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Fashion Report
Made with style
#2
Men fashion according to: Bally, Bray Steve Alan, Dondup, Maria
Luisa Frisa, Giuliano Fujiwara, Leitmotiv, Gaetano Navarra
2. 12
DR
Gaetano Navarra:
Stefano Guerrini
da Bologna alla
conquista del mondo
A guardare il curriculum vitae di Gaetano Navarra si rimane colpiti dai molti
nomi importanti che appaiono, dalle tante esperienze in cui lo stilista si è
cimentato in un percorso di crescita che lo ha portato oggi ad essere uno dei
nomi più interessanti che sfilano a Milano. Eppure la sua storia non inizia af-
fatto nel capoluogo lombardo, ma nella natia Bologna, dove tuttora Navarra
risiede. Della sua città d’origine lo stilista ha fatto propri i fermenti culturali
più d’avanguardia, la propensione per la sperimentazione, che si sommano ad
una istintiva passione per l’eleganza, maturata nell’azienda di famiglia in cui
entra giovanissimo. Una sua prima linea di prêt-à-porter in maglia, presentata
dal 1986 al 1991 nell’ambito di Milano Collezioni, lo fa subito notare, a indos-
sare sulla passerella le sue creazioni sono le top dell’epoca, da Linda a Naomi,
poi per otto anni è nel team stilistico del Gruppo Genny e gli viene affidata la
responsabilità della linea omonima, per due anni la Direzione Artistica dello
spazio Tendenze di Pitti Filati, la consulenza per la linea di Calzature Donna
di Sandro Magli e nel 2001 l’intesa con il Gruppo Les Copains, per il quale
inizialmente disegna le collezioni Les Copains Blu e Les Copains Jeans, che
diventa poi una vera joint venture, a fronte della necessità di assicurare strut-
ture e risorse adeguate alla crescita del suo marchio. Con la stessa finalità di
espansione l’importante accordo di partnership tra Gaetano Navarra e Billy
Ngok, Presidente di Hembly International Holdings, del 2008.
Accanto alla linea donna che porta il suo nome, è nata nel 2004 anche quella
maschile, che subito si caratterizza per creatività, voglia di giocare con uno stile
innovativo, che renda più estroverso e vario il guardaroba dell’uomo contem- Qui in alto ritratto dello stilista Gaetano
poraneo. Se nelle ultime collezioni femminili lo stilista si è dedicato ad uno Navarra; a sinistra bozzetto della
studio dei volumi, con abiti, dalla costruzione spesso enfatizzata e sostenuta, collezione p/e 2010; in basso e nella pagina
che citavano gli anni ottanta o le atmosfere futuribili di un film come ‘Blade
a fianco immagini della collezione maschile
Runner’, per la linea maschile troviamo suggestioni artistiche, nell’ispirazione
a Basquiat o al senso del colore di Schnabel, riferimenti all’universo giovanile a/i ’09-’10
raccontato fotograficamente da Bruce Weber nel suo ‘Branded youth’ e alla
way of life della West Coast americana. Sulla passerella per l’autunno/inverno
2009-2010 sembrano invece essersi mescolati i cromosomi di Heinrich
Harrier, lo scalatore di ‘7 anni in Tibet’, e quelli di David Sylvian, leader dei
Japan, di androgina bellezza, il tutto tradotto in una collezione dove a farla da
padrone è il total look knitwear, accanto ad accenti più marcati sulla
sartorialità, con capospalla corti e ravvicinati al corpo, pantaloni ampi sino al
ginocchio, con pinces in quantità, poi stretti sino alla caviglia.
Incontriamo Gaetano Navarra per scoprire qualcosa in più del suo mondo.
3. 13
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Innanzitutto partiamo dalla figura maschile di Navarra. Alcuni suoi colleghi hanno l’eleganza è un attributo che si ha, è inutile cercarlo in un abito. Il mio personale
spesso sostenuto che la moda maschile è poco creativa. Lei invece sembra apprezzarla, concetto di eleganza è quello di trovare assoluta armonia, tra ciò che si è, ciò che
le sue collezioni sono sempre interessanti, di ricerca, c’è la voglia di vedere l’uomo in si indossa e come si decide di apparire.
maniera meno banale. Sbaglio? Lei disegna una collezione uomo e una donna. Nascono insieme? Come dialogano fra di loro?
Sicuramente chi sostiene che la moda maschile sia più statica rispetto a quella Le due collezioni nascono in tempi diversi unicamente per motivi industriali.
femminile è chi pensa ad un uomo molto classico. Se invece ci si rivolge ad una A volte si incontrano e altre volte viaggiano su binari paralleli, ma la cosa
figura che per scelta decide di non essere formale, succede l’esatto contrario: fondamentale è che raggiungano la stessa meta.
le strade da percorrere si moltiplicano, sono più ampie e meno “battute”.
Nell’abbigliamento maschile c’è ancora tanto da fare e da scoprire e sono Lei ha sempre preferito la passerella. Ha ancora senso questo modo di presentare
altrettanto certo che basti molto poco per non essere banali. le collezioni, in un momento di crisi come questo?
Si immagina il compratore di questa linea? Che uomo è? Credo fortemente che la passerella sia sempre il modo per presentare al meglio le
proprie collezioni, perché oltre all’oggettivo fatto di mostrare i capi indossati, si
L’uomo che indossa Gaetano Navarra è una figura molto “libera”, che non possono fare percepire sensazioni grazie al sound, alle modelle, alle acconciature,
teme di apparire, né intende scivolare in uno stile teatrale o molto costruito, agli accessori. La sfilata è il messaggio preciso che si vuole comunicare. Facendo
pensato. Propende piuttosto per qualcosa di casuale, personale e in riferimento alla crisi in corso, trovo a dir poco inelegante avere tra il pubblico
armonia con il proprio corpo e il proprio umore. L’ uomo Gaetano Navarra decine di calciatori e veline e altri personaggi più o meno famosi, che garantiscono
è un personaggio “volubile”, che ama presentarsi ogni giorno in maniera la loro presenza, unicamente dietro cospicue somme di danaro.
diversa: magari non sa bene come vuole apparire, ma sa bene chi e cosa non
vuole essere. Parlando di questo momento difficile che stiamo attraversando, quali scenari futuri si
prospettano secondo lei per la moda? E, legandomi a questo, la gente è ancora interessata
Come si può essere innovativi in questi anni? Dove va la ricerca in ambito moda, secondo lei? alla moda?
