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BEAUTY BUSINESS marzo
Coverstory
marzo BEAUTY BUSINESS
31www.beautybiz.it www.beautybiz.it
PARLARE
IL NEGOZIOCome è possibile PENSARE, PROGETTARE
e REALIZZARE un punto vendita in grado
di incuriosire e attrarre consumatori, ma soprattutto
far ritornare le persone un’altra volta e poi un’altra ancora?
Lo abbiamo chiesto a un docente universitario di marketing,
un designer e progettista di spazi commerciali
e un esperto di retail
Testo di Chiara Grianti
S
pesso, molto spesso, ci troviamo a parlare di punto
vendita perché è lì che il consumatore può toccare
con mano il prodotto, è lì che il personale con la
propria preparazione può fare la differenza, è lì che
il consumatore acquista. Questo almeno in passato. Per-
ché resta vero che è in negozio, in profumeria nello spe-
cifico, dove è possibile provare il nuovo rossetto, testare
l’ultimo mascara, sentire direttamente sulla propria pelle
la fragranza di cui abbiamo visto lo spot in televisione o
il video virale sul web. E resta vero che è lì che la prepa-
razione del personale può fare la differenza. Non è affatto
scontato, però, che è lì che avvenga anche l’acquisto. Colpa
della concorrenza agguerrita da parte di monomarca e di
altri canali competitor, complice Internet, il punto vendita
è sempre meno polo di attrazione. Perché? Ma, soprattutto,
come è possibile pensare, progettare e realizzare un punto
vendita in grado di incuriosire e attrarre consumatori e far
ritornare le persone un’altra volta e poi un’altra ancora?
In poche parole come è possibile rendere la visita in pro-
fumeria se non memorabile per lo meno molto piacevole e
interessante? Lo abbiamo chiesto a tre diversi interlocutori
che ci hanno mostrato le differenti facce della medaglia: un
docente universitario di marketing, un designer e progetti-
sta di spazi commerciali e un esperto di retail. Le conclusio-
ni che ne abbiamo tratto sono molteplici. Affinché il punto
vendita sia in sé e per sé interessante è necessario che parli.
Non è il prodotto che fa la differenza – il prodotto è ovun-
que, nelle profumerie concorrenti, in Internet e spesso nei
casa toilette – ma la lettura che se ne offre e il servizio che
lo accompagna. La tecnologia può aiutare il consumatore a
interpretare l’offerta, ma soprattutto è un media indispen-
sabile al dialogo con un certo tipo di clientela, che possiamo
chiamare Millennials o più semplicemente giovani, che non
possiamo permetterci di perdere. E il servizio? Se la cabina
per il trattamento è già una realtà per molti, soprattutto
per i negozi con metrature più ampie a disposizione, non
lo è per tutti. Perché non pensare a concetti di servizio
differenti che esulano dal concetto di bellezza e benesse-
re normalmente inteso? Gli esempi non mancano, come ci
raccontano i nostri intervistati.
FACCIAMO
T C
BEAUTY BUSINESS marzo
Coverstory
marzo BEAUTY BUSINESS
33www.beautybiz.it www.beautybiz.it
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→
DOBBIAMO
FARE IN MODO
CHE IL NEGOZIO
SMETTA DI ESSERE
AUTOREFERENZIALE:
BISOGNA APRIRSI AI
CLIENTI,STIMOLARLI
A DIVENTARE
COMMUNITY
i sono varie possibilità
per i punti vendita
di innovare con
successo a seconda dei
target ai cui vogliono rivolgersi.
Può essere interessante
che il punto vendita offra,
oltre i prodotti di bellezza e
benessere,un’esperienza
globale di bellezza e benessere
già durante la visita.Il che
significa dedicare più spazio
non ai prodotti,bensì ai servizi.
All’estero ci sono non poche
catene di profumeria che,
all’interno di punti vendita
anche piccoli,hanno inserito
una stanza o comunque uno
spazio per i trattamenti.Al
contrario i negozi in Italia sono
spesso focalizzati su prodotti
massificati,con un’immagine
e un’esperienza più da mass
market che da boutique.Per
quanto riguarda l’uso della
tecnologia penso che ci sia
da fare attenzione nel capire
a quali target ci rivolgiamo.I
Millennials più digitali oggi sono
definiti storeless generation,
generazione che non entra più
nei negozi.Eppure vediamo casi
di successo come Birchbox,che
nasce come e-commerce di
prodotti cosmetici,con marche
poco conosciute al grande
pubblico,ma di qualità.Avendo
come obiettivo far provare i
prodotti ai clienti ha lanciato
un servizio di abbonamento
mensile di minitaglie a un prezzo
‘simbolico’: per 10 dollari spese
di spedizione incluse il cliente,
avendo fornito indicazioni sulle
proprie caratteristiche (tipo e
colore di pelle e capelli,ecc.)
e lo stile prevalentemente
usato nel vestirsi,riceve ogni
mese una box a sorpresa
contenente cinque maxi
campioni di cinque categorie
differenti,per testare i prodotti
prima dell’acquisto.È possibile
interrompere l’abbonamento
in qualsiasi momento con
effetto immediato: massima
libertà ai clienti.Il meccanismo
è piaciuto tantissimo alle clienti
americane (e non solo).Dopo
quattro anni però Birchbox
ha deciso di aprire anche dei
punti vendita fisici dove vende
i suoi prodotti,ma,soprattutto,
sviluppa le relazioni con il cliente
in modo fisico,ascoltandolo e
rilassandolo grazie a massaggi,
trattamenti e servizi vari offerti.
