2. Scrivere il curriculum
di Wislawa Szymborska
Cosa è necessario?
E’ necessario scrivere una domanda
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si è vissuto
il curriculum dovrebbe essere breve.
E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e ricordi incerti in date fisse.
3. Di tutti gli amori basta quello coniugale
e dei bambini solo quelli nati.
Conta più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza un perché.
Onoreficenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai di te stesso
e ti evitassi.
4. Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto.
E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano carta.
5. Harvard Business Review, maggio 2004,
presenta i risultati di ricerca effettuata su 1.052
«star», tutti stock analyst che hanno lavorato per
banche d' affari statunitensi :
il 46% dei talenti riduce di oltre il 20% le proprie
prestazioni nell' anno di ingresso nella nuova
impresa;
nella maggioranza dei casi l' arrivo di un talento
riduce le performance del gruppo in cui è
inserito;
il 36% dei talenti lascia la nuova impresa entro
36 mesi dall' arrivo;
un altro 29% lascia entro i successivi 24 mesi.
6.
7. La storia del management
affonda le sue origini in testi come La ricchezza
delle nazioni e nelle esperienze della rivoluzione
industriale
si impone come disciplina a sé stante agli inizi del
Novecento, con gli scritti di Taylor e le pratiche
della fabbrica fordista
qui si radica lo “Scientific Management”.
8. Scientific management: taylorismo
Indirizzo di studi sull'organizzazione
scientifica del lavoro, elaborato
inizialmente dall'ingegnere statunitense F.
W. Taylor all'interno delle industrie
siderurgiche della Midvale Steel Co.
Il sistema è illustrato nel suo saggio del
1911, The Principles of Scientific
Management, Criteri scientifici di
organizzazione e direzione aziendale.
9. Il modello
dello scientific management (1)
A livello della produzione:
serialità
standardizzazione
specializzazione del lavoro e delle mansioni
A livello dello scambio:
mercato di massa
orientamento al prodotto e alla quantità.
10. Il modello
dello scientific management (2)
A livello cognitivo:
massimizzazione dei risultati nel minor tempo
possibile
trionfalismo funzionale
riduzionismo di ogni varianza
deresponsabilizzazione personale sul risultato
finale
11.
12. Humanistic management 1
Rinvia ad una specifica appartenenza intellettuale,
storicamente datata e radicata in Europa, specialmente nella
Grecia classica e nel Rinascimento italiano.
Un’appartenenza intellettuale che, però, non può essere solo
ridotta o semplificata ad una sorta di italian o european style
dai modi inconfondibili e aggraziati: gusto per il bello, per le
arti, per le cose buone e per i piaceri della vita. L’umanesimo
certo è in buona parte quello spirito geniale mediterraneo,
greco, latino e rinascimentale, elitario, aristocratico ed
estetizzante, che punta ad un ideale di epicurea felicità
dell’attimo;
ma si nutre anche di quell’etica del rispetto, di quelle
elaborazioni evangeliche e laiche (tormentate), che
appartengono ad esempio al pensiero della rinascenza
erasmiana: una mediazione sapiente (o temperata, socratica)
tra pietas e cultura dell’impegno morale.
Cfr. Premessa a Manifesto dello Humanistic Management
13. Humanistic management 2
L’umanesimo che noi vogliamo proporre ha fra le
sue caratteristiche il superamento delle opposizioni
tipiche del pensiero dicotomico moderno: quindi
anche quella fra “scientifico” e “umanistico”. Dando
enfasi all’aggettivo “umanistico”, il rischio, per
assurdo, non solo è quello di perdere di vista ciò che
di buono c’è nel paradigma scientifico, ma,
soprattutto, ciò che l’umanesimo è sempre stato:
sintesi di tante culture, fra cui anche quella
scientifica.
14. Breve storia dello H.M. 1
Nella prima metà degli anni Novanta, Marco Minghetti pubblica una serie di saggi
che descrive l’avvento di un “nuovo dominio manageriale in cui confluiscono,
connettendosi e modificandosi reciprocamente, discipline un tempo separate.”
