«Semo stadi sai contenti de sentir le vostre vosi». Emigrazione e comunicazio...
Relazione del Gruppo di lavoro sulla legalità
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SEMINARIO
“DEMOCRAZIA, COSTITUZIONE, CITTADINANZE”
SAN BENEDETTO DEL TRONTO
11-12-13 OTTOBRE 2007
RELAZIONE COORDINATORI GRUPPO LEGALITA’
1. Finalità
Nell’ambito dei Laboratori di sperimentazione e valutazione critica delle unità
video proposte dalla redazione di Medita Rai, il Gruppo legalità si è posto come
finalità l’ipotesi di strutturazione di un curricolo verticale, per contribuire,
attraverso l’adozione di una prospettiva storica, alla formazione/autoformazione
dell’“uomo-soggetto-individuo come animale sociale”. Erano presenti comandati
degli ISR, docenti e capi d’istituto, il responsabile ed il curatore del progetto
MEDITA della RAI, dr. Marco Zela e dr. Ludovico Gullifa.
2. Principi teorici
Il punto di partenza è stata la formulazione dei principi teorici basilari: liceità,
legalità, legittimità. Intendendo con liceità ciò che è condiviso ed accettabile per
un determinato gruppo di individui, ad esempio i gruppi dei pari o le associazioni
criminali. Con legalità ciò che è conforme alle leggi ordinarie e storicamente
determinate. Ed infine con il termine legittimità, ciò che è coerente a principi
superiori, quali i valori fondamentali e fondanti la costruzione democratica delle
società umane, come ad esempio i valori di libertà, solidarietà, pace, uguaglianza
e giustizia sociale che sono alla base della nostra Costituzione. Valori che, come
ha evidenziato Valerio Onida nella sua lezione magistrale, non possono essere
oggetto di revisioni indiscriminate a colpi di maggioranza parlamentare.
La riflessione su queste tre categorie di partenza ha messo in risalto il loro
carattere problematico e la loro reciproca contraddittorietà, che storicamente si
presenta anche nei termini di una legalità illegittima (es.: i regimi totalitari) e di
una illegalità legittima (es.: la Resistenza).
Inoltre, è stata anche esplicitata la coppia dicotomica fondamentale
suddito/cittadino. Indicando mediante la figura del suddito i processi incentrati
sullo scambio autonomia/sicurezza, tipico della costruzione dello Stato assoluto.
Di contro la figura del cittadino, fondamento dei processi ascensionali e condivisi
di costruzione delle grandi carte costituzionali democratiche moderne. Un
individuo-cittadino, fonte del diritto-dovere, autonomo e responsabile delle sue
scelte e dei suoi atti, che oggi bisogna declinare problematicamente a livello
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locale, nazionale, macroregionale e globale. Da qui il richiamo non solo alla
nostra Costituzione ma anche al Trattato dell’Unione Europea, alla Carta delle
Nazioni Unite e alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.
3. Ipotesi di percorso: le unità video analizzate
Dopo avere precisato il piano teorico, si è passati alla delineazione di un percorso
tematico/cronologico, da cui evincere le prime indicazioni per l’ipotesi di
formulazione di un curricolo verticale, attraverso la selezione, la visione ed il
commento di varie unità video tratte da Medita Rai: 1) L’acqua inquinamento e
carenza; 2) Abusivismo edilizio; 3) I briganti dopo l’unità d’Italia; 4) Regno
borbonico: cittadini e Stato; 5) Paternalismo padronale. Il caso di Crespi d’Adda;
6) Articolo 1. La sovranità del popolo; 7. Riforma agraria e lotte contadine.
Costituente e Costituzione.
A partire dall’impianto teorico condiviso precedentemente, sono stati individuati
dei nessi precisi tra le unità video analizzate e le categorie concettuali formulate.