Ma anche attraverso i touch
screen presenti in store che
invitano i clienti che non
l’abbiano ancora fatto a
compilare il questionario
sulle proprie caratteristiche e
sottoscrivere l’abbonamento.
Quindi sì all’uso intelligente e
guidato in chiave educational
alle tecnologie per i clienti.No
alla tendenza,diffusa oggi,di
introdurre tecnologie in negozio
come strumento di marketing
più decorativo che di vero
servizio.Alcuni retailer vanno
in questa direzione,mentre
sarebbe più semplice dotare
tutti gli addetti di un tablet:
permetterebbe di ampliare le
possibilità tecnologiche del
negozio accedendo a Internet
e ad altri tipi di contenuti.
Dobbiamo fare in modo che
il negozio smetta di essere
autoreferenziale: bisogna aprirsi
ai clienti,stimolarli a diventare
community per far circolare
pareri,commenti,informazioni
in maniera intelligente.Il tablet è
interessante perché non è uno
strumento freddo,che allontana
la cliente tradizionale che cerca
il contatto con l’addetto alla
vendita,ma va a supportare il
servizio offerto da quest’ultimo.
Inoltre il tablet ci permette di
creare un negozio‘liquido’,
ampliandone le potenzialità
con lo scaffale virtuale per cui
anche in una piccola boutique
e quindi in uno spazio limitato,
tramite un tablet collegato al
sito di e-commerce è possibile
vendere un’ampia selezione
di prodotti e farli recapitare
direttamente a casa.La catena
di intimo Undiz normalmente
sviluppa i propri punti vendita su
superfici di circa 100 mq,ma a
volte è difficile trovare metrature
così grandi libere in location di
alto traffico.Per questo motivo
ha realizzato un nuovo format
nel quale sono esposti solo i
prodotti altorotanti e gli altri
vengono mostrati alla cliente
su touch screen e tablet.Nel
momento in cui la potenziale
acquirente esprime la volontà
di provare tre modelli,di cui
solo uno esposto,tramite un
ordine su tablet la piattaforma lo
“chiama”e in tre minuti,tramite
un sistema di posta pneumatica
anche divertente da vedere,
la cliente riceve gli altri due e
può andare in camerino a
provarli.Interessante anche
un test realizzato nel settore
del bricolage: Bricocenter ha
dotato tutti gli addetti non di un
tablet ma di uno smartphone.
Con questo strumento
l’addetto può dialogare
con i clienti non presenti
fisicamente nel negozio,per
esempio relativamente al
progetto di ristrutturazione
di una stanza.Il cliente può
scegliere di utilizzare il canale di
comunicazione preferito,
dall’email a whatsapp.
Mi sembra interessante
e un aspetto su cui il
canale profumeria è
molto indietro.Un altro
elemento su cui vale
la pena riflettere è che
i prodotti cosmetici si
prestano tantissimo a
stimolare il feedback
da parte dei clienti,eppure
poche profumerie sfruttano
questa interazione.Marks &
Spencer attribuisce ai clienti
dei bonus con un numero
elevato di punti fedeltà se
forniscono feedback sui prodotti
e sul servizio.Nel beauty non
accade nulla di simile.Un ultimo
aspetto interessante riguarda
la possibilità di personalizzare
il prodotto,estremizzata in Bite
Lip Lab,un negozio di NewYork
che addirittura realizza il rossetto
nella nuance e profumazione
preferita dalla cliente,aiutata
nella sua scelta da una
consulente.Tra le più recenti
modalità di differenziazione del
retail c’è,infine,quella della
massima targettizzazione del
servizio.Il salone per parrucchieri
Blow nasce per rispondere alle
esigenze di quelle consumatrici
che vogliono tagliare i capelli
o fare una piega senza dove
chiacchierare e senza perdere
tempo: il servizio è fast e le
clienti hanno a disposizione
un iPad da usare per ispirarsi,
guardare video tutorial oppure
leggere l’aggiornatissimo blog
del negozio.Il segreto del
successo di Blow è sicuramente
nella rapidità del servizio ma
è racchiuso anche in uno
dei suoi comandamenti: il
parrucchiere non può ignorare
le indicazioni della cliente
relative al taglio.