Oggi l’unico modo per essere innovativi è avere il coraggio, stagione dopo Io credo che la gente sia ancora sensibile alla moda, anche se in un modo molto
stagione, di cambiare totalmente i codici del vestire, facendosi onere di ciò che diverso dal passato. Oggi il consumatore acquista oltre a ciò che gli piace, ciò che
queste scelte comportano. La ricerca della moda si fa sempre più estrema, nel si può permettere. E oggi anche questo è moda, cioè un aspetto importante che
senso che il consumatore sa bene ciò che vuole. Ad esempio: si cercano tessuti dobbiamo considerare.
che corrispondono a particolari esigenze climatiche o a necessità di
manutenzione dei capi. Con un occhio sempre attento ai prezzi. Ha ancora senso il concetto di lusso in questo momento secondo lei?
Oggi lusso è una parola che si può legare a molte cose. C’è chi ritiene che oggi
Mi racconta l’autunno/inverno al maschile di Navarra?
il vero lusso sia la bellezza, chi ritiene che siano sempre i gioielli, chi le mete
Rispetto alle stagioni precedenti, quello per l’autunno/inverno prossimi sarà un esotiche in resort a 5 stelle. Personalmente ritengo che il vero lusso sia l’autista!
uomo un po’ più formale, anche se nel DNA della collezione rimangono molto
forti le contaminazioni street-wear. Abbinate a qualcosa di classico creano un Viene da una città lontano dal circuito classico di moda. Quanto le sue origini emiliane
mix che rivela “un nuovo stato di apparente casualità”. l’hanno influenzata? Bologna è ancora capace di stimoli per il suo lavoro?
Sono molto orgoglioso, dopo tanti anni, di essere riuscito a non lasciare
Può darmi qualche anticipazione invece della collezione per la p/e 2010? Bologna, alla quale sono molto legato. E’ una città meravigliosa, ha l’università
Per la primavera/estate posso anticipare che sarà un uomo in bianco e nero, più antica del mondo ed è piena di giovani. Si respira un’aria “leggera”, sia di
molto anni ’80, decisamente diverso da quello della precedente stagione. giorno sia di notte, e avere la possibilità di essere circondati da gente di così
diverse provenienze è sicuramente un grande stimolo per il mio lavoro. Non
Come deve essere un uomo per essere elegante oggi? Mi da la sua personale
ultimo, è sufficientemente lontana dalla capitale della moda e quindi spesso
interpretazione del concetto di eleganza?
posso essere esonerato dal partecipare a feste ed eventi di cui faccio volentieri
Un uomo non deve assolutamente fare nulla per essere elegante, in quanto a meno.
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Stefano Guerrini Una chiacchierata
di stile con Maria
Luisa Frisa Maria Luisa Frisa è direttore del Corso di Laurea in Design della Moda presso la Facoltà di Design e Arti
di Venezia (IUAV), incarico prestigioso che appare come giusto proseguimento di un percorso poliedrico,
che dagli anni ottanta ad oggi l’ha messa in evidenza come una delle figure più interessanti che lavorano
in Italia, a livello internazionale, con la moda e con quelle discipline che trasversalmente si relazionano ad
essa. Una laurea in Storia dell’Arte presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze, nel 1984 Maria Luisa
Frisa fonda con Stefano Tonchi la rivista ‘Westuff’, che poi diventa ‘Emporio Armani Magazine’, segnando
profondamente lo stile di quegli anni e influenzando fino ai giorni nostri il lavoro di stilisti e fotografi di
moda. Particolarmente interessata ai continui sconfinamenti tra le arti, il design, la comunicazione, cerca
di restituire in progetti interdisciplinari la complessità dell’immaginario contemporaneo. È curatore di
mostre di moda, ad esempio ha ideato nel 2004 con Stefano Tonchi il libro e la mostra alla Stazione
Leopolda di Firenze “Excess. Moda e underground negli anni Ottanta” e con Raf Simons e Francesco
Bonami la pubblicazione “Il Quarto Sesso. Il territorio estremo dell’adolescenza”. Come giornalista col-
labora con ‘L’Espresso’ e ‘Domus’. Incontriamo Maria Luisa Frisa e subito siamo colpiti dal suo modo di
abbigliarsi: la pettinatura quasi punk, a testimonianza di una personalità dalle molte sfaccettature, l’outfit
nero, un Comme des Garcons d’epoca, così di moda, ma così lontano dalle mode, e i tanti bracciali, forse
Ritratto di Maria Luisa Frisa scattato da: Timothy ricordi di viaggi e di momenti intensi, una sorta di armatura, di cocooning personale, o almeno così sospet-
Greenfield-Sanders tiamo. Poi a entusiasmarci è il suo sguardo preciso e acuto sullo stile, come dimostra in questa intervista.
Molti sostengono che la moda maschile sia difficile, per i larghe. Così anche la pillola e l’atteggiamento oggi molta di quella moda che diventa, sulla strada
canoni restrittivi a cui è sottoposta, altri invece proprio maschile che finalmente la lasciano libera anche e nell’immaginario fashion, stile condiviso.
per le barriere si sentono stimolati. Secondo lei perché per la famosa ‘scopata senza cerniera’ teorizzata da
Che cosa pensa del Made in Italy? É un’etichetta che ha
la figura maschile quando si parla di stile sembra così Erica Jong. La ‘grande rinuncia’ è stata superata negli
ancora valore in questo momento di crisi?
