
          Ha scritto Borges:
“ Non possiamo definire la poesia
  proprio come non possiamo
  definire il gusto del caffè, il colore
  rosso o l’amore per il nostro paese.
  Sono cose così profonde dentro di
  noi, che possono essere espresse
  solo da quei simboli comuni che
  tutti condividiamo.”
La poesia rivela o occulta?
        Opzioni per un poeta

Dire la stessa cosa con altre parole,
        ma sempre la stessa.
    Con sempre le stesse parole
     dire una cosa tutta diversa
    o in modo diverso la stessa.
Oppure tacere in modo eloquente.
         Hans Magnus Enzensberger
Dalla poesia l’apprendimento
La multimedialità, l'ipertestualità, il networking, le
  diverse possibilità di interazione tra chi ascolta e
 chi racconta consentono di indagare la complessità
          in cui siamo immersi con tutte le sue
    contraddizioni. Dalla prosa del taylorismo si è
   passati a quella poesia manageriale che sola può
     guidare la riflessione continua e diffusa sugli
     obiettivi, oltre che sui mezzi per perseguirli;
      l’assunzione di responsabilità a tutti i livelli
  rispetto a fini anche non strettamente economici;
         la socializzazione e valorizzazione delle
         conoscenze; ovvero la costruzione delle
   imprescindibili basi delle organizzazioni attuali,
              siano esse private o pubbliche
AD ALCUNI PIACE LA POESIA
Ad alcuni -
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.

Piace -
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.

La poesia -
ma cos'è mai la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano.
   Scrive Kundera: “simile a una donna che si trucca per
    poi affrettarsi verso il suo primo appuntamento, il
    mondo …ci corre incontro già truccato, camuffato,
    preinterpretato”. Occorre dunque, letteralmente,
    svelare il trucco, ovvero, come ha fatto Cervantes,
    prima di Fielding, quando ha inventato l’arte del
    romanzo creando il Don Chisciotte, strappare “il
    sipario      della    preinterpretazione”.      Questo
    atteggiamento esistenziale è propriamente ciò che fa
    di entrambi – il romanziere e il manager - dei poeti.
   Come il romanziere dovrà allora comportarsi lo
    humanistic manager: non inseguire le ex-novità
    diventate “mode”, ma ricercare continuamente
    itinerari inesplorati per andare verso l”anima delle
    cose, attraverso scoperte che sono in certa misura sue
    proprie “invenzioni”.
   Per comprendere il contemporaneo è bene partire dal
   l testo di Francois Lyotard La condizione postmoderna
    (Feltrinelli, 1979). Qui si tematizza la fine delle “grandi
    narrazioni” che hanno orientato trasversalmente i saperi
    moderni. Oggi, dice Lyotard, siamo in una condizione
    frantumata e disseminativa dei saperi, che, come bene ha
    riassunto Franco Cambi, «hanno perduto Unità e Senso».
   La condizione postmoderna produce però sensibilità per le
    differenze e capacità di tollerare l’incommensurabile,
    facendo affidamento sulle “instabilità del sistema”. La
    legittimazione dei saperi si ottiene attraverso il dissenso, per
    “mosse” anche audaci, in un modo che si configura come un
    modello opposto al sistema stabile. Se non possediamo più
    metanarrazioni che ci orientino tra i saperi, di quei saperi
    dobbiamo - invece - recepire il dismorfismo, la dialettica,
    l’iter disseminativo.
Il modo più ovvio e radicale di riprodurre la
poliedrica virtualità dei punti di vista è fare
scrivere insieme un numero il più possibile
elevato di persone, provenienti da campi
disciplinari e da esperienze eterogenee,
facendole interagire come se fossero i neuroni
di uno stesso cervello, creando sinapsi creative
al servizio di una opera finale collettiva,
interconnessa e condivisa, dall’identità
molteplice, certo, ma al tempo stesso unica e
coerente: modalità operativa che da soli, per
quanto geniali, anche autori come De Lillo,
Kundera o lo stesso Calvino non possono
mettere in atto e che invece rappresenta il
fulcro de Le Aziende In-Visibili.
   Le Aziende In-Visibili , piattaforma per la generazione di
    percorsi narrativi alla cui declinazione letteraria, ovvero un
    romanzo collettivo che sarà pubblicato fra qualche mese da
    Libri Scheiwiller, hanno lavorato un centinaio di personalità
    dell’economia, dell'arte e della cultura virtualmente
    costituenti la LMS, Living Mutants Society (nel Blogroll si
    trova l’elenco completo dei membri).
   La sfida che hanno accettato: racchiudere la propria
    conoscenza umana e professionale in un breve apologo, che
    rivisita una delle Città Invisibili di Italo Calvino, divenendo al
    tempo stesso uno dei 128 episodi del romanzo Le Aziende In-
    Visibili. Si è così aperta la strada ad una ricerca individuale e
    collettiva che varca, grazie alla forza dell'analogia, i confini
    del tradizionale modo di guardare al mondo imprenditoriale,
    ma che soprattutto utilizza la metafora dell’azienda per
    parlare della nostra contemporaneità.
Lo Schema
Le città invisibili sono organizzate intorno ad undici diverse categorie di città, ognuna dal nome di donna, che
presentano, nella mappa dell’Impero di Kublai Kan descritta da Marco Polo, ciascuna cinque varianti:


Le città e la memoria   Le città e il desiderio   Le città e i segni     Le città sottili            Le città e gli scambi



Diomira                 Dorotea                   Tamara                 Isaura                      Eufemia
Isidora                 Anastasia                 Zirma                  Zenobia                     Cloe
Zaira                   Despina                   Zoe                    Armilla                     Eutropia
Zora                    Fedora                    Ipazia                 Sofronia                    Ersilia
Maurilia                Zobeide                   Olivia                 Ottavia                     Smeraldina




Le città e gli occhi      Le città e il nome      Le città e i         Le città e il    Le città            Le città nascoste
                                                  morti                cielo            continue


Valdrada                  Aglaura                 Melania              Eudossia         Leonia              Olinda
Zemrude                   Leandra                 Adelma               Bersabea         Trude               Raissa
Bauci                     Pirra                   Eusapia              Tecla            Procopia            Marozia
Fillide                   Clarice                 Argia                Perinzia         Cecilia             Teodora
Moriana                   Irene                   Laudomia             Andria           Pentesilea          Berenice
Rendere visibile l’invisibile

   Ne Le città invisibili le città del mondo
    prendono forma attraverso i desideri dei
    loro abitanti e attraverso i racconti del
    viaggiatore che le attraversa.