NEGOZI LIQUIDI
utti noi, ormai viviamo
con in mano il
nostro smartphone
dal quale attingiamo
continuamente informazioni
e poi entriamo in profumeria
- come in tanti altri negozi
- e facciamo un salto indietro
di un decennio. Per quanto
belle esteticamente, molte
profumerie restano dei bazar,
dei contenitori di prodotti di
qualsiasi marca e formato, così
affastellati che il consumatore
ha difficoltà a scegliere ciò
di cui ha bisogno.Trovo
totalmente fuori tempo
e luogo il fatto che in
alcune profumerie
ci siano dei cestini
come quelli dei
supermercati
nei quali riporre i
prodotti. Bisognerebbe
cambiare la modalità di
vendita degli operatori e
fare in modo che attraverso
le nuove tecnologie, il cliente
si senta meno aggredito
e più libero di circolare
all’interno di questi locali,
raccogliendo autonomamente
le informazioni di cui ha
bisogno. Oggi con un banale
QR code e le app dedicate
al punto vendita, è possibile
avere informazioni, prezzi e
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La tecnologia NFC (Near
Fied Communication)
permetterebbe al cliente di
prelevare il prodotto, pagarlo
con il proprio device e uscire
senza passare dalla cassa. È
necessario fidelizzare il cliente
ex ante, attraverso un sito che
offre tutte le informazioni e
poi permettergli di muoversi
liberamente nel punto vendita
guidato da segnaletica
adeguata ed efficace. I
monomarca hanno saputo
muoversi in questa direzione.
È chiaro che gestire un solo
brand è più facile perché le
superfici sono ridotte, il design
è dedicato con espositori
in linea con quella che è
l’immagine coordinata del
punto vendita. Nei format
plurimarca, sarebbe da evitare
che ogni casa cosmetica
mettesse nel punto vendita un
contenitore dedicato ai suoi
prodotti e alle sue confezioni;
quando ciò accade, ed
accade spesso, il negozio
diventa un bazar. Meglio
pensare a un format che
metta sullo stesso livello tutti i
brand ed eventualmente che
assegni ad alcuni di loro uno
spazio di comunicazione che
può essere dinamico con un
monitor, anche touch screen,
dove sia possibile far vedere le
ultime novità, oppure collegarsi
al device per avere le notizie
sulle promozioni oppure sugli
eventuali allergeni, contenuti
nei prodotti.
C’è, come in tutti i settori, una
parte di clientela che vuole
ancora essere accudita,
seguita e coccolata dagli
addetti alla vendita, è la
fascia di età medio alta e
alto spendente, peraltro
in naturale aumento nel
vecchio continente. È altresì
necessario guardare anche
all’altra fascia di acquirenti
del “presente futuro”. I
millennials, i nativi tra i due
millenni che rappresentano
un futuro vicinissimo e
sono mostruosamente e
indissolubilmente legati ai
device: non entrano in un
negozio se prima non hanno
visto, non hanno letto sui
siti, piuttosto che sui blog di
riferimento. E sarà sempre
di più così e le profumerie
dovranno essere pronte a
questo tipo di clientela che
non si conquista in negozio,
ma a monte della visita.
Invece se si punta sull’acquisto
d’impulso per questo tipo
di clientela, sarà sempre più
importante lavorare sui lay
out, sulle luci, sulle atmosfere,
su uno stile molto più simile ai
luoghi che essi sono abituati
a frequentare: lounge, smart,
easy. È questo il segreto.
Per cui forse bisognerebbe
differenziare creando
all’interno del negozio una
zona dedicata ai profumi per
giovani con un mood diverso
e con un’interattività elevata.
Oppure un negozio dentro il
negozio. Non esiste un modo
giusto in assoluto, bisogna
progettare in modo fluido
e flessibile affinché almeno
alcune zone del negozio
possano essere velocemente
modificate. Oggi ci vengono
molto incontro materiali di
ultima generazione che
possono davvero permettere
con un piccolo investimento
e poco tempo di cambiare
l’immagine di una parte
del punto vendita. Inoltre la
profumeria potrebbe offrire
servizi un po’ più smart: cito
l’esempio estremo di un
negozio di Kuala Lumpur
che abbina alla vendita di
scarpe da donna un servizio
di dating accessibile previa
registrazione sul sito dello
store. Un altro esempio è Tesco
che in Corea ha creato dei
negozi virtuali alle fermate
delle metropolitane per cui
cliccando su delle fotografie
è possibile fare la spesa
che poi viene recapitata
comodamente a casa o
in ufficio. È come avere Il
negozio aperto 24 ore su 24,
senza spese di personale. Le
performance sono aumentate
in meno di un anno del 130%.
Certo è necessario che il
consumatore conosca già il
prodotto e il brand, ma una
soluzione simile è interessante.
È altrettanto importante non
cadere nell’ uso eccessivo
della tecnologia, che può
decisamente mettere a
disagio la maggior parte
della clientela, in alcuni casi
addirittura con robot come
“testimonials”. Certamente c’è
una via di mezzo che potrebbe
trovare la sua dimensione
in una differenziazione per
target delle aree all’interno
del punto vendita. È tempo
di muoversi, i primi millennials
sono già acquirenti sul campo.
