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LA CITTA’ GRECA



 POLIS CLASSICA: ATENE




POLIS ELLENISTICA: MILETO




    LA MAGNA GRECIA




   L’ABITAZIONE GRECA
1. POLIS CLASSICA
La città greca ai suoi esordi (tra l’XI e la fine del VII secolo a.C.) ha un tracciato spontaneo e
non risponde alla rigida geometrizzazione dell’architettura dei templi: non ha elementi
precisi per una classificazione, l’urbanistica è casuale, mancano piani d’insieme.
E’ un tracciato che accoglie suggerimenti dalle preesistenze e non esclude ma sollecita lo
spettacolo della natura.

In Grecia, la struttura originaria della città rifletteva simbolicamente l'organizzazione della società:
la città-stato era sviluppata intorno a un centro religioso (acropoli), circondata da mura, torri e
bastioni a difesa della sua particolare identità.
Successivamente la città greca si evolve e risulta essere composta principalmente da tre parti
fondamentali:

1. l’acropoli: parte più alta della città e centro della vita religiosa (recinto sacro);

 2. l’agorà: centro della vita civile, politica e commerciale;
piazza pubblica sulla quale si affacciavano solitamente un tempio, una sala delle assemblee
(bouleutérion), un teatro e dei ginnasi; la piazza era delimitata da un colonnato (stoà).

3. l’astu: la parte più bassa della città dove risiedono artigiani, commercianti e contadini.

Lentamente, però, con un processo che si conclude verso la fine dell’VIII secolo a.C., all’interno
della città la separazione fra le varie parti tende a sfumare, con il crescere di importanza della città
bassa.
Così, con il termine polis si finisce con l’indicare tutto il centro urbano con tutto il territorio
circostante sottoposto ad un medesimo potere politico.

Il centro della città classica è l'Acropoli, dove si trovano i templi e le costruzioni dedicate alle
diverse divinità.
Sotto la cinta muraria dell'Acropoli si estendeva disordinatamente la città vera e propria,
lasciata a se stessa senza un disegno o una configurazione preordinata.
Botteghe, abitazioni, stalle e baracche convivevano tutte ammassate in modo casuale.

Le strade non erano lastricate, erano strette, buie e il passaggio era proibitivo per più di un uomo
in sella a un asino.
La conformazione geologica spesso implicava che le strade fossero tortuose e in salita.
Non esistevano acquedotti e fognature inoltre erano poche le fontane da dove attingere acqua
potabile.
Infatti, esisteva solo una canalizzazione a cielo aperto e, dunque, gran parte delle case non era
rifornita d'acqua da un sistema di tubazioni: per risolvere il problema dell'approvvigionamento idrico
si faceva ricorso alle fontane, che erano affidate ad un funzionario eletto direttamente dai cittadini.
 La scarsità d'acqua e la difficoltà d'approvvigionamento favorivano l'insorgere di malattie.
Quando la città è situata sui terreni di collina, si usa sovente un impianto a terrazzamenti
degradanti, che costituiscono un complesso sistema di ripiani orizzontali disposti a diverso livello.

La città (polis) del mondo classico è un organismo chiuso, alla cui vita partecipano i cittadini,
che gestiscono e utilizzano le grandi strutture pubbliche quali l’agorà (centro civico commerciale), il
gymnasium, gli stoà (portici di collegamento con funzione di ritrovo),
ATENE
L’esempio più caratteristico delle città greche di questa prima fase è ATENE.

La città di Atene è un esempio di città greca del continente che si è formata senza un Piano
ordinato.

Atene, alle origini, forse più che un centro unitario, era un insieme di quartieri posti a breve
distanza l’uno dall’altro, che dovevano essere uniti da strade che seguivano le pendenze più
accessibili, tra le alture che formavano la città.
A questo agglomerato cittadino dovevano fare riscontro agglomerati urbani minori nel contado
agricolo.

Le fonti antiche parlano di Atene come di una città dalla vita estremamente caotica anche in epoca
ellenistica, all’interno della quale non esisteva il concetto di spazio pubblico: solo progressivamente
si impose la necessità di un’area per pubblica utilità arrivando alla sempre maggiore importanza
dell’agorà.
Quest’area, ai piedi dell’Acropoli (considerata santuario e fortezza), nel punto di passaggio e di
incontro di vari quartieri socialmente eterogenei, era destinata per la sua stessa natura topografica
a essere il centro ideale di Atene.

L’acropoli andò assumendo sempre più il carattere di luogo di culto, mentre il resto della
città era costituita da una serie di villaggi separati da necropoli, con una vita disordinata
che confluiva nell’agorà.

Atene non cambiò mai il suo aspetto caotico, e il notevole aumento della popolazione, le
mura che la riunivano al mare, il Pireo, determinarono a partire dal V secolo la sua
grandissima importanza, che si estendeva ai bordi dell’acropoli e verso il mare, su tutta la
pianura.
ACROPOLI DI ATENE




ATENE. ACROPOLI
AGORA’
PROPILEI: PINACOTECA




PROPILEI: TEMPIETTO DI ATENA NIKE
PARTENONE
PARTENONE
ERETTEO
2. LA CITTÀ ELLENISTICA

Lo spirito di razionalità dei Greci si applicherà, in periodo ellenistico, anche alla progettazione
urbana.
Infatti, in un periodo di tempo compreso tra la fine del V secolo a. C. e l’inizio del IV secolo a.C., la
forma di molte città del mondo greco, anche continentale, subisce una trasformazione per opera di
Ippodamo da Mileto, basata sull’applicazione della rigidità geometrica al tracciato urbano.

La città ellenistica si presenta come un organismo aperto, sempre in divenire, dove si svolge oltre
alla vita politica e culturale anche quella industriale e commerciale.

In età ellenistica i legami tra città alta e città bassa si fanno più stretti; la vita urbana diventa più
complessa e differenziata e la città si presenta come un organismo articolato.

 All’inizio del V secolo – vengono avanzate nuove proposte per la città, che prevedono l’impiego
di schemi ortogonali e una precisa individuazione di aree destinate a funzioni specifiche di
interesse collettivo.

Questo schema era stato già attuato nel mondo orientale, mentre in Grecia la prima attuazione di
uno schema basato su questi principi si riscontra ad opera di Ippodamo da Mileto, studioso di
geometria, filosofo e autore di trattati urbanistici.

