SlideShare a Scribd company logo
1 of 116
Download to read offline
UNIVERSITA’ COMMERCIALE LUIGI BOCCONI
Scuola Superiore Universitaria
Master of Science in Management
IL RUOLO DEGLI INCUBATORI NELL’ECOSISTEMA ITALIANO
DELLE STARTUP
Relatore:
prof. Carmelo CENNAMO
Controrelatore:
prof. Giovanni VALENTINI
Tesi di laurea magistrale di:
Jacopo PERTILE
1575588
ANNO ACCADEMICO 2012/2013
2
3
RINGRAZIAMENTI
Questa tesi sancisce la fine del periodo più bello della mia vita. Racchiude tutte le
aspettative, paure, emozioni, tensioni, vittorie di questi anni. La felicità per il
raggiungimento di un traguardo così ambito ma allo stesso tempo i timori per il
futuro privo di qualsiasi certezza. Rappresenta un momento. Lungo 5 anni.
Rappresenta la felicità più pura.
Il lavoro è dedicato a Bruna, Giovanni, Ines e Renzo. Perché sono la
rappresentazione più pura dell’amore.
E’ dedicato ad Alessandra e Mauro che mi hanno insegnato che cosa vuol dire
sacrificarsi e mi hanno permesso di cogliere tutte le opportunità che la vita mi ha
presentato senza mai dover dire di no.
E’ dedicato a Riccardo che mi ha insegnato soprattutto cosa vuol dire cadere e
rialzarsi più forte di prima, che mi ha accompagnato dal primo giorno dei precorsi,
passando per Roma arrivando a Lisbona e che mi accompagnerà per tutta la vita.
E’ dedicato a Carlo, socio, coinquilino, maestro ma in realtà “semplicemente” Amico
che mi ha insegnato cosa significa lottare per arrivare.
E’ dedicato a Cristina, che mi ha insegnato a vedere anche l’altro lato della medaglia,
prendendo un po’ più serenamente le circostanze della vita.
E’ dedicato a Claudio, Edoardo, Giovanni, Marco, ai Paoli e Riccardo perché
rappresentano il valore a me più caro: l’amicizia.
E’ dedicato a Beatrice perché so che c’è.
E’ dedicato infine a Silvia, che mi ha accompagnato silenziosamente lungo tutto il mio
percorso e che mi ha insegnato a dare qualità al tempo.
4
5
INDICE
Abstract
Introduzione
Capitolo 1 – L’incubatore
1.1 Che cosa sono gli incubatori
1.2 Incubatori pubblici, universitari, privati e virtuali
1.3 Incubatori, venture capital e business angel
1.4 Il modello di incubazione
Capitolo 2 – Mappatura degli incubatori italiani
2.1 Incubatori universitari
2.2 Parchi tecnologici
2.3 Incubatori/acceleratori
Capitolo 3 – Il mercato di riferimento: le startup
3.1 L’imprenditorialità
3.2 Definizione di startup
3.3 L’importanza delle startup
Capitolo 4 – Lavoro svolto e metodologia di ricerca
4.1 Le fasi della ricerca
4.2 Fase 1 – La definizione delle popolazioni in esame
4.3 Fase 2 – L’elaborazione del questionario
4.3.1 Il questionario per le startup
4.3.2 Il questionario per gli incubatori
4.3.3 Il questionario per gli aspiranti imprenditori
4.4 Fase 3 – La raccolta dei dati
4.5 Fase 4 – L’analisi dei dati e la raccolta dei feedback da
Capitolo 5 – I modelli
6
5.1 Gli incubatori italiani
5.2 Le startup incubate e gli aspiranti imprenditori
5.3 Analisi preliminari
5.4 I modelli
Capitolo 6 – Conclusioni
7
ABSTRACT
L’obbiettivo della ricerca è quello di analizzare l’ecosistema italiano degli incubatori
tracciandone, per la prima volta in Italia, una mappatura e di fornire un modello di
incubatore “ideale” rilevando quali siano i principali servizi che devono essere erogati
al fine di massimizzare il grado di soddisfazione delle startup incubate.
L’analisi è stata articolata introducendo il concetto di incubatore e le diverse tipologie
esistenti attualmente. Inoltre, mancando un database o un’analisi settoriale
attendibile e certificata, si è provveduto a censirne la popolazione tramite fonti
dirette ed indirette. Si è poi passati ad analizzare uno dei principali mercati di
riferimento degli incubatori: quello delle startup per capire che cosa sono e la loro
importanza nell’ecosistema italiano.
Per raggiungere il secondo obbiettivo della ricerca poi, si sono interpellati i
responsabili di alcuni incubatori, startupper e potenziali startupper che hanno
contribuito alla realizzazione di tre diversi questionari necessari ad ottenere i dati
sensibili per la definizione del modello.
L’output della ricerca ha permesso di individuare un panel di servizi imprescindibili
che l’incubatore deve erogare alle startup. Inoltre è emerso come l’importanza di
questi servizi vari in relazione alla modalità con la quale l’incubatore stesso viene
remunerato portando alla definizione di due ulteriori modelli.
8
INTRODUZIONE
J. Schumpeter, economista austriaco nella prima metà del 1900, sosteneva che il
sistema economico potrà continuare a crescere solo se gli imprenditori saranno in
grado di seguire il “percorso dell’innovazione” (F. Amatori, A. Colli). E’ grazie agli
investimenti in R&D, nell’istruzione, nei talenti e quindi nella ricerca spasmodica
dell’innovazione che un paese come l’Italia potrà superare la fase di stagnazione che
sta vivendo. Nell’attuale contesto il ruolo delle startup, la loro tutela e l’attenzione
alla loro crescita può diventare un driver fondamentale per il rilancio di un’economia
in recessione, dove l’unica soluzione per chi prova ad emergere sembra essere quella
di “scappare” all’estero.
Negli ultimi anni si sono susseguiti numerosi provvedimenti governativi legati al tema
dell’innovazione come il decreto legge Sviluppo del 2012 che ha introdotto la figura
giuridica delle srl semplificate e a capitale ridotto per gli “under 35”. Sono state
destinate inoltre ingenti risorse a fondo perduto istituendo numerosi bandi nazionali,
regionali e locali per il finanziamento di imprese innovative. Nel giugno scorso, il
Governo in collaborazione con l’associazione Italia StartUp1
, ha introdotto poi una
serie di novità per facilitare le procedure burocratiche: ha dato una nuova definizione
di startup, ha confermato il fondo di garanzia per l’innovazione, e ha certificato gli
incubatori italiani introducendo la srl a capitale ridotto anche per gli over 35.
Questo forte impulso governativo e l’attenzione che anche i media stanno
apportando al tema è positiva ma bisogna evitare che i finanziamenti, italiani ed
europei, vengano impiegati in attività poco efficienti o poco produttive che vanno
infine ad incrementare solo gli sprechi di soldi pubblici, peraltro già così numerosi nel
nostro Paese. Gli investimenti in innovazione in Italia sono ancora tra i più bassi a
livello europeo considerando che si attestano attorno all’1,26% del PIL rispetto ad
una media europea del 2,1%2
. Inoltre siamo un paese ancora troppo chiuso: i
brevetti registrati in collaborazione con investitori stranieri sono circa il 13% del
totale contro una media europea del 24,5%3
. Un modello da seguire potrebbe essere
1
Italia StartUp è un’associazione indipendente che ha l’obbiettivo di riunire imprenditori, startupper, finanziatori,
incubatori, industriali, enti e aziende interessate a sostenere il processo di cambiamento sociale ed economico
italiano
2
Fonte: corriere innovazione.it edizione del 19 Febbraio 2013
3
Fonte: corriere innovazione.it edizione del 19 Febbraio 2013
9
quello israeliano dove oltre il 4.4%4
del Pil è allocato nella ricerca prevalentemente
nei settori delle bio-nanotecnologie, dell’ICT, delle tecnologie energetiche ed
ambientali, dell’aeronautica e dell’aerospazio. Basti pensare che nel 2012 in Israele –
stato con quasi 8 milioni di abitanti – sono state avviate 5305
startup che sommate a
quelle già esistenti raggiungono lo stratosferico dato di una startup ogni 1.844
abitanti. Inoltre gli investimenti promossi dal Governo israeliano sono addirittura due
volte superiori a quelli americani, trenta volte quelli europei e ottanta volte quelli
cinesi. Infine, se si considerano le società quotate al Nasdaq di New York, il numero
delle israeliane è secondo solo a quello delle aziende americane ed è equivalente alla
somma di tutte le società europee quotate nel segmento tecnologico6
.
In un’ottica di emulazione e nella speranza che possa trarne giovamento anche
l’ecosistema italiano, l’ex ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera,
nell’ottobre 2012 ha firmato un accordo con il governo israeliano per rafforzare e
implementare la collaborazione tra i due paesi sul fronte delle imprese innovative
startup e, più in generale, dell’industria high-tech7
.
Il modello israeliano è vincente perché è stato in grado di realizzare una efficiente
struttura che funge da filtro tra la distribuzione di finanziamenti statali o di seed
capital8
e le startup. Esso è rappresentato dagli incubatori che, operando in un’ottica
economica e quindi ricercando rendimenti positivi che remunerino il capitale,
investono in startup meritevoli e con buone probabilità di ottenere risultati
profittevoli.
Traendo spunto da quanto accade in Israele, il primo obbiettivo della ricerca è il
seguente:
Domanda 1: In Italia esiste un ecosistema degli incubatori? Se esiste
quanti e quali sono i soggetti che ne fanno parte?
Se effettivamente è presente una rete di incubatori, è necessario verificare se questi
apportano effettivamente valore alle startup che sono incubate e che partecipano ai
diversi programmi di incubazione. Quindi capire quali sono i servizi più rilevanti che
un incubatore dovrebbe erogare alle startup affinché possano creare il maggior
4
Fonte: http://www.mise.gov.it/index.php
5
Fonte: http://www.mise.gov.it/index.php
6
Fonte: http://www.mise.gov.it/index.php
7
Fonte: http://www.mise.gov.it/index.php
8
I seed capital sono i primi fondi che riceve un imprenditore dagli investitori finalizzati a verificare la bontà della
business idea e ad analizzare i primi ratio
10
valore aggiunto possibile per le incubate massimizzandone il loro grado di
soddisfazione.
Domanda 2: E’ possibile identificare uno o più modelli ideali di incubatore
che consentano alle startup di ricavare il maggior valore aggiunto possibile
dall’esperienza di incubazione?
Per raggiungere questi obbiettivi si è proceduto svolgendo una triplice analisi. Si è
effettuata una prima mappatura degli incubatori italiani aggiornata a luglio 2013; si
sono realizzati tre diversi questionari che sono stati sottoposti a tre popolazioni
differenti: quella degli incubatori italiani, quella delle startup che sono incubate o
hanno trascorso un periodo di incubazione in una struttura ed infine quella dei
“potenziali imprenditori”. Essi non sono altro che soggetti che hanno un’idea
embrionale e che vorrebbero accedere ad un incubatore per svilupparla. Lo scopo dei
questionari è stato quello di riuscire ad ottenere dei dati che permettessero di
arrivare a definire un modello ideale di incubatore e capire se esistano delle
differenze tra la qualità dei servizi che gli incubatori offrono, quello che realmente è
percepito dalle startup incubate, e quali sono le aspettative degli imprenditori che
vorrebbero affrontare, in futuro, un programma di incubazione.
11
CAPITOLO 1
L’INCUBATORE
1.1 Che cosa sono gli incubatori?
Le definizioni che meglio di altre spiegano il significato della parola “incubatore” sono
due. La prima è quella fornita dalla principale organizzazione mondiale degli
incubatori, la National Business Incubation Association (NBIA), mentre la seconda è
stata realizzata da due docenti dell’Università di Bologna, R. Grimaldi e A. Grandi.
La NBIA9
afferma che la funzione principale degli incubatori è quella di far nascere e
crescere attività imprenditoriali durante il loro periodo di avviamento. Un periodo nel
quale tali imprese possono essere solo idee embrionali o prototipi, non essere
strutturate, prive di flussi di cassa o non sufficientemente stabili e guidate magari da
imprenditori impreparati ad affrontare le sfide del mercato. Il programma di
incubazione è un processo di sostegno per le imprese che permette di accelerarne lo
sviluppo, fornendo agli imprenditori una vasta gamma di risorse e servizi mirati.
R. Grimaldi e A. Grandi10
hanno elaborato una seconda definizione che meglio
rispecchia quello che è l’ecosistema italiano degli incubatori. Gli incubatori sono il
mezzo più efficace per collegare tecnologie, capitali e know-how al fine di sfruttare il
talento imprenditoriale, accelerare sia lo sviluppo di nuove società che lo
sfruttamento della tecnologia. Sono strutture preposte allo stimolo e al sostegno
della nascita di nuove attività. L'obiettivo principale di un incubatore è quello di
produrre imprese di successo che lasceranno il programma di incubazione dopo un
periodo massimo di tre anni, finanziariamente sostenibili e indipendenti.
I principali servizi che vengono generalmente erogati dagli incubatori sono diversi (R.
Grimaldi).
 Disponibilità di risorse fisiche. Gli incubatori permettono alle società
insediate di usufruire di uffici, connessioni internet, laboratori e in certi
casi anche di alloggi.
 Supporto amministrativo. Nell’ecosistema italiano l’aiuto nelle pratiche
amministrative diventa particolarmente rilevante. Come spiega L. Capello,
9
Fonte: http://www.nbia.org/
10
Fonte: Business incubators and new venture creation: an assessment of incubating models,
Technovation, Volume 25, Issue 2, February 2005, pag. 111-121
12
fondatore di Enlabs11
, in un incontro avvenuto a Roma a maggio 2013, “gli
incubatori devono permettere agli imprenditori di focalizzarsi sulla loro
attività core lasciando gli oneri amministrativi legati a tematiche
fondamentalmente burocratiche, fiscali e legali alla struttura che li ospita”.
Gli startupper hanno così la possibilità di investire tutto il loro tempo in
attività legate direttamente alla creazione di valore e non in attività
accessorie che non sono altro che fonte di rallentamento e distrazione dal
business.
 Supporto gestionale e strategico. Tali servizi permettono agli
startupper di usufruire di un periodo di tutoraggio necessario ad
apprendere nuove tecniche e modalità di lavoro come per esempio la
redazione di business plan, supporto strategico, il public speaking. Inoltre,
come afferma G. Broggian, presidente di CGN12
e in stretto contatto con
Friulia13
, in un incontro avvenuto in luglio: “l’incubatore dovrebbe essere
d’ausilio alla startup mettendole a disposizione un vasto network non solo
organizzando incontri con investitori finanziari, vc e business angel ma
soprattutto garantendo alla startup contatti con aziende del settore in cui
questa è attiva per favorire l’integrazione e lo sfruttamento di possibili
sinergie ed accelerarne lo sviluppo”.
Gli incubatori inoltre possono apportare capitale di rischio, risorse umane,
tecnologiche e contatti di cui dispongono. “La valutazione implicita di una startup che
si appresta ad entrare in un incubatore e che ha quindi superato un percorso di
selezione - afferma F. Roman partner di H-Farm in un incontro avvenuto in occasione
della Digital Week14
di Ca’ Foscari - è di circa 300 mila euro”. L’incubatore infatti
mediamente rileva una partecipazione della startup compresa tra il 10% e il 15%
apportando 15.000 euro di finanziamenti cash e altri 15.000 euro sotto forma di
servizi.
11
Incubatore romano situato alla stazione ferroviaria di Roma Termini che funge anche da Venture Capital
12
CGN, con oltre 140 dipendenti e situata a Pordenone in Friuli, è una società leader nel panorama italiano nel
fornire servizi per professionisti
13
Friulia è una finanziaria costituita dalla regione del Friuli Venezia Giulia nata per investire in progetti del
territorio Friulano
14
Evento biennale legato al tema dell’innovazione che si tiene nelle sedi dell’Università Ca’ Foscari
13
Gli incubatori d’impresa svolgono un ruolo fondamentale anche nei confronti di
diverse tipologie di stakeholders (U. Kumar, V. Kumar).
a) Verso le incubate. Determinano un incremento delle probabilità di successo
e la credibilità di queste dinanzi agli investitori; forniscono capitale; attivano
programmi di tutoraggio; creano sinergie tra azienda-clienti.
b) Verso il governo. Gli incubatori permettono di superare i fallimenti del
mercato, in particolare in Italia, ponendosi come veri e propri garanti
dell’innovazione; promuovono lo sviluppo regionale; sono la dimostrazione
dell’impegno del Governo a livello regionale; creano posti di lavoro e quindi
aumentano le entrate fiscali.
c) Verso le aziende. Queste possono evitare ingenti investimenti in ricerca e
sviluppo da parte delle imprese consentendo loro di acquisire un’idea, un team
di lavoro pre-costituito e una struttura innovativa già collaudata per avviare
nuovi business e per aprirsi nuove opportunità.
d) Verso la comunità locale. Consentono la formazione di una cultura
imprenditoriale; la creazione di ricchezza e la possibilità di beneficiare delle
innovazioni e delle tecnologie sviluppate.
e) Verso la comunità internazionale. Apportano benefici a tutto il network di
cui dispongono e consentono alla stessa comunità nazionale e internazionale
lo scambio di tecnologie e l’implementazione di una cultura imprenditoriale.
Gli obiettivi di un incubatore variano a seconda della regione in cui opera e della sua
stessa tipologia. Quelli che ricorrono più frequentemente sono (R. Lalkaka):
• una riduzione del tasso di mortalità delle imprese
• una riduzione del tasso di disoccupazione
• lo sviluppo di uno spirito imprenditoriale
• l'incremento della interazione università-azienda
• lo sviluppo di una determinata nicchia di mercato
• lo sviluppo tecnologico
Al fine di centrare i propri obiettivi, gli incubatori organizzano programmi di
incubazione che possono durare da un minimo di tre mesi ad un massimo di tre anni,
il cui fine è quello di aggiungere valore alle imprese incubate, aumentando così le
14
loro possibilità di successo. I programmi sono molto diversi in base sia alla struttura
dell’incubatore considerato (pubblico, universitario o privato), alle sue finalità, alle
caratteristiche regionali e alle esigenze delle imprese incubate.
1.2 Incubatori pubblici, universitari, privati e virtuali
Gli incubatori di impresa nascono negli Stati Uniti d'America e la loro comparsa si può
far risalire al 1942, quando la Student Agencies Inc.15
inizia ad incubare alcune
imprese create da studenti universitari. Nel 1946 nasce il primo incubatore che
fornisce servizi a imprenditori esterni all’università, l’American Research Development
(ARD), avviato da diversi ex allievi del MIT con l’obbiettivo di conferire capitale di
rischio a supporto di nuove idee imprenditoriali. In Europa si assiste alla loro
diffusione solo all’inizio degli anni ’80, in particolare nel Regno Unito: a Oxford, a
Edimburgo e a Cambridge anche grazie all’introduzione di una normativa europea16
che regola il ruolo e la funzione degli incubatori pubblici. Questi sono entità
finanziate da fondi pubblici che, in relazione alla loro localizzazione, possono investire
in idee e progetti legati al territorio. I progetti approvati dai diversi comitati
decisionali devono avere caratteristiche che permettano di presentare soluzioni
socialmente utili come per esempio progetti finalizzati all’assistenza dei disabili, alla
creazione di nuovi posti di lavoro o progetti di ricerca ad elevato impatto tecnologico.
Trattandosi di enti pubblici, l’obbiettivo primario non è quello di realizzare un capital
gain, ma di analizzare e selezionare idee e progetti a carattere innovativo e di fornire
agli aspiranti imprenditori programmi finalizzati all’avvio e allo sviluppo di nuove
imprese. In Italia queste strutture sono associabili al sistema dei Business Innovation
Center (B.I.C.) che fungono da punto d'incontro tra territorio, imprese e mondo
della ricerca, oppure ai Parchi Scientifici Tecnologici. I criteri che vengono utilizzati,
come viene confermato dalle parole della responsabile della selezione dei progetti per
l’incubatore di Trieste L. Monvisi in un’intervista telefonica, sono principalmente “la
bontà dell’idea; il luogo dove ha sede la società e, se non costituita, la location di
appartenenza del team; il mercato di riferimento, le prospettive di crescita; e gli
spillover sociali”. La loro ragion d'essere è rappresentata prevalentemente dalla
15
E’ la più antica corporazione indipendente gestita da studenti ed è stata fondata nel 1884
16
DG XVI, Doc. XVI/37/84 – European Commission BIC concept
15
capacità di fornire servizi logistici a prezzi irrisori, per aiutare le aziende ad accedere
a finanziamenti e competenze non disponibili in-house.
Parallelamente agli incubatori pubblici, si sono sviluppati quelli universitari.
Forniscono spazi a studenti ma anche agli stessi ricercatori e professori per tramutare
i risultati delle ricerche svolte in veri e propri progetti industriali. L’obbiettivo
principale è quello di permettere agli atenei di monetizzare il lavoro svolto
brevettando le ricerche compiute ed evitando che il sapere generato venga
semplicemente trasferito a realtà terze. In Italia gli incubatori universitari sono
finanziati da fondi pubblici, ma è sempre più frequente che vi siano veri e propri
venture capital che si accollano l’onere di sostenere tali strutture.
Il ruolo degli incubatori universitari ha inizio con la formazione degli studenti:
vengono preparati a diventare imprenditori trasferendo loro tutte quelle conoscenze
economiche e informatiche necessarie, indipendentemente dal settore di interesse
della startup. Inoltre, come conferma D. Pannofino di Polihub17
, tali strutture si
caratterizzano principalmente per i seguenti punti:
1) lo sviluppo del progetto deve essere solitamente realizzato all’interno
dell’università
2) viene attribuita la massima attenzione ai progetti inerenti alle discipline impartite
nell’ateneo
3) l’incubazione avviene per idee di studenti, dottorandi, laureati o ricercatori
appartenenti all’università
4) l’idea deve avere marcate relazioni con le corporate che sovvenzionano le ricerche
universitarie
5) in molti casi si dovrebbero sviluppare e depositare dei brevetti.
Solo all’inizio degli anni ’90 anche in Europa si diffondono gli incubatori privati.
Sono fondati da individui, con un passato da imprenditori o da istituzioni finanziarie;
sono profit-oriented e le principali voci di ricavi sono rappresentate dal pagamento di
commissioni per i servizi offerti e/o dall'acquisizione di partecipazioni nell’impresa
incubata. Come accennato pocanzi, la relazione che si viene ad instaurare tra
incubata e incubatore può avere tre diverse forme.
17
Incubatore universitario del Politecnico di Milano
16
 Fee based: la startup elargisce una fee mensile in relazione alle ore e alla
quantità di lavoro offerti dall’incubatore. Tale strategia remunerativa consente
all’incubatore di ottenere flussi di cassa certi e costanti, senza essere obbligato
ad entrare come socio nell’equity della startup e quindi a partecipare
direttamente al rischio d’impresa.
 Equity oriented: l’incubatore si trasforma in una sorta di Venture Capital
poiché i servizi e il capitale che apporta sono remunerati acquisendo una
percentuale di equity della società a beneficio dell’incubatore, solitamente non
oltre il 30%. L’investimento è molto più rischioso ma il beneficio per la startup
diventa esponenziale visto che è la stessa struttura incubante a condividere il
rischio d’impresa. Le energie e le risorse che verranno dedicate alla startup
saranno pertanto superiori rispetto al modello precedente.
 Fee&Equity: sono forme miste dove l’incubatore acquista sia una percentuale
di equity, solitamente inferiore rispetto al caso precedente, che una fee
mensile.
L’elemento distintivo degli incubatori privati risiede nella capacità di riunire startup,
tecnologie, grandi operatori industriali e finanziari in una rete comune. Di
conseguenza il network e le relazioni dell’incubatore diventano una delle maggiori
componenti di valore aggiunto che questi enti forniscono alle startup che partecipano
ai loro programmi di incubazione. Conferiscono inoltre supporto operativo, strategico
e amministrativo giorno per giorno, accesso a tutor, formazione, competenze
tecniche e di gestione, rilevanti risorse finanziarie con un’ottica temporale di più
breve periodo rispetto agli incubatori pubblici o universitari. Questo perché, come
sostiene Eric Ries nel trattato “The lean startup”, la capacità di essere veloci ad
arrivare a presentare al mercato un MVP (minimum viable product) seppur fornito di
sole caratteristiche basilari, ma comunque fruibile e utilizzabile dagli utenti, è un
elemento fondamentale in un mondo che cambia sempre più velocemente.
Negli ultimi anni infine si stanno diffondendo anche in Italia gli incubatori virtuali
come per esempio AQube.it che ha l’obiettivo di sostenere e promuovere le aziende
spin-off dell’Università degli studi dell’Aquila oppure CalabriaIT che fornisce non solo i
servizi classici dell’incubatore, ma anche un programma esclusivamente virtuale. Gli
incubatori virtuali possono essere delle vere e proprie attività indipendenti, come nel
17
caso di Aqube.it oppure delle divisioni di incubatori presenti su un dato territorio che
hanno l’obiettivo di estendere la rete dei servizi offerti anche a startup non
fisicamente presenti all’interno dello spazio fisico (CalabriaIT). La vera sfida legata ai
programmi di incubazione virtuale è quella di riuscire a trasmettere alle startup un
servizio di networking di primo livello anche in assenza della presenza fisica dei
soggetti in questione. Avere solide reti equivale ad avere un ambiente che facilita il
“peer-to-peer learning”, un reciproco supporto e potenziali collaborazioni, nonché
una sorta di cameratismo tra startupper, tutte condizioni necessarie per avere
successo.
1.3 Incubatori, venture capital e business angel
Come definito pocanzi, lo scopo degli incubatori è quello di favorire iniziative
imprenditoriali permettendo ad idee embrionali o prototipi di nascere, crescere e
svilupparsi con l’ausilio di spazi fisici, di servizi organizzativi e amministrativi,
impartendo ore di tutoraggio finalizzate all’apprendimento principalmente di materie
economiche e giuridiche, mettendo a disposizione personale altamente qualificato e
attivando contatti necessari per attrarre investitori e venture capital. Un incubatore
quindi dovrebbe fornire il capitale iniziale necessario a convalidare l’ipotesi sulla quale
si basa l’idea imprenditoriale. E’ necessario quindi distinguere il ruolo degli incubatori
da quello dei venture capital. Se i primi si occupano principalmente della fase
antecedente al finanziamento, i secondi hanno l’obiettivo di conferire capitali
necessari a sostenere l’attività per un periodo di tempo più a medio/lungo termine.
Finanziariamente, un incubatore conferisce il “seed money” che rappresenta il
capitale necessario a trasformare un’idea in una attività imprenditoriale. Solo in un
secondo momento, quando cioè l’imprenditore è stato in grado di ottenere metriche
significative, ratio credibili e quindi l’ipotesi alla base del modello imprenditoriale è
stata convalidata, intervengono i venture capital per il secondo round di
finanziamento definito di expansion financing.
18
Figura 1: Round di finanziamento dell’impresa, fonte M. Livian, Valutazioni.com, EGEA, Milano 2000
E’ necessario sottolineare come oltre che in America, anche in Italia colossi industriali
del calibro di Telecom, Wind ed Enel stiano svolgendo le veci dei venture capital. Le
corporate allocano una percentuale delle proprie risorse a bandi finalizzati a trovare
startup già attive nel campo di interesse delle società permettendo ingenti risparmi in
R&D. Vengono quindi indetti bandi dai quali emergono un panel di startup vincitrici
che otterrano i finanziamenti necessari per avviare o sviluppare il progetto da parte
delle corporate le quali acquisiscono partecipazioni sia di maggioranza sia di
minoranza tramite un aumento di capitale. Spesso vengono poi definite clausule che
permettono all’investitore di esercitare un diritto di prelazione nel caso in cui il
management della startup decidesse di cedere la propria quota. Oppure, nelle
partecipazioni di minoranza, potrebbero essere inserite clausole put&call che
garantiscono all’investitore una alternativa nel caso in cui l’azionista che detiene il
controllo della società non voglia vendere la stessa a terzi o quotarsi in un mercato
regolamentato.
L’obbiettivo ultimo della corporate è quindi l’acquisto di una iniziativa con un’ottica
temporale di almeno cinque anni, che le consenta di ottenere i medesimi o anche
migliori risultati con un costo significativamente inferiore rispetto a quelli che si
19
sarebbero ottenuti investendo risorse esponenzialmente maggiori in progetti ancora
in stato embrionale.
Un’ultima figura rilevante che non deve essere confusa con il ruolo degli incubatori
né con quello dei venture capital, è quello dei business angel che nel contesto
italiano non sono ancora così diffusi come in quello americano o israeliano. Secondo
la definizione fornita dall’associazione Italiana Business Angels (IBAN)18
, il business
angel è una persona fisica che impiega e investe il proprio patrimonio in piccole e
medie imprese sotto diverse forme di capitale di rischio, attraverso l’assunzione, la
gestione e lo smobilizzo di partecipazioni, prevalentemente in società non quotate in
Borsa e con un attivo coinvolgimento nello sviluppo dell’azienda partecipante. In
Italia i business angel lavorano grazie a reti sociali che hanno l’obiettivo di facilitare
l’incontro tra imprenditori e investitori affinché questi possano disporre di un network
dal quale attingere ogni qualvolta abbiano la disponibilità di effettuare un
investimento.
I business angel in primo luogo definiscono un business plan affinché l'idea
imprenditoriale possa essere presentata agli investitori nel miglior modo possibile. Poi
devono avere l’abilità di creare e gestire un network costituito da altri business angel
e ma soprattutto di investitori. In questo caso svolge un ruolo chiave la credibilità del
business angel stesso. Scovare e lanciare business effettivamente redditizi non può
che portare ad un incremento della propria reputazione e di conseguenza ad un
incremento di conoscenze, contatti e quindi opportunità. Inoltre i business angel
devono essere in grado di organizzare e gestire eventi al fine di promuovere
l’incontro tra progetti e idee selezionate e investitori.
I business angel in Italia possono appartenere fondamentalmente a tre diverse
categorie19
:
1) Territoriali. Sono network con una dimensione geografica tendenzialmente
regionale o al massimo interregionale che hanno l’obiettivo di unire investitori legati
ad uno specifico territorio.
2) Tematici. Ciò che unisce gli investitori è l’interesse nei confronti di attività
appartenenti al medesimo settore specifico come per esempio quelle appartenenti al
mondo digital, oggi tanto di moda.
18
Fonte: www.iban.it
19
Fonte: www.iban.it
20
3) Telematici. Le reti appartenenti a questa categorie sono caratterizzate dallo
svolgimento dell’attività grazie a reti che permettono la fruibilità di informazioni
immediate e sicure.
1.4 Modello di incubazione
Il successo di un incubatore è direttamente proporzionale a quello delle società
incubate. La pubblicità data dai casi di successo è quindi di vitale importanza, in
quanto incoraggerà i nuovi startupper a presentare i loro progetti in quel dato polo
innovativo piuttosto che in altri e ambire ad entrare a far parte del medesimo
network che ha reso di successo molte altre startup. Ciò significa che più persone
saranno interessate a creare nuove imprese incentivate dai “success cases” e di
conseguenza vi sarà un maggior numero di progetti tra i quali l’incubatore potrà
scegliere, e quindi la qualità di quelli selezionati sarà più elevata (Bizzotto, 2001). In
conclusione il successo dell'incubatore sarà il modo più efficace per attirare nuove
imprese.
Chi ha interiorizzato magistralmente questa capacità di amplificare i casi di successo
e minimizzare quelli di insuccesso è H-Farm, venture incubator che opera a livello
internazionale in ambito web, digital e new media, con l’obiettivo di favorire
lo sviluppo di startup basate su innovativi modelli di business20
. H-Farm ha quattro
diversi uffici sparsi i tutto il mondo: Cà Tron-Italia, Seattle-USA, Londra-Regno Unito
e Mumbai-India. Il network internazionale di cui dispone l’incubatore, la presenza
massiccia su tutti i media del paese, e le numerose visite di personalità altisonanti del
mondo imprenditoriale italiano e internazionale hanno permesso ad H-Farm di
diventare una vera e propria istituzione. Basti pensare che su un’intervista face to
face svolta su oltre 90 aspiranti startupper in diversi eventi dedicati al mondo delle
