XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia Romana
Gioco, arte e apprendimento trasformativo_Salvatore Colazzo
1. APPRENDIMENTO TRASFORMATIVO, ARTI PERFORMATIVE, CAMBIAMENTO SOCIALE
9, 10 e 11 settembre 2021
Sala Conferenze – Biblioteca Comunale Paiano
Via Asilo Infantile, 38, 73030 Vignacastrisi (Lecce)
Convegno internazionale realizzato da Italian Trasformative Learning Network
Università del Salento
Università di Siena
in collaborazione con
Summer School di Arti performative e community care
Prof. Salvatore Colazzo
Università del Salento
salvatorecolazzo@gmail.com
2. L’ARTE si pone in dialogo con le facoltà inventive, creatrici e generatrici della
vita;
E’ apertura ad una ulteriorità che è l’indispensabile premessa per promuovere
un modo differente di guardare alla realtà e apprendere nuove modalità di
relazionarsi ad essa, agli altri e a sé stessi;
Sospende la realtà ordinaria e ne propone una che in parte si prospetta come
una realtà seconda, suggerendo un confronto tra questa e l’altra e induce a
un movimento di trasformazione dell’esistente.
3. Paul Klee diceva che allo stesso modo del bambino
che invita l’adulto nel gioco, cercando di acquisire
dimestichezza coi meccanismi di funzionamento della
realtà e con i suoi propri funzionamenti interni, noi
l’arte giochiamo a inventare le forze che hanno
e creano il mondo.
4. Non è invero un automatismo: vi sono approcci all’arte che escludono un movimento
di questo tipo: l’arte per l’arte indica una preclusione ad uscire fuori dal godimento
estetico, per fare dell’arte un grimaldello per modificare la vita.
Estetica ed etica vengono immaginate come incomunicanti e il rischio è, come ha
detto Morin (2016), di una sorta di NICHILISMO ESTETIZZANTE, indifferente alla
necessità di porsi il problema dell’auto-trascendimento e della trasformazione del
mondo.
L’arte ha tracce dell’antica relazione degli uomini col loro ambiente, mediata dalla
trance sciamanica, per la quale un medium poteva comunicare con gli spiriti e renderli
presenti, capaci di partecipare alla realtà e performarla;
In questo senso Morin (2016) sostiene che gli sciamani svolsero il ruolo di
EDUCATORI DELL’UMANITA’ ANTICA, indussero apprendimenti che trasformarono
modo attraverso cui gli uomini si rapportavano alla realtà.
5. Come avveniva la conoscenza dello sciamano? Secondo un processo analogico,
mimetico per il quale lui entrava in sintonia, quasi attraverso una sorta di
possessione psichica, con gli elementi della natura e poteva riprodurli a beneficio
di tutti.
Ci si può rendere conto di questo processo rimirando le pitture preistoriche nelle
caverne dove attraverso uno stato di trance o semitrance, lo sciamano era in grado
di riprodurre il bisonte, la forza del vento, il cervo, per imitazione che veniva da
dentro verso fuori.
6. La condizione dell’artista è sempre un po’ quella dello sciamano: fa delle cose
escludendo ad uno stato secondo, in cui in una condizione di semitrance produce
qualcosa attraverso cui la forza dell’inconscio entra in dialogo con la coscienza per
trovare i mezzi per manifestarsi.
«Mimesi e possessione, scrive Morin, non sono casi estremi ma stati assai frequenti
nella creazione antistatica così come nei momenti di comunione e di esaltazione
nelle nostre vite» (Morin 2016, ebook).
L’opera riuscita è quella che rinviene una equilibrata sinergia tra la coscienza lucida
e qualche cosa che zampilla dalle profondità dell’essere (Morin 2016).
7. Qualcosa di materializza, si concretizza, dà da pensare e potenzialmente può
trasformarci. Anche se l’artefatto antistatico disegna un mondo, esso così simile alla
vita può diventare capace di indurre a delle forme di apprendimento che portano a
riconsiderare la vita riducendo modificazioni profonde di sé.