La prima unità, L’acqua inquinamento e carenza, da presentare agli alunni della
scuola dell’infanzia e della scuola primaria, dovrebbe costituire un materiale
stimolo per l’osservazione e la simulazione di comportamenti, in modo tale da
individuare, attraverso modalità di apprendimento senso-motorio ed iconico,
concreti comportamenti leciti, legali e legittimi nell’uso dell’acqua a partire dalle
proprie esperienze dirette, per poi avviare un percorso di riflessione ed analisi sia
dal punto di vista storico sia dal punto di vista geografico.
L’unità video sull’Abusivismo edilizio, ipotizzabile per laboratori didattici con gli
alunni delle scuole secondarie di I e II grado, si è rivelata ricca di implicazioni,
esemplificando concretamente la conflittualità fra liceità, legalità e legittimità,
nonché i rapporti tra individuo e potere, individuo e necessità, politica e
criminalità organizzata. Di estremo interesse anche il rapporto tra musiche ed
immagini, capace di innescare un approccio interdisciplinare.
L’unità video sul Paternalismo padronale, da rivolgere agli alunni delle scuole
secondarie di II grado, ha ben esemplificato il contrasto tra legalità e legittimità
tanto sul piano dei contenuti, quanto su quello urbanistico-architettonico. Ponendo
al centro la dicotomia suddito/cittadino attraverso lo scambio autonomia/sicurezza
sotteso alle logiche paternalistiche del capitale, che saranno realizzate sul piano
politico durante l’età giolittiana, a fronte delle esigenze di disciplinamento e
riproduzione della forza lavoro.
L’unità Riforma agraria e lotte contadine. Costituente e Costituzione fa emergere
la portata dello scontro tra le forze sociali, sindacali e politiche alla fine degli anni
’40 per l’affermazione di diritti legittimi (lavoro e dignità delle persone) sanciti
dalla Costituzione e la legalità repressiva degli interventi straordinari di polizia
nel Mezzogiorno. Quel «Mezzogiorno all’opposizione», di cui parla Emilio Sereni
ovvero la mobilitazione contadina in difesa della riforma agraria in un «clima
prerivoluzionario», come sottolinea Colombo nel filmato, va quindi di pari passo
con la lotta politica e di classe contro la mafia, lotta che si rivolge contro il
proprietario assenteista ma anche contro il servo mafioso del proprietario, contro,
dunque, quel sistema di complicità di tipo mafioso che ostacola l’affermarsi, in
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Sicilia e non solo, della legalità nuova della Repubblica., La conclusione, tratta da
una conversazione di De Gasperi con Emilio Colombo nel 1948, è che solo con il
ridimensionamento del latifondo e una diversa e più giusta distribuzione della
proprietà terriera nell’Italia meridionale i contadini avrebbero potuto sentirsi
veramente cittadini, partecipi quindi di una legittimità e di una legalità condivise:
qui emerge l’Italia dalle “cento città” con riferimento all’impatto concreto che la
pressione esercitata dal centro attraverso l’insieme delle leggi e degli ordinamenti
del nuovo stato unitario ebbe su una società debole e frammentata qual era quella
italiana postunitaria.
Infine l’ultima unità video, Articolo 1. La sovranità del popolo, da rivolgere agli
studenti delle scuole secondarie di II grado, ha riproposto il rapporto
contraddittorio tra legalità-liceità-leggittimità dal punto di vista della lotta di
classe e della mediazione politica, mostrando lo snodo storico fondamentale del
rovesciamento del rapporto tra capitale e lavoro, attraverso l’attuazione delle
norme prescrittive costituzionali. Un processo storico di transizione in cui, come
ha sottolineato Pepe nella sua lezione magistrale, il riconoscimento della centralità
del lavoro è stato il riconoscimento di una soggettività sociale e politica di fatto e
non solo un astratto principio ideologico su cui fare leva nel processo di
democratizzazione del Paese.