startup nel nord Italia (Digital Week, TedxCa’ Foscari, Hackathon Milano, Guida
Galattica) alla domanda “in quale incubatore vorresti affrontare il processo di
incubazione”, il 74% ha riposto in H-Farm.
20
Fonte: h-farmventures.com
21
Le fasi principali del processo di incubazione, come evidenziato dal professor J.
Moreira nel saggio “A management model for the incubation of businesses oriented
to risk capital”, sono principalmente tre.
 Pre-incubazione: l'obiettivo è quello di trasformare le idee o progetti
innovativi in un business potenzialmente commerciale. Questa fase è
concepita come un processo embrionale di definizione dell’idea, di
realizzazione di un prototipo funzionante e di individuazione dei clienti.
 Incubazione: in questa fase gli imprenditori hanno a disposizione le
necessarie infrastrutture e il supporto strategico per lo sviluppo del loro
progetto e hanno la possibilità di focalizzarsi sulla loro attività core, andando a
verificare metriche che possono essere utilizzate per avvalorare o meno le
assumption alla base del loro progetto.
 Disincubazione: l'obiettivo è quello di sostenere le imprese in modo che
possano essere poi in grado di affermarsi al di fuori dell'incubatore senza
l’appoggio di quest’ultimo.
Queste tre macro-fasi si suddividono nelle micro-fasi di seguito descritte che vanno a
definire il modello nel suo insieme.
1) Prospezione: l'incubatore ricerca quali potrebbero essere le società da
ammettere al processo di incubazione. La promozione di attività imprenditoriali
dovrebbe essere sviluppata in collaborazione con le università e con i centri di
ricerca, consentendo un sensibile miglioramento della qualità delle imprese
candidate. Se così fosse sarebbe possibile vagliare idee imprenditoriali con
solide nozioni e che abbiano già avuto un primo processo di selezione interno
alle medesime università o ai parchi di ricerca.
2) Scelta: uno dei punti cruciali che sanciscono il successo di qualsiasi
incubatore è senza ombra di dubbio il processo di selezione delle nuove
società. Il numero di aziende “graduate” sarà direttamente proporzionale alla
qualità del processo di selezione. Lo scopo è quello di individuare quelle
proposte che hanno una maggiore possibilità di successo. Esso consiste in
un’attenta analisi del modello di business delle candidate e degli aspetti
22
collegati ad una prima bozza di piano industriale dell’azienda, o alle
prospettive di crescita e sviluppo nel caso in cui questo fosse ancora assente.
3) Negoziazione: affinché vi sia il massimo allineamento tra gli obiettivi
dell’impresa incubata e l’incubatore, un aspetto rilevante è quello della
negoziazione delle quote. L'incubatore, apportando servizi di vario genere e
capitali, si riserva la facoltà di acquisire partecipazioni delle incubate. Così, in
fase di negoziazione, l'incubatore presenterà i termini e le condizioni proposte
all'azienda. E’ necessario sottolineare che non sempre gli incubatori italiani
acquistano partecipazioni societarie. Anzi, in particolare quelli pubblici e
universitari, fanno pagare semplicemente una fee mensile alla società incubata
per i servizi offerti. Tale aspetto verrà analizzato a fondo in un secondo
momento, ma è necessario evidenziare fin da subito questo primo
disallineamento: richiedendo semplicemente una fee e non partecipando al
rischio d’impresa, l’incubatore rischia di non essere interessato alla crescita e
alla creazione di valore della startup. Ricevendo infatti una sorta di “affitto”
mensile, il focus potrebbe essere quello di mantenere il più a lungo possibile la
startup all’interno della struttura trasformando gli incubatori in una sorta di
“affitta spazi”.
4) Incubazione: tale fase è costituita dalla formalizzazione, attraverso un
contratto, della relazione incubatore-azienda sulla base dei termini che sono
stati precedentemente definiti, e messi in pratica attraverso strumenti giuridici
redatti a questo scopo.
5) Sviluppo: l’incubatore dovrebbe apportare il maggior valore aggiunto per la
società incubata. Tutti gli sforzi del management e dei tutor devono essere
indirizzati offrendo servizi e programmi che andranno a completare il profilo
del gruppo e a rafforzare la società per innalzare il livello di competitività nei
confronti del mercato. La programmazione e la strategia perseguita dalla
società saranno strutturate in questa fase, in aggiunta allo sviluppo del
prodotto/servizio, alla definizione delle necessità finanziarie, alle strategie di
marketing, ecc. Devono poi emergere il maggior numero di problemi o
23
potenziali difficoltà affinché l’incubatore possa intervenire apportando una
formazione efficace tramite specifiche attività di mentoring. L'idea
fondamentale alla base di un programma di mentoring è quello di creare un
collegamento tra i nuovi startupper con gli imprenditori di successo e con
esperienza (mentori) affinché possano fornire consulenza e assistenza sulla
base delle loro passate esperienze. Esistono varie versioni dei programmi di
mentorship. Come spiega G. Montoli, responsabile del programma di
accelerazione di Enalbs, in un incontro avvenuto a Roma “uno dei valori
aggiunti che caratterizza il nostro incubatore rispetto a molti altri è dato dal
network di mentori che mettiamo a disposizione alle nostre startup. Quando
selezioniamo un progetto rileviamo mediamente il 10% dell’equity di cui il 7-
8% viene acquisito da Enlabs mentre la rimanente parte è di proprietà di uno
o due mentor che seguiranno la startup in tutto il percorso di crescita”.
L’obiettivo è proprio quello di allineare gli obiettivi della società, del tutor e
dell’incubatore per consentire un rapido sviluppo di crescita della startup. I
tutor sono solitamente dei “guro” nel settore di appartenenza dell’incubata
affinché possano avere il maggior numero di risposte da fornire al team e
abbiano rilevanti contatti con il mondo di appartenenza della startup. I tutor
sono selezionati sia dall’incubatore ma anche dagli stessi componenti della
startup che hanno la legittima facoltà di decidere chi condividerà il rischio di
impresa assieme a loro.
Tra i problemi più comuni che le aziende incubate devono affrontare vi sono
quelli tecnici, quelli legati alla gestione del progetto, alla penetrazione del
mercato, e quelli inerenti alla mancanza di esperienza da parte del team.
24
Figura 2: Principali difficoltà delle società incubate
6) Crescita: in questa fase dovrebbe diventare concreto il processo di
espansione. Coloro che sono coinvolti dovrebbero lavorare per la promozione
della società aggredendo il mercato di riferimento e stringendo partnership
strategiche. L'importanza di una buona rete di relazioni non può far altro che
convalidare la bontà del business facilitando la presentazione della società ai
potenziali investitori. La fase di crescita dovrebbe avere anche la
partecipazione attiva del network dell’incubatore per permetterebbe alla
società di incontrare investitori finanziari e industriali interessati a partecipare
allo sviluppo del progetto.
7) Monitoraggio: una volta che l'azienda ha raggiunto un determinato livello
nella sua curva di crescita, il controllo e la partecipazione dell'incubatore nelle
operazioni delle startup cambieranno sensibilmente. Il management avrà
acquisito una expertise sufficiente per essere totalmente autonomo nella
gestione societaria. Il ruolo dell’incubatore si trasforma sempre di più in quello
di un investitore finanziario (come un private equity per esempio)
intervenendo solo in attività che esulano dall’ordinaria amministrazione.
Società incubate
Penetrazione
del mercato
Tecnici
Gestione del
progetto
Mancanza di
esperienza
25
8) Disinvestimento: il ruolo dell’incubatore dovrebbe essere quello di favorire
e semplificare il passaggio delle partecipazioni a strutture finanziariamente più
strutturate e che effettuano investimenti non più nella fase seed o pre-seed
ma in società con un chiaro business model e con delle esplicite metriche. Il
problema che spesso si pone, in particolare per quelle società che non
performano secondo le aspettative, riguarda il momento in cui un incubatore
deve decidere di attuare il “write off” della startup dal programma. Secondo C.
Wolfe, fondatore della Claggett Wolf Associate, gli incubatori dovrebbero
stabilire specifici e precisi criteri relativi alla loro missione e alle capacità di
continuare a creare valore per le incubate. Dovrebbero esserci dei limiti per le
risorse materiali, temporali e personali che eroga come per esempio definire
un numero massimo di ore di assistenza. Sarebbe infine ancor più importante
che un incubatore fosse in grado di procedere ad una auto-valutazione in
merito alle proprie capacità di creare valore per le imprese. Una volta
raggiunto il limite, dovrebbe essere lo stesso incubatore ad invitare e
incentivare l’exit delle startup.
26
CAPITOLO 2
MAPPATURA DEGLI INCUBATORI ITALIANI
Per svolgere un’analisi completa degli incubatori si è proceduto, per la prima volta in
Italia, ad una mappatura precisa ed esaustiva degli operatori attivi sul territorio
italiano in collaborazione con l’associazione indipendente Italia StartUp e in
particolare con il dottor A. Cavallo, studente del Politecnico di Milano, e F. Barilli,
segretario dell’associazione Italia StartUp. La finalità di questa prima analisi è stata
quella di ottenere un campione di riferimento a cui poter sottoporre in un secondo
momento il questionario realizzato per analizzare e comparare i servizi che gli
incubatori italiani offrono alle startup. Non è stato possibile appoggiarsi a studi di
settore o a precedenti ricerche poiché non presenti o di scarso valore. Il censimento
è stato svolto analizzando e verificando le diverse fonti che parlavano o trattavano
degli incubatori italiani e si è espansa fino a raggiungere il dato finale di 88 incubatori
che dovrebbe rispecchiare verosimilmente il numero di enti attivi nel settore.
Per facilitare la ricerca, gli incubatori sono stati suddivisi in tre cluster: incubatori
universitari; parchi tecnologici; incubatori/acceleratori e per ciascun ente sono state
sottolineate esclusivamente le maggiori peculiarità onde evitare una eccessiva
trattazione.
2.1 Incubatori Universitari
2i3T è l’incubatore d’impresa dell’Università di Torino la cui mission è quella di
ottimizzare i successi della ricerca scientifica svolta all’interno dell’ateneo,
incentivando e sostenendo le nuove imprese. Attualmente sono incubate 31
aziende operanti nel settore digital, agroalimentare, dell’energia, della
scienza e nel sociale.
Enne3 è l’incubatore d’impresa finanziato dal Fondo Sociale Europeo dell’università
di Novara ed offre servizi di incubazione gratuiti per le startup
selezionate o a costi convenzionati per quelle esterne. Attualmente
sono incubate 12 imprese attive dal settore digital fino a quello scientifico.
27
Fondazione Filarete nasce a Milano nel 2008 grazie alla collaborazione
dell’Università di Milano, la Fondazione Cariplo e Intesa San Paolo.
L’obbiettivo è quello di riunire team di ricerca, laboratori con le tecnologie
più avanzate e finanziamenti che possano aiutare le startup a trasformare
idee in brevetti.
I3P, incubatore universitario nato a Torino nel 1999, secondo la classifica annuale
del Global Benckmark Report, nel 2013 si è classificato al quarto posto
in Europa e al dodicesimo nel mondo tra gli incubatori accademici.
Sono state incubate oltre 140 startup e dal 2011 ha avviato un
programma specifico focalizzato esclusivamente ad incubare progetti digitali rivolti al
mercato consumer.
L’Incubatore Universitario Fiorentino ha il ruolo di trasformare in impresa idee
legate al mondo della ricerca incentivando l’applicazione pratica di
ricerche e brevetti. Offre servizi di pre-incubazione e incubazione.
Polihub nasce a Milano nel 2000 grazie a ingenti finanziamenti da parte del comune.
Dispone di un team di 25 persone che seguono attualmente 25 startup
e l’obbiettivo è quello di aiutare startup che operano in business
altamente innovativi a realizzare business model solidi. L’azionariato è suddiviso tra la
Fondazione Politecnico di Milano che detiene la metà del capitale sociale, Cefriel, Mip
e Polidesign.
Speed Mi Up è il nuovo incubatore dell’Università Bocconi nato con la collaborazione
del Comune e della Camera di Commercio di Milano. Specializzato nella formazione
(business&management), mette a disposizione il centro di ricerca
dell’università, e un panel di esperti nel settore di attività della startup.
28
Start Cube è l’incubatore dell’università di Padova finanziato dalla Fondazione Cassa
di Risparmio di Padova e Rovigo e fornisce servizi di incubazione a startup
appena costituite o in via di costituzione. Attualmente sono presenti oltre
30 startup. Fornisce anche servizi di incubazione virtuale.
Technest è l’incubatore dell’Università della Calabria attivo dal 2010; le startup al
suo interno, 13 attualmente, spaziano dai settori biotecnologici fino
a quelli digital. L’incubatore offre servizi di incubazione e pre-
incubazione.
2.2 Parchi Tecnologici
Area Science Park è il Parco Tecnologico di Trieste che opera in svariati settori
quali energia e ambiente, telecomunicazioni, informatica ed
elettronica, fisica e le nano tecnologie. Tramite il pogramma
Innovation Factory fornisce supporto diretto alle startup costituite o in fase di
costituzione fornendo servizi di pre-incubazione e incubazione.
Aster, società consortile nata da un accordo tra CNR21
, le università della regione e
la Regione, promuove la ricerca industriale e strategica, lo sfruttamento delle sinergie
tra università e impresa ed infine la valorizzazione del capitale
umano. Per le imprese fornisce due tipologie di servizi: informativi (in merito a bandi
regionali, nazionali ed europei per la ricerca) e di supporto al trasferimento
tecnologico dai centri universitari alle realtà produttive.
Bioindustry Park è focalizzato sulla salute umana e si occupa di aziende
principalmente attive nei settori bioindustriale e biotecnologico. Il Parco mette a
disposizione delle proprie startup e società strutturate svariati
servizi in particolare supporto brevettuale, nella ricerca di
finanziamenti nazionali e internazionali, di personale qualificato e di Business
Development.
21
CNR: area di ricerca di Bologna
29
Campania Innovazione tramite “Campania in Hub” offre servizi di incubazione per
startup, spazi di ricerca, laboratori e agevolazioni e facilitazioni finanziarie
per le imprese insediate.
Centuria-agenzia favorisce e incentiva l’innovazione e lo scambio di idee grazie ad
un team di dodici persone. Gestisce direttamente due incubatori
d’impresa che forniscono servizi logistici e di tutoraggio e consulenza.
E’ focalizzato nei settori dell’agro-alimentare, delle costruzioni,
dell’energia e ambiente, ITC&Design e della meccanica.
ComoNext è uno dei maggiori poli tecnologici della Lombardia e oltre ad offrire
servizi logistici alle imprese insediate, si caratterizza per avere una
divisione che si occupa esclusivamente di “problem solving” e per
indire concorsi a premi e studi di fattibilità per idee innovative. A questi affianca un
programma di incubazione per startup attive da non oltre 18 mesi.
Il Consorzio Arca è nato nel 2003 in collaborazione con l’Università di Palermo.
Oggi conta oltre 20 imprese incubate mentre dall’anno della sua
costituzione 120. L’obbiettivo del Consorzio è quello di trasferire alla
comunità siciliana la conoscenza acquisita e trasformata in sistemi, prodotti, brevetti
e procedure di pubblica utilità.
Il Consorzio Polo Tecnologico di Magona, attivo dal 1997, ha ottenuto nel 2002
il riconoscimento dal Ministero dell’Istruzione entrando a far parte
dei laboratori d’eccellenza italiani. Dal 2011 ha inaugurato
l’incubatore d’impresa che oggi conta 4 società incubate fornendo, oltre ai servizi di
pre-incubazione e incubazione, anche un rimborso spese che copre fino al 100% dei
costi sostenuti dalla startup nei primi 18 mesi di vita.
30
Environment Park ha l’obiettivo di stimolare e promuovere iniziative imprenditoriali
che coinvolgono il mondo della ricerca, quello accademico e quello imprenditoriale in
un’unica realtà per generare attività profittevoli e con ritorni economici
positivi. Il Parco opera tramite due business-unit: quella legata
all’efficienza e quella alla gestione immobiliare.
Il Galileo Park di Padova intende favorire il trasferimento tecnologico nei settori del
design industriale e dei nuovi materiali. Grazie allo stretto rapporto con l’Università di
Padova e con la Camera di Commercio, sono state avviate diverse
iniziative legate all’imprenditoria e ai “nuovi imprenditori” tra le quali la
più importante è l’associazione Business Angel Veneto. Ha chiuso
l’esercizio del 2012 con un utile di 10 mila euro dopo il rosso del 2011
chiuso con 71 mila euro di perdite. Tra i socci spiccano il Comune e la Camera di
Commercio di Padova e Veneto Innovazione22
.
Garfagnana Innovazione è un polo tecnologico attivo nel settore lapideo costituito
da 4 incubatori per la nascita di nuove imprese, da 2 laboratori per scultura, da 2
laboratori per prestazioni di servizi alle imprese e da un’aula
tecnologica. Non possono accedere al parco imprese costituite da
oltre 24 mesi e nel caso non lo fossero, devono costituirsi entro 30 giorni
dall’ingresso nel parco.
Health innovation Hub è un consorzio nato con l’idea di unire competenze locali e
nazionali nel campo sanitario e sociale in un unico centro affinché
questo possa generare spillover positivi sul cittadino e sulle
istituzioni legate al settore. Le aziende consorziate sono attualmente 16.
Kilometro Rosso è uno dei più importati parchi Tecnologici italiani. Situato in
provincia di Bergamo, offre servizi di formazione in collaborazioni
con gli atenei, servizi di consulenza e assistenza nella ricerca di
22
Veneto Innovazione è una società regionale che ha l’obiettivo di sviluppare la ricerca applicata nel Veneto
31
partner, per la tutela della proprietà intellettuale e nella ricerca di fondi e
finanziamenti ed infine offre servizi promozionali e di supporto alle società insediate.
Pa.L.Mer è il parco scientifico di riferimento del Lazio meridionale e svolge attività di
diffusione dell’innovazione e di ricerca in collaborazione con enti
regionali e università. Pa.L.Mer è dotato di due laboratori, uno
chimico e uno meccanico, realizza corsi di formazione per startup e svolge un ruolo
cruciale nella ricerca di finanziamenti per le imprese insediate.
Il Parco scientifico e tecnologico della Sicilia funge da ponte tra l’università e
l’impresa per ottimizzare la conoscenza sviluppata nelle accademie e per
implementarla rendendola disponibile alle società attive sul territorio.
Opera in diversi settori: agroalimentare, ambientale, culturale, delle
bioenergie e dei materiali innovativi.
Il Parco scientifico e tecnologico di Crotone supporta le imprese e la pubblica
amministrazione nel processo di innovazione legato sia al prodotto sia ai
processi. Il Parco è attivo nel settore agroalimentare, in quello dei beni
culturali, dell’energia e delle fonti rinnovabili, nella filiera del legno ed infine nella
medicina.
Il Parco Tecnologico di Verona, nato nel 2001, si pone l’obiettivo di favorire la
diffusione dell’innovazione nel territorio veneto, incentivando il
legame tra imprenditoria, ricerca e università ponendosi come
aggregatore e facilitatore. Ha chiuso l’esercizio 2012 con un utile di
1.860 euro dopo tre esercizi consecutivi chiusi in perdita.
Il Parco Tecnologico Vega è il punto di incontro tra l’università Ca’ Foscari, i centri
di ricerca e il settore produttivo legato alla provincia di Venezia. Il
Parco scientifico offre programmi di incubazione, location di co-
working, progetti di innovazione e ricerca e progetti specifici ICT. Le aziende
incubate appartengono a diversi settori dalla ristrutturazione di beni culturali alle
32
biotecnologie. Attualmente ha ottenuto il concordato preventivo avendo chiuso dal
2008 al 2012 gli esercizi sempre in perdita: 1,8 milioni nel 2008, 1,6 mln nel 2009,
1,7 mln nel 2010, 1,6 mln nel 2011 e 5,7 mln nel 2012.
Il Parco Scientifico Romano dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”,
funge da supporto per la diffusione dell’innovazione e per la nascita e la
crescita di nuove realtà industriali. Attraverso l’incubatore “Spin-
Over”, il parco ospita 33 realtà alle quali offre servizi di incubazioni e post-
incubazione.
Il Parco Luigi Daniele di Udine supporta le imprese insediate offrendo formazione,
studi di fattibilità tecnologica, assistenza al fund raising, serivizi e servizi di
incubazione tramite Techno seed e Techno Growth, Opera nei settori energetici,
metallurgici, nelle biotecnologie, IT e ICT.
Il Parco Torricelli concentra le proprie ricerche e investimenti nei settori dei
materiali innovativi a base inorganica e compositi come metalli, polimeri,
leghe speciali e nanotecnologie. Il Parco presenta all’interno dei suoi 6
ettari, uno stabilimento di circa 2000mq che ospita startup incubate,
spin-off della ricerca e spin-off delle imprese.
Il Polo Tecnologico Padano rappresenta il punto di riferimento per le istituzioni
lombarde attive nei settori agro-biotecnologico. Al suo interno è stato
realizzata una divisione specifica per le nuove imprese ribattezzata Alimenta
che offre servizi di incubazione e pre-incubazione anche virtuali. Attualmente
sono incubate 14 realtà.
Il Polo Tecnologico di Pavia in collaborazione con Mind the Bridge, attiva
trimestralmente programmi di accelerazione di impresa facendo leva in particolare sui
contatti, sulla pubblicità e sul network che può mettere a disposizione
della startup. Attualmente nel programma sono incubate sette startup oltre a quelle
presenti all’interno del parco tecnologico.
33
Il Polo Tecnologico di Navacchio in provincia di Pisa nasce con l’obbiettivo di
implementare e favorire la crescita delle PMI attive sul territorio locale. Il Polo è
focalizzato principalmente su due settori: quello ambientale e quello
energetico. Ha realizzato poi un incubatore d’impresa per startup
fornendo servizi di incubazione e pre-incubazione, fisica e virtuale, contribuendo alla
nascita e allo sviluppo di oltre 40 startup.
Il Polo Tecnologico Lucchese grazie ai contatti e alle collaborazioni nazionali e
internazionali ha come obbiettivo principale il trasferimento tecnologico
a favore del ecosistema lucchese nei settori dell’IT, dell’edilizia
sostenibile e delle tecnologie energetiche. Il Polo presenta programmi
di accelerazione e incubazione della durata massima di tre anni per società costituite
da non più di 36 mesi.
Pont-tech, nato nel 1996, è il consorzio della ricerca industriale situato a Pontedra
in Toscana. Dal 2008 agisce anche come incubatore ed è in
costruzione una seconda struttura esclusivamente per società high-
tech e spin-off. Attualmente sono incubate 14 startup attive in diversi settori.
Technapoli è un parco tecnologico situato nell’area di Napoli e Caserta che offre
principalmente quattro diverse tipologie di servizi: finanza e
innovazione (in relazione al progetto e all’idea identifica il migliore
modo possibile per svilupparla e per trovare i finanziamenti adeguati); gestione della
proprietà intellettuale; servizi ICT; networking.
Tecnogranada funge da parco tecnologico lavorando in stretto contatto con le
università del Piemonte e i centri di ricerca, funge da principale polo agroalimentare
della regione fornendo servizi per migliorare la competitività del
settore nel breve/medio periodo attraverso l’innovazione e
l’internazionalizzazione ed infine pone molta attenzione al comparto delle startup
avendo attivato un programma di accelerazione. Ad oggi partecipano al programma
sette startup.
34
Tecno Marche nasce nel 1992 con l’obbiettivo di creare conoscenza per trasferirla
ad applicazione industriali e di formare ricercatori e manager nel
campo della ricerca applicata. Dispone di tre laboratori che effettuano ricerche e
analisi in tre settori: elettrico e nuove tecnologie; IT e progettazione di processi
produttivi. Le principali attività del Polo sono la ricerca&sviluppo, trasferimento
tecnologico, innovazione e cooperazione, sviluppo territoriale e formazione.
Tecnopolo s.p.a., parco tecnologico romano, è caratterizzato da due diversi
progetti: Tiburtino dove la ricerca e le attività sono legate soprattutto al settore ICT e
aereo-space; Castel Romano focalizzato invece in settori quali quello
metallurgico, biotecnologico e ambientale. L’obbiettivo del parco
tecnologico è quello di accompagnare le realtà romane verso un modello nel quale
sia possibile coadiuvare forme gestionali tecnologicamente avanzate con la
sostenibilità ambientale.
Tecnopolis PST è una società consortile situata a Bari che gestisce le attività del
Parco Tecnologico. Questo offre sia servizi logistici ad imprese, centri di ricerca e a
individui singoli, ma anche a startup e a società non ancora
costituite. Ha inoltre un programma di incubazione che fornisce servizi ad alto valore
aggiunto come quelli di consulenza, di assistenza nello sviluppo tecnologico e nella
ricerca, e di un forte network per la ricerca di partner industriali.
TIS Innovation Park è un parco tecnologico attivo prevalentemente nei settori
green, energy, tecnologie alpine e alimentare. Ha un programma di incubazione
eccellente e conta attualmente 24 startup al suo interno. Aiuta la startup
nella definizione della business idea, nel lancio e nello sviluppo di nuovi
prodotti fornendo know-how tecnologici di primo livello, e consentendo alla startup
incubata di usufruire dei partner industriali del parco e del panel di VC e investitori
che fanno parte del network di Tis Innovation Park.
35
TLS è un parco tecnologico mono-settoriale che effettua ricerche esclusivamente nel
campo delle scienze della vita. Ad oggi sono incubate 27 realtà che
possono godere dei laboratori, dei servizi e dei finanziamenti del Parco
nel campo farmaceutico. Nel 2012 sono stati in grado di attrarre finanziamenti per
oltre 48 milioni di euro e il fatturato totale delle imprese incubate è stato superiore ai
5 milioni.
Sardegna Ricerche offre supporto ad imprese in fase di startup con corsi di
formazione anche grazie ad una forte collaborazione con le università sarde. Inoltre è
in grado di garantire facile accesso a nuove risorse umane, offre servizi di consulenza
strategica legati alla possibilità di internazionalizzare il business e mette a
disposizione il team di ricerca e i laboratori del Parco per le startup che ne hanno
richiesto l’utilizzo. Attiva infine ogni mese programmi differenti per aziende
strutturate con contenuti molto diversi in relazione al settore di appartenenza.
Umbria Innovazione è un centro che riunisce quattro diversi poli di ricerca legati a
tematiche differenti: efficienza energetica ed energie rinnovabili, genetica e biologia,
meccanica avanzata, e l’ultimo che si occupa di ricerca nel campo dei materiali
speciali e delle micro e nano tecnologie.
2.3 Incubatori/Acceleratori
H-Farm nasce nel 2005 grazie a Riccardo Donadon e Maurizio Rossi. In 8 anni di
attività ha incubato 47 startup, realizzando 7 exit tra cui H-Art della quale
deteneva una partecipazione per un valore di 100 mila euro, rivenduta per
5 milioni di euro dopo quattro anni. H-Farm opera sia come mero incubatore ma
anche come venture capital cercando di massimizzare le partecipazioni in portfolio
creandone il maggior valore possibile. Opera prevalentemente nell’ambito digital e
dei new media dove il team è in grado di apportare il maggior valore aggiunto vista
l’expertise nel settore. Conta oltre 100 dipendenti.
36
SeedLab è uno dei programmi di incubazione più completi nel panorama italiano. Il
percorso è strutturato in più moduli: nel primo i selezionati partecipano a corsi
intensivi di contabilità, finanza, strategia, marketing e project
management. Conclusa questa prima parte, ha inizio il percorso intensivo che
prevede tre mesi di incubazione al termine dei quali gli startupper presenteranno in
un pitch la propria startup davanti ad un panel di investitori, VC e business angel e i
progetti più validi vinceranno inoltre un viaggio di almeno due settimane nella Silicon
Valley per capire il mercato americano.
iStarter è un programma di accelerazione basato a Londra e a Torino, con un team
composto da oltre 45 professionisti. Dura tre mesi, periodo nel quale
viene dato supporto finanziario e di mentoring alle startup selezionate. Ogni anno
vengono incubate 15 startup.
Make a cube, incubatore milanese, è focalizzato su progetti ad alto valore sociale
ed ambientale con un periodo di incubazione che varia dai 3 ai 12 mesi in
relazione alla tipologia di progetto, mantenendo l’imprenditore come unico
protagonista e assumendo un ruolo di facilitatore nella crescita del business.
Digital Magics è attiva dal 2008 come incubatore di startup innovative digitali e nel
2013 è arrivato a quotarsi nel Mercato Alternativo del Capitale
dedicato alle piccole e medie imprese. Attualmente sono incubate 21
startup ed in 5 anni Digital Magics ha prodotto 5 exit.
Milano Metropoli è un’agenzia di sviluppo situata a Milano, che dal 2003 ha
attivato un programma di incubazione. Ospita circa 40 startup offrendo
servizi sia di incubazione che pre-incubazione in particolare focalizzati sul
consolidamento finanziario della startup.
37
M31 è un incubatore di società high-tech che opera in differenti settori: dal
biomedico alle comunicazioni, dai sistemi informatici allo sviluppo di nuovi
software. M31 ha sede a Padova in Italia, ma l’headquarter si trova in
California. Sono incubate attualmente 7 startup e il legame tra l’Università di Padova
e l’incubatore è fortissimo.
99 Fahrenheit è un programma di incubazione che prevede sia formazione sia
investimenti diretti all’interno della startup. Attualmente sono incubate 7
startup seguite da un team di undici persone tutte con esperienza
internazionale sia nei mercati europei che americani.
L’Incubatore Ex Herion&Ca’ Emiliani sono le due sedi dell’incubatore di Venezia.
Con oltre 6000 mq totali disponibili, offre spazi e servizi a prezzi agevolati
alle startup per un periodo massimo di tre anni, rinnovabili per altri tre.
L’incubatore è focalizzato soprattutto nel settore artigianale tanto caro
alla realtà Veneta.
Incubatori FVG, situato nel cuore del Friuli Venezia Giulia, dispone di oltre 12000
mq di spazi e conta oltre 30 società incubate attive nei più disparati settori. Offre
principalmente servizi logistici e di consulenza. Grazie ad un ampio
network con le imprese del territorio è in grado di fornire alle startup
incubate contatti industriali legati al business di appartenenza della
startup al fine di accelerarne la crescita.
Boox è un incubatore di Milano attivo prevalentemente nel campo ICT. Annovera nel
suo portfolio attualmente 13 startup tra cui le rinomate Iubenda
(gestione delle normative legali di siti internet) e Fubles
(organizzazione di partite di calcio a 5) e ha beneficiato di due exit. Il team è
composto da quattro persone.
38
Incubatore di Aosta&Point-Sant-Martin sono le due sedi dell’unico incubatore
presente nella Valle d’Aosta. Il primo, realizzato nel 2004, dispone di oltre 2000 mq
di spazi disponibili e conta 9 startup attualmente incubate. Il secondo è
stato realizzato nel 1997 – tra i più datati in Italia – con spazi di 2100
mq e conta al suo interno 11 startup. Dal 1997 ad oggi l’incubatore della Valle
d’Aosta ha contribuito alla formazione e allo sviluppo di oltre 50 startup.
Bergamo Sviluppo nasce nel 2001 con l’intento di consentire a società non
costituite o costituite fino ad un massimo di 12 mesi, di usufruire di
servizi di incubazione previa selezione tramite bando pubblico. Vengono
offerti, oltre alla logistica, servizi di consulenza per un massimo di 20 ore
al mese.
Faber Academic Box è un acceleratore di imprese sociali, situato a Pordenone in
Friuli. E’ attivo in svariati settori ma accetta esclusivamente progetti che
facilitino la cooperazione e che siano tendenzialmente legate al territorio.
Situato in Emilia Romagna GH è l’unico incubatore italiano focalizzato esclusivamente
sul settore del turismo e in particolare sul turismo culturale e fornisce i
classici servizi di un acceleratore d’impresa con particolare attenzione a quelli
legati al marketing e al networking. Attualmente sono incubate due startup.
Progetto manifattura, basato a Rovereto, è un polo attivo esclusivamente nei