Meglio quindi rivolgersi ad
architetti, designers esperti di
marketing e di tendenze. Un
buon team di lavoro, genera
un buon progetto, governa il
modo di lavorare all’interno
del punto vendita, gestisce
correttamente i flussi, i consumi
e la comunicazione, aumenta
le performance e ottimizza i
costi. Sul mercato vi sono già
alcuni esempi eccellenti.
GIANPIETRO SACCHI
direttore Corsi Alta Formazione
POLI.design - Consorzio Politecnico
di Milano
NEGOZI A ZONE
FABRIZIO VALENTE
partner fondatore di Kiki Lab
BISOGNA
PROGETTARE IN
MODO FLESSIBILE
AFFINCHÉ ALMENO
ALCUNE ZONE
DEL NEGOZIO
POSSANO ESSERE
VELOCEMENTE
MODIFICATE
C
BEAUTY BUSINESS marzo
Coverstory
www.beautybiz.it
34
©iStock/Zentangle(3)
redo fermamente
che oggi si debba
passare da una
cultura del commercio
ancora troppo radicata sul
prodotto a una di esperienza.
Il prodotto rappresenta
l’ultima motivazione
all’ingresso del consumatore
in un punto vendita. L’online
offre, infatti, lo stesso prodotto
e lo recapita comodamente
a casa, spesso a un prezzo
anche più conveniente di
quello praticato in negozio. E
se anche non ci fosse il web,
la stessa referenza sarebbe
comunque presente in tutte
o quasi le profumerie. L’unico
motivo per cui noi prendiamo
l’automobile e, se siamo a
Milano rischiamo anche una
multa, impieghiamo il nostro
tempo - molto prezioso - per
andare in un punto vendita,
non è certo per trovare
prodotti, ma perché lì viviamo
un’esperienza che vogliamo
ripetere. Una consumatrice
entra in una profumeria non
perché ha bisogno di un
ombretto ma perché vuole
sembrare meno vecchia. Il
negozio non vende prodotti
ma idee, soluzioni, coccole
e servizi, che possono essere
proposti dal personale
- se c’è del personale in
grado di farlo in quanto
oggi una grande difficoltà
è rappresentata dal fatto
che gli addetti alla vendita
sono poco competenti
perché soggetti a un turn
over elevato oppure sono
anche preparati ma non
hanno il tempo per seguire
il cliente - oppure da una
mercato, quella che più si
avvicina alle nostre esigenze,
con una serie di domande.
Sono cose di cui parliamo
da tempo ma che non si
stanno affrontando in alcun
modo e nel frattempo c’è
stato l’avvento dell’online.
Se fino ad ora il retail poteva
sopravvivere oggi non è più
così. Se continua a ostinarsi
a proporre solo prodotti sai
cosa c’è? Accade che il
consumatore entra nel punto
vendita, così conosce qual
è il prodotto che meglio si
adatta al suo tipo di pelle
o al suo colore di incarnato
o alle sue esigenze. Lo
acquista, lo prova e lo
ricompra online. Perché il
retailer non ha niente altro
da dirgli.Anche le vetrine
sono spesso un insieme
anonimo di prodotti che non
comunica niente, non stimola
il passante a compiere un
passo che non ha intenzione
di fare, il negozio non ha un
approccio proattivo. È fatto
in modo da parlare solo a
chi ha le idee chiare, ha già
deciso che deve entrare
e aspetta il suo turno per
KARIN ZAGHI
docente senior della Sda Bocconi
di Milano - Dipartimento marketing
NEGOZI
DI ESPERIENZA
IL NEGOZIO
DOVREBBE
RIUSCIRE
A COMUNICARE
DA SOLO E
A INSTAURARE
UNA RELAZIONE
CONCRETA
CON IL CLIENTE
essere servito dal personale.
Il settore profumeria è stato
completamente stravolto da
Sephora e da Kiko, luoghi
dove tutti i prodotti possono
essere provati, toccati e
mixati. Nelle profumerie
tradizionali il prodotto c’è ma
è muto o al più dovrebbe
riportarci alla mente la
pubblicità vista su riviste più o
meno patinate o in Tv.
Credo che la tecnologia
abbia due ruoli. Quello
prioritario è affermare che
il negozio è al passo con i
tempi. Penso a un pubblico
giovane che mangia la
tecnologia a colazione ed
è sempre connesso per
rivolgersi al quale bisogna
parlare la sua lingua, offrirgli
il collegamento con il sito
web, il blog più autorevole,
le informazioni più curiose.