‘statica’? Corretto pensare, rispetto ad altri momenti anni Ottanta, quando gli uomini hanno potuto
storici, che l’uomo non abbia il coraggio di essere più esprimersi a tutto tondo anche nella loro fragilità Penso che dovremmo definitivamente archiviare
creativo nel vestire? e sessualità e la moda in questo è stata una grande l’etichetta ‘Made in Italy’. Ha avuto un reale
alleata. valore negli anni Ottanta, quando identificava un
Io direi che la moda maschile non è difficile, è
Quali ritiene siano le grandi icone al maschile dei nostri prodotto italiano di qualità e ricerca. Ora che tutto
diversa. L’uomo solo apparentemente si veste
anni? è cambiato e che l’Italia deve assolutamente uscire
sempre allo stesso modo. Si dice che è statico solo
da una situazione di stallo, ci si aggrappa a questa
per abitudine. I canoni restrittivi a cui è sottoposto Sono infastidita da quelli che decidono di essere definizione come i nobili decaduti che si
gli permettono di fare suoi degli elementi icone di stile e coltivano vezzi e tic in un vestire aggrappavano alla poca argenteria rimasta.
personalissimi di puntualizzazione che diventano affettato al limite del ridicolo. Mi piacciono coloro
stile. Pensiamo alla figura del dandy che usa una che hanno uno stile naturale, che nasce da una Quanto è ancora importante la passerella per la moda
divisa molto precisa, su cui agisce con delle disciplina al confine con la rinuncia. Da un attuale, secondo lei? E quanto sono state e sono
trasgressioni, degli sbagli che diventano progetto complesso. Oggi la situazione è fram- interessanti manifestazioni come Pitti?
immediatamente dei particolari di stile. mentata, polverizzata. Non ci sono grandi icone di Personalmente ogni volta penso che ormai la
Ricordiamo Jean Cocteau con i polsini della eleganza. Ci sono molti individui che vestono in passerella è desueta e bisognerebbe trovare forme
camicia piegati sulle maniche della giacca, oppure modo personale e interessante, tra questi metto due alternative. In questa direzione si sono mossi
Gianni Agnelli con la cravatta sul pullover. Icone amici: Stefano Tonchi e Angelo Flaccavento. Ma designer di ricerca che hanno guardato l’arte
alla cui incisiva eleganza è difficile affiancare una metto anche Obama, un dressing-down informal, contemporanea per quanto riguarda l’aspetto
figura femminile altrettanto forte. Ma se parliamo autorevole per il modo in cui è inestricabilmente performativo e hanno cercato di trovare strategie
del nostro oggi, mi sento di affermare che l’uomo legato a una maniera di indossare e performare la nuove. Comunque rimane che l’abito deve essere
è molto più creativo della donna. È nella moda propria identità. indossato per apprezzarne al meglio i caratteri. E la
maschile che sono avvenuti i veri cambiamenti ed passerella offre il giusto risalto alla parata di corpi
è l’uomo che ha coraggiosamente cambiato la sua Per anni si è citata la ‘strada’ come fonte di ispirazione.
Secondo lei i movimenti giovanili e la street culture che indossano la collezione del momento. Direi che
immagine. Pensiamo ai capelli: i tagli, le pettinature Pitti Uomo è molto importante perché rimane unica
più interessanti e di ricerca sono tutte maschili. Le influenzano le passerelle o è vero il contrario?
nel suo genere. Riesce a tenere insieme nella qualità
donne oggi sono solo preoccupate di avere i capelli Direi che ancora oggi la strada, ma come viene
la moda tradizionale con quella di ricerca, con lo
lunghi e lisci. E ancora sono le riviste di moda schedata dai blog, è uno straordinario luogo di
sport e lo street. La Fiera offre sempre nuove
maschile quelle che molto spesso hanno i servizi ispirazione. Le passerelle sono omologate da un
interpretazioni e letture di quello che sta
più interessanti e ricchi di suggestioni. concetto devastante di marketing. Non parliamo
succedendo. Mentre le passerelle di Pitti presentano
poi dei red carpet, dove il potere della moda ha
È possibile sostenere che il costume al maschile sia stato sempre fashion designer particolarmente
ucciso l’eleganza come ricerca e unicità.
influenzato in qualche modo dai grandi cambiamenti interessanti, che spesso non hanno mai sfilato in
e successi che la donna ha ottenuto nel Novecento? Ha Quali sono secondo lei i designer più innovativi per il Italia. Le mostre poi sono una riflessione critica sulla
ancora senso il concetto di ‘Grande Rinuncia’? menswear al momento? Chi sta dicendo qualcosa di moda come disciplina imprescindibile della
nuovo? contemporaneità.
Se per grandi successi che la donna ha ottenuto
nel Novecento pensiamo a quelli che l’hanno A me interessa chi riesce a innovare la silhouette,
Difficile poterlo dire ora, ma in che direzione si sta
emancipata e l’anno resa più libera rispetto al a dare nuove proporzioni a corpi sempre in
muovendo la moda uomo, secondo lei?