In sintesi, il dibattito e le unità video analizzate hanno consentito al Gruppo di
lavoro di individuare in via ipotetica e preliminare i seguenti snodi storici
funzionali all’educazione alla legalità: 1) la II rivoluzione industriale tra
paternalismo e lotte sociali; 2) l’età giolittiana: lo scambio autonomia/sicurezza;
3) criminalità organizzata: forme e sviluppi storici; 4) la riforma agraria:
Costituzione e lotte contadine nel Sud d’Italia; 5) l’acqua: inquinamento e
mercificazione; 6) i processi costituenti contemporanei: la Costituzione italiana, la
Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo.
Dal punto di vista dell’articolazione del curricolo, si sono individuate forme di
progressione cognitiva: lo stimolo all’osservazione, la concettualizzazione di base,
la tematizzazione come articolazione e connessione dei concetti, la
problematizzazione e l’interpretazione storiografica.
4. Alcuni snodi problematici
La visione dei filmati ha fatto emergere anche alcuni snodi problematici relativi
sia alle risorse video sia agli aspetti pedagogico-didattici.
Per quanto riguarda le unità video, i punti di forza sono stati individuati sia nella
possibilità di realizzare un approccio interdisciplinare alla questione della
legalità, coinvolgendo, ad esempio, docenti di musica, arte, architettura,
letteratura e storia, sia nella dimensione interattiva e cooperativa del sito di
Medita. Approccio interdisciplinare, sia detto per inciso, richiamato fortemente
nelle nuove Indicazioni nazionali per la scuola di base.
L’aspetto di maggiore criticità delle unità video è ravvisabile soprattutto nella
frequente mancanza di esplicitazione delle fonti, sia per quanto concerne gli autori
(il loro punto di vista, l’intenzionalità degli interventi, il contesto in cui si
inseriscono) sia per quanto riguarda la datazione, o meglio i contesti temporali
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(l’evento del passato che si rappresenta, il presente-passato delle ricostruzioni
mediatiche delle sequenze, le collocazioni temporali delle riletture, dei commenti,
della scelta produttiva che costruisce l’audiovisivo fino alla riproposizione in
MEDITA). Ma ciò che rappresenta un limite dal punto di vista prettamente
storiografico, potrebbe essere considerata una risorsa da un punto di vista
didattico, attivando, a secondo dei contesti e dei gradi scolastici, una lettura critica
ed un uso comparato delle fonti, nonché una riflessione sul rapporto tra media e
storia. Ciò darebbe un ulteriore impulso all’adozione del metodo laboratoriale
nello studio della storia, procedendo, in modo aperto e problematico, per
congetture e confutazioni e non per mera e semplice trasmissione/ripetizione di
nozioni. Inoltre, come ha sottolineato Giovanni De Luna,
Non si tratta […] semplicemente di integrare l’esposizione manualistica e rendere più
‘gradevole’ l’apprendimento e l’insegnamento della storia. Certo, quelle immagini e quei
suoni hanno una portata esplicativa e una capacità evocativa che vanno colte come
preziose opportunità. Ma c’è un altro aspetto, forse più importante, che va sottolineato:
abituarsi a leggere criticamente la televisione o il cinema, storicizzandone il ruolo e la
funzione, può indurre una sana abitudine alla ‘vigilanza’ squarciando quella cappa di
inerte passività che oggi si addensa sul modo in cui il pubblico fruisce dei mezzi di
comunicazione di massa.
Ciò vale sia per gli studenti che per i docenti. Questi ultimi, infatti, dovrebbero
essere preliminarmente formati all’uso delle fonti mass-mediatiche
nell’insegnamento/apprendimento della storia.
Da un punto di vista pedagogico-didattico sono stati individuati diversi problemi.