In alcuni casi poi serve
anche a vendere. Citavo
il caso di Sephora e il test
relativo alle fragranze che
può rappresentare un buon
modo per scremare le
novità. Certo, lo stesso tipo
di domande può essere
posto dal personale, con
tutte le problematiche che
dicevamo. Per brand come
Adidas, per esempio, la
tecnologia in store permette
di entrare nel mondo
della scarpa, approfondire
la conoscenza del
testimonial, i suoi record, il
backstage della campagna
pubblicitaria, le informazioni
sul terreno su cui può essere
utilizzata quella calzatura, il
collegamento ai blog
più autorevoli...
comunicazione verbale
tramite schede prodotto
e device tecnologici. Il
negozio dovrebbe riuscire
a comunicare da solo e
a instaurare una relazione
concreta con il cliente. Penso
a Sephora che ha installato
in alcuni punti vendita dei
touch screen che permettono
di selezionare, tra le ultime
fragranze lanciate sul

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  • 1. ✍ 30 → BEAUTY BUSINESS marzo Coverstory marzo BEAUTY BUSINESS 31www.beautybiz.it www.beautybiz.it PARLARE IL NEGOZIOCome è possibile PENSARE, PROGETTARE e REALIZZARE un punto vendita in grado di incuriosire e attrarre consumatori, ma soprattutto far ritornare le persone un’altra volta e poi un’altra ancora? Lo abbiamo chiesto a un docente universitario di marketing, un designer e progettista di spazi commerciali e un esperto di retail Testo di Chiara Grianti S pesso, molto spesso, ci troviamo a parlare di punto vendita perché è lì che il consumatore può toccare con mano il prodotto, è lì che il personale con la propria preparazione può fare la differenza, è lì che il consumatore acquista. Questo almeno in passato. Per- ché resta vero che è in negozio, in profumeria nello spe- cifico, dove è possibile provare il nuovo rossetto, testare l’ultimo mascara, sentire direttamente sulla propria pelle la fragranza di cui abbiamo visto lo spot in televisione o il video virale sul web. E resta vero che è lì che la prepa- razione del personale può fare la differenza. Non è affatto scontato, però, che è lì che avvenga anche l’acquisto. Colpa della concorrenza agguerrita da parte di monomarca e di altri canali competitor, complice Internet, il punto vendita è sempre meno polo di attrazione. Perché? Ma, soprattutto, come è possibile pensare, progettare e realizzare un punto vendita in grado di incuriosire e attrarre consumatori e far ritornare le persone un’altra volta e poi un’altra ancora? In poche parole come è possibile rendere la visita in pro- fumeria se non memorabile per lo meno molto piacevole e interessante? Lo abbiamo chiesto a tre diversi interlocutori che ci hanno mostrato le differenti facce della medaglia: un docente universitario di marketing, un designer e progetti- sta di spazi commerciali e un esperto di retail. Le conclusio- ni che ne abbiamo tratto sono molteplici. Affinché il punto vendita sia in sé e per sé interessante è necessario che parli. Non è il prodotto che fa la differenza – il prodotto è ovun- que, nelle profumerie concorrenti, in Internet e spesso nei casa toilette – ma la lettura che se ne offre e il servizio che lo accompagna. La tecnologia può aiutare il consumatore a interpretare l’offerta, ma soprattutto è un media indispen- sabile al dialogo con un certo tipo di clientela, che possiamo chiamare Millennials o più semplicemente giovani, che non possiamo permetterci di perdere. E il servizio? Se la cabina per il trattamento è già una realtà per molti, soprattutto per i negozi con metrature più ampie a disposizione, non lo è per tutti. Perché non pensare a concetti di servizio differenti che esulano dal concetto di bellezza e benesse- re normalmente inteso? Gli esempi non mancano, come ci raccontano i nostri intervistati. FACCIAMO
  • 2. T C BEAUTY BUSINESS marzo Coverstory marzo BEAUTY BUSINESS 33www.beautybiz.it www.beautybiz.it 32 → DOBBIAMO FARE IN MODO CHE IL NEGOZIO SMETTA DI ESSERE AUTOREFERENZIALE: BISOGNA APRIRSI AI CLIENTI,STIMOLARLI A DIVENTARE COMMUNITY i sono varie possibilità per i punti vendita di innovare con successo a seconda dei target ai cui vogliono rivolgersi. Può essere interessante che il punto vendita offra, oltre i prodotti di bellezza e benessere,un’esperienza globale di bellezza e benessere già durante la visita.Il che significa dedicare più spazio non ai prodotti,bensì ai servizi. All’estero ci sono non poche catene di profumeria che, all’interno di punti vendita anche piccoli,hanno inserito una stanza o comunque uno spazio per i trattamenti.Al contrario i negozi in Italia sono spesso focalizzati su prodotti massificati,con un’immagine e un’esperienza più da mass market che da boutique.Per quanto riguarda l’uso della tecnologia penso che ci sia da fare attenzione nel capire a quali target ci rivolgiamo.I Millennials più digitali oggi sono definiti storeless generation, generazione che non entra più nei negozi.Eppure vediamo casi di successo come Birchbox,che nasce come e-commerce di prodotti cosmetici,con marche poco conosciute al grande pubblico,ma di qualità.Avendo come obiettivo far provare i prodotti ai clienti ha lanciato un servizio di abbonamento mensile di minitaglie a un prezzo ‘simbolico’: per 10 dollari spese di spedizione incluse il cliente, avendo fornito indicazioni sulle proprie caratteristiche (tipo e colore di pelle e capelli,ecc.) e lo stile prevalentemente usato nel vestirsi,riceve ogni mese una box a sorpresa contenente cinque maxi campioni di cinque categorie differenti,per testare i prodotti prima dell’acquisto.