sesso, alla carriera e alla sua vita privata, dobbiamo trasformazione. Grandi apripista che hanno
registrare che ha dovuto assumere comportamenti cambiato radicalmente l’immagine maschile sono La moda uomo può mettersi in gioco molto di
e atteggiamenti maschili. Dal liberarsi da corsetti stati Raf Simons e Hedi Slimane. Niente è più stato più di quella femminile, è più giovane nella sua
e altre forme di costrizione come ha indicato come prima dopo di loro. Thom Browne adesso, declinazione fashion. L’uomo rispetto alla donna
l’indipendente Coco Chanel all’inizio del secolo per esempio, è riuscito ad agire nel territorio mette oggi molto più in discussione la sua identità
scorso, fino ad arrivare in pieno femminismo a accidentato costruito dagli stereotipi dell’abito di genere. E si diverte a osare. Mentre la donna si
bruciare i reggiseni. Per poi trovare nell’abito mas- virile. Ha ridefinito la silhouette maschile, l’ha plasma secondo uno stereotipo femminile imposto
chile, e in questo dobbiamo ricordare la rivoluzione ridisegnata nelle proporzioni e l’ha compressa. dai media, l’uomo si lancia in territori spericolati,
di Giorgio Armani, l’abito/divisa che le permetterà Il pantalone che lascia scoperta la caviglia a quelli dove i generi si assomiglieranno sempre di
di sedersi ai Consigli di Amministrazione con la mostrare la scarpa allacciata è diventato una cifra, più nella figura e nella sensibilità. Dove gli
stessa grinta maschile che le regalano le spalle talmente forte nella sua semplicità, da condizionare indumenti in comune saranno la maggioranza.
5. 24
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Bally: quando
Stefano Guerrini
l’artigianalità
incontra l’esperienza
del lusso Talento e fascino sono un binomio che in molti settori ha creato
fenomeni vincenti. Questo è accaduto anche, e soprattutto, nella
moda. Brian Atwood li possiede entrambi. A guardarlo sembra un
divo di una Hollywood di altri tempi, non a caso è stato anche
modello, ma quello che colpisce è forse un aspetto meno fenotipico
e più profondo. Lo stilista, originario di Chicago, ha studiato Arte
e Architettura alla Southern Illinois University e fashion design al
FIT di New York. Nel 1996 è diventato il primo designer
americano assunto da Gianni Versace a Milano. Nel 2001 Atwood ha
creato la propria linea di scarpe da donna, che nel 2003 gli ha fatto
riconoscere dal CFDA il premio Swarovski – Perry Ellis per
“l’accessory design”. Un talento così spiccato non poteva non portare
ad un incontro importante, quello con Bally, di cui è diventato
Direttore Creativo nel 2007. Sin dagli esordi, è stato fondato nel
1851 nel piccolo villaggio svizzero di Schönenwerd, Bally si è distinto
come uno dei marchi di maggior prestigio nel panorama
internazionale dei beni di lusso, riconosciuto per i suoi prodotti unici,
simbolo di valore e qualità. La maison possiede più di 750 punti
In alto: Immagine dello stilista americano Brian vendita nel mondo e boutique da New York a Tokyo, passando per
Atwood, dal 2007 Direttore Creativo di Bally; Madrid e Zurigo, senza dimenticare il suo primo store online lanciato
in questa pagina: accessori della collezione uomo lo scorso febbraio. Un brand, legato non solo al mondo degli
Bally a/i ’09-’10; accessori ma anche a quello del pret-a-porter, grazie ad una linea
nella pagina accanto: outfit della collezione uomo uomo e donna, la cui forte ascesa è stata amplificata da uno stile
Bally a/i ’09-’10. lineare e sofisticato di cui Atwood è artefice. Nella collezione
femminile l’autunno/inverno 2009-2010 vede in primo piano una
ricca tavolozza di colori e materiali, dissolti in un fluire sensuale
di morbidezze e inframmezzati da accenti metallici, memorie
dell’influsso arabeggiante degli anni ’30 o del rigore sartoriale degli
anni ’80 incontrano nuovi materiali per capi naturalmente moderni.
E l’uomo secondo Bally? Incontriamo Atwood per farci raccontare
il guardaroba maschile declinato nello stile del marchio svizzero.
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Innanzitutto quali sono le sfide e le difficoltà di affrontare l’impegno con un brand scarpe da uomo. Per questa stagione ho voluto davvero sperimentare con nuovi
storico, con un passato così rilevante alle spalle? In tal senso, sono stati di aiuto gli materiali e rifiniture. Applicandoli a molti stili diversi, dal casual al formale, con
archivi del marchio? un tocco finale dato dalla brunatura a mano a creare una texture ricca, il modo
Non considero l’impegno con un brand con un passato così importante come migliore per fornire ad un uomo più opzioni di stile diverse.
una sfida difficile, ma anzi è eccitante e incredibilmente pieno di soddisfazioni. Secondo lei, quali sono i mercati più interessanti per il marchio? E com’è l’Europa,
Lavorare per Bally mi fa sentire come un bambino in un negozio di dolciumi e l’Italia in particolare, come mercato?
e caramelle, il marchio possiede alcuni fra i più accurati e squisiti esempi di Il rinnovamento del network retail nei mercati statunitensi ed europei è quasi
artigianato al mondo. Sono proprio tutti i dettagli, le rifiniture, le tecniche completo e il nostro posizionamento in questi territori è molto solido.
innovative di costruzione degli accessori ad ispirarmi costantemente. Lavorando però continuamente in Occidente, mi elettrizza e incuriosisce molto
Che cosa l’ha attratta all’inizio in Bally, che cosa sentiva affine al suo spirito e alla sua interagire con quelle regioni meno conosciute e più lontane. Bally è presente al
visione di stile? momento in 66 nazioni al mondo, che includono anche il Kazakistan e l’Egitto,
abbiamo 43 negozi in Cina e 7 ad Hong Kong. Quest’anno apriremo la nostra
Come Bally credo nelle linee pure ed essenziali, capaci di evidenziare la
terza boutique a Singapore, presso l’ION Orchard, sarà un negozio fantastico
costruzione di un capo o di un accessorio, così come la qualità dei pellami. Per
e l’inaugurazione corrisponderà al mio primo viaggio in quella nazione e avrò
questo motivo sapevo dall’inizio che il nostro sarebbe stato un ottimo incontro.
l’occasione di conoscere Fann Wong e Christopher Lee, due attori fantastici,
Che cosa pensa invece di aver portato di nuovo al marchio? quindi non vedo l’ora che sia ottobre.
