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MEDICINA NEI SECOLI, Supplemento 2006




IL POLICLINICO UMBERTO I
       Un secolo di storia

   Edizione a cura di Carla Serarcangeli
© Copyright 2006
Casa Editrice Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
P.le Aldo Moro, 5 - 00185 Roma

www.editriceateneo.it

Iscrizione nel Registro Operatori Comunicazione al n° 11420

ISSN n° 0394/9001
ISBN 88-87242-86-0
ISBN 978-88-87242-86-7
                                      2
SOMMARIO


PREFAZIONE: CENTO ANNI DI STORIA DEL POLICLINICO UMBERTO I
RENATO GUARINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 005


                           PARTE I: UN POLICLINICO “EUROPEO”

IL POLICLINICO UMBERTO I:
ESIGENZA DELLA COSTRUZIONE
ANTONIO BOCCIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 013


I CRITERI DI PROGETTAZIONE:
UN FUTURO CHE VIENE DAL PASSATO
ROBERTO PALUMBO – ANNA MARIA GIOVENALE                              . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 027

UN TESTIMONE PREZIOSO:
COSA RACCONTA DEL POLICLINICO “IL POLICLINICO”
VITO CAGLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 037


               PARTE II: GLI ISTITUTI “BIOLOGICI” DI FONDAZIONE

IL DIPARTIMENTO DI ANATOMIA UMANA
TINDARO G. RENDA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 051


LA SCUOLA BIOCHIMICA ROMANA
GINO AMICONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 071


L’ISTITUTO DI FISIOLOGIA UMANA
FABRIZIO EUSEBI – ROBERTO CAMINITI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 093


L’ISTITUTO DI PATOLOGIA GENERALE
PIER PAOLO GAZZANIGA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 103


L’ISTITUTO DI ANATOMIA E ISTOLOGIA PATOLOGICA
ERMANNO BONUCCI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 123


L’INSEGNAMENTO DELLA FARMACOLOGIA
PIETRO MELCHIORRI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 139


LA SCUOLA ROMANA D’IGIENE
GIANFRANCO TARSITANI – ROSELLA DEL VECCHIO – CARMINE MELINO                                         . . . . . . . . . P. 153

                                       PARTE III: LE CLINICHE

LE SCUOLE DI MEDICINA INTERNA
DOMENICO ANDREANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 173



                                                                3
LA CLINICA CHIRURGICA: LA STORIA E LA SCUOLA
VINCENZO ZIPARO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 191


CENT’ANNI DI POLICLINICO: LA CHIRURGIA
GIORGIO DI MATTEO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 207


LA CLINICA OSTETRICA E GINECOLOGICA
            . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 223
ANTONIO PACHÌ


LA CLINICA PEDIATRICA
MANUEL A. CASTELLO – GIORGIO MAGGIONI                            . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 237

LA CLINICA OTORINOLARINGOIATRICA
ROBERTO FILIPO – ELIO DE SETA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 249


LA CLINICA OCULISTICA
PAOLA PIVETTI PEZZI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 267


LA CLINICA DERMATOLOGICA
VITTORIA SERAFINI – STEFANO CALVIERI                         . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 281

LA CLINICA DELLE MALATTIE TROPICALI E SUBTROPICALI
ANTONIO SEBASTIANI – CARLA SERARCANGELI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 295


LA CLINICA DI MALATTIE NERVOSE E MENTALI
ALBERTO GASTON . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 313


LA CLINICA ORTOPEDICA E TRAUMATOLOGICA
LUIGI ROMANINI – EMILIO ROMANINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 325


    PARTE IV: IL POLICLINICO OGGI – RICERCA ED ORGANIZZAZIONE

RICERCA DI ECCELLENZA AL POLICLINICO UMBERTO I
ALBERTO GULINO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 345

L’AZIENDA POLICLINICO ED IL SUO INSERIMENTO NEL SSN
GIUSEPPE GRAZIANO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 359


POSTFAZIONE: POLICLINICO UMBERTO I: L’OSPEDALE DEI ROMANI,
VOLUTO DA BACCELLI, ENTRA NEL FUTURO
LUIGI FRATI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 373


                      PARTE V: ALCUNE IMMAGINI NELLA STORIA
                            DEL POLICLINICO UMBERTO I




                                                                4
PREFAZIONE

 CENTO ANNI DI STORIA DEL POLICLINICO UMBERTO I


   Quando poco oltre la metà del XIX secolo Guido Baccelli, che è
clinico medico nell’Università La Sapienza e Ministro della
Pubblica Istruzione, pensa ad una struttura di ricerca e di formazio-
ne per i futuri medici la medicina è attraversata da una di quelle
rivoluzioni di cui parla Thomas S. Kuhn nel suo The structure of
scientific revolutions. In quei tempi i rimedi terapeutici realmente
efficaci sono davvero pochi, la diagnosi si avvale quasi esclusiva-
mente dell’esame fisico e del rilievo di polso ed urine, poco di più
di quanto accadeva ai tempi d’Ippocrate. Vi erano stati però segni di
crisi epistemologica anche in Italia: alla Prima riunione degli scien-
ziati italiani, tenutasi a Pisa nell’ottobre del 1939, la sezione medi-
ca è inaugurata da Giacomoandrea Giacomini, professore di clinica
medica a Padova, con la lettura Della natura e della vita del san-
gue, nella quale – così recita il resoconto – sono illustrati i risultati
discordi delle esperienze de’ chimici moderni, concludendo che le
alterazioni del sangue non possono essere, generalmente parlando,
che secondarie; e che il pervertimento del fluido [il sangue] essen-
do la conseguenza del pervertimento anteriore del solido [organi e
tessuti], ne consegue il corollario terapeutico che, a riordinare il
turbamento de’ tessuti, e non a correggere le alterazioni del sangue,
deve essere quasiché sempre diretta ogni clinica operazione.
Giacomini era un vitalista legato alla tradizione e sospettoso verso
le novità (la sua terapia era largamente fondata sul salasso), cosic-
ché inevitabile è lo scontro con il cesenate Maurizio Bufalini, clini-
co medico a Firenze, che aveva già diviso il mondo medico con il
saggio Sulla dottrina medica della vita, nel quale aveva sostenuto
che la materia della quale si compone il soggetto che vive… a
ragione dei nostri mezzi analitici non differisce di un minimo della
comune materia. Non sorprende perciò che nel Congresso pisano la
sua polemica finisse raccomandando caldamente la utilità de’ ten-
tativi fisici e chimici nelle ricerche sulla natura del sangue; ché se
l’organismo umano è composto di solidi e di fluidi… eguale impor-

                                   5
Renato Guarini



tanza debbono pure avere ove si facciano argomento delle nostre
esperimentali considerazioni relativamente allo stato sano o mor-
boso del corpo umano. E sempre Bufalini, commentando le
“Statistiche degli Ospedali” presentate dal Ferrario, afferma che le
statistiche si possono riferire alle cagioni delle malattie o ai segni
di queste o ai metodi di cura… in ogni caso lo studio nostro inten-
de a stabilire un rapporto tra la causa e l’effetto… L’eco della
riunione degli scienziati e dei dibattiti che impongono anche alla
medicina di far tesoro degli avanzamenti della fisica e della chimi-
ca percorre le Facoltà mediche, tanto che nascono nuove discipline
(biologia, patologia generale, igiene), rivolte a trarre elementi cono-
scitivi dalla sperimentazione, dall’epidemiologia, dallo studio del-
l’influenza delle condizioni ambientali o sociali sulle malattie.

    Anche in Italia dunque matematica, fisica e chimica cominciano
a scuotere la medicina clinica e la crisi epistemologica diventa irre-
versibile quando in Europa la medicina sperimentale di Claude
Bernard, la batteriologia di Louis Pasteur e Robert Koch e la pato-
logia cellulare di Rudolph Virchow spostano la centralità della
medicina verso l’esperimento dalla corsia, nella quale i malati sta-
zionano anche per mesi in attesa di una evoluzione. Il laboratorio ed
il gabinetto di analisi divengono i luoghi dove si riproducono le
condizioni patologiche nell’animale da esperimento e si conducono
le prime analisi chimiche su liquidi organici (urine e sangue) ed
estratti di tessuti, mentre citochimica ed istochimica permettono di
differenziare per morfologia, ma anche per funzione, tessuti, cellu-
le e batteri. Su queste fondamenta in Italia si affermano nuove inte-
razioni tra scienze naturali e medicina clinica, a Pavia (e poi a
Torino) con Giulio Bizzozero, che scopre la funzione emopoietica
del midollo osseo e quella coagulativa delle piastrine, e Camillo
Golgi, con l’istochimica delle cellule nervose e gli studi sulla mala-
ria, ai quali dà un contributo fondamentale la scuola medica roma-
na, con Ettore Marchiafava, Angelo Celli, Amico Bignani e
Giovanni Battista Grassi.

  Su questo scenario di medicina positivista interviene dunque
Guido Baccelli, clinico medico alla Sapienza, grande maestro che
non esita a portare all’Università il medico condotto di
Civitavecchia, quell’Augusto Murri che poi diviene cattedratico a
Bologna e che orienterà la clinica in senso fisiopatologico, alla

                                  6
Prefazione



ricerca delle cause delle malattie, ben distinte dai sintomi. Baccelli
intende la medicina come strumento di avanzamento a servizio
della gente, attento ai suoi rapporti con le condizioni sociali (la
miseria è la madre delle malattie – egli dice): il suo credito è gran-
de, è amato dalla gente e rispettato dalla politica, e decide così di
mettere a frutto il suo prestigio con l’ambizioso progetto di costrui-
re un luogo dove gli avanzamenti scientifici divengano la base della
formazione medica e della migliore cura dei malati. Il Policlinico di
Roma, intitolato al re Umberto I, è la risposta all’epoca più avanza-
ta in Europa alle esigenze della nuova medicina: un campus unico,
nel quale riunire tutte le competenze scientifiche e professionali che
facciano da supporto ad una buona formazione. Nel perimetro del
campus debbono trovare spazio edifici universitari con biblioteche
e laboratori di ricerca, con al centro padiglioni ospitalieri di rico-
vero per malati, dai quali trarre i casi più appropriati per la didatti-
ca o più interessanti per la ricerca.

    La logica di Baccelli è anche quella della unitarietà nella speci-
ficità, cosicché nel progetto tutti gli edifici sono collegati da un dop-
pio camminamento, ipogeo e perigeo. Baccelli precisa bene la fina-
lità del suo progetto, rivolto a dare agli studenti gli elementi forma-
tivi per entrare nella medicina di domani, nella quale si stanno spa-
lancando gli orizzonti della ricerca fondata sulle scienze naturali:
quelle che oggi sono chiamate scienze biologiche sono ospitate
negli edifici perimetrali, come ad es. zoologia e biologia con pato-
logia generale ed anatomia patologica o giusto di fronte al
Policlinico (anatomia ed anatomia comparata).

   Nasce così con un primo finanziamento statale del 1881 (legge
n. 209, Baccelli è appena stato nominato Ministro, succedendo a
Francesco De Sanctis) il più grande progetto organico di
Policlinico, al quale viene dedicata un’area demaniale specifica con
vincolo permanente di destinazione d’uso, nel quale si fondono tre
principi, posti a base della formazione del medico: l’apertura della
medicina alle scienze naturali, che della medicina sono fondamen-
to scientifico; lo sviluppo della clinica, con edifici propri dedicati
agli ambiti generali (medicina, chirurgia), ma anche a specialità, nei
quali corsie, biblioteche e laboratori (gabinetti d’analisi) costitui-
scano la base per l’avanzamento delle conoscenze e quindi per una
buona formazione; l’utilità sociale, con i padiglioni ospedalieri e la

                                   7
Renato Guarini



possibilità di ricovero nelle cliniche a carico dell’assistenza pubbli-
ca. Non solo ricerca e clinica avanzata, ma anche sviluppo di una
rete assistenziale-caritativa: Guido Baccelli riesce a far inserire,
infatti, il Policlinico nell’ambito della legge n. 6972/1890, che
disciplina in particolare le opere pie […Pio Istituto e Ospedali
Riuniti] e gli altri enti morali che avessero per fine « ... di prestare
assistenza ai poveri, tanto in istato di sanità quanto di malattia»
(articolo 1), disponendo anche che «in ogni Comune è istituita una
congregazione di carità ... » (articolo 2), mentre con la legge 20
luglio 1890 n. 6980 lo Stato ha finanziato ed avocato a sé la costru-
zione del Policlinico universitario, con i 10 padiglioni ospedalieri
assegnati nel 1898, quando Baccelli è di nuovo Ministro nel
Governo Pelloux, in uso al Pio Istituto S. Spirito a titolo di risarci-
mento di edifici ospedalieri siti nel Lungotevere S. Angelo ed espro-
priati (concessione revocata con la legge 26 ottobre 1964 n. 1149,
che ha dato autonomia gestionale al Policlinico Universitario).

    In circa 10 anni il Policlinico è terminato, viene inaugurato nel
1904, e diviene così un prestigioso complesso di formazione, ricer-
ca ed assistenza, nel quale hanno modo di svilupparsi grandi scuo-
le. Quando negli anni ’30 viene costruita la Città universitaria ed il
complesso universitario diviene lo Studium Urbis lo sviluppo della
scienza biomedica ha nuovi ambiti, ormai maturi, come fisiologia e
biochimica o igiene e microbiologia, che trovano spazio in edifici
all’interno del progetto piacentiniano. Ma non si comprenderebbe lo
straordinario sviluppo dei vari settori disciplinari, di cui sono stati e
sono protagonisti il Policlinico e le Facoltà mediche della Sapienza,
se non si conoscesse il presupposto fondamentale sul quale Baccelli
ha costruito il suo progetto, nel quale l’architettura d’insieme è fun-
zionale ad una idea di formazione e ricerca.

   Questo fascicolo speciale della nostra rivista di storia della medi-
cina [Medicina nei Secoli] è in modo opportuno dedicato alle scuo-
le che hanno preso corpo nella Facoltà di Medicina e nel suo
Policlinico: i grandi nomi scorrono e ci ricordano pezzi di storia, in
chirurgia con Durante, Paolucci, Valdoni e Stefanini, in medicina
con Frugoni, Condorelli e Cassano e così in tutti gli altri settori, nei
quali spesso al Policlinico vi è stata la prima cattedra in Italia (spe-
rimentale, come per microbiologia o biochimica, o clinica, come
per medicina tropicale o endocrinologia, tanto per fare alcuni esem-

                                   8
Prefazione



pi). I diversi articoli illustrano appunto le scuole, fulcro essenziale
della memoria del divenire scientifico e di come la ricerca universi-
taria sia in grado di entrare nel futuro.

    Il Policlinico è stato anche partecipe di intrecci con le vicende
politiche dei vari tempi, con episodi che dimostrano comunque il
prestigio dei suoi professori, come nel caso del chirurgo Raffaele
Paolucci, il comandante della spedizione che aveva affondato il 1
novembre 1918 a Pola la nave ammiraglia austro-ungarica Viribus
Unitis. Ebbene Paolucci, nel pieno delle discriminazioni razziali
che nel 1938 colpiscono anche l’Università, dà rifugio a casa sua ai
professori ebrei, tra cui Mario Camis, il fondatore della neurofisio-
logia e neurobiologia italiana. Facoltà e Policlinico sono dunque
densi di scienza, di vicende umane, di generazioni di medici che vi
si sono formati, di vita vissuta, con l’apporto di tanti docenti e del
personale socio-sanitario, che ne costituiscono l’ossatura fonda-
mentale.

    In questo fascicolo, che si deve all’attività della sezione di Storia
della Medicina diretta dalla Professoressa Luciana Rita Angeletti ed
al coordinamento editoriale della Professoressa Carla Serarcangeli,
la storia del Policlinico e della Facoltà medica scorre dunque con le
sue immagini vive, con le sue ricerche di prestigio, con i tanti per-
sonaggi che ne hanno fatto una parte viva della Sapienza. Tanto che
anche a questa Facoltà si deve se la nostra Università è giudicata,
nel ranking internazionale, la prima in Italia e tra le prime in
Europa.

                                                          Renato Guarini
                                            Rettore dell’Università di Roma
                                                               La Sapienza




                                   9
PARTE I
Un Policlinico “Europeo”
Il Policlinico umberto I: esigenza della costruzione




              IL POLICLINICO UMBERTO I:
          ESIGENZA DELLA COSTRUZIONE
                                       ANTONIO BOCCIA




                        13
14
Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione


Prologo
   Affermava Antonio Ruberti nella prefazione del testo storico,
scritto da Stroppiana, sul Policlinico1:

   La presenza di universitari e di ospedalieri nella stessa struttura, le
   responsabilità diverse e tuttavia interagenti nella formazione e
   nell’assistenza, il modificarsi dei quadri amministrativi e legislativi di
   riferimento sia nell’istruzione sia nell’assistenza percorrono la storia
   dalla istituzione e la condizionano. Storia di Istituzioni e di uomini, ma
   anche storia di una struttura fisica che, nata sulla base di un disegno
   originario di grande respiro, si sviluppa in tempi lunghi.