Tuttavia, scrive nel 1993 su Mondo Economico, “il determinarsi del nuovo dominio
manageriale è possibile solo all’interno dell’organizzazione d’impresa che adesso si
sta affermando e, allo stesso tempo, esso è necessario per il corretto funzionamento
di questo nuovo modello organizzativo. La nuova organizzazione cui mi riferisco si
caratterizza per essere “piatta”, rapida, interfunzionale, reticolare. In una parola,
l’organizzazione comunemente definita “post-tayloristica”, basata quindi non sulla
massima divisione possibile del lavoro, ma sul principio opposto, vale a dire la
massima compattazione possibile del lavoro e sulla riduzione delle entità non
strettamente necessarie. Per questo motivo, l’organizzazione post-tayloristica può
essere definita anche “organizzazione occamista”. Al filosofo Guglielmo d’Occam
(1300-1347) si fa infatti risalire la famosa frase “entia non sunt moltiplicanda sine
necessitate” (le entità non devono essere moltiplicate oltre quanto è strettamente
necessario). E’ il “rasoio di Occam” che gli stessi storici della filosofia chiamano
“principio di economia”. E’ chiaro allora che se l’organizzazione tayloristica è
caratterizzata da un moto centrifugo, che tende a distinguere e moltiplicare gli
specialismi, nell’organizzazione occamista tutte le discipline manageriali sono
soggette ad un processo centripeto, per il quale esse sono attratte le une verso le altre.
La massima compattazione del lavoro genera quindi una tendenziale
interdisciplinarietà e quello che abbiamo definito un nuovo dominio manageriale.”
15. Breve storia dello H.M. 2
Nel 1995 Marco Minghetti dà vita a Biblioteca Agip, una collana di libri che
Agip realizza in coedizione con Sperling & Kupfer e Jaca Book. Con il primo
editore la collana pubblica libri di carattere manageriale, con il secondo
opere letterarie dei Paesi in cui Agip (oggi Divisione Exploration &
Production di ENI) opera. La Biblioteca Agip vive due anni e rappresenta il
primo tentativo nato in ambito imprenditoriale di rinnovare la pionieristica
esperienza delle Edizioni Comunità di Olivetti, di con-fondere autori
specialisti in management con poeti e romanzieri di tutto il mondo, di
sperimentare quella “conversazione permanente tra passione e ragione che
deve andare insieme alla ricerca di quanto vi è di buono nelle altre civiltà”,
posta ancora recentissimamente da Edgar Morin come priorità etica se si
vuole guardare con serenità al futuro. Una decina i titoli pubblicati, tutti di
altissimo livello, fra cui la raccolta di poesie Attento, Soul Brother, che fece
conoscere in Italia lo scrittore nigeriano Chinua Achebe, e il volume vincitore
del Pulitzer Il premio, di Daniel Yergin. In questo quadro, Minghetti firma
Le cose e le parole, libro-inchiesta su prassi e strumenti per lo sviluppo della
cultura d’impresa in 20 multinazionali (coautore Giorgio Del Mare) e cura il
volume miscellaneo La metamorfosi manageriale: due testi nei quali si
individuano alcuni concetti (ad esempio quello di “personigramma” e di
“impresa circense”) che in seguito diverranno centrali nell’elaborazione dei
principi dello humanistic management.
16. L’esperienza di Hamlet
nasce nel marzo del 1997
come rivista ufficiale dell’AIDP
destinata a 30.000 imprenditori e
manager
mission: sperimentare una modalità
innovativa di riflessione manageriale
fondata sull’apporto delle diverse
discipline umanistiche
17.
18. A long way of Metadisciplinar and
multicultural meditations…
1997 fundation and
Minghetti’s direction till 2003. 2003-2005 Magazine
Personae :metadisciplinar
Magazine of AIDP (Italian
approach applied to
Association for Personnel
organisation world
Management)
20. L’approccio anglosassone
All’epoca di Shakespeare, l’alto dirigente veniva
chiamato leader e aveva il compito di guidare una
nazione, un clan o una contea. Gran parte delle sue
opere mostrano quali sono i difetti del cattivo leader e
le qualità del buon capo.
I manager di oggi possono quindi trarre da queste
opere lezioni di comportamento ancora attuali.