Più che introdurre qualcosa di nuovo, direi che ho aumentato l’enfasi Come affronta un marchio sinonimo di qualità e buon gusto il momento attuale di crisi?
sull’altissima qualità artigianale del prodotto, ad esempio reintroducendo
per l’a/i 2009 la collezione di abiti sartoriali maschili e aggiornando la Scribe Qualsiasi momento si stia attraversando è importante per un brand rimanere
Collection. Adoro ad esempio il mio paio di scarpe Richard’s, sono in un colore fedele alla propria identità, non scendere a compromessi che possano danneg-
che noi chiamiamo Cuba, perché ricorda la sfumatura cromatica ricca e profonda giare i valori che lo hanno reso quello che è. Bally è rinomato per la sua qualità
di un sigaro cubano, una pianta più allungata le ha rese dei perfetti esempi di uno e per l’alto valore artigianale dei prodotti, questi sono gli elementi distintivi che
stile classico contemporaneo. diventano ancora più importanti in tempi di insicurezza economica e che hanno
permesso si formasse un nutrito gruppo di affezionati consumatori che il
Se dovesse descrivere l’attuale ‘Bally style’, quali aggettivi e parole userebbe? C’è un capo marchio è contento di avere oggi. È essenziale mantenere agli occhi della
rappresentativo di questo nuovo percorso? clientela fedeltà nei confronti di queste caratteristiche.
Uno stile puro, confortevole e sofisticato, per me questo riassume l’intera col- In generale dove trova ispirazione per il suo lavoro con Bally?
lezione, ma se dovessi scegliere un capo in particolare direi gli stivali Bloner
Chelsea. I classici colori autunnali del loro pellame trasudano ricchezza, mentre Per la collezione maschile traggo di solito ispirazione dai miei stessi spostamenti.
le parti elasticizzate ricoperte in pelle cucita a mano sono un perfetto esempio di Ho necessità per lavoro di muovermi molto e questo mi fa capire appieno le
superba manualità. Altri pezzi che amo della collezione sono la borsa ventiquat- necessità di un uomo contemporaneo. Ai giorni nostri un viaggio può
trore in pitone, quella in lana per il weekend, il trench in cashmere lavorato a comprendere degli aspetti più legati al lavoro e altri di piacere e divertimento,
maglia e sicuramente anche i caschi da motocicletta. per tali motivazioni sono costantemente attento alle possibili soluzioni legate
ad un viaggiare leggero, ma senza compromettere il proprio stile.
Ci parla delle proposte Bally per l’a/i 2009-2010?
Sembra che ci sia un forte legame fra il marchio e la nuova giovane Hollywood, che
Volevo che la collezione catturasse l’energia tangibile e la creatività di una vita apprezza molto il suo lavoro? Personaggi come Ashton Kutcher o Blake Lively, sono
cittadina. Originariamente mi sono concentrato sull’interpretare un classico look possibili icone di riferimento per l’ideazione della linea?
sartoriale, quando poi mi è capitato di vedere un’immagine fantastica dell’attore
Steve McQueen al lavoro sulla sua motocicletta, tutta la collezione Ci sono molti bravi attori al momento, tutti fantastici da vestire, ma quando
istantaneamente ha preso forma. Pulita, contemporanea e semplicemente progetto una collezione tendo sempre a pensare alle icone del passato, come
urbana. La palette di colori, che comprende il verde, il grigio e il nero, Steve McQueen o John John Kennedy. Faccio riferimento a figure maschili
è applicata a una texture e a sovrapposizioni che si uniscono per creare una molto sicure di sé e del proprio stile, professionisti con una certa attitudine
collezione d’avanguardia. all’avventura, che hanno la stessa passione per il lavoro e per la vita in generale.
Invece per la p/e 2010 come è cambiato lo stile del marchio? Ci può dare una preview C’è qualcosa che non ha ancora fatto con Bally e che vorrebbe portare avanti?
della collezione? Ci sono così tante cose che si possono realizzare, sono entusiasta della possibilità
Uno dei grandi piaceri che ho nel lavorare per Bally è la possibilità di progettare di lavorare a lungo insieme a questo brand!
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Stefano Guerrini
Giuliano Fujiwara:
a matter
of factness
Masataka Matsumura è il giovane designer che progetta la linea Giuliano Fujiwara dalla collezione
per l’autunno/inverno 2006-07. Una formazione internazionale, con studi in Svizzera e a Londra, non
hanno fatto dimenticare allo stilista le sue radici nipponiche, ma neanche il forte legame che il brand ha
sempre avuto con l’Europa e in particolare l’Italia, non a caso il Design Studio del marchio mantiene la
sua sede nel nostro paese, a Milano per la precisione, dove avviene gran parte della produzione, mentre
alcuni pezzi specifici, come quelli in denim, sono prodotti in Giappone. La linea Giuliano Fujiwara si
muove nel territorio dello stile maschile, proponendosi come l’incontro ideale fra la tradizione
sartoriale italiana, le radicate conoscenze artigianali che il Bel Paese possiede, e l’innovazione del design
giapponese. Nel lavoro di Matsumura l’attenzione al dettaglio, la forte propensione alla qualità dei
materiali, la voglia di sperimentare con i tessuti, ma anche con silhouette all’avanguardia, dove elementi
legati allo sportswear possono convivere con altri più formali, sono fondamenta su cui costruire una
figura maschile al passo coi tempi, una moda concettuale e sofisticata, lontano dagli eccessi da
fashion victim. Dopo la recente apertura di un negozio monomarca a Milano, Masataka Matsumura
Ritratto dello stilista Masataka Matsumura; in basso è in procinto di presentare la collezione per la primavera/estate 2010 sulle passerelle milanesi, noi lo
angolo del negozio milanese di Giuliano Fujiwara incontriamo proprio alla vigilia delle giornate della moda maschile.
