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Il ruolo dell’ufficio stampa ai tempi degli Accordi di Stoccolma e
della disintermediazione reciproca tra media e organizzazioni

Anche se il modo di fare comunicazione è molto cambiato, l’ufficio stampa ha molte
alternative al “chiudere i battenti”: dal costituire un osservatorio permanente sullo
scenario e gli stakeholder, all’utilizzo delle proprie competenze per far crescere
un’identità sostenibile e comunicativa dell’organizzazione.




di Valeria Cecilia

“Mi aspettavo un lavoro più standard di ufficio stampa e invece qui c'è molto di più”. Queste sono
esattamente le parole che mi ha scritto, qualche giorno fa via mail, la nuova collaboratrice
dell’agenzia di comunicazione specializzata in media relations con la quale io collaboro da diversi
anni.

1)     LO SCENARIO, TRA PASSATO E PRESENTE

In passato l’ufficio stampa aveva come mission diffondere ai media le notizie relative alla propria
organizzazione, con l’obiettivo di darne visibilità e notorietà (positive). In genere si comunicava
qualcosa di già creato, deciso o già accaduto, come per esempio un nuovo prodotto o un nuovo
servizio, l’apertura di uno stabilimento produttivo, la nomina di un manager, un risultato di
bilancio, un evento, la quotazione in borsa, un progetto di beneficenza, un premio, una fusione, un
concorso ….

Ferme restando le differenze culturali e organizzative tra un’organizzazione e l’altra, oggi i
cambiamenti avvenuti nello scenario, nei modelli di gestione delle organizzazioni e nel mondo
della comunicazione e dell’informazione, obbligano l’ufficio stampa a ridefinire il suo ruolo,
insieme a tutto quello delle relazioni pubbliche. A scegliere una citazione su tutte, ricordo che
Furio Garbagnati in un suo intervento recente a Milano allo IULM ha affermato che “oggi è finita
l’epoca in cui le imprese si raccontano, perché ora, principalmente, le imprese devono
ascoltare”.

Tra le evoluzioni di scenario verificatesi negli ultimi anni e che hanno comportato cambiamenti in
diversi aspetti del lavoro del relatore pubblico, io ne individuo 6. In particolare:

     1) Nuovi modelli di produzione e di consumo che hanno comportato l’obbligo per le
        organizzazioni di sviluppare una maggiore capacità competitiva per sopravvivere, e
        che hanno levato valore alla promozione e comunicazione del prodotto/servizio
        perché i mercati sono saturi e i prodotti poco differenziati, e sono cambiate le
        motivazioni di acquisto, legate ora anche all’adesione ai valori immateriali delle
        organizzazioni, non solo alle caratteristiche dei loro prodotti/servizi
2) Nuovo modello di organizzazione sociale, dove il potere si è diffuso anche in modo
        orizzontale nei gruppi e nelle reti (network society), e i gruppi sono diventati più
        consapevoli delle loro aspettative.

    3) Una gestione di impresa orientata sempre più a porre gli stakeholder in un ruolo di
        rilievo e, di conseguenza, a mettere la gestione delle relazioni con loro, in una
        posizione strategica a supporto di tutta la Direzione.

    4) Il tramonto della comunicazione di immagine (cui nessuno crede più) e il nuovo
        ruolo recettivo della comunicazione, sempre più basata sulla relazione e finalizzata
        alla costruzione di un’identità e di comportamenti sostenibili

    5) Un nuovo sistema dell’informazione (web e web2.0), che ha messo in crisi le
        tradizioni della professione giornalistica e i media cartacei

    6) Il fenomeno della reciproca disintermediazione tra media e imprese, per il quale i
        giornalisti accedono direttamente ai responsabili delle organizzazioni senza passare
        attraverso il loro l’ufficio stampa, e le organizzazioni comunicano direttamente con
        i propri pubblici senza passare attraverso i media, ma utilizzando i social media o
        costituendo propri media (l’organizzazione diventa media center)


In sintesi, per quel che interessa noi relatori pubblici, direi che la maggiore complessità degli
scenari provocata dall’apertura dei mercati, dai cambiamenti sempre più repentini, unita alla
crescita delle consapevolezza e quindi di potere dei pubblici (consumo critico, citizen journalism,
ampia disponibilità delle informazioni, società organizzata in reti collegate tra loro) provocano di
fatto una maggiore correlazione e interdipendenza tra quanto accade fuori e quanto accade alle
organizzazioni, rendendo opportuna e necessaria una maggiore interazione (relazione) tra le
organizzazioni e l’esterno*.