 L'architetto greco Ippodamo di Mileto, considerato il padre dell'urbanistica, progettò importanti
insediamenti e strutture urbane, quali la città di Turi e il Pireo, sempre mirando a mettere in
accordo l'estetica degli edifici con la loro destinazione; a lui si deve una prima teorizzazione
della pianta urbana a maglia ortogonale, in cui le strade si intersecano ad angolo retto,
indipendentemente dalla morfologia del territorio.

Nel IV sec. a. C. visse, infatti, Ippodamo da Mileto che, per primo, teorizzò la necessità di
costruire le città secondo schemi planimetrici regolari.

 La città viene suddivisa secondo uno schema scandito da assi ortogonali che definiscono
lotti rettangolari o quadrati.

Se fino ad allora nascevano prima le case, e lo spazio tra loro diveniva strada, con la
pianificazione urbana teorizzata da Ippodamo da Mileto, venivano prima disegnate le strade,
e poi, tra esse, trovavano posto gli edifici.

Con ciò si potevano ottenere città con tracciati viari tra loro perpendicolari.

La struttura ordinata degli assi viari consente di realizzare una distinzione tra le aree sacre,
pubbliche e private; il dimensionamento viene fatto per 10.000 abitanti, considerato un limite
invalicabile oltre il quale si doveva procedere alla fondazione di un’altra città.

La scacchiera tipica ipotizzata da Ippodamo da Mileto si basava su tre assi longitudinali, detti
decumani, e che procedevano in direzione est-ovest, intersecati da assi perpendicolari, detti
cardi, secondo l’orientamento nord-sud.
L’intersezione di questi assi viari determinava isolati rettangolari dalla forma allungata, con una
specifica individuazione delle destinazioni d’uso.

Questo schema ippodameo fu applicato alla pianificazione di numerose città antiche,
rappresentando il primo tentativo di razionalizzare lo sviluppo della città, anticipando così quello
strumento urbanistico che oggi viene indicato come “Piano Regolatore”.

Lo schema ippodameo, che si diffonde dal V secolo a.C. in poi, sarà utilizzato soprattutto nel
periodo ellenistico.

Caratterizza l’impianto urbano di questi centri una razionale sistemazione della struttura cittadina,
diversificata nelle funzioni (ad ognuna delle quali corrisponde un’area ben definita).
Le funzioni militari, civili, religiose, commerciali delle città dispongono ognuna di un’area autonoma;
quella destinata alle funzioni civili occupa generalmente il centro della città.
L’edilizia privata è livellata in funzione di quella pubblica.

Questi elementi sono sottoposti a un piano unitario che prevede sia le unità di misura che regolano
la ripartizione geometrica degli isolati, sia l’orientamento di essi, sia i piani di ampliamento urbano
ottenuti suddividendo (già nel progetto) le aree (eventualmente lasciandole non costruite: la stessa
Mileto ebbe una definizione, per quanto riguarda le aree pubbliche,solo in età romana).

Per le nuove città sono previste le necessità relative ai singoli quartieri, non solo per il momento in
cui essi vengono costruiti, ma anche quelle future, di sviluppo demografico (a volte trascorrono
secoli prima di arrivare alla saturazione dei quartieri che, in qualche caso, non vengono mai
occupati).

In queste nuove città si moltiplicano i tipi degli edifici e i Greci si dedicano attentamente anche
alla definizioni di altri tipi di edifici sempre collegati alla struttura organica della città e alle esigenze
della vita comunitaria:

la casa di civile abitazione,              il teatro
biblioteche                                l’agorà (centro politico-commerciale)
lo stoà (porticati)                        il bouleuterion o Casa del consiglio
le Sale dell’Assemblea                     Scuole                                   Palestre
e molte altre architetture per uso pubblico che partecipano alla definizione della polis greca.

 L’acropoli delle città ellenistiche decade dalla posizione privilegiata tipica delle città di età arcaica e
classica.
I mutamenti della tecnica di guerra impongono nuove soluzioni di difesa, le città sono circondate da
mura massicce che le delimitano da ogni lato.

Le acropoli nelle città di più antica fondazione assumono l’aspetto di cittadelle militari per una
difesa contro sollevazioni interne più che per un attacco dal di fuori, e perdono le caratteristiche di
centri religiosi e culturali.

I santuari divengono solo luoghi di culto, distaccati dai centri culturali e commerciali, in aree ben
definite, generalmente più piccole rispetto a quelle riservate ai centri commerciali ed amministrativi.
A volte essi sorgono ai margini delle città, quasi ai limiti dell’abitato, in zone di notevole bellezza
paesistica.
I santuari divengono solo luoghi di culto, distaccati dai centri culturali e commerciali, in aree ben
definite, generalmente più piccole rispetto a quelle riservate ai centri commerciali ed amministrativi.
A volte essi sorgono ai margini delle città, quasi ai limiti dell’abitato, in zone di notevole bellezza
paesistica.

Così come per le Acropoli e i Santuari, muta la struttura delle Agorà.
Nella città ellenistica, soprattutto l’agorà assume un ruolo ancora più significativo di quello svolto
nel mondo classico, acquisendo un carattere sempre più monumentale: in questo periodo si
diffonde anche l’uso di strade fiancheggiate da portici (gallerie a colonne).
Essa però non è più il luogo dove si convogliano tutti gli interessi cittadini, come nel caso di Atene
in età classica. L’aumento del ritmo economico in alcune città impone una diversificazione della vita
cittadina: l’agorà diventa in questo caso il centro commerciale delle nuove città, centro di traffico
della sola vita economica (mentre nelle vecchie città l’agorà diventa una piazza monumentale), sui
quattro lati è bordata di stoà, circondata da magazzini e dagli uffici delle singole corporazioni.
La cultura si ritira dall’agorà. Così i Ginnasi, che nelle città classiche avevano la funzione di
educazione fisica di massa, si trasferiscono nell’interno delle città, mutano la loro funzione,
diventano, oltre che luoghi di esercitazione fisica (spazio per gli esercizi di corsa, lancio del disco,
ecc.), centri di cultura di un ambiente selezionato.
Architetture aperte possono considerarsi anche le palestre: è uno spazio chiuso per gli esercizi di
lotta e di pugilato: spesso i due tipi, Ginnasio e Palestra, sono collegati, disponendosi gli ambienti
chiusi intorno a uno spazio scoperto porticato.