Mi parla della collezione che ha mandato in passerella a gennaio?
Prima di tutto si basava sul concetto dell’astrazione e trovava ispirazione nei graffiti metropolitani, negli
effetti spray che l’arte urbana utilizza, ma anche nelle immagini confuse che provengono dai teleschermi.
Ho cercato di tradurre questi input con una figura maschile che fosse al contempo sofisticata e pura.
In quale direzione invece sta andando ora il marchio Giuliano Fujiwara, cosa ci dobbiamo aspettare da questa nuova
sfilata?
La collezione per la primavera/estate 2010, che presento ora a Milano, trae ispirazione dai tempi che
stiamo vivendo. In reazione ad un periodo di recessione e crisi, la parola chiave che i nuovi abiti sembrano
incorporare ed esprimere è ‘concretezza’. La collezione ha un mood forte, mascolino, molto sicuro, con
una sorta di tocco militare.
A chi pensa quando disegna la linea? È riuscito in questi anni ad individuare una tipologia di cliente?
Giuliano Fujiwara è un brand concettuale. Questo significa che l’uomo che ho in mente quando creo
potrebbe essere un artista, un designer, una persona che vuole essere riconosciuta per il suo stile personale
e unico, dove acquistano molta importanza i dettagli e anche le apparenti contraddizioni. Il mio cliente ideale
è una figura che ama indossare sportswear, ma anche abiti più d’avanguardia, pur non essendo un teenager,
vuole sentirsi bene nei suoi vestiti, comodo, ma essere sempre capace di esprimere la propria personalità e il
suo modo di essere.
Avete aperto pochi mesi fa un negozio a Milano e sfilate nel capoluogo Lombardo. Che cosa la lega al nostro paese?
Innanzitutto abbiamo deciso di avere un nostro spazio a Milano perché è una delle capitali dello stile al
mondo. Dell’Italia trovo interessante lo splendido ambiente, che stimola la creatività. Milano è ad esempio
una grande città, ma il tempo sembra scorrere lentamente, così posso pensare di più, concentrarmi meglio
sulla mia visione e sul mio lavoro di designer.
Da giapponese che cosa le piace dell’Italia e che cosa invece non riesce ad apprezzare?
Mi piace il fatto che voi amiate molto la vostra cultura. Ma qualche volta mi viene da pensare che siate un
po’ troppo conservatori e questo non è un aspetto che stimo.
Cosa c’è di giapponese nella linea Giuliano Fujiwara e cosa di più europeo?
La filosofia e l’identità del brand sono fortemente giapponesi. Ammiro molto l’estetica Wabi-Sabi, che fa
parte della nostra cultura e tradizione, e la filosofia su cui si basa è sempre parte del lavoro creativo che sto
compiendo con la linea. Ma i processi manifatturieri degli abiti Fujiwara sono europei e ho un profondo
rispetto per l’artigianalità italiana, le conoscenze e le capacità che avete in questo settore.
Lei è sicuramente parte della seconda o forse terza generazione di designer nipponici alla conquista del mondo dello stile
internazionale. Sente il peso della responsabilità di rappresentare un paese che ha regalato talenti come Rei Kawakubo
o Issey Myake?
Sicuramente sento la responsabilità di far parte di questo nuovo gruppo di designer giapponesi, ma a dire
il vero cerco di non paragonarmi mai alle generazioni che ci hanno preceduto.
Apprezza qualcuno di questi grandi nomi della moda? Più in generale come considera la nuova scena creativa
giapponese?
Rispetto molto Rei Kawakubo, è stata ed è ancora uno dei designer internazionali più influenti. Ha una
visione stilistica forte e originale, ed è riuscita a rimanere sempre coerente negli anni. Riguardo ai creativi
giapponesi miei coetanei trovo che molti si soffermino troppo su certi dettagli del design, sottostimando
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il potere e l’importanza di una chiara e globale
visione di questo lavoro. Se devo citare qualcuno
fra i nomi emergenti, anche se mi rendo conto che
forse non è poi così nuovo, mi piace ricordare Nigo,
di A Bathing Ape. Quello che fa con questo brand
è completamente diverso da me in termini di stile,
ma credo che le sue creazioni abbiano influenzato
molto il mondo dello streetwear e lo abbiano reso
più sofisticato.
Tornando al suo impegno con la linea Giuliano Fujiwara,
riuscirebbe in poche parole a riassumere il suo stile, la sua
visione estetica?
Sicuramente userei il concetto di ‘espressione
indiretta’. Non voglio mai essere troppo diretto,
didascalico. Nel mio approccio al design preferisco
sempre utilizzare particolari inconsueti, finiture
speciali oppure sviluppare nuovi materiali.
È ‘astratto’ mi sembra l’aggettivo più consono per
spiegare il mio lavoro.
Come si può essere innovativi oggi nella moda, in
particolare nel fashion design che progetta il guardaroba
maschile?
Il tempo passa e le mode cambiano. La figura
In questa pagina immagini della collezione Giuliano Fujiwara per l’autunno/inverno 2009-2010. maschile di oggi non è certo la stessa di venti o
trenta anni fa. Nella nostra epoca l’uomo ha più
tempo per se stesso, per esprimere la propria
personalità e mostrarla attraverso i capi che
sceglie di indossare. In tal senso il processo
innovativo è continuo e non si ferma, anche nel
guardaroba maschile, e può portare all’ideazione
di collezioni veramente all’avanguardia.
Può la moda dialogare con altri ambiti del design? In
che modo? Ad esempio ci sono capi della sua collezione che
prendono spunto da altri mondi creativi?