In questo scenario le organizzazioni diventano aperte, “comunicative”, come recitano gli Accordi
di Stoccolma e come sancito in numerosi interventi autorevoli anche sul sito ferpi.it** Questo
approccio di apertura è percepito non solo come opportuno, ma come indispensabile, pena
l’insuccesso delle organizzazioni: si tratta, in sostanza, di quella che viene acclamata come la
condizione di“sostenibilità” dell’operato delle organizzazioni.

E questo approccio di apertura cambia anche i meccanismi della narrazione delle organizzazioni,
narrazione, che non è più autoreferenziale. In un recente incontro a Milano (link) Toni Muzi
Falconi afferma: “la narrazione diventa così continuativa, multicanale, differenziata per gruppo di
stakeholder ma anche accessibile agli interessati degli altri gruppi”……”in un flusso continuo che
facilita e stimola l’interazione, il dialogo, il coinvolgimento attivo dei suoi stakeholder”.

2) LE COMPETENZE DI BASE E QUELLE STRATEGICHE DELL’ UFFICIO STAMPA

In tale scenario cambiato oggi l’ufficio stampa ha l’opportunità di ridisegnare i confini del proprio
ruolo, perché in questo giro di boa esso detiene le competenze e le predisposizioni culturali utili
proprio per attivare quelle relazioni determinanti tra l’organizzazione e l’esterno, operando
quell’ascolto di cui parlava Garbagnati. Ma non solo.
Infatti l’ufficio stampa può:

   1. Costituire un osservatorio verso lo scenario socio-politico-economico, le issue,            e gli
      stakeholder, i pubblici, gli influenti (ruolo di analisi e ascolto)

   2. Raccogliere e analizzare quanto accade internamente all’organizzazione (ruolo di analisi e
      ascolto)

   3. Elaborare le informazioni raccolte all’interno e all’eterno e offrire ai vertici indicazioni utili
      per le politiche aziendali e i comportamenti verso gli stakeholder (ruolo riflessivo
      educativo)

   4. Dare indicazioni utili alla Direzione Comunicazione per intraprendere azioni di
      comunicazione e di relazione opportune per incidere in modo positivo sulla costruzione di
      un’identità e di comportamenti sostenibili (ruolo riflessivo e strategico)


Ma come e perché? Si tratta di una mera tattica di riciclo anti crisi?

Beppe Facchetti afferma in un commento nel sito Ferpi.it che “l’ufficio stampa non è morto. Al
massimo si può dire che sta poco bene, se non si colloca dentro un quadro di comunicazione
complessiva e non si ricorda che i giornalisti non sono tutto”.

In realtà infatti si tratta di una valutazione, un’espressione e di un uso diversi delle competenze e
delle attività proprie di un ufficio stampa. Si può partire dal fatto che l’ufficio stampa è tenuto, tra
i suoi primi antichi compiti da manuale, a effettuare un quotidiano monitoraggio di quanto
viene riportato sui media riguardo: la propria organizzazione (rassegna stampa), gli argomenti
strettamente correlati alla mission della propria organizzazione (rassegna stampa di settore), e
anche su tutto ciò che influenza la propria organizzazione (rassegna “di scenario”, come la
chiamano i service di rassegne).

Questa attività di monitoraggio non rappresenta una semplice attività di raccolta di articoli da
inviare la mattina presto al board (magari con una sintesi introduttiva o un commento finale), ma
è un importante punto di partenza per un costituire un osservatorio attento e continuo sulle
evoluzioni dello scenario, gli interessi e le attività degli stakeholder, le issue, i pubblici, i
competitor, i consumatori, la politica, l’economia, i soggetti influenti. Infatti anche tutti questi
soggetti comunicano e vengono seguiti dai media, i quali infatti cercano, per definizione di
raccontare le evoluzioni (novità quindi notizie) della realtà e dei suoi protagonisti, e in questo
senso tendono a essere rappresentativi, uno specchio.