settori dell’energia rinnovabile, dell’edilizia sostenibile, delle tecnologie per
l’ambiente e nella gestione delle risorse naturali. Fornisce servizi di
incubazione a imprese neocostituite o in fase di costituzione con l’intento
di contribuire alla crescita dei suddetti settori creando un ecosistema specializzato.
Attualmente sono incubate 29 startup.
39
Teze Mechatronics nasce nel 2012 in provincia di Brescia e affianca l’attività di
incubazione con quella di ricerca e di co-working. Pertanto mette a
disposizione non solo spazi e servizi di consulenza ma anche un
laboratorio ad alta tecnologia ed assistenza per la raccolta di fondi
tramite bandi nazionali ed internazionali. Attualmente sono presenti 5 startup.
Working Capital è il programma di accelerazione promosso da Telecom Italia che
ogni anno attribuisce trenta premi da 25 mila euro ciascuno per lo sviluppo
di startup attive nei settori digital, mobile evolution, digital life e green. Le
startup vincitrici sono suddivise nei tre principali poli dell’innovazione
italiana: Milano, Roma e Catania.
Knowbel è il nuovo acceleratore d’impresa di Modena nato nell’aprile del 2013 che
annovera già dieci startup al suo interno. Il vero punto di forza è la
rete di mentori con una formazione e un profilo di primo livello che
mette a disposizione delle startup.
La Fornace dell’Innovazione è un incubatore d’impresa situato ad Asolo, in
provincia di Treviso, che annovera al suo interno 19 startup attive in settori
molti diversi tra loro. Mette a disposizione sia servizi di incubazione classici che
virtuali fornendo formazione, tutoring, networking e chiaramente servizi logistici.
Superpartes è un incubatore che investe direttamente nell’idea e diventa co-
fondatore dei progetti che incuba. Una delle caratteristiche principali è il Campus Lab
che attrae e forma i migliori sviluppatori software per aiutare idee vincenti non solo a
sviluppare e convalidare il business model, ma anche a comporre un team con
persone selezionate e preparate. Il team è costituito da sei persone (tutti ex
imprenditori) e attualmente sono incubate quattro startup.
Gli incubatori di Grosseto, Massa Marittima e Scarlino offrono servizi di
consulenza, networking e formazione alle imprese incubate. Il focus principale
dell’attività di questo polo è la formazione poiché il management ritiene che
40
l’investimento sulle risorse umane sia l’unico modo perché una azienda possa
raggiungere il successo.
Nana Bianca è un acceleratore d’impresa che nasce da un’idea di Paolo Barberis,
fondatore di Dada, società quotata attiva nel mondo della comunicazione
digitale. Nana Bianca ha oggi al suo interno 14 startup e mette a disposizione di
queste un network di VC, business angel e fondi di investimento di primo livello.
iNVENT Innovation Ventures è un acceleratore/VC nato nel 2001 a Parigi e dal
2011 attivo anche in Italia che effettua investimenti in startup legate al
mondo digital, delle biotecnologie, delle energie rinnovabili e dell’ICT. La strategia di
investimento è quella legata all’individuazione di startup con elevati margini di
crescita e che abbiano un team alle spalle con skills di primo livello. Attualmente
detiene partecipazioni in 14 startup.
Innovami è un incubatore che investe in idee ad alto contenuto tecnologico ed
innovativo. Offre servizi di pre-incubazione, incubazione, servizi a
tutela della proprietà intellettuale e soprattutto apporta “innovazione” cioè
contribuisce a migliorare processi aziendali e ad approcciare nuovi mercati. Innovami,
nato nel 2006, ha incubato 21 imprese di cui 7 sono ancora attualmente all’interno
del programma.
We Teach Off è un progetto nato nel 2008 a Bologna con la collaborazione di Aster
e del Ministero dello sviluppo economico che offre servizi di pre-
incubazione, incubazione e post-incubazione alle startup. Ha coinvolto oltre
100 startup e investito oltre 400 mila euro con un team di 8 persone a disposizione
delle aziende. Per problemi finanziari dovrebbe chiudere l’attività a fine anno.
Enlabs assieme da H-Farm è l’incubatore più rinomato e ambito nel panorama
italiano. Il programma di incubazione prevede 6 mesi con la possibilità di
prolungarlo per altri 6. Enlabs acquista solitamente una partecipazione
prossima al 15% ripartita tra l’incubatore e il mentore. Attualmente sono
41
incubate 16 startup e all’interno dello stabile è situata anche Uber che ha da poco
ricevuto finanziamenti per 280 milioni di dollari da Google.
L’Incubatore Firenze nasce nel 1995 grazie alla collaborazione del Comune di
Firenze, dell’Unione Europea e della regione Toscana e offre
principalmente servizi di consulenza e formazione all’imprenditore. Lo
staff operativo è composto da 5 persone che seguono le 14 startup attualmente
incubate in uno spazio di circa 1000 mq.
Jesi Cube, incubatore situato nelle Marche, offre alle startup servizi di pre-
incubazione e di incubazione dopo uno step di valutazione per verificare la bontà del
progetto, oltre che una serie di servizi generali (amministrazione,
partnership, networking). L’incubatore sta crescendo velocemente sia
come personale (stanno cercando nuove figure professionali da inserire nel team),
sia come numero di startup. Attualmente sono 8 ma dopo la conclusione del round di
settembre dovrebbero diventare 16.
Italeaf supporta e coadiuva lo sviluppo di imprese attive nei settori green,
dell’industria sostenibile e circular economy. L’obiettivo di Italeaf è quello di
creare un polo nazionale dell’”energia verde” riducendo al minimo la
distanza tra investitori e startup del settore. Attualmente i progetti attivi sono undici.
Incubatore Rioni Sassi svolge un ruolo nevralgico a Matera per tutte quelle
funzioni legate alla salvaguardia del patrimonio culturale per sostenere, diffondere,
favorire e rafforzare la cultura e la nascita di nuove imprese legate al settore
culturale e al territorio. L’incubatore aprirà le porte alla fine dell’anno e sta già
avviando rapporti e creando sinergie con altre entità simili in Europa.
56Cube è un venture incubator che nasce all’interno di Digital Magics (Milano) ma
che si trova collocato nei pressi dell’Università di Salerno con la quale ha
stretto una collaborazione legata soprattutto alla disponibilità e alla
formazione delle risorse umane. Il venture incubator è attivo nel settore IT
42
e conta al suo interno sei startup.
Incubatore d’impresa Val D’Agri offre alle startup spazi fisici attrezzati (laboratori
industriali e high tech), servizi logistici e una importante rete di contatti. L’incubatore
è ancora nella fase iniziale del suo percorso di crescita e attualmente sta valutando le
prime startup che si andranno ad insediare al suo interno.
The Net Value è il principale incubatore della Sardegna e investe direttamente
nell’equity delle startup rilevandone delle partecipazioni. L’incubatore
investe in startup legate esclusivamente al mondo digital con grandi
prospettive di crescita. Sono attualmente incubate 21 startup che
ricevono soprattutto consulenza dai mentori di riferimento. Il team è composto da
nove figure altamente specializzate in materie differenti ma con lo stesso focus sul
mondo digital.
Gli Incubatori di Settingiano e Montalto Uffugo offrono alle startup servizi di
valutazione della business idea, servizi di consulenza sia legati al recruitment di nuovi
soggetti che possano completare il team sia finanziari e strategici, e logistici. Le
startup possono essere ammesse all’interno dell’incubatore dopo aver partecipato e
superato il primo bando di selezione. Entrambi gli incubatori offrono anche servizi di
incubazione virtuale.
BiostartNet in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico offre un
percorso di supporto per startup e aspiranti startupper attivi nel settore delle
biotecnologie. Il programma è articolato in due fasi: nella prima
viene verificata la fattibilità tecnica, economica e finanziaria del progetto; nella
seconda invece le startup potranno ricevere sia servizi più specifici legati al business
sia incentivi finanziari non superiori ai 200 mila euro.
Open Campus offre un programma di accelerazione a Cagliari della durata di tre
mesi del valore di 50 mila euro per startup attive nel settore del digital e
new media che presentino sinergie con il business di Tiscali.it, main sponsor
43
del progetto. La selezione delle startup avviene in collaborazione con H-Farm.
Bi Cube; situato in Basilicata, si distingue dagli altri incubatori poiché accompagna il
team dall’idea alla vera e propria startup, offrendo un aiuto costante per
quanto riguarda ricerche di mercato, informazioni legate al deposito di
brevetti, ricerca di fondi e finanziamenti e soprattutto una costante
assistenza da parte di uno staff altamente specializzato.
44
CAPITOLO 3
IL MERCATO DEGLI INCUBATORI: LE STARTUP
3.1 L’imprenditorialità
Prima di approfondire l’analisi in merito alle startup e com’è caratterizzato il
panorama italiano, è necessario capire che cosa spinge un soggetto ad avviare
un’attività indipendente e com’è cambiato nel corso degli anni il concetto di
imprenditorialità.
Steve Gedeon, docente di Entrepreneurship and Strategy e direttore del Ryerson
Entrepreneur Institute, ne da una definizione ricorrendo alle diverse scuole di
pensiero che si sono succedute negli anni in merito al significato che racchiude la
parola “imprenditorialità”. Secondo Gedeon, “l’imprenditorialità è un concetto
multidimensionale che include il possedere una piccola attività (teoria del rischio);
l’essere innovativi (teoria dinamica); avere il carattere e le qualità del leader (Traits
School); e la capacità di avviare una nuova nuova società”. Quest’ultimo aspetto
comprende l’opportunità di guidare il mercato verso l’equilibrio (Scuola Austriaca)
oppure di causare squilibrio attraverso la forza della “distruzione creativa”
(Schumpeter).
La “teoria del rischio” vede tra i suoi esponenti di maggior spicco Cantillon (1755)
e Hawley (1907). Il primo descrive l’imprenditore come un agricoltore o un mercante
che si assume il rischio di acquistare un prodotto ad un determinato prezzo con
l’incertezza di venderlo ad un prezzo differente. Il secondo invece ritiene che il rischio
sia intrinseco nell’imprenditore e che i frutti generati dall’impresa debbano essere
goduti principalmente dal proprietario considerato che si assume le responsabilità e i
rischi esponenzialmente superiori rispetto ad ogni altro soggetto. La teoria del rischio
enfatizza quindi la marcata differenza tra manager ed imprenditore. Il manager deve
avere l’abilità di generare profitti per l’impresa, ma senza l’assunzione del rischio e
della titolarità dell’attività non potrà mai essere definito imprenditore.
La “teoria dinamica” afferma che i profitti non sono altro che la conseguenza del
cambiamento da uno stato di equilibrio presente in condizioni di concorrenza perfetta
ad uno di cambiamento dinamico. A partire da questo concetto sono sorte nel tempo
una serie di definizioni in relazione al mezzo con il quale gli imprenditori mettevano in
45
atto il cambiamento dinamico: dallo spostamento di risorse, alla creazione di nuovi
combinazioni di prodotti, innovando o speculando. La teoria conduce direttamente a
Schumpeter che parla di “distruzione creativa” definendo l’imprenditore come l’unico
individuo in grado di attivare quel cambiamento che conduce all’innovazione.
Schumpeter però rivede la figura dell’imprenditore in qualsiasi soggetto: dal
dipendente al dirigente, dall’amministratore fino ai finanziatori e promotori.
Un altro concetto fondamentale che emerge dalla teoria dinamica è il modo in cui il
valore viene creato. Esiste infatti l’imprenditore innovativo, quello imitativo, quello
adattivo, quello speculativo. La teoria dinamica include però anche l’applicazione del
concetto di imprenditorialità al di fuori dell’ambito mero e puro del business e del
profitto concetto che viene applicato ad altri campi come il sociale, quello scolastico e
anche quello politico.
McClelland (1961) riconosce la mancanza di consenso comune sulla definizione di
imprenditorialità e sposta l'attenzione alle caratteristiche personali e culturali e sui
valori di coloro che si impegnano con comportamenti legati al ruolo imprenditoriale.
Questa enfasi sul singolo ha portato alla nascita della "Traits School", che
descrivere gli imprenditori come persone con alcuni tratti comuni quali il bisogno di
realizzazione, la necessità di mantenere il controllo e dotati di una spiccata
leadership.
Oggi possiamo affermare che il concetto di imprenditorialità è assai diverso da quello
proposto dalle scuole di pensiero dell’800 e ‘900. Il progetto GEM23
definisce
l’imprenditorialità come un processo articolato in diverse fasi: l’intenzione di avviare
un nuovo business, la sua effettiva realizzazione, la gestione di aziende già avviate o
di aziende neonate ed infine la chiusura del business. Chiaramente ogni fase è
differente in ogni paese e pertanto non si può affermare che le fasi siano sequenziali
in ogni nazione.
Secondo il modello realizzato dal GEM, la prima fase è dedicata ai potenziali
imprenditori e quindi a tutti coloro i quali hanno un’idea innovativa o incrementale
o semplicemente emulativa, che sono disposti ad affrontare il rischio connesso allo
svolgimento dell’attività imprenditoriale. Tutti gli strumenti di comunicazione
enfatizzano oggi il ruolo dell’imprenditore come esempio di persona di successo e,
23
Global Entrepreneurship Monitor, progetto di ricerca internazionale con l’obiettivo di esplorare il ruolo
dell’imprenditorialità per la crescita nei sistemi economici nazionali.
46
grazie allo sviluppo del mondo “digital”, sembra che tutti possano giocarsi la propria
possibilità derivante dal ridotto fabbisogno di capitali iniziali.
La fase successiva è quella caratterizzata dai nascent entrepreneurs, cioè coloro i
quali hanno creato un’azienda da meno di tre mesi e hanno superato lo step iniziale e
ottenuto quindi le prime metriche e i primi dati per capire se il business potrebbe
essere scalabile o meno.
Gli imprenditori in grado di proseguire la loro attività per almeno 42 mesi, sono
coloro i quali sono stati in grado di lanciare quella che viene definita dal GEM una
nuova attività.
Nel modello realizzato dal GEM, il tasso di nuova imprenditorialità viene indicato con
l’acronimo TEA (Total early stage Entrepreneurial Activity) e comprende
l’imprenditorialità nascente e le nuove attività.
Superata quest’ultima fase, l’azienda viene definita come un business avviato e
destinato a proseguire nel tempo.
3.2 Che cosa sono le startup
Secondo il “guru” Paul Graham24
, una startup è una società progettata per crescere
molto velocemente. Non è necessario che sia una società di nuova costituzione
affinché si possa definire una startup, né è necessario che sia attiva nel settore della
tecnologia, o che sia in grado di ottenere finanziamenti, o di avere già una strada
aperta verso l’"exit". La sola caratteristica che deve possedere una startup è la
crescita. La grande differenza quindi tra una startup e tutte le altre società neo-
costituite (per esempio un ristorante o un negozio dove poter acquistare qualsiasi
bene) è la scalabilità del business. Questo vuol dire individuare una nicchia di
mercato potenzialmente interessata alla business idea e allo stesso tempo avere la
possibilità di servirla tutta contemporaneamente. Un ristorante nel momento in cui i
coperti sono esauriti, non potrà più soddisfare tutta la potenziale domanda, di
conseguenza il business non può definirsi scalabile. Paul Graham suddivide la crescita
di una startup di successo in tre fasi che formano una curva ad S, dove la lunghezza
e la pendenza determinano il grado di successo della startup. La curva è costituita
dalle seguenti fasi:
24
E’ uno dei più famosi imprenditori seriali americani, fondatore di Y combinator
47
1) Nel primo step, la startup non cresce, ma si sviluppa a tassi minimi perché sta
interiorizzando cosa richiede il mercato, come posizionarsi di conseguenza e come
adattare l’idea iniziale al mercato di riferimento.
2) Una volta che la startup è riuscita a capire il mercato e soprattutto come
raggiungerlo nel modo più efficiente ed economico, dovrebbe affrontare una fase di
forte crescita.
3) Raggiunto il successo e quindi tramutata in una strutturata ed affermata company,
la curva di crescita tornerà a flettersi a causa delle inefficienze generate da grandi
strutture e dalla saturità raggiunta nel mercato di riferimento.
Aspetto rilevante, ma che in molti casi viene sottovalutato o addirittura ignorato è
l’effettiva comprensione non tanto del numero di nuovi clienti in termini assoluti,
bensì del rapporto tra i nuovi clienti e quelli esistenti. Tendenzialmente una startup
con un tasso di crescita del 5% a settimana è destinata a diventare una startup di
successo poiché vuol dire che ogni anno crescerà di almeno 12 volte rispetto a quello
precedente.
In America, dove l’attenzione per le startup è massima, ma soprattutto dove tutta la
filiera - incubatori, venture capital, IPO/Corporate – è altamente efficiente, i venture
capital/business angel monitorano il mercato delle startup costantemente. Questo
perché investire su una tipologia di società come le startup, ha un rischio intrinseco
altissimo, ma in termini di capitale apportato assai limitato, e con elevati potenziali
ritorni economici. Investendo per esempio in un business con tassi di crescita “flat”,
ci si aspetterà di ricevere flussi remunerativi regolari come nel caso di acquisizione di
partecipazioni in business maturi, senza prospettive di un’IPO o comunque di
un’acquisizione da parte di una corporate, come invece generalmente accade per le
startup di successo.
Un’altra ragione che spinge i venture capital a privilegiare società di questo tipo è
che con investimenti relativamente limitati è possibile acquisire partecipazioni
rilevanti che consentono al VC di detenere un forte controllo sui fondatori.
Come anticipato, questa prima visione è di stampo americano. Nel nostro
ecosistema, è intervenuto direttamente il governo nel 2012, all’interno della task
48
force “Restart, Italia” fortemente voluta dal ministro Corrado Passera, che definisce
una startup25
una società di capitali, non quotata e che soddisfa i seguenti criteri:
• deve essere detenuta direttamente e almeno al 51% da persone fisiche, anche in
termini di diritti di voto;
• deve svolgere attività di impresa da non più di 48 mesi;
• non ha fatturato o ha un fatturato, così come risultante dall’ultimo bilancio
approvato, non superiore ai 5 milioni di euro;
• non distribuisce utili;
• ha quale oggetto sociale lo sviluppo di prodotti o servizi innovativi, ad alto valore
tecnologico;
• si avvale di una contabilità trasparente che non prevede l’uso di una cassa contanti,
fatte salve le spese legate ai rimborsi.
Una ulteriore definizione di startup viene fornita da Giovanni Testa, uno dei ragazzi
del team di iStarter, incubatore con sede a Torino e Londra: “una startup è un
business scalabile, innovativo e che produce beni o servizi per un mercato di stampo
internazionale”.
La definizione26
che però rispecchia meglio il concetto analizzato e che è stata
utilizzata ai fini della presente ricerca, è quella che identifica la startup come “il
periodo durante il quale viene avviata un’impresa che presenta elevate potenzialità di
crescita, con caratteri innovativi all’interno del proprio business, e che necessita di
capitali per poter convalidare le ipotesi su cui è basato il modello di business” (A.
Onetti). E’ molto difficile stimare quale sia il numero reale di startup attive sul
territorio italiano. Quelle associate ad Italia StartUp sono oltre un migliaio27
, quelle
stimate da Mind the Bridge28
sono invece tra le 4 e le 8 mila con circa 1000 nuovi
progetti avviati ogni anno. Il dato è così discordante perché in Italia costituire
un’impresa è tutt’altro che semplice dal punto di vista burocratico e comporta
rilevanti costi amministrativi. Pertanto moltissimi progetti sono effettivamente avviati,
25
Fonte: “Restart, Italia”
26
Fonte: A. Onetti: Internationalization, Innovation and Entrepreneurship: Business Models for New Technology-
based Firms
27
Fonte: italiastartup.com
28
Fondazione no-profit ideata da Marco Marinucci
49
ma non ancora strutturati, impedendo quindi di avere un censimento preciso della
realtà italiana.
Come per gli incubatori, è possibile individuare differenti tipologie di startup in
relazione all’origine dei rispettivi founders.
Vi sono le startup di imprenditori e quindi di soggetti che già sono coinvolti in
progetti diversi e che decidono ad un certo punto della loro attività di intraprendere
un nuovo percorso cambiando settore di appartenenza del business.
Esistono poi le startup dei neo imprenditori, soggetti cioè che per la prima volta
decidono di avviare una propria impresa senza avere un solido background alle spalle
come nel caso precedente.
E’ possibile poi individuare anche le startup universitarie fondate da docenti e
studenti.
Infine è possibile inserire in questa categoria anche gli spin-off e quindi le nuove
società indipendenti nate grazie a risorse di società pre-esistenti o di imprese terze.
3.3 L’importanza delle startup
Le startup svolgono un ruolo cruciale per l’ecosistema mondiale producendo in
particolare due tipologie di spillover positivi: la creazione di nuovi posti di lavoro e la
contribuzione al processo innovativo.
Grazie alla Kauffman Fondation e allo studio pubblicato nel 2010, è stato possibile
apprezzare quantitativamente l’impatto delle startup in merito alla creazione di nuovi
posti di lavoro. Il Business Dynamics Statics, il dataset realizzato dalla fondazione in
collaborazione con il Governo americano, dimostra come al crescere del numero di
anni di vita delle società, si riduca drasticamente il numero di nuovi posti di lavoro
creati. Il ruolo delle startup risulta essere quindi decisivo. Nel primo anno di vita, le
startup americane creano mediamente 3 milioni di nuovi posti di lavoro che si
riducono fino a circa 250 mila dopo 11-15 anni. Il dato ancor più rilevante riguarda la
differenza tra i posti di lavoro creati e quelli distrutti. Già dal secondo anno di vita
delle società, il numero di posti di lavoro creati risulta essere uguale al numero di
posti di lavoro distrutti, per arrivare ad essere addirittura inferiore a partire dal terzo
anno di attività.
50
Figura 3: Posti di lavoro creati dalle startup, fonte: Business Dynamics Statistics, rielaborazione
propria
Inoltre è rilevante sottolineare come le startup siano assai meno soggette al ciclo
economico. Indipendentemente dal periodo storico, secondo la ricerca della
fondazione Kauffamn, il numero di nuove imprese risulta essere mediamente sempre
lo stesso a dispetto del numero delle aziende strutturate e mature che, durante cicli
economici negativi, si riduce sensibilmente.
Oltre alla creazione di nuovi posti di lavoro, il grande contributo che le startup
forniscono all’ecosistema mondiale è legato all’innovazione. Il rapporto tra
innovazione ed imprenditorialità è fortissimo. Nel saggio “Innovations management”
di J. Hauschildt e S. Salomo, con il termine innovazione si intendono “nuovi prodotti
o processi che si distinguono qualitativamente e in modo marcato da quanto già
esistente”. L’innovazione è presente nei settori tradizionali tanto in quelli per
definizione più innovativi ed è connessa sia alle competenze organizzative sia
strategiche come la visione di lungo periodo o la capacità di anticipare le tendenze
del mercato. Secondo il professor A. Afuah della Ross School of Business di Ann
Arbor (Michigan), “l’innovazione può essere fondamentalmente di due tipologie:
incrementale e radicale”. Le prime sono quelle caratterizzate da un grado di rischio
contenuto poiché apportano modifiche o miglioramenti a qualche cosa di già
esistente. Le innovazioni radicali invece sono quelle che fissano un punto di svolta nel
mercato come è avvenuto ad esempio con l’introduzione del tablet o quella dello
smartphone. Sono innovazioni caratterizzate dall’assenza di prodotti simili o
concorrenti diretti proprio perché sono sviluppate da first mover.
51
Il tasso e la capacità di innovazione di un’impresa è funzione non solo degli
investimenti diretti in R&D della società stessa, ma anche dell’ambiente e del
contesto in cui questa è inserita. Questo risulta essere uno dei maggiori problemi del
nostro paese che si colloca al ventiquattresimo29
posto nella classifica delle nazioni
maggiormente innovative. Il dato deriva da una media ponderata di diverse
variabili30
:
 “Intensità di ricerca” che è il rapporto dell’R&D in percentuale del PIL (l’Italia
si colloca al ventottesimo posto);
 “Produttività” che è data dal rapporto PIL per occupato per ora lavorata
(l’Italia è stabile al diciannovesimo posto);
 “Densità di aziende innovative” che rappresenta la percentuale di aziende che
si occupano di settori innovativi quali l’aerospaziale, biotecnologia, software,
semiconduttori, hardware, energie rinnovabili rispetto al totale delle aziende
quotate (l’Italia si colloca al ventiduesimo posto);
 “Concentrazione di ricercatori” espresso come numero di ricercatori ogni
milione di abitanti (Italia trentaquattresima);
 “Capacità industriale”, indice che tiene conto della quota dell’attività industriale
sul PIL e della quota di ricerca nel valore prodotto (l’Italia è trentaseiesima);
 “Livello di istruzione” (l’Italia si colloca al cinquantaseiesimo posto);
 “Richieste di brevetto” per ogni milione di abitanti e per ogni milione di dollari
investito in R&D (l’Italia è venticinquesima).
29
Fonte: Bloomberg
30
Fonte: Bloomberg
52
CAPITOLO 4
LAVORO SVOLTO E METODOLGIA DI RICERCA
4.1 Le fasi della ricerca
Per definire il modello che possa descrivere e rappresentare la tipologia ideale di
servizi che un incubatore dovrebbe offrire affinché le startup incubate possano
carpirne il maggior valore possibile, si è suddivisa la ricerca in più fasi operative. La
prima è stata dedicata alla definizione dei due campioni – incubatori e startup che
hanno trascorso un periodo di incubazione – ai quali sottoporre i diversi questionari
successivamente realizzati. Nella seconda fase si è provveduto a redigere i
questionari con variabili qualitative e quantitative per gli incubatori, le startup
incubate e potenziali imprenditori in collaborazione con alcuni startupper, fondatori e
partner di alcuni tra i più importanti incubatori italiani. La fase successiva è stata
nuovamente di ricerca, finalizzata all’ottenimento di un campione significativo di
potenziali imprenditori ai quali sottoporre il questionario per loro appositamente
realizzato. Le ultime fasi sono state dedicate alla raccolta e all’analisi dei dati, ed
infine ad una serie di interviste con alcuni responsabili di diversi incubatori e
fondatori di startup per analizzare e confrontare i risultati della ricerca.
4.2 Fase 1 – La definizione delle popolazioni in esame
In primo luogo si è provveduto ha definire i campioni di riferimento. Si sono realizzati
tre diversi questionari per diverse popolazioni – incubatori, startup e potenziali
imprenditori. Nella prima parte del progetto di tesi è stato però possibile individuare
solo i primi due campioni.
Come detto precedentemente, non esiste in Italia un dataset nel quale siano elencati
e raggruppati tutti i diversi attori che operano nel mondo degli incubatori. Pertanto
per arrivare a definire una mappatura completa si è provveduto a censire la realtà
italiana degli incubatori. Il processo di ricerca della popolazione degli incubatori è
stato svolto tramite fonti dirette ed indirette e, per cerchie, si è arrivati a definire una
popolazione di 9 incubatori universitari, 36 parchi tecnologici e 43
incubatori/acceleratori che dovrebbero rispecchiare l’ecosistema attivo nel nostro
paese. Mappati gli incubatori si è proceduto individuando un campione di riferimento
53
per quanto concerne le startup che sono attualmente incubate o che hanno trascorso
un periodo di incubazione. E’ importante sottolineare come la ricerca si sia focalizzata
esclusivamente su questa particolare tipologia di startup per realizzare un modello
che spieghi le variabili principali che portano una startup ad un grado medio di
soddisfazione del valore apportato dall’incubatore. A partire quindi dalle informazioni
pubbliche fornite dai siti web e da quelle più riservate ottenute direttamente dal
personale dei diversi incubatori è stato possibile individuare un panel di 307 startup a
cui è stato sottoposto il questionario.
4.3 Fase 2 – L’elaborazione dei questionari
Individuate le popolazioni di riferimento per la ricerca, è stato necessario redigere i
questionari per ottenere i dati quali-quantitativi utili a creare il modello empirico. I
questionari sono stati realizzati intervistando telefonicamente un panel di 63
startupper che hanno affrontato o che stanno affrontando un periodo di incubazione
affinché emergessero i servizi ritenuti da questi più significativi e di maggior impatto
per giudicare soddisfacente l’operato di un incubatore. I servizi di partenza presentati
al panel di intervistati sono quelli individuati nel report State of the Business
Incubation Industry, 2006 presentato dalla NBIA. Il risultato è stato poi sottoposto
direttamente all’attenzione di R. Donadon, fondatore di H-Farm, alla dottoressa I.
Salce e G. Capello, responsabili della comunicazione e degli investimenti in Enlabs, a
F. Barilli e A. Cavallo di Italia StartUp e ovviamente al professor C. Cennamo per
avere un diverso punto di vista e capire se i servizi individuati dagli startupper
potevano considerarsi completi o se necessitavano di ulteriori modifiche. Gli output
conclusivi del lavoro sono stati tre diversi questionari. Le variabili quantitative
attraverso cui viene richiesto di esprimere un giudizio legato ai servizi offerti dagli
incubatori sono le medesime per tutti e tre i modelli, mentre quelle qualitative sono
adattate per i diversi campioni.
4.3.1 – Il questionario per le startup
Il questionario inviato alle startup (si veda allegato 1) che hanno trascorso o che
stanno affrontando un periodo di incubazione è costituito da una prima parte
54
descrittiva finalizzata a profilarle. E’ stato quindi possibile identificare alcune
informazioni generali tra le quali:
- L’area di attività in cui operano le startup. Sono state definite sei macro aree:
startup attive nei settori web, Information and Communication Technologies,
consumer products, electronics and machinery, clean technologies e
biotech/life sciences. Quelle operanti in settori alternative sono state
catalogate nella sezione “altro”. L’obbiettivo della domanda era quello di
capire in profondità i settori in cui le startup italiane sono maggiormente attive
e di conseguenza le diverse esigenze che gli incubatori dovrebbero andare a
soddisfare.
- Il grado di istruzione dei componenti del team. Sono stati suddivisi in relazione
ai titoli di studio conseguiti per verificare il livello di istruzione di chi si mette in
proprio e di chi accetta di lavorare come dipendente per realtà con un rischio
intrinseco assai elevato.
- La specializzazione del team. La domanda è servita a comprendere quali sono
le figure più ricercate all’interno delle startup italiane. Si sono suddivise in tre
macro classi: profili tecnici come gli sviluppatori; profili manageriali come
esperti in finanza o nel marketing; profili professionali come avvocati o
architetti.
- L’incubatore dove hanno affrontato il programma per capire sia se questo sia
un acceleratore, un acceleratore universitario o un parco tecnologico, che per
apprezzare se sia privato, pubblico o ad azionariato misto.
La seconda parte è quella maggiormente rilevante ai fini dell’analisi svolta poiché
viene richiesto alla startup di esprimere un giudizio da 1 a 7 utilizzando la Scala
Likert31
in merito al grado di soddisfazione sui servizi ricevuti dall’incubatore dove 1 è
il valore minimo e 7 quello massimo. I servizi sono stati suddivisi in cinque macro
aree.
1) Servizi generali: è stato individuato un panel di servizi offerti alle startup
incubate di carattere generale.
31
La scala Likert è stata introdotta nel 1932 da Rensis Likert per utilizzare uno strumento più semplice per la
misurazione delle opinioni.
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF
The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF

More Related Content

Viewers also liked

Il Modello Pragmatico Elementare per lo sviluppo di Sistemi Adattivi - Tesi
Il Modello Pragmatico Elementare per lo sviluppo di Sistemi Adattivi - TesiIl Modello Pragmatico Elementare per lo sviluppo di Sistemi Adattivi - Tesi
Il Modello Pragmatico Elementare per lo sviluppo di Sistemi Adattivi - Tesi
Francesco Magagnino
 
SAP guided workflow in IBM BPM
SAP guided workflow in IBM BPMSAP guided workflow in IBM BPM
SAP guided workflow in IBM BPM
sflynn073
 
Was liberty at scale
Was liberty at scaleWas liberty at scale
Was liberty at scale
sflynn073
 
First Quarter Storm, Jabidah Massacre
First Quarter Storm, Jabidah MassacreFirst Quarter Storm, Jabidah Massacre
First Quarter Storm, Jabidah Massacre
alliyambao
 
Defining managing & publishing ap is in the cloud saa-s
Defining managing & publishing ap is in the cloud   saa-sDefining managing & publishing ap is in the cloud   saa-s
Defining managing & publishing ap is in the cloud saa-s
sflynn073
 
Τζωρτζ Όργουελ 1984
Τζωρτζ Όργουελ 1984Τζωρτζ Όργουελ 1984
Τζωρτζ Όργουελ 1984
Eliastaf
 
Creating your own cloud hosted APIM platform
Creating your own cloud hosted APIM platformCreating your own cloud hosted APIM platform
Creating your own cloud hosted APIM platform
sflynn073
 

Viewers also liked (20)

Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici
Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idriciStrumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici
Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici
 
Il Modello Pragmatico Elementare per lo sviluppo di Sistemi Adattivi - Tesi
Il Modello Pragmatico Elementare per lo sviluppo di Sistemi Adattivi - TesiIl Modello Pragmatico Elementare per lo sviluppo di Sistemi Adattivi - Tesi
Il Modello Pragmatico Elementare per lo sviluppo di Sistemi Adattivi - Tesi
 
SAP guided workflow in IBM BPM
SAP guided workflow in IBM BPMSAP guided workflow in IBM BPM
SAP guided workflow in IBM BPM
 
Was liberty at scale
Was liberty at scaleWas liberty at scale
Was liberty at scale
 
Ultimate Spider-man Ep 315
Ultimate Spider-man Ep 315Ultimate Spider-man Ep 315
Ultimate Spider-man Ep 315
 
First Quarter Storm, Jabidah Massacre
First Quarter Storm, Jabidah MassacreFirst Quarter Storm, Jabidah Massacre
First Quarter Storm, Jabidah Massacre
 
АНО"Экологические Инвестиции"
АНО"Экологические Инвестиции"АНО"Экологические Инвестиции"
АНО"Экологические Инвестиции"
 
Defining managing & publishing ap is in the cloud saa-s
Defining managing & publishing ap is in the cloud   saa-sDefining managing & publishing ap is in the cloud   saa-s
Defining managing & publishing ap is in the cloud saa-s
 
MATERIALES DE LA COMPUTADORA QUE DAÑAN EL MEDIO AMBIENTE
MATERIALES DE LA COMPUTADORA QUE DAÑAN EL MEDIO AMBIENTEMATERIALES DE LA COMPUTADORA QUE DAÑAN EL MEDIO AMBIENTE
MATERIALES DE LA COMPUTADORA QUE DAÑAN EL MEDIO AMBIENTE
 
Sharm el shiekh 3
Sharm el shiekh 3Sharm el shiekh 3
Sharm el shiekh 3
 
Updated_Cv1
Updated_Cv1 Updated_Cv1
Updated_Cv1
 
Project eTwinning
Project eTwinningProject eTwinning
Project eTwinning
 
Test
TestTest
Test
 
Τζωρτζ Όργουελ 1984
Τζωρτζ Όργουελ 1984Τζωρτζ Όργουελ 1984
Τζωρτζ Όργουελ 1984
 
Anusha
AnushaAnusha
Anusha
 
Kejang demam.pediatri
Kejang demam.pediatriKejang demam.pediatri
Kejang demam.pediatri
 
Creating your own cloud hosted APIM platform
Creating your own cloud hosted APIM platformCreating your own cloud hosted APIM platform
Creating your own cloud hosted APIM platform
 
eCLIPS leaflet
eCLIPS leafleteCLIPS leaflet
eCLIPS leaflet
 
4 ways to hide your under eye signs of aging
4 ways to hide your under eye signs of aging4 ways to hide your under eye signs of aging
4 ways to hide your under eye signs of aging
 
Guide to tummy tuck surgery
Guide to tummy tuck surgeryGuide to tummy tuck surgery
Guide to tummy tuck surgery
 

Similar to The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF

Raimondo Bonu, Empleko: Open Innovation & Social Recruitment
Raimondo Bonu, Empleko: Open Innovation & Social RecruitmentRaimondo Bonu, Empleko: Open Innovation & Social Recruitment
Raimondo Bonu, Empleko: Open Innovation & Social Recruitment
ASVI Social Change
 
Il sistema delle StartUp
Il sistema delle StartUpIl sistema delle StartUp
Il sistema delle StartUp
Massimo Ghetti
 

Similar to The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF (20)

Report sull’impatto sociale degli incubatori e acceleratori Italiani 2017
Report sull’impatto sociale degli incubatori e acceleratori Italiani 2017Report sull’impatto sociale degli incubatori e acceleratori Italiani 2017
Report sull’impatto sociale degli incubatori e acceleratori Italiani 2017
 
Startup community - Quattro principi e tre obiettivi per favorire la nascita ...
Startup community - Quattro principi e tre obiettivi per favorire la nascita ...Startup community - Quattro principi e tre obiettivi per favorire la nascita ...
Startup community - Quattro principi e tre obiettivi per favorire la nascita ...
 
