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2. Gioco orientato: il bambino si rende conto della presenza di 
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3. Gioco in parallelo, o in prossimità: il bambini gioca 
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interazioni 
4. Gioco con obiettivo comune: il gioco è fatto insieme
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funzionale 
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parallelo 
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obiettivo 
comune
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Da una parte si lavora per far evolvere la dimensione 
simbolica e sociale del gioco, dall’altra si lavora per 
far si che il gioco sia momento di comunicazione, di 
relazione, di condivisione di interessi e di emozioni 
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contesto più efficace per valorizzare il secondo 
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L’INTERVENTO EDUCATIVO FINALIZZATO ALLA 
COSTRUZIONE DELLE PRIME RELAZIONI SOCIALI NEL 
GIOCO 
• Valutare l’abilità di interscambio sociale del bambino e 
sviluppare un insegnamento che parta dai suoi interessi 
• Ricercare la prossimità sociale che è accettata da quel 
bambino, e che gli è utile
L’INTERVENTO EDUCATIVO FINALIZZATO ALLA 
COSTRUZIONE DELLE PRIME RELAZIONI SOCIALI NEL 
GIOCO 
• Fare richieste precise, con parole chiare, con l’aiuto di 
gesti e, quando può essere utile, anche con una 
comunicazione concreta fatta di oggetti e immagini
L’INTERVENTO EDUCATIVO FINALIZZATO ALLA 
COSTRUZIONE DELLE PRIME RELAZIONI SOCIALI NEL 
GIOCO 
• Avere molta costanza, saper aspettare i tempi personali 
(spesso molto lunghi) e cogliere i segnali (non sempre 
chiari) senza passare immediatamente ad altro
Condividere materiali e attività, esplicitare 
le aspettative
! ! 
! 
! 
!
Abilità sociali 
• Abilità innate o comportamenti appresi? 
• Le abilità sociali sono contesto-dipendente e sono 
fortemente legate alle aspettative legate all’età, al genere 
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sociale attraverso dei prerequisiti innati
Come si manifesta il deficit sociale in persone con DPS 
q Abilità di base che regolano l’interazione: uso sociale 
dello sguardo, posture, prossemica, tono e volume di voce, mimica 
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q Comunicazione diretta a fini sociali: cogliere messaggi 
impliciti sia verbali che non verbali, regole della conversazione, 
selezionare argomenti rilevanti, adattare lo stile comunicativo al 
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q Gestione delle relazioni: capire cosa vuol dire amicizia e altre 
tipologie di relazione oppure abilità sociali più semplici come 
salutare, presentarsi, seguire le regole di un gruppo, accettare 
mediazioni. 
q Emozioni: riconoscere e analizzare le emozioni proprie e altrui 
connettendole al lessico, agli eventi e ai pensieri. Graduare la 
risposta emotiva 
q Problem solving: sapere cosa fare in determinate situazioni che 
richiedono competenze sociali.
L’intervento specifico sulle abilità sociali 
In letteratura si trovano esempi di training di abilità sociali 
condotti essenzialmente in piccolo gruppo con bambini/ 
ragazzi con HFA o sd di Asperger. 
E’ difficile trarre delle considerazioni conclusive sulla loro 
efficacia sia perché il numero dei partecipanti è di solito 
molto ridotto sia perché nessuna metodologia di conduzione 
è uguale all’altra. L’età dei partecipanti è solitamente quella 
della tarda infanzia e prima adolescenza. 
I dati certi: 
Si rileva efficacia positiva quando la valutazione viene 
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Autismo dr.ssa Villa 13 febbraio 2014

  • 1. PROGRAMMA DI FORMAZIONE PER IL MIGLIORAMENTO DELL’INCLUSIONE SCOLASTICA DI BAMBINI E ADOLESCENTI CON DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO 3- Il curriculum per le abilità sociali Susanna Villa IRCCS Eugenio Medea, Associazione La Nostra Famiglia, Conegliano
  • 2. Comunicazione e interazione • La comunicazione avviene quando una persona manda un messaggio ad un’altra persona. • Si può mandare un messaggio in molti modi • Si può mandare un messaggio per diverse ragioni • Si parla di interazione quando voi e il bambino fate qualcosa insieme e uno risponde all’altro. Questa è la base della comunicazione a due vie. Ogni volta che voi e il bambino interagite create una relazione che fa partire la comunicazione.