Il monitoraggio di queste informazioni (raccolte attraverso i media, ma anche con altre fonti di
informazione e aggiornamento quali ricerche, rapporti, pubblicazioni, libri) è un importante lavoro
di ascolto e di analisi utile all’azienda, perché l’ufficio stampa può elaborare queste
informazioni, intepretarle e riportarle ai vertici, offrendo importanti indicazioni per
l’orientamento delle scelte, degli obiettivi, delle strategie, dei processi, dei progetti.
Inoltre a questo va aggiunto che, allo stesso tempo l’ufficio stampa rivolge ogni giorno la propria
attenzione e analisi anche all’interno della propria organizzazione, dalla quale riceve un flusso di
informazioni continue, in modo diretto e indiretto, consapevole e inconsapevole, voluto o non.




Infine, sulla base di tutta queste informazioni e consapevolezza, l’ufficio stampa è in grado dare
indicazioni utili alla Direzione comunicazione per individuare anche le iniziative di comunicazione,
relazione con gli stakeholder e media relations più opportune e utili all’organizzazione.

Infatti è dal continuo confronto tra l’analisi dell’ambiente esterno e di quanto accade nella propria
organizzazione che si attivano valutazioni utili per le scelte politiche generali....e cioè?..... e di
quelle di relazione e comunicazione, utili per il successo della propria organizzazione. Come
recitano ancora negli Accordi di Stoccolma, il relatore pubblico (e quindi anche l’ufficio stampa)
infatti:

 “interpreta le aspettative sociali”…. “assicura la partecipazione degli stakeholder alla
identificazione delle informazioni da mettere a loro disposizione”…..“sviluppa relazioni, capacità di
ricerca e impegna ogni altro strumenti disponibile per interpretare le aspettative sia della società
che degli stakeholder a sostegno dei processi decisionali dell’organizzazione”……...”fornisce analisi
puntuali e raccomandazioni per un efficace governo delle relazioni …stakeholder… al fine di
rafforzare la ‘licenza di operare’ dell’organizzazione attraverso comportamenti trasparenti, degni
di fiducia e una rappresentazione di sé autentica e verificabile”.

Questo lavoro di analisi e orientamento, prima era affidato ai centri studi presenti nelle grandi
imprese. Poi il ruolo di analisi è passato fondamentalmente all’area marketing, che soprattutto ha
applicato le sue competenze di analisi strategiche verso il mercato di settore e verso i
clienti/consumatori. Oggi , probabilmente su spinta dei cambiamenti repentini degli scenari e
della crescita della consapevolezza dei portatori di interessi, si rende necessario osservare e
capire in modo molto più ampio cosa accade intorno e soprattutto rendersi disponibili a
negoziare i propri obiettivi, pena il proprio insuccesso nel lungo periodo per l’essere stati
“insostenbili”.



3) UN FOCUS SULLA COMUNICAZIONE CON I MEDIA NELLE PICCOLE IMPRESE E PICCOLE
   ORGANIZZAZIONI

Questo sviluppo di competenze e ampliamento di attività per chi si occupa di media relations, si è
di fatto già verificato come un passaggio naturale e obbligatorio per chi opera nelle piccole
imprese o nelle piccole organizzazioni. Queste infatti ambiscono ad avere anche esse visibilità sui
media e una maggiore notorietà in genere (ancor più con la crisi probabilmente), ma di fatto
hanno poche opportunità di averne, ovviamente molte meno rispetto a quelle realtà che per
numeri e forza di brand hanno un peso maggiore nel mercato e nella società, e quindi sono
considerate dai media più rappresentative e interessanti da interpellare.

Nelle piccole realtà prive di brand awareness e di posizionamento, l’ufficio stampa deve fare il
lavoro non solo di elaborazione, comunicazione e narrazione all’esterno, ma deve individuare,
proporre, progettare e realizzare le iniziative, oltre che gli argomenti, che permettono di
comunicare all’esterno un’identità e dei comportamenti utili e positivi, andando spesso a
ricoprire molteplici ruoli e attività della funzione Comunicazione, direzione compresa, anche se
dal nuovo cliente, in genere, viene assoldato per fare solo l’ufficio stampa.