    La storia delle origini e delle esigenze di costruzione del
Policlinico ha, infatti, radici lontane che non possiamo non ricorda-
re; essa sarà utile ed in qualche misura di supporto anche per meglio
comprendere la storia recente e le difficoltà che ancora oggi si incon-
trano nella gestione e nell’attività del Policlinico Universitario in cui
si incrociano e si sommano i problemi della formazione del medico
e di tanti professionisti di sanità, dell’assistenza, della ricerca.

Il Pio Istituto Santo Spirito in Sassia
    Nel 1676 nell’Ospedale Santo Spirito era ammesso, come assi-
stente medico dell’Ospedale, Giovanni Maria Lancisi. Nel 1711 tra
Lancisi ed il Commendatore del Santo Spirito, Mons. Giorgio
Spinola, venne deliberato e stipulato un documento nel quale, tra l’al-
tro, l’illustre medico dopo avere accennato allo scopo principale cui
debbono rispondere gli ospedali, ossia una caritatevole assistenza
agli infermi, ricorda come, attraverso i secoli, gli Istituti Nosocomiali
siano divenuti anche vere scuole di medicina, di chirurgia e di farma-
cia pratica. Rileva come fra tutti gli stabilimenti consimili in Roma,
e forse in tutta l’Italia, vanti il primato l’Arcispedale Pontificio detto
di Santo Spirito in Sassia, il quale oltre la sua peculiare e multiforme
funzione di beneficenza devesi considerare come pubblico utilissimo
Seminario, in cui circa 100 giovani, tra medici e chirurghi e spezia-
li, di continuo vi dimorano, oltre molti altri, che giornalmente vi ven-
gono per far quivi la pratica.
    Per quanto riguarda le adunanze scientifiche, istituite da Lancisi,
esse avevano per sede il vestibolo della biblioteca e si ha notizie che
tali riunioni avevano per oggetto la discussione dei casi clinici più
importanti occorsi nelle corsie dell’Ospedale Santo Spirito o verifica-
ti al tavolo anatomico. Il bibliotecario della Lancisiana curava la com-
pilazione dei verbali e la loro pubblicazione al termine di ogni anno2.

                                      15
Antonio Boccia


Assistenza sanitaria
   Per lungo tempo, fino agli ampliamenti del secolo XVIII,
l’Ospedale ebbe quattro medici primari con relativi assistenti, tutti
scelti per concorso in conformità delle disposizioni emanate da
Mons. Spada. Fin da allora i concorsi erano notificati mediante avvi-
si pubblici a stampa affissi per la città. In sottordine esisteva un
ruolo speciale formato dai cosiddetti giovani cui erano attribuite
tutte le funzioni di assistenza e pulizia.
   Nessun giovane, sotto qualunque titolo, poteva rimanere
nell’Ospedale più di sette anni. Mons. Spada ed il successore Febei
promossero ulteriormente l’aggiornamento e l’istruzione dei medici
e del personale, designando uno dei chirurghi primari ad impartire
lezione due volte la settimana. Il tempo di Quaresima era stabilito per
le dissezioni anatomiche, libere a quanti ne avessero fatto richiesta.
   Esisteva è vero in Roma l’Università con propria Facoltà Medica,
ma i precettori del Santo Spirito furono sempre poco disposti ad
inviarvi i giovani, temendo che i frequenti allontanamenti potessero
intralciare le esigenze del servizio ospedaliero.
   Leone XII (1823-29), con decreto del 30 settembre 1824, riunì
nuovamente il Santo Spirito insieme con gli altri ospedali, sotto
l’autorità di una Deputazione unica, di cui fece parte come presiden-
te il Mons. Giuseppe Antonio Sala. Durante il suo governo, stabilì
utili regole per la contabilità e la registrazione dei malati; l’appalto
delle forniture concesso mediante pubblica asta; i prodotti farma-
ceutici acquistati direttamente nei grandi mercati d’Europa. Adottò
il metodo di registrare le ordinazioni mediche e chirurgiche fatte
fuori di visita, per evitare errori a danno degli infermi. Al Santo
Spirito aprì un quartiere speciale per cronici.

Ristrutturazioni e restauri
   Dopo aver visitato i migliori stabilimenti ospedalieri d’Europa,
Francesco Azzurri, valoroso artista, si accinse all’ardua fatica di
sistemare l’asilo romano dei pazzi, ove tutto occorreva rivedere su
nuove basi. Ne derivò uno stabilimento modello, che per lunghi anni
rimase all’altezza della scienza moderna.
   Dopo il manicomio, il medesimo architetto, per volontà di Pio
IX, procedette al restauro del S. Spirito.
   Egli così riassumeva il lavoro che si proponeva di eseguire e che
venne parzialmente attuato:

   riordinamento completo delle sale esistenti, rispettate gelosamente nelle
   loro dimensioni; divisione della Corsia Sistina in due sale distinte,


                                      16
Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione


   demolizione ragionata di quanto, non presentando nulla di pregevole, si
   ricusa ad una ragionevole trasformazione, sia per il suo stato di
   decrepitezza, sia per la sua pessima disposizione; restauro completo della
   corsia di Alessandro VII sino al Tevere, sbarazzata delle fabbriche
   adiacenti e tolta dall’immediato contatto della Corsia Sistina;
   centralizzazione dei servizi generali, ed infine usufrutto di una area
   rilevante per la erezione delle fondamenta di una Clinica medica, e di uno
   stabilimento completo idroterapico.

   Ai tisici l’Azzurri apprestò una nuova dimora, corredata di tutto
ciò che poteva contribuire al miglioramento della loro sorte.
Auspicava prossimo il giorno in cui sorgesse un ricovero speciale
per questi malati, dotato di quanto fosse necessario.
   All’epoca dei restauri era commendatore del Santo Spirito Mons.
Achille Maria Ricci (1865-1870) che, accogliendo le istanze di
Guido Baccelli, già professore di clinica medica, oltre a concedere
nuovi locali ed arredamento idoneo, aveva decretato anche l’istitu-
zione di una cattedra di Anatomia patologica.
   Allo scadere dell’amministrazione ecclesiastica, la capacità com-
plessiva del Santo Spirito era così distribuita:
   - Corsia Sistina, comprese le carriole      330 letti
   - Sala Benedettina                          216     “
   - Sala Alessandrina                           64    “
   - Sala S. Girolamo                            22    “
   - Sala S. Filippo                             16    “
   - Sala dei bambini                            22    “
   - Sala S. Giacinto per i tisici               14    “
   - Tre piccole sale                            28    “
                                       Totale 712      “

   Per il servizio di medicina, vi erano sei primari con obbligo di
visita due volte al giorno. Ciascun primario aveva assistente e sotto-
assistente.
   Il servizio chirurgico era disimpegnato da un primario con due
chirurghi sostituti e quattro sotto-sostituti.
   La farmacia aveva un capo-speziale e sei farmacisti: non esiste-
va farmacopea speciale ed i medici potevano ordinare ciò che rite-
nevano necessario.

Il Policlinico Umberto I e l’insegnamento universitario
   A Roma, nel 1870 conclusosi il potere temporale dei Papi prese
avvio, non senza ostacoli e difficoltà, la Riforma dell’Università che

                                      17
Antonio Boccia


da Pontificia divenne Regia. Nel novembre del 1870 ad opera del
Regolamento Brioschi furono accorpati i corsi di Medicina e
Chirurgia. Successivi regolamenti definirono via via la struttura
della Facoltà medica di Roma. Nell’insegnamento universitario una
delle spinose questioni da affrontare era quella di assicurare un’ade-
guata formazione clinica agli studenti. Occorreva superare le vec-
chie concezioni didattiche preunitarie. Negli ordinamenti preceden-
ti, infatti, l’insegnamento si limitava alla “lettura”, alle sale inciso-
rie degli ospedali, ai teatri anatomici. I1 27 dicembre 1870 fu così
stipulata la convenzione tra il Ministero della Pubblica Istruzione e
le Amministrazioni degli Ospedali Romani per la pratica della
Clinica.
    La Convenzione, pur risolvendo la parte della prassi clinica,
aveva comportato una dispersione degli insegnamenti per tutta la
città sollevando il problema per una nuova soluzione logistica, senza
contare il fatto che i fatiscenti e monumentali ospedali tardo trecen-
teschi mal rispondevano ai recenti sviluppi della batteriologia e
fisiopatologia ed alle norme igienico-sanitarie. La classe medica non
vuole la ristrutturazione dei vecchi edifici, ma desidera adeguarsi
alle moderne strutture europee. Le riviste mediche ospitano articoli
di ingegneria ospedaliera. I consensi alla costruzione di nuovi ed
efficienti ospedali è unanime. Guido Baccelli, Direttore della Regia
Clinica Medica di Roma, che aveva lavorato senza tregua al proget-
to di un grande ospedale che accorpasse tutte le Cliniche già dal
1874, nel 1881 in carica come Ministro della Pubblica Istruzione
convocò una commissione con il compito di esaminare i problemi
inerenti la costruzione del Policlinico.
    La Commissione stabilì, tra l’altro, che oltre le cliniche obbliga-
torie il Policlinico dovesse ospitare anche gli ospedali-cliniche ove
accogliere gli ammalati più “interessanti” evitando di prelevarli, per
lo studio, dagli Ospedali civili. L’impulso decisivo alla costruzione
del Policlinico fu dato 10 anni più tardi quando l’imponente proget-
to fu inserito nelle Opere Edilizie della Capitale. I1 progetto origi-
nario collocava il Policlinico Romano sul Colle Esquilino; successi-
vamente fu scelta, per motivi di assetto urbanistico, l’area che
attualmente occupa.
    All’Architetto Giulio Podesti coadiuvato da Cesare Salvatori ed
Edgardo Negri fu affidata la progettazione della monumentale
opera. Così, alla presenza del Re d’Italia Umberto I e della consor-
te Regina Margherita, il 19/1/1888 fu posta la prima pietra. I lavori
effettivi iniziarono solo l’anno successivo e nel 1902 il progetto era
quasi ultimato. I1 più grande monumento alla Carità ed alla Scienza

                                   18
Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione


fu inaugurato nello stesso anno con una solenne cerimonia al
Campidoglio alla presenza delle massime autorità statali. Il
Policlinico iniziò a funzionare a regime nel 1904.
    Così all’epoca vengono descritti il progetto e le opere frutto del-
l’ingegno del Podesti e della Commissione3:

   l’area destinata al Policlinico è in una delle zone più salubri di Roma, di
   rimpetto alle mura di Belisario, che recingono il vasto piazzale del Macao,
   antico Castro Pretorio, e trovasi a metri 52,45 sopra il livello del mare.
   Detta area ha l’estensione di circa 160 mila mq. di cui 40.000 coperti dagli
   edifici, è circondata da grandi viali della larghezza di metri 30 e verrà
   recintata sulla fronte principale, … da una cancellata di ferro poggiata
   sopra un piccolo zoccolo di muratura, … e dagli altri lati, … sarà
   recintata da muri di sostegno, che nell’estremo angolo a sud-est, ove, … è
   il riparto delle malattie infettive, si elevano fino a metri sei sul sottostante
   livello stradale.

    Partendo dal lato sul viale del Policlinico vi troviamo l’edificio
centrale, sede della Direzione, dell’Amministrazione, della
Biblioteca, della Farmacia, del Guardaroba e di diversi servizi; ai
due lati del Palazzo dell’Amministrazione, sul fronte, sono allineati
i bei fabbricati destinati alle diverse Cliniche universitarie (Clinica
Oculistica, Clinica Chirurgica, Clinica e Semeiotica Medica,
Dermo-sifilopatica, delle Malattie nervose e mentali, Odontoiatria e
Protesi dentaria, Ortopedica-traumatologica, Otorino-laringoiatrica,
Pediatrica).
    Dietro al Palazzo dell’Amministrazione e in comunicazione con
questo sono le guardarobe, la dispensa, la cucina e dietro ancora il
fabbricato destinato alla Chiesa ed alla Scuola-convitto per infer-
miere Regina Elena: ai due lati di questo sono 5 Padiglioni di medi-
cina e 3 Padiglioni di chirurgia: i padiglioni, di forma rettangolare,
si trovano tutti su una stessa linea e sono tutti collegati fra di loro da
passaggi coperti.
    Al I, II, III e IV Padiglione fanno servizio le allieve e diplomate
della Scuola (le prime non sono pagate): agli altri Padi-
glioni fanno servizio infermiere e infermieri dell’Ospedale.
    In una terza linea trovansi due Padiglioni (uno appartiene alla
Clinica delle malattie tropicali e l’altro in parte all’Istituto di seme-
iotica medica della R. Università) e 4 baracche provvisorie per sop-
perire ai bisogni eccezionali: 2 delle baracche sono aperte ai malati
di medicina. Dal lato opposto al viale del Policlinico, da una parte
si trova la Clinica ostetrico-ginecologica, e dall’altra il fabbricato

                                         19
Antonio Boccia


destinato all’isolamento (infetti), la lavanderia, la morgue, l’Istituto
anatomo-patologico.
   Dietro alla Scuola-Convitto Regina Elena (SCRE - oggi Centro
Didattico Polifunzionale), esiste la grande “centrale termica” dalla
quale si innalza nel cielo la grande “ciminiera” che si vede da ogni
parte di Roma.
   Riassumendo dunque, oltre le Cliniche dipendenti dalla R.
Università, il Policlinico è dotato di l0 padiglioni, di 4 baracche e di
un riparto di “isolamento”.
   Come abbiamo detto sopra, per rendere facili i servizi di tutti gli
edifici, che debbono fare capo al Palazzo di Amministrazione, esi-
stono gallerie di collegamento nei sotterranei, e tratti coperti al
primo piano che è quello dove sono tutte le infermerie.
   Il piano terreno di ciascun edificio è collegato dalla zona di gal-
leria che si stabilisce sulla volta dei sottostanti tratti in muratura.
   Sarà interessante l’esame di un “Padiglione”: diremo subito che
esso aveva le infermerie costruite sopra un porticato aperto in modo
che l’aria vi potesse circolare liberamente (ogni Padiglione ha due
infermerie: al piano terreno l’una, per uomini, al primo piano, la
seconda, per donne).
   Ogni camerata era capace di 34 letti: vi sono inoltre 2 camerette:
per cui ogni piano può ospitare 36 ammalati (questi salgono spesso
anche a 45).
   Ogni piano era dotato di tutto il necessario (bagni, lavabi, water-
closets, gabinetto di analisi, cucinetta per i piccoli bisogni, stanze
per biancheria sporca, ecc.); l’ascensore porta il vitto, le medicine e
gli ammalati dal piano terreno al primo piano.
   I letti erano accoppiati e fra una coppia e l’altra si apre un’ampia
finestra: la distanza fra i letti di una coppia è di metri 1,10 sicchè la
lunghezza della sala è di metri 20. I letti erano discosti 60 centimetri
dalla parete e fra un letto e l’altro di fronte è una distanza di metri 3.
   I “Padiglioni di chirurgia” sono uguali a quelli di “medicina”; la
sola differenza è data dalla presenza di un piano in più destinato alle
sale operatorie.
   Anche per ciò che ha riguardo ai fabbricati, notevoli migliora-
menti e trasformazioni, sono degne di essere qui ricordate.
   Innanzi tutto nel 1931 vennero condotti a termine i lavori per la
sistemazione del servizio del pronto soccorso e dell’ ambulatorio
medico-chirurgico: gli ambulatori, che riunivano in certe ore della
giornata da 100 a 150 infermi, furono portati e adattati nei grandi
locali seminterrati siti nel Palazzo centrale: vennero muniti di tutti
gli occorrenti servizi (acqua, luce, riscaldamento, latrine, bagno

                                   20
Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione

ecc.) e dotati di un proprio ingresso separato e la sala di attesa era
capace di 120 persone a sedere. Le sale di medicazione e visita
erano ampie.
   Furono trasformate e ridotte a migliore assetto per spazio, luce,
igiene, impianti di sterilizzazione, ecc. le camere operatorie.
   Vennero costruiti nuovi locali per la materasseria e per i lavori di
rammendo, di taglio e di cucito: non minori furono i lavori al repar-
to Isolamento, alla casa delle Suore, ecc.
   Non va dimenticata in queste opere di ristrutturazione ed ammo-
dernamento, la convenzione fra il Pio Istituto e il Ministero della
Educazione Nazionale:

   in base ad essa quello si è impegnato a costruire l’aula per l’insegnamento
   della semeiotica medica in aderenza al IX Padiglione, mentre in compenso
   il Ministero si è impegnato di costruire nel nuovo edificio di anatomia-
   patologica della R. Università una nuova, moderna camera mortuaria
   corredata di cella frigorifera e di tutti gli impianti correlativi da servire
   per i bisogni così delle RR. Cliniche come dell’ Ospedale del Policlinico.

