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18  ■  M.D. Medicinae Doctor - Anno XXII numero 1 - 20 febbraio 2015
V
i è uno storico e consolida-
to ritardo in Italia di produ-
zione di letteratura docu-
mentale e di ricerche rispetto ai
paesi anglosassoni in merito alle
iniziative di Audit Clinico. Esiste
peraltro una mancanza di collega-
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Medicina Generale, Tezze sul Brenta (VI)
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Raccomandazioni e Linee Guida nazionali
sull’Audit Clinico Siquas VRQ
f o c u s o n
M.D. Medicinae Doctor - Anno XXII numero 1 - 20 febbraio 2015  ■  19
significative sia in ambito di ricer-
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cina Generale nel management
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esperienze prevalenti svolte in
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le, sporadico, non integrato nella
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prevalente orientamento clinico
di self audit e quasi mai rivolto ad
affrontare la complessità organiz-
zativa che caratterizza l’assistenza
primaria (particolarmente carente
in tal senso appare l’analisi dei
determinanti ambientali di salute
e l’analisi di esiti di assistenza
nelle strutture organizzate). Forse
la mancata reale integrazione nei
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Mmg - in un panorama di Clinical
Governance solo declamata e non
praticata - può spiegare come la
committenza degli isolati Audit
che si eseguono in Medicina Ge-
nerale sia pressoché esclusiva-
mente intracategoria. Tutt’al più
le organizzazioni sanitarie tendo-
no a coinvolgere i Mmg in iniziati-
ve di Audit per la loro rilevante
capacità di generare dati estratti
da denominatori stabili di popola-
zione.
Una nota positiva¼¼
Recentemente, grazie allo svilup-
po nel territorio di reti integrate di
software gestionali clinici - patri-
monio della Medicina Generale
sia come ideazione che come
implementazione -, sta avendo
uno sviluppo positivo la raccolta
di dati relativi a processi assisten-
ziali attraverso l’uso di misure
sintetiche (indicatori - legate a Li-
nee Guida basate su prove di effi-
cacia). Tale processo tuttavia, è
indice, ancora una volta, di ritardo
rispetto alle attività di Audit Clini-
co sistematico realizzate, in altri
Paesi in modo molto partecipato
dai Mmg, già negli anni Novanta.
Problemi peculiari di metodo¼¼
Esistono alcune differenze so-
stanziali fra contesto specialisti-
co/ospedaliero e la Medicina Ge-
nerale a proposito di metodologia
dell’Audit Clinico. La prima è le-
gata alla differente prospettiva
nella quale porsi per l’analisi dei
processi assistenziali. Nella Me-
dicina Generale quasi mai si tratta
di singoli episodi circoscritti sen-
za un carattere diacronico; la
continuità assistenziale in tal sen-
so, assieme alla difficile codifica
dei problemi dei pazienti contri-
buisce a rendere complessa
l’analisi dei singoli episodi all’in-
terno del ciclo di cura. Le basi di
dati non sono semplici da orga-
nizzare ed esistono inoltre pro-
fonde differenze nelle classifica-
zioni nosografiche fra i vari conte-
sti (ICPC, ICD9-CM). Grande en-
fasi è oggi posta nelle organizza-
zioni complesse alla raccolta si-
stematica di flussi informativi di
governo provenienti dai software
della Medicina Generale. L’enor-
me produzione di dati quantitativi
in realtà non riesce a creare
un’immagine reale della relazione
clinica in Medicina Generale, sia
per inadeguatezza a registrare
dati qualitativi e variabili decisio-
nali dei software in uso in Medici-
na Generale sia per la “povertà”
delle sintesi di dati quantitativi
che oggi si possono realizzare a
livello centrale. Giova ricordare
inoltre la grande importanza rive-
stita dalle determinanti relazionali
qualitative, che dominano lo sce-
nario della Medicina Generale a
scapito di quelle quantitative.