Innanzitutto, si è posta la necessità di adottare il circolo presente-passato-
presente (es.: ricerca/esplorazione attiva del proprio territorio=problemi di liceità-
legalità, amministrazioni locali=legalità amministrativa e principi di legittimità,
Costituzione italiana=fonte della legittimità democratica, codice di
Hammurabi=altre fonti di legittimità in altri contesti), in quanto la storia non può
essere considerata la semplice narrazione e spiegazione del passato, ma deve
essere intesa come la costruzione della coscienza critica del presente attraverso
l’individuazione delle tendenze storiche ad esso sottese per la progettazione
consapevole del futuro. Inoltre, partendo dal presente si motiverebbero meglio
gli alunni allo studio del passato, che, in quanto tale, appare loro del tutto inutile
ed indifferente.
Dalle riflessioni comuni, è emerso anche che la critica alla legalità intesa come
legalitarismo (le figure emblematiche di Socrate ed Antigone) non può essere
considerata un punto di partenza dell’azione didattica, ma deve essere intesa come
un punto di arrivo all’interno di un quadro normativo sì condiviso ma anche
chiaro e lineare, in modo tale da non disorientare ulteriormente le giovani
generazioni, già inserite all’interno di contesti fortemente anomici.
Successivamente, si è evidenziato che la formulazione dei percorsi didattici non
dovrebbe essere predeterminata dai docenti ma condivisa e costruita insieme agli
alunni in relazione ai vari contesti in cui si opera. Comunque, nella progettazione
e nella realizzazione dei percorsi di formazione alla cittadinanza ed alla legalità
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sarebbe sempre corretto, da un punto di vista deontologico ed epistemologico,
chiarire le proprie prospettive di analisi.
Un altro snodo problematico di cui si è dibattuto è il rapporto tra finalità dei
processi educativi ed i metodi di insegnamento. Un rapporto che non può essere
considerato indifferente o neutrale rispetto al senso che si vuole dare alla propria
azione educativa. A meno che non si concepisca come fine della propria attività di
docente la “venerazione” delle conoscenze a scapito della formazione degli
individui, si tratta di muoversi lungo un preciso asse pedagogico-didattico
indicatoci dal costruttivismo: input – elaborazione -condivisione-output.
Infatti, se la finalità consta nella formazione dell’uomo-individuo-cittadino, la
predilezione o assolutizzazione del metodo trasmissivo, che in ultima istanza
implica il ricorso al principio di autorità, relegherebbe il giovane cittadino in
formazione alla condizione subalterna del mero ascolto e della mera ripetizione,
ossia, di fatto, nella posizione del suddito. Invece, l’adozione di una didattica
laboratoriale sarebbe maggiormente coerente alla finalità educativa da noi
condivisa, in quanto renderebbe gli alunni attivi nella costruzione delle proprie
conoscenze e delle proprie competenze, non solo facendo conseguire loro un
metodo di studio e di ricerca critico, quale quello storico, ma favorendo anche la
pratica e l’interiorizzazione dei valori di mutualità, partecipazione, condivisione e
cooperazione versus comportamenti edonistici, individualistici e competitivi oggi
imperanti.
Inoltre, l’adozione del metodo laboratoriale oltre ad essere coerente con
l’educazione alla cittadinanza ed alla legalità richiamate dal nostro dettato
costituzionale, è anche conforme alle nuove tecnologie, il cui proprium consta
nella dimensione dell’interazione, della condivisione e della cooperazione. Si
capisce, allora, che prediligendo il metodo trasmissivo non avrebbe senso
utilizzare come strumento didattico le ITC, a meno che non se ne vogliano svilire
e sminuire le nuove potenzialità formative ed epistemologiche che le
caratterizzano. Sembra essere ancora attuale la lezione di Ernesto Balducci,
Educare non vuol dire trasmettere, vuol dire svegliare dando autoconsapevolezza. Perciò
la scuola è di sua natura laica, nel senso che non trasmettere verità ma addestra alla libera
ricerca, è un processo di liberalizzazione.
Salvatore Lucchese