   L’attività di questo Ospedale verso il quale si orientano tante sim-
patie della cittadinanza è davvero notevole.
   Viene così specificata da Alessandro Canezza e da Mario
Casalini nel volume Il Pio Istituto di Santo Spirito e Ospedali
Riuniti di Roma pubblicato nel 19334:

   … l’attività del Policlinico, ricorderemo qui, che mentre il S. Spirito
   “ritirava” temporaneamente gli ubriachi, il Policlinico “ritirava” gli
   agitati per malattie mentali successivamente allocati nel nuovo edificio di
   Neurologia e Psichiatria.

   Noi sappiamo già che gli ammalati che si presentavano al pron-
to soccorso venivano visitati e medicati: se avevano bisogno di rico-
vero passavano alla sala di osservazione (il Policlinico ha due sale
di osservazione, una per uomini, l’altra per donne) in seguito viene
deciso per la loro ammissione e invio ai Padiglioni. Gli ammalati,
che si presentano, vengono in ogni caso “registrati” dall’Ufficio di
P.S.: da dati più puntuali risultano ricoverati, nel 1931, n.25587 per-
sone, in P.S. n.12466, ambulatoriali n.38718 ed effettuati n.3109
interventi chirurgici.

La riforma sanitaria Crispi-Pagliani
  La riforma sanitaria del 1888, inaugurata dalla legge Crispi-

                                       21
Antonio Boccia


Pagliani approvata dal Parlamento il 22 dicembre e preceduta di un
anno dall’istituzione della Direzione generale di sanità pubblica
presso il Ministero dell’Interno, segna il più importante momento di
svolta nella storia della sanità in Italia quantomeno fino al secondo
dopoguerra.
    Anche se non immune da pecche, la riforma giunge, dopo quasi
trent’anni dall’Unità, a cercar di rimontare dislivelli e diminuire
disagi in un paese ancora relegato in una avvilente posizione di infe-
riorità rispetto ai più evoluti paesi europei e dov’è radicato un diffu-
so malessere sanitario. Un paese malato soffocato nel suo sviluppo
dal dilagare delle malattie infettive e parassitarie5.
    Il quadro va completato con l’elevatissimo contingente dei morti
nei primi cinque anni di vita – circa il 45% dei morti complessivi –
dovuto ad infezioni, specialmente gastroenteriche, e a ripercussioni
sulla maternità e l’infanzia di piaghe sociali di vario tipo, quali il
lavoro protratto fin nei mesi alti di gravidanza, il parto non assisti-
to, l’esposizione dei neonati alla “ruota”, il baliatico mercenario.
    In questo scenario la riforma sanitaria ebbe il grande merito di
creare gli strumenti necessari per una gestione tecnicamente corret-
ta della sanità. Infatti, se nel sistema sanitario permangono vistose
falle, come quella – vivamente deplorata al Senato da Moleschott,
dell’esclusione dei medicinali dall’assistenza gratuita per i poveri,
nello stesso sistema è però predisposta quella corrispondenza diret-
ta e gerarchica tra il medico provinciale e quello comunale che appa-
re l’anticipazione, seppure ancora molto vaga, di un principio di
emancipazione della sanità da condizione di puro oggetto politico ad
oggetto di grande valenza sociale ed economica.
    In tale programma, che si colloca oltre l’andamento cronologico
di questa storia, sono articolate tra loro, in un progetto di “statizza-
zione” facente capo a un istituendo ministero della Sanità, le rifor-
me degli studi medici, dell’educazione igienica popolare, dell’igie-
ne del lavoro, dell’organizzazione sanitaria. Quest’ultima è vista
con particolare riguardo al coordinamento tra servizi di medicina
pubblica e ospedali. La statizzazione degli enti ospedalieri dovreb-
be concludere il processo iniziato nel 1890 dalla legge Crispi-
Pagliani sulle opere pie, che diede un taglio netto rispetto al passa-
to, ponendo una premessa indispensabile per far avanzare il paese
sulla strada della riorganizzazione amministrativa e strutturale della
Sanità Pubblica.
    L’ospedale tardo-ottocentesco, in un periodo storico che registra
tutte insieme le scosse dell’industrializzazione e le scoperte della
batteriologia, che assiste contemporaneamente al rilancio della

                                  22
Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione


scienza medica e alla nascita della medicina sociale, appare “invec-
chiato” e “stazionario”, quando tutto gli si muove intorno.
    In quattro secoli il rapporto tra ospedali italiani e ospedali mitte-
leuropei si è addirittura ribaltato. Gli ultimi ospitalucci delle più pic-
cole città austriache o germaniche sono molto meglio organizzati,
scriveva Cantani, aggiungendo da noi c’è molta architettura ma
poco riguardo ai bisogni dell’uomo ammalato.
    La riforma tuttavia costituisce un passo avanti sulla strada della
riappropriazione degli enti ospedalieri da parte della comunità medi-
ca e un’agevolazione di percorso per l’avvento della tecnologia di
fine secolo e per la costruzione dell’ordine clinico.
    Il passaggio degli ospedali da “pie opere” sostenute da volonta-
rie elargizioni e donazioni benefiche a “servizi di pubblica assisten-
za” sostenuti da programmati stanziamenti e finanziamenti si ingra-
na con gli ulteriori sviluppi della scienza. Da un lato l’accresciuto
controllo igienico dello spazio ospedaliero, grazie alle conoscenze
dell’eziologia e del meccanismo delle infezioni, porta al superamen-
to delle tradizionali regole d’isolamento con le più aggiornate norme
di antisepsi; d’altro lato l’accresciuto controllo medico del corpo
malato, grazie alle conoscenze di farmacoterapia del dolore, porta
alla definitiva uscita di minorità della chirurgia e all’acquisto da
parte sua di una dignità pari, se non superiore, a quella della medi-
cina clinica.
    La linea di adeguamento dei vecchi ospedali alle nuove esigenze,
attraverso ristrutturazioni e rifacimenti, è duramente contestata.
L’azienda ospedaliera, scrive De Giovanni, deve essere affidata a
menti meno causidiche ed a mani meno massaie di quelle degli
amministratori delle vecchie opere pie, ai quali Bottini, reduce da un
viaggio di aggiornamento in Germania e Scandinavia, trova “il
coraggio di dire che sono agli antipodi” e che conviene non correg-
gere, ma abbattere ed abbandonare e rifare.
    Una nuova linea vien fuori dal vivace dibattito di “igiene ospeda-
liera” e di “ingegneria ospedaliera” agitato su riviste e in convegni.
Un modello per costruire ospedali nuovi è indicato da Giuseppe
Soriani, titolare a Pavia della prima cattedra ufficiale d’igiene e
autore nel 1881 di una meritoria Geografia nosologica dell’Italia.
    Questa linea razionale innovativa, sostenuta da grande impegno
finanziario spianò la strada al disegno da lungo tempo concepito da
Baccelli e che portò alla costruzione del Policlinico Umberto I di
Roma, ma anche alla costruzione, tra il 1885 e il 1914, di un centi-
naio di ospedali minori, ubicati per lo più dove il Paese consolida la
sua area di sviluppo industriale, un’area in cui, tra malattie della

                                     23
Antonio Boccia


miseria e malattie del progresso, cresce progressivamente la doman-
da di beni sanitari6.

Evoluzione dei modelli architettonici-funzionali
    Passano appena 16 anni dall’effettiva operatività del Policlinico
Umberto I e già il modello a padiglioni viene messo in discussione
soprattutto per motivi economici. Costruire in altezza diviene possi-
bile anche grazie all’uso degli ascensori: ne è un esempio il New
York Hospital (’30) che impila i suoi ventidue piani nel cuore del-
l’agglomerato urbano. Il monoblocco risulta molto più economico
dei precedenti, si risparmia sui materiali da costruzione e persino
sulle zone verdi, tuttavia il sistema che ruota attorno all’edificio
ospedaliero subirà una dequalifica progressiva che raggiungerà il
culmine tra gli anni ’50 e ’70.
    Il monoblocco si impone in fatto di brevità e celerità di percorsi,
per l’ammissione dei degenti, per il personale d’assistenza, per il
trasporto delle salme ed in generale per persone e cose; per le galle-
rie di canalizzazione “veloci”.
    L’ospedale monoblocco però apparirà nel tempo troppo rigido,
non potendo subire alcun ingrandimento o evoluzione se non a costi
estremamente elevati7. Da qui si ricorre a modelli più plastici, quali
il monoblocco con piastra, per rispondere alle mutate esigenze della
sanità, come l’attività ambulatoriale per esterni e interni (day hospi-
tal e day surgery), aumentando, di fatto, l’apertura dell’ospedale
verso l’esterno e quindi i flussi in entrata e in uscita. La piastra, sem-
pre più grande negli ultimi modelli (Ospedale Mc. Master in
Canada, Ospedale Municipale in Danimarca), sarà sede d’attività
ambulatoriali, servizi di diagnosi e cura e servizi generali, mentre la
torre ospiterà le degenze. Ulteriore evoluzione della piastra torre si
ritrova in ospedali come il Sart Tilman di Liegi (piastra collegata ad
uno o più blocchi di degenze) o il Reickendor di Berlino (piastra col-
legata ad un nastro di degenze).
    Secondo il pensiero dell’architetto francese Tierre Hoet nascono
per il futuro due esigenze:
    - dimenticare l’ospedale-blocco, tutelando per quanto possibile i
vantaggi essenziali che esso offriva;
    - ridurre a necessità reali i tempi di soggiorno degli ospedalizzati,
alla luce dei progressi della medicina e delle necessità economiche.
    La tendenza attuale è unire malattie con patologie comuni per
ottimizzare l’uso delle risorse, il che implica il raggruppamento
delle unità di cura per poli, utilizzando i criteri che sono alla base dei
moderni dipartimenti ospedalieri (per esempio, durata della degen-

                                   24
Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione


za, qualità delle cure, tipologia di pazienti, etc.). A tali principi si
ispira il programma d’ammodernamento del Policlinico Umberto I.
    Nel marzo 2001 l’idea d’ospedale degli architetti Renzo Piano e
Lamberto Rossi, esposto a Roma, facendo propri i principi enuncia-
ti da Tierre Hoet, segue il nuovo concetto di malato e di degenza con
un apparente ritorno all’Asclepieio ippocratico, immerso nel verde8.
    L’Ospedale ha un bacino d’utenza di 250-300.000 abitanti, si
estende su una superficie di 12-15 ettari, con uno sviluppo verticale
di quattro piani al massimo, un’area verde di circa 20 mq per pazien-
te e ampi parcheggi. Il modello si distingue, oltre che per i dettami
di Hoet (piano tecnico pesante, piano tecnico leggero e degenze),
anche per avere una degenza ordinaria divisa in blocchi separati:
    - high care: degenza di breve durata (2-3 giorni), ad alto grado
    d’assistenza;
    - low care: degenza di durata maggiore a bassa assistenza, dove
    completare il ciclo di cura seguiti dagli stessi medici ma con costi
    assistenziali più bassi;
    - intensive care;
    - day hospital.
    Le degenze sono raggruppate in aree dipartimentali e l’obiettivo
è garantire la continuità assistenziale fino alla dimissione, in
ambienti adatti e confortevoli, accelerando i cicli di cura e contenen-
do i costi. Di particolare rilievo è lo spazio riservato alla degenza per
il Pronto Soccorso che, dispone di ben 35 letti, suddivisi tra osser-
vazione, degenza breve e cure intensive, a voler sottolineare il suo
ruolo di filtro, per riservare il ricovero solo a chi ne ha strettamente
bisogno.
    In conclusione non appare difficile cogliere in queste recenti
visioni e rivisitazioni progettuali punti di convergenza con l’attuale
impianto del nostro Policlinico per il quale si impongono importan-
ti e radicali opere di riordino e ristrutturazione in gran parte previsti
nel piano triennale 2004/2006 sugli “Interventi edilizi, di ristruttura-
zione e riqualificazione” recentemente approvato. La storia conti-
nua, storia di uomini e di istituzioni dove si incrociano e si somma-
no i problemi, ma non scoraggiano quanti confidano in una nuova
primavera.


                            BIBLIOGRAFIA

1. STROPPIANA L. (a cura di), Il Policlinico Umberto I di Roma. Roma,
   Università degli Studi di Roma, 1980.


                                     25
Antonio Boccia


2. DE ANGELIS P., L’Arciospedale di Santo Spirito in Saxia nel passato e nel
   presente. Roma, Collana Studi Storici sull’Ospedale di Santo Spirito in Saxia
   e sugli Ospedali romani, 1952.
3. AA. VV., Il Policlinico Umberto I. Progetto eseguito dall’Arch.tto Giulio
   Podesti. In Occasione dell’XI Congresso Medico Internazionale in Roma.
   Roma, C. Virano e C., 1894.
4. CANEZZA A., CASALINI M., Il Pio Istituto di Santo Spirito e Ospedali
   Riuniti di Roma. Roma, Istituto editoriale di monografie illustrate di aziende
   (Tipo Fratelli Stianti), 1933.
5. COSMACINI G., Storia della Medicina e della Sanità in Italia: dalla peste
   europea alla guerra mondiale 1348-1918. Roma-Bari, Laterza, 1987.
6. CATANANTI C., La nascita dell’ospedale moderno tra i “lumi della ragio-
   ne” ed i “fuochi della rivoluzione”. Med. Secoli 2002; 14(1):135-153. CATA-
   NANTI C., CAMBIERI A., Igiene e tecnica ospedaliera. Roma, Il Pensiero
   Scientifico Editore, 1995.
7. CATANANTI C., L’Ospedale tra valori ed interessi: una prospettiva storica.
   Med. Secoli 2002; 14(1): 1-19.
8. PIANO R., Nuovo Modello di Ospedale. Meta-progetto planimetrico e tridi-
   mensionale. Ministero della Sanità, Servizio Studi e Documentazione. Roma
   21 marzo 2001.




                                      26
I CRITERI DI PROGETTAZIONE:
    UN FUTURO CHE VIENE DAL PASSATO
ROBERTO PALUMBO – ANNA MARIA GIOVENALE




                27
Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale




                 28
I criteri di progettazione: un futuro che viene dal passato


La solita domanda
    Tre anni fa, in un articolo dal titolo L’ospedale: architettura e
tecnologia1, ci si è posti una domanda provocatoria, da rivolgere ad
un progettista: come mai in Italia gli ospedali sono anche “brutti”?
    Dove quell’ “anche” stava a sottolineare che gli ospedali sono
poco funzionali, il loro costo in genere viene triplicato rispetto ai pre-
ventivi, quando vengono inaugurati sono già vecchi. In realtà, la
domanda voleva denunciare che un ospedale deve possedere una sua
“qualità morfologica” e, a distanza di tre anni, viene da pensare che
il quesito espresso sia sempre lì, attuale e “sospeso”, come in un
incantesimo. Infatti, in questi tre anni, la situazione, comunque e pur-
troppo non è cambiata e gli ospedali continuano ad essere “brutti”.
    Ora, proprio coloro che non sono capaci di renderli “belli” aggi-
rano la questione, chiedendo -in modo falsamente ingenuo-: Nel
progettare un ospedale, cosa va privilegiato? L’Organizzazione fun-
zionale, la Tecnologia, o l’Architettura?
    Proviamo oggi a fornire una risposta anche a questa domanda
poco sensata e siamo in attesa di conoscere quanti e quali altri que-
siti di questo tenore ci perverranno nei prossimi mesi.
    Raccogliendoli insieme si potrebbe confezionare uno “stupida-
rio” che, però, tra le righe fa comprendere di chi sono le vere respon-
sabilità quando si realizza un ospedale “brutto” e per giunta anche
“non funzionale”.
    Un progettista qualificato non può non rispondere che non esiste
una gerarchia e che la buona riuscita dell’organizzazione funziona-
le interna, insieme a quella delle soluzioni tecnologiche, nel loro
complesso, determinano esse stesse la qualità architettonica di una
struttura complessa come quella ospedaliera.