Capitali di rischio per imprese ad alto valore ambientale e sociale
Capitali di rischio per imprese ad alto valore ambientale e socialeCapitali di rischio per imprese ad alto valore ambientale e sociale
Capitali di rischio per imprese ad alto valore ambientale e sociale
 
Raimondo Bonu, Empleko: Open Innovation & Social Recruitment
Raimondo Bonu, Empleko: Open Innovation & Social RecruitmentRaimondo Bonu, Empleko: Open Innovation & Social Recruitment
Raimondo Bonu, Empleko: Open Innovation & Social Recruitment
 
finale
finalefinale
finale
 
Piano Operativo 2014
Piano Operativo 2014Piano Operativo 2014
Piano Operativo 2014
 
Le startup, le imprese e l'innovazione in Italia (Lotito - Mezzetti)
Le startup, le imprese e l'innovazione in Italia (Lotito - Mezzetti)Le startup, le imprese e l'innovazione in Italia (Lotito - Mezzetti)
Le startup, le imprese e l'innovazione in Italia (Lotito - Mezzetti)
 
Progetto empleko
Progetto emplekoProgetto empleko
Progetto empleko
 
Veneto e nordest 40
Veneto e nordest 40 Veneto e nordest 40
Veneto e nordest 40
 
Fondi Europei e Impresa Sociale
Fondi Europei e Impresa SocialeFondi Europei e Impresa Sociale
Fondi Europei e Impresa Sociale
 
Che cos'è l'Open Innovation, come farla e quanto rende
Che cos'è l'Open Innovation, come farla e quanto rendeChe cos'è l'Open Innovation, come farla e quanto rende
Che cos'è l'Open Innovation, come farla e quanto rende
 
Il sistema delle StartUp
Il sistema delle StartUpIl sistema delle StartUp
Il sistema delle StartUp
 
ASL Confindustria Firenze 2017-2018. Progetto "Progetto Startup"
ASL Confindustria Firenze 2017-2018. Progetto "Progetto Startup"ASL Confindustria Firenze 2017-2018. Progetto "Progetto Startup"
ASL Confindustria Firenze 2017-2018. Progetto "Progetto Startup"
 
Interventi semplici per rivoluzionare il sistema innovazione in Italia
Interventi semplici per rivoluzionare il sistema innovazione in Italia Interventi semplici per rivoluzionare il sistema innovazione in Italia
Interventi semplici per rivoluzionare il sistema innovazione in Italia
 
M. Corbetta, Startup survey 2016 - La prima indagine nazionale sulle startup ...
M. Corbetta, Startup survey 2016 - La prima indagine nazionale sulle startup ...M. Corbetta, Startup survey 2016 - La prima indagine nazionale sulle startup ...
M. Corbetta, Startup survey 2016 - La prima indagine nazionale sulle startup ...
 
Palestre dell'Innovazione
Palestre dell'InnovazionePalestre dell'Innovazione
Palestre dell'Innovazione
 
Torino startup : il report
Torino startup : il reportTorino startup : il report
Torino startup : il report
 
PMexpo 2019 | Come nasce l’innovazione, Nicola Camillo, Giordano Ferrari
PMexpo 2019 | Come nasce l’innovazione, Nicola Camillo, Giordano FerrariPMexpo 2019 | Come nasce l’innovazione, Nicola Camillo, Giordano Ferrari
PMexpo 2019 | Come nasce l’innovazione, Nicola Camillo, Giordano Ferrari
 
Sciascia igo
Sciascia  igoSciascia  igo
Sciascia igo
 
La Compagnia di San Paolo: rapporto 2004
La Compagnia di San Paolo: rapporto 2004La Compagnia di San Paolo: rapporto 2004
La Compagnia di San Paolo: rapporto 2004
 