   Lo stesso vale per le aziende.
   E’ ciò che si chiama sensemaking.
La Wikinomics
   Wikinomics di Tan Tapscott e Anhony Williams descrive
    bene il nuovo contesto della complessità.
   Partendo dalla universale diffusione di Wikipedia,
    l'enciclopedia online a cui tutti possono accedere e
    collaborare liberamente, il libro descrive un nuovo modo
    di concepire l'economia e il business, la Wikinomics.
   Come si legge sul sito di ETAS, che ha pubblicato
    l'edizione italiana nel giugno del 2007, il mondo che
    Tapscott e Williams ritraggono con estrema chiarezza è
    quot;il mondo in cui milioni di persone interconnesse tramite
    e-mail, blog, network, community e chat usano Internet
    come la prima piattaforma globale di scambio. È il
    mondo della collaborazione, della comunità, dell’auto-
    organizzazione che si trasformano in forza economica
    collettiva di dimensioni globali.quot;
Apertura (openness)
   Trasparenza, condivisione di informazioni, opinioni ed
    esperienze con tutti gli stakeholder, clienti, partner,
    dipendenti, fornitori e collaboratori. Il libro si apre con la
    case history di Goldcorp una azienda mineraria in crisi
    che è diventata la più importante azienda nel settore
    dell'estrazione dell’oro, dopo aver deciso di divulgare i
    dati relativi alle proprie mappe geologiche e chiedendo su
    Internet a chiunque ne avesse la capacità di interpretarle
    per avere nuove indicazioni di ricerca. In settori meno
    hard, Amazon, Google, e-bay sono tutte imprese di
    successo che hanno deciso di aprire le loro infrastrutture
    e le loro applicazioni di successo allo scopo di sviluppare
    vasti ecosistemi di business.
Relazione tra pari (peering)
   Da attuare non solo all'interno dell'azienda ma
    soprattutto all'esterno, con altre aziende e altri
    collaboratori, in un contesto di co-creazione del
    valore che nasce proprio dalla collaborazione
    orizzontale, differentemente dal tradizionale
    flusso della catena del valore. Il caso di scuola è
    dato dall’alleanza IBM-Linux: IBM cede
    centinaia di software proprietari agli sviluppatori
    di Linux, ottenendo in cambio un valore di
    diversi miliardi di dollari.
Condivisione (sharing)
   Anche degli asset considerati strategici e segreti,
    i brevetti e le licenze, ossia la proprietà
    intellettuale. Ogni azienda dovrebbe possedere
    una sorta di portafoglio delle sue proprietà
    intellettuali e alcune di queste varrebbe la pena
    di condividerle con altre aziende per generare
    profitti o valore. È il caso di Procter&Gamble,
    che ha ricavato milioni di dollari vendendo i
    propri brevetti e invitando altre aziende a
    collaborare per sviluppare nuovi prodotti,
    aderendo al programma quot;Connect and Developquot;
    (visitate il sito di P&G, n.d.r.).
Azione globale e non solo
        locale (global action)
   Le aziende devono comportarsi come player
    globali non solo nazionali o multinazionali.
    Tecnologie e processi di business e IT attuali
    permettono una modalità di azione e
    comunicazione su scala mondiale. Le aziende
    che agiscono globalmente, tendono a diventare
    di successo. Boeing ha scoperto che tutti i costi, i
    rischi e l’expertise implicati nell'esecuzione nella
    progettazione di un nuovo aeroplano possono
    venire drasticamente ridotti cedendo il controllo
    di migliaia di componenti ad altrettanti operatori
    dislocati in tutto il mondo.
Lancio del libro

   Presentazione in Triennale
   Evento in Facebook
   http://www.facebook.com/event.php?eid
    =33525572686
   http://www.facebook.com/profile.php?id
    =1415402099&ref=profile
   Video su YouTube e Metablog
   Le    immagini     di   Luigi    Serafini
    arricchiscono pregevolmente lo spirito
    visionario    dell’opera,     orientando
    l’immaginazione verso scenari surreali.

   Il romanzo ha già trovato una prima
    declinazione   nel   blog-network    di
    N      o     v     a     1     0      0
    (http://marcominghetti.nova100.ilsole24
    ore.com/)

   L’opera costituisce l’ultima realizzazione
    di un movimento culturale nato 15 anni
    fa,    lo   Humanistic       Management
    (http://www.humanisticmanagement.it)
Verso la web opera

   Video Pensionamento per limiti di età
Il primo film ambientato nei
          Metaversi del film si snoda lungo 5-6
                La trama
                     
                         percorsi narrativi all'interno della
                         molteplice trama de Le Aziende In-
                         Visibili, ciascuno corrispondente ad
                         un     personaggio    del    romanzo
                         (Deckard, Fordgates Sr e Jr, Miranda
                         ma anche altri personaggi minori) e
                         che si svolge in parallelo in uno
                         specifico Metaverso, fino al loro
                         ricongiungimento progressivo.

                        Per questo si potrebbe ottenere la
                         collaborazione di IBM che sta appunto
                         lavorando sulla possibilità di fare
                         interagire i differenti metaversi ma
                         anche di altre importanti aziende
                         come Sony o Google
Il progetto Kublai