Collegata all’area del teatro è quella del bouleuterion (famoso quello di Mileto), per le assemblee
popolari: risulta dall’innesto di una scala semicircolare, come quella dei teatri, su una corte
quadrangolare porticata.

Notevole, in età ellenistica, è lo sviluppo degli edifici per spettacoli: ne sorgono ovunque.

L’anfiteatro, dedicato specialmente ai giochi ginnici, raddoppia la forma del teatro, che diventa un
anello o un’ellisse intorno all’area delle gare.

L’ordine urbanistico era legato all’ordine politico: quando la popolazione superava un
numero stabilito dalle leggi, una parte di essa andava a fondare una nuova città.

Il mondo ellenistico è un mondo di movimento, di relazioni, di scambi: la città che ne deriva
è un organismo aperto e in continuo sviluppo: è luogo di produzione industriale, emporio
commerciale, centro culturale.
Gli edifici sono elementi di quella più grande architettura che è la città: perciò prendono
valore le facciate, i portici, le scalee, i propilei, cioè tutti quei tipi che articolano gli spazi
urbani.
La società ellenistica, mutevole e in continuo fermento, dedita agli scambi commerciali e aperta a
tutti gli apporti culturali, concepisce la città come un paesaggio architettonico.

Con la tendenza a teorizzare che Ippodamo manifesta (dare una pianta logica e funzionale alle
città democratiche) il mondo greco esce, per quanto riguarda la vita urbana, da quelle norme di
casualità che avevano caratterizzato gli impianti più antichi.

L’adozione di una pianta ordinata per una città è espressione dell’applicazione democratica di una
serie di norme.
CITTA’ IPPODAMEE
A Ippodamo di Mileto viene attribuita la progettazione di diverse città greche, tra cui Mileto,
Olinto, Rodi, Priene ecc.


Mileto
La città di Mileto, patria di Ippodamo, ha una struttura ad assi ortogonali, che delimitano zone
destinate a diverse attività.
 Costituisce il primo caso di città realizzata sulla base di un Piano basato sui principi
ippodamei: è, infatti, la più caratteristica tra le città a pianta ortogonale.

La città di Mileto sorge su una penisola frastagliata, che presenta notevoli variazioni
altimetriche: probabilmente fu ricostruita intorno al 479 a.C., dopo la distruzione subita da parte
dei Persiani.

Sin dalla nuova fondazione, la nuova città di Mileto prevede uno sviluppo urbano sufficiente allora e
in futuro (le zone pubbliche, i quartieri di abitazione vengono occupati lentamente).

La nuova città fu realizzata adottando uno schema ortogonale, che definiva una scacchiera di lotti
tutti uguali, che avevano la dimensione di circa 30X52 m, separati da strade larghe mediamente
4,50m, ma tra le quali vi erano tre arterie maggiori larghe 7,50m (una in senso longitudinale e due
in senso trasversale) che servivano come vie principali.
In questo modo la morfologia del territorio venne fortemente razionalizzata.

Quasi al centro di Mileto è una collina, ai lati della quale sono i due Porti principali: quello più
settentrionale detto “del Leone”, quello meridionale dello “del Teatro”.
Le differenze di livelli che caratterizzano la penisola non furono prese in considerazione nella
suddivisione urbanistica della città, caratterizzata da un’ampia zona centrale che collega i due
porti, nella quale sorgono gli edifici commerciali, religiosi, amministrativi, che servono le zone
residenziali (una a nord, l’altra sulla collina tra i porti, la terza – più ampia – a sud).

Le mura che circondano tutta la città si aprono a tenaglia all’ingresso del porto “del Leone”.
Al centro dello schema ortogonale si inseriscono gli edifici dell’agorà a forma di L, con funzione
politica, religiosa ed economica, collocata a diretto contatto con il Porto dei Leoni.

I porti sono collegati dai Mercati, e attigui vi sono due Santuari: il Santuario di Apollo Delphinios
( nord sul porto “del Leone”) e il Santuario di Athena (a sud sul porto “del Teatro”).

Il ruolo di cerniera e di legame fra i diversi quartieri della città è affidato all’agorà,: attorno all’agorà
ruotano le 3 aree residenziali.

In posizione eccentrica rispetto alla città, su un declivio naturale, è collocato il Teatro.

L’insabbiamento progressivo del porto portò all’abbandono della zona da parte della
popolazione: destino comune con Priene ed Efeso.
LE CITTA’ DELLA MAGNA GRECIA


Diversa è l’origine della pianta ortogonale nell’Italia meridionale e
nella Sicilia. La ripartizione regolare era in quel caso una
necessità: significava definire le esigenze dei coloni i quali, a
breve tempo dal loro sbarco, divenivano forze produttive, con
autonomia propria.

La divisione regolare delle città della Magna Grecia e della Sicilia
non era intesa a distinguere le funzioni di città che non
presentavano all’inizio una differenziazione evidente, ma a
regolare, in forma comunitaria, i coloni.
LA COLONIZZAZIONE GRECA DEL MEDITERRANEO
TRA L’VIII E IL VI SECOLO
LOCRI