21. Nasce lo humanistic management
Nell’impresa shakespeariana vi è
invece un approccio metodologico che
porterà nel 2004 alla nascita di un
nuovo modello: lo humanistic
management
per il quale la poesia, l’arte, la filosofia:
sono concepiti come strumenti operativi volti
al superamento dei linguaggi settoriali
si traducono in catalizzatori metadisciplinari
22. Necessità di un nuovo discorso
Di fronte ad un mondo ‘complesso’, in rapido e continuo
mutamento occorre non un nuovo paradigma, non una nuova
verità assoluta, assiomatica, ma piuttosto un nuovo tipo di
discorso:
che ci parli di come si coglie l’emergere del nuovo
di come si impara ad imparare
dunque di un discorso che metta al centro l’‘arte’, quale ci è
mostrata in massimo grado da poeti, romanzieri,
drammaturghi: da “umanisti” nel senso rinascimentale,
narratori di storie, “facitori di senso” (sensemakers) tramite
il romanzo, la poesia, l’autobiografia, il teatro, il cinema.
23.
24.
25. Manifesto: Parte Prima. Concetti
Sezione 1: Il contesto: un approccio metadisciplinare
La dimensione filosofica, ermeneutica, storica, economica,
organizzativa, politica, strategica, sociologica
Cosa ci chiede il post. Sei domande per il management umanistico
(Piero Trupia).
Il management della modernità riflessiva. La conoscenza come risorsa
per esplorare e per condividere (Enzo Rullani)
Da Esiodo al Duemilaventicinque. Un modello umanistico latino per le
imprese (Domenico De Masi)
Sezione 2: Il mondo vitale dell’impresa
Valorizzare l'intangibile: esperienze, conoscenze , relazioni,
intelligenze, emozioni, regole, morali, etiche
Il capitale intellettuale. Come dischiudere la ricchezza nascosta
dell’organizzazione (Franco D’Egidio)
L’azienda razionale e l’azienda emotiva. Emozione ed intelligenza per
lavorare divertendosi (Luca, Laura, Maria Ludovica, RiccardoVarvelli)
L’azienda etica. L’impresa come protagonista di una storia che le
persone desidererebbero sentire (Giampaolo Azzoni)
26. Manifesto: Parte Seconda: Strumenti
Sezione 3: Identità individuale. La cura di sé.
Letteratura, autobiografia, cinema.
Un certo tipo di letteratura. Breve storia di un mondo possibile
(Francesco Varanini).
La scrittura di sé nell’autoformazione umanistica. L’impresa come
spazio narrativo ritrovato (Duccio Demetrio)
Nutrire l’enigma. Il cinema come strumento di pensiero e di
comunicazione nelle realtà complesse (Giuseppe Varchetta).
Sezione 4: Identità collettiva. La cura per gli altri.
Networking, Business TV, Teatro d’impresa, Edutainment.
Il Simposio platonico nel XXI secolo. Competenze di ruolo per la
gestione della comunità e lo sviluppo della conoscenza negli ambienti
virtuali (Paolo Costa)
La business television. La tv come media e come schema mentale
(Andrea Notarnicola).
Esperienze e sogni di un formattore. La cultura d’impresa fra
formazione, comunicazione e intrattenimento (Enrico Bertolino)
27.
28. Societing. (da un articolo scritto da Giampaolo Fabris)
Credo siano davvero maturi i tempi, il neologismo
intende porlo con forza, per una radicale rifondazione
del marketing. Di quella funzione cioè che ha sempre
presieduto ed ottimizzato gli interventi dell' impresa sui
mercati. Una disciplina ancora improntata a una
filosofia di stampo fordista/taylorista dell' epoca che ne
ha costituito il terreno di coltura, dei grandi mercati di
massa che l' hanno vista nascere e consacrato i suoi
successi. Da allora il contesto a cui il marketing deve
applicarsi, e il sistema di prodotti e servizi che deve
promuovere, è profondamente cambiato. E' una società
nuova dove produzione e consumo vedono abbattere i
tradizionali steccati, e l' abituale separatezza, per
divenire due facce di una medesima realtà.