   http://progettokublai.ning.com/

   http://progettokublai.ning.com/group/lea
    ziendeinvisibiliilfilm
Non è detto che Kublai Kan creda a tutto quel che dice Marco Polo quando gli
descrive le città visitate nelle sue ambascerie, ma certo l’imperatore dei tartari continua
    ad ascoltare il giovane veneziano con più curiosità ed attenzione che ogni altro suo
                                      messo o esploratore.
        Nella vita degli imperatori c’è un momento, che segue all’orgoglio per l’ampiezza
 sterminata dei territori che abbiamo conquistato, alla malinconia e al sollievo di sapere
  che presto rinunceremo a conoscerli e a comprenderli; un senso come di vuoto che ci
prende una sera con l’odore degli elefanti dopo la pioggia e della cenere di sandalo che
si raffredda nei bracieri; una vertigine che fa tremare i fiumi e le montagne istoriati sulla
 fulva groppa dei planisferi, arrotola uno sull’altro i dispacci che ci annunciano il franare
 degli ultimi eserciti nemici di sconfitta in sconfitta, e scrosta la ceralacca dei sigilli di re
     mai sentiti nominare che implorano la protezione delle nostre armate avanzanti in
     cambio di tributi annuali in metalli preziosi, pelli conciate e gusci di testuggine: è il
 momento disperato in cui si scopre che quest’impero che ci era sembrato la somma di
   tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma, che la sua corruzione è troppo
    incancrenita perché il nostro scettro possa mettervi riparo, che il trionfo sui sovrani
                       avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina.
        Solo nei resoconti di Marco Polo, Kublai Kan riusciva a discernere, attraverso le
muraglie e le torri destinate a crollare, la filigrana d’un disegno così sottile da sfuggire al
                                       morso delle termiti.
E’ improbabile che Bill H. Fordgates si beva tutte le balle cacciate da Sam Deckard
     quando gli descrive le aziende visitate nelle sue missioni, indicandole una per una
    sull’Astrogramma e traendo auspici dal Libro dei Mutamenti Organizzativi, ma certo
 l’Amministratore Delegato della grande Corporation continua ad ascoltare il giovane (o
   forse giovanile) Direttore delle Risorse Umane annoiandosi meno che con ogni altro
                                              manager.
       Nella vita degli Amministratori Delegati c’è un momento, che segue all’orgoglio per
l’ampiezza sterminata delle aziende, consociate e controllate, che abbiamo conquistato,
     alla malinconia e al sollievo di sapere che presto rinunceremo a comprenderle e a
     conoscerle; un senso come di vuoto che ci prende una sera con l’odore acre delle
   ciminiere fumanti sotto la pioggia sporca e del gas di scarico sputato dalla limousine
    che ci sta conducendo verso l’anonima suite in cui risiediamo; una vertigine che fa
   incrinare le procedure istoriate sulle pagine Intranet, arrotola una sull’altra le stampe
 delle mail che annunciano il franare dei concorrenti di sconfitta in sconfitta, e sbiadisce
     le carte da lettera intestate di imprenditori ignoti che implorano la protezione delle
nostre divisioni avanzanti in cambio di tributi annuali in partecipazioni azionarie, immobili
   e denaro liquido: è il momento disperato in cui si scopre che quest’impero che ci era
 sembrato la somma di tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma, che la sua
corruzione è troppo incancrenita perché il nostro logo possa mettervi riparo, che il trionfo
      sui Consigli di Amministrazione avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina.
            Solo nei rapporti bicefali di Deckard, nei bi-sogni che esprimevano, Bill H.
  Fordgates riusciva a discernere, attraverso gli stabilimenti e gli impianti di produzione
     destinati a crollare, la filigrana d’un disegno così sottile da sfuggire alle esalazioni
        inquinanti di un livello ben superiore a quelli ammessi dai Protocolli di Kyoto.
D: Di cosa
parliamo quando
   parliamo di
 sensemaking?
  Capitolo V di
 Nulla due volte
Sensemaking
   Il sensemaking è un processo per Weick connotato da sette
    caratteristiche:

   1.   la costruzione di identità, individuale e collettiva;
   2. la retrospettività, per cui la creazione di significato si riferisce a
    ciò che è già avvenuto, più che a ciò che avverrà;
   3. l’istituzione di ambienti sociali tramite le persone che vi
    operano, senza dimenticare che
   4. il substrato sociale modella l’interpretato e l’interpretante;
   5. la continuità: il sensemaking è un “never ending process”,
   6. centrato su informazioni selezionate (pensiamo ad Internet.
    Per non naufragare nel mare di dati reperibili, ogni lettore-autore
    dovrà costruire personali percorsi di senso, tramite l’eliminazione di
    ciò che con tali specifici percorsi è incoerente);
   7.    la plausibilità.
Il senso del lavoro
 “Il poeta e il mondo” discorso di Wislawa Szymborska tenuto in occasione del
                    conferimento del premio Nobel del 1996

“L’ispirazione non è un privilegio esclusivo dei poeti o degli
artisti in genere. C’è, c’è stato e sempre ci sarà un gruppo di
individui visitati dall’ispirazione. Sono tutti quelli che
coscientemente si scelgono un lavoro e lo svolgono con passione
e fantasia. Ci sono medici siffatti, ci sono giardinieri siffatti, ci
sono insegnanti siffatti e ancora un centinaio di altre
professioni....
Di persone così non ce ne sono molte. La maggioranza degli
abitanti di questa terra lavora per procurarsi da vivere, lavora
perché deve. Non sono essi a scegliersi il lavoro per passione,
sono le circostanze della vita che scelgono per loro. Un lavoro
non amato, un lavoro che annoia, apprezzato solo perché
comunque non è a tutti accessibile, è una delle più grandi
sventure umane.”
Un buon lavoro
                          di Charles Bukoswki


Certi mestieri non sono male,       ti davano dei guanti spessi
c’è un che di puro,                 e un uncino,
di gentile, in alcuni,              e dovevi arpionare uno
come quando                         di quei maledetti affari
scaricavo dai vagoni merci          e sbatterli giù
il pesce                            sul pavimento facendoli scivolare
surgelato.                          fuori, fino a dentro
                                    il camion
il pesce arrivava imballato         che aspettava.
in confezioni grosse quanto casse
da morto                            la cosa strana è che non c’era
stupendamente                       nessun caporeparto.
pesanti e                           ci lasciavano semplicemente
quasi                               a noi stessi, lì dentro,
impossibili da spostare.            sapendo che avremmo
                                    fatto ciò che dovevamo
spedivamo                        io ero quello
sempre qualcuno                  che metteva pace.
dei ragazzi a prendere
un’altra bottiglia               “basta con queste cazzate!
di vino.                         portiamo questo
                                 pesce fuori
quelle celle frigorifere erano   di qua! dai!”
fredde
e scivolose.                     poi riprendevamo
                                 a ridere
tiravamo fuori                   e a sparare
quel pesce surgelato             stronzate.
ci scolavamo il vino
e le stronzate                   verso sera
volavano.                        diventavamo tutti silenziosi.
                                 il pesce ci sembrava
ogni tanto ci scappava           sempre più pesante.
qualche rissa
ma mai niente di davvero
violento.
i polpacci cedevano,        ti ritrovavi poi
le ginocchia                nella tua vecchia macchina
si riempivano di lividi     e tornavi
e il vino                   a casa,
nello stomaco               alla tua baracca,
si faceva sentire.          chiedendoti
e quando                    se quel che
arrivavi all’ultima cassa   ti aspettava
la scaraventavi             era una bella serata
fuori                       o l’inferno.
solamente con la forza
dei nervi.                  ma tutto quel lavoro
                            col pesce
quando timbravi             surgelato,
l’uscita                    era un pensiero
anche il cartellino         gradevole
ti sembrava                 e confortante.
pesante.
e saresti tornato
a farlo ancora,
ad arpionare
e trascinare quelle casse.
la notte
scendeva
e tu accendevi
i fari
e in quel momento
esatto
il mondo non era
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Humanistic Management