È possibile interrompere l’abbonamento in qualsiasi momento con effetto immediato: massima libertà ai clienti.Il meccanismo è piaciuto tantissimo alle clienti americane (e non solo).Dopo quattro anni però Birchbox ha deciso di aprire anche dei punti vendita fisici dove vende i suoi prodotti,ma,soprattutto, sviluppa le relazioni con il cliente in modo fisico,ascoltandolo e rilassandolo grazie a massaggi, trattamenti e servizi vari offerti. Ma anche attraverso i touch screen presenti in store che invitano i clienti che non l’abbiano ancora fatto a compilare il questionario sulle proprie caratteristiche e sottoscrivere l’abbonamento. Quindi sì all’uso intelligente e guidato in chiave educational alle tecnologie per i clienti.No alla tendenza,diffusa oggi,di introdurre tecnologie in negozio come strumento di marketing più decorativo che di vero servizio.Alcuni retailer vanno in questa direzione,mentre sarebbe più semplice dotare tutti gli addetti di un tablet: permetterebbe di ampliare le possibilità tecnologiche del negozio accedendo a Internet e ad altri tipi di contenuti. Dobbiamo fare in modo che il negozio smetta di essere autoreferenziale: bisogna aprirsi ai clienti,stimolarli a diventare community per far circolare pareri,commenti,informazioni in maniera intelligente.Il tablet è interessante perché non è uno strumento freddo,che allontana la cliente tradizionale che cerca il contatto con l’addetto alla vendita,ma va a supportare il servizio offerto da quest’ultimo. Inoltre il tablet ci permette di creare un negozio‘liquido’, ampliandone le potenzialità con lo scaffale virtuale per cui anche in una piccola boutique e quindi in uno spazio limitato, tramite un tablet collegato al sito di e-commerce è possibile vendere un’ampia selezione di prodotti e farli recapitare direttamente a casa.La catena di intimo Undiz normalmente sviluppa i propri punti vendita su superfici di circa 100 mq,ma a volte è difficile trovare metrature così grandi libere in location di alto traffico.Per questo motivo ha realizzato un nuovo format nel quale sono esposti solo i prodotti altorotanti e gli altri vengono mostrati alla cliente su touch screen e tablet.Nel momento in cui la potenziale acquirente esprime la volontà di provare tre modelli,di cui solo uno esposto,tramite un ordine su tablet la piattaforma lo “chiama”e in tre minuti,tramite un sistema di posta pneumatica anche divertente da vedere, la cliente riceve gli altri due e può andare in camerino a provarli.Interessante anche un test realizzato nel settore del bricolage: Bricocenter ha dotato tutti gli addetti non di un tablet ma di uno smartphone. Con questo strumento l’addetto può dialogare con i clienti non presenti fisicamente nel negozio,per esempio relativamente al progetto di ristrutturazione di una stanza.Il cliente può scegliere di utilizzare il canale di comunicazione preferito, dall’email a whatsapp. Mi sembra interessante e un aspetto su cui il canale profumeria è molto indietro.Un altro elemento su cui vale la pena riflettere è che i prodotti cosmetici si prestano tantissimo a stimolare il feedback da parte dei clienti,eppure poche profumerie sfruttano questa interazione.Marks & Spencer attribuisce ai clienti dei bonus con un numero elevato di punti fedeltà se forniscono feedback sui prodotti e sul servizio.Nel beauty non accade nulla di simile.Un ultimo aspetto interessante riguarda la possibilità di personalizzare il prodotto,estremizzata in Bite Lip Lab,un negozio di NewYork che addirittura realizza il rossetto nella nuance e profumazione preferita dalla cliente,aiutata nella sua scelta da una consulente.Tra le più recenti modalità di differenziazione del retail c’è,infine,quella della massima targettizzazione del servizio.Il salone per parrucchieri Blow nasce per rispondere alle esigenze di quelle consumatrici che vogliono tagliare i capelli o fare una piega senza dove chiacchierare e senza perdere tempo: il servizio è fast e le clienti hanno a disposizione un iPad da usare per ispirarsi, guardare video tutorial oppure leggere l’aggiornatissimo blog del negozio.Il segreto del successo di Blow è sicuramente nella rapidità del servizio ma