29. Societing significa porre l' enfasi su questi incisivi
cambiamenti e sottolineare che il mercato è parte della
società, è un suo subsistema e non un hortum clausum di
esclusiva pertinenza degli aziendalisti; che i significati
intangibili, simbolici delle merci prevalgono largamente sugli
aspetti strumentali, performativi; che il consumatore ha
ormai acquisito un potere ed una discrezionalità che
contrasta sempre più vistosamente con gli stereotipi della
sua tradizionale subalternità. Significa anche che i mercati,
per usare un lessico caro ai cultori delle nuove tecnologie,
sono ormai divenuti quot;luoghi di conversazionequot;: in transizione
da mercati di massa a una massa di mercati (Anderson)
composti da tante nicchie, al limite formati da singoli
individui, in cui si frammenta oggi la domanda.
30. Ma, soprattutto, il richiamo al societing significa prendere
atto delle crescenti responsabilità sociali delle imprese;
della richiesta nuova di trasparenza e di eticità da parte del
consumatore lungo tutta la filiera di ciò che acquista; della
presa di consapevolezza delle gravi patologie che possono
derivare da alcune pratiche di consumo; dell' inadeguatezza
dell' etica one spot che è stata, sino ad adesso, prassi
ricorrente anche da parte delle imprese più lungimiranti.
.
31. Humanistic management 3
“Le nuove frontiere della Cultura d’Impresa.
Manifesto dello humanistic management,
pubblicato da Etas nel 2004. In quella occasione, un
gruppo di noti esponenti della cultura italiana ha
proposto una visione alternativa di che cosa sia e di
come gestire il “mondo vitale” delle imprese: lo
humanistic management.
Una apertura al nuovo che guarda alle possibilità
dell’Information & Communication Technology
coniugate a discipline che solo da qualche tempo
hanno cominciato ad essere utilizzate in contesti
imprenditoriali – la letteratura, la filosofia,
l’antropologia, la drammaturgia, la cinematografia.
“Dalla poesia all’apprendimento”: così è sintetizzata
la questione nella controcopertina del libro.
32.
33. Forma e contenuto
Elementi oggettivi e soggettivi, forma e
contenuto, devono essere perfettamente
integrati.
I due piani devono coesistere per poter quot;direquot; il
cambiamento in atto. L'idea musicale di
Variazione pensa proprio questa persistenza nel
cambiamento. Lo stesso vale evidentemente per
la più musicale delle discipline letterarie: la
poesia.
34. Difficoltà
Ha scritto Borges:
“ Non possiamo definire la poesia
proprio come non possiamo
definire il gusto del caffè, il colore
rosso o l’amore per il nostro paese.
Sono cose così profonde dentro di
noi, che possono essere espresse
solo da quei simboli comuni che
tutti condividiamo.”
35. La poesia rivela o occulta?
Opzioni per un poeta
Dire la stessa cosa con altre parole,
ma sempre la stessa.
Con sempre le stesse parole
dire una cosa tutta diversa
o in modo diverso la stessa.
Oppure tacere in modo eloquente.
Hans Magnus Enzensberger
36. Dalla poesia l’apprendimento
La multimedialità, l'ipertestualità, il networking, le
diverse possibilità di interazione tra chi ascolta e
chi racconta consentono di indagare la complessità
in cui siamo immersi con tutte le sue
contraddizioni. Dalla prosa del taylorismo si è
passati a quella poesia manageriale che sola può
guidare la riflessione continua e diffusa sugli
obiettivi, oltre che sui mezzi per perseguirli;
l’assunzione di responsabilità a tutti i livelli
rispetto a fini anche non strettamente economici;
la socializzazione e valorizzazione delle
conoscenze; ovvero la costruzione delle
imprescindibili basi delle organizzazioni attuali,
siano esse private o pubbliche
37. AD ALCUNI PIACE LA POESIA
Ad alcuni -
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.
Piace -
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.
La poesia -
ma cos'è mai la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano.
38.
39. Scrive Kundera: “simile a una donna che si trucca per
poi affrettarsi verso il suo primo appuntamento, il
mondo …ci corre incontro già truccato, camuffato,
preinterpretato”. Occorre dunque, letteralmente,
svelare il trucco, ovvero, come ha fatto Cervantes,
prima di Fielding, quando ha inventato l’arte del
romanzo creando il Don Chisciotte, strappare “il
sipario della preinterpretazione”. Questo
atteggiamento esistenziale è propriamente ciò che fa
di entrambi – il romanziere e il manager - dei poeti.