  • 1. Introduzione allo Humanistic Management Marco Minghetti aka Hamlet Queler Second Life 14 dicembre 2008
  • 2. Scrivere il curriculum di Wislawa Szymborska Cosa è necessario? E’ necessario scrivere una domanda e alla domanda allegare il curriculum. A prescindere da quanto si è vissuto il curriculum dovrebbe essere breve. E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti. Cambiare paesaggi in indirizzi e ricordi incerti in date fisse.
  • 3. Di tutti gli amori basta quello coniugale e dei bambini solo quelli nati. Conta più chi ti conosce di chi conosci tu. I viaggi solo se all’estero. L’appartenenza a un che, ma senza un perché. Onoreficenze senza motivazione. Scrivi come se non parlassi mai di te stesso e ti evitassi.
  • 4. Sorvola su cani, gatti e uccelli, cianfrusaglie del passato, amici e sogni. Meglio il prezzo che il valore e il titolo che il contenuto. Meglio il numero di scarpa, che non dove va colui per cui ti scambiano. Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto. E’ la sua forma che conta, non ciò che sente. Cosa si sente? Il fragore delle macchine che tritano carta.
  • 5. Harvard Business Review, maggio 2004, presenta i risultati di ricerca effettuata su 1.052 «star», tutti stock analyst che hanno lavorato per banche d' affari statunitensi :  il 46% dei talenti riduce di oltre il 20% le proprie prestazioni nell' anno di ingresso nella nuova impresa;  nella maggioranza dei casi l' arrivo di un talento riduce le performance del gruppo in cui è inserito;  il 36% dei talenti lascia la nuova impresa entro 36 mesi dall' arrivo;  un altro 29% lascia entro i successivi 24 mesi.
  • 6.
  • 7. La storia del management  affonda le sue origini in testi come La ricchezza delle nazioni e nelle esperienze della rivoluzione industriale  si impone come disciplina a sé stante agli inizi del Novecento, con gli scritti di Taylor e le pratiche della fabbrica fordista  qui si radica lo “Scientific Management”.
  • 8. Scientific management: taylorismo  Indirizzo di studi sull'organizzazione scientifica del lavoro, elaborato inizialmente dall'ingegnere statunitense F. W. Taylor all'interno delle industrie siderurgiche della Midvale Steel Co.  Il sistema è illustrato nel suo saggio del 1911, The Principles of Scientific Management, Criteri scientifici di organizzazione e direzione aziendale.
  • 9. Il modello dello scientific management (1) A livello della produzione:  serialità  standardizzazione  specializzazione del lavoro e delle mansioni A livello dello scambio:  mercato di massa  orientamento al prodotto e alla quantità.
  • 10. Il modello dello scientific management (2) A livello cognitivo:  massimizzazione dei risultati nel minor tempo possibile  trionfalismo funzionale  riduzionismo di ogni varianza  deresponsabilizzazione personale sul risultato finale
  • 11.
  • 12. Humanistic management 1  Rinvia ad una specifica appartenenza intellettuale, storicamente datata e radicata in Europa, specialmente nella Grecia classica e nel Rinascimento italiano.  Un’appartenenza intellettuale che, però, non può essere solo ridotta o semplificata ad una sorta di italian o european style dai modi inconfondibili e aggraziati: gusto per il bello, per le arti, per le cose buone e per i piaceri della vita. L’umanesimo certo è in buona parte quello spirito geniale mediterraneo, greco, latino e rinascimentale, elitario, aristocratico ed estetizzante, che punta ad un ideale di epicurea felicità dell’attimo;  ma si nutre anche di quell’etica del rispetto, di quelle elaborazioni evangeliche e laiche (tormentate), che appartengono ad esempio al pensiero della rinascenza erasmiana: una mediazione sapiente (o temperata, socratica) tra pietas e cultura dell’impegno morale.  Cfr. Premessa a Manifesto dello Humanistic Management
  • 13. Humanistic management 2  L’umanesimo che noi vogliamo proporre ha fra le sue caratteristiche il superamento delle opposizioni tipiche del pensiero dicotomico moderno: quindi anche quella fra “scientifico” e “umanistico”. Dando enfasi all’aggettivo “umanistico”, il rischio, per assurdo, non solo è quello di perdere di vista ciò che di buono c’è nel paradigma scientifico, ma, soprattutto, ciò che l’umanesimo è sempre stato: sintesi di tante culture, fra cui anche quella scientifica.
  • 14. Breve storia dello H.M. 1  Nella prima metà degli anni Novanta, Marco Minghetti pubblica una serie di saggi che descrive l’avvento di un “nuovo dominio manageriale in cui confluiscono, connettendosi e modificandosi reciprocamente, discipline un tempo separate.”  Tuttavia, scrive nel 1993 su Mondo Economico, “il determinarsi del nuovo dominio manageriale è possibile solo all’interno dell’organizzazione d’impresa che adesso si sta affermando e, allo stesso tempo, esso è necessario per il corretto funzionamento di questo nuovo modello organizzativo. La nuova organizzazione cui mi riferisco si caratterizza per essere “piatta”, rapida, interfunzionale, reticolare. In una parola, l’organizzazione comunemente definita “post-tayloristica”, basata quindi non sulla massima divisione possibile del lavoro, ma sul principio opposto, vale a dire la massima compattazione possibile del lavoro e sulla riduzione delle entità non strettamente necessarie. Per questo motivo, l’organizzazione post-tayloristica può essere definita anche “organizzazione occamista”. Al filosofo Guglielmo d’Occam (1300-1347) si fa infatti risalire la famosa frase “entia non sunt moltiplicanda sine necessitate” (le entità non devono essere moltiplicate oltre quanto è strettamente necessario). E’ il “rasoio di Occam” che gli stessi storici della filosofia chiamano “principio di economia”. E’ chiaro allora che se l’organizzazione tayloristica è caratterizzata da un moto centrifugo, che tende a distinguere e moltiplicare gli specialismi, nell’organizzazione occamista tutte le discipline manageriali sono soggette ad un processo centripeto, per il quale esse sono attratte le une verso le altre. La massima compattazione del lavoro genera quindi una tendenziale interdisciplinarietà e quello che abbiamo definito un nuovo dominio manageriale.”