L’arte può essere forza trasformatrice della vita. Ben sapendo che ciò non avviene
ipsofacto, poiché ciò che l’estetica ci suggerisce, ci prospetta, va consolidato con la
riflessione, l’attività educativa, deve diventare etica, cioè regola di condotta
incarnata.
In tal modo l’arte diventa veicolo di profonda coscienza del mondo, forza di
trasformazione della realtà.
8. Aumentare la portata dell’arte, incrementare la sua trasferibilità nella realtà chiamata
ad assimilare la dimensione estetica nelle condotte quotidiane
Questo è il confronto essenziale di chi ha a cuore la trasvalutazione dei valori consueti,
ossia degli educatori che «attraverso l’insegnamento costante» devono riuscire a «far
radicare le opere nello spirito degli allievi» (Morin 2016). Bisogna semplicemente
puntare a far cogliere «la qualità poetica della vita». Attraverso l’arte si apprende a
vivere.
Necessitiamo di una riforma profonda dell’insegnamento che sappia valorizzare
appieno il portato autobiografico delle arti e dell’estetica. Il curricolo va rifondato.
L’arte adeguatamente insegnata ci rende capaci di aderire alla bellezza del mondo,
aderendo alla bellezza del mondo diventiamo capaci di riconoscere la crudeltà ove si
manifesta e resistervi alle nostre condizioni, quelle proprie della bellezza, del dire sì
alla vita.
9. Un’intuizione dalle potenti valenze pedagogiche è il
TATTILISMO, che troverà una declinazione operativa nel
«Libro tattile» di Bruno Munari.
Marinetti dice di essere giunto al tattilismo riflettendo su un
dato: «gli uomini utilizzano lo sguardo e le parole per
comunicare tra loro, ma spesso mentono; per avere una
comunicazione più autentica dovrebbe entrare in gioco la
pelle, organo di senso potentissimo, ma che non abbiamo
educato e quindi è destinato all’insensibilità».
Il Tattilismo, dunque, nasce con lo scopo preciso di educare
l’epidermide a essere strumento di conoscenza, con
l’intenzione di rappresentare una forma d’arte che trasmette
il pensiero nella sua fisicità. In questo senso il Tattilismo si dà
come educazione estetica da rispecchiare immediatamente
nella vita quotidiana. Non è un semplice atto artistico,
insomma, ma il tramite per una trasfigurazione spirituale del
corpo (L. Mango 2015 e-book).
10. Bruno Munari è stato colui che più di
altri ha colto la ricchezza della proposta
di Marinetti, coniugandola con le prese
di posizione di Maria Montessori, la
quale aveva non solo esalato la
dimensione esperienziale
dell’apprendere, ma aveva colto la
necessità della manipolazione: il
coinvolgimento del corpo è la
condizione irrinunciabile dello sviluppo
infantile. Il tatto è con-tatto, cioè
relazione con l’altro, col mondo, è fonte
di conoscenza, è causa di piacere.
Il tattilismo esprime l’istanza di una educazione dei sensi attraverso l’arte al fine di
incrementare l’intelligenza del corpo, secondo un’acuta intuizione, quella che
successivamente sarà qualificata come teoria della mente embodied.
11. Il Manifesto del Tattilismo di Marinetti è centrale poiché fa capire molto del suo autore e delle
intenzioni profonde del movimento. Anticipa alcune intuizioni che saranno proprie della
fenomenologia, in cui il tatto è assunto come «uno dei dispositivi, forse il principale, attraverso i quali
troviamo il nostro posto nel mondo e in particolare in mezzo agli altri».
La civiltà occidentale ha concepito il conoscere come un atto di distanziamento dalle cose, di
sospensione dalle emozioni.
Bruno Munari, deciso a rompere con questa trascuratezza educativa, 10 anni dopo il Manifesto di
Marinetti, nel 1931 progettò e realizzò la sua prima TAVOLA TATTILE, in modo da offrire ai bambini la
possibilità di fare delle esperienze visive e tattili.