Difficile è infatti ricondurre a una
linearità di scelte i comportamen-
ti professionali che impongono le
storie dei pazienti. In sintesi si
potrebbe dire che le narrazioni
superano di gran lunga gli accu-
muli di dati quantitativi nelle car-
telle dei medici generici. Ciò non
toglie che l’approccio del miglio-
ramento qualitativo debba co-
munque passare attraverso una
rigorosa raccolta di dati. Negli ul-
timi anni si è andato rafforzando il
convincimento della ineluttabilità
del principio che le prove di effi-
cacia dovessero rappresentare il
fondamento di tutta la pratica cli-
nica. Tale visione riduzionistica
non va considerata paradigma
qualitativo tout court e opzione
unica nel mondo complesso della
f o c u s o n
20  ■  M.D. Medicinae Doctor - Anno XXII numero 1 - 20 febbraio 2015
Medicina Generale (pensiamo al-
le situazioni di comorbilità nella
cronicità, all’approccio di accom-
pagnamento in situazioni di cure
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in carico di disagi sociali, alle pe-
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cliniche che hanno i desideri dei
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rità delle scelte dettate dai rap-
porti relazionali medico/paziente,
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bilità nella pratica delle racco-
mandazioni sintetiche delle LG
stesse!). Va da ultimo ricordato
che il Mmg appartiene solo fun-
zionalmente all’organizzazione
aziendale e deboli appaiono i le-
gami relazionali fra la sua posizio-
ne e quella delle altre unità ope-
rative. In tale contesto anche il
ri-orientamento organizzativo
della Medicina Generale rivolto
ad aggregare in Utap e/o Case
della Salute il lavoro del Mmg
singolo non sembra avere solide
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bra realizzata, in particolare ca-
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multidisciplinare, continuando la
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menti in Information Technology
non hanno concorso a creare una
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colarmente nel caso di approcci
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cessivi alla valutazione compara-
tiva con i livelli ottimali (Linee
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Bisogni formativi¼¼
Debole appare ancora oggi il
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fico in Medicina Generale, pre-
sente in Italia dal 1994. Va detto,
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zionale è la mancata possibilità di
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zione complessa aziendale, se
non con ruolo marginale. Si perde
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ning organizations. In particolare
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cesso di importanti iniziative in
altri contesti a nostro avviso non
può che essere prefigurata se
non in un futuro scenario di forme
organizzate) UTAP, Case della
Salute, etc.) con molti operatori
coinvolti. Tale figura, oltre alla
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di tipo vocazionale, dovrà ricevere
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stinto da quello tradizionale di
contatto con i pazienti.
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di idiosincrasica difficoltà, per
questo tipo di medico, di accetta-
re la partecipazione alla valutazio-
ne esterna. Non c’è traccia in
Italia di attività legate all’Audit
come le visitatie olandesi e il
Practice visiting nato in UK nel
lontano 1981 con il report What
short of doctor? Non va scartata
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ro operatività in senso liberale e
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come, verso una educazione
all’Audit Clinico, non si sia mai
pensato in Italia a attività di Prac-
tice annual reports suscettibili di
ricadute positive specie se foca-
lizzate all’obiettivo di una corretta
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La trattazione sistematica dell’argomento può essere reperita nell’e-book:
Le raccomandazioni della Siquas - VRQ sull’Audit Clinico
Capitolo: Audit Clinico in Medicina Generale G. Gottardi-M.Baruchello-U.Wienand. pagg. 82-85,
scaricabile gratuitamente al sito:
http://www.ospfe.it/il-professionista/audit-clinico/audit-clinico/Audit_Clinico_Ebook_24_9_2014.pdf/view

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Audit clinico e qualita'in medicina generale italia 2015

  • 1. f o c u s o n 18  ■  M.D. Medicinae Doctor - Anno XXII numero 1 - 20 febbraio 2015 V i è uno storico e consolida- to ritardo in Italia di produ- zione di letteratura docu- mentale e di ricerche rispetto ai paesi anglosassoni in merito alle iniziative di Audit Clinico. Esiste peraltro una mancanza di collega- menti stabili istituzionali nei net- work professionali (ad esempio Equip, Euract, EGPRN, Wonca) che sono affidati a singoli profes- sionisti volontari, senza che si ri- scontri abitualmente alcuna rica- duta pratica a livello operativo per la categoria. Le innumerevoli atti- vità di Audit Clinico che istituzio- nalmente si sviluppano da decen- ni in Europa non hanno infatti tro- vato alcuno sviluppo in Italia. Mancando una cultura nata da una disciplina accademica ricono- sciuta, le