Personalmente ritengo che moda e arte non siano
assolutamente separate. Ogni brand possiede una
propria filosofia e ogni pezzo che disegno – che
si tratti di abbigliamento, di accessori o di mobili
- ne è espressione. Il designer deve essere in grado
di tradurre la propria idea di moda, e darle corpo
attraverso le sue collezioni. Nel mio caso la filosofia
estetica giapponese Wabi-Sabi, cui ho accennato
prima, esprime appieno il mio pensiero, volto alla
ricerca della semplicità e dell’imperfezione
nascosta nella simmetria, che cerco di applicare a
ogni mia creazione. Se devo poi fare esempi precisi
di un’interazione fra la mia moda e altri ambiti della
creatività, potrei ricordare come nella collezione
presentata a Milano in gennaio ci siano una serie di
capi in denim per la quale ho tratto ispirazione dai
graffiti delle aree metropolitane contemporanee.
I tre pezzi che ne fanno parte (pantaloni, camicia
e giacca) sono l’esatta riproduzione di altri capi
realizzati in tessuti classici, ma possiedono una sorta
di diversa energia e sono di più forte impatto dato
che il denim, di produzione giapponese, è spruzzato
a mano di diversi colori.
Non parlando di moda, ma rimanendo nell’ambito del
design, qual è il suo oggetto di culto?
Sono profondamente giapponese, anche se
cresciuto all’estero, quindi la mia idea di design è
radicata nell’infanzia che ho trascorso nel mio paese
d’origine. Per me l’oggetto di culto nel design è la
tazza da tè di Sen-no-Rikyu, il teorico della
cerimonia del tè nel XVI secolo. Egli fu il primo a
usare stanze minuscole e rustiche, come la stanza di
due tatami chiamata Taian, che si può vedere ancora
oggi all’interno del tempio Myokian a Yamazaki, un
sobborgo di Kyoto, considerata e dichiarata tesoro
nazionale. La tazza da tè di Sen-no-Rikyu era molto
strana per l’epoca in cui fu ideata, e assolutamente
innovativa. Rikyu prediligeva oggetti semplici, di
fabbricazione giapponese, piuttosto che la costosa
porcellana di produzione cinese molto di moda a
quel tempo. La filosofia Wabi-Sabi, capace di tro-
vare la bellezza nascosta nella semplicità
estrema, fu resa 5 secoli fa ancora più popolare da
questo personaggio che fu in grado di svilupparla
e incorporarla nella cerimonia del tè e in tutti gli
accessori ad essa collegati. In questo modo egli creò
una nuova cerimonia basata sulla assoluta semplicità.
9. DR
42 Lavorano in coppia, sono emersi dal Fashion Incubator della Camera Nazionale della Moda e sono fra
i nomi più interessanti della nuova creatività italiana.
Fra arte e
Stefano Guerrini
poesia
Li abbiamo incontrati nella loro sede bolognese, in una di quelle vie lontane dai ritmi cittadini,
dove il tempo sembra un po’ sospeso, e ci ha subito colpito l’atmosfera accogliente e creativa.
Le pareti stipate di esperimenti artistici, gli schizzi e i libri a ricoprire le scrivanie, le sedute che
straripano di abiti, parlano di un amore per la ricerca che è parte fondamentale del loro lavoro,
soprattutto quando si associa alle stampe, una delle caratteristiche più importanti degli abiti che
realizzano. Juan Caro, colombiano di Bogotà trasferitosi in Europa per studiare arte prima a
Parigi e poi nel capoluogo emiliano, e Fabio Sasso, milanese, con studi d’arte al Dams di
Bologna e con una passione per la moda coltivata fin dall’infanzia nei laboratori sartoriali di
famiglia, hanno creato da pochissime stagioni la linea Leitmotiv, che li ha già messi in evidenza
fra le nuove realtà del Made in Italy.
Dopo il successo ottenuto con il Fashion Incubator della Camera Nazionale della Moda, che li
ha portati a sfilare a Milano e Tokyo, dopo la proficua partecipazione alla scorsa edizione di Pitti
W_Woman Precollection, dedicato alle collezioni donna in contemporanea con Pitti Uomo,
sono ora in procinto di partecipare alla 76a edizione dell’importante manifestazione fiorentina.
Quelli di Juan e Fabio sono abiti che coniugano moda e arte, abilità sartoriale e citazioni couture.
In alto ritratto di Juan Caro e Fabio Sasso, La loro progettualità è capace di rielaborare molti input, ripescando elementi da epoche passate
stilisti della linea Leitmotiv o anche da ambiti apparentemente lontani dal fashion system, per uno stile sempre raffinato che,
Sotto e nella pagina a fianco: immagini quando si parla della collezione maschile, rimanda alla figura di un dandy, elegante, ironico e dai
della collezione maschile a/i 2009-2010 piccoli dettagli eccentrici.
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Innanzitutto quale percorso vi ha condotto a Leitmotiv? Perché avete deciso di creare una vostra linea di moda?
Juan Caro: Stavo frequentando l’università in Colombia e decisi di venire in Europa per studiare arte, il
mio primo anno è stato ad Urbino, da lì mi sono spostato verso una meta vicina che mi sembrasse un po’
più viva, cioè Bologna, dove ho studiato prima all’Accademia, poi mi sono iscritto all’indirizzo cinema del
Dams, ma per un anno ho studiato anche arte contemporanea a Parigi.
Fabio Sasso: Da Milano mi sono spostato a Bologna per studiare al Dams, ma arrivato qui ho anche subito
frequentato dei corsi privati legati alla sartoria, seguendo un imprinting familiare. Per la tesi, fra l’altro, ho
portato avanti una ricerca sul costume settecentesco. Ci siamo conosciuti per caso in biblioteca e abbiamo
capito che condividevamo molti rimandi estetici e la voglia di fare qualcosa in questo settore. Juan già
dipingeva opere su tela, abbiamo pensato di trasferire alcune sue stampe su abiti che poi cucivo io.