E va sottolineato che questa “delega ampia” dell’ufficio stampa, a progettare e realizzare oltre che
comunicare, diviene molto spesso una “delega totale”, perché nelle piccole strutture i vertici
aziendali sono impegnati e focalizzati sul business, spesso anche con un approccio esclusivamente
commerciale, o esclusivamente di marketing, che guarda con attenzione cosa fanno i competitor e
clienti, non riuscendo, anche per fattori culturali, ad allargare lo sguardo più lontano, verso quei
scenari e cambiamenti che invece sono indispensabili per orientare la bussola della propri attività,
per individuare le decisioni giuste da prendere, cambiamenti da operare compresi.

Per questa sua attività fortemente progettuale e propositiva, l’ufficio stampa deve da un lato
guardare con attenzione cosa accade dentro la propria organizzazione e analizzare e individuare
quali sono le iniziative più utili da intraprendere verso l’esterno, ma per far questo deve prima di
tutto capire ciò che accade fuori, e conoscere molto bene lo scenario e l sue evoluzioni, le issue, e
raccogliere, analizzare, interpretare ed elaborare queste informazioni. Ecco che torniamo al ruolo
di analisi e ascolto, che poi naturalmente porta alle attività di proposta di azioni e al contributo
riflessivo educativo per la Direzione.



4) LA COMUNICAZIONE CORPORATE E QUELLA DI PRODOTTO: TRA IDENTITÀ E MISSION

Un altro cambiamento importante è nel fatto che la comunicazione istituzionale o corporate ha
oggi più peso di quella di prodotto perché sono cambiate le motivazioni alla base delle scelte dei
clienti/consumatori, che non sono solo legate solo al prodotto/servizio ma alla percezione di
fattori immateriali dell’organizzazione: l’identità, i valori, il comportamento, la responsabilità, la
reputazione. Sulla costruzione e comunicazione di questi fattori la comunicazione gioca il suo
ruolo decisivo.

Ovviamente la comunicazione corporate e quella di prodotto non sono separate e parallele ma
sono l’una funzionale all’altra, perché la prima va a supporto del prodotto perché rafforza la Brand
Identity, la Brand Awareness e la Brand Equity. Ma i contenuti che si andranno a veicolare anche
attraverso i Media saranno legati non solo ai prodotti e ai servizi, ma soprattutto alle esperienze
dell’impresa rappresentandone il valore aggiunto positivo della sua identità e posizione nel
mercato di riferimento e nell’ambiente sociale tutto, in termini di innovazione, sviluppo, modello
di business, di gestione, di sostenibilità.

Ma non solo. L’ufficio stampa rivendica la sua utilità verso i media nel momento in cui si fa
narratore non solo delle esperienze dell’organizzazione che rappresenta, ma anche fornitore di
contenuti relativi al settore, al contesto, allo scenario di riferimento. Assumere un ruolo di
servizio molto apprezzato dai giornalisti e posiziona l’organizzazione in modo autorevole, e che
oggi arriva fino a far sconfinare le aziende nel ruolo di editori, attraverso la costituzione in molti
casi di grandi organizzazioni, del lancio di propri media.
Note

*In un recente intervento sul sito Ferpi, Fulvio Garbagnati afferma che governare la complessità è il compito delle
relazioni pubbliche e, riferendosi anche al pensiero del sociologo Giuseppe de Rita, scrive: “Una società “poliarchica”
utilizza innumerevoli relazioni orizzontali (amichevoli o conflittuali) fra le tante sedi di decisione e fra i tanti gruppi e
soggetti che a loro fanno riferimento”………” è l’era delle opinioni collettive, della società interdipendente, della
società interconnessa”….”in cui esiste una sempre più generalizzata condizione di interazioni plurali e reciproche, ecco
allora che si parla di comunicazione e soprattutto di Relazioni Pubbliche che il termine “relazione” lo hanno nella loro
“ragione sociale”.