è racchiuso anche in uno dei suoi comandamenti: il parrucchiere non può ignorare le indicazioni della cliente relative al taglio. NEGOZI LIQUIDI utti noi, ormai viviamo con in mano il nostro smartphone dal quale attingiamo continuamente informazioni e poi entriamo in profumeria - come in tanti altri negozi - e facciamo un salto indietro di un decennio. Per quanto belle esteticamente, molte profumerie restano dei bazar, dei contenitori di prodotti di qualsiasi marca e formato, così affastellati che il consumatore ha difficoltà a scegliere ciò di cui ha bisogno.Trovo totalmente fuori tempo e luogo il fatto che in alcune profumerie ci siano dei cestini come quelli dei supermercati nei quali riporre i prodotti. Bisognerebbe cambiare la modalità di vendita degli operatori e fare in modo che attraverso le nuove tecnologie, il cliente si senta meno aggredito e più libero di circolare all’interno di questi locali, raccogliendo autonomamente le informazioni di cui ha bisogno. Oggi con un banale QR code e le app dedicate al punto vendita, è possibile avere informazioni, prezzi e giacenze di ogni prodotto. La tecnologia NFC (Near Fied Communication) permetterebbe al cliente di prelevare il prodotto, pagarlo con il proprio device e uscire senza passare dalla cassa. È necessario fidelizzare il cliente ex ante, attraverso un sito che offre tutte le informazioni e poi permettergli di muoversi liberamente nel punto vendita guidato da segnaletica adeguata ed efficace. I monomarca hanno saputo muoversi in questa direzione. È chiaro che gestire un solo brand è più facile perché le superfici sono ridotte, il design è dedicato con espositori in linea con quella che è l’immagine coordinata del punto vendita. Nei format plurimarca, sarebbe da evitare che ogni casa cosmetica mettesse nel punto vendita un contenitore dedicato ai suoi prodotti e alle sue confezioni; quando ciò accade, ed accade spesso, il negozio diventa un bazar. Meglio pensare a un format che metta sullo stesso livello tutti i brand ed eventualmente che assegni ad alcuni di loro uno spazio di comunicazione che può essere dinamico con un monitor, anche touch screen, dove sia possibile far vedere le ultime novità, oppure collegarsi al device per avere le notizie sulle promozioni oppure sugli eventuali allergeni, contenuti nei prodotti. C’è, come in tutti i settori, una parte di clientela che vuole ancora essere accudita, seguita e coccolata dagli addetti alla vendita, è la fascia di età medio alta e alto spendente, peraltro in naturale aumento nel vecchio continente. È altresì necessario guardare anche all’altra fascia di acquirenti del “presente futuro”. I millennials, i nativi tra i due millenni che rappresentano un futuro vicinissimo e sono mostruosamente e indissolubilmente legati ai device: non entrano in un negozio se prima non hanno visto, non hanno letto sui siti, piuttosto che sui blog di riferimento. E sarà sempre di più così e le profumerie dovranno essere pronte a questo tipo di clientela che non si conquista in negozio, ma a monte della visita. Invece se si punta sull’acquisto d’impulso per questo tipo di clientela, sarà sempre più importante lavorare sui lay out, sulle luci, sulle atmosfere, su uno stile molto più simile ai luoghi che essi sono abituati a frequentare: lounge, smart, easy. È questo il segreto. Per cui forse bisognerebbe differenziare creando all’interno del negozio una zona dedicata ai profumi per giovani con un mood diverso e con un’interattività elevata. Oppure un negozio dentro il negozio. Non esiste un modo giusto in assoluto, bisogna progettare in modo fluido e flessibile affinché almeno alcune zone del negozio possano essere velocemente modificate. Oggi ci vengono molto incontro materiali di ultima generazione che possono davvero permettere con un piccolo investimento e poco tempo di cambiare l’immagine di una parte del punto vendita. Inoltre la profumeria potrebbe offrire servizi un po’ più smart: cito l’esempio estremo di un negozio di Kuala Lumpur che abbina alla vendita di scarpe da donna un servizio di dating accessibile previa registrazione sul sito dello store. Un altro esempio è Tesco che in Corea ha creato dei negozi virtuali alle fermate delle metropolitane per cui cliccando su delle fotografie è possibile fare la spesa che poi viene recapitata comodamente a casa o in ufficio. È come avere Il negozio aperto 24 ore su 24, senza spese di personale. Le performance sono aumentate in meno di un anno del 130%. Certo è necessario che il consumatore conosca già il prodotto e il brand, ma una soluzione simile è interessante. È altrettanto importante non cadere nell’ uso eccessivo della tecnologia, che può decisamente mettere a disagio la maggior parte della clientela, in alcuni casi addirittura con robot come “testimonials”. Certamente c’è una via di mezzo che potrebbe trovare la