Il “caso Policlinico Umberto I” non sfugge a questa regola.
    Ci si trova di fronte ad un impianto originario, all’epoca conside-
rato “innovativo”, a partire dall’idea di Guido Baccelli, nel 1874, di
accorpare in un’unica area tutti quegli Istituti ritenuti necessari alla
formazione medica, progettando di costruirli “secondo i dettami
della moderna ingegneria sanitaria”, attraverso le elaborazioni e
rielaborazioni di Giulio Podesti, che hanno portato, nel 1902,
all’inaugurazione della struttura2.
    Un impianto che, nel periodo in cui è stato progettato e costruito,
ha colto le istanze igienico-sanitarie più aggiornate e che, nel tempo,
è stato però superato a causa delle rapide trasformazioni del quadro
esigenziale, delle modalità diverse di svolgere assistenza sanitaria,
didattica, ricerca, della crescente e diversificata richiesta di dotazio-


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Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale


ni tecnologiche.
   Questo impianto, nel corso degli anni, si è snaturato di pari passo
con il moltiplicarsi di difficoltà e a causa di un conseguente, pro-
gressivo degrado, generato da erogazioni frammentate di finanzia-
menti, da giustapposizioni e ampliamenti che si sono susseguiti,
senza la logica di un disegno complessivo, di una visione unitaria
della struttura.

La consapevolezza del “fare”, senza contrapposizioni
    Uno degli obiettivi principali da perseguire consiste, pertanto,
nella capacità di conservare l’identità degli edifici e garantire, con-
temporaneamente, i requisiti di qualità edilizia ed urbanistica per le
attività sanitarie, di didattica e ricerca da insediare.
    E’ chiaro che, all’atto di rifunzionalizzare e riqualificare il
Policlinico Umberto I, di fronte al complesso e articolato quadro esi-
genziale delle attività da allocare, i vincoli dell’esistente vengano
avvertiti come preponderanti. La necessità di definire schemi pro-
gettuali “flessibili” che consentano, nel tempo, le modificazioni del-
l’assetto funzionale, la rimodulazione degli spazi, potrebbe far sor-
gere una pericolosa ed ambigua tendenza verso il realizzare “altro-
ve”: ipotizzare una struttura nuovissima sotto il profilo organizzati-
vo e formale, capace di sopportare la variabilità continua delle parti
e dell’insieme.
    Quest’ipotesi non si prende -doverosamente- nemmeno in esame:
per via di tutte le implicazioni storiche, urbanistiche, legate al con-
testo insediativo, al presidio sanitario stesso, alla tradizione e con-
suetudine, che ruotano intorno al Policlinico Umberto I.
    Il solito progettista qualificato, infatti, consapevole che il proget-
to è solo una parte del processo, si pone l’obiettivo di creare le con-
dizioni per far coesistere la tecnologia ad alta complessità e la strut-
tura esistente che la deve ospitare, considerando interdipendenti la
qualità morfologica degli spazi, le tecnologie e le risorse umane.
Anzi, cerca di fare molto, molto di più: indirizza la sua attenzione
sulla “centralità dell’utente”, per definire nuovi criteri di qualità
architettonica, necessari a caratterizzare e “personalizzare” spazi
moderni, funzionali, a misura di paziente e personale, sostanzial-
mente “comodi e belli”. E poi, va oltre: si fa guidare “per mano”
dalla consapevolezza che una struttura ospedaliera, per quanto fun-
zionale, ben attrezzata e arredata, non può prescindere dal tassello
urbano in cui si trova, dagli elementi “non ospedalieri” che su esso
insistono, dalle relazioni tra questi. Raggiunge infine il suo equili-
brio solo quando è riuscito a coniugare, con soddisfazione, gli edifi-

                                   30
I criteri di progettazione: un futuro che viene dal passato


ci con gli spazi aperti di relazione, con gli elementi di arredo urba-
no, con quelli vegetazionali; solo quando, in sintesi, ha ricostruito
un’identità della struttura nel luogo dove questa è ubicata.
    Partecipando ai convegni sull’edilizia ospedaliera, occorre rile-
vare che ci si sente dire sempre le stesse cose (organizzazione fun-
zionale, relazioni tra funzioni complesse, chiarezza dei percorsi dif-
ferenziati, da qui il percorso sporco e quello pulito, etc. etc.). Negli
ultimi quindici anni, poi, molti conferenzieri si sono sentiti probabil-
mente “innovativi” quando hanno potuto parlare di standard e requi-
siti per l’accreditamento o di privacy del paziente.
    Da un lato la “tradizionale” letteratura scientifica è giustificata,
in termini di permanente divulgazione, perché su questi principi si
sono formate diverse generazioni e occorre che le nuove siano tenu-
te al corrente, dall’altro si prova la sensazione del “non voler render-
si conto” di quanto tutto sia profondamente cambiato, già con l’in-
troduzione dei DRG, ma poi della telemedicina e dei numerosissimi
avanzamenti in campo scientifico e tecnologico. Pertanto, i criteri
progettuali di riferimento sono da ricercare altrove, con quella lun-
gimiranza che, quasi mai (occorre riconoscerlo), ha caratterizzato la
produzione edilizia ospedaliera.
    Risulta, quindi, necessario, anche se più impegnativo, provare a
ridefinire i criteri di “qualità architettonica” (comprendendo, all’in-
terno di questa, gli aspetti funzionali, organizzativi e tecnologici).
Questi, soprattutto negli ultimi anni, sono stati un po’ troppo con-
trabbandati per “comfort alberghiero” o (anche un po’ “inquietan-
te”), come “umanizzazione”, quando sarebbe stato più corretto, ad
esempio, comprendere altre esperienze culturali, come quelle matu-
rate nel settore dell’ergonomia. Da qui derivano, infatti, altre scale
di valori da attribuire agli spazi ospedalieri, secondo la gamma delle
emozioni, secondo la logica del benessere psico-fisico e dell’inte-
grazione individuale e, quindi, anche, della negazione di stimoli
negativi, dello “stress” che uno spazio ospedaliero può suscitare.
    Viene spontaneo, a questo punto, chiedersi: “Quali sono le stra-
tegie, le logiche, le modalità per intervenire sulla rifunzionalizzazio-
ne delle aree e degli spazi del Policlinico Umberto I, considerando-
ne la pluralità di funzioni, volendo porre al primo posto l’individua-
zione di “punti di riferimento”, la definizione di criteri di orienta-
mento, di accoglienza, di aree di riservatezza, di aree di aggregazio-
ne, volendo garantire le comodities necessarie a tutte le diverse cate-
gorie di utenti?”
    La visione strategica di riorganizzazione funzionale non può che
essere pluridisciplinare e, al tempo stesso, unitaria, identificando i


                                     31
Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale


sottosistemi del sistema generale e ponendo al centro dell’obiettivo
la leggibilità di grandi aree, omogenee, in relazione privilegiata
secondo le esigenze di un ospedale universitario.
   Un punto di partenza è costituito dal ripensamento di tutto il
sistema di accessibilità e di percorsi, per categorie di utenti, ipotiz-
zando una maglia articolata, nel tentativo di superare la commistio-
ne e l’inadeguatezza degli attuali flussi.

Il Policlinico Umberto I come “sito” tra i siti della città
    Per riqualificare il Policlinico Umberto I, occorre porsi tra i primi
obiettivi, quello di superare la logica di “isolamento” che è sottesa
alla sua attuale presenza nella città ed ai collegamenti con questa,
accresciuta dalla mancanza di chiarezza ed identificazione dei per-
corsi interni che collegano i vari padiglioni, dalla commistione tra
percorsi pedonali, carrabili, dalla promiscuità tra i flussi di diverse
categorie di utenti. A ciò va aggiunta una carenza tipica degli ospe-
dali con tipologia a padiglioni: nonostante alcuni edifici siano di
pregio storico-architettonico, nell’impianto complessivo è rilevante
la mancanza di elementi di riconoscibilità, di sistemi di valori di
carattere urbano e architettonico.
    Il Policlinico ha perso, progressivamente, nel tessuto urbano, i
suoi connotati di “sito” e, di conseguenza, la capacità di interazione
con gli altri siti della città. La qualità architettonica da ricercare va
innanzi tutto ricostruita considerando la funzione urbana e sociale
dell’area del Policlinico, ritenendo che la qualità ambientale e tecno-
logica degli spazi è riferita alla qualità dell’intera struttura, del com-
plesso insediativo, che costituisce un importante segmento di città.
    Progettare il Policlinico Umberto I, secondo un disegno comples-
sivo, perseguendo gli obiettivi sopra esposti, definendo con puntua-
lità i criteri enunciati, significa offrire un importante contributo alla
riqualificazione della città.

Una prima ipotesi di definizione di criteri progettuali operativi
    Il Policlinico Umberto I, come accennato in precedenza, è un
sistema complesso, costituito da tanti subsistemi.
    Risulta, pertanto, opportuno, prevedere di articolare la realizza-
zione degli interventi per tranches, scandite, cronologicamente,
all’interno di un disegno complessivo, che sia in grado di garantire
l’autonomia delle singole parti, con l’obiettivo primario di far coe-
sistere parti funzionanti e parti impegnate nel cantiere.
    Vuol dire elaborare un progetto unitario, pensando, fin dalla fase
di progettazione preliminare, ad una realizzazione per tranches.

                                   32
I criteri di progettazione: un futuro che viene dal passato


    Si tratta di rovesciare la solita logica: la modalità di realizzazio-
ne “per tranches” ha contraddistinto, tradizionalmente, in forma
negativa, la produzione ospedaliera, perché, a seguito di elaborazio-
ni progettuali portate avanti con l’ottica di realizzare le strutture
nella loro interezza, si subivano “tagli” determinati dalla scarsa enti-
tà dei finanziamenti e dalla loro irrazionale modalità di erogazione.
Un contesto, quindi, privo del necessario, stretto legame tra logica
dei flussi finanziari, programmazione, progettazione e realizzazio-
ne.
    La modalità di intervento che si prevede, nel legame tra proget-
tazione e realizzazione, per il Policlinico Umberto I, è che il disegno
progettuale sia complessivo ma già elaborato pensando alla realiz-
zazione dei singoli subsistemi e che questi siano, una volta realizza-
ti, immediatamente fruibili, autonomamente pronti all’uso, con la
massima attenzione e prudenza a non creare traumatiche interferen-
ze con i servizi circostanti, programmando con puntualità gli inter-
venti, i cantieri, soprattutto i tempi, i “prevedibili” imprevisti.
    Secondo quest’ottica e secondo le priorità immediate vanno subi-
to privilegiati:
    a) i collegamenti (ipogeo, al piano terra, in sopraelevazione);
    b) i servizi generali: - parcheggio multipiano;
                           - edificio della cucina;
                           - edificio della lavanderia;
                           - albergo;
    c) alcune priorità di riorganizzazione, inerenti:
                           - radiodiagnostica e medicina di laboratorio;
                           - sale operatorie;
                           - pronto soccorso.

Partendo da alcuni principi-base quali l’obiettivo di connotare l’in-
tera area del Policlinico come parte integrante del contesto urbano e
di rendere compatibili vincoli strutturali con esigenze funzionali e
tecnologiche, una prima ipotesi potrebbe prendere in considerazio-
ne il ridisegno del sistema di circolazione carrabile e pedonale, stret-
tamente interrelato con una nuova architettura del sistema.
In questo ambito, si dovrà prevedere l’ampliamento dei percorsi sot-
terranei, definendo un’area ipogea ramificata per i flussi interni rela-
tivi alle attività di trasporto del materiale e per l’esercizio delle fun-
zioni di supporto logistico (pasti, farmaci, biancheria), da realizzare
anche attraverso l’organizzazione di un sistema meccanizzato, infor-
matizzato, su rotaie.
Questo potrebbe configurarsi come una sorta di metropolitana e, ad


                                     33
Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale


esempio, qualora servisse anche come percorso per i visitatori, si
potrebbe ipotizzare la connessione con il sistema della metropolita-
na esistente.
Secondo quest’ottica, si potrebbe realizzare una sorta di duplicato
sotterraneo dell’aspetto superficiale dell’area del Policlinico: rispet-
to al “sopra”, che si caratterizza come una città, il “sotto” si espan-
de ugualmente, in forma quasi simmetrica, con vie, collegamenti,
sistemi di trasporto, estensibili come ramificazione anche all’ester-
no dell’area circoscritta del Policlinico.
Al piano superiore va studiato un sistema di percorsi pedonali, in
diretto collegamento con il sistema di accessibilità dall’esterno,
garantendo la mobilità dei soli mezzi di soccorso. E’ l’ipotesi di rea-
lizzazione di un nuovo spazio urbano (di sosta, di aggregazione, a
scala “umana”) che si configura come “intimità” di un importante
brano cittadino.
In quest’ottica, si inserisce il recupero di identità del verde, attraver-
so la bonifica delle aree da valorizzare, la costruzione di manti erbo-
si, di aree da destinare a giardino. E poi, ancora, la definizione di
“elementi di riconoscibilità”, di arredo urbano, di nuovi spazi di
aggregazione, di eventuali spazi espositivi, nelle aree di relazione
tra gli edifici.
Il terzo, fondamentale livello di percorrenze da prevedere consiste in
un sistema sopraelevato di percorsi sanitari, chiaramente distinto da
quello dei percorsi pedonali, destinato alle altre categorie di utenza.
Si tratta di ricostituire la doppia rete: quella pedonale in superficie e
quella sopraelevata su pilotis. Il ripristino della galleria sopraeleva-
ta e, comunque, di percorsi distinti da quelli in superficie trova con-
ferma nell’impianto originario, nei tratti coperti in ferro e cristallo
che garantiva, per il Podesti, un importante sistema di comunicazio-
ne affidato … alla comunicazione tra i clinici.
Relativamente a quest’ipotesi di razionalizzazione dei percorsi va
considerata la realizzazione di un nuovo sistema di parcheggi, da
configurarsi come volume fuori terra e, a completamento della
maglia di comunicazione, la realizzazione di un eliporto, in grado di
fornire un servizio efficiente, come fulcro di collegamenti con
l’Ospedale S. Andrea (Medicina II), il polo pontino di Latina e la
futura nuova sede di “Madonna delle Rose”, sulla Nomentana.
Oltre il parcheggio, si potrebbe considerare la realizzazione di altri
tre volumi fuori terra, collocati in posizione strategica, sulle testate
degli allineamenti che caratterizzano gli edifici esistenti, da destina-
re a servizi generali (cucina, lavanderia, albergo) e da configurare
come subsistemi autonomi.

                                   34
I criteri di progettazione: un futuro che viene dal passato



Per quanto attiene il disegno di una “nuova architettura del sistema”,
con riferimento alla razionalizzazione del sistema di percorsi, si
potrebbe ipotizzare, all’interno dell’impianto complessivo, una rior-
ganizzazione funzionale “per fasce” omogenee di attività, preveden-
do di destinare largamente alla Ricerca gli edifici sul fronte di Viale
del Policlinico, di destinare prevalentemente alle Degenze la fascia
centrale dei padiglioni e di utilizzare o rifunzionalizzare la fascia
degli edifici sul fronte di Viale Regina Elena per i Servizi ambulato-
riali, la radiologia, la diagnostica, le attività “giornaliere” (day
hospital, day surgery, etc.)
Le tre fasce garantiscono il loro attraversamento ortogonale e, con
riferimento all’ipotesi di destinazione funzionale descritta, una chia-
ra osmosi: secondo la lettura planimetrica della maglia, sulle ascisse
verrebbero collocate le macroattività e, sulle ordinate, le specialità.
Tale ipotesi di ridisegno complessivo delle funzioni assolverebbe ai
requisiti di necessaria, stretta integrazione tra Ricerca, Didattica e
Assistenza del Policlinico Umberto I, allineandosi a quegli standard
qualitativi che la struttura di eccellenza richiede.
Nello schema ipotizzato si coniuga il tentativo di soddisfare diverse
esigenze: ricostituire, per il Policlinico Umberto I, una struttura uni-
taria, integrata, pur nella sua complessità funzionale, superare le
condizioni di “alienazione” ed isolamento rispetto al contesto urba-
no, rendere compatibili i vincoli delle strutture esistenti con le esi-
genze delle attività che devono essere svolte, liberando gli edifici
dalle superfetazioni e dalle ormai improprie destinazioni sanitarie e,
soprattutto, conferire doverosamente, all’impianto complessivo, una
nuova identità.
Il “caso Policlinico” non è unico in Italia e nel mondo: è un fatto
emblematico.
Definire un corretto criterio per intervenire, una metodologia pro-
gettuale innovativa che parta dalla riconfigurazione dell’ospedale
come “sito” urbano, passi attraverso la rifunzionalizzazione per
macroattività (e, per specialità, intersecate), fino alla definizione
puntuale della qualità dei singoli spazi, può costituire un valido
esempio, come esperienza, da esportare e/o utilizzare in numerosi
altri casi, in altri contesti geografici.
A breve, visto l’impegno dell’Ateneo su questi temi, la never end
story potrebbe concludersi.
Nonostante questo, si è pronti, comunque, ad ulteriori altri quesiti,
da inserire nello “stupidario”.