  • 15. Breve storia dello H.M. 2 Nel 1995 Marco Minghetti dà vita a Biblioteca Agip, una collana di libri che Agip realizza in coedizione con Sperling & Kupfer e Jaca Book. Con il primo editore la collana pubblica libri di carattere manageriale, con il secondo opere letterarie dei Paesi in cui Agip (oggi Divisione Exploration & Production di ENI) opera. La Biblioteca Agip vive due anni e rappresenta il primo tentativo nato in ambito imprenditoriale di rinnovare la pionieristica esperienza delle Edizioni Comunità di Olivetti, di con-fondere autori specialisti in management con poeti e romanzieri di tutto il mondo, di sperimentare quella “conversazione permanente tra passione e ragione che deve andare insieme alla ricerca di quanto vi è di buono nelle altre civiltà”, posta ancora recentissimamente da Edgar Morin come priorità etica se si vuole guardare con serenità al futuro. Una decina i titoli pubblicati, tutti di altissimo livello, fra cui la raccolta di poesie Attento, Soul Brother, che fece conoscere in Italia lo scrittore nigeriano Chinua Achebe, e il volume vincitore del Pulitzer Il premio, di Daniel Yergin. In questo quadro, Minghetti firma Le cose e le parole, libro-inchiesta su prassi e strumenti per lo sviluppo della cultura d’impresa in 20 multinazionali (coautore Giorgio Del Mare) e cura il volume miscellaneo La metamorfosi manageriale: due testi nei quali si individuano alcuni concetti (ad esempio quello di “personigramma” e di “impresa circense”) che in seguito diverranno centrali nell’elaborazione dei principi dello humanistic management.
  • 16. L’esperienza di Hamlet  nasce nel marzo del 1997  come rivista ufficiale dell’AIDP  destinata a 30.000 imprenditori e manager  mission: sperimentare una modalità innovativa di riflessione manageriale fondata sull’apporto delle diverse discipline umanistiche
  • 17.
  • 18. A long way of Metadisciplinar and multicultural meditations… 1997 fundation and Minghetti’s direction till 2003. 2003-2005 Magazine Personae :metadisciplinar Magazine of AIDP (Italian approach applied to Association for Personnel organisation world Management)
  • 20. L’approccio anglosassone  All’epoca di Shakespeare, l’alto dirigente veniva chiamato leader e aveva il compito di guidare una nazione, un clan o una contea. Gran parte delle sue opere mostrano quali sono i difetti del cattivo leader e le qualità del buon capo.  I manager di oggi possono quindi trarre da queste opere lezioni di comportamento ancora attuali.
  • 21. Nasce lo humanistic management Nell’impresa shakespeariana vi è invece un approccio metodologico che porterà nel 2004 alla nascita di un nuovo modello: lo humanistic management per il quale la poesia, l’arte, la filosofia:  sono concepiti come strumenti operativi volti al superamento dei linguaggi settoriali  si traducono in catalizzatori metadisciplinari
  • 22. Necessità di un nuovo discorso Di fronte ad un mondo ‘complesso’, in rapido e continuo mutamento occorre non un nuovo paradigma, non una nuova verità assoluta, assiomatica, ma piuttosto un nuovo tipo di discorso:  che ci parli di come si coglie l’emergere del nuovo  di come si impara ad imparare dunque di un discorso che metta al centro l’‘arte’, quale ci è mostrata in massimo grado da poeti, romanzieri, drammaturghi: da “umanisti” nel senso rinascimentale, narratori di storie, “facitori di senso” (sensemakers) tramite il romanzo, la poesia, l’autobiografia, il teatro, il cinema.
  • 23.
  • 24.
  • 25. Manifesto: Parte Prima. Concetti  Sezione 1: Il contesto: un approccio metadisciplinare  La dimensione filosofica, ermeneutica, storica, economica, organizzativa, politica, strategica, sociologica  Cosa ci chiede il post. Sei domande per il management umanistico (Piero Trupia).  Il management della modernità riflessiva. La conoscenza come risorsa per esplorare e per condividere (Enzo Rullani)  Da Esiodo al Duemilaventicinque. Un modello umanistico latino per le imprese (Domenico De Masi)  Sezione 2: Il mondo vitale dell’impresa  Valorizzare l'intangibile: esperienze, conoscenze , relazioni, intelligenze, emozioni, regole, morali, etiche  Il capitale intellettuale. Come dischiudere la ricchezza nascosta dell’organizzazione (Franco D’Egidio)  L’azienda razionale e l’azienda emotiva. Emozione ed intelligenza per lavorare divertendosi (Luca, Laura, Maria Ludovica, RiccardoVarvelli)  L’azienda etica. L’impresa come protagonista di una storia che le persone desidererebbero sentire (Giampaolo Azzoni)
  • 26. Manifesto: Parte Seconda: Strumenti  Sezione 3: Identità individuale. La cura di sé.  Letteratura, autobiografia, cinema.  Un certo tipo di letteratura. Breve storia di un mondo possibile (Francesco Varanini).  La scrittura di sé nell’autoformazione umanistica. L’impresa come spazio narrativo ritrovato (Duccio Demetrio)  Nutrire l’enigma. Il cinema come strumento di pensiero e di comunicazione nelle realtà complesse (Giuseppe Varchetta).  Sezione 4: Identità collettiva. La cura per gli altri.  Networking, Business TV, Teatro d’impresa, Edutainment.  Il Simposio platonico nel XXI secolo. Competenze di ruolo per la gestione della comunità e lo sviluppo della conoscenza negli ambienti virtuali (Paolo Costa)  La business television. La tv come media e come schema mentale (Andrea Notarnicola).  Esperienze e sogni di un formattore. La cultura d’impresa fra formazione, comunicazione e intrattenimento (Enrico Bertolino)
  • 27.
  • 28. Societing. (da un articolo scritto da Giampaolo Fabris) Credo siano davvero maturi i tempi, il neologismo intende porlo con forza, per una radicale rifondazione del marketing. Di quella funzione cioè che ha sempre presieduto ed ottimizzato gli interventi dell' impresa sui mercati. Una disciplina ancora improntata a una filosofia di stampo fordista/taylorista dell' epoca che ne ha costituito il terreno di coltura, dei grandi mercati di massa che l' hanno vista nascere e consacrato i suoi successi. Da allora il contesto a cui il marketing deve applicarsi, e il sistema di prodotti e servizi che deve promuovere, è profondamente cambiato. E' una società nuova dove produzione e consumo vedono abbattere i tradizionali steccati, e l' abituale separatezza, per divenire due facce di una medesima realtà.
  • 29. Societing significa porre l' enfasi su questi incisivi cambiamenti e sottolineare che il mercato è parte della società, è un suo subsistema e non un hortum clausum di esclusiva pertinenza degli aziendalisti; che i significati intangibili, simbolici delle merci prevalgono largamente sugli aspetti strumentali, performativi; che il consumatore ha ormai acquisito un potere ed una discrezionalità che contrasta sempre più vistosamente con gli stereotipi della sua tradizionale subalternità. Significa anche che i mercati, per usare un lessico caro ai cultori delle nuove tecnologie, sono ormai divenuti quot;luoghi di conversazionequot;: in transizione da mercati di massa a una massa di mercati (Anderson) composti da tante nicchie, al limite formati da singoli individui, in cui si frammenta oggi la domanda.