sua dimensione in una differenziazione per target delle aree all’interno del punto vendita. È tempo di muoversi, i primi millennials sono già acquirenti sul campo. Meglio quindi rivolgersi ad architetti, designers esperti di marketing e di tendenze. Un buon team di lavoro, genera un buon progetto, governa il modo di lavorare all’interno del punto vendita, gestisce correttamente i flussi, i consumi e la comunicazione, aumenta le performance e ottimizza i costi. Sul mercato vi sono già alcuni esempi eccellenti. GIANPIETRO SACCHI direttore Corsi Alta Formazione POLI.design - Consorzio Politecnico di Milano NEGOZI A ZONE FABRIZIO VALENTE partner fondatore di Kiki Lab BISOGNA PROGETTARE IN MODO FLESSIBILE AFFINCHÉ ALMENO ALCUNE ZONE DEL NEGOZIO POSSANO ESSERE VELOCEMENTE MODIFICATE
  • 3. C BEAUTY BUSINESS marzo Coverstory www.beautybiz.it 34 ©iStock/Zentangle(3) redo fermamente che oggi si debba passare da una cultura del commercio ancora troppo radicata sul prodotto a una di esperienza. Il prodotto rappresenta l’ultima motivazione all’ingresso del consumatore in un punto vendita. L’online offre, infatti, lo stesso prodotto e lo recapita comodamente a casa, spesso a un prezzo anche più conveniente di quello praticato in negozio. E se anche non ci fosse il web, la stessa referenza sarebbe comunque presente in tutte o quasi le profumerie. L’unico motivo per cui noi prendiamo l’automobile e, se siamo a Milano rischiamo anche una multa, impieghiamo il nostro tempo - molto prezioso - per andare in un punto vendita, non è certo per trovare prodotti, ma perché lì viviamo un’esperienza che vogliamo ripetere. Una consumatrice entra in una profumeria non perché ha bisogno di un ombretto ma perché vuole sembrare meno vecchia. Il negozio non vende prodotti ma idee, soluzioni, coccole e servizi, che possono essere proposti dal personale - se c’è del personale in grado di farlo in quanto oggi una grande difficoltà è rappresentata dal fatto che gli addetti alla vendita sono poco competenti perché soggetti a un turn over elevato oppure sono anche preparati ma non hanno il tempo per seguire il cliente - oppure da una mercato, quella che più si avvicina alle nostre esigenze, con una serie di domande. Sono cose di cui parliamo da tempo ma che non si stanno affrontando in alcun modo e nel frattempo c’è stato l’avvento dell’online. Se fino ad ora il retail poteva sopravvivere oggi non è più così. Se continua a ostinarsi a proporre solo prodotti sai cosa c’è? Accade che il consumatore entra nel punto vendita, così conosce qual è il prodotto che meglio si adatta al suo tipo di pelle o al suo colore di incarnato o alle sue esigenze. Lo acquista, lo prova e lo ricompra online. Perché il retailer non ha niente altro da dirgli.Anche le vetrine sono spesso un insieme anonimo di prodotti che non comunica niente, non stimola il passante a compiere un passo che non ha intenzione di fare, il negozio non ha un approccio proattivo. È fatto in modo da parlare solo a chi ha le idee chiare, ha già deciso che deve entrare e aspetta il suo turno per KARIN ZAGHI docente senior della Sda Bocconi di Milano - Dipartimento marketing NEGOZI DI ESPERIENZA IL NEGOZIO DOVREBBE RIUSCIRE A COMUNICARE DA SOLO E A INSTAURARE UNA RELAZIONE CONCRETA CON IL CLIENTE essere servito dal personale. Il settore profumeria è stato completamente stravolto da Sephora e da Kiko, luoghi dove tutti i prodotti possono essere provati, toccati e mixati. Nelle profumerie tradizionali il prodotto c’è ma è muto o al più dovrebbe riportarci alla mente la pubblicità vista su riviste più o meno patinate o in Tv. Credo che la tecnologia abbia due ruoli. Quello prioritario è affermare che il negozio è al passo con i tempi. Penso a un pubblico giovane che mangia la tecnologia a colazione ed è sempre connesso per rivolgersi al quale bisogna parlare la sua lingua, offrirgli il collegamento con il sito web, il blog più autorevole, le informazioni più curiose. In alcuni casi poi serve anche a vendere. Citavo il caso di Sephora e il test relativo alle fragranze che può rappresentare un buon modo per scremare le novità. Certo, lo stesso tipo di domande può essere posto dal personale, con tutte le problematiche che dicevamo. Per brand come Adidas, per esempio, la tecnologia in store permette di entrare nel mondo della scarpa, approfondire la conoscenza del testimonial, i suoi record, il backstage della campagna pubblicitaria, le informazioni sul terreno su cui può essere utilizzata quella calzatura, il collegamento ai blog più autorevoli... comunicazione verbale tramite schede prodotto e device tecnologici. Il negozio dovrebbe riuscire a comunicare da solo e a instaurare una relazione concreta con il cliente. Penso a Sephora che ha installato in alcuni punti vendita dei touch screen che permettono di selezionare, tra le ultime fragranze lanciate sul