scelte di fare la Medici- na Generale (MG), per molti attori oggi in attività, sono state e sono residuali e non vocazionali. Sem- bra non delinearsi ancora compiu- tamente nella categoria un’imma- gine collettiva professionale con- solidata che sappiamo esse- re stata facilitata altrove dalla presenza di orga- nizzazioni professiona- li/formative stabili e istituzionali (uno per tutti il ruolo svolto dal Royal College of Ge- neral Practitioners nel Regno Unito). A vica- riare queste carenze hanno agito piccoli gruppi all’interno di Società scientifiche (quelle specifiche della area della Me- dicina Generale rac- colgono meno del 8% dei medici di medicina generale italiani) in un pano- rama frammenta- rio. Ciò nonostante è stato garantito all’Italia un ruolo in ambito internazio- nale per iniziative L’Audit Clinico nella Medicina Generale italiana: bilanci e prospettive L’articolo che proponiamo in queste pagine è la presentazione aggiornata dell’e-book: “Le raccomandazioni della Siquas - VRQ sull’Audit Clinico”, una pubblicazione sistematica sull’argomento frutto di un lavoro collettivo di approfondimento iniziato nel 2003 dalla Società Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria Gio Batta Gottardi Medicina Generale, Tezze sul Brenta (VI) Membro Gruppo per le Raccomandazioni e Linee Guida nazionali sull’Audit Clinico Siquas VRQ Mario Baruchello Medicina Generale, Tezze sul Brenta (VI) Membro Gruppo per le Raccomandazioni e Linee Guida nazionali sull’Audit Clinico Siquas VRQ
  • 2. f o c u s o n M.D. Medicinae Doctor - Anno XXII numero 1 - 20 febbraio 2015  ■  19 significative sia in ambito di ricer- ca che di formazione. Contesto ambientale¼¼ Intendiamo qui la collocazione operativa reale del singolo Mmg. In Italia i professionisti pongono storicamente al centro dell’attività il rapporto con il singolo paziente cui sono legati da una scelta di fiducia; ciò comporta ancora oggi per questo professionista una difficoltà intrinseca a vedersi in- vece in una dimensione organiz- zativa complessa di salute pubbli- ca. La conoscenza del system design sanitario, come le sue im- plicazioni epidemiologiche, le analisi di costo/efficacia, di costo/ beneficio, le analisi degli outco- mes, etc., appartengono ancora oggi a una frangia minoritaria di Mmg. A ciò ha contribuito anche, negli anni, il pesante divario di investimenti culturali e organizza- tivi creatisi all’interno delle Asl a livello di Distretti. È noto infatti il ruolo marginale svolto dalla Medi- cina Generale nel management pubblico della medicina di cure primarie. Di conseguenza le esperienze prevalenti svolte in Italia hanno avuto carattere loca- le, sporadico, non integrato nella multidisciplinarietà, per lo più a prevalente orientamento clinico di self audit e quasi mai rivolto ad affrontare la complessità organiz- zativa che caratterizza l’assistenza primaria (particolarmente carente in tal senso appare l’analisi dei determinanti ambientali di salute e l’analisi di esiti di assistenza nelle strutture organizzate). Forse la mancata reale integrazione nei livelli gestionali distrettuali dei Mmg - in un panorama di Clinical Governance solo declamata e non praticata - può spiegare come la committenza degli isolati Audit che si eseguono in Medicina Ge- nerale sia pressoché esclusiva- mente intracategoria. Tutt’al più le organizzazioni sanitarie tendo- no a coinvolgere i Mmg in iniziati- ve di Audit per la loro rilevante capacità di generare dati estratti da denominatori stabili di popola- zione. Una nota positiva¼¼ Recentemente, grazie allo svilup- po nel territorio di reti integrate di software gestionali clinici - patri- monio della Medicina Generale sia come ideazione che come implementazione -, sta avendo uno sviluppo positivo la raccolta di dati relativi a processi assisten- ziali attraverso l’uso di misure sintetiche (indicatori - legate a Li- nee Guida basate su prove di effi- cacia). Tale processo tuttavia, è indice, ancora una volta, di ritardo rispetto alle attività di Audit Clini- co sistematico realizzate, in altri Paesi in modo molto partecipato dai Mmg, già negli anni Novanta. Problemi peculiari di metodo¼¼ Esistono alcune differenze so- stanziali fra contesto specialisti- co/ospedaliero e la Medicina Ge- nerale a proposito di metodologia dell’Audit Clinico. La prima è le- gata alla differente prospettiva nella quale porsi per l’analisi dei processi assistenziali. Nella Me- dicina Generale quasi mai si tratta di singoli episodi circoscritti sen- za un carattere diacronico; la continuità assistenziale in tal sen- so, assieme alla difficile codifica dei problemi dei pazienti contri- buisce a rendere complessa l’analisi dei singoli episodi all’in- terno del ciclo di cura. Le basi di dati non sono semplici da orga- nizzare ed esistono inoltre pro- fonde differenze nelle classifica- zioni nosografiche fra i vari conte- sti (ICPC, ICD9-CM). Grande en- fasi è oggi posta nelle organizza- zioni complesse alla raccolta si- stematica di flussi informativi di governo provenienti dai software della Medicina Generale. L’enor- me produzione di dati quantitativi in realtà non riesce a creare un’immagine reale della relazione clinica in Medicina Generale, sia per inadeguatezza a registrare dati qualitativi e