                                     35
Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale


                           BIBLIOGRAFIA

1. PALUMBO R., L’ospedale: Architettura e tecnologia. Med. Secoli 2002; 14:
   243-258.
2. AA. VV. Il Policlinico Umberto I. Progetto eseguito dall’Arch.tto Giulio
   Podesti. In Occasione dell’XI Congresso Medico Internazionale in Roma.
   Roma, C. Virano e C., 1894.




                                    36
UN TESTIMONE PREZIOSO:
COSA RACCONTA DEL POLICLINICO
             «IL POLICLINICO»
                    VITO CAGLI




         37
Vito Cagli




   38
Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico”


La fondazione della Rivista
   Non è possibile parlare del Policlinico Umberto I di Roma, senza
far riferimento a chi ne fu l’ideatore, il propugnatore e il fondamen-
tale elemento catalizzatore, Guido Baccelli (1832-1916), Clinico
medico di Roma, più volte ministro dell’istruzione pubblica, figura
di spicco nel periodo di passaggio dal XIX al XX secolo. A lui, per
limitarsi all’ambito delle iniziative mediche, si deve, non solo l’edi-
ficazione del Policlinico Umberto I come sede della Facoltà di
Medicina dell’Università di Roma, ma anche la fondazione di un
nuovo giornale medico intitolato proprio «Il Policlinico».
   Insieme a Baccelli, il cofondatore della nuova rivista fu
Francesco Durante (1844-1934), Clinico chirurgo nell’Università di
Roma. Così il 15 dicembre del 1893 usciva il primo numero del
nuovo «Periodico di Medicina, Chirurgia e Igiene», con una
«Sezione Medica» diretta da Baccelli e una «Sezione Chirurgica»
diretta da Durante. Soltanto nella prima delle due Sezioni troviamo
un breve editoriale di presentazione, intitolato Per intenderci, che
traccia il programma e indica le finalità della rivista. Scrive
Baccelli1:

   … La diagnosi esatta è la sovrana potenza del Clinico, perché la diagnosi
   esatta è la somma necessità della cura.
   … Si viene utilmente alle storte e ai reagenti, ai microscopii e ai
   termostati, quando si parta dal malato e dal cadavere. Questi i due punti
   cardinali dai quali deve muovere e perfezionarsi il Clinico.

   Dunque, primato della clinica e dell’anatomia patologica: quell’in-
dirizzo che egli svilupperà con il termine di “anatomismo clinico”.
   In quello stesso 1893 i lavori per la costruzione del nuovo poli-
clinico ristagnavano: cinque anni erano trascorsi da quando era stata
posta la prima pietra dell’edificio e il completamento dell’opera
sembrava ancora lontano. Forse quel nome alla nuova rivista di
medicina voleva essere anche un augurio e uno stimolo: che così
come aveva preso il via quella impresa editoriale, affidata alla Casa
Editrice Luigi Pozzi, allo stesso modo potesse presto concretarsi
l’edificazione del nuovo grande nosocomio romano.
   Due anni più tardi, il 9 novembre del 1895 esce il primo numero
del «Supplemento al Policlinico», una vera e propria nuova rivista
ad indirizzo più pratico e ricca di molte informazioni relative al
mondo medico. Sei anni dopo, nel 1901, il «Supplemento» si trasfor-
merà in una terza sezione della rivista: «Il Policlinico Sezione
Pratica». Sarà questa Sezione a fornire il maggior numero di noti-

                                      39
Vito Cagli


zie sugli eventi che hanno a che vedere con il Policlinico Umberto
I, con la sua edificazione e poi con la sua vita e con i personaggi che
ne caratterizzeranno l’attività. Ci riferiremo, pertanto, principalmen-
te alle annate de «Il Policlinico Sezione Pratica».
    Intanto la costruzione del nuovo ospedale è progredita e si
comincia a respirare l’aria di una prossima conclusione. E di questa
conclusione «Il Policlinico» ci fornisce una puntuale testimonianza,
quando pubblica un numero speciale in occasione delle onoranze a
Guido Baccelli2.
    Tra i diversi interventi in onore del Maestro è strettamente perti-
nente al nostro argomento quello a firma di Agenore Zeri (1864-
1939, allievo di Baccelli e allora professore ordinario di Semeiotica
medica) intitolato: Guido Baccelli e il Policlinico Umberto I. Scrive
Zeri3:

   … E concepì egli allora il Policlinico: togliere le cliniche alla dipendenza
   disadatta, scomoda e talvolta imbarazzante degli ospedali, e riunirle in
   una grande unità didattica, fornirle dei mezzi più decorosi e moderni di
   studio, di lavoro sperimentale, di cura, porvi accanto gli istituti medici per
   gli insegnamenti teorici e sperimentali e formare così la scuola medica nel
   senso più vero ed utile della parola, che riunisse professori e studenti
   affratellandoli nello studio e nell’attuazione pratica della più importante
   ed umanitaria delle scienze. Questo il disegno informatore dell’opera di
   Guido Baccelli. …
   … I lavori necessari a portare a compimento un’opera iniziatasi sotto
   auspici così favorevoli occuparono 15 anni di indefessa operosità da parte
   degli iniziatori e degli esecutori di essa. Occorsero nuove lotte alla
   Camera ed al Senato per superare le difficoltà finanziarie e tecniche che
   si opponevano al compimento ed al funzionamento di un organismo così
   complesso e grandioso; ma finalmente lo scorso anno prima i padiglioni
   ospitalieri e poscia le singole cliniche poterono occupare le sedi a loro
   destinate: e l’opera era così in gran parte compiuta!

    Si trattava, insomma, di sanare una condizione didattica e di
ricerca che, collocata com’era in diversi ospedali della città, dava
luogo ad inconvenienti molto notevoli per gli studenti e per i mala-
ti, e portava anche grave pregiudizio all’attività dei docenti. I tempi
nuovi, reclamavano nuove soluzioni! Ma non era un compito facile
e non mancarono gli ostacoli. Zeri riassume assai bene il lungo tra-
vaglio ed anche la soddisfazione per la conclusione del difficile iti-
nerario.
    Dopo il numero in onore di Baccelli, il fascicolo 15 del 15 aprile

                                        40
Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico”


del 1906 de «Il Policlinico Sezione Pratica» riporta la cronaca delle
onoranze tributate a Guido Baccelli in Campidoglio, la domenica 8
aprile di quell’anno.
   Molti furono i discorsi pronunciati in quella occasione; per il
nostro scopo basterà citare qualche stralcio di quello tenuto dallo
stesso Baccelli che così esordì4:

  Nel 1881, Ministro per la prima volta della Pubblica Istruzione, ebbi
  l’onore di convocare alla Minerva una numerosa Commissione di Clinici
  perché elaborassero, viribus unitis, il disegno di massima per l’esecuzione
  del quale si sarebbe aperto tra gli architetti un concorso. E qui giustizia
  vuole che io ricordi quali e quanti dottissimi uomini vi collaborarono. Di
  quelli che restano è breve il drappello; ma di quelli che vissero è più lunga
  la serie. Agli illustri Proff. Palasciano, Porro, Pellizzati, Bottini, Cantani,
  Mazzoni, Magni, in questo giorno solenne innalziamo dall’anima grata nel
  mesto ricordo un pensiero amoroso. Sopravvivono di quella Commissione
  i Professori De Renzi, Murri e Schroen che onorano i nostri atenei.
  Compiuto il disegno di massima, aperto tra gli architetti un concorso,
  questo fu vinto dal rinomato architetto romano Giulio Podesti, il quale
  mirabilmente eseguì la costruzione di tutte le cliniche. Ma fu d’uopo
  giungere al 1884, per avere una Commissione Reale esecutiva della
  grande opera. Nominata questa dal Presidente del Consiglio di quel
  tempo, Agostino Depretis, venne a me concesso l’onore di presiederla.

  Poi, rivolgendosi direttamente al Re, disse:

  … Era il 19 gennaio 1888, quando i Vostri Augusti Genitori, Umberto e
  Margherita, posero la prima pietra del grande Istituto e Voi, o Sire,
  eravate presente, a 19 anni della florida Vostra giovinezza.
  Ebbi anche in quel giorno l’onore di parlare ai Sovrani: e ricordo la
  grande commozione della Regina Margherita, cui un tenero senso
  d’illuminata materna pietà, imperlando gli occhi, propiziava sul Vostro
  capo giovinetto e unigenito la provvidenza di Dio!
  I lavori intanto del Policlinico si succedevano non senza ostacoli di varia
  natura, quando, a dare impulso più alacre all’opera santa, nel 1894 venne
  il crisma solenne di un Congresso medico internazionale che si adunò nel
  Policlinico. Da ogni parte del mondo, in mezzo ad un esercito di novemila
  medici, fra stranieri e nazionali, giunsero qui i più grandi maestri, e sul
  labbro loro, pieno di ammirazione sincera, fiorirono parole di alta
  ammirazione all’Italia, e lieti essi annuirono all’invito nostro fraterno di
  considerare il grandioso Istituto come un Salon de la Science, dove tutti,
  volendo, potessero trovare amica accoglienza e pienezza di mezzi, per


                                       41
Vito Cagli


   dimostrare da Roma, al mondo, i novissimi metodi di ricerca e i novissimi
   veri.

    Due puntualizzazioni di Baccelli meritano di essere sottolineate.
Il protrarsi dei lavori tra molte difficoltà e l’effetto “catalitico” eser-
citato dal congresso internazionale che evidentemente fu tenuto, non
sappiamo se in parte o per intero, in alcuni locali del Policlinico
Umberto I ancora in fase di costruzione. Su questi aspetti «Il
Policlinico» sorvola, limitandosi a dar conto riassuntivamente delle
principali relazioni tenute in quel congresso.
    Nello stesso numero de «Il Policlinico» del 15 aprile 1906 ven-
gono riportate anche due brevi cronache che vale la pena di citare
per esteso qui di seguito:

   L’inaugurazione della Clinica Medica
   Lunedì 11 corr. alle ore 10, la Clinica Medica del Policlinico Umberto I
   venne visitata da un numero rilevantissimo di invitati, fra i quali si
   notavano molte signore.
   Le infermiere presentarono a Guido Baccelli una splendida corbeille di
   fiori.
   Professori, aiuti e assistenti facevano squisitamente gli onori di casa,
   guidando il pubblico nelle sale, nei gabinetti scientifici e nelle corsie.
   La fine della cerimonia
   Lunedì, a mezzogiorno, ebbe luogo una colazione offerta dal prof.
   Baccelli, nell’Hôtel de Russie, alle rappresentanze estere, ai clinici italiani
   e al Comitato organizzatore delle onoranze.

    A questo punto una prima tappa fondamentale nella vita del
Policlinico Umberto I si è conclusa: il grande istituto è ormai in
grado di funzionare. Il suo “testimone”, la rivista «Il Policlinico», ha
minori occasioni per occuparsene. Resta tuttavia attento a quanto
accade entro le mura di quella cittadella della medicina e soprattut-
to a tutto quanto riguarda coloro che la animano da protagonisti e
che sono, del resto, tra gli autori più spesso presenti nelle diverse
sezioni della rivista con i loro contributi scientifici.
    Così il fascicolo 19 del volume XXIII, in data 7 maggio 1916
riporta la seduta straordinaria della R. Accademia Medica, tenutasi
il 16 aprile in commemorazione di Guido Baccelli che era deceduto
il 10 gennaio di quello stesso anno, mentre nel fascicolo n. 7 de «Il
Policlinico Sezione Medica» in data 1 luglio 1916 trovano posto le
commemorazioni di Baccelli ad opera di Augusto Murri, Clinico
medico di Bologna e di Edoardo Maragliano, Clinico medico di

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Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico”


Genova.
   Di notevole interesse è quanto riportato da «Il Policlinico Sezione
Pratica» in data 10 giugno 1917, che riguarda la decisione della
Facoltà su chi debba coprire la cattedra già di Baccelli. Nel periodo
di tempo intercorso dalla morte di Baccelli la supplenza della
Clinica Medica era stata tenuta da professor Eugenio Rossoni
(1848-1919), ordinario di Patologia medica, ma ora diveniva neces-
sario dare alla cattedra una titolarità. Ecco la notizia riportata da «Il
Policlinico»5:

   La Facoltà Medica di Roma adunatasi il 6 corr. ha deliberato di chiamare
   il prof. Vittorio Ascoli, ordinario di Patologia medica dimostrativa presso
   l’Università di Pavia, a coprire la cattedra di Clinica Medica
   dell’Università di Roma, rimasta vacante per la morte del compianto prof.
   Baccelli. Il risultato della votazione è stato il seguente: 12 voti al prof.
   Ascoli, 3 al prof. Schupfer, 1 astenuto, 2 schede bianche.
   Il Policlinico è orgoglioso di questa designazione e porge i suoi
   rallegramenti al professor Ascoli.

   Perché questo “orgoglio”? Perché Vittorio Ascoli (1863-1931),
che di Baccelli era stato allievo, aveva ricoperto il ruolo di redatto-
re capo de «Il Policlinico» sin dalla sua fondazione.
   In realtà «Il Policlinico» fu per moltissimi anni la “voce scienti-
fica” della Clinica Medica e della Clinica Chirurgica della Facoltà
Medica di Roma, cioè della parte universitaria del Policlinico
Umberto I. Nel periodo compreso tra il 1917 e il 1927 dalla Clinica
Medica uscirono 326 tra lavori, relazioni e comunicazioni ad acca-
demie. Ben 101 di questi lavori furono pubblicati su «Il
Policlinico», sia nella Sezione Medica, che nella Sezione Pratica.
    Questo legame si rafforzò ulteriormente per il fatto che Arnaldo
Pozzi si laureò in medicina l’11 luglio del 1923 con una tesi Per la
conoscenza della sifilide gastrica preparata nella Clinica Medica,
dove successivamente rimase, alla Scuola di Vittorio Ascoli. Nel
1927 l’editore Luigi Pozzi (il padre di Arnaldo) pubblicò un volu-
me di 126 pagine, dal titolo La clinica Medica di Roma nel primo
decennio di direzione del Prof. Vittorio Ascoli, che reca la scritta
«OMAGGIO DI LUIGI POZZI EDITORE DE “IL POLICLINICO”». Il libro,
oltre al testo della prolusione pronunciata dieci anni prima da
Ascoli e già pubblicata su «Il Policlinico»6 e al sommario dell’atti-
vità scientifica della Clinica, è corredato da 20 fotografie che ci
mostrano gli ambienti della Clinica Medica del Policlinico quali
erano in quel tempo.

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Vito Cagli


    Così il rapporto tra la Casa Editrice de «Il Policlinico» e la
Clinica Medica romana diveniva sempre più stretto, rafforzato dal
fatto che Vittorio Ascoli mantenne anche la sua funzione di redatto-
re capo de «Il Policlinico».
    Quando nel 1932 Cesare Frugoni (1881-1978), dopo la morte di
Ascoli, fu chiamato alla direzione della Clinica Medica, anche que-
sta volta la sua prolusione fu pubblicata su «Il Policlinico»7. E de «Il
Policlinico» Frugoni assunse la direzione scientifica, divenendone
anche direttore responsabile, qualifica quest’ultima che conservò
fino alla sua morte. Negli anni in cui Frugoni mantenne la cattedra
di Clinica Medica, (1932-1951) pubblicare i propri lavori su «Il
Policlinico», se non un obbligo, era certamente una prassi consolida-
ta, anche perché Arnaldo Pozzi era rimasto in Istituto dove ricopriva
le mansioni di “primo Aiuto”. L’interesse di Frugoni per «Il
Policlinico» non era una pura formalità: sul finire degli anni ’60, o ai
primi degli anni ’70, volle avere a cena nella sua casa di via Bruxelles
tutta la Redazione e fu una serata piacevolissima di conversazione, di
ricordi e anche di qualche domanda più confidenziale.
    Alla morte di Frugoni, «Il Policlinico» pubblicò un breve ricor-
do del Maestro, a firma del più ascoltato tra i redattori, il professor
Costantino Iandolo, primario medico degli Ospedali Riuniti di
Roma e allievo del professor Frugoni. Scriveva tra l’altro Iandolo8:

   Del «Policlinico» Frugoni fu per moltissimi anni direttore non soltanto di
   nome ma di fatto. Leggeva sistematicamente il nostro Giornale e, anche
   dopo il suo collocamento a riposo, non mancava di dare di tanto in tanto
   alla redazione suggerimenti e consigli. Quando poi uno di noi pubblicava
   un lavoro o un articolo di particolare interesse, riceveva immediatamente
   una lettera di apprezzamento e di felicitazioni di Frugoni.