Come il romanziere dovrà allora comportarsi lo
humanistic manager: non inseguire le ex-novità
diventate “mode”, ma ricercare continuamente
itinerari inesplorati per andare verso l”anima delle
cose, attraverso scoperte che sono in certa misura sue
proprie “invenzioni”.
40.
41. Per comprendere il contemporaneo è bene partire dal
l testo di Francois Lyotard La condizione postmoderna
(Feltrinelli, 1979). Qui si tematizza la fine delle “grandi
narrazioni” che hanno orientato trasversalmente i saperi
moderni. Oggi, dice Lyotard, siamo in una condizione
frantumata e disseminativa dei saperi, che, come bene ha
riassunto Franco Cambi, «hanno perduto Unità e Senso».
La condizione postmoderna produce però sensibilità per le
differenze e capacità di tollerare l’incommensurabile,
facendo affidamento sulle “instabilità del sistema”. La
legittimazione dei saperi si ottiene attraverso il dissenso, per
“mosse” anche audaci, in un modo che si configura come un
modello opposto al sistema stabile. Se non possediamo più
metanarrazioni che ci orientino tra i saperi, di quei saperi
dobbiamo - invece - recepire il dismorfismo, la dialettica,
l’iter disseminativo.
42. Il modo più ovvio e radicale di riprodurre la
poliedrica virtualità dei punti di vista è fare
scrivere insieme un numero il più possibile
elevato di persone, provenienti da campi
disciplinari e da esperienze eterogenee,
facendole interagire come se fossero i neuroni
di uno stesso cervello, creando sinapsi creative
al servizio di una opera finale collettiva,
interconnessa e condivisa, dall’identità
molteplice, certo, ma al tempo stesso unica e
coerente: modalità operativa che da soli, per
quanto geniali, anche autori come De Lillo,
Kundera o lo stesso Calvino non possono
mettere in atto e che invece rappresenta il
fulcro de Le Aziende In-Visibili.
43.
44. Le Aziende In-Visibili , piattaforma per la generazione di
percorsi narrativi alla cui declinazione letteraria, ovvero un
romanzo collettivo che sarà pubblicato fra qualche mese da
Libri Scheiwiller, hanno lavorato un centinaio di personalità
dell’economia, dell'arte e della cultura virtualmente
costituenti la LMS, Living Mutants Society (nel Blogroll si
trova l’elenco completo dei membri).
La sfida che hanno accettato: racchiudere la propria
conoscenza umana e professionale in un breve apologo, che
rivisita una delle Città Invisibili di Italo Calvino, divenendo al
tempo stesso uno dei 128 episodi del romanzo Le Aziende In-
Visibili. Si è così aperta la strada ad una ricerca individuale e
collettiva che varca, grazie alla forza dell'analogia, i confini
del tradizionale modo di guardare al mondo imprenditoriale,
ma che soprattutto utilizza la metafora dell’azienda per
parlare della nostra contemporaneità.
45. Lo Schema
Le città invisibili sono organizzate intorno ad undici diverse categorie di città, ognuna dal nome di donna, che
presentano, nella mappa dell’Impero di Kublai Kan descritta da Marco Polo, ciascuna cinque varianti:
Le città e la memoria Le città e il desiderio Le città e i segni Le città sottili Le città e gli scambi
Diomira Dorotea Tamara Isaura Eufemia
Isidora Anastasia Zirma Zenobia Cloe
Zaira Despina Zoe Armilla Eutropia
Zora Fedora Ipazia Sofronia Ersilia
Maurilia Zobeide Olivia Ottavia Smeraldina
Le città e gli occhi Le città e il nome Le città e i Le città e il Le città Le città nascoste
morti cielo continue
Valdrada Aglaura Melania Eudossia Leonia Olinda
Zemrude Leandra Adelma Bersabea Trude Raissa
Bauci Pirra Eusapia Tecla Procopia Marozia
Fillide Clarice Argia Perinzia Cecilia Teodora
Moriana Irene Laudomia Andria Pentesilea Berenice
46. Rendere visibile l’invisibile
Ne Le città invisibili le città del mondo
prendono forma attraverso i desideri dei
loro abitanti e attraverso i racconti del
viaggiatore che le attraversa.
Lo stesso vale per le aziende.