**(tra gli altri, Giampaolo Azzoni definisce il passaggio odierno delle organizzazioni dall’essere “marketing oriented” a
essere “communication oriented”).

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Media Relations

  • 1. Il ruolo dell’ufficio stampa ai tempi degli Accordi di Stoccolma e della disintermediazione reciproca tra media e organizzazioni Anche se il modo di fare comunicazione è molto cambiato, l’ufficio stampa ha molte alternative al “chiudere i battenti”: dal costituire un osservatorio permanente sullo scenario e gli stakeholder, all’utilizzo delle proprie competenze per far crescere un’identità sostenibile e comunicativa dell’organizzazione. di Valeria Cecilia “Mi aspettavo un lavoro più standard di ufficio stampa e invece qui c'è molto di più”. Queste sono esattamente le parole che mi ha scritto, qualche giorno fa via mail, la nuova collaboratrice dell’agenzia di comunicazione specializzata in media relations con la quale io collaboro da diversi anni. 1) LO SCENARIO, TRA PASSATO E PRESENTE In passato l’ufficio stampa aveva come mission diffondere ai media le notizie relative alla propria organizzazione, con l’obiettivo di darne visibilità e notorietà (positive). In genere si comunicava qualcosa di già creato, deciso o già accaduto, come per esempio un nuovo prodotto o un nuovo servizio, l’apertura di uno stabilimento produttivo, la nomina di un manager, un risultato di bilancio, un evento, la quotazione in borsa, un progetto di beneficenza, un premio, una fusione, un concorso …. Ferme restando le differenze culturali e organizzative tra un’organizzazione e l’altra, oggi i cambiamenti avvenuti nello scenario, nei modelli di gestione delle organizzazioni e nel mondo della comunicazione e dell’informazione, obbligano l’ufficio stampa a ridefinire il suo ruolo, insieme a tutto quello delle relazioni pubbliche. A scegliere una citazione su tutte, ricordo che Furio Garbagnati in un suo intervento recente a Milano allo IULM ha affermato che “oggi è finita l’epoca in cui le imprese si raccontano, perché ora, principalmente, le imprese devono ascoltare”. Tra le evoluzioni di scenario verificatesi negli ultimi anni e che hanno comportato cambiamenti in diversi aspetti del lavoro del relatore pubblico, io ne individuo 6. In particolare: 1) Nuovi modelli di produzione e di consumo che hanno comportato l’obbligo per le organizzazioni di sviluppare una maggiore capacità competitiva per sopravvivere, e che hanno levato valore alla promozione e comunicazione del prodotto/servizio perché i mercati sono saturi e i prodotti poco differenziati, e sono cambiate le motivazioni di acquisto, legate ora anche all’adesione ai valori immateriali delle organizzazioni, non solo alle caratteristiche dei loro prodotti/servizi
  • 2. 2) Nuovo modello di organizzazione sociale, dove il potere si è diffuso anche in modo orizzontale nei gruppi e nelle reti (network society), e i gruppi sono diventati più consapevoli delle loro aspettative. 3) Una gestione di impresa orientata sempre più a porre gli stakeholder in un ruolo di rilievo e, di conseguenza, a mettere la gestione delle relazioni con loro, in una posizione strategica a supporto di tutta la Direzione. 4) Il tramonto della comunicazione di immagine (cui nessuno crede più) e il nuovo ruolo recettivo della comunicazione, sempre più basata sulla relazione e finalizzata alla costruzione di un’identità e di comportamenti sostenibili 5) Un nuovo sistema dell’informazione (web e web2.0), che ha messo in crisi le tradizioni della professione giornalistica e i media cartacei 6) Il fenomeno della reciproca disintermediazione tra media e imprese, per il quale i giornalisti accedono direttamente ai responsabili delle organizzazioni senza passare attraverso il loro l’ufficio stampa, e le organizzazioni comunicano direttamente con i propri pubblici senza passare attraverso i media, ma utilizzando i social media o costituendo propri media (l’organizzazione diventa media center) In sintesi, per quel che interessa noi relatori pubblici, direi che la maggiore complessità degli scenari