  • 30. Ma, soprattutto, il richiamo al societing significa prendere atto delle crescenti responsabilità sociali delle imprese; della richiesta nuova di trasparenza e di eticità da parte del consumatore lungo tutta la filiera di ciò che acquista; della presa di consapevolezza delle gravi patologie che possono derivare da alcune pratiche di consumo; dell' inadeguatezza dell' etica one spot che è stata, sino ad adesso, prassi ricorrente anche da parte delle imprese più lungimiranti. .
  • 31. Humanistic management 3  “Le nuove frontiere della Cultura d’Impresa. Manifesto dello humanistic management, pubblicato da Etas nel 2004. In quella occasione, un gruppo di noti esponenti della cultura italiana ha proposto una visione alternativa di che cosa sia e di come gestire il “mondo vitale” delle imprese: lo humanistic management.  Una apertura al nuovo che guarda alle possibilità dell’Information & Communication Technology coniugate a discipline che solo da qualche tempo hanno cominciato ad essere utilizzate in contesti imprenditoriali – la letteratura, la filosofia, l’antropologia, la drammaturgia, la cinematografia.  “Dalla poesia all’apprendimento”: così è sintetizzata la questione nella controcopertina del libro.
  • 32.
  • 33. Forma e contenuto Elementi oggettivi e soggettivi, forma e contenuto, devono essere perfettamente integrati. I due piani devono coesistere per poter quot;direquot; il cambiamento in atto. L'idea musicale di Variazione pensa proprio questa persistenza nel cambiamento. Lo stesso vale evidentemente per la più musicale delle discipline letterarie: la poesia.
  • 34. Difficoltà Ha scritto Borges: “ Non possiamo definire la poesia proprio come non possiamo definire il gusto del caffè, il colore rosso o l’amore per il nostro paese. Sono cose così profonde dentro di noi, che possono essere espresse solo da quei simboli comuni che tutti condividiamo.”
  • 35. La poesia rivela o occulta? Opzioni per un poeta Dire la stessa cosa con altre parole, ma sempre la stessa. Con sempre le stesse parole dire una cosa tutta diversa o in modo diverso la stessa. Oppure tacere in modo eloquente. Hans Magnus Enzensberger
  • 36. Dalla poesia l’apprendimento La multimedialità, l'ipertestualità, il networking, le diverse possibilità di interazione tra chi ascolta e chi racconta consentono di indagare la complessità in cui siamo immersi con tutte le sue contraddizioni. Dalla prosa del taylorismo si è passati a quella poesia manageriale che sola può guidare la riflessione continua e diffusa sugli obiettivi, oltre che sui mezzi per perseguirli; l’assunzione di responsabilità a tutti i livelli rispetto a fini anche non strettamente economici; la socializzazione e valorizzazione delle conoscenze; ovvero la costruzione delle imprescindibili basi delle organizzazioni attuali, siano esse private o pubbliche
  • 37. AD ALCUNI PIACE LA POESIA Ad alcuni - cioè non a tutti. E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza. Senza contare le scuole, dove è un obbligo, e i poeti stessi, ce ne saranno forse due su mille. Piace - ma piace anche la pasta in brodo, piacciono i complimenti e il colore azzurro, piace una vecchia sciarpa, piace averla vinta, piace accarezzare un cane. La poesia - ma cos'è mai la poesia? Più d'una risposta incerta è stata già data in proposito. Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo come alla salvezza di un corrimano.
  • 38.
  • 39. Scrive Kundera: “simile a una donna che si trucca per poi affrettarsi verso il suo primo appuntamento, il mondo …ci corre incontro già truccato, camuffato, preinterpretato”. Occorre dunque, letteralmente, svelare il trucco, ovvero, come ha fatto Cervantes, prima di Fielding, quando ha inventato l’arte del romanzo creando il Don Chisciotte, strappare “il sipario della preinterpretazione”. Questo atteggiamento esistenziale è propriamente ciò che fa di entrambi – il romanziere e il manager - dei poeti.  Come il romanziere dovrà allora comportarsi lo humanistic manager: non inseguire le ex-novità diventate “mode”, ma ricercare continuamente itinerari inesplorati per andare verso l”anima delle cose, attraverso scoperte che sono in certa misura sue proprie “invenzioni”.
  • 40.
  • 41. Per comprendere il contemporaneo è bene partire dal  l testo di Francois Lyotard La condizione postmoderna (Feltrinelli, 1979). Qui si tematizza la fine delle “grandi narrazioni” che hanno orientato trasversalmente i saperi moderni. Oggi, dice Lyotard, siamo in una condizione frantumata e disseminativa dei saperi, che, come bene ha riassunto Franco Cambi, «hanno perduto Unità e Senso».  La condizione postmoderna produce però sensibilità per le differenze e capacità di tollerare l’incommensurabile, facendo affidamento sulle “instabilità del sistema”. La legittimazione dei saperi si ottiene attraverso il dissenso, per “mosse” anche audaci, in un modo che si configura come un modello opposto al sistema stabile. Se non possediamo più metanarrazioni che ci orientino tra i saperi, di quei saperi dobbiamo - invece - recepire il dismorfismo, la dialettica, l’iter disseminativo.
  • 42. Il modo più ovvio e radicale di riprodurre la poliedrica virtualità dei punti di vista è fare scrivere insieme un numero il più possibile elevato di persone, provenienti da campi disciplinari e da esperienze eterogenee, facendole interagire come se fossero i neuroni di uno stesso cervello, creando sinapsi creative al servizio di una opera finale collettiva, interconnessa e condivisa, dall’identità molteplice, certo, ma al tempo stesso unica e coerente: modalità operativa che da soli, per quanto geniali, anche autori come De Lillo, Kundera o lo stesso Calvino non possono mettere in atto e che invece rappresenta il fulcro de Le Aziende In-Visibili.
  • 43.
  • 44. Le Aziende In-Visibili , piattaforma per la generazione di percorsi narrativi alla cui declinazione letteraria, ovvero un romanzo collettivo che sarà pubblicato fra qualche mese da Libri Scheiwiller, hanno lavorato un centinaio di personalità dell’economia, dell'arte e della cultura virtualmente costituenti la LMS, Living Mutants Society (nel Blogroll si trova l’elenco completo dei membri).  La sfida che hanno accettato: racchiudere la propria conoscenza umana e professionale in un breve apologo, che rivisita una delle Città Invisibili di Italo Calvino, divenendo al tempo stesso uno dei 128 episodi del romanzo Le Aziende In- Visibili. Si è così aperta la strada ad una ricerca individuale e collettiva che varca, grazie alla forza dell'analogia, i confini del tradizionale modo di guardare al mondo imprenditoriale, ma che soprattutto utilizza la metafora dell’azienda per parlare della nostra contemporaneità.