The role of the incubators within the Italian Startup Ecosystem.PDF

  • 1. UNIVERSITA’ COMMERCIALE LUIGI BOCCONI Scuola Superiore Universitaria Master of Science in Management IL RUOLO DEGLI INCUBATORI NELL’ECOSISTEMA ITALIANO DELLE STARTUP Relatore: prof. Carmelo CENNAMO Controrelatore: prof. Giovanni VALENTINI Tesi di laurea magistrale di: Jacopo PERTILE 1575588 ANNO ACCADEMICO 2012/2013
  • 2. 2
  • 3. 3 RINGRAZIAMENTI Questa tesi sancisce la fine del periodo più bello della mia vita. Racchiude tutte le aspettative, paure, emozioni, tensioni, vittorie di questi anni. La felicità per il raggiungimento di un traguardo così ambito ma allo stesso tempo i timori per il futuro privo di qualsiasi certezza. Rappresenta un momento. Lungo 5 anni. Rappresenta la felicità più pura. Il lavoro è dedicato a Bruna, Giovanni, Ines e Renzo. Perché sono la rappresentazione più pura dell’amore. E’ dedicato ad Alessandra e Mauro che mi hanno insegnato che cosa vuol dire sacrificarsi e mi hanno permesso di cogliere tutte le opportunità che la vita mi ha presentato senza mai dover dire di no. E’ dedicato a Riccardo che mi ha insegnato soprattutto cosa vuol dire cadere e rialzarsi più forte di prima, che mi ha accompagnato dal primo giorno dei precorsi, passando per Roma arrivando a Lisbona e che mi accompagnerà per tutta la vita. E’ dedicato a Carlo, socio, coinquilino, maestro ma in realtà “semplicemente” Amico che mi ha insegnato cosa significa lottare per arrivare. E’ dedicato a Cristina, che mi ha insegnato a vedere anche l’altro lato della medaglia, prendendo un po’ più serenamente le circostanze della vita. E’ dedicato a Claudio, Edoardo, Giovanni, Marco, ai Paoli e Riccardo perché rappresentano il valore a me più caro: l’amicizia. E’ dedicato a Beatrice perché so che c’è. E’ dedicato infine a Silvia, che mi ha accompagnato silenziosamente lungo tutto il mio percorso e che mi ha insegnato a dare qualità al tempo.
  • 4. 4
  • 5. 5 INDICE Abstract Introduzione Capitolo 1 – L’incubatore 1.1 Che cosa sono gli incubatori 1.2 Incubatori pubblici, universitari, privati e virtuali 1.3 Incubatori, venture capital e business angel 1.4 Il modello di incubazione Capitolo 2 – Mappatura degli incubatori italiani 2.1 Incubatori universitari 2.2 Parchi tecnologici 2.3 Incubatori/acceleratori Capitolo 3 – Il mercato di riferimento: le startup 3.1 L’imprenditorialità 3.2 Definizione di startup 3.3 L’importanza delle startup Capitolo 4 – Lavoro svolto e metodologia di ricerca 4.1 Le fasi della ricerca 4.2 Fase 1 – La definizione delle popolazioni in esame 4.3 Fase 2 – L’elaborazione del questionario 4.3.1 Il questionario per le startup 4.3.2 Il questionario per gli incubatori 4.3.3 Il questionario per gli aspiranti imprenditori 4.4 Fase 3 – La raccolta dei dati 4.5 Fase 4 – L’analisi dei dati e la raccolta dei feedback da Capitolo 5 – I modelli
  • 6. 6 5.1 Gli incubatori italiani 5.2 Le startup incubate e gli aspiranti imprenditori 5.3 Analisi preliminari 5.4 I modelli Capitolo 6 – Conclusioni
  • 7. 7 ABSTRACT L’obbiettivo della ricerca è quello di analizzare l’ecosistema italiano degli incubatori tracciandone, per la prima volta in Italia, una mappatura e di fornire un modello di incubatore “ideale” rilevando quali siano i principali servizi che devono essere erogati al fine di massimizzare il grado di soddisfazione delle startup incubate. L’analisi è stata articolata introducendo il concetto di incubatore e le diverse tipologie esistenti attualmente. Inoltre, mancando un database o un’analisi settoriale attendibile e certificata, si è provveduto a censirne la popolazione tramite fonti dirette ed indirette. Si è poi passati ad analizzare uno dei principali mercati di riferimento degli incubatori: quello delle startup per capire che cosa sono e la loro importanza nell’ecosistema italiano. Per raggiungere il secondo obbiettivo della ricerca poi, si sono interpellati i responsabili di alcuni incubatori, startupper e potenziali startupper che hanno contribuito alla realizzazione di tre diversi questionari necessari ad ottenere i dati sensibili per la definizione del modello. L’output della ricerca ha permesso di individuare un panel di servizi imprescindibili che l’incubatore deve erogare alle startup. Inoltre è emerso come l’importanza di questi servizi vari in relazione alla modalità con la quale l’incubatore stesso viene remunerato portando alla definizione di due ulteriori modelli.
  • 8. 8 INTRODUZIONE J. Schumpeter, economista austriaco nella prima metà del 1900, sosteneva che il sistema economico potrà continuare a crescere solo se gli imprenditori saranno in grado di seguire il “percorso dell’innovazione” (F. Amatori, A. Colli). E’ grazie agli investimenti in R&D, nell’istruzione, nei talenti e quindi nella ricerca spasmodica dell’innovazione che un paese come l’Italia potrà superare la fase di stagnazione che sta vivendo. Nell’attuale contesto il ruolo delle startup, la loro tutela e l’attenzione alla loro crescita può diventare un driver fondamentale per il rilancio di un’economia in recessione, dove l’unica soluzione per chi prova ad emergere sembra essere quella di “scappare” all’estero. Negli ultimi anni si sono susseguiti numerosi provvedimenti governativi legati al tema dell’innovazione come il decreto legge Sviluppo del 2012 che ha introdotto la figura giuridica delle srl semplificate e a capitale ridotto per gli “under 35”. Sono state destinate inoltre ingenti risorse a fondo perduto istituendo numerosi bandi nazionali, regionali e locali per il finanziamento di imprese innovative. Nel giugno scorso, il Governo in collaborazione con l’associazione Italia StartUp1 , ha introdotto poi una serie di novità per facilitare le procedure burocratiche: ha dato una nuova definizione di startup, ha confermato il fondo di garanzia per l’innovazione, e ha certificato gli incubatori italiani introducendo la srl a capitale ridotto anche per gli over 35. Questo forte impulso governativo e l’attenzione che anche i media stanno apportando al tema è positiva ma bisogna evitare che i finanziamenti, italiani ed europei, vengano impiegati in attività poco efficienti o poco produttive che vanno infine ad incrementare solo gli sprechi di soldi pubblici, peraltro già così numerosi nel nostro Paese. Gli investimenti in innovazione in Italia sono ancora tra i più bassi a livello europeo considerando che si attestano attorno all’1,26% del PIL rispetto ad una media europea del 2,1%2 . Inoltre siamo un paese ancora troppo chiuso: i brevetti registrati in collaborazione con investitori stranieri sono circa il 13% del totale contro una media europea del 24,5%3 . Un modello da seguire potrebbe essere 1 Italia StartUp è un’associazione indipendente che ha l’obbiettivo di riunire imprenditori, startupper, finanziatori, incubatori, industriali, enti e aziende interessate a sostenere il processo di cambiamento sociale ed economico italiano 2 Fonte: corriere innovazione.it edizione del 19 Febbraio 2013 3 Fonte: corriere innovazione.it edizione del 19 Febbraio 2013
  • 9. 9 quello israeliano dove oltre il 4.4%4 del Pil è allocato nella ricerca prevalentemente nei settori delle bio-nanotecnologie, dell’ICT, delle tecnologie energetiche ed ambientali, dell’aeronautica e dell’aerospazio. Basti pensare che nel 2012 in Israele – stato con quasi 8 milioni di abitanti – sono state avviate 5305 startup che sommate a quelle già esistenti raggiungono lo stratosferico dato di una startup ogni 1.844 abitanti. Inoltre gli investimenti promossi dal Governo israeliano sono addirittura due volte superiori a quelli americani, trenta volte quelli europei e ottanta volte quelli cinesi. Infine, se si considerano le società quotate al Nasdaq di New York, il numero delle israeliane è secondo solo a quello delle aziende americane ed è equivalente alla somma di tutte le società europee quotate nel segmento tecnologico6 . In un’ottica di emulazione e nella speranza che possa trarne giovamento anche l’ecosistema italiano, l’ex ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, nell’ottobre 2012 ha firmato un accordo con il governo israeliano per rafforzare e implementare la collaborazione tra i due paesi sul fronte delle imprese innovative startup e, più in generale, dell’industria high-tech7 . Il modello israeliano è vincente perché è stato in grado di realizzare una efficiente struttura che funge da filtro tra la distribuzione di finanziamenti statali o di seed capital8 e le startup. Esso è rappresentato dagli incubatori che, operando in un’ottica economica e quindi ricercando rendimenti positivi che remunerino il capitale, investono in startup meritevoli e con buone probabilità di ottenere risultati profittevoli. Traendo spunto da quanto accade in Israele, il primo obbiettivo della ricerca è il seguente: Domanda 1: In Italia esiste un ecosistema degli incubatori? Se esiste quanti e quali sono i soggetti che ne fanno parte? Se effettivamente è presente una rete di incubatori, è necessario verificare se questi apportano effettivamente valore alle startup che sono incubate e che partecipano ai diversi programmi di incubazione. Quindi capire quali sono i servizi più rilevanti che un incubatore dovrebbe erogare alle startup affinché possano creare il maggior 4 Fonte: http://www.mise.gov.it/index.php 5 Fonte: http://www.mise.gov.it/index.php 6 Fonte: http://www.mise.gov.it/index.php 7 Fonte: http://www.mise.gov.it/index.php 8 I seed capital sono i primi fondi che riceve un imprenditore dagli investitori finalizzati a verificare la bontà della business idea e ad analizzare i primi ratio
  • 10. 10 valore aggiunto possibile per le incubate massimizzandone il loro grado di soddisfazione. Domanda 2: E’ possibile identificare uno o più modelli ideali di incubatore che consentano alle startup di ricavare il maggior valore aggiunto possibile dall’esperienza di incubazione? Per raggiungere questi obbiettivi si è proceduto svolgendo una triplice analisi. Si è effettuata una prima mappatura degli incubatori italiani aggiornata a luglio 2013; si sono realizzati tre diversi questionari che sono stati sottoposti a tre popolazioni differenti: quella degli incubatori italiani, quella delle startup che sono incubate o hanno trascorso un periodo di incubazione in una struttura ed infine quella dei “potenziali imprenditori”. Essi non sono altro che soggetti che hanno un’idea embrionale e che vorrebbero accedere ad un incubatore per svilupparla. Lo scopo dei questionari è stato quello di riuscire ad ottenere dei dati che permettessero di arrivare a definire un modello ideale di incubatore e capire se esistano delle differenze tra la qualità dei servizi che gli incubatori offrono, quello che realmente è percepito dalle startup incubate, e quali sono le aspettative degli imprenditori che vorrebbero affrontare, in futuro, un programma di incubazione.
  • 11. 11 CAPITOLO 1 L’INCUBATORE 1.1 Che cosa sono gli incubatori? Le definizioni che meglio di altre spiegano il significato della parola “incubatore” sono due. La prima è quella fornita dalla principale organizzazione mondiale degli incubatori, la National Business Incubation Association (NBIA), mentre la seconda è stata realizzata da due docenti dell’Università di Bologna, R. Grimaldi e A. Grandi. La NBIA9 afferma che la funzione principale degli incubatori è quella di far nascere e crescere attività imprenditoriali durante il loro periodo di avviamento. Un periodo nel quale tali imprese possono essere solo idee embrionali o prototipi, non essere strutturate, prive di flussi di cassa o non sufficientemente stabili e guidate magari da imprenditori impreparati ad affrontare le sfide del mercato. Il programma di incubazione è un processo di sostegno per le imprese che permette di accelerarne lo sviluppo, fornendo agli imprenditori una vasta gamma di risorse e servizi mirati. R. Grimaldi e A. Grandi10 hanno elaborato una seconda definizione che meglio rispecchia quello che è l’ecosistema italiano degli incubatori. Gli incubatori sono il mezzo più efficace per collegare tecnologie, capitali e know-how al fine di sfruttare il talento imprenditoriale, accelerare sia lo sviluppo di nuove società che lo sfruttamento della tecnologia. Sono strutture preposte allo stimolo e al sostegno della nascita di nuove attività. L'obiettivo principale di un incubatore è quello di produrre imprese di successo che lasceranno il programma di incubazione dopo un periodo massimo di tre anni, finanziariamente sostenibili e indipendenti. I principali servizi che vengono generalmente erogati dagli incubatori sono diversi (R. Grimaldi).  Disponibilità di risorse fisiche. Gli incubatori permettono alle società insediate di usufruire di uffici, connessioni internet, laboratori e in certi casi anche di alloggi.  Supporto amministrativo. Nell’ecosistema italiano l’aiuto nelle pratiche amministrative diventa particolarmente rilevante. Come spiega L. Capello, 9 Fonte: http://www.nbia.org/ 10 Fonte: Business incubators and new venture creation: an assessment of incubating models, Technovation, Volume 25, Issue 2, February 2005, pag. 111-121
  • 12. 12 fondatore di Enlabs11 , in un incontro avvenuto a Roma a maggio 2013, “gli incubatori devono permettere agli imprenditori di focalizzarsi sulla loro attività core lasciando gli oneri amministrativi legati a tematiche fondamentalmente burocratiche, fiscali e legali alla struttura che li ospita”. Gli startupper hanno così la possibilità di investire tutto il loro tempo in attività legate direttamente alla creazione di valore e non in attività accessorie che non sono altro che fonte di rallentamento e distrazione dal business.  Supporto gestionale e strategico. Tali servizi permettono agli startupper di usufruire di un periodo di tutoraggio necessario ad apprendere nuove tecniche e modalità di lavoro come per esempio la redazione di business plan, supporto strategico, il public speaking. Inoltre, come afferma G. Broggian, presidente di CGN12 e in stretto contatto con Friulia13 , in un incontro avvenuto in luglio: “l’incubatore dovrebbe essere d’ausilio alla startup mettendole a disposizione un vasto network non solo organizzando incontri con investitori finanziari, vc e business angel ma soprattutto garantendo alla startup contatti con aziende del settore in cui questa è attiva per favorire l’integrazione e lo sfruttamento di possibili sinergie ed accelerarne lo sviluppo”. Gli incubatori inoltre possono apportare capitale di rischio, risorse umane, tecnologiche e contatti di cui dispongono. “La valutazione implicita di una startup che si appresta ad entrare in un incubatore e che ha quindi superato un percorso di selezione - afferma F. Roman partner di H-Farm in un incontro avvenuto in occasione della Digital Week14 di Ca’ Foscari - è di circa 300 mila euro”. L’incubatore infatti mediamente rileva una partecipazione della startup compresa tra il 10% e il 15% apportando 15.000 euro di finanziamenti cash e altri 15.000 euro sotto forma di servizi. 11 Incubatore romano situato alla stazione ferroviaria di Roma Termini che funge anche da Venture Capital 12 CGN, con oltre 140 dipendenti e situata a Pordenone in Friuli, è una società leader nel panorama italiano nel fornire servizi per professionisti 13 Friulia è una finanziaria costituita dalla regione del Friuli Venezia Giulia nata per investire in progetti del territorio Friulano 14 Evento biennale legato al tema dell’innovazione che si tiene nelle sedi dell’Università Ca’ Foscari
  • 13. 13 Gli incubatori d’impresa svolgono un ruolo fondamentale anche nei confronti di diverse tipologie di stakeholders (U. Kumar, V. Kumar). a) Verso le incubate. Determinano un incremento delle probabilità di successo e la credibilità di queste dinanzi agli investitori; forniscono capitale; attivano programmi di tutoraggio; creano sinergie tra azienda-clienti. b) Verso il governo. Gli incubatori permettono di superare i fallimenti del mercato, in particolare in Italia, ponendosi come veri e propri garanti dell’innovazione; promuovono lo sviluppo regionale; sono la dimostrazione dell’impegno del Governo a livello regionale; creano posti di lavoro e quindi aumentano le entrate fiscali. c) Verso le aziende. Queste possono evitare ingenti investimenti in ricerca e sviluppo da parte delle imprese consentendo loro di acquisire un’idea, un team di lavoro pre-costituito e una struttura innovativa già collaudata per avviare nuovi business e per aprirsi nuove opportunità. d) Verso la comunità locale. Consentono la formazione di una cultura imprenditoriale; la creazione di ricchezza e la possibilità di beneficiare delle innovazioni e delle tecnologie sviluppate. e) Verso la comunità internazionale. Apportano benefici a tutto il network di cui dispongono e consentono alla stessa comunità nazionale e internazionale lo scambio di tecnologie e l’implementazione di una cultura imprenditoriale. Gli obiettivi di un incubatore variano a seconda della regione in cui opera e della sua stessa tipologia. Quelli che ricorrono più frequentemente sono (R. Lalkaka): • una riduzione del tasso di mortalità delle imprese • una riduzione del tasso di disoccupazione • lo sviluppo di uno spirito imprenditoriale • l'incremento della interazione università-azienda • lo sviluppo di una determinata nicchia di mercato • lo sviluppo tecnologico Al fine di centrare i propri obiettivi, gli incubatori organizzano programmi di incubazione che possono durare da un minimo di tre mesi ad un massimo di tre anni, il cui fine è quello di aggiungere valore alle imprese incubate, aumentando così le
  • 14. 14 loro possibilità di successo. I programmi sono molto diversi in base sia alla struttura dell’incubatore considerato (pubblico, universitario o privato), alle sue finalità, alle caratteristiche regionali e alle esigenze delle imprese incubate. 1.2 Incubatori pubblici, universitari, privati e virtuali Gli incubatori di impresa nascono negli Stati Uniti d'America e la loro comparsa si può far risalire al 1942, quando la Student Agencies Inc.15 inizia ad incubare alcune imprese create da studenti universitari. Nel 1946 nasce il primo incubatore che fornisce servizi a imprenditori esterni all’università, l’American Research Development (ARD), avviato da diversi ex allievi del MIT con l’obbiettivo di conferire capitale di rischio a supporto di nuove idee imprenditoriali. In Europa si assiste alla loro diffusione solo all’inizio degli anni ’80, in particolare nel Regno Unito: a Oxford, a Edimburgo e a Cambridge anche grazie all’introduzione di una normativa europea16 che regola il ruolo e la funzione degli incubatori pubblici. Questi sono entità finanziate da fondi pubblici che, in relazione alla loro localizzazione, possono investire in idee e progetti legati al territorio. I progetti approvati dai diversi comitati decisionali devono avere caratteristiche che permettano di presentare soluzioni socialmente utili come per esempio progetti finalizzati all’assistenza dei disabili, alla creazione di nuovi posti di lavoro o progetti di ricerca ad elevato impatto tecnologico. Trattandosi di enti pubblici, l’obbiettivo primario non è quello di realizzare un capital gain, ma di analizzare e selezionare idee e progetti a carattere innovativo e di fornire agli aspiranti imprenditori programmi finalizzati all’avvio e allo sviluppo di nuove imprese. In Italia queste strutture sono associabili al sistema dei Business Innovation Center (B.I.C.) che fungono da punto d'incontro tra territorio, imprese e mondo della ricerca, oppure ai Parchi Scientifici Tecnologici. I criteri che vengono utilizzati, come viene confermato dalle parole della responsabile della selezione dei progetti per l’incubatore di Trieste L. Monvisi in un’intervista telefonica, sono principalmente “la bontà dell’idea; il luogo dove ha sede la società e, se non costituita, la location di appartenenza del team; il mercato di riferimento, le prospettive di crescita; e gli spillover sociali”. La loro ragion d'essere è rappresentata prevalentemente dalla 15 E’ la più antica corporazione indipendente gestita da studenti ed è stata fondata nel 1884 16 DG XVI, Doc. XVI/37/84 – European Commission BIC concept
  • 15. 15 capacità di fornire servizi logistici a prezzi irrisori, per aiutare le aziende ad accedere a finanziamenti e competenze non disponibili in-house. Parallelamente agli incubatori pubblici, si sono sviluppati quelli universitari. Forniscono spazi a studenti ma anche agli stessi ricercatori e professori per tramutare i risultati delle ricerche svolte in veri e propri progetti industriali. L’obbiettivo principale è quello di permettere agli atenei di monetizzare il lavoro svolto brevettando le ricerche compiute ed evitando che il sapere generato venga semplicemente trasferito a realtà terze. In Italia gli incubatori universitari sono finanziati da fondi pubblici, ma è sempre più frequente che vi siano veri e propri venture capital che si accollano l’onere di sostenere tali strutture. Il ruolo degli incubatori universitari ha inizio con la formazione degli studenti: vengono preparati a diventare imprenditori trasferendo loro tutte quelle conoscenze economiche e informatiche necessarie, indipendentemente dal settore di interesse della startup. Inoltre, come conferma D. Pannofino di Polihub17 , tali strutture si caratterizzano principalmente per i seguenti punti: 1) lo sviluppo del progetto deve essere solitamente realizzato all’interno dell’università 2) viene attribuita la massima attenzione ai progetti inerenti alle discipline impartite nell’ateneo 3) l’incubazione avviene per idee di studenti, dottorandi, laureati o ricercatori appartenenti all’università 4) l’idea deve avere marcate relazioni con le corporate che sovvenzionano le ricerche universitarie 5) in molti casi si dovrebbero sviluppare e depositare dei brevetti. Solo all’inizio degli anni ’90 anche in Europa si diffondono gli incubatori privati. Sono fondati da individui, con un passato da imprenditori o da istituzioni finanziarie; sono profit-oriented e le principali voci di ricavi sono rappresentate dal pagamento di commissioni per i servizi offerti e/o dall'acquisizione di partecipazioni nell’impresa incubata. Come accennato pocanzi, la relazione che si viene ad instaurare tra incubata e incubatore può avere tre diverse forme. 17 Incubatore universitario del Politecnico di Milano
  • 16. 16  Fee based: la startup elargisce una fee mensile in relazione alle ore e alla quantità di lavoro offerti dall’incubatore. Tale strategia remunerativa consente all’incubatore di ottenere flussi di cassa certi e costanti, senza essere obbligato ad entrare come socio nell’equity della startup e quindi a partecipare direttamente al rischio d’impresa.  Equity oriented: l’incubatore si trasforma in una sorta di Venture Capital poiché i servizi e il capitale che apporta sono remunerati acquisendo una percentuale di equity della società a beneficio dell’incubatore, solitamente non oltre il 30%. L’investimento è molto più rischioso ma il beneficio per la startup diventa esponenziale visto che è la stessa struttura incubante a condividere il rischio d’impresa. Le energie e le risorse che verranno dedicate alla startup saranno pertanto superiori rispetto al modello precedente.  Fee&Equity: sono forme miste dove l’incubatore acquista sia una percentuale di equity, solitamente inferiore rispetto al caso precedente, che una fee mensile. L’elemento distintivo degli incubatori privati risiede nella capacità di riunire startup, tecnologie, grandi operatori industriali e finanziari in una rete comune. Di conseguenza il network e le relazioni dell’incubatore diventano una delle maggiori componenti di valore aggiunto che questi enti forniscono alle startup che partecipano ai loro programmi di incubazione. Conferiscono inoltre supporto operativo, strategico e amministrativo giorno per giorno, accesso a tutor, formazione, competenze tecniche e di gestione, rilevanti risorse finanziarie con un’ottica temporale di più breve periodo rispetto agli incubatori pubblici o universitari. Questo perché, come sostiene Eric Ries nel trattato “The lean startup”, la capacità di essere veloci ad arrivare a presentare al mercato un MVP (minimum viable product) seppur fornito di sole caratteristiche basilari, ma comunque fruibile e utilizzabile dagli utenti, è un elemento fondamentale in un mondo che cambia sempre più velocemente. Negli ultimi anni infine si stanno diffondendo anche in Italia gli incubatori virtuali come per esempio AQube.it che ha l’obiettivo di sostenere e promuovere le aziende spin-off dell’Università degli studi dell’Aquila oppure CalabriaIT che fornisce non solo i servizi classici dell’incubatore, ma anche un programma esclusivamente virtuale. Gli incubatori virtuali possono essere delle vere e proprie attività indipendenti, come nel
  • 17. 17 caso di Aqube.it oppure delle divisioni di incubatori presenti su un dato territorio che hanno l’obiettivo di estendere la rete dei servizi offerti anche a startup non fisicamente presenti all’interno dello spazio fisico (CalabriaIT). La vera sfida legata ai programmi di incubazione virtuale è quella di riuscire a trasmettere alle startup un servizio di networking di primo livello anche in assenza della presenza fisica dei soggetti in questione. Avere solide reti equivale ad avere un ambiente che facilita il “peer-to-peer learning”, un reciproco supporto e potenziali collaborazioni, nonché una sorta di cameratismo tra startupper, tutte condizioni necessarie per avere successo. 1.3 Incubatori, venture capital e business angel Come definito pocanzi, lo scopo degli incubatori è quello di favorire iniziative imprenditoriali permettendo ad idee embrionali o prototipi di nascere, crescere e svilupparsi con l’ausilio di spazi fisici, di servizi organizzativi e amministrativi, impartendo ore di tutoraggio finalizzate all’apprendimento principalmente di materie economiche e giuridiche, mettendo a disposizione personale altamente qualificato e attivando contatti necessari per attrarre investitori e venture capital. Un incubatore quindi dovrebbe fornire il capitale iniziale necessario a convalidare l’ipotesi sulla quale si basa l’idea imprenditoriale. E’ necessario quindi distinguere il ruolo degli incubatori da quello dei venture capital. Se i primi si occupano principalmente della fase antecedente al finanziamento, i secondi hanno l’obiettivo di conferire capitali necessari a sostenere l’attività per un periodo di tempo più a medio/lungo termine. Finanziariamente, un incubatore conferisce il “seed money” che rappresenta il capitale necessario a trasformare un’idea in una attività imprenditoriale. Solo in un secondo momento, quando cioè l’imprenditore è stato in grado di ottenere metriche significative, ratio credibili e quindi l’ipotesi alla base del modello imprenditoriale è stata convalidata, intervengono i venture capital per il secondo round di finanziamento definito di expansion financing.
  • 18. 18 Figura 1: Round di finanziamento dell’impresa, fonte M. Livian, Valutazioni.com, EGEA, Milano 2000 E’ necessario sottolineare come oltre che in America, anche in Italia colossi industriali del calibro di Telecom, Wind ed Enel stiano svolgendo le veci dei venture capital. Le corporate allocano una percentuale delle proprie risorse a bandi finalizzati a trovare startup già attive nel campo di interesse delle società permettendo ingenti risparmi in R&D. Vengono quindi indetti bandi dai quali emergono un panel di startup vincitrici che otterrano i finanziamenti necessari per avviare o sviluppare il progetto da parte delle corporate le quali acquisiscono partecipazioni sia di maggioranza sia di minoranza tramite un aumento di capitale. Spesso vengono poi definite clausule che permettono all’investitore di esercitare un diritto di prelazione nel caso in cui il management della startup decidesse di cedere la propria quota. Oppure, nelle partecipazioni di minoranza, potrebbero essere inserite clausole put&call che garantiscono all’investitore una alternativa nel caso in cui l’azionista che detiene il controllo della società non voglia vendere la stessa a terzi o quotarsi in un mercato regolamentato. L’obbiettivo ultimo della corporate è quindi l’acquisto di una iniziativa con un’ottica temporale di almeno cinque anni, che le consenta di ottenere i medesimi o anche migliori risultati con un costo significativamente inferiore rispetto a quelli che si
  • 19. 19 sarebbero ottenuti investendo risorse esponenzialmente maggiori in progetti ancora in stato embrionale. Un’ultima figura rilevante che non deve essere confusa con il ruolo degli incubatori né con quello dei venture capital, è quello dei business angel che nel contesto italiano non sono ancora così diffusi come in quello americano o israeliano. Secondo la definizione fornita dall’associazione Italiana Business Angels (IBAN)18 , il business angel è una persona fisica che impiega e investe il proprio patrimonio in piccole e medie imprese sotto diverse forme di capitale di rischio, attraverso l’assunzione, la gestione e lo smobilizzo di partecipazioni, prevalentemente in società non quotate in Borsa e con un attivo coinvolgimento nello sviluppo dell’azienda partecipante. In Italia i business angel lavorano grazie a reti sociali che hanno l’obiettivo di facilitare l’incontro tra imprenditori e investitori affinché questi possano disporre di un network dal quale attingere ogni qualvolta abbiano la disponibilità di effettuare un investimento. I business angel in primo luogo definiscono un business plan affinché l'idea imprenditoriale possa essere presentata agli investitori nel miglior modo possibile. Poi devono avere l’abilità di creare e gestire un network costituito da altri business angel e ma soprattutto di investitori. In questo caso svolge un ruolo chiave la credibilità del business angel stesso. Scovare e lanciare business effettivamente redditizi non può che portare ad un incremento della propria reputazione e di conseguenza ad un incremento di conoscenze, contatti e quindi opportunità. Inoltre i business angel devono essere in grado di organizzare e gestire eventi al fine di promuovere l’incontro tra progetti e idee selezionate e investitori. I business angel in Italia possono appartenere fondamentalmente a tre diverse categorie19 : 1) Territoriali. Sono network con una dimensione geografica tendenzialmente regionale o al massimo interregionale che hanno l’obiettivo di unire investitori legati ad uno specifico territorio. 2) Tematici. Ciò che unisce gli investitori è l’interesse nei confronti di attività appartenenti al medesimo settore specifico come per esempio quelle appartenenti al mondo digital, oggi tanto di moda. 18 Fonte: www.iban.it 19 Fonte: www.iban.it
  • 20. 20 3) Telematici. Le reti appartenenti a questa categorie sono caratterizzate dallo svolgimento dell’attività grazie a reti che permettono la fruibilità di informazioni immediate e sicure. 1.4 Modello di incubazione Il successo di un incubatore è direttamente proporzionale a quello delle società incubate. La pubblicità data dai casi di successo è quindi di vitale importanza, in quanto incoraggerà i nuovi startupper a presentare i loro progetti in quel dato polo innovativo piuttosto che in altri e ambire ad entrare a far parte del medesimo network che ha reso di successo molte altre startup. Ciò significa che più persone saranno interessate a creare nuove imprese incentivate dai “success cases” e di conseguenza vi sarà un maggior numero di progetti tra i quali l’incubatore potrà scegliere, e quindi la qualità di quelli selezionati sarà più elevata (Bizzotto, 2001). In conclusione il successo dell'incubatore sarà il modo più efficace per attirare nuove imprese. Chi ha interiorizzato magistralmente questa capacità di amplificare i casi di successo e minimizzare quelli di insuccesso è H-Farm, venture incubator che opera a livello internazionale in ambito web, digital e new media, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di startup basate su innovativi modelli di business20 . H-Farm ha quattro diversi uffici sparsi i tutto il mondo: Cà Tron-Italia, Seattle-USA, Londra-Regno Unito e Mumbai-India. Il network internazionale di cui dispone l’incubatore, la presenza massiccia su tutti i media del paese, e le numerose visite di personalità altisonanti del mondo imprenditoriale italiano e internazionale hanno permesso ad H-Farm di diventare una vera e propria istituzione. Basti pensare che su un’intervista face to face svolta su oltre 90 aspiranti startupper in diversi eventi dedicati al mondo delle startup nel nord Italia (Digital Week, TedxCa’ Foscari, Hackathon Milano, Guida Galattica) alla domanda “in quale incubatore vorresti affrontare il processo di incubazione”, il 74% ha riposto in H-Farm. 20 Fonte: h-farmventures.com