Juan: All’inizio vendevamo agli amici, poi sono arrivati i primi negozi bolognesi. Abbiamo anche fatto una
sfilata nel nostro cortile, ispirata a “Il giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch, da lì sono
iniziate le prime piccole distribuzioni, comprendendo certi ingranaggi di questo sistema, come
i meccanismi della stagionalità in cui si propongono le collezioni.
Fabio: Tutto è stato poi molto veloce, perché sono trascorsi appena due anni. Abbiamo presentato il
nostro progetto a Fashion Incubator, che abbiamo vinto per la categoria accessori, creando poi una
collezione che ha sfilato a Milano, Tokyo e, più recentemente, anche durante la Fashion Week di Mosca.
Da lì è iniziato tutto. È arrivato l’invito prima a Pitti Rooms e poi a Pitti W dello scorso gennaio.
Fino a questo periodo in cui, oltre alla vostra collezione, avete molte altre novità in serbo. Ce ne parlate?
Fabio: Abbiamo iniziato a collaborare con Furla, per il progetto Talent Hub, creando foulard, pochette,
borse, orologi e anche le stampe per un ombrello. È una collaborazione che ci sta entusiasmando. La
Sig.ra Furlanetto aveva visto in giro alcuni nostri accessori che le piacevano, ha visitato il nostro stand a
Pitti W, poi ci ha contattato. Sicuramente ci lega l’amore per l’arte, che è nel nostro dna, ma è anche
connesso a Furla, con l’importante premio ‘Furla per l’arte’ ad esempio. C’è anche un progetto con
Borsalino, per il quale abbiamo creato delle stampe per cappelli e alcuni accessori. Infine collaboriamo,
facendo consulenze, anche con le due aziende di tessuti di Bologna, Argomenti Tessili e New Age, che ci
stanno supportando con la nostra linea.
Considerando tutto questo lavoro, come vi dividete ora i compiti?
Fabio: Io seguo quello che ora riguarda la comunicazione e il progetto. Quindi dal parlare con le aziende,
con l’ufficio stampa, a tutto ciò che concerne la produzione della linea. Poi mi occupo delle idee legate alle
forme, alle geometrie degli abiti, quindi c’è anche una parte più creativa, oltre a quella gestionale.
Juan: In realtà il lavoro legato all’ideazione della collezione e dei capi sta diventando più trasversale, è difficile
stabilire delle divisioni di compiti così nette. Di solito io mi occupo totalmente delle stampe.
Lo abbiamo già accennato, ma vi ispirate moltissimo al mondo dell’arte.
Fabio: In fondo è la formazione che abbiamo, non possiamo rinnegare una parte così importante del nostro
percorso, capace poi di fornire degli input ispirativi costanti. Ci permette, tramite una personale rilettura,
di dare dei contenuti agli abiti che presentiamo. Ad esempio nelle stampe ritorna spesso il mio amore per
il decorativismo settecentesco e quello di Juan per il barocco, la passata collezione era ispirata ad ‘Alice nel
paese delle meraviglie’, ma in versione Dada.
Juan: La collezione che stiamo per presentare a Pitti è proprio ispirata al New Dada, in particolare al pittore
americano Joseph Cornell, che ovviamente si porta dietro tutto un gioco di rimandi, legati anche all’epoca,
gli anni quaranta e cinquanta. Personalmente ritengo che siano validi tutti i tipi di ricerca, ma penso che sia
interessante muoversi in modo più contaminato, che accolga anche altri mezzi e mondi creativi, che non sia
un circolo vizioso limitato solo alla realtà di moda. Trovo molto interessante il lavoro di quegli stilisti che si
avvicinano al design ad esempio, come in certe costruzioni di Gareth Pugh. L’arte contemporanea ha il pre-
gio di non avere mai un messaggio unico, ma spesso è leggibile a più livelli, lo stesso si può dire anche delle
cose più rilevanti che stanno accadendo adesso nella moda, dove l’abito come oggetto creativo può stimolare
e affascinare da vari punti di vista.
Parliamo della figura maschile che disegnate.
Fabio: Il nostro uomo è sicuramente ironico, vuoi per le stampe particolari dei nostri abiti, per le forme delle
camicie che ricordano un po’ quelle ottocentesche, con lo stile sportivo che incontra elementi formali. Una
figura che riesce a scherzare con se stessa.
Juan: È un uomo anticonformista, con una certa dose di coraggio, anche perché con le nostre proposte,
rispetto ad un guardaroba tradizionale, bisogna avere voglia di giocare. Amiamo le contraddizioni che
vengono fuori non solo nelle stampe, ma anche nella costruzione dei capi. La prossima collezione parte da
una ricerca di tutto ciò che è militare, ma al tempo stesso c’è un rimando ad un’ideale dandy dell’ottocento,
ne risulta un cortocircuito creativo per noi interessante. Mi piace l’idea che la collezione sia scomponibile,
per cui fruibile da una clientela diversificata.
Possiamo definire questo uomo un romantico?
Fabio: Assolutamente sì, ma potremmo dire che ha anche dei lati più oscuri. La collezione nasce dal dibat-
tito, dialettico e creativo, costante fra me e Juan, per cui aspetti contraddittori possono benissimo coesistere
ed è anche questo che forse ci caratterizza. Juan: Se pensiamo a delle icone di riferimento potremmo citare
Johnny Depp, che è un eroe romantico, ma anche un po’ maledetto.
Perché continuate a lavorare a Bologna e non vi siete spostati a Milano?
Fabio: Perché a Milano forse ci perderemmo, potremmo essere un nome fra i tanti, la realtà bolognese
è sicuramente meno concorrenziale, ci sono creatività interessanti, ma molto diverse da noi, che spesso
scelgono di non interagire con quella che è la macchina promozionale del Sistema Moda. Poi amiamo la casa
in cui ci siamo stabiliti, riteniamo inoltre che Bologna abbia una posizione ottima,
strategica perché vicinissima al mare, a Milano. Infine ha una realtà produttiva molto forte, aspetto
sicuramente importante.