   Dopo il pensionamento di Frugoni per limiti di età, nella testata
de «Il Policlinico», accanto al suo nome come direttore, comparve
anche quello di Giovanni Di Guglielmo (1886-1961) che gli era
subentrato nella cattedra e successivamente furono inseriti Luigi
Condorelli, (1899-1985) titolare della I cattedra di Clinica medica e
Cataldo Cassano (1902-1998), titolare della II cattedra di Clinica
medica. Insomma tutti i cattedratici, o ex cattedratici, di Clinica
medica erano cooptati nella direzione de «Il Policlinico». Dopo la
morte di Di Guglielmo, nel 1961, venne inserito anche il nome di
Michele Bufano (1901-1993), allora titolare della cattedra di
Semeiotica medica, che aveva sede in uno dei nuovi padiglioni
costruiti nella zona compresa tra la lavanderia e la Clinica di

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Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico”


Malattie Infettive. Analogamente la direzione de «Il Policlinico
Sezione Chirurgica» fu tenuta fino al 1972 da Pietro Valdoni (1900-
1976) e da Paride Stefanini (1904-1981), titolari rispettivamente
della I e II cattedra di Clinica chirurgica.
   Il legame rimaneva dunque saldo e lo testimoniava anche la pre-
senza dei riassunti delle sedute dell’Accademia Medica di Roma,
che si tenevano nell’aula di Clinica Medica e, per un certo tempo,
nella biblioteca del Policlinico Umberto I, e che erano una delle
espressioni dell’attività scientifica della Facoltà di Medicina e del
grande istituto in cui essa era largamente presente. Nel numero 16
de «Il Policlinico Sezione Pratica»9 del 1973 veniva riportata la
seguente comunicazione:

   Il Prof. Pietro Valdoni, con votazione unanime, è stato chiamato a
   succedere al Prof Pietro Di Mattei nella carica di Presidente
   dell’Accademia Medica di Roma.
   Il nuovo Consiglio di Presidenza risulta così composto: Presidente: Prof.
   Pietro Valdoni; Vice Presidente: Prof. Giuseppe Giunchi; Segretario Prof.
   Luigi Travia; Consiglieri Proff.i Giorgio Monticelli, Giambattista Bietti,
   Antonio Ribuffo, Paride Stefanini, Mario Rastelli, Sergio Cerquiglini.
   Nella stessa seduta è stata conferita al Prof. Giuseppe Caronia ed al Prof.
   Dario Maestrini una medaglia d’oro per i 50 anni di appartenenza alla
   Accademia Medica.

   Questi resoconti furono presenti, sia pure via via in modo sempre
più saltuario, fino ai primi anni ’90.
   Nel numero 1 de «Il Policlinico Sezione Pratica» del 1971, com-
parve un breve corsivo, a firma degli Editori, in cui si annunciava un
radicale cambiamento nel contenuto e nella veste tipografica. La
Sezione Pratica de «Il Policlinico» cessava di pubblicare “lavori
originali”, che avrebbero continuato a trovare posto nella Sezione
Medica e nella Sezione Chirurgica e riservava il proprio spazio a
rassegne sintetiche e a brevi articoli informativi.
    Contemporaneamente scomparivano dalla testata i direttori, in
quanto direttori scientifici, mentre, come si è già detto, restava al
professor Frugoni la qualifica di direttore responsabile, che passerà
poi, dal 1979, al suo antico Aiuto, il professor Arnaldo Pozzi. «Il
Policlinico Sezione chirurgica» restava sotto la direzione di Valdoni
e di Stefanini; ad essi sarebbero succeduti G.F. Fegiz e S. Stipa e, in
seguito, due editors, in luogo dei direttori, scelti comunque sempre
nell’ambito dei docenti di chirurgia del Policlinico Umberto I.
   Questi cambiamenti, determinati in larga misura dal crescente

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Vito Cagli


interesse degli studiosi per la pubblicazione dei propri lavori scien-
tifici su riviste di lingua inglese a circolazione internazionale, ren-
devano più tenue il legame tra «Il Policlinico» e il Policlinico
Umberto I.
    Nello stesso tempo il moltiplicarsi delle cattedre nel Policlinico
Umberto I rendeva meno agevole seguire i cambiamenti che si anda-
vano verificando. Nel numero 20 della Sezione Pratica del 1972
nella rubrica Vita Professionale si può leggere10:

   La facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma ha deliberato
   che il Prof. A. Beretta Anguissola venga chiamato alla II Cattedra di
   Clinica Medica Generale e Terapia Medica.
   Ha deliberato altresì con voto unanime che il Prof. Giuseppe Giunchi
   venga trasferito dalla I Cattedra di Malattie infettive alla III Cattedra di
   Clinica Medica Generale e Terapia Medica.
   Ad entrambi le più vive congratulazioni de «IL POLICLINICO».

   Comunque il legame tra “i due Policlinici” permaneva. Alcuni
anelli di questo legame restavano e restano. Anzitutto l’antico rap-
porto della Casa Editrice Pozzi con la Clinica Medica del Policlinico
Umberto I. E poi le persone. Fino al 1981 Il professor Arnaldo Pozzi
fu, con i suoi ricordi e i suoi racconti, un testimone della storica
Clinica Medica di Ascoli e di Frugoni. Accanto a lui numerosi com-
ponenti della Redazione provenivano dalla Clinica Medica di
Frugoni, di Di Guglielmo e di Cassano.
   Insomma, la Clinica Medica era, ed ancora in una certa misura
rimane, il luogo dell’imprinting originario della Rivista, il punto di
contatto che per tanti anni ha unito due storiche istituzioni del
mondo medico romano: il Policlinico Umberto I e la rivista «Il
Policlinico»


                              BIBLIOGRAFIA

1. BACCELLI G., Per intenderci. Il Policlinico. Sezione Medica 1893; I: 2
2. AA. VV., Numero speciale in occasione delle onoranze a Guido Baccelli. Il
   Policlinico. Sezione Pratica, 1906; 13(14):417-480.
3. ZERI A., Guido Baccelli e il Policlinico Umberto I. Il Policlinico. Sezione
   Pratica 1906; 13(14):466-470.
4. BACCELLI G., Cronaca delle onoranze a Guido Baccelli. Il Policlinico.
   Sezione Pratica 1906; 13(15):505-506.
5. Notizie Diverse. Il Policlinico. Sezione Pratica 1917; 24(24):784.


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Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico”


6. ASCOLI V., I compiti attuali della clinica medica. Il Policlinico. Sezione
    Pratica 1918; 24(1):3; 24(3):49; 24(4):81.
7. FRUGONI C., L’essenza e gli obiettivi dell’insegnamento clinico. Il Policlinico.
    Sezione Pratica 1932; 39(4):125-133.
8. IANDOLO C., Ricordo del Maestro. Il Policlinico. Sezione Pratica 1978; 85:1-2.
9. Comunicazione, Il Policlinico. Sezione Pratica 1973; 80(16):714.
10. Vita Professionale, Il Policlinico. Sezione Pratica, 1972, 79(20):886.

   Le fonti a cui ho attinto per la redazione del presente capitolo sono i volumi
   de «Il Policlinico» e desidero ringraziare gli Editori Pozzi per avermi facilita-
   to il lavoro mettendo a mia disposizione la collezione completa della Rivista.




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Vito Cagli




   48
PARTE II:
Gli Istituti “Biologici” di Fondazione
IL DIPARTIMENTO DI ANATOMIA UMANA
                  TINDARO G. RENDA




             51
Il Dipartimento di Anatomia Umana


I primi anni dell’insegnamento
    Si può convenire che nella storia di una grande istituzione come
il Policlinico Umberto I di Roma le cosiddette discipline di base, fra
cui viene annoverata anche l’Anatomia Umana, possano non aver
avuto un ruolo determinante. Ma è pur vero che il Policlinico è una
struttura universitaria, dedicata alla formazione dei futuri medici
nonché ad un’attività di ricerca scientifica di eccellenza. In ciascu-
no di questi due campi le discipline di base hanno da sempre rappre-
sentato un valido alleato ed un efficiente interlocutore. E in questo
ruolo ritengo che l’Anatomia Umana romana abbia ben contribuito
a rendere grande questo importante complesso.

   L’insegnamento dell’Anatomia Umana, anche se per parecchio
tempo impartito nell’ambito di altri corsi, soprattutto di chirurgia, ha
fatto parte del curriculum didattico degli studi di Medicina in Roma
sin dal XIII secolo. Le prime tracce risalgono al 1294 nella Scuola
Palatina Romana, per passare poi dal 1377 nello Studio Romano in
Trastevere, e dal 1431 nell’Archiginnasio romano. Un vero
Gabinetto di Anatomia Umana fu istituito da Pio IX nel 1870 pres-
so la sede della “Sapienza” a S. Eustachio, seguito dal regio gover-
no italiano che ha insediato nel 1881 l’Istituto di Anatomia Umana
e di Istologia generale e speciale nel Convento di S. Antonio in via
Agostino De Pretis, 92, al Viminale. Risale infine al 1930 il trasfe-
rimento dell’Istituto di Anatomia Umana Normale nell’edificio di
Viale Regina Elena, 289 (con accesso anche da via Alfonso Borelli,
50) che è anche la sede attuale del Dipartimento di Anatomia
Umana, istituito nel 2002.

I Maestri la didattica, la ricerca
La ricostruzione delle vicende dell’Anatomia romana e delle perso-
nalità accademiche che vi hanno operato è già stata oggetto di spe-
cifica trattazione negli anni passati e di tali opere mi sono in parte
avvalso per il presente contributo e ad esse rimando il lettore che
volesse conoscerne i dettagli1.
In questa sede riporto brevi cenni biografici soltanto di alcuni per-
sonaggi che con la loro attività hanno dato particolare lustro
all’Anatomia romana prima del 1870, e, dopo questa data, di tutti
coloro che si sono avvicendati nella direzione dell’Istituto o vi
hanno comunque operato meritevolmente.

Realdo Colombo
  Nato a Cremona tra il 1516 e il 1520, va a studiare a Padova. È


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Tindaro G. Renda


discepolo del celebre Vesalio, di cui diviene assistente prima e suc-
cessore poi, nel 1544, come lettore di chirurgia ed anatomia.

                          Fig. 1 –
                          Realdo Colombo
                          (Cremona 1516-
                          Roma 1559)




                   Fig. 2 – Frontespizio del
                De Re Anatomica, Libri XV
                        di Realdo Colombo

    Nel 1545 Cosimo de’ Medici lo chiama nella appena riorganizza-
ta Università di Pisa ove diviene il primo professore di Anatomia.
Vi rimane sino al 1548, anno in cui il pontefice Paolo III (al secolo
Alessandro Farnese) lo chiama a Roma a insegnare
all’Archiginnasio che lo stesso papa aveva provveduto a riformare
nel 1539. Qui Realdo Colombo è accolto alla pari da personaggi
illustri e diviene amico di Michelangelo Buonarroti che utilizza i
suoi insegnamenti per perfezionare le sue opere. Diventa il medico
della curia pontificia, a lui vengono affidati incarichi particolari e
delicati, come l’autopsia sul cadavere di Ignazio di Loyola e quella
sul cadavere del cardinale Federico Ridolfi, morto per apparenti
cause naturali durante il conclave per la nomina del successore di
Paolo III (1550), morte che egli diagnosticò avvenuta per avvelena-
mento. Muore a Roma nel 1559.
    Colombo fu un ottimo anatomico ed eseguì molteplici osservazio-
ni sul cadavere che raccolse nell’opera De Re Anatomica, Libri XV
stampata a Venezia nel 1559. Fra le tante descrizioni originali sicura-
mente la più importante è quella, accurata e completa, della circola-
zione polmonare, scoperta citata anche dallo stesso Harvey, ma che
in genere è stata disconosciuta dagli storiografi successivi. Eseguì
numerose dissezioni in pubblico alla presenza anche di alti prelati e
accademici. E’ stato fra i primi ad utilizzare animali viventi per alcu-

                                      54
Il Dipartimento di Anatomia Umana


ne dimostrazioni di anatomia e fisiologia cardio-polmonare.
   A Realdo Colombo è oggi intitolata l’Aula A del nostro
Dipartimento

Bartolomeo Eustachio (o Eustachi)
   Nato presumibilmente nel 1513 a San Severino nelle Marche (ma
c’è chi sostiene fosse nato in San Severino di Calabria; anche la data
di nascita viene variamente riferita tra il 1500 ed il 1524). Compì
dapprima approfonditi studi umanistici in varie università italiane,
incluso l’Istituto di Filosofia della Sapienza, nel corso dei quali
acquisì ottime conoscenze di greco, ebraico ed arabo.

                              Dal 1540 Eustachio si dedicò agli studi
                          di medicina e, divenuto presto famoso per
                          la sua bravura, fu scelto come medico per-
                          sonale dal Duca di Urbino. Nel 1547 si spo-
                          stò a Roma, al seguito del fratello del Duca,
                          il Cardinale Giulio della Rovere, e qui
                          divenne protomedico e fu ingaggiato come
                          professore di Anatomia presso il Collegio
                          della Sapienza all’Archiginnasio fra il 1555
                          ed il 1567, quando gravi motivi di salute,
                          soffriva molto di gotta, lo costrinsero a ras-
                          segnare le dimissioni. Continuò a servire il
Fig. 3 – Bartolomeo       Cardinale della Rovere e morì nel 1574
Eustachi (San Severino    sulla via per Fossombrone.
1513-Fossombrone 1574)       Bartolomeo Eustachio fu un grande ana-
                          tomico ed insieme a Vesalio e Falloppio è
considerato il fondatore della moderna Anatomia. Scrisse molti trat-
tati fra cui fondamentali sono quelli sul rene, sulla morfologia e
sulla architettura dei denti, ove si ha la prima descrizione delle due
dentizioni, sul sistema delle vene azygos, sul dotto toracico, sulla
valvola cardiaca che porta il suo nome e sugli organi dell’udito con
particolare riguardo all’orecchio medio e alla tuba che porta ancor
oggi il suo nome. Eseguì molte ricerche comparative su animali tal-
mente importanti da essere considerato come il fondatore
dell’Anatomia Comparata.
    Avvalendosi dell’opera di Pier Matteo Pini, artista in Urbino, ela-
borò, per un’opera mai pubblicata, 47 tavole anatomiche che furono
incise su lastre di rame dal romano Giulio de’ Musi e di cui le prime
8 furono usate a complemento dei suoi Opuscola anatomica del
1564. Delle rimanenti tavole si persero le tracce sin quando non