  • 21. 21 Le fasi principali del processo di incubazione, come evidenziato dal professor J. Moreira nel saggio “A management model for the incubation of businesses oriented to risk capital”, sono principalmente tre.  Pre-incubazione: l'obiettivo è quello di trasformare le idee o progetti innovativi in un business potenzialmente commerciale. Questa fase è concepita come un processo embrionale di definizione dell’idea, di realizzazione di un prototipo funzionante e di individuazione dei clienti.  Incubazione: in questa fase gli imprenditori hanno a disposizione le necessarie infrastrutture e il supporto strategico per lo sviluppo del loro progetto e hanno la possibilità di focalizzarsi sulla loro attività core, andando a verificare metriche che possono essere utilizzate per avvalorare o meno le assumption alla base del loro progetto.  Disincubazione: l'obiettivo è quello di sostenere le imprese in modo che possano essere poi in grado di affermarsi al di fuori dell'incubatore senza l’appoggio di quest’ultimo. Queste tre macro-fasi si suddividono nelle micro-fasi di seguito descritte che vanno a definire il modello nel suo insieme. 1) Prospezione: l'incubatore ricerca quali potrebbero essere le società da ammettere al processo di incubazione. La promozione di attività imprenditoriali dovrebbe essere sviluppata in collaborazione con le università e con i centri di ricerca, consentendo un sensibile miglioramento della qualità delle imprese candidate. Se così fosse sarebbe possibile vagliare idee imprenditoriali con solide nozioni e che abbiano già avuto un primo processo di selezione interno alle medesime università o ai parchi di ricerca. 2) Scelta: uno dei punti cruciali che sanciscono il successo di qualsiasi incubatore è senza ombra di dubbio il processo di selezione delle nuove società. Il numero di aziende “graduate” sarà direttamente proporzionale alla qualità del processo di selezione. Lo scopo è quello di individuare quelle proposte che hanno una maggiore possibilità di successo. Esso consiste in un’attenta analisi del modello di business delle candidate e degli aspetti
  • 22. 22 collegati ad una prima bozza di piano industriale dell’azienda, o alle prospettive di crescita e sviluppo nel caso in cui questo fosse ancora assente. 3) Negoziazione: affinché vi sia il massimo allineamento tra gli obiettivi dell’impresa incubata e l’incubatore, un aspetto rilevante è quello della negoziazione delle quote. L'incubatore, apportando servizi di vario genere e capitali, si riserva la facoltà di acquisire partecipazioni delle incubate. Così, in fase di negoziazione, l'incubatore presenterà i termini e le condizioni proposte all'azienda. E’ necessario sottolineare che non sempre gli incubatori italiani acquistano partecipazioni societarie. Anzi, in particolare quelli pubblici e universitari, fanno pagare semplicemente una fee mensile alla società incubata per i servizi offerti. Tale aspetto verrà analizzato a fondo in un secondo momento, ma è necessario evidenziare fin da subito questo primo disallineamento: richiedendo semplicemente una fee e non partecipando al rischio d’impresa, l’incubatore rischia di non essere interessato alla crescita e alla creazione di valore della startup. Ricevendo infatti una sorta di “affitto” mensile, il focus potrebbe essere quello di mantenere il più a lungo possibile la startup all’interno della struttura trasformando gli incubatori in una sorta di “affitta spazi”. 4) Incubazione: tale fase è costituita dalla formalizzazione, attraverso un contratto, della relazione incubatore-azienda sulla base dei termini che sono stati precedentemente definiti, e messi in pratica attraverso strumenti giuridici redatti a questo scopo. 5) Sviluppo: l’incubatore dovrebbe apportare il maggior valore aggiunto per la società incubata. Tutti gli sforzi del management e dei tutor devono essere indirizzati offrendo servizi e programmi che andranno a completare il profilo del gruppo e a rafforzare la società per innalzare il livello di competitività nei confronti del mercato. La programmazione e la strategia perseguita dalla società saranno strutturate in questa fase, in aggiunta allo sviluppo del prodotto/servizio, alla definizione delle necessità finanziarie, alle strategie di marketing, ecc. Devono poi emergere il maggior numero di problemi o
  • 23. 23 potenziali difficoltà affinché l’incubatore possa intervenire apportando una formazione efficace tramite specifiche attività di mentoring. L'idea fondamentale alla base di un programma di mentoring è quello di creare un collegamento tra i nuovi startupper con gli imprenditori di successo e con esperienza (mentori) affinché possano fornire consulenza e assistenza sulla base delle loro passate esperienze. Esistono varie versioni dei programmi di mentorship. Come spiega G. Montoli, responsabile del programma di accelerazione di Enalbs, in un incontro avvenuto a Roma “uno dei valori aggiunti che caratterizza il nostro incubatore rispetto a molti altri è dato dal network di mentori che mettiamo a disposizione alle nostre startup. Quando selezioniamo un progetto rileviamo mediamente il 10% dell’equity di cui il 7- 8% viene acquisito da Enlabs mentre la rimanente parte è di proprietà di uno o due mentor che seguiranno la startup in tutto il percorso di crescita”. L’obiettivo è proprio quello di allineare gli obiettivi della società, del tutor e dell’incubatore per consentire un rapido sviluppo di crescita della startup. I tutor sono solitamente dei “guro” nel settore di appartenenza dell’incubata affinché possano avere il maggior numero di risposte da fornire al team e abbiano rilevanti contatti con il mondo di appartenenza della startup. I tutor sono selezionati sia dall’incubatore ma anche dagli stessi componenti della startup che hanno la legittima facoltà di decidere chi condividerà il rischio di impresa assieme a loro. Tra i problemi più comuni che le aziende incubate devono affrontare vi sono quelli tecnici, quelli legati alla gestione del progetto, alla penetrazione del mercato, e quelli inerenti alla mancanza di esperienza da parte del team.
  • 24. 24 Figura 2: Principali difficoltà delle società incubate 6) Crescita: in questa fase dovrebbe diventare concreto il processo di espansione. Coloro che sono coinvolti dovrebbero lavorare per la promozione della società aggredendo il mercato di riferimento e stringendo partnership strategiche. L'importanza di una buona rete di relazioni non può far altro che convalidare la bontà del business facilitando la presentazione della società ai potenziali investitori. La fase di crescita dovrebbe avere anche la partecipazione attiva del network dell’incubatore per permetterebbe alla società di incontrare investitori finanziari e industriali interessati a partecipare allo sviluppo del progetto. 7) Monitoraggio: una volta che l'azienda ha raggiunto un determinato livello nella sua curva di crescita, il controllo e la partecipazione dell'incubatore nelle operazioni delle startup cambieranno sensibilmente. Il management avrà acquisito una expertise sufficiente per essere totalmente autonomo nella gestione societaria. Il ruolo dell’incubatore si trasforma sempre di più in quello di un investitore finanziario (come un private equity per esempio) intervenendo solo in attività che esulano dall’ordinaria amministrazione. Società incubate Penetrazione del mercato Tecnici Gestione del progetto Mancanza di esperienza
  • 25. 25 8) Disinvestimento: il ruolo dell’incubatore dovrebbe essere quello di favorire e semplificare il passaggio delle partecipazioni a strutture finanziariamente più strutturate e che effettuano investimenti non più nella fase seed o pre-seed ma in società con un chiaro business model e con delle esplicite metriche. Il problema che spesso si pone, in particolare per quelle società che non performano secondo le aspettative, riguarda il momento in cui un incubatore deve decidere di attuare il “write off” della startup dal programma. Secondo C. Wolfe, fondatore della Claggett Wolf Associate, gli incubatori dovrebbero stabilire specifici e precisi criteri relativi alla loro missione e alle capacità di continuare a creare valore per le incubate. Dovrebbero esserci dei limiti per le risorse materiali, temporali e personali che eroga come per esempio definire un numero massimo di ore di assistenza. Sarebbe infine ancor più importante che un incubatore fosse in grado di procedere ad una auto-valutazione in merito alle proprie capacità di creare valore per le imprese. Una volta raggiunto il limite, dovrebbe essere lo stesso incubatore ad invitare e incentivare l’exit delle startup.
  • 26. 26 CAPITOLO 2 MAPPATURA DEGLI INCUBATORI ITALIANI Per svolgere un’analisi completa degli incubatori si è proceduto, per la prima volta in Italia, ad una mappatura precisa ed esaustiva degli operatori attivi sul territorio italiano in collaborazione con l’associazione indipendente Italia StartUp e in particolare con il dottor A. Cavallo, studente del Politecnico di Milano, e F. Barilli, segretario dell’associazione Italia StartUp. La finalità di questa prima analisi è stata quella di ottenere un campione di riferimento a cui poter sottoporre in un secondo momento il questionario realizzato per analizzare e comparare i servizi che gli incubatori italiani offrono alle startup. Non è stato possibile appoggiarsi a studi di settore o a precedenti ricerche poiché non presenti o di scarso valore. Il censimento è stato svolto analizzando e verificando le diverse fonti che parlavano o trattavano degli incubatori italiani e si è espansa fino a raggiungere il dato finale di 88 incubatori che dovrebbe rispecchiare verosimilmente il numero di enti attivi nel settore. Per facilitare la ricerca, gli incubatori sono stati suddivisi in tre cluster: incubatori universitari; parchi tecnologici; incubatori/acceleratori e per ciascun ente sono state sottolineate esclusivamente le maggiori peculiarità onde evitare una eccessiva trattazione. 2.1 Incubatori Universitari 2i3T è l’incubatore d’impresa dell’Università di Torino la cui mission è quella di ottimizzare i successi della ricerca scientifica svolta all’interno dell’ateneo, incentivando e sostenendo le nuove imprese. Attualmente sono incubate 31 aziende operanti nel settore digital, agroalimentare, dell’energia, della scienza e nel sociale. Enne3 è l’incubatore d’impresa finanziato dal Fondo Sociale Europeo dell’università di Novara ed offre servizi di incubazione gratuiti per le startup selezionate o a costi convenzionati per quelle esterne. Attualmente sono incubate 12 imprese attive dal settore digital fino a quello scientifico.
  • 27. 27 Fondazione Filarete nasce a Milano nel 2008 grazie alla collaborazione dell’Università di Milano, la Fondazione Cariplo e Intesa San Paolo. L’obbiettivo è quello di riunire team di ricerca, laboratori con le tecnologie più avanzate e finanziamenti che possano aiutare le startup a trasformare idee in brevetti. I3P, incubatore universitario nato a Torino nel 1999, secondo la classifica annuale del Global Benckmark Report, nel 2013 si è classificato al quarto posto in Europa e al dodicesimo nel mondo tra gli incubatori accademici. Sono state incubate oltre 140 startup e dal 2011 ha avviato un programma specifico focalizzato esclusivamente ad incubare progetti digitali rivolti al mercato consumer. L’Incubatore Universitario Fiorentino ha il ruolo di trasformare in impresa idee legate al mondo della ricerca incentivando l’applicazione pratica di ricerche e brevetti. Offre servizi di pre-incubazione e incubazione. Polihub nasce a Milano nel 2000 grazie a ingenti finanziamenti da parte del comune. Dispone di un team di 25 persone che seguono attualmente 25 startup e l’obbiettivo è quello di aiutare startup che operano in business altamente innovativi a realizzare business model solidi. L’azionariato è suddiviso tra la Fondazione Politecnico di Milano che detiene la metà del capitale sociale, Cefriel, Mip e Polidesign. Speed Mi Up è il nuovo incubatore dell’Università Bocconi nato con la collaborazione del Comune e della Camera di Commercio di Milano. Specializzato nella formazione (business&management), mette a disposizione il centro di ricerca dell’università, e un panel di esperti nel settore di attività della startup.
  • 28. 28 Start Cube è l’incubatore dell’università di Padova finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e fornisce servizi di incubazione a startup appena costituite o in via di costituzione. Attualmente sono presenti oltre 30 startup. Fornisce anche servizi di incubazione virtuale. Technest è l’incubatore dell’Università della Calabria attivo dal 2010; le startup al suo interno, 13 attualmente, spaziano dai settori biotecnologici fino a quelli digital. L’incubatore offre servizi di incubazione e pre- incubazione. 2.2 Parchi Tecnologici Area Science Park è il Parco Tecnologico di Trieste che opera in svariati settori quali energia e ambiente, telecomunicazioni, informatica ed elettronica, fisica e le nano tecnologie. Tramite il pogramma Innovation Factory fornisce supporto diretto alle startup costituite o in fase di costituzione fornendo servizi di pre-incubazione e incubazione. Aster, società consortile nata da un accordo tra CNR21 , le università della regione e la Regione, promuove la ricerca industriale e strategica, lo sfruttamento delle sinergie tra università e impresa ed infine la valorizzazione del capitale umano. Per le imprese fornisce due tipologie di servizi: informativi (in merito a bandi regionali, nazionali ed europei per la ricerca) e di supporto al trasferimento tecnologico dai centri universitari alle realtà produttive. Bioindustry Park è focalizzato sulla salute umana e si occupa di aziende principalmente attive nei settori bioindustriale e biotecnologico. Il Parco mette a disposizione delle proprie startup e società strutturate svariati servizi in particolare supporto brevettuale, nella ricerca di finanziamenti nazionali e internazionali, di personale qualificato e di Business Development. 21 CNR: area di ricerca di Bologna
  • 29. 29 Campania Innovazione tramite “Campania in Hub” offre servizi di incubazione per startup, spazi di ricerca, laboratori e agevolazioni e facilitazioni finanziarie per le imprese insediate. Centuria-agenzia favorisce e incentiva l’innovazione e lo scambio di idee grazie ad un team di dodici persone. Gestisce direttamente due incubatori d’impresa che forniscono servizi logistici e di tutoraggio e consulenza. E’ focalizzato nei settori dell’agro-alimentare, delle costruzioni, dell’energia e ambiente, ITC&Design e della meccanica. ComoNext è uno dei maggiori poli tecnologici della Lombardia e oltre ad offrire servizi logistici alle imprese insediate, si caratterizza per avere una divisione che si occupa esclusivamente di “problem solving” e per indire concorsi a premi e studi di fattibilità per idee innovative. A questi affianca un programma di incubazione per startup attive da non oltre 18 mesi. Il Consorzio Arca è nato nel 2003 in collaborazione con l’Università di Palermo. Oggi conta oltre 20 imprese incubate mentre dall’anno della sua costituzione 120. L’obbiettivo del Consorzio è quello di trasferire alla comunità siciliana la conoscenza acquisita e trasformata in sistemi, prodotti, brevetti e procedure di pubblica utilità. Il Consorzio Polo Tecnologico di Magona, attivo dal 1997, ha ottenuto nel 2002 il riconoscimento dal Ministero dell’Istruzione entrando a far parte dei laboratori d’eccellenza italiani. Dal 2011 ha inaugurato l’incubatore d’impresa che oggi conta 4 società incubate fornendo, oltre ai servizi di pre-incubazione e incubazione, anche un rimborso spese che copre fino al 100% dei costi sostenuti dalla startup nei primi 18 mesi di vita.
  • 30. 30 Environment Park ha l’obiettivo di stimolare e promuovere iniziative imprenditoriali che coinvolgono il mondo della ricerca, quello accademico e quello imprenditoriale in un’unica realtà per generare attività profittevoli e con ritorni economici positivi. Il Parco opera tramite due business-unit: quella legata all’efficienza e quella alla gestione immobiliare. Il Galileo Park di Padova intende favorire il trasferimento tecnologico nei settori del design industriale e dei nuovi materiali. Grazie allo stretto rapporto con l’Università di Padova e con la Camera di Commercio, sono state avviate diverse iniziative legate all’imprenditoria e ai “nuovi imprenditori” tra le quali la più importante è l’associazione Business Angel Veneto. Ha chiuso l’esercizio del 2012 con un utile di 10 mila euro dopo il rosso del 2011 chiuso con 71 mila euro di perdite. Tra i socci spiccano il Comune e la Camera di Commercio di Padova e Veneto Innovazione22 . Garfagnana Innovazione è un polo tecnologico attivo nel settore lapideo costituito da 4 incubatori per la nascita di nuove imprese, da 2 laboratori per scultura, da 2 laboratori per prestazioni di servizi alle imprese e da un’aula tecnologica. Non possono accedere al parco imprese costituite da oltre 24 mesi e nel caso non lo fossero, devono costituirsi entro 30 giorni dall’ingresso nel parco. Health innovation Hub è un consorzio nato con l’idea di unire competenze locali e nazionali nel campo sanitario e sociale in un unico centro affinché questo possa generare spillover positivi sul cittadino e sulle istituzioni legate al settore. Le aziende consorziate sono attualmente 16. Kilometro Rosso è uno dei più importati parchi Tecnologici italiani. Situato in provincia di Bergamo, offre servizi di formazione in collaborazioni con gli atenei, servizi di consulenza e assistenza nella ricerca di 22 Veneto Innovazione è una società regionale che ha l’obiettivo di sviluppare la ricerca applicata nel Veneto
  • 31. 31 partner, per la tutela della proprietà intellettuale e nella ricerca di fondi e finanziamenti ed infine offre servizi promozionali e di supporto alle società insediate. Pa.L.Mer è il parco scientifico di riferimento del Lazio meridionale e svolge attività di diffusione dell’innovazione e di ricerca in collaborazione con enti regionali e università. Pa.L.Mer è dotato di due laboratori, uno chimico e uno meccanico, realizza corsi di formazione per startup e svolge un ruolo cruciale nella ricerca di finanziamenti per le imprese insediate. Il Parco scientifico e tecnologico della Sicilia funge da ponte tra l’università e l’impresa per ottimizzare la conoscenza sviluppata nelle accademie e per implementarla rendendola disponibile alle società attive sul territorio. Opera in diversi settori: agroalimentare, ambientale, culturale, delle bioenergie e dei materiali innovativi. Il Parco scientifico e tecnologico di Crotone supporta le imprese e la pubblica amministrazione nel processo di innovazione legato sia al prodotto sia ai processi. Il Parco è attivo nel settore agroalimentare, in quello dei beni culturali, dell’energia e delle fonti rinnovabili, nella filiera del legno ed infine nella medicina. Il Parco Tecnologico di Verona, nato nel 2001, si pone l’obiettivo di favorire la diffusione dell’innovazione nel territorio veneto, incentivando il legame tra imprenditoria, ricerca e università ponendosi come aggregatore e facilitatore. Ha chiuso l’esercizio 2012 con un utile di 1.860 euro dopo tre esercizi consecutivi chiusi in perdita. Il Parco Tecnologico Vega è il punto di incontro tra l’università Ca’ Foscari, i centri di ricerca e il settore produttivo legato alla provincia di Venezia. Il Parco scientifico offre programmi di incubazione, location di co- working, progetti di innovazione e ricerca e progetti specifici ICT. Le aziende incubate appartengono a diversi settori dalla ristrutturazione di beni culturali alle
  • 32. 32 biotecnologie. Attualmente ha ottenuto il concordato preventivo avendo chiuso dal 2008 al 2012 gli esercizi sempre in perdita: 1,8 milioni nel 2008, 1,6 mln nel 2009, 1,7 mln nel 2010, 1,6 mln nel 2011 e 5,7 mln nel 2012. Il Parco Scientifico Romano dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, funge da supporto per la diffusione dell’innovazione e per la nascita e la crescita di nuove realtà industriali. Attraverso l’incubatore “Spin- Over”, il parco ospita 33 realtà alle quali offre servizi di incubazioni e post- incubazione. Il Parco Luigi Daniele di Udine supporta le imprese insediate offrendo formazione, studi di fattibilità tecnologica, assistenza al fund raising, serivizi e servizi di incubazione tramite Techno seed e Techno Growth, Opera nei settori energetici, metallurgici, nelle biotecnologie, IT e ICT. Il Parco Torricelli concentra le proprie ricerche e investimenti nei settori dei materiali innovativi a base inorganica e compositi come metalli, polimeri, leghe speciali e nanotecnologie. Il Parco presenta all’interno dei suoi 6 ettari, uno stabilimento di circa 2000mq che ospita startup incubate, spin-off della ricerca e spin-off delle imprese. Il Polo Tecnologico Padano rappresenta il punto di riferimento per le istituzioni lombarde attive nei settori agro-biotecnologico. Al suo interno è stato realizzata una divisione specifica per le nuove imprese ribattezzata Alimenta che offre servizi di incubazione e pre-incubazione anche virtuali. Attualmente sono incubate 14 realtà. Il Polo Tecnologico di Pavia in collaborazione con Mind the Bridge, attiva trimestralmente programmi di accelerazione di impresa facendo leva in particolare sui contatti, sulla pubblicità e sul network che può mettere a disposizione della startup. Attualmente nel programma sono incubate sette startup oltre a quelle presenti all’interno del parco tecnologico.
  • 33. 33 Il Polo Tecnologico di Navacchio in provincia di Pisa nasce con l’obbiettivo di implementare e favorire la crescita delle PMI attive sul territorio locale. Il Polo è focalizzato principalmente su due settori: quello ambientale e quello energetico. Ha realizzato poi un incubatore d’impresa per startup fornendo servizi di incubazione e pre-incubazione, fisica e virtuale, contribuendo alla nascita e allo sviluppo di oltre 40 startup. Il Polo Tecnologico Lucchese grazie ai contatti e alle collaborazioni nazionali e internazionali ha come obbiettivo principale il trasferimento tecnologico a favore del ecosistema lucchese nei settori dell’IT, dell’edilizia sostenibile e delle tecnologie energetiche. Il Polo presenta programmi di accelerazione e incubazione della durata massima di tre anni per società costituite da non più di 36 mesi. Pont-tech, nato nel 1996, è il consorzio della ricerca industriale situato a Pontedra in Toscana. Dal 2008 agisce anche come incubatore ed è in costruzione una seconda struttura esclusivamente per società high- tech e spin-off. Attualmente sono incubate 14 startup attive in diversi settori. Technapoli è un parco tecnologico situato nell’area di Napoli e Caserta che offre principalmente quattro diverse tipologie di servizi: finanza e innovazione (in relazione al progetto e all’idea identifica il migliore modo possibile per svilupparla e per trovare i finanziamenti adeguati); gestione della proprietà intellettuale; servizi ICT; networking. Tecnogranada funge da parco tecnologico lavorando in stretto contatto con le università del Piemonte e i centri di ricerca, funge da principale polo agroalimentare della regione fornendo servizi per migliorare la competitività del settore nel breve/medio periodo attraverso l’innovazione e l’internazionalizzazione ed infine pone molta attenzione al comparto delle startup avendo attivato un programma di accelerazione. Ad oggi partecipano al programma sette startup.
  • 34. 34 Tecno Marche nasce nel 1992 con l’obbiettivo di creare conoscenza per trasferirla ad applicazione industriali e di formare ricercatori e manager nel campo della ricerca applicata. Dispone di tre laboratori che effettuano ricerche e analisi in tre settori: elettrico e nuove tecnologie; IT e progettazione di processi produttivi. Le principali attività del Polo sono la ricerca&sviluppo, trasferimento tecnologico, innovazione e cooperazione, sviluppo territoriale e formazione. Tecnopolo s.p.a., parco tecnologico romano, è caratterizzato da due diversi progetti: Tiburtino dove la ricerca e le attività sono legate soprattutto al settore ICT e aereo-space; Castel Romano focalizzato invece in settori quali quello metallurgico, biotecnologico e ambientale. L’obbiettivo del parco tecnologico è quello di accompagnare le realtà romane verso un modello nel quale sia possibile coadiuvare forme gestionali tecnologicamente avanzate con la sostenibilità ambientale. Tecnopolis PST è una società consortile situata a Bari che gestisce le attività del Parco Tecnologico. Questo offre sia servizi logistici ad imprese, centri di ricerca e a individui singoli, ma anche a startup e a società non ancora costituite. Ha inoltre un programma di incubazione che fornisce servizi ad alto valore aggiunto come quelli di consulenza, di assistenza nello sviluppo tecnologico e nella ricerca, e di un forte network per la ricerca di partner industriali. TIS Innovation Park è un parco tecnologico attivo prevalentemente nei settori green, energy, tecnologie alpine e alimentare. Ha un programma di incubazione eccellente e conta attualmente 24 startup al suo interno. Aiuta la startup nella definizione della business idea, nel lancio e nello sviluppo di nuovi prodotti fornendo know-how tecnologici di primo livello, e consentendo alla startup incubata di usufruire dei partner industriali del parco e del panel di VC e investitori che fanno parte del network di Tis Innovation Park.
  • 35. 35 TLS è un parco tecnologico mono-settoriale che effettua ricerche esclusivamente nel campo delle scienze della vita. Ad oggi sono incubate 27 realtà che possono godere dei laboratori, dei servizi e dei finanziamenti del Parco nel campo farmaceutico. Nel 2012 sono stati in grado di attrarre finanziamenti per oltre 48 milioni di euro e il fatturato totale delle imprese incubate è stato superiore ai 5 milioni. Sardegna Ricerche offre supporto ad imprese in fase di startup con corsi di formazione anche grazie ad una forte collaborazione con le università sarde. Inoltre è in grado di garantire facile accesso a nuove risorse umane, offre servizi di consulenza strategica legati alla possibilità di internazionalizzare il business e mette a disposizione il team di ricerca e i laboratori del Parco per le startup che ne hanno richiesto l’utilizzo. Attiva infine ogni mese programmi differenti per aziende strutturate con contenuti molto diversi in relazione al settore di appartenenza. Umbria Innovazione è un centro che riunisce quattro diversi poli di ricerca legati a tematiche differenti: efficienza energetica ed energie rinnovabili, genetica e biologia, meccanica avanzata, e l’ultimo che si occupa di ricerca nel campo dei materiali speciali e delle micro e nano tecnologie. 2.3 Incubatori/Acceleratori H-Farm nasce nel 2005 grazie a Riccardo Donadon e Maurizio Rossi. In 8 anni di attività ha incubato 47 startup, realizzando 7 exit tra cui H-Art della quale deteneva una partecipazione per un valore di 100 mila euro, rivenduta per 5 milioni di euro dopo quattro anni. H-Farm opera sia come mero incubatore ma anche come venture capital cercando di massimizzare le partecipazioni in portfolio creandone il maggior valore possibile. Opera prevalentemente nell’ambito digital e dei new media dove il team è in grado di apportare il maggior valore aggiunto vista l’expertise nel settore. Conta oltre 100 dipendenti.
  • 36. 36 SeedLab è uno dei programmi di incubazione più completi nel panorama italiano. Il percorso è strutturato in più moduli: nel primo i selezionati partecipano a corsi intensivi di contabilità, finanza, strategia, marketing e project management. Conclusa questa prima parte, ha inizio il percorso intensivo che prevede tre mesi di incubazione al termine dei quali gli startupper presenteranno in un pitch la propria startup davanti ad un panel di investitori, VC e business angel e i progetti più validi vinceranno inoltre un viaggio di almeno due settimane nella Silicon Valley per capire il mercato americano. iStarter è un programma di accelerazione basato a Londra e a Torino, con un team composto da oltre 45 professionisti. Dura tre mesi, periodo nel quale viene dato supporto finanziario e di mentoring alle startup selezionate. Ogni anno vengono incubate 15 startup. Make a cube, incubatore milanese, è focalizzato su progetti ad alto valore sociale ed ambientale con un periodo di incubazione che varia dai 3 ai 12 mesi in relazione alla tipologia di progetto, mantenendo l’imprenditore come unico protagonista e assumendo un ruolo di facilitatore nella crescita del business. Digital Magics è attiva dal 2008 come incubatore di startup innovative digitali e nel 2013 è arrivato a quotarsi nel Mercato Alternativo del Capitale dedicato alle piccole e medie imprese. Attualmente sono incubate 21 startup ed in 5 anni Digital Magics ha prodotto 5 exit. Milano Metropoli è un’agenzia di sviluppo situata a Milano, che dal 2003 ha attivato un programma di incubazione. Ospita circa 40 startup offrendo servizi sia di incubazione che pre-incubazione in particolare focalizzati sul consolidamento finanziario della startup.
  • 37. 37 M31 è un incubatore di società high-tech che opera in differenti settori: dal biomedico alle comunicazioni, dai sistemi informatici allo sviluppo di nuovi software. M31 ha sede a Padova in Italia, ma l’headquarter si trova in California. Sono incubate attualmente 7 startup e il legame tra l’Università di Padova e l’incubatore è fortissimo. 99 Fahrenheit è un programma di incubazione che prevede sia formazione sia investimenti diretti all’interno della startup. Attualmente sono incubate 7 startup seguite da un team di undici persone tutte con esperienza internazionale sia nei mercati europei che americani. L’Incubatore Ex Herion&Ca’ Emiliani sono le due sedi dell’incubatore di Venezia. Con oltre 6000 mq totali disponibili, offre spazi e servizi a prezzi agevolati alle startup per un periodo massimo di tre anni, rinnovabili per altri tre. L’incubatore è focalizzato soprattutto nel settore artigianale tanto caro alla realtà Veneta. Incubatori FVG, situato nel cuore del Friuli Venezia Giulia, dispone di oltre 12000 mq di spazi e conta oltre 30 società incubate attive nei più disparati settori. Offre principalmente servizi logistici e di consulenza. Grazie ad un ampio network con le imprese del territorio è in grado di fornire alle startup incubate contatti industriali legati al business di appartenenza della startup al fine di accelerarne la crescita. Boox è un incubatore di Milano attivo prevalentemente nel campo ICT. Annovera nel suo portfolio attualmente 13 startup tra cui le rinomate Iubenda (gestione delle normative legali di siti internet) e Fubles (organizzazione di partite di calcio a 5) e ha beneficiato di due exit. Il team è composto da quattro persone.
  • 38. 38 Incubatore di Aosta&Point-Sant-Martin sono le due sedi dell’unico incubatore presente nella Valle d’Aosta. Il primo, realizzato nel 2004, dispone di oltre 2000 mq di spazi disponibili e conta 9 startup attualmente incubate. Il secondo è stato realizzato nel 1997 – tra i più datati in Italia – con spazi di 2100 mq e conta al suo interno 11 startup. Dal 1997 ad oggi l’incubatore della Valle d’Aosta ha contribuito alla formazione e allo sviluppo di oltre 50 startup. Bergamo Sviluppo nasce nel 2001 con l’intento di consentire a società non costituite o costituite fino ad un massimo di 12 mesi, di usufruire di servizi di incubazione previa selezione tramite bando pubblico. Vengono offerti, oltre alla logistica, servizi di consulenza per un massimo di 20 ore al mese. Faber Academic Box è un acceleratore di imprese sociali, situato a Pordenone in Friuli. E’ attivo in svariati settori ma accetta esclusivamente progetti che facilitino la cooperazione e che siano tendenzialmente legate al territorio. Situato in Emilia Romagna GH è l’unico incubatore italiano focalizzato esclusivamente sul settore del turismo e in particolare sul turismo culturale e fornisce i classici servizi di un acceleratore d’impresa con particolare attenzione a quelli legati al marketing e al networking. Attualmente sono incubate due startup. Progetto manifattura, basato a Rovereto, è un polo attivo esclusivamente nei settori dell’energia rinnovabile, dell’edilizia sostenibile, delle tecnologie per l’ambiente e nella gestione delle risorse naturali. Fornisce servizi di incubazione a imprese neocostituite o in fase di costituzione con l’intento di contribuire alla crescita dei suddetti settori creando un ecosistema specializzato. Attualmente sono incubate 29 startup.