  • 45. Lo Schema Le città invisibili sono organizzate intorno ad undici diverse categorie di città, ognuna dal nome di donna, che presentano, nella mappa dell’Impero di Kublai Kan descritta da Marco Polo, ciascuna cinque varianti: Le città e la memoria Le città e il desiderio Le città e i segni Le città sottili Le città e gli scambi Diomira Dorotea Tamara Isaura Eufemia Isidora Anastasia Zirma Zenobia Cloe Zaira Despina Zoe Armilla Eutropia Zora Fedora Ipazia Sofronia Ersilia Maurilia Zobeide Olivia Ottavia Smeraldina Le città e gli occhi Le città e il nome Le città e i Le città e il Le città Le città nascoste morti cielo continue Valdrada Aglaura Melania Eudossia Leonia Olinda Zemrude Leandra Adelma Bersabea Trude Raissa Bauci Pirra Eusapia Tecla Procopia Marozia Fillide Clarice Argia Perinzia Cecilia Teodora Moriana Irene Laudomia Andria Pentesilea Berenice
  • 46. Rendere visibile l’invisibile  Ne Le città invisibili le città del mondo prendono forma attraverso i desideri dei loro abitanti e attraverso i racconti del viaggiatore che le attraversa.  Lo stesso vale per le aziende.  E’ ciò che si chiama sensemaking.
  • 47. La Wikinomics  Wikinomics di Tan Tapscott e Anhony Williams descrive bene il nuovo contesto della complessità.  Partendo dalla universale diffusione di Wikipedia, l'enciclopedia online a cui tutti possono accedere e collaborare liberamente, il libro descrive un nuovo modo di concepire l'economia e il business, la Wikinomics.  Come si legge sul sito di ETAS, che ha pubblicato l'edizione italiana nel giugno del 2007, il mondo che Tapscott e Williams ritraggono con estrema chiarezza è quot;il mondo in cui milioni di persone interconnesse tramite e-mail, blog, network, community e chat usano Internet come la prima piattaforma globale di scambio. È il mondo della collaborazione, della comunità, dell’auto- organizzazione che si trasformano in forza economica collettiva di dimensioni globali.quot;
  • 48. Apertura (openness)  Trasparenza, condivisione di informazioni, opinioni ed esperienze con tutti gli stakeholder, clienti, partner, dipendenti, fornitori e collaboratori. Il libro si apre con la case history di Goldcorp una azienda mineraria in crisi che è diventata la più importante azienda nel settore dell'estrazione dell’oro, dopo aver deciso di divulgare i dati relativi alle proprie mappe geologiche e chiedendo su Internet a chiunque ne avesse la capacità di interpretarle per avere nuove indicazioni di ricerca. In settori meno hard, Amazon, Google, e-bay sono tutte imprese di successo che hanno deciso di aprire le loro infrastrutture e le loro applicazioni di successo allo scopo di sviluppare vasti ecosistemi di business.
  • 49. Relazione tra pari (peering)  Da attuare non solo all'interno dell'azienda ma soprattutto all'esterno, con altre aziende e altri collaboratori, in un contesto di co-creazione del valore che nasce proprio dalla collaborazione orizzontale, differentemente dal tradizionale flusso della catena del valore. Il caso di scuola è dato dall’alleanza IBM-Linux: IBM cede centinaia di software proprietari agli sviluppatori di Linux, ottenendo in cambio un valore di diversi miliardi di dollari.
  • 50. Condivisione (sharing)  Anche degli asset considerati strategici e segreti, i brevetti e le licenze, ossia la proprietà intellettuale. Ogni azienda dovrebbe possedere una sorta di portafoglio delle sue proprietà intellettuali e alcune di queste varrebbe la pena di condividerle con altre aziende per generare profitti o valore. È il caso di Procter&Gamble, che ha ricavato milioni di dollari vendendo i propri brevetti e invitando altre aziende a collaborare per sviluppare nuovi prodotti, aderendo al programma quot;Connect and Developquot; (visitate il sito di P&G, n.d.r.).
  • 51. Azione globale e non solo locale (global action)  Le aziende devono comportarsi come player globali non solo nazionali o multinazionali. Tecnologie e processi di business e IT attuali permettono una modalità di azione e comunicazione su scala mondiale. Le aziende che agiscono globalmente, tendono a diventare di successo. Boeing ha scoperto che tutti i costi, i rischi e l’expertise implicati nell'esecuzione nella progettazione di un nuovo aeroplano possono venire drasticamente ridotti cedendo il controllo di migliaia di componenti ad altrettanti operatori dislocati in tutto il mondo.
  • 52.
  • 53.
  • 54. Lancio del libro  Presentazione in Triennale  Evento in Facebook  http://www.facebook.com/event.php?eid =33525572686  http://www.facebook.com/profile.php?id =1415402099&ref=profile  Video su YouTube e Metablog
  • 55. Le immagini di Luigi Serafini arricchiscono pregevolmente lo spirito visionario dell’opera, orientando l’immaginazione verso scenari surreali.  Il romanzo ha già trovato una prima declinazione nel blog-network di N o v a 1 0 0 (http://marcominghetti.nova100.ilsole24 ore.com/)  L’opera costituisce l’ultima realizzazione di un movimento culturale nato 15 anni fa, lo Humanistic Management (http://www.humanisticmanagement.it)
  • 56. Verso la web opera  Video Pensionamento per limiti di età
  • 57. Il primo film ambientato nei Metaversi del film si snoda lungo 5-6 La trama  percorsi narrativi all'interno della molteplice trama de Le Aziende In- Visibili, ciascuno corrispondente ad un personaggio del romanzo (Deckard, Fordgates Sr e Jr, Miranda ma anche altri personaggi minori) e che si svolge in parallelo in uno specifico Metaverso, fino al loro ricongiungimento progressivo.  Per questo si potrebbe ottenere la collaborazione di IBM che sta appunto lavorando sulla possibilità di fare interagire i differenti metaversi ma anche di altre importanti aziende come Sony o Google
  • 58. Il progetto Kublai  http://progettokublai.ning.com/  http://progettokublai.ning.com/group/lea ziendeinvisibiliilfilm