  • 3. Intersoggettività, comunicazione, abilità sociali • Costituiscono gli elementi nucleari del lavoro riabilitativo in quanto vanno ad agire sui punti di debolezza della persona con Autismo e DPS • Trovano nel contesto educativo la massima possibilità di espressione • Gli obiettivi di lavoro vanno individualizzati sulla base dell’età e del profilo funzionale • Necessitano di tecniche specifiche • Necessitano di una struttura
  • 4. INTERSOGGETTIVITA’ (Newson, 1977; Trevarthen, 1980, 2001; Stern, 1987; Xaiz, Micheli, 2001) • Si definisce l’insieme coordinato di atti motori, cognitivi ed emotivi che costituiscono le prime abilità di relazione sociale, la base dello sviluppo della capacita’ spontanea di riferirsi ad un’altra persona • la capacità di riconoscere l'esistenza dell'altro e di se stesso come soggetti dell’interazione e in interazione • la co-costruzione di significati emotivi socialmente condivisi
  • 5. INTERSOGGETTIVITA': INTERSOGGETTIVITA’ PRIMARIA: dalla nascita ai 7-9 mesi il bambino sperimenta situazioni di scambio che si svolgono all’interno della coppia costituita da lui e dalla mamma, che poi generalizza ad altre persone INTERSOGGETTIVITA‘ SECONDARIA (9-18 mesi): quando il bambino inizia a spostarsi, utilizza ciò che aveva sperimentato nell’intersoggettività primaria come spinta per Incontrare nuove situazioni e scambiare esperienze relative a quello che accade nel mondo
  • 6. INTERSOGGETTIVITA‘PRIMARIA Abilità di base • interesse per il viso umano: capacità di riconoscimento dei visi e della loro espressione • Orientamento: capacità di reagire ad uno stimolo nuovo, di distinguere ciò che è nuovo e rilevante • Attivazione : capacità di attivarsi sia fisicamente che emotivamente • Attenzione : capacità di orientarsi a lungo nei confronti di uno stimolo, in modo da percepirne le caratteristiche • capacità di alternanza di turni : la “conversazione” nello scambio alternato con la mamma di sorrisi, sguardi, suoni • integrazione di diverse modalità sensoriali in nuove configurazioni incrociate
  • 8. INTERSOGGETTIVITA SECONDARIA Competenze correlate: • l’attenzione congiunta • l’intenzione congiunta • l’emozione congiunta • lo scambio di turni • l’imitazione
  • 10. intersoggettività • Costituisce le fondamenta dell’apprendimento sociale • à se l’intersoggettività è carente dal punto di vista costituzionale/biologico, è possibile lavorare per potenziarne i correlati comportamentali? • La risposta è SI, però bisogna fare un lavoro “controintuitivo”
  • 11. Sezionare ciò che è “naturale” in abilità da insegnare ATTENZIONE CONGIUNTA: ü alternare il proprio sguardo fra l’oggetto che si sta osservando e l’altra persona, ü seguire con lo sguardo l’indicazione dell’altro, ü controllare dove l’altro sta guardando e guardare nella stessa direzione, ü indicare per mostrare o per chiedere:”cos’è?” ü portare una cosa all’altro per fargliela vedere
  • 12. EMOZIONE CONGIUNTA: ü ridere e sorridere insieme, in risposta alla stessa situazione, ü rispondere con la manifestazione di un’emozione (es. mimica facciale significativa) al comportamento dell’altro (solletico, una canzoncina, una battuta) ü cogliere l’emozione dell’altro ed adattarsi ad essa, ü sincronia delle espressioni facciali (utilizzare l’espressione delle emozioni come strumento di scambio sociale) INTENZIONE CONGIUNTA: riconoscimento dell’esistenza di desideri, intenzioni condivisi, uguali o diverse tra i soggetti della interazione; fare accanto, fare insieme SCAMBIO DEI TURNI : alternanza di sguardi, sorrisi, azioni, giochi IMITAZIONE: di espressioni del viso, di gesti, di movimenti, di azioni con oggetti, di parole, ecc.
  • 13. Cosa significa “struttura” in un lavoro teso all’incremento della comunicazione e dell’interazione? Dare una struttura al lavoro sulla comunicazione e interazione significa permettere al bambino di decodificare quegli elementi che lo aiutano a rispondere ai tentativi di comunicazione/interazione che gli vengono proposti dall’adulto, e a prendere a sua volta un’iniziativa di comunicazione/interazione che ottiene una risposta che va nella direzione attesa.
  • 14. Attenzione alle nostre risposte. • Il feedback struttura e rinforza il comportamento interattivo. Le capacità comunicative e relazionali maturano su base biologica ma anche sulla base delle risposte che ottengono.
  • 15. Come definiamo il gioco? • Qualcosa di piacevole • Qualcosa che riguarda l’attivarsi • Qualcosa di liberamente scelto In più: • Il gioco richiede flessibilità • spesso richiede di far finta • e di tener conto del punto di vista dell’altro
  • 16. Il gioco come obiettivo di insegnamento Insegnare il gioco oppure considerare il gioco come qualcosa che il bambino crea da solo attraverso la sua maturazione e la relazione con le persone? Come posso considerare “gioco” qualcosa che il bambino non sceglie e non é motivato a fare? E’ lo stesso “paradosso” che troviamo nella comunicazione!