E’ ciò che si chiama sensemaking.
47. La Wikinomics
Wikinomics di Tan Tapscott e Anhony Williams descrive
bene il nuovo contesto della complessità.
Partendo dalla universale diffusione di Wikipedia,
l'enciclopedia online a cui tutti possono accedere e
collaborare liberamente, il libro descrive un nuovo modo
di concepire l'economia e il business, la Wikinomics.
Come si legge sul sito di ETAS, che ha pubblicato
l'edizione italiana nel giugno del 2007, il mondo che
Tapscott e Williams ritraggono con estrema chiarezza è
quot;il mondo in cui milioni di persone interconnesse tramite
e-mail, blog, network, community e chat usano Internet
come la prima piattaforma globale di scambio. È il
mondo della collaborazione, della comunità, dell’auto-
organizzazione che si trasformano in forza economica
collettiva di dimensioni globali.quot;
48. Apertura (openness)
Trasparenza, condivisione di informazioni, opinioni ed
esperienze con tutti gli stakeholder, clienti, partner,
dipendenti, fornitori e collaboratori. Il libro si apre con la
case history di Goldcorp una azienda mineraria in crisi
che è diventata la più importante azienda nel settore
dell'estrazione dell’oro, dopo aver deciso di divulgare i
dati relativi alle proprie mappe geologiche e chiedendo su
Internet a chiunque ne avesse la capacità di interpretarle
per avere nuove indicazioni di ricerca. In settori meno
hard, Amazon, Google, e-bay sono tutte imprese di
successo che hanno deciso di aprire le loro infrastrutture
e le loro applicazioni di successo allo scopo di sviluppare
vasti ecosistemi di business.
49. Relazione tra pari (peering)
Da attuare non solo all'interno dell'azienda ma
soprattutto all'esterno, con altre aziende e altri
collaboratori, in un contesto di co-creazione del
valore che nasce proprio dalla collaborazione
orizzontale, differentemente dal tradizionale
flusso della catena del valore. Il caso di scuola è
dato dall’alleanza IBM-Linux: IBM cede
centinaia di software proprietari agli sviluppatori
di Linux, ottenendo in cambio un valore di
diversi miliardi di dollari.
50. Condivisione (sharing)
Anche degli asset considerati strategici e segreti,
i brevetti e le licenze, ossia la proprietà
intellettuale. Ogni azienda dovrebbe possedere
una sorta di portafoglio delle sue proprietà
intellettuali e alcune di queste varrebbe la pena
di condividerle con altre aziende per generare
profitti o valore. È il caso di Procter&Gamble,
che ha ricavato milioni di dollari vendendo i
propri brevetti e invitando altre aziende a
collaborare per sviluppare nuovi prodotti,
aderendo al programma quot;Connect and Developquot;
(visitate il sito di P&G, n.d.r.).
51. Azione globale e non solo
locale (global action)
Le aziende devono comportarsi come player
globali non solo nazionali o multinazionali.
Tecnologie e processi di business e IT attuali
permettono una modalità di azione e
comunicazione su scala mondiale. Le aziende
che agiscono globalmente, tendono a diventare
di successo. Boeing ha scoperto che tutti i costi, i
rischi e l’expertise implicati nell'esecuzione nella
progettazione di un nuovo aeroplano possono
venire drasticamente ridotti cedendo il controllo
di migliaia di componenti ad altrettanti operatori
dislocati in tutto il mondo.
52.
53.
54. Lancio del libro
Presentazione in Triennale
Evento in Facebook
http://www.facebook.com/event.php?eid
=33525572686
http://www.facebook.com/profile.php?id
=1415402099&ref=profile
Video su YouTube e Metablog
55. Le immagini di Luigi Serafini
arricchiscono pregevolmente lo spirito
visionario dell’opera, orientando
l’immaginazione verso scenari surreali.