        CAPOCOLONNA
LOCRI EPIZEFIRI
Locri Epizephyri. Veduta area dell'area archeologica




                                                       TEATRO
Agrigento fu fondata nel 580 a.C. e ben presto divenne una delle più importanti città siciliane.
La città sorge a breve distanza dal mare, su un pianoro che presenta a nord (dove sorge la
moderna Agrigento) un costone roccioso sul quale è L’Acropoli; a sud il pianoro ha una scarpata
rocciosa, al limite della quale, quasi su una terrazza, sono i Templi e i Santuari della città.
La città presenta una precisa suddivisione ortogonale: strade che si incrociano ad angolo retto.
Vi sono strade larghe almeno 10m in senso est-ovest, che si incrociano con strade ortogonali
larghe 4,75-5,35 .
Gli isolati delimitati da queste strade hanno una forma molto allungata in senso nord-sud (dove
misurano almeno 200 metri) e sono larghi, sui lati corti, da 36,55m a 34,65m.
La regolamentazione della pianta della città risale almeno al VI secolo; con ogni probabilità, così
come a Metaponto, fu definita al momento della fondazione della città.
Mappa ARCHEOLOGICA della SICILIA
MILETO. IL TEATRO
LA CASA GRECA
Le prime case greche erano realizzate seguendo criteri molto semplici, sia nell’impianto
planimetrico che nei materiali.
Ciò era forse dovuto al fatto che i Greci trascorrevano la maggior parte del loro tempo negli spazi
pubblici della polis (agorà, ecc.) e, quindi, non avevano bisogno di una casa che fosse
particolarmente articolata.
Nei quartieri popolari, ai piedi delle Acropoli, la maggior parte delle case erano di modestissime
dimensioni e costituite solamente da un unico piano con due o tre stanze.
Questo tipo di abitazione era molto semplice, edificata in legno, pietre legate da calcina, oppure
mattoni crudi: le pareti risultavano così facili da perforare che i ladri non si disturbavano a sfondare
porte e finestre, ma praticavano direttamente un foro nell'esile muro (per questo motivo erano
chiamati "toichorichoi", ovvero "foratorì di muri").
La fragilità di queste pareti, tuttavia, talvolta poteva risultare utile agli abitanti, come Tucidide
afferma a proposito dei Plateesi: invasi dai Tebani, forarono i muri delle case contigue fra di loro e
riuscirono a radunarsi in segreto (Tuc., 2,3).
La porta, nella descrizione che ci fornisce Plutarco, si apriva verso l'esterno e, prima di uscire, era
opportuno bussare per evitare di investire il malcapitato passante.
I tetti erano a terrazza e venivano sfruttati come veri e propri letti durante l'estate.
Le finestre (thirides) erano di dimensioni veramente ridotte, poiché i Greci non conoscevano l'uso
del vetro trasparente e cercavano di ridurre al minimo i problemi legati al cattivo tempo: bastava un
panno per otturare quei piccoli lucernari; l'uso di finestre piccole e di muri spessi serviva anche a
limitare la calura estiva all'interno delle abitazioni.
In numerosi villaggi greci i cibi venivano cotti fuori casa, all'aperto: prima del IV secolo a.C. non si
ha notizia di abitazioni dotate di cucina e, comunque, mancava un braciere stabile in una stanza, a
causa del problema dell'eliminazione del fumo.
Si accendeva un fuoco all'esterno della casa e lo si portava all'interno solo quando si era ormai
prodotta la brace e si era ridotta la quantità di fumo; per eliminare quello residuo si aprivano i fori di
aerazione (opai) o si utilizzavano i kapnodokè (condutture per il fumo) che ci descrive Erodoto (Er.,
4,103), che però sembrano essere appartenuti solo alle abitazioni dei ricchi.
Per renderci conto di come potesse apparire la casa dei cittadini facoltosi, però, è necessario
uscire dall'Attica, dove non sono mai state trovate negli scavi.

Molti resti di abitazioni dalla planimertria più complessa ed evoluta sono stati ritrovati soprattutto
negli scavi di Priene, di Delo e, per esempio, di Olinto dove le abitazioni di questa città, infatti,
ci sono giunte, in alcuni casi, in un relativamente ottimo stato di conservazione.


Lo schema planimetrico evoluto più diffuso era caratterizzato da un piccolo cortile centrale
intorno al quale si aprivano i vari locali della casa, che avevano forma irregolare, e in genere non
erano comunicanti tra di loro.
Gli ambienti più importanti, riservati alla zona soggiorno, erano orientati in modo da poter ricevere il
sole nel periodo invernale.

Queste case sorgevano su fondamenta di pietra e le pareti erano realizzate in argilla cruda
sulle quali si aprivano delle finestre che erano disposte piuttosto in alto.
Nel IV secolo a.C. il cortile centrale si arricchisce di colonne che possono disporsi su un solo lato o
su tutti e quattro i lati formando un peristilio; gli ambienti che lo circoscrivono hanno assunto un
aspetto geometrico più regolare e sono comunicanti.
Si tratta quindi di uno schema a pianta centralizzata che nel periodo ellenistico è sostituito da uno
schema a pianta longitudinale o da uno schema dove il cortile è disposto in posizione eccentrica.

Nel caso specifico della città di Olinto le abitazioni avevano una pianta approssimativamente
quadrata e tutte le stanze si aprivano su un portico interno (pàstas), preceduto da un cortile
( aulè ) e da un vestibolo (protiron).

Nelle case di un certo prestigio, al semplice intonaco si accompagna una decorazione pittorica che
imita dei pannelli marmorei.
In questi ambienti, alcuni pavimenti sono a mosaico, realizzato con piccole pietre di diversi colori,
come testimoniano i ritrovamenti nella città di Olinto, per esempio.

Le case a peristilio costituiscono una tipica manifestazione della vita familiare delle classi agiate
della società greca, che svolgevano l’attività familiare nello spazio interno all’atrio, isolato dal
mondo esterno.
Questo tipo di abitazione risulta comune a tutto il bacino del Mediterraneo e da esso derivano
prima le case pompeiane e successivamente la domus romana.

La casa greca si sviluppò successivamente su 2 piani: questo tipo di casa si diffuse, per esempio,
intorno al 350 a.C. nella periferia di Atene.

La netta separazione tra la zona riservata alle donne e quella riservata agli uomini è un’altra
caratteristica della casa greca: quando l’abitazione si sviluppa su 2 piani, alle donne è destinato il
piano superiore; agli uomini spetta l’ambiente di soggiorno, detto andron che serve anche da sala
di ricevimento, ubicato generalmente in fondo al peristilio, in asse con l’ingresso dell’abitazione.


Abitazioni di questo tipo, tuttavia, erano quasi inesistenti ad Atene nel V secolo: la maggior parte
delle abitazioni assomigliava alle capanne descritte in precedenza e non conteneva nemmeno il
bagno.

Per quanto riguarda infine l'arredamento, possediamo la descrizione di quello "ricchissimo" (solo
relativamente, perché la ricchezza privata era guardata con sospetto ad Atene) di Alcibiade: 4
tavole, 12 letti, sedie e sgabelli, bauli e cofanetti in cui riporre i gioielli e gli abiti, e, probabilmente,
vasi dipinti per ornamento. i letti erano dei quadrati di legno, su cui venivano posati dei materassi.