  • 17. Se consideriamo il gioco in una dimensione evolutiva (sviluppo del gioco, dalle forme più semplici a quelle più complesse) possiamo considerare sia la dimensione simbolica che quella sociale
  • 18. Dimensione simbolica: analizziamo lo sviluppo del rapporto che c’è fra bambino, oggetti e azioni, fino ad arrivare al rapporto che c’è fra bambino e “azioni pensate”, cioè simbolizzate. 1. Nessuna interazione: il bambino non tocca il materiale, sono presenti solo autostimolazioni 2. Manipolazione: utilizzo del materiale anche se in maniera non convenzionale (es. allineare oggetti) 3. Gioco funzionale: uso convenzionale del gioco dove un’azione si lega all’altra (es: impilare cubi e buttarli giù) 4. Gioco simbolico: far finta di fare qualcosa. Comprende anche il gioco dei ruoli
  • 19. Dimensione della socialità: 1. Gioco isolato: il bambino non sembra accorgersi della presenza degli altri, gioca da solo 2. Gioco orientato: il bambino si rende conto della presenza di altri bambini, li guarda oppure guarda il oro materiali, ma non entra nel loro gioco 3. Gioco in parallelo, o in prossimità: il bambini gioca prevalentemente da solo, ma condivide lo spazio ed il materiale con altri. A volte possono esservi piccole interazioni 4. Gioco con obiettivo comune: il gioco è fatto insieme
  • 20. Nessuna interazione Gioco isolato Manipolazione Gioco orientato Gioco funzionale Gioco in parallelo Gioco simbolico Gioco con obiettivo comune
  • 21. Nessuna interazione Gioco isolato Manipolazione Gioco orientato Gioco funzionale Gioco in parallelo Gioco simbolico Gioco con obiettivo comune
  • 22. Un passaggio in più….. Da una parte si lavora per far evolvere la dimensione simbolica e sociale del gioco, dall’altra si lavora per far si che il gioco sia momento di comunicazione, di relazione, di condivisione di interessi e di emozioni piacevoli. Le relazioni affettive sono per loro stessa natura il contesto più efficace per valorizzare il secondo aspetto: scambio e comunicazione.
  • 23. L’INTERVENTO EDUCATIVO FINALIZZATO ALLA COSTRUZIONE DELLE PRIME RELAZIONI SOCIALI NEL GIOCO • Valutare l’abilità di interscambio sociale del bambino e sviluppare un insegnamento che parta dai suoi interessi • Ricercare la prossimità sociale che è accettata da quel bambino, e che gli è utile
  • 24. L’INTERVENTO EDUCATIVO FINALIZZATO ALLA COSTRUZIONE DELLE PRIME RELAZIONI SOCIALI NEL GIOCO • Fare richieste precise, con parole chiare, con l’aiuto di gesti e, quando può essere utile, anche con una comunicazione concreta fatta di oggetti e immagini
  • 25. L’INTERVENTO EDUCATIVO FINALIZZATO ALLA COSTRUZIONE DELLE PRIME RELAZIONI SOCIALI NEL GIOCO • Avere molta costanza, saper aspettare i tempi personali (spesso molto lunghi) e cogliere i segnali (non sempre chiari) senza passare immediatamente ad altro
  • 26. Condividere materiali e attività, esplicitare le aspettative
  • 27. ! ! ! ! !
  • 28. Abilità sociali • Abilità innate o comportamenti appresi? • Le abilità sociali sono contesto-dipendente e sono fortemente legate alle aspettative legate all’età, al genere e al ruolo sociale • Le abilità sociali si apprendono all’interno del contesto sociale attraverso dei prerequisiti innati
  • 29. Come si manifesta il deficit sociale in persone con DPS q Abilità di base che regolano l’interazione: uso sociale dello sguardo, posture, prossemica, tono e volume di voce, mimica facciale q Comunicazione diretta a fini sociali: cogliere messaggi impliciti sia verbali che non verbali, regole della conversazione, selezionare argomenti rilevanti, adattare lo stile comunicativo al partner e alla situazione q Gestione delle relazioni: capire cosa vuol dire amicizia e altre tipologie di relazione oppure abilità sociali più semplici come salutare, presentarsi, seguire le regole di un gruppo, accettare mediazioni. q Emozioni: riconoscere e analizzare le emozioni proprie e altrui connettendole al lessico, agli eventi e ai pensieri. Graduare la risposta emotiva q Problem solving: sapere cosa fare in determinate situazioni che richiedono competenze sociali.
  • 30. L’intervento specifico sulle abilità sociali In letteratura si trovano esempi di training di abilità sociali condotti essenzialmente in piccolo gruppo con bambini/ ragazzi con HFA o sd di Asperger. E’ difficile trarre delle considerazioni conclusive sulla loro efficacia sia perché il numero dei partecipanti è di solito molto ridotto sia perché nessuna metodologia di conduzione è uguale all’altra. L’età dei partecipanti è solitamente quella della tarda infanzia e prima adolescenza. I dati certi: Si rileva efficacia positiva quando la valutazione viene effettuata su variabili definite Le abilità raggiunte durante il training devono essere generalizzate attivamente all’interno dell’ambiente di vita e nei contesti naturali Le abilità raggiunte durante il training devono essere costantemente esercitate per potersi mantenere nel tempo.