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  • 1. MEDICINA NEI SECOLI, Supplemento 2006 IL POLICLINICO UMBERTO I Un secolo di storia Edizione a cura di Carla Serarcangeli
  • 2. © Copyright 2006 Casa Editrice Università degli Studi di Roma “La Sapienza” P.le Aldo Moro, 5 - 00185 Roma www.editriceateneo.it Iscrizione nel Registro Operatori Comunicazione al n° 11420 ISSN n° 0394/9001 ISBN 88-87242-86-0 ISBN 978-88-87242-86-7 2
  • 3. SOMMARIO PREFAZIONE: CENTO ANNI DI STORIA DEL POLICLINICO UMBERTO I RENATO GUARINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 005 PARTE I: UN POLICLINICO “EUROPEO” IL POLICLINICO UMBERTO I: ESIGENZA DELLA COSTRUZIONE ANTONIO BOCCIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 013 I CRITERI DI PROGETTAZIONE: UN FUTURO CHE VIENE DAL PASSATO ROBERTO PALUMBO – ANNA MARIA GIOVENALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 027 UN TESTIMONE PREZIOSO: COSA RACCONTA DEL POLICLINICO “IL POLICLINICO” VITO CAGLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 037 PARTE II: GLI ISTITUTI “BIOLOGICI” DI FONDAZIONE IL DIPARTIMENTO DI ANATOMIA UMANA TINDARO G. RENDA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 051 LA SCUOLA BIOCHIMICA ROMANA GINO AMICONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 071 L’ISTITUTO DI FISIOLOGIA UMANA FABRIZIO EUSEBI – ROBERTO CAMINITI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 093 L’ISTITUTO DI PATOLOGIA GENERALE PIER PAOLO GAZZANIGA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 103 L’ISTITUTO DI ANATOMIA E ISTOLOGIA PATOLOGICA ERMANNO BONUCCI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 123 L’INSEGNAMENTO DELLA FARMACOLOGIA PIETRO MELCHIORRI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 139 LA SCUOLA ROMANA D’IGIENE GIANFRANCO TARSITANI – ROSELLA DEL VECCHIO – CARMINE MELINO . . . . . . . . . P. 153 PARTE III: LE CLINICHE LE SCUOLE DI MEDICINA INTERNA DOMENICO ANDREANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 173 3
  • 4. LA CLINICA CHIRURGICA: LA STORIA E LA SCUOLA VINCENZO ZIPARO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 191 CENT’ANNI DI POLICLINICO: LA CHIRURGIA GIORGIO DI MATTEO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 207 LA CLINICA OSTETRICA E GINECOLOGICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 223 ANTONIO PACHÌ LA CLINICA PEDIATRICA MANUEL A. CASTELLO – GIORGIO MAGGIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 237 LA CLINICA OTORINOLARINGOIATRICA ROBERTO FILIPO – ELIO DE SETA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 249 LA CLINICA OCULISTICA PAOLA PIVETTI PEZZI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 267 LA CLINICA DERMATOLOGICA VITTORIA SERAFINI – STEFANO CALVIERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 281 LA CLINICA DELLE MALATTIE TROPICALI E SUBTROPICALI ANTONIO SEBASTIANI – CARLA SERARCANGELI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 295 LA CLINICA DI MALATTIE NERVOSE E MENTALI ALBERTO GASTON . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 313 LA CLINICA ORTOPEDICA E TRAUMATOLOGICA LUIGI ROMANINI – EMILIO ROMANINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 325 PARTE IV: IL POLICLINICO OGGI – RICERCA ED ORGANIZZAZIONE RICERCA DI ECCELLENZA AL POLICLINICO UMBERTO I ALBERTO GULINO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 345 L’AZIENDA POLICLINICO ED IL SUO INSERIMENTO NEL SSN GIUSEPPE GRAZIANO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 359 POSTFAZIONE: POLICLINICO UMBERTO I: L’OSPEDALE DEI ROMANI, VOLUTO DA BACCELLI, ENTRA NEL FUTURO LUIGI FRATI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . P. 373 PARTE V: ALCUNE IMMAGINI NELLA STORIA DEL POLICLINICO UMBERTO I 4
  • 5. PREFAZIONE CENTO ANNI DI STORIA DEL POLICLINICO UMBERTO I Quando poco oltre la metà del XIX secolo Guido Baccelli, che è clinico medico nell’Università La Sapienza e Ministro della Pubblica Istruzione, pensa ad una struttura di ricerca e di formazio- ne per i futuri medici la medicina è attraversata da una di quelle rivoluzioni di cui parla Thomas S. Kuhn nel suo The structure of scientific revolutions. In quei tempi i rimedi terapeutici realmente efficaci sono davvero pochi, la diagnosi si avvale quasi esclusiva- mente dell’esame fisico e del rilievo di polso ed urine, poco di più di quanto accadeva ai tempi d’Ippocrate. Vi erano stati però segni di crisi epistemologica anche in Italia: alla Prima riunione degli scien- ziati italiani, tenutasi a Pisa nell’ottobre del 1939, la sezione medi- ca è inaugurata da Giacomoandrea Giacomini, professore di clinica medica a Padova, con la lettura Della natura e della vita del san- gue, nella quale – così recita il resoconto – sono illustrati i risultati discordi delle esperienze de’ chimici moderni, concludendo che le alterazioni del sangue non possono essere, generalmente parlando, che secondarie; e che il pervertimento del fluido [il sangue] essen- do la conseguenza del pervertimento anteriore del solido [organi e tessuti], ne consegue il corollario terapeutico che, a riordinare il turbamento de’ tessuti, e non a correggere le alterazioni del sangue, deve essere quasiché sempre diretta ogni clinica operazione. Giacomini era un vitalista legato alla tradizione e sospettoso verso le novità (la sua terapia era largamente fondata sul salasso), cosic- ché inevitabile è lo scontro con il cesenate Maurizio Bufalini, clini- co medico a Firenze, che aveva già diviso il mondo medico con il saggio Sulla dottrina medica della vita, nel quale aveva sostenuto che la materia della quale si compone il soggetto che vive… a ragione dei nostri mezzi analitici non differisce di un minimo della comune materia. Non sorprende perciò che nel Congresso pisano la sua polemica finisse raccomandando caldamente la utilità de’ ten- tativi fisici e chimici nelle ricerche sulla natura del sangue; ché se l’organismo umano è composto di solidi e di fluidi… eguale impor- 5
  • 6. Renato Guarini tanza debbono pure avere ove si facciano argomento delle nostre esperimentali considerazioni relativamente allo stato sano o mor- boso del corpo umano. E sempre Bufalini, commentando le “Statistiche degli Ospedali” presentate dal Ferrario, afferma che le statistiche si possono riferire alle cagioni delle malattie o ai segni di queste o ai metodi di cura… in ogni caso lo studio nostro inten- de a stabilire un rapporto tra la causa e l’effetto… L’eco della riunione degli scienziati e dei dibattiti che impongono anche alla medicina di far tesoro degli avanzamenti della fisica e della chimi- ca percorre le Facoltà mediche, tanto che nascono nuove discipline (biologia, patologia generale, igiene), rivolte a trarre elementi cono- scitivi dalla sperimentazione, dall’epidemiologia, dallo studio del- l’influenza delle condizioni ambientali o sociali sulle malattie. Anche in Italia dunque matematica, fisica e chimica cominciano a scuotere la medicina clinica e la crisi epistemologica diventa irre- versibile quando in Europa la medicina sperimentale di Claude Bernard, la batteriologia di Louis Pasteur e Robert Koch e la pato- logia cellulare di Rudolph Virchow spostano la centralità della medicina verso l’esperimento dalla corsia, nella quale i malati sta- zionano anche per mesi in attesa di una evoluzione. Il laboratorio ed il gabinetto di analisi divengono i luoghi dove si riproducono le condizioni patologiche nell’animale da esperimento e si conducono le prime analisi chimiche su liquidi organici (urine e sangue) ed estratti di tessuti, mentre citochimica ed istochimica permettono di differenziare per morfologia, ma anche per funzione, tessuti, cellu- le e batteri. Su queste fondamenta in Italia si affermano nuove inte- razioni tra scienze naturali e medicina clinica, a Pavia (e poi a Torino) con Giulio Bizzozero, che scopre la funzione emopoietica del midollo osseo e quella coagulativa delle piastrine, e Camillo Golgi, con l’istochimica delle cellule nervose e gli studi sulla mala- ria, ai quali dà un contributo fondamentale la scuola medica roma- na, con Ettore Marchiafava, Angelo Celli, Amico Bignani e Giovanni Battista Grassi. Su questo scenario di medicina positivista interviene dunque Guido Baccelli, clinico medico alla Sapienza, grande maestro che non esita a portare all’Università il medico condotto di Civitavecchia, quell’Augusto Murri che poi diviene cattedratico a Bologna e che orienterà la clinica in senso fisiopatologico, alla 6
  • 7. Prefazione ricerca delle cause delle malattie, ben distinte dai sintomi. Baccelli intende la medicina come strumento di avanzamento a servizio della gente, attento ai suoi rapporti con le condizioni sociali (la miseria è la madre delle malattie – egli dice): il suo credito è gran- de, è amato dalla gente e rispettato dalla politica, e decide così di mettere a frutto il suo prestigio con l’ambizioso progetto di costrui- re un luogo dove gli avanzamenti scientifici divengano la base della formazione medica e della migliore cura dei malati. Il Policlinico di Roma, intitolato al re Umberto I, è la risposta all’epoca più avanza- ta in Europa alle esigenze della nuova medicina: un campus unico, nel quale riunire tutte le competenze scientifiche e professionali che facciano da supporto ad una buona formazione. Nel perimetro del campus debbono trovare spazio edifici universitari con biblioteche e laboratori di ricerca, con al centro padiglioni ospitalieri di rico- vero per malati, dai quali trarre i casi più appropriati per la didatti- ca o più interessanti per la ricerca. La logica di Baccelli è anche quella della unitarietà nella speci- ficità, cosicché nel progetto tutti gli edifici sono collegati da un dop- pio camminamento, ipogeo e perigeo. Baccelli precisa bene la fina- lità del suo progetto, rivolto a dare agli studenti gli elementi forma- tivi per entrare nella medicina di domani, nella quale si stanno spa- lancando gli orizzonti della ricerca fondata sulle scienze naturali: quelle che oggi sono chiamate scienze biologiche sono ospitate negli edifici perimetrali, come ad es. zoologia e biologia con pato- logia generale ed anatomia patologica o giusto di fronte al Policlinico (anatomia ed anatomia comparata). Nasce così con un primo finanziamento statale del 1881 (legge n. 209, Baccelli è appena stato nominato Ministro, succedendo a Francesco De Sanctis) il più grande progetto organico di Policlinico, al quale viene dedicata un’area demaniale specifica con vincolo permanente di destinazione d’uso, nel quale si fondono tre principi, posti a base della formazione del medico: l’apertura della medicina alle scienze naturali, che della medicina sono fondamen- to scientifico; lo sviluppo della clinica, con edifici propri dedicati agli ambiti generali (medicina, chirurgia), ma anche a specialità, nei quali corsie, biblioteche e laboratori (gabinetti d’analisi) costitui- scano la base per l’avanzamento delle conoscenze e quindi per una buona formazione; l’utilità sociale, con i padiglioni ospedalieri e la 7
  • 8. Renato Guarini possibilità di ricovero nelle cliniche a carico dell’assistenza pubbli- ca. Non solo ricerca e clinica avanzata, ma anche sviluppo di una rete assistenziale-caritativa: Guido Baccelli riesce a far inserire, infatti, il Policlinico nell’ambito della legge n. 6972/1890, che disciplina in particolare le opere pie […Pio Istituto e Ospedali Riuniti] e gli altri enti morali che avessero per fine « ... di prestare assistenza ai poveri, tanto in istato di sanità quanto di malattia» (articolo 1), disponendo anche che «in ogni Comune è istituita una congregazione di carità ... » (articolo 2), mentre con la legge 20 luglio 1890 n. 6980 lo Stato ha finanziato ed avocato a sé la costru- zione del Policlinico universitario, con i 10 padiglioni ospedalieri assegnati nel 1898, quando Baccelli è di nuovo Ministro nel Governo Pelloux, in uso al Pio Istituto S. Spirito a titolo di risarci- mento di edifici ospedalieri siti nel Lungotevere S. Angelo ed espro- priati (concessione revocata con la legge 26 ottobre 1964 n. 1149, che ha dato autonomia gestionale al Policlinico Universitario). In circa 10 anni il Policlinico è terminato, viene inaugurato nel 1904, e diviene così un prestigioso complesso di formazione, ricer- ca ed assistenza, nel quale hanno modo di svilupparsi grandi scuo- le. Quando negli anni ’30 viene costruita la Città universitaria ed il complesso universitario diviene lo Studium Urbis lo sviluppo della scienza biomedica ha nuovi ambiti, ormai maturi, come fisiologia e biochimica o igiene e microbiologia, che trovano spazio in edifici all’interno del progetto piacentiniano. Ma non si comprenderebbe lo straordinario sviluppo dei vari settori disciplinari, di cui sono stati e sono protagonisti il Policlinico e le Facoltà mediche della Sapienza, se non si conoscesse il presupposto fondamentale sul quale Baccelli ha costruito il suo progetto, nel quale l’architettura d’insieme è fun- zionale ad una idea di formazione e ricerca. Questo fascicolo speciale della nostra rivista di storia della medi- cina [Medicina nei Secoli] è in modo opportuno dedicato alle scuo- le che hanno preso corpo nella Facoltà di Medicina e nel suo Policlinico: i grandi nomi scorrono e ci ricordano pezzi di storia, in chirurgia con Durante, Paolucci, Valdoni e Stefanini, in medicina con Frugoni, Condorelli e Cassano e così in tutti gli altri settori, nei quali spesso al Policlinico vi è stata la prima cattedra in Italia (spe- rimentale, come per microbiologia o biochimica, o clinica, come per medicina tropicale o endocrinologia, tanto per fare alcuni esem- 8
  • 9. Prefazione pi). I diversi articoli illustrano appunto le scuole, fulcro essenziale della memoria del divenire scientifico e di come la ricerca universi- taria sia in grado di entrare nel futuro. Il Policlinico è stato anche partecipe di intrecci con le vicende politiche dei vari tempi, con episodi che dimostrano comunque il prestigio dei suoi professori, come nel caso del chirurgo Raffaele Paolucci, il comandante della spedizione che aveva affondato il 1 novembre 1918 a Pola la nave ammiraglia austro-ungarica Viribus Unitis. Ebbene Paolucci, nel pieno delle discriminazioni razziali che nel 1938 colpiscono anche l’Università, dà rifugio a casa sua ai professori ebrei, tra cui Mario Camis, il fondatore della neurofisio- logia e neurobiologia italiana. Facoltà e Policlinico sono dunque densi di scienza, di vicende umane, di generazioni di medici che vi si sono formati, di vita vissuta, con l’apporto di tanti docenti e del personale socio-sanitario, che ne costituiscono l’ossatura fonda- mentale. In questo fascicolo, che si deve all’attività della sezione di Storia della Medicina diretta dalla Professoressa Luciana Rita Angeletti ed al coordinamento editoriale della Professoressa Carla Serarcangeli, la storia del Policlinico e della Facoltà medica scorre dunque con le sue immagini vive, con le sue ricerche di prestigio, con i tanti per- sonaggi che ne hanno fatto una parte viva della Sapienza. Tanto che anche a questa Facoltà si deve se la nostra Università è giudicata, nel ranking internazionale, la prima in Italia e tra le prime in Europa. Renato Guarini Rettore dell’Università di Roma La Sapienza 9
  • 10. PARTE I Un Policlinico “Europeo”
  • 11. Il Policlinico umberto I: esigenza della costruzione IL POLICLINICO UMBERTO I: ESIGENZA DELLA COSTRUZIONE ANTONIO BOCCIA 13
  • 12. 14
  • 13. Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione Prologo Affermava Antonio Ruberti nella prefazione del testo storico, scritto da Stroppiana, sul Policlinico1: La presenza di universitari e di ospedalieri nella stessa struttura, le responsabilità diverse e tuttavia interagenti nella formazione e nell’assistenza, il modificarsi dei quadri amministrativi e legislativi di riferimento sia nell’istruzione sia nell’assistenza percorrono la storia dalla istituzione e la condizionano. Storia di Istituzioni e di uomini, ma anche storia di una struttura fisica che, nata sulla base di un disegno originario di grande respiro, si sviluppa in tempi lunghi. La storia delle origini e delle esigenze di costruzione del Policlinico ha, infatti, radici lontane che non possiamo non ricorda- re; essa sarà utile ed in qualche misura di supporto anche per meglio comprendere la storia recente e le difficoltà che ancora oggi si incon- trano nella gestione e nell’attività del Policlinico Universitario in cui si incrociano e si sommano i problemi della formazione del medico e di tanti professionisti di sanità, dell’assistenza, della ricerca. Il Pio Istituto Santo Spirito in Sassia Nel 1676 nell’Ospedale Santo Spirito era ammesso, come assi- stente medico dell’Ospedale, Giovanni Maria Lancisi. Nel 1711 tra Lancisi ed il Commendatore del Santo Spirito, Mons. Giorgio Spinola, venne deliberato e stipulato un documento nel quale, tra l’al- tro, l’illustre medico dopo avere accennato allo scopo principale cui debbono rispondere gli ospedali, ossia una caritatevole assistenza agli infermi, ricorda come, attraverso i secoli, gli Istituti Nosocomiali siano divenuti anche vere scuole di medicina, di chirurgia e di farma- cia pratica. Rileva come fra tutti gli stabilimenti consimili in Roma, e forse in tutta l’Italia, vanti il primato l’Arcispedale Pontificio detto di Santo Spirito in Sassia, il quale oltre la sua peculiare e multiforme funzione di beneficenza devesi considerare come pubblico utilissimo Seminario, in cui circa 100 giovani, tra medici e chirurghi e spezia- li, di continuo vi dimorano, oltre molti altri, che giornalmente vi ven- gono per far quivi la pratica. Per quanto riguarda le adunanze scientifiche, istituite da Lancisi, esse avevano per sede il vestibolo della biblioteca e si ha notizie che tali riunioni avevano per oggetto la discussione dei casi clinici più importanti occorsi nelle corsie dell’Ospedale Santo Spirito o verifica- ti al tavolo anatomico. Il bibliotecario della Lancisiana curava la com- pilazione dei verbali e la loro pubblicazione al termine di ogni anno2. 15