Naturalmente i poveri potevano solo invidiare questo lusso e si accontentavano di riposare su
pagliericci o coperte proverbialmente piene di pulci o pidocchi, come mostra Aristofane in molte
sue commedie.
9. Architettura greca - La citta' e l'abitazione - Magna Grecia

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9. Architettura greca - La citta' e l'abitazione - Magna Grecia

  • 1. LA CITTA’ GRECA POLIS CLASSICA: ATENE POLIS ELLENISTICA: MILETO LA MAGNA GRECIA L’ABITAZIONE GRECA
  • 2. 1. POLIS CLASSICA La città greca ai suoi esordi (tra l’XI e la fine del VII secolo a.C.) ha un tracciato spontaneo e non risponde alla rigida geometrizzazione dell’architettura dei templi: non ha elementi precisi per una classificazione, l’urbanistica è casuale, mancano piani d’insieme. E’ un tracciato che accoglie suggerimenti dalle preesistenze e non esclude ma sollecita lo spettacolo della natura. In Grecia, la struttura originaria della città rifletteva simbolicamente l'organizzazione della società: la città-stato era sviluppata intorno a un centro religioso (acropoli), circondata da mura, torri e bastioni a difesa della sua particolare identità. Successivamente la città greca si evolve e risulta essere composta principalmente da tre parti fondamentali: 1. l’acropoli: parte più alta della città e centro della vita religiosa (recinto sacro); 2. l’agorà: centro della vita civile, politica e commerciale; piazza pubblica sulla quale si affacciavano solitamente un tempio, una sala delle assemblee (bouleutérion), un teatro e dei ginnasi; la piazza era delimitata da un colonnato (stoà). 3. l’astu: la parte più bassa della città dove risiedono artigiani, commercianti e contadini. Lentamente, però, con un processo che si conclude verso la fine dell’VIII secolo a.C., all’interno della città la separazione fra le varie parti tende a sfumare, con il crescere di importanza della città bassa. Così, con il termine polis si finisce con l’indicare tutto il centro urbano con tutto il territorio circostante sottoposto ad un medesimo potere politico. Il centro della città classica è l'Acropoli, dove si trovano i templi e le costruzioni dedicate alle diverse divinità. Sotto la cinta muraria dell'Acropoli si estendeva disordinatamente la città vera e propria, lasciata a se stessa senza un disegno o una configurazione preordinata. Botteghe, abitazioni, stalle e baracche convivevano tutte ammassate in modo casuale. Le strade non erano lastricate, erano strette, buie e il passaggio era proibitivo per più di un uomo in sella a un asino. La conformazione geologica spesso implicava che le strade fossero tortuose e in salita. Non esistevano acquedotti e fognature inoltre erano poche le fontane da dove attingere acqua potabile. Infatti, esisteva solo una canalizzazione a cielo aperto e, dunque, gran parte delle case non era rifornita d'acqua da un sistema di tubazioni: per risolvere il problema dell'approvvigionamento idrico si faceva ricorso alle fontane, che erano affidate ad un funzionario eletto direttamente dai cittadini. La scarsità d'acqua e la difficoltà d'approvvigionamento favorivano l'insorgere di malattie. Quando la città è situata sui terreni di collina, si usa sovente un impianto a terrazzamenti degradanti, che costituiscono un complesso sistema di ripiani orizzontali disposti a diverso livello. La città (polis) del mondo classico è un organismo chiuso, alla cui vita partecipano i cittadini, che gestiscono e utilizzano le grandi strutture pubbliche quali l’agorà (centro civico commerciale), il gymnasium, gli stoà (portici di collegamento con funzione di ritrovo),
  • 3. ATENE L’esempio più caratteristico delle città greche di questa prima fase è ATENE. La città di Atene è un esempio di città greca del continente che si è formata senza un Piano ordinato. Atene, alle origini, forse più che un centro unitario, era un insieme di quartieri posti a breve distanza l’uno dall’altro, che dovevano essere uniti da strade che seguivano le pendenze più accessibili, tra le alture che formavano la città. A questo agglomerato cittadino dovevano fare riscontro agglomerati urbani minori nel contado agricolo. Le fonti antiche parlano di Atene come di una città dalla vita estremamente caotica anche in epoca ellenistica, all’interno della quale non esisteva il concetto di spazio pubblico: solo progressivamente si impose la necessità di un’area per pubblica utilità arrivando alla sempre maggiore importanza dell’agorà. Quest’area, ai piedi dell’Acropoli (considerata santuario e fortezza), nel punto di passaggio e di incontro di vari quartieri socialmente eterogenei, era destinata per la sua stessa natura topografica a essere il centro ideale di Atene. L’acropoli andò assumendo sempre più il carattere di luogo di culto, mentre il resto della città era costituita da una serie di villaggi separati da necropoli, con una vita disordinata che confluiva nell’agorà. Atene non cambiò mai il suo aspetto caotico, e il notevole aumento della popolazione, le mura che la riunivano al mare, il Pireo, determinarono a partire dal V secolo la sua grandissima importanza, che si estendeva ai bordi dell’acropoli e verso il mare, su tutta la pianura.
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  • 21. 2. LA CITTÀ ELLENISTICA Lo spirito di razionalità dei Greci si applicherà, in periodo ellenistico, anche alla progettazione urbana. Infatti, in un periodo di tempo compreso tra la fine del V secolo a. C. e l’inizio del IV secolo a.C., la forma di molte città del mondo greco, anche continentale, subisce una trasformazione per opera di Ippodamo da Mileto, basata sull’applicazione della rigidità geometrica al tracciato urbano. La città ellenistica si presenta come un organismo aperto, sempre in divenire, dove si svolge oltre alla vita politica e culturale anche quella industriale e commerciale. In età ellenistica i legami tra città alta e città bassa si fanno più stretti; la vita urbana diventa più complessa e differenziata e la città si presenta come un organismo articolato. All’inizio del V secolo – vengono avanzate nuove proposte per la città, che prevedono l’impiego di schemi ortogonali e una precisa individuazione di aree destinate a funzioni specifiche di