  • 59. Non è detto che Kublai Kan creda a tutto quel che dice Marco Polo quando gli descrive le città visitate nelle sue ambascerie, ma certo l’imperatore dei tartari continua ad ascoltare il giovane veneziano con più curiosità ed attenzione che ogni altro suo messo o esploratore. Nella vita degli imperatori c’è un momento, che segue all’orgoglio per l’ampiezza sterminata dei territori che abbiamo conquistato, alla malinconia e al sollievo di sapere che presto rinunceremo a conoscerli e a comprenderli; un senso come di vuoto che ci prende una sera con l’odore degli elefanti dopo la pioggia e della cenere di sandalo che si raffredda nei bracieri; una vertigine che fa tremare i fiumi e le montagne istoriati sulla fulva groppa dei planisferi, arrotola uno sull’altro i dispacci che ci annunciano il franare degli ultimi eserciti nemici di sconfitta in sconfitta, e scrosta la ceralacca dei sigilli di re mai sentiti nominare che implorano la protezione delle nostre armate avanzanti in cambio di tributi annuali in metalli preziosi, pelli conciate e gusci di testuggine: è il momento disperato in cui si scopre che quest’impero che ci era sembrato la somma di tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma, che la sua corruzione è troppo incancrenita perché il nostro scettro possa mettervi riparo, che il trionfo sui sovrani avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina. Solo nei resoconti di Marco Polo, Kublai Kan riusciva a discernere, attraverso le muraglie e le torri destinate a crollare, la filigrana d’un disegno così sottile da sfuggire al morso delle termiti.
  • 60. E’ improbabile che Bill H. Fordgates si beva tutte le balle cacciate da Sam Deckard quando gli descrive le aziende visitate nelle sue missioni, indicandole una per una sull’Astrogramma e traendo auspici dal Libro dei Mutamenti Organizzativi, ma certo l’Amministratore Delegato della grande Corporation continua ad ascoltare il giovane (o forse giovanile) Direttore delle Risorse Umane annoiandosi meno che con ogni altro manager. Nella vita degli Amministratori Delegati c’è un momento, che segue all’orgoglio per l’ampiezza sterminata delle aziende, consociate e controllate, che abbiamo conquistato, alla malinconia e al sollievo di sapere che presto rinunceremo a comprenderle e a conoscerle; un senso come di vuoto che ci prende una sera con l’odore acre delle ciminiere fumanti sotto la pioggia sporca e del gas di scarico sputato dalla limousine che ci sta conducendo verso l’anonima suite in cui risiediamo; una vertigine che fa incrinare le procedure istoriate sulle pagine Intranet, arrotola una sull’altra le stampe delle mail che annunciano il franare dei concorrenti di sconfitta in sconfitta, e sbiadisce le carte da lettera intestate di imprenditori ignoti che implorano la protezione delle nostre divisioni avanzanti in cambio di tributi annuali in partecipazioni azionarie, immobili e denaro liquido: è il momento disperato in cui si scopre che quest’impero che ci era sembrato la somma di tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma, che la sua corruzione è troppo incancrenita perché il nostro logo possa mettervi riparo, che il trionfo sui Consigli di Amministrazione avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina. Solo nei rapporti bicefali di Deckard, nei bi-sogni che esprimevano, Bill H. Fordgates riusciva a discernere, attraverso gli stabilimenti e gli impianti di produzione destinati a crollare, la filigrana d’un disegno così sottile da sfuggire alle esalazioni inquinanti di un livello ben superiore a quelli ammessi dai Protocolli di Kyoto.
  • 61. D: Di cosa parliamo quando parliamo di sensemaking? Capitolo V di Nulla due volte
  • 62. Sensemaking  Il sensemaking è un processo per Weick connotato da sette caratteristiche:  1. la costruzione di identità, individuale e collettiva;  2. la retrospettività, per cui la creazione di significato si riferisce a ciò che è già avvenuto, più che a ciò che avverrà;  3. l’istituzione di ambienti sociali tramite le persone che vi operano, senza dimenticare che  4. il substrato sociale modella l’interpretato e l’interpretante;  5. la continuità: il sensemaking è un “never ending process”,  6. centrato su informazioni selezionate (pensiamo ad Internet. Per non naufragare nel mare di dati reperibili, ogni lettore-autore dovrà costruire personali percorsi di senso, tramite l’eliminazione di ciò che con tali specifici percorsi è incoerente);  7. la plausibilità.
  • 63. Il senso del lavoro “Il poeta e il mondo” discorso di Wislawa Szymborska tenuto in occasione del conferimento del premio Nobel del 1996 “L’ispirazione non è un privilegio esclusivo dei poeti o degli artisti in genere. C’è, c’è stato e sempre ci sarà un gruppo di individui visitati dall’ispirazione. Sono tutti quelli che coscientemente si scelgono un lavoro e lo svolgono con passione e fantasia. Ci sono medici siffatti, ci sono giardinieri siffatti, ci sono insegnanti siffatti e ancora un centinaio di altre professioni.... Di persone così non ce ne sono molte. La maggioranza degli abitanti di questa terra lavora per procurarsi da vivere, lavora perché deve. Non sono essi a scegliersi il lavoro per passione, sono le circostanze della vita che scelgono per loro. Un lavoro non amato, un lavoro che annoia, apprezzato solo perché comunque non è a tutti accessibile, è una delle più grandi sventure umane.”
  • 64. Un buon lavoro di Charles Bukoswki Certi mestieri non sono male, ti davano dei guanti spessi c’è un che di puro, e un uncino, di gentile, in alcuni, e dovevi arpionare uno come quando di quei maledetti affari scaricavo dai vagoni merci e sbatterli giù il pesce sul pavimento facendoli scivolare surgelato. fuori, fino a dentro il camion il pesce arrivava imballato che aspettava. in confezioni grosse quanto casse da morto la cosa strana è che non c’era stupendamente nessun caporeparto. pesanti e ci lasciavano semplicemente quasi a noi stessi, lì dentro, impossibili da spostare. sapendo che avremmo fatto ciò che dovevamo
  • 65. spedivamo io ero quello sempre qualcuno che metteva pace. dei ragazzi a prendere un’altra bottiglia “basta con queste cazzate! di vino. portiamo questo pesce fuori quelle celle frigorifere erano di qua! dai!” fredde e scivolose. poi riprendevamo a ridere tiravamo fuori e a sparare quel pesce surgelato stronzate. ci scolavamo il vino e le stronzate verso sera volavano. diventavamo tutti silenziosi. il pesce ci sembrava ogni tanto ci scappava sempre più pesante. qualche rissa ma mai niente di davvero violento.
  • 66. i polpacci cedevano, ti ritrovavi poi le ginocchia nella tua vecchia macchina si riempivano di lividi e tornavi e il vino a casa, nello stomaco alla tua baracca, si faceva sentire. chiedendoti e quando se quel che arrivavi all’ultima cassa ti aspettava la scaraventavi era una bella serata fuori o l’inferno. solamente con la forza dei nervi. ma tutto quel lavoro col pesce quando timbravi surgelato, l’uscita era un pensiero anche il cartellino gradevole ti sembrava e confortante. pesante.
  • 67. e saresti tornato a farlo ancora, ad arpionare e trascinare quelle casse. la notte scendeva e tu accendevi i fari e in quel momento esatto il mondo non era niente male.