  • 39. 39 Teze Mechatronics nasce nel 2012 in provincia di Brescia e affianca l’attività di incubazione con quella di ricerca e di co-working. Pertanto mette a disposizione non solo spazi e servizi di consulenza ma anche un laboratorio ad alta tecnologia ed assistenza per la raccolta di fondi tramite bandi nazionali ed internazionali. Attualmente sono presenti 5 startup. Working Capital è il programma di accelerazione promosso da Telecom Italia che ogni anno attribuisce trenta premi da 25 mila euro ciascuno per lo sviluppo di startup attive nei settori digital, mobile evolution, digital life e green. Le startup vincitrici sono suddivise nei tre principali poli dell’innovazione italiana: Milano, Roma e Catania. Knowbel è il nuovo acceleratore d’impresa di Modena nato nell’aprile del 2013 che annovera già dieci startup al suo interno. Il vero punto di forza è la rete di mentori con una formazione e un profilo di primo livello che mette a disposizione delle startup. La Fornace dell’Innovazione è un incubatore d’impresa situato ad Asolo, in provincia di Treviso, che annovera al suo interno 19 startup attive in settori molti diversi tra loro. Mette a disposizione sia servizi di incubazione classici che virtuali fornendo formazione, tutoring, networking e chiaramente servizi logistici. Superpartes è un incubatore che investe direttamente nell’idea e diventa co- fondatore dei progetti che incuba. Una delle caratteristiche principali è il Campus Lab che attrae e forma i migliori sviluppatori software per aiutare idee vincenti non solo a sviluppare e convalidare il business model, ma anche a comporre un team con persone selezionate e preparate. Il team è costituito da sei persone (tutti ex imprenditori) e attualmente sono incubate quattro startup. Gli incubatori di Grosseto, Massa Marittima e Scarlino offrono servizi di consulenza, networking e formazione alle imprese incubate. Il focus principale dell’attività di questo polo è la formazione poiché il management ritiene che
  • 40. 40 l’investimento sulle risorse umane sia l’unico modo perché una azienda possa raggiungere il successo. Nana Bianca è un acceleratore d’impresa che nasce da un’idea di Paolo Barberis, fondatore di Dada, società quotata attiva nel mondo della comunicazione digitale. Nana Bianca ha oggi al suo interno 14 startup e mette a disposizione di queste un network di VC, business angel e fondi di investimento di primo livello. iNVENT Innovation Ventures è un acceleratore/VC nato nel 2001 a Parigi e dal 2011 attivo anche in Italia che effettua investimenti in startup legate al mondo digital, delle biotecnologie, delle energie rinnovabili e dell’ICT. La strategia di investimento è quella legata all’individuazione di startup con elevati margini di crescita e che abbiano un team alle spalle con skills di primo livello. Attualmente detiene partecipazioni in 14 startup. Innovami è un incubatore che investe in idee ad alto contenuto tecnologico ed innovativo. Offre servizi di pre-incubazione, incubazione, servizi a tutela della proprietà intellettuale e soprattutto apporta “innovazione” cioè contribuisce a migliorare processi aziendali e ad approcciare nuovi mercati. Innovami, nato nel 2006, ha incubato 21 imprese di cui 7 sono ancora attualmente all’interno del programma. We Teach Off è un progetto nato nel 2008 a Bologna con la collaborazione di Aster e del Ministero dello sviluppo economico che offre servizi di pre- incubazione, incubazione e post-incubazione alle startup. Ha coinvolto oltre 100 startup e investito oltre 400 mila euro con un team di 8 persone a disposizione delle aziende. Per problemi finanziari dovrebbe chiudere l’attività a fine anno. Enlabs assieme da H-Farm è l’incubatore più rinomato e ambito nel panorama italiano. Il programma di incubazione prevede 6 mesi con la possibilità di prolungarlo per altri 6. Enlabs acquista solitamente una partecipazione prossima al 15% ripartita tra l’incubatore e il mentore. Attualmente sono
  • 41. 41 incubate 16 startup e all’interno dello stabile è situata anche Uber che ha da poco ricevuto finanziamenti per 280 milioni di dollari da Google. L’Incubatore Firenze nasce nel 1995 grazie alla collaborazione del Comune di Firenze, dell’Unione Europea e della regione Toscana e offre principalmente servizi di consulenza e formazione all’imprenditore. Lo staff operativo è composto da 5 persone che seguono le 14 startup attualmente incubate in uno spazio di circa 1000 mq. Jesi Cube, incubatore situato nelle Marche, offre alle startup servizi di pre- incubazione e di incubazione dopo uno step di valutazione per verificare la bontà del progetto, oltre che una serie di servizi generali (amministrazione, partnership, networking). L’incubatore sta crescendo velocemente sia come personale (stanno cercando nuove figure professionali da inserire nel team), sia come numero di startup. Attualmente sono 8 ma dopo la conclusione del round di settembre dovrebbero diventare 16. Italeaf supporta e coadiuva lo sviluppo di imprese attive nei settori green, dell’industria sostenibile e circular economy. L’obiettivo di Italeaf è quello di creare un polo nazionale dell’”energia verde” riducendo al minimo la distanza tra investitori e startup del settore. Attualmente i progetti attivi sono undici. Incubatore Rioni Sassi svolge un ruolo nevralgico a Matera per tutte quelle funzioni legate alla salvaguardia del patrimonio culturale per sostenere, diffondere, favorire e rafforzare la cultura e la nascita di nuove imprese legate al settore culturale e al territorio. L’incubatore aprirà le porte alla fine dell’anno e sta già avviando rapporti e creando sinergie con altre entità simili in Europa. 56Cube è un venture incubator che nasce all’interno di Digital Magics (Milano) ma che si trova collocato nei pressi dell’Università di Salerno con la quale ha stretto una collaborazione legata soprattutto alla disponibilità e alla formazione delle risorse umane. Il venture incubator è attivo nel settore IT
  • 42. 42 e conta al suo interno sei startup. Incubatore d’impresa Val D’Agri offre alle startup spazi fisici attrezzati (laboratori industriali e high tech), servizi logistici e una importante rete di contatti. L’incubatore è ancora nella fase iniziale del suo percorso di crescita e attualmente sta valutando le prime startup che si andranno ad insediare al suo interno. The Net Value è il principale incubatore della Sardegna e investe direttamente nell’equity delle startup rilevandone delle partecipazioni. L’incubatore investe in startup legate esclusivamente al mondo digital con grandi prospettive di crescita. Sono attualmente incubate 21 startup che ricevono soprattutto consulenza dai mentori di riferimento. Il team è composto da nove figure altamente specializzate in materie differenti ma con lo stesso focus sul mondo digital. Gli Incubatori di Settingiano e Montalto Uffugo offrono alle startup servizi di valutazione della business idea, servizi di consulenza sia legati al recruitment di nuovi soggetti che possano completare il team sia finanziari e strategici, e logistici. Le startup possono essere ammesse all’interno dell’incubatore dopo aver partecipato e superato il primo bando di selezione. Entrambi gli incubatori offrono anche servizi di incubazione virtuale. BiostartNet in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico offre un percorso di supporto per startup e aspiranti startupper attivi nel settore delle biotecnologie. Il programma è articolato in due fasi: nella prima viene verificata la fattibilità tecnica, economica e finanziaria del progetto; nella seconda invece le startup potranno ricevere sia servizi più specifici legati al business sia incentivi finanziari non superiori ai 200 mila euro. Open Campus offre un programma di accelerazione a Cagliari della durata di tre mesi del valore di 50 mila euro per startup attive nel settore del digital e new media che presentino sinergie con il business di Tiscali.it, main sponsor
  • 43. 43 del progetto. La selezione delle startup avviene in collaborazione con H-Farm. Bi Cube; situato in Basilicata, si distingue dagli altri incubatori poiché accompagna il team dall’idea alla vera e propria startup, offrendo un aiuto costante per quanto riguarda ricerche di mercato, informazioni legate al deposito di brevetti, ricerca di fondi e finanziamenti e soprattutto una costante assistenza da parte di uno staff altamente specializzato.
  • 44. 44 CAPITOLO 3 IL MERCATO DEGLI INCUBATORI: LE STARTUP 3.1 L’imprenditorialità Prima di approfondire l’analisi in merito alle startup e com’è caratterizzato il panorama italiano, è necessario capire che cosa spinge un soggetto ad avviare un’attività indipendente e com’è cambiato nel corso degli anni il concetto di imprenditorialità. Steve Gedeon, docente di Entrepreneurship and Strategy e direttore del Ryerson Entrepreneur Institute, ne da una definizione ricorrendo alle diverse scuole di pensiero che si sono succedute negli anni in merito al significato che racchiude la parola “imprenditorialità”. Secondo Gedeon, “l’imprenditorialità è un concetto multidimensionale che include il possedere una piccola attività (teoria del rischio); l’essere innovativi (teoria dinamica); avere il carattere e le qualità del leader (Traits School); e la capacità di avviare una nuova nuova società”. Quest’ultimo aspetto comprende l’opportunità di guidare il mercato verso l’equilibrio (Scuola Austriaca) oppure di causare squilibrio attraverso la forza della “distruzione creativa” (Schumpeter). La “teoria del rischio” vede tra i suoi esponenti di maggior spicco Cantillon (1755) e Hawley (1907). Il primo descrive l’imprenditore come un agricoltore o un mercante che si assume il rischio di acquistare un prodotto ad un determinato prezzo con l’incertezza di venderlo ad un prezzo differente. Il secondo invece ritiene che il rischio sia intrinseco nell’imprenditore e che i frutti generati dall’impresa debbano essere goduti principalmente dal proprietario considerato che si assume le responsabilità e i rischi esponenzialmente superiori rispetto ad ogni altro soggetto. La teoria del rischio enfatizza quindi la marcata differenza tra manager ed imprenditore. Il manager deve avere l’abilità di generare profitti per l’impresa, ma senza l’assunzione del rischio e della titolarità dell’attività non potrà mai essere definito imprenditore. La “teoria dinamica” afferma che i profitti non sono altro che la conseguenza del cambiamento da uno stato di equilibrio presente in condizioni di concorrenza perfetta ad uno di cambiamento dinamico. A partire da questo concetto sono sorte nel tempo una serie di definizioni in relazione al mezzo con il quale gli imprenditori mettevano in
  • 45. 45 atto il cambiamento dinamico: dallo spostamento di risorse, alla creazione di nuovi combinazioni di prodotti, innovando o speculando. La teoria conduce direttamente a Schumpeter che parla di “distruzione creativa” definendo l’imprenditore come l’unico individuo in grado di attivare quel cambiamento che conduce all’innovazione. Schumpeter però rivede la figura dell’imprenditore in qualsiasi soggetto: dal dipendente al dirigente, dall’amministratore fino ai finanziatori e promotori. Un altro concetto fondamentale che emerge dalla teoria dinamica è il modo in cui il valore viene creato. Esiste infatti l’imprenditore innovativo, quello imitativo, quello adattivo, quello speculativo. La teoria dinamica include però anche l’applicazione del concetto di imprenditorialità al di fuori dell’ambito mero e puro del business e del profitto concetto che viene applicato ad altri campi come il sociale, quello scolastico e anche quello politico. McClelland (1961) riconosce la mancanza di consenso comune sulla definizione di imprenditorialità e sposta l'attenzione alle caratteristiche personali e culturali e sui valori di coloro che si impegnano con comportamenti legati al ruolo imprenditoriale. Questa enfasi sul singolo ha portato alla nascita della "Traits School", che descrivere gli imprenditori come persone con alcuni tratti comuni quali il bisogno di realizzazione, la necessità di mantenere il controllo e dotati di una spiccata leadership. Oggi possiamo affermare che il concetto di imprenditorialità è assai diverso da quello proposto dalle scuole di pensiero dell’800 e ‘900. Il progetto GEM23 definisce l’imprenditorialità come un processo articolato in diverse fasi: l’intenzione di avviare un nuovo business, la sua effettiva realizzazione, la gestione di aziende già avviate o di aziende neonate ed infine la chiusura del business. Chiaramente ogni fase è differente in ogni paese e pertanto non si può affermare che le fasi siano sequenziali in ogni nazione. Secondo il modello realizzato dal GEM, la prima fase è dedicata ai potenziali imprenditori e quindi a tutti coloro i quali hanno un’idea innovativa o incrementale o semplicemente emulativa, che sono disposti ad affrontare il rischio connesso allo svolgimento dell’attività imprenditoriale. Tutti gli strumenti di comunicazione enfatizzano oggi il ruolo dell’imprenditore come esempio di persona di successo e, 23 Global Entrepreneurship Monitor, progetto di ricerca internazionale con l’obiettivo di esplorare il ruolo dell’imprenditorialità per la crescita nei sistemi economici nazionali.
  • 46. 46 grazie allo sviluppo del mondo “digital”, sembra che tutti possano giocarsi la propria possibilità derivante dal ridotto fabbisogno di capitali iniziali. La fase successiva è quella caratterizzata dai nascent entrepreneurs, cioè coloro i quali hanno creato un’azienda da meno di tre mesi e hanno superato lo step iniziale e ottenuto quindi le prime metriche e i primi dati per capire se il business potrebbe essere scalabile o meno. Gli imprenditori in grado di proseguire la loro attività per almeno 42 mesi, sono coloro i quali sono stati in grado di lanciare quella che viene definita dal GEM una nuova attività. Nel modello realizzato dal GEM, il tasso di nuova imprenditorialità viene indicato con l’acronimo TEA (Total early stage Entrepreneurial Activity) e comprende l’imprenditorialità nascente e le nuove attività. Superata quest’ultima fase, l’azienda viene definita come un business avviato e destinato a proseguire nel tempo. 3.2 Che cosa sono le startup Secondo il “guru” Paul Graham24 , una startup è una società progettata per crescere molto velocemente. Non è necessario che sia una società di nuova costituzione affinché si possa definire una startup, né è necessario che sia attiva nel settore della tecnologia, o che sia in grado di ottenere finanziamenti, o di avere già una strada aperta verso l’"exit". La sola caratteristica che deve possedere una startup è la crescita. La grande differenza quindi tra una startup e tutte le altre società neo- costituite (per esempio un ristorante o un negozio dove poter acquistare qualsiasi bene) è la scalabilità del business. Questo vuol dire individuare una nicchia di mercato potenzialmente interessata alla business idea e allo stesso tempo avere la possibilità di servirla tutta contemporaneamente. Un ristorante nel momento in cui i coperti sono esauriti, non potrà più soddisfare tutta la potenziale domanda, di conseguenza il business non può definirsi scalabile. Paul Graham suddivide la crescita di una startup di successo in tre fasi che formano una curva ad S, dove la lunghezza e la pendenza determinano il grado di successo della startup. La curva è costituita dalle seguenti fasi: 24 E’ uno dei più famosi imprenditori seriali americani, fondatore di Y combinator
  • 47. 47 1) Nel primo step, la startup non cresce, ma si sviluppa a tassi minimi perché sta interiorizzando cosa richiede il mercato, come posizionarsi di conseguenza e come adattare l’idea iniziale al mercato di riferimento. 2) Una volta che la startup è riuscita a capire il mercato e soprattutto come raggiungerlo nel modo più efficiente ed economico, dovrebbe affrontare una fase di forte crescita. 3) Raggiunto il successo e quindi tramutata in una strutturata ed affermata company, la curva di crescita tornerà a flettersi a causa delle inefficienze generate da grandi strutture e dalla saturità raggiunta nel mercato di riferimento. Aspetto rilevante, ma che in molti casi viene sottovalutato o addirittura ignorato è l’effettiva comprensione non tanto del numero di nuovi clienti in termini assoluti, bensì del rapporto tra i nuovi clienti e quelli esistenti. Tendenzialmente una startup con un tasso di crescita del 5% a settimana è destinata a diventare una startup di successo poiché vuol dire che ogni anno crescerà di almeno 12 volte rispetto a quello precedente. In America, dove l’attenzione per le startup è massima, ma soprattutto dove tutta la filiera - incubatori, venture capital, IPO/Corporate – è altamente efficiente, i venture capital/business angel monitorano il mercato delle startup costantemente. Questo perché investire su una tipologia di società come le startup, ha un rischio intrinseco altissimo, ma in termini di capitale apportato assai limitato, e con elevati potenziali ritorni economici. Investendo per esempio in un business con tassi di crescita “flat”, ci si aspetterà di ricevere flussi remunerativi regolari come nel caso di acquisizione di partecipazioni in business maturi, senza prospettive di un’IPO o comunque di un’acquisizione da parte di una corporate, come invece generalmente accade per le startup di successo. Un’altra ragione che spinge i venture capital a privilegiare società di questo tipo è che con investimenti relativamente limitati è possibile acquisire partecipazioni rilevanti che consentono al VC di detenere un forte controllo sui fondatori. Come anticipato, questa prima visione è di stampo americano. Nel nostro ecosistema, è intervenuto direttamente il governo nel 2012, all’interno della task
  • 48. 48 force “Restart, Italia” fortemente voluta dal ministro Corrado Passera, che definisce una startup25 una società di capitali, non quotata e che soddisfa i seguenti criteri: • deve essere detenuta direttamente e almeno al 51% da persone fisiche, anche in termini di diritti di voto; • deve svolgere attività di impresa da non più di 48 mesi; • non ha fatturato o ha un fatturato, così come risultante dall’ultimo bilancio approvato, non superiore ai 5 milioni di euro; • non distribuisce utili; • ha quale oggetto sociale lo sviluppo di prodotti o servizi innovativi, ad alto valore tecnologico; • si avvale di una contabilità trasparente che non prevede l’uso di una cassa contanti, fatte salve le spese legate ai rimborsi. Una ulteriore definizione di startup viene fornita da Giovanni Testa, uno dei ragazzi del team di iStarter, incubatore con sede a Torino e Londra: “una startup è un business scalabile, innovativo e che produce beni o servizi per un mercato di stampo internazionale”. La definizione26 che però rispecchia meglio il concetto analizzato e che è stata utilizzata ai fini della presente ricerca, è quella che identifica la startup come “il periodo durante il quale viene avviata un’impresa che presenta elevate potenzialità di crescita, con caratteri innovativi all’interno del proprio business, e che necessita di capitali per poter convalidare le ipotesi su cui è basato il modello di business” (A. Onetti). E’ molto difficile stimare quale sia il numero reale di startup attive sul territorio italiano. Quelle associate ad Italia StartUp sono oltre un migliaio27 , quelle stimate da Mind the Bridge28 sono invece tra le 4 e le 8 mila con circa 1000 nuovi progetti avviati ogni anno. Il dato è così discordante perché in Italia costituire un’impresa è tutt’altro che semplice dal punto di vista burocratico e comporta rilevanti costi amministrativi. Pertanto moltissimi progetti sono effettivamente avviati, 25 Fonte: “Restart, Italia” 26 Fonte: A. Onetti: Internationalization, Innovation and Entrepreneurship: Business Models for New Technology- based Firms 27 Fonte: italiastartup.com 28 Fondazione no-profit ideata da Marco Marinucci
  • 49. 49 ma non ancora strutturati, impedendo quindi di avere un censimento preciso della realtà italiana. Come per gli incubatori, è possibile individuare differenti tipologie di startup in relazione all’origine dei rispettivi founders. Vi sono le startup di imprenditori e quindi di soggetti che già sono coinvolti in progetti diversi e che decidono ad un certo punto della loro attività di intraprendere un nuovo percorso cambiando settore di appartenenza del business. Esistono poi le startup dei neo imprenditori, soggetti cioè che per la prima volta decidono di avviare una propria impresa senza avere un solido background alle spalle come nel caso precedente. E’ possibile poi individuare anche le startup universitarie fondate da docenti e studenti. Infine è possibile inserire in questa categoria anche gli spin-off e quindi le nuove società indipendenti nate grazie a risorse di società pre-esistenti o di imprese terze. 3.3 L’importanza delle startup Le startup svolgono un ruolo cruciale per l’ecosistema mondiale producendo in particolare due tipologie di spillover positivi: la creazione di nuovi posti di lavoro e la contribuzione al processo innovativo. Grazie alla Kauffman Fondation e allo studio pubblicato nel 2010, è stato possibile apprezzare quantitativamente l’impatto delle startup in merito alla creazione di nuovi posti di lavoro. Il Business Dynamics Statics, il dataset realizzato dalla fondazione in collaborazione con il Governo americano, dimostra come al crescere del numero di anni di vita delle società, si riduca drasticamente il numero di nuovi posti di lavoro creati. Il ruolo delle startup risulta essere quindi decisivo. Nel primo anno di vita, le startup americane creano mediamente 3 milioni di nuovi posti di lavoro che si riducono fino a circa 250 mila dopo 11-15 anni. Il dato ancor più rilevante riguarda la differenza tra i posti di lavoro creati e quelli distrutti. Già dal secondo anno di vita delle società, il numero di posti di lavoro creati risulta essere uguale al numero di posti di lavoro distrutti, per arrivare ad essere addirittura inferiore a partire dal terzo anno di attività.
  • 50. 50 Figura 3: Posti di lavoro creati dalle startup, fonte: Business Dynamics Statistics, rielaborazione propria Inoltre è rilevante sottolineare come le startup siano assai meno soggette al ciclo economico. Indipendentemente dal periodo storico, secondo la ricerca della fondazione Kauffamn, il numero di nuove imprese risulta essere mediamente sempre lo stesso a dispetto del numero delle aziende strutturate e mature che, durante cicli economici negativi, si riduce sensibilmente. Oltre alla creazione di nuovi posti di lavoro, il grande contributo che le startup forniscono all’ecosistema mondiale è legato all’innovazione. Il rapporto tra innovazione ed imprenditorialità è fortissimo. Nel saggio “Innovations management” di J. Hauschildt e S. Salomo, con il termine innovazione si intendono “nuovi prodotti o processi che si distinguono qualitativamente e in modo marcato da quanto già esistente”. L’innovazione è presente nei settori tradizionali tanto in quelli per definizione più innovativi ed è connessa sia alle competenze organizzative sia strategiche come la visione di lungo periodo o la capacità di anticipare le tendenze del mercato. Secondo il professor A. Afuah della Ross School of Business di Ann Arbor (Michigan), “l’innovazione può essere fondamentalmente di due tipologie: incrementale e radicale”. Le prime sono quelle caratterizzate da un grado di rischio contenuto poiché apportano modifiche o miglioramenti a qualche cosa di già esistente. Le innovazioni radicali invece sono quelle che fissano un punto di svolta nel mercato come è avvenuto ad esempio con l’introduzione del tablet o quella dello smartphone. Sono innovazioni caratterizzate dall’assenza di prodotti simili o concorrenti diretti proprio perché sono sviluppate da first mover.
  • 51. 51 Il tasso e la capacità di innovazione di un’impresa è funzione non solo degli investimenti diretti in R&D della società stessa, ma anche dell’ambiente e del contesto in cui questa è inserita. Questo risulta essere uno dei maggiori problemi del nostro paese che si colloca al ventiquattresimo29 posto nella classifica delle nazioni maggiormente innovative. Il dato deriva da una media ponderata di diverse variabili30 :  “Intensità di ricerca” che è il rapporto dell’R&D in percentuale del PIL (l’Italia si colloca al ventottesimo posto);  “Produttività” che è data dal rapporto PIL per occupato per ora lavorata (l’Italia è stabile al diciannovesimo posto);  “Densità di aziende innovative” che rappresenta la percentuale di aziende che si occupano di settori innovativi quali l’aerospaziale, biotecnologia, software, semiconduttori, hardware, energie rinnovabili rispetto al totale delle aziende quotate (l’Italia si colloca al ventiduesimo posto);  “Concentrazione di ricercatori” espresso come numero di ricercatori ogni milione di abitanti (Italia trentaquattresima);  “Capacità industriale”, indice che tiene conto della quota dell’attività industriale sul PIL e della quota di ricerca nel valore prodotto (l’Italia è trentaseiesima);  “Livello di istruzione” (l’Italia si colloca al cinquantaseiesimo posto);  “Richieste di brevetto” per ogni milione di abitanti e per ogni milione di dollari investito in R&D (l’Italia è venticinquesima). 29 Fonte: Bloomberg 30 Fonte: Bloomberg
  • 52. 52 CAPITOLO 4 LAVORO SVOLTO E METODOLGIA DI RICERCA 4.1 Le fasi della ricerca Per definire il modello che possa descrivere e rappresentare la tipologia ideale di servizi che un incubatore dovrebbe offrire affinché le startup incubate possano carpirne il maggior valore possibile, si è suddivisa la ricerca in più fasi operative. La prima è stata dedicata alla definizione dei due campioni – incubatori e startup che hanno trascorso un periodo di incubazione – ai quali sottoporre i diversi questionari successivamente realizzati. Nella seconda fase si è provveduto a redigere i questionari con variabili qualitative e quantitative per gli incubatori, le startup incubate e potenziali imprenditori in collaborazione con alcuni startupper, fondatori e partner di alcuni tra i più importanti incubatori italiani. La fase successiva è stata nuovamente di ricerca, finalizzata all’ottenimento di un campione significativo di potenziali imprenditori ai quali sottoporre il questionario per loro appositamente realizzato. Le ultime fasi sono state dedicate alla raccolta e all’analisi dei dati, ed infine ad una serie di interviste con alcuni responsabili di diversi incubatori e fondatori di startup per analizzare e confrontare i risultati della ricerca. 4.2 Fase 1 – La definizione delle popolazioni in esame In primo luogo si è provveduto ha definire i campioni di riferimento. Si sono realizzati tre diversi questionari per diverse popolazioni – incubatori, startup e potenziali imprenditori. Nella prima parte del progetto di tesi è stato però possibile individuare solo i primi due campioni. Come detto precedentemente, non esiste in Italia un dataset nel quale siano elencati e raggruppati tutti i diversi attori che operano nel mondo degli incubatori. Pertanto per arrivare a definire una mappatura completa si è provveduto a censire la realtà italiana degli incubatori. Il processo di ricerca della popolazione degli incubatori è stato svolto tramite fonti dirette ed indirette e, per cerchie, si è arrivati a definire una popolazione di 9 incubatori universitari, 36 parchi tecnologici e 43 incubatori/acceleratori che dovrebbero rispecchiare l’ecosistema attivo nel nostro paese. Mappati gli incubatori si è proceduto individuando un campione di riferimento
  • 53. 53 per quanto concerne le startup che sono attualmente incubate o che hanno trascorso un periodo di incubazione. E’ importante sottolineare come la ricerca si sia focalizzata esclusivamente su questa particolare tipologia di startup per realizzare un modello che spieghi le variabili principali che portano una startup ad un grado medio di soddisfazione del valore apportato dall’incubatore. A partire quindi dalle informazioni pubbliche fornite dai siti web e da quelle più riservate ottenute direttamente dal personale dei diversi incubatori è stato possibile individuare un panel di 307 startup a cui è stato sottoposto il questionario. 4.3 Fase 2 – L’elaborazione dei questionari Individuate le popolazioni di riferimento per la ricerca, è stato necessario redigere i questionari per ottenere i dati quali-quantitativi utili a creare il modello empirico. I questionari sono stati realizzati intervistando telefonicamente un panel di 63 startupper che hanno affrontato o che stanno affrontando un periodo di incubazione affinché emergessero i servizi ritenuti da questi più significativi e di maggior impatto per giudicare soddisfacente l’operato di un incubatore. I servizi di partenza presentati al panel di intervistati sono quelli individuati nel report State of the Business Incubation Industry, 2006 presentato dalla NBIA. Il risultato è stato poi sottoposto direttamente all’attenzione di R. Donadon, fondatore di H-Farm, alla dottoressa I. Salce e G. Capello, responsabili della comunicazione e degli investimenti in Enlabs, a F. Barilli e A. Cavallo di Italia StartUp e ovviamente al professor C. Cennamo per avere un diverso punto di vista e capire se i servizi individuati dagli startupper potevano considerarsi completi o se necessitavano di ulteriori modifiche. Gli output conclusivi del lavoro sono stati tre diversi questionari. Le variabili quantitative attraverso cui viene richiesto di esprimere un giudizio legato ai servizi offerti dagli incubatori sono le medesime per tutti e tre i modelli, mentre quelle qualitative sono adattate per i diversi campioni. 4.3.1 – Il questionario per le startup Il questionario inviato alle startup (si veda allegato 1) che hanno trascorso o che stanno affrontando un periodo di incubazione è costituito da una prima parte
  • 54. 54 descrittiva finalizzata a profilarle. E’ stato quindi possibile identificare alcune informazioni generali tra le quali: - L’area di attività in cui operano le startup. Sono state definite sei macro aree: startup attive nei settori web, Information and Communication Technologies, consumer products, electronics and machinery, clean technologies e biotech/life sciences. Quelle operanti in settori alternative sono state catalogate nella sezione “altro”. L’obbiettivo della domanda era quello di capire in profondità i settori in cui le startup italiane sono maggiormente attive e di conseguenza le diverse esigenze che gli incubatori dovrebbero andare a soddisfare. - Il grado di istruzione dei componenti del team. Sono stati suddivisi in relazione ai titoli di studio conseguiti per verificare il livello di istruzione di chi si mette in proprio e di chi accetta di lavorare come dipendente per realtà con un rischio intrinseco assai elevato. - La specializzazione del team. La domanda è servita a comprendere quali sono le figure più ricercate all’interno delle startup italiane. Si sono suddivise in tre macro classi: profili tecnici come gli sviluppatori; profili manageriali come esperti in finanza o nel marketing; profili professionali come avvocati o architetti. - L’incubatore dove hanno affrontato il programma per capire sia se questo sia un acceleratore, un acceleratore universitario o un parco tecnologico, che per apprezzare se sia privato, pubblico o ad azionariato misto. La seconda parte è quella maggiormente rilevante ai fini dell’analisi svolta poiché viene richiesto alla startup di esprimere un giudizio da 1 a 7 utilizzando la Scala Likert31 in merito al grado di soddisfazione sui servizi ricevuti dall’incubatore dove 1 è il valore minimo e 7 quello massimo. I servizi sono stati suddivisi in cinque macro aree. 1) Servizi generali: è stato individuato un panel di servizi offerti alle startup incubate di carattere generale. 31 La scala Likert è stata introdotta nel 1932 da Rensis Likert per utilizzare uno strumento più semplice per la misurazione delle opinioni.