interesse collettivo. Questo schema era stato già attuato nel mondo orientale, mentre in Grecia la prima attuazione di uno schema basato su questi principi si riscontra ad opera di Ippodamo da Mileto, studioso di geometria, filosofo e autore di trattati urbanistici. L'architetto greco Ippodamo di Mileto, considerato il padre dell'urbanistica, progettò importanti insediamenti e strutture urbane, quali la città di Turi e il Pireo, sempre mirando a mettere in accordo l'estetica degli edifici con la loro destinazione; a lui si deve una prima teorizzazione della pianta urbana a maglia ortogonale, in cui le strade si intersecano ad angolo retto, indipendentemente dalla morfologia del territorio. Nel IV sec. a. C. visse, infatti, Ippodamo da Mileto che, per primo, teorizzò la necessità di costruire le città secondo schemi planimetrici regolari. La città viene suddivisa secondo uno schema scandito da assi ortogonali che definiscono lotti rettangolari o quadrati. Se fino ad allora nascevano prima le case, e lo spazio tra loro diveniva strada, con la pianificazione urbana teorizzata da Ippodamo da Mileto, venivano prima disegnate le strade, e poi, tra esse, trovavano posto gli edifici. Con ciò si potevano ottenere città con tracciati viari tra loro perpendicolari. La struttura ordinata degli assi viari consente di realizzare una distinzione tra le aree sacre, pubbliche e private; il dimensionamento viene fatto per 10.000 abitanti, considerato un limite invalicabile oltre il quale si doveva procedere alla fondazione di un’altra città. La scacchiera tipica ipotizzata da Ippodamo da Mileto si basava su tre assi longitudinali, detti decumani, e che procedevano in direzione est-ovest, intersecati da assi perpendicolari, detti cardi, secondo l’orientamento nord-sud.
  • 22. L’intersezione di questi assi viari determinava isolati rettangolari dalla forma allungata, con una specifica individuazione delle destinazioni d’uso. Questo schema ippodameo fu applicato alla pianificazione di numerose città antiche, rappresentando il primo tentativo di razionalizzare lo sviluppo della città, anticipando così quello strumento urbanistico che oggi viene indicato come “Piano Regolatore”. Lo schema ippodameo, che si diffonde dal V secolo a.C. in poi, sarà utilizzato soprattutto nel periodo ellenistico. Caratterizza l’impianto urbano di questi centri una razionale sistemazione della struttura cittadina, diversificata nelle funzioni (ad ognuna delle quali corrisponde un’area ben definita). Le funzioni militari, civili, religiose, commerciali delle città dispongono ognuna di un’area autonoma; quella destinata alle funzioni civili occupa generalmente il centro della città. L’edilizia privata è livellata in funzione di quella pubblica. Questi elementi sono sottoposti a un piano unitario che prevede sia le unità di misura che regolano la ripartizione geometrica degli isolati, sia l’orientamento di essi, sia i piani di ampliamento urbano ottenuti suddividendo (già nel progetto) le aree (eventualmente lasciandole non costruite: la stessa Mileto ebbe una definizione, per quanto riguarda le aree pubbliche,solo in età romana). Per le nuove città sono previste le necessità relative ai singoli quartieri, non solo per il momento in cui essi vengono costruiti, ma anche quelle future, di sviluppo demografico (a volte trascorrono secoli prima di arrivare alla saturazione dei quartieri che, in qualche caso, non vengono mai occupati). In queste nuove città si moltiplicano i tipi degli edifici e i Greci si dedicano attentamente anche alla definizioni di altri tipi di edifici sempre collegati alla struttura organica della città e alle esigenze della vita comunitaria: la casa di civile abitazione, il teatro biblioteche l’agorà (centro politico-commerciale) lo stoà (porticati) il bouleuterion o Casa del consiglio le Sale dell’Assemblea Scuole Palestre e molte altre architetture per uso pubblico che partecipano alla definizione della polis greca. L’acropoli delle città ellenistiche decade dalla posizione privilegiata tipica delle città di età arcaica e classica. I mutamenti della tecnica di guerra impongono nuove soluzioni di difesa, le città sono circondate da mura massicce che le delimitano da ogni lato. Le acropoli nelle città di più antica fondazione assumono l’aspetto di cittadelle militari per una difesa contro sollevazioni interne più che per un attacco dal di fuori, e perdono le caratteristiche di centri religiosi e culturali. I santuari divengono solo luoghi di culto, distaccati dai centri culturali e commerciali, in aree ben definite, generalmente più piccole rispetto a quelle riservate ai centri commerciali ed amministrativi. A volte essi sorgono ai margini delle città, quasi ai limiti dell’abitato, in zone di notevole bellezza paesistica.
  • 23. I santuari divengono solo luoghi di culto, distaccati dai centri culturali e commerciali, in aree ben definite, generalmente più piccole rispetto a quelle riservate ai centri commerciali ed amministrativi. A volte essi sorgono ai margini delle città, quasi ai limiti dell’abitato, in zone di notevole bellezza paesistica. Così come per le Acropoli e i Santuari, muta la struttura delle Agorà. Nella città ellenistica, soprattutto l’agorà assume un ruolo ancora più significativo di quello svolto nel mondo classico, acquisendo un carattere sempre più monumentale: in questo periodo si diffonde anche l’uso di strade fiancheggiate da portici (gallerie a colonne). Essa però non è più il luogo dove si convogliano tutti gli interessi cittadini, come nel caso di Atene in età classica. L’aumento del ritmo economico in alcune città impone una diversificazione della vita cittadina: l’agorà diventa in questo caso il centro commerciale delle nuove città, centro di traffico della sola vita economica (mentre nelle vecchie città l’agorà diventa una piazza monumentale), sui quattro lati è bordata di stoà, circondata da magazzini e dagli uffici delle singole corporazioni. La cultura si ritira dall’agorà. Così i Ginnasi, che nelle città classiche avevano la funzione di educazione fisica di massa, si trasferiscono nell’interno delle città, mutano la loro funzione, diventano, oltre che luoghi di esercitazione fisica (spazio