Il romanzo ha già trovato una prima
declinazione nel blog-network di
N o v a 1 0 0
(http://marcominghetti.nova100.ilsole24
ore.com/)
L’opera costituisce l’ultima realizzazione
di un movimento culturale nato 15 anni
fa, lo Humanistic Management
(http://www.humanisticmanagement.it)
56. Verso la web opera
Video Pensionamento per limiti di età
57. Il primo film ambientato nei
Metaversi del film si snoda lungo 5-6
La trama
percorsi narrativi all'interno della
molteplice trama de Le Aziende In-
Visibili, ciascuno corrispondente ad
un personaggio del romanzo
(Deckard, Fordgates Sr e Jr, Miranda
ma anche altri personaggi minori) e
che si svolge in parallelo in uno
specifico Metaverso, fino al loro
ricongiungimento progressivo.
Per questo si potrebbe ottenere la
collaborazione di IBM che sta appunto
lavorando sulla possibilità di fare
interagire i differenti metaversi ma
anche di altre importanti aziende
come Sony o Google
58. Il progetto Kublai
http://progettokublai.ning.com/
http://progettokublai.ning.com/group/lea
ziendeinvisibiliilfilm
59. Non è detto che Kublai Kan creda a tutto quel che dice Marco Polo quando gli
descrive le città visitate nelle sue ambascerie, ma certo l’imperatore dei tartari continua
ad ascoltare il giovane veneziano con più curiosità ed attenzione che ogni altro suo
messo o esploratore.
Nella vita degli imperatori c’è un momento, che segue all’orgoglio per l’ampiezza
sterminata dei territori che abbiamo conquistato, alla malinconia e al sollievo di sapere
che presto rinunceremo a conoscerli e a comprenderli; un senso come di vuoto che ci
prende una sera con l’odore degli elefanti dopo la pioggia e della cenere di sandalo che
si raffredda nei bracieri; una vertigine che fa tremare i fiumi e le montagne istoriati sulla
fulva groppa dei planisferi, arrotola uno sull’altro i dispacci che ci annunciano il franare
degli ultimi eserciti nemici di sconfitta in sconfitta, e scrosta la ceralacca dei sigilli di re
mai sentiti nominare che implorano la protezione delle nostre armate avanzanti in
cambio di tributi annuali in metalli preziosi, pelli conciate e gusci di testuggine: è il
momento disperato in cui si scopre che quest’impero che ci era sembrato la somma di
tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma, che la sua corruzione è troppo
incancrenita perché il nostro scettro possa mettervi riparo, che il trionfo sui sovrani
avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina.
Solo nei resoconti di Marco Polo, Kublai Kan riusciva a discernere, attraverso le
muraglie e le torri destinate a crollare, la filigrana d’un disegno così sottile da sfuggire al
morso delle termiti.
60. E’ improbabile che Bill H. Fordgates si beva tutte le balle cacciate da Sam Deckard
quando gli descrive le aziende visitate nelle sue missioni, indicandole una per una
sull’Astrogramma e traendo auspici dal Libro dei Mutamenti Organizzativi, ma certo
l’Amministratore Delegato della grande Corporation continua ad ascoltare il giovane (o
forse giovanile) Direttore delle Risorse Umane annoiandosi meno che con ogni altro
manager.
Nella vita degli Amministratori Delegati c’è un momento, che segue all’orgoglio per
l’ampiezza sterminata delle aziende, consociate e controllate, che abbiamo conquistato,
alla malinconia e al sollievo di sapere che presto rinunceremo a comprenderle e a
conoscerle; un senso come di vuoto che ci prende una sera con l’odore acre delle
ciminiere fumanti sotto la pioggia sporca e del gas di scarico sputato dalla limousine
che ci sta conducendo verso l’anonima suite in cui risiediamo; una vertigine che fa
incrinare le procedure istoriate sulle pagine Intranet, arrotola una sull’altra le stampe
delle mail che annunciano il franare dei concorrenti di sconfitta in sconfitta, e sbiadisce
le carte da lettera intestate di imprenditori ignoti che implorano la protezione delle
nostre divisioni avanzanti in cambio di tributi annuali in partecipazioni azionarie, immobili
e denaro liquido: è il momento disperato in cui si scopre che quest’impero che ci era
sembrato la somma di tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma, che la sua
corruzione è troppo incancrenita perché il nostro logo possa mettervi riparo, che il trionfo
sui Consigli di Amministrazione avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina.
Solo nei rapporti bicefali di Deckard, nei bi-sogni che esprimevano, Bill H.