variabili decisio- nali dei software in uso in Medici- na Generale sia per la “povertà” delle sintesi di dati quantitativi che oggi si possono realizzare a livello centrale. Giova ricordare inoltre la grande importanza rive- stita dalle determinanti relazionali qualitative, che dominano lo sce- nario della Medicina Generale a scapito di quelle quantitative. Difficile è infatti ricondurre a una linearità di scelte i comportamen- ti professionali che impongono le storie dei pazienti. In sintesi si potrebbe dire che le narrazioni superano di gran lunga gli accu- muli di dati quantitativi nelle car- telle dei medici generici. Ciò non toglie che l’approccio del miglio- ramento qualitativo debba co- munque passare attraverso una rigorosa raccolta di dati. Negli ul- timi anni si è andato rafforzando il convincimento della ineluttabilità del principio che le prove di effi- cacia dovessero rappresentare il fondamento di tutta la pratica cli- nica. Tale visione riduzionistica non va considerata paradigma qualitativo tout court e opzione unica nel mondo complesso della
  • 3. f o c u s o n 20  ■  M.D. Medicinae Doctor - Anno XXII numero 1 - 20 febbraio 2015 Medicina Generale (pensiamo al- le situazioni di comorbilità nella cronicità, all’approccio di accom- pagnamento in situazioni di cure palliative o terminalità, alla presa in carico di disagi sociali, alle pe- santi interferenze nelle decisioni cliniche che hanno i desideri dei pazienti e le deviazioni sulla linea- rità delle scelte dettate dai rap- porti relazionali medico/paziente, con riflessi pesanti sulla trascrivi- bilità nella pratica delle racco- mandazioni sintetiche delle LG stesse!). Va da ultimo ricordato che il Mmg appartiene solo fun- zionalmente all’organizzazione aziendale e deboli appaiono i le- gami relazionali fra la sua posizio- ne e quella delle altre unità ope- rative. In tale contesto anche il ri-orientamento organizzativo della Medicina Generale rivolto ad aggregare in Utap e/o Case della Salute il lavoro del Mmg singolo non sembra avere solide basi di evidence based practice e appare teso principalmente a ga- rantire un ulteriore incremento dell’accessibilità, già elevatissi- ma, per gli utenti. Inoltre dalle prime esperienze sin qui realizza- te, la supposta integrazione nelle Reti Assistenziali Territoriali delle Asl del lavoro del Mmg non sem- bra realizzata, in particolare ca- rente appare la presa in carico multidisciplinare, continuando la medicina a essere esercitata per linee verticali. Anche gli investi- menti in Information Technology non hanno concorso a creare una cultura del dato, utile alle analisi dei risultati professionali in termi- ni di salute e non di bilanci econo- mici. Di ciò va tenuto conto parti- colarmente nel caso di approcci migliorativi/di cambiamento suc- cessivi alla valutazione compara- tiva con i livelli ottimali (Linee Guida, standard di riferimento). Bisogni formativi¼¼ Debole appare ancora oggi il background di abilità pratiche a disposizione del Mmg in tema di Audit Clinico. Particolarmente per i medici che non hanno comple- tato il curriculum formativo speci- fico in Medicina Generale, pre- sente in Italia dal 1994. Va detto, infatti, che anche nelle Regioni più evolute in campo formativo/ sanitario, i Mmg in formazione specialistica sono esposti solo a isolate occasioni formative in te- ma di Audit Clinico. Particolare dolente dal punto di vista educa- zionale è la mancata possibilità di essere ricompreso nell’organizza- zione complessa aziendale, se non con ruolo marginale. Si perde così l’occasione per il Mmg di essere figura professionale coin- volta nella formazione delle lear- ning organizations. In particolare la figura dell’audit facilitator, che tanto ruolo ha svolto per il suc- cesso di importanti iniziative in altri contesti a nostro avviso non può che essere prefigurata se non in un futuro scenario di forme organizzate) UTAP, Case della Salute, etc.) con molti operatori coinvolti. Tale figura, oltre alla normale formazione preparatoria di tipo vocazionale, dovrà ricevere un riconoscimento di ruolo e un tempo professionale dedicato di- stinto da quello tradizionale di contatto con i pazienti. Va infine riconosciuta una sorta di idiosincrasica difficoltà, per questo tipo di medico, di accetta- re la partecipazione alla valutazio- ne esterna. Non c’è traccia in Italia di attività legate all’Audit come le visitatie olandesi e il Practice visiting nato in UK nel lontano 1981 con il report What short of doctor? Non va scartata l’ipotesi che questi professionisti siano stati storicamente portati a considerare e caratterizzare la lo- ro operatività in senso liberale e questo anche potrebbe spiegare come, verso una educazione all’Audit Clinico, non si sia mai pensato in Italia a attività di Prac- tice annual reports suscettibili di ricadute positive specie se foca- lizzate all’obiettivo di una corretta accountability. La trattazione sistematica dell’argomento può essere reperita nell’e-book: Le raccomandazioni della Siquas - VRQ sull’Audit Clinico Capitolo: Audit Clinico in Medicina Generale G. Gottardi-M.Baruchello-U.Wienand. pagg. 82-85, scaricabile gratuitamente al sito: http://www.ospfe.it/il-professionista/audit-clinico/audit-clinico/Audit_Clinico_Ebook_24_9_2014.pdf/view