per gli esercizi di corsa, lancio del disco, ecc.), centri di cultura di un ambiente selezionato. Architetture aperte possono considerarsi anche le palestre: è uno spazio chiuso per gli esercizi di lotta e di pugilato: spesso i due tipi, Ginnasio e Palestra, sono collegati, disponendosi gli ambienti chiusi intorno a uno spazio scoperto porticato. Collegata all’area del teatro è quella del bouleuterion (famoso quello di Mileto), per le assemblee popolari: risulta dall’innesto di una scala semicircolare, come quella dei teatri, su una corte quadrangolare porticata. Notevole, in età ellenistica, è lo sviluppo degli edifici per spettacoli: ne sorgono ovunque. L’anfiteatro, dedicato specialmente ai giochi ginnici, raddoppia la forma del teatro, che diventa un anello o un’ellisse intorno all’area delle gare. L’ordine urbanistico era legato all’ordine politico: quando la popolazione superava un numero stabilito dalle leggi, una parte di essa andava a fondare una nuova città. Il mondo ellenistico è un mondo di movimento, di relazioni, di scambi: la città che ne deriva è un organismo aperto e in continuo sviluppo: è luogo di produzione industriale, emporio commerciale, centro culturale. Gli edifici sono elementi di quella più grande architettura che è la città: perciò prendono valore le facciate, i portici, le scalee, i propilei, cioè tutti quei tipi che articolano gli spazi urbani. La società ellenistica, mutevole e in continuo fermento, dedita agli scambi commerciali e aperta a tutti gli apporti culturali, concepisce la città come un paesaggio architettonico. Con la tendenza a teorizzare che Ippodamo manifesta (dare una pianta logica e funzionale alle città democratiche) il mondo greco esce, per quanto riguarda la vita urbana, da quelle norme di casualità che avevano caratterizzato gli impianti più antichi. L’adozione di una pianta ordinata per una città è espressione dell’applicazione democratica di una serie di norme.
  • 24. CITTA’ IPPODAMEE A Ippodamo di Mileto viene attribuita la progettazione di diverse città greche, tra cui Mileto, Olinto, Rodi, Priene ecc. Mileto La città di Mileto, patria di Ippodamo, ha una struttura ad assi ortogonali, che delimitano zone destinate a diverse attività. Costituisce il primo caso di città realizzata sulla base di un Piano basato sui principi ippodamei: è, infatti, la più caratteristica tra le città a pianta ortogonale. La città di Mileto sorge su una penisola frastagliata, che presenta notevoli variazioni altimetriche: probabilmente fu ricostruita intorno al 479 a.C., dopo la distruzione subita da parte dei Persiani. Sin dalla nuova fondazione, la nuova città di Mileto prevede uno sviluppo urbano sufficiente allora e in futuro (le zone pubbliche, i quartieri di abitazione vengono occupati lentamente). La nuova città fu realizzata adottando uno schema ortogonale, che definiva una scacchiera di lotti tutti uguali, che avevano la dimensione di circa 30X52 m, separati da strade larghe mediamente 4,50m, ma tra le quali vi erano tre arterie maggiori larghe 7,50m (una in senso longitudinale e due in senso trasversale) che servivano come vie principali. In questo modo la morfologia del territorio venne fortemente razionalizzata. Quasi al centro di Mileto è una collina, ai lati della quale sono i due Porti principali: quello più settentrionale detto “del Leone”, quello meridionale dello “del Teatro”. Le differenze di livelli che caratterizzano la penisola non furono prese in considerazione nella suddivisione urbanistica della città, caratterizzata da un’ampia zona centrale che collega i due porti, nella quale sorgono gli edifici commerciali, religiosi, amministrativi, che servono le zone residenziali (una a nord, l’altra sulla collina tra i porti, la terza – più ampia – a sud). Le mura che circondano tutta la città si aprono a tenaglia all’ingresso del porto “del Leone”. Al centro dello schema ortogonale si inseriscono gli edifici dell’agorà a forma di L, con funzione politica, religiosa ed economica, collocata a diretto contatto con il Porto dei Leoni. I porti sono collegati dai Mercati, e attigui vi sono due Santuari: il Santuario di Apollo Delphinios ( nord sul porto “del Leone”) e il Santuario di Athena (a sud sul porto “del Teatro”). Il ruolo di cerniera e di legame fra i diversi quartieri della città è affidato all’agorà,: attorno all’agorà ruotano le 3 aree residenziali. In posizione eccentrica rispetto alla città, su un declivio naturale, è collocato il Teatro. L’insabbiamento progressivo del porto portò all’abbandono della zona da parte della popolazione: destino comune con Priene ed Efeso.
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  • 29. LE CITTA’ DELLA MAGNA GRECIA Diversa è l’origine della pianta ortogonale nell’Italia meridionale e nella Sicilia. La ripartizione regolare era in quel caso una necessità: significava definire le esigenze dei coloni i quali, a breve tempo dal loro sbarco, divenivano forze produttive, con autonomia propria. La divisione regolare delle città della Magna Grecia e della Sicilia non era intesa a distinguere le funzioni di città che non presentavano all’inizio una differenziazione evidente, ma a regolare, in forma comunitaria, i coloni.
  • 30. LA COLONIZZAZIONE GRECA DEL MEDITERRANEO TRA L’VIII E IL VI SECOLO
  • 31. LOCRI CAPOCOLONNA
  • 32.
  • 33.
  • 35. Locri Epizephyri. Veduta area dell'area archeologica TEATRO
  • 36.
  • 37. Agrigento fu fondata nel 580 a.C. e ben presto divenne una delle più importanti città siciliane. La città sorge a breve distanza dal mare, su un pianoro che presenta a nord (dove sorge la moderna Agrigento) un costone roccioso sul quale è L’Acropoli; a sud il pianoro ha una scarpata rocciosa, al limite della quale, quasi su una terrazza, sono i Templi e i Santuari della città. La città presenta una precisa suddivisione ortogonale: strade che si incrociano ad angolo retto. Vi sono strade larghe almeno 10m in senso est-ovest, che si incrociano con strade ortogonali larghe 4,75-5,35 . Gli isolati delimitati da queste strade hanno una forma molto allungata in senso nord-sud (dove misurano almeno 200 metri) e sono larghi, sui lati corti, da 36,55m a 34,65m. La regolamentazione della pianta della città risale almeno al VI secolo; con ogni probabilità, così come a Metaponto, fu definita al momento della fondazione della città.