Fordgates riusciva a discernere, attraverso gli stabilimenti e gli impianti di produzione
destinati a crollare, la filigrana d’un disegno così sottile da sfuggire alle esalazioni
inquinanti di un livello ben superiore a quelli ammessi dai Protocolli di Kyoto.
61. D: Di cosa
parliamo quando
parliamo di
sensemaking?
Capitolo V di
Nulla due volte
62. Sensemaking
Il sensemaking è un processo per Weick connotato da sette
caratteristiche:
1. la costruzione di identità, individuale e collettiva;
2. la retrospettività, per cui la creazione di significato si riferisce a
ciò che è già avvenuto, più che a ciò che avverrà;
3. l’istituzione di ambienti sociali tramite le persone che vi
operano, senza dimenticare che
4. il substrato sociale modella l’interpretato e l’interpretante;
5. la continuità: il sensemaking è un “never ending process”,
6. centrato su informazioni selezionate (pensiamo ad Internet.
Per non naufragare nel mare di dati reperibili, ogni lettore-autore
dovrà costruire personali percorsi di senso, tramite l’eliminazione di
ciò che con tali specifici percorsi è incoerente);
7. la plausibilità.
63. Il senso del lavoro
“Il poeta e il mondo” discorso di Wislawa Szymborska tenuto in occasione del
conferimento del premio Nobel del 1996
“L’ispirazione non è un privilegio esclusivo dei poeti o degli
artisti in genere. C’è, c’è stato e sempre ci sarà un gruppo di
individui visitati dall’ispirazione. Sono tutti quelli che
coscientemente si scelgono un lavoro e lo svolgono con passione
e fantasia. Ci sono medici siffatti, ci sono giardinieri siffatti, ci
sono insegnanti siffatti e ancora un centinaio di altre
professioni....
Di persone così non ce ne sono molte. La maggioranza degli
abitanti di questa terra lavora per procurarsi da vivere, lavora
perché deve. Non sono essi a scegliersi il lavoro per passione,
sono le circostanze della vita che scelgono per loro. Un lavoro
non amato, un lavoro che annoia, apprezzato solo perché
comunque non è a tutti accessibile, è una delle più grandi
sventure umane.”
64. Un buon lavoro
di Charles Bukoswki
Certi mestieri non sono male, ti davano dei guanti spessi
c’è un che di puro, e un uncino,
di gentile, in alcuni, e dovevi arpionare uno
come quando di quei maledetti affari
scaricavo dai vagoni merci e sbatterli giù
il pesce sul pavimento facendoli scivolare
surgelato. fuori, fino a dentro
il camion
il pesce arrivava imballato che aspettava.
in confezioni grosse quanto casse
da morto la cosa strana è che non c’era
stupendamente nessun caporeparto.
pesanti e ci lasciavano semplicemente
quasi a noi stessi, lì dentro,
impossibili da spostare. sapendo che avremmo
fatto ciò che dovevamo
65. spedivamo io ero quello
sempre qualcuno che metteva pace.
dei ragazzi a prendere
un’altra bottiglia “basta con queste cazzate!
di vino. portiamo questo
pesce fuori
quelle celle frigorifere erano di qua! dai!”
fredde
e scivolose. poi riprendevamo
a ridere
tiravamo fuori e a sparare
quel pesce surgelato stronzate.
ci scolavamo il vino
e le stronzate verso sera
volavano. diventavamo tutti silenziosi.
il pesce ci sembrava
ogni tanto ci scappava sempre più pesante.
qualche rissa
ma mai niente di davvero
violento.
66. i polpacci cedevano, ti ritrovavi poi
le ginocchia nella tua vecchia macchina
si riempivano di lividi e tornavi
e il vino a casa,
nello stomaco alla tua baracca,
si faceva sentire. chiedendoti
e quando se quel che
arrivavi all’ultima cassa ti aspettava
la scaraventavi era una bella serata
fuori o l’inferno.
solamente con la forza
dei nervi. ma tutto quel lavoro
col pesce
quando timbravi surgelato,
l’uscita era un pensiero
anche il cartellino gradevole
ti sembrava e confortante.
pesante.
67. e saresti tornato
a farlo ancora,
ad arpionare
e trascinare quelle casse.
la notte
scendeva
e tu accendevi
i fari
e in quel momento
esatto
il mondo non era
niente male.