  • 14. Antonio Boccia Assistenza sanitaria Per lungo tempo, fino agli ampliamenti del secolo XVIII, l’Ospedale ebbe quattro medici primari con relativi assistenti, tutti scelti per concorso in conformità delle disposizioni emanate da Mons. Spada. Fin da allora i concorsi erano notificati mediante avvi- si pubblici a stampa affissi per la città. In sottordine esisteva un ruolo speciale formato dai cosiddetti giovani cui erano attribuite tutte le funzioni di assistenza e pulizia. Nessun giovane, sotto qualunque titolo, poteva rimanere nell’Ospedale più di sette anni. Mons. Spada ed il successore Febei promossero ulteriormente l’aggiornamento e l’istruzione dei medici e del personale, designando uno dei chirurghi primari ad impartire lezione due volte la settimana. Il tempo di Quaresima era stabilito per le dissezioni anatomiche, libere a quanti ne avessero fatto richiesta. Esisteva è vero in Roma l’Università con propria Facoltà Medica, ma i precettori del Santo Spirito furono sempre poco disposti ad inviarvi i giovani, temendo che i frequenti allontanamenti potessero intralciare le esigenze del servizio ospedaliero. Leone XII (1823-29), con decreto del 30 settembre 1824, riunì nuovamente il Santo Spirito insieme con gli altri ospedali, sotto l’autorità di una Deputazione unica, di cui fece parte come presiden- te il Mons. Giuseppe Antonio Sala. Durante il suo governo, stabilì utili regole per la contabilità e la registrazione dei malati; l’appalto delle forniture concesso mediante pubblica asta; i prodotti farma- ceutici acquistati direttamente nei grandi mercati d’Europa. Adottò il metodo di registrare le ordinazioni mediche e chirurgiche fatte fuori di visita, per evitare errori a danno degli infermi. Al Santo Spirito aprì un quartiere speciale per cronici. Ristrutturazioni e restauri Dopo aver visitato i migliori stabilimenti ospedalieri d’Europa, Francesco Azzurri, valoroso artista, si accinse all’ardua fatica di sistemare l’asilo romano dei pazzi, ove tutto occorreva rivedere su nuove basi. Ne derivò uno stabilimento modello, che per lunghi anni rimase all’altezza della scienza moderna. Dopo il manicomio, il medesimo architetto, per volontà di Pio IX, procedette al restauro del S. Spirito. Egli così riassumeva il lavoro che si proponeva di eseguire e che venne parzialmente attuato: riordinamento completo delle sale esistenti, rispettate gelosamente nelle loro dimensioni; divisione della Corsia Sistina in due sale distinte, 16
  • 15. Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione demolizione ragionata di quanto, non presentando nulla di pregevole, si ricusa ad una ragionevole trasformazione, sia per il suo stato di decrepitezza, sia per la sua pessima disposizione; restauro completo della corsia di Alessandro VII sino al Tevere, sbarazzata delle fabbriche adiacenti e tolta dall’immediato contatto della Corsia Sistina; centralizzazione dei servizi generali, ed infine usufrutto di una area rilevante per la erezione delle fondamenta di una Clinica medica, e di uno stabilimento completo idroterapico. Ai tisici l’Azzurri apprestò una nuova dimora, corredata di tutto ciò che poteva contribuire al miglioramento della loro sorte. Auspicava prossimo il giorno in cui sorgesse un ricovero speciale per questi malati, dotato di quanto fosse necessario. All’epoca dei restauri era commendatore del Santo Spirito Mons. Achille Maria Ricci (1865-1870) che, accogliendo le istanze di Guido Baccelli, già professore di clinica medica, oltre a concedere nuovi locali ed arredamento idoneo, aveva decretato anche l’istitu- zione di una cattedra di Anatomia patologica. Allo scadere dell’amministrazione ecclesiastica, la capacità com- plessiva del Santo Spirito era così distribuita: - Corsia Sistina, comprese le carriole 330 letti - Sala Benedettina 216 “ - Sala Alessandrina 64 “ - Sala S. Girolamo 22 “ - Sala S. Filippo 16 “ - Sala dei bambini 22 “ - Sala S. Giacinto per i tisici 14 “ - Tre piccole sale 28 “ Totale 712 “ Per il servizio di medicina, vi erano sei primari con obbligo di visita due volte al giorno. Ciascun primario aveva assistente e sotto- assistente. Il servizio chirurgico era disimpegnato da un primario con due chirurghi sostituti e quattro sotto-sostituti. La farmacia aveva un capo-speziale e sei farmacisti: non esiste- va farmacopea speciale ed i medici potevano ordinare ciò che rite- nevano necessario. Il Policlinico Umberto I e l’insegnamento universitario A Roma, nel 1870 conclusosi il potere temporale dei Papi prese avvio, non senza ostacoli e difficoltà, la Riforma dell’Università che 17
  • 16. Antonio Boccia da Pontificia divenne Regia. Nel novembre del 1870 ad opera del Regolamento Brioschi furono accorpati i corsi di Medicina e Chirurgia. Successivi regolamenti definirono via via la struttura della Facoltà medica di Roma. Nell’insegnamento universitario una delle spinose questioni da affrontare era quella di assicurare un’ade- guata formazione clinica agli studenti. Occorreva superare le vec- chie concezioni didattiche preunitarie. Negli ordinamenti preceden- ti, infatti, l’insegnamento si limitava alla “lettura”, alle sale inciso- rie degli ospedali, ai teatri anatomici. I1 27 dicembre 1870 fu così stipulata la convenzione tra il Ministero della Pubblica Istruzione e le Amministrazioni degli Ospedali Romani per la pratica della Clinica. La Convenzione, pur risolvendo la parte della prassi clinica, aveva comportato una dispersione degli insegnamenti per tutta la città sollevando il problema per una nuova soluzione logistica, senza contare il fatto che i fatiscenti e monumentali ospedali tardo trecen- teschi mal rispondevano ai recenti sviluppi della batteriologia e fisiopatologia ed alle norme igienico-sanitarie. La classe medica non vuole la ristrutturazione dei vecchi edifici, ma desidera adeguarsi alle moderne strutture europee. Le riviste mediche ospitano articoli di ingegneria ospedaliera. I consensi alla costruzione di nuovi ed efficienti ospedali è unanime. Guido Baccelli, Direttore della Regia Clinica Medica di Roma, che aveva lavorato senza tregua al proget- to di un grande ospedale che accorpasse tutte le Cliniche già dal 1874, nel 1881 in carica come Ministro della Pubblica Istruzione convocò una commissione con il compito di esaminare i problemi inerenti la costruzione del Policlinico. La Commissione stabilì, tra l’altro, che oltre le cliniche obbliga- torie il Policlinico dovesse ospitare anche gli ospedali-cliniche ove accogliere gli ammalati più “interessanti” evitando di prelevarli, per lo studio, dagli Ospedali civili. L’impulso decisivo alla costruzione del Policlinico fu dato 10 anni più tardi quando l’imponente proget- to fu inserito nelle Opere Edilizie della Capitale. I1 progetto origi- nario collocava il Policlinico Romano sul Colle Esquilino; successi- vamente fu scelta, per motivi di assetto urbanistico, l’area che attualmente occupa. All’Architetto Giulio Podesti coadiuvato da Cesare Salvatori ed Edgardo Negri fu affidata la progettazione della monumentale opera. Così, alla presenza del Re d’Italia Umberto I e della consor- te Regina Margherita, il 19/1/1888 fu posta la prima pietra. I lavori effettivi iniziarono solo l’anno successivo e nel 1902 il progetto era quasi ultimato. I1 più grande monumento alla Carità ed alla Scienza 18
  • 17. Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione fu inaugurato nello stesso anno con una solenne cerimonia al Campidoglio alla presenza delle massime autorità statali. Il Policlinico iniziò a funzionare a regime nel 1904. Così all’epoca vengono descritti il progetto e le opere frutto del- l’ingegno del Podesti e della Commissione3: l’area destinata al Policlinico è in una delle zone più salubri di Roma, di rimpetto alle mura di Belisario, che recingono il vasto piazzale del Macao, antico Castro Pretorio, e trovasi a metri 52,45 sopra il livello del mare. Detta area ha l’estensione di circa 160 mila mq. di cui 40.000 coperti dagli edifici, è circondata da grandi viali della larghezza di metri 30 e verrà recintata sulla fronte principale, … da una cancellata di ferro poggiata sopra un piccolo zoccolo di muratura, … e dagli altri lati, … sarà recintata da muri di sostegno, che nell’estremo angolo a sud-est, ove, … è il riparto delle malattie infettive, si elevano fino a metri sei sul sottostante livello stradale. Partendo dal lato sul viale del Policlinico vi troviamo l’edificio centrale, sede della Direzione, dell’Amministrazione, della Biblioteca, della Farmacia, del Guardaroba e di diversi servizi; ai due lati del Palazzo dell’Amministrazione, sul fronte, sono allineati i bei fabbricati destinati alle diverse Cliniche universitarie (Clinica Oculistica, Clinica Chirurgica, Clinica e Semeiotica Medica, Dermo-sifilopatica, delle Malattie nervose e mentali, Odontoiatria e Protesi dentaria, Ortopedica-traumatologica, Otorino-laringoiatrica, Pediatrica). Dietro al Palazzo dell’Amministrazione e in comunicazione con questo sono le guardarobe, la dispensa, la cucina e dietro ancora il fabbricato destinato alla Chiesa ed alla Scuola-convitto per infer- miere Regina Elena: ai due lati di questo sono 5 Padiglioni di medi- cina e 3 Padiglioni di chirurgia: i padiglioni, di forma rettangolare, si trovano tutti su una stessa linea e sono tutti collegati fra di loro da passaggi coperti. Al I, II, III e IV Padiglione fanno servizio le allieve e diplomate della Scuola (le prime non sono pagate): agli altri Padi- glioni fanno servizio infermiere e infermieri dell’Ospedale. In una terza linea trovansi due Padiglioni (uno appartiene alla Clinica delle malattie tropicali e l’altro in parte all’Istituto di seme- iotica medica della R. Università) e 4 baracche provvisorie per sop- perire ai bisogni eccezionali: 2 delle baracche sono aperte ai malati di medicina. Dal lato opposto al viale del Policlinico, da una parte si trova la Clinica ostetrico-ginecologica, e dall’altra il fabbricato 19
  • 18. Antonio Boccia destinato all’isolamento (infetti), la lavanderia, la morgue, l’Istituto anatomo-patologico. Dietro alla Scuola-Convitto Regina Elena (SCRE - oggi Centro Didattico Polifunzionale), esiste la grande “centrale termica” dalla quale si innalza nel cielo la grande “ciminiera” che si vede da ogni parte di Roma. Riassumendo dunque, oltre le Cliniche dipendenti dalla R. Università, il Policlinico è dotato di l0 padiglioni, di 4 baracche e di un riparto di “isolamento”. Come abbiamo detto sopra, per rendere facili i servizi di tutti gli edifici, che debbono fare capo al Palazzo di Amministrazione, esi- stono gallerie di collegamento nei sotterranei, e tratti coperti al primo piano che è quello dove sono tutte le infermerie. Il piano terreno di ciascun edificio è collegato dalla zona di gal- leria che si stabilisce sulla volta dei sottostanti tratti in muratura. Sarà interessante l’esame di un “Padiglione”: diremo subito che esso aveva le infermerie costruite sopra un porticato aperto in modo che l’aria vi potesse circolare liberamente (ogni Padiglione ha due infermerie: al piano terreno l’una, per uomini, al primo piano, la seconda, per donne). Ogni camerata era capace di 34 letti: vi sono inoltre 2 camerette: per cui ogni piano può ospitare 36 ammalati (questi salgono spesso anche a 45). Ogni piano era dotato di tutto il necessario (bagni, lavabi, water- closets, gabinetto di analisi, cucinetta per i piccoli bisogni, stanze per biancheria sporca, ecc.); l’ascensore porta il vitto, le medicine e gli ammalati dal piano terreno al primo piano. I letti erano accoppiati e fra una coppia e l’altra si apre un’ampia finestra: la distanza fra i letti di una coppia è di metri 1,10 sicchè la lunghezza della sala è di metri 20. I letti erano discosti 60 centimetri dalla parete e fra un letto e l’altro di fronte è una distanza di metri 3. I “Padiglioni di chirurgia” sono uguali a quelli di “medicina”; la sola differenza è data dalla presenza di un piano in più destinato alle sale operatorie. Anche per ciò che ha riguardo ai fabbricati, notevoli migliora- menti e trasformazioni, sono degne di essere qui ricordate. Innanzi tutto nel 1931 vennero condotti a termine i lavori per la sistemazione del servizio del pronto soccorso e dell’ ambulatorio medico-chirurgico: gli ambulatori, che riunivano in certe ore della giornata da 100 a 150 infermi, furono portati e adattati nei grandi locali seminterrati siti nel Palazzo centrale: vennero muniti di tutti gli occorrenti servizi (acqua, luce, riscaldamento, latrine, bagno 20
  • 19. Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione ecc.) e dotati di un proprio ingresso separato e la sala di attesa era capace di 120 persone a sedere. Le sale di medicazione e visita erano ampie. Furono trasformate e ridotte a migliore assetto per spazio, luce, igiene, impianti di sterilizzazione, ecc. le camere operatorie. Vennero costruiti nuovi locali per la materasseria e per i lavori di rammendo, di taglio e di cucito: non minori furono i lavori al repar- to Isolamento, alla casa delle Suore, ecc. Non va dimenticata in queste opere di ristrutturazione ed ammo- dernamento, la convenzione fra il Pio Istituto e il Ministero della Educazione Nazionale: in base ad essa quello si è impegnato a costruire l’aula per l’insegnamento della semeiotica medica in aderenza al IX Padiglione, mentre in compenso il Ministero si è impegnato di costruire nel nuovo edificio di anatomia- patologica della R. Università una nuova, moderna camera mortuaria corredata di cella frigorifera e di tutti gli impianti correlativi da servire per i bisogni così delle RR. Cliniche come dell’ Ospedale del Policlinico. L’attività di questo Ospedale verso il quale si orientano tante sim- patie della cittadinanza è davvero notevole. Viene così specificata da Alessandro Canezza e da Mario Casalini nel volume Il Pio Istituto di Santo Spirito e Ospedali Riuniti di Roma pubblicato nel 19334: … l’attività del Policlinico, ricorderemo qui, che mentre il S. Spirito “ritirava” temporaneamente gli ubriachi, il Policlinico “ritirava” gli agitati per malattie mentali successivamente allocati nel nuovo edificio di Neurologia e Psichiatria. Noi sappiamo già che gli ammalati che si presentavano al pron- to soccorso venivano visitati e medicati: se avevano bisogno di rico- vero passavano alla sala di osservazione (il Policlinico ha due sale di osservazione, una per uomini, l’altra per donne) in seguito viene deciso per la loro ammissione e invio ai Padiglioni. Gli ammalati, che si presentano, vengono in ogni caso “registrati” dall’Ufficio di P.S.: da dati più puntuali risultano ricoverati, nel 1931, n.25587 per- sone, in P.S. n.12466, ambulatoriali n.38718 ed effettuati n.3109 interventi chirurgici. La riforma sanitaria Crispi-Pagliani La riforma sanitaria del 1888, inaugurata dalla legge Crispi- 21
  • 20. Antonio Boccia Pagliani approvata dal Parlamento il 22 dicembre e preceduta di un anno dall’istituzione della Direzione generale di sanità pubblica presso il Ministero dell’Interno, segna il più importante momento di svolta nella storia della sanità in Italia quantomeno fino al secondo dopoguerra. Anche se non immune da pecche, la riforma giunge, dopo quasi trent’anni dall’Unità, a cercar di rimontare dislivelli e diminuire disagi in un paese ancora relegato in una avvilente posizione di infe- riorità rispetto ai più evoluti paesi europei e dov’è radicato un diffu- so malessere sanitario. Un paese malato soffocato nel suo sviluppo dal dilagare delle malattie infettive e parassitarie5. Il quadro va completato con l’elevatissimo contingente dei morti nei primi cinque anni di vita – circa il 45% dei morti complessivi – dovuto ad infezioni, specialmente gastroenteriche, e a ripercussioni sulla maternità e l’infanzia di piaghe sociali di vario tipo, quali il lavoro protratto fin nei mesi alti di gravidanza, il parto non assisti- to, l’esposizione dei neonati alla “ruota”, il baliatico mercenario. In questo scenario la riforma sanitaria ebbe il grande merito di creare gli strumenti necessari per una gestione tecnicamente corret- ta della sanità. Infatti, se nel sistema sanitario permangono vistose falle, come quella – vivamente deplorata al Senato da Moleschott, dell’esclusione dei medicinali dall’assistenza gratuita per i poveri, nello stesso sistema è però predisposta quella corrispondenza diret- ta e gerarchica tra il medico provinciale e quello comunale che appa- re l’anticipazione, seppure ancora molto vaga, di un principio di emancipazione della sanità da condizione di puro oggetto politico ad oggetto di grande valenza sociale ed economica. In tale programma, che si colloca oltre l’andamento cronologico di questa storia, sono articolate tra loro, in un progetto di “statizza- zione” facente capo a un istituendo ministero della Sanità, le rifor- me degli studi medici, dell’educazione igienica popolare, dell’igie- ne del lavoro, dell’organizzazione sanitaria. Quest’ultima è vista con particolare riguardo al coordinamento tra servizi di medicina pubblica e ospedali. La statizzazione degli enti ospedalieri dovreb- be concludere il processo iniziato nel 1890 dalla legge Crispi- Pagliani