  • 40. LA CASA GRECA Le prime case greche erano realizzate seguendo criteri molto semplici, sia nell’impianto planimetrico che nei materiali. Ciò era forse dovuto al fatto che i Greci trascorrevano la maggior parte del loro tempo negli spazi pubblici della polis (agorà, ecc.) e, quindi, non avevano bisogno di una casa che fosse particolarmente articolata. Nei quartieri popolari, ai piedi delle Acropoli, la maggior parte delle case erano di modestissime dimensioni e costituite solamente da un unico piano con due o tre stanze. Questo tipo di abitazione era molto semplice, edificata in legno, pietre legate da calcina, oppure mattoni crudi: le pareti risultavano così facili da perforare che i ladri non si disturbavano a sfondare porte e finestre, ma praticavano direttamente un foro nell'esile muro (per questo motivo erano chiamati "toichorichoi", ovvero "foratorì di muri"). La fragilità di queste pareti, tuttavia, talvolta poteva risultare utile agli abitanti, come Tucidide afferma a proposito dei Plateesi: invasi dai Tebani, forarono i muri delle case contigue fra di loro e riuscirono a radunarsi in segreto (Tuc., 2,3). La porta, nella descrizione che ci fornisce Plutarco, si apriva verso l'esterno e, prima di uscire, era opportuno bussare per evitare di investire il malcapitato passante. I tetti erano a terrazza e venivano sfruttati come veri e propri letti durante l'estate. Le finestre (thirides) erano di dimensioni veramente ridotte, poiché i Greci non conoscevano l'uso del vetro trasparente e cercavano di ridurre al minimo i problemi legati al cattivo tempo: bastava un panno per otturare quei piccoli lucernari; l'uso di finestre piccole e di muri spessi serviva anche a limitare la calura estiva all'interno delle abitazioni. In numerosi villaggi greci i cibi venivano cotti fuori casa, all'aperto: prima del IV secolo a.C. non si ha notizia di abitazioni dotate di cucina e, comunque, mancava un braciere stabile in una stanza, a causa del problema dell'eliminazione del fumo. Si accendeva un fuoco all'esterno della casa e lo si portava all'interno solo quando si era ormai prodotta la brace e si era ridotta la quantità di fumo; per eliminare quello residuo si aprivano i fori di aerazione (opai) o si utilizzavano i kapnodokè (condutture per il fumo) che ci descrive Erodoto (Er., 4,103), che però sembrano essere appartenuti solo alle abitazioni dei ricchi. Per renderci conto di come potesse apparire la casa dei cittadini facoltosi, però, è necessario uscire dall'Attica, dove non sono mai state trovate negli scavi. Molti resti di abitazioni dalla planimertria più complessa ed evoluta sono stati ritrovati soprattutto negli scavi di Priene, di Delo e, per esempio, di Olinto dove le abitazioni di questa città, infatti, ci sono giunte, in alcuni casi, in un relativamente ottimo stato di conservazione. Lo schema planimetrico evoluto più diffuso era caratterizzato da un piccolo cortile centrale intorno al quale si aprivano i vari locali della casa, che avevano forma irregolare, e in genere non erano comunicanti tra di loro. Gli ambienti più importanti, riservati alla zona soggiorno, erano orientati in modo da poter ricevere il sole nel periodo invernale. Queste case sorgevano su fondamenta di pietra e le pareti erano realizzate in argilla cruda sulle quali si aprivano delle finestre che erano disposte piuttosto in alto.
  • 41. Nel IV secolo a.C. il cortile centrale si arricchisce di colonne che possono disporsi su un solo lato o su tutti e quattro i lati formando un peristilio; gli ambienti che lo circoscrivono hanno assunto un aspetto geometrico più regolare e sono comunicanti. Si tratta quindi di uno schema a pianta centralizzata che nel periodo ellenistico è sostituito da uno schema a pianta longitudinale o da uno schema dove il cortile è disposto in posizione eccentrica. Nel caso specifico della città di Olinto le abitazioni avevano una pianta approssimativamente quadrata e tutte le stanze si aprivano su un portico interno (pàstas), preceduto da un cortile ( aulè ) e da un vestibolo (protiron). Nelle case di un certo prestigio, al semplice intonaco si accompagna una decorazione pittorica che imita dei pannelli marmorei. In questi ambienti, alcuni pavimenti sono a mosaico, realizzato con piccole pietre di diversi colori, come testimoniano i ritrovamenti nella città di Olinto, per esempio. Le case a peristilio costituiscono una tipica manifestazione della vita familiare delle classi agiate della società greca, che svolgevano l’attività familiare nello spazio interno all’atrio, isolato dal mondo esterno. Questo tipo di abitazione risulta comune a tutto il bacino del Mediterraneo e da esso derivano prima le case pompeiane e successivamente la domus romana. La casa greca si sviluppò successivamente su 2 piani: questo tipo di casa si diffuse, per esempio, intorno al 350 a.C. nella periferia di Atene. La netta separazione tra la zona riservata alle donne e quella riservata agli uomini è un’altra caratteristica della casa greca: quando l’abitazione si sviluppa su 2 piani, alle donne è destinato il piano superiore; agli uomini spetta l’ambiente di soggiorno, detto andron che serve anche da sala di ricevimento, ubicato generalmente in fondo al peristilio, in asse con l’ingresso dell’abitazione. Abitazioni di questo tipo, tuttavia, erano quasi inesistenti ad Atene nel V secolo: la maggior parte delle abitazioni assomigliava alle capanne descritte in precedenza e non conteneva nemmeno il bagno. Per quanto riguarda infine l'arredamento, possediamo la descrizione di quello "ricchissimo" (solo relativamente, perché la ricchezza privata era guardata con sospetto ad Atene) di Alcibiade: 4 tavole, 12 letti, sedie e sgabelli, bauli e cofanetti in cui riporre i gioielli e gli abiti, e, probabilmente, vasi dipinti per ornamento. i letti erano dei quadrati di legno, su cui venivano posati dei materassi. Naturalmente i poveri potevano solo invidiare questo lusso e si accontentavano di riposare su pagliericci o coperte proverbialmente piene di pulci o pidocchi, come mostra Aristofane in molte sue commedie.