provocata dall’apertura dei mercati, dai cambiamenti sempre più repentini, unita alla crescita delle consapevolezza e quindi di potere dei pubblici (consumo critico, citizen journalism, ampia disponibilità delle informazioni, società organizzata in reti collegate tra loro) provocano di fatto una maggiore correlazione e interdipendenza tra quanto accade fuori e quanto accade alle organizzazioni, rendendo opportuna e necessaria una maggiore interazione (relazione) tra le organizzazioni e l’esterno*. In questo scenario le organizzazioni diventano aperte, “comunicative”, come recitano gli Accordi di Stoccolma e come sancito in numerosi interventi autorevoli anche sul sito ferpi.it** Questo approccio di apertura è percepito non solo come opportuno, ma come indispensabile, pena l’insuccesso delle organizzazioni: si tratta, in sostanza, di quella che viene acclamata come la condizione di“sostenibilità” dell’operato delle organizzazioni. E questo approccio di apertura cambia anche i meccanismi della narrazione delle organizzazioni, narrazione, che non è più autoreferenziale. In un recente incontro a Milano (link) Toni Muzi Falconi afferma: “la narrazione diventa così continuativa, multicanale, differenziata per gruppo di stakeholder ma anche accessibile agli interessati degli altri gruppi”……”in un flusso continuo che facilita e stimola l’interazione, il dialogo, il coinvolgimento attivo dei suoi stakeholder”. 2) LE COMPETENZE DI BASE E QUELLE STRATEGICHE DELL’ UFFICIO STAMPA In tale scenario cambiato oggi l’ufficio stampa ha l’opportunità di ridisegnare i confini del proprio ruolo, perché in questo giro di boa esso detiene le competenze e le predisposizioni culturali utili proprio per attivare quelle relazioni determinanti tra l’organizzazione e l’esterno, operando quell’ascolto di cui parlava Garbagnati. Ma non solo.
  • 3. Infatti l’ufficio stampa può: 1. Costituire un osservatorio verso lo scenario socio-politico-economico, le issue, e gli stakeholder, i pubblici, gli influenti (ruolo di analisi e ascolto) 2. Raccogliere e analizzare quanto accade internamente all’organizzazione (ruolo di analisi e ascolto) 3. Elaborare le informazioni raccolte all’interno e all’eterno e offrire ai vertici indicazioni utili per le politiche aziendali e i comportamenti verso gli stakeholder (ruolo riflessivo educativo) 4. Dare indicazioni utili alla Direzione Comunicazione per intraprendere azioni di comunicazione e di relazione opportune per incidere in modo positivo sulla costruzione di un’identità e di comportamenti sostenibili (ruolo riflessivo e strategico) Ma come e perché? Si tratta di una mera tattica di riciclo anti crisi? Beppe Facchetti afferma in un commento nel sito Ferpi.it che “l’ufficio stampa non è morto. Al massimo si può dire che sta poco bene, se non si colloca dentro un quadro di comunicazione complessiva e non si ricorda che i giornalisti non sono tutto”. In realtà infatti si tratta di una valutazione, un’espressione e di un uso diversi delle competenze e delle attività proprie di un ufficio stampa. Si può partire dal fatto che l’ufficio stampa è tenuto, tra i suoi primi antichi compiti da manuale, a effettuare un quotidiano monitoraggio di quanto viene riportato sui media riguardo: la propria organizzazione (rassegna stampa), gli argomenti strettamente correlati alla mission della propria organizzazione (rassegna stampa di settore), e anche su tutto ciò che influenza la propria organizzazione (rassegna “di scenario”, come la chiamano i service di rassegne). Questa attività di monitoraggio non rappresenta una semplice attività di raccolta di articoli da inviare la mattina presto al board (magari con una sintesi introduttiva o un commento finale), ma è un importante punto di partenza per un costituire un osservatorio attento e continuo sulle evoluzioni dello scenario, gli interessi e le attività degli stakeholder, le issue, i pubblici, i competitor, i consumatori, la politica, l’economia, i soggetti influenti. Infatti anche tutti questi soggetti comunicano e vengono seguiti dai media, i quali infatti cercano, per definizione di raccontare le evoluzioni (novità quindi notizie) della realtà e dei suoi protagonisti, e in questo senso tendono a essere rappresentativi, uno specchio. Il monitoraggio di queste informazioni (raccolte attraverso i media, ma anche con altre fonti di informazione e aggiornamento quali ricerche, rapporti, pubblicazioni, libri) è un importante lavoro di ascolto e di analisi utile all’azienda, perché l’ufficio stampa può elaborare queste informazioni, intepretarle e riportarle ai vertici, offrendo importanti indicazioni per l’orientamento delle scelte, degli obiettivi, delle strategie, dei processi, dei progetti.
  • 4. Inoltre a questo va aggiunto che, allo stesso tempo l’ufficio stampa rivolge ogni giorno la propria attenzione e analisi anche all’interno della propria organizzazione, dalla quale riceve un flusso di informazioni continue, in modo diretto e indiretto, consapevole e inconsapevole, voluto o non. Infine, sulla base di tutta queste informazioni e consapevolezza, l’ufficio stampa è in grado dare indicazioni utili alla Direzione comunicazione per individuare anche le iniziative di comunicazione, relazione con gli stakeholder e media relations più opportune e utili all’organizzazione. Infatti è dal continuo confronto tra l’analisi dell’ambiente esterno e di quanto accade nella propria organizzazione che si attivano valutazioni utili per le scelte politiche generali....e cioè?..... e di quelle di relazione e comunicazione, utili per il successo della propria organizzazione. Come recitano ancora negli Accordi di Stoccolma, il relatore pubblico (e quindi anche l’ufficio stampa) infatti: “interpreta le aspettative sociali”…. “assicura la partecipazione degli stakeholder alla identificazione delle informazioni da mettere a loro disposizione”…..“sviluppa relazioni, capacità di ricerca e impegna ogni altro strumenti disponibile per interpretare le aspettative sia della società che degli stakeholder a sostegno dei processi decisionali dell’organizzazione”……...”fornisce analisi puntuali e raccomandazioni per un efficace governo delle relazioni …stakeholder… al fine di rafforzare la ‘licenza di operare’ dell’organizzazione attraverso comportamenti trasparenti, degni di fiducia e una rappresentazione di sé autentica e verificabile”. Questo lavoro di analisi e orientamento, prima era affidato ai centri studi presenti nelle grandi imprese. Poi il ruolo di analisi è passato fondamentalmente all’area marketing, che soprattutto ha applicato le sue competenze di analisi strategiche verso il mercato di settore e verso i clienti/consumatori. Oggi , probabilmente su spinta dei cambiamenti repentini degli scenari e della crescita della consapevolezza dei portatori di interessi, si rende necessario osservare e capire in modo molto più ampio cosa accade intorno e soprattutto rendersi disponibili a negoziare i propri obiettivi, pena il proprio insuccesso nel lungo periodo per l’essere stati “insostenbili”. 3) UN FOCUS SULLA COMUNICAZIONE CON I MEDIA NELLE PICCOLE IMPRESE E PICCOLE ORGANIZZAZIONI Questo sviluppo di competenze e ampliamento di attività per chi si occupa di media relations, si è di fatto già verificato come un passaggio naturale e obbligatorio per chi opera nelle piccole imprese o nelle piccole organizzazioni. Queste infatti ambiscono ad avere anche esse visibilità sui media e una maggiore notorietà in genere (ancor più con la crisi probabilmente), ma di fatto hanno poche opportunità di averne, ovviamente molte meno rispetto a quelle realtà che per numeri e forza di brand hanno un peso maggiore nel mercato e nella società, e quindi sono considerate dai media più rappresentative e interessanti da interpellare. Nelle piccole realtà prive di brand awareness e di posizionamento, l’ufficio stampa deve fare il lavoro non solo di elaborazione, comunicazione e narrazione all’esterno, ma deve individuare, proporre, progettare e realizzare le iniziative, oltre che gli argomenti, che permettono di
  • 5. comunicare all’esterno un’identità e dei comportamenti utili e positivi, andando spesso a ricoprire molteplici ruoli e attività della funzione Comunicazione, direzione compresa, anche se dal nuovo cliente, in genere, viene assoldato per fare solo l’ufficio stampa. E va sottolineato che questa “delega ampia” dell’ufficio stampa, a progettare e realizzare oltre che comunicare, diviene molto spesso una “delega totale”, perché nelle piccole strutture i vertici aziendali sono impegnati e focalizzati sul business, spesso anche con un approccio esclusivamente commerciale, o esclusivamente di marketing, che guarda con attenzione cosa fanno i competitor e clienti, non riuscendo, anche per fattori culturali, ad allargare lo sguardo più lontano, verso quei scenari e cambiamenti che invece sono indispensabili per orientare la bussola della propri attività, per individuare le decisioni giuste da prendere, cambiamenti da operare compresi. Per questa sua attività fortemente progettuale e propositiva, l’ufficio stampa deve da un lato guardare con attenzione cosa accade dentro la propria organizzazione e analizzare e individuare quali sono le iniziative più utili da intraprendere verso l’esterno, ma per far questo deve prima di tutto capire ciò che accade fuori, e conoscere molto bene lo scenario e l sue evoluzioni, le issue, e raccogliere, analizzare, interpretare ed elaborare queste informazioni. Ecco che torniamo al ruolo di analisi e ascolto, che poi naturalmente porta alle attività di proposta di azioni e al contributo riflessivo educativo per la Direzione. 4) LA COMUNICAZIONE CORPORATE E QUELLA DI PRODOTTO: TRA IDENTITÀ E MISSION Un altro cambiamento importante è nel fatto che la comunicazione istituzionale o corporate ha oggi più peso di quella di prodotto perché sono cambiate le motivazioni alla base delle scelte dei clienti/consumatori, che non sono solo legate solo al prodotto/servizio ma alla percezione di fattori immateriali dell’organizzazione: l’identità, i valori, il comportamento, la responsabilità, la reputazione. Sulla costruzione e comunicazione di questi fattori la comunicazione gioca il suo ruolo decisivo. Ovviamente la comunicazione corporate e quella di prodotto non sono separate e parallele ma sono l’una funzionale all’altra, perché la prima va a supporto del prodotto perché rafforza la Brand Identity, la Brand Awareness e la Brand Equity. Ma i contenuti che si andranno a veicolare anche attraverso i Media saranno legati non solo ai prodotti e ai servizi, ma soprattutto alle esperienze dell’impresa rappresentandone il valore aggiunto positivo della sua identità e posizione nel mercato di riferimento e nell’ambiente sociale tutto, in termini di innovazione, sviluppo, modello di business, di gestione, di sostenibilità. Ma non solo. L’ufficio stampa rivendica la sua utilità verso i media nel momento in cui si fa narratore non solo delle esperienze dell’organizzazione che rappresenta, ma anche fornitore di contenuti relativi al settore, al contesto, allo scenario di riferimento. Assumere un ruolo di servizio molto apprezzato dai giornalisti e posiziona l’organizzazione in modo autorevole, e che oggi arriva fino a far sconfinare le aziende nel ruolo di editori, attraverso la costituzione in molti casi di grandi organizzazioni, del lancio di propri media.
  • 6. Note *In un recente intervento sul sito Ferpi, Fulvio Garbagnati afferma che governare la complessità è il compito delle relazioni pubbliche e, riferendosi anche al pensiero del sociologo Giuseppe de Rita, scrive: “Una società “poliarchica” utilizza innumerevoli relazioni orizzontali (amichevoli o conflittuali) fra le tante sedi di decisione e fra i tanti gruppi e soggetti che a loro fanno riferimento”………” è l’era delle opinioni collettive, della società interdipendente, della società interconnessa”….”in cui esiste una sempre più generalizzata condizione di interazioni plurali e reciproche, ecco allora che si parla di comunicazione e soprattutto di Relazioni Pubbliche che il termine “relazione” lo hanno nella loro “ragione sociale”. **(tra gli altri, Giampaolo Azzoni definisce il passaggio odierno delle organizzazioni dall’essere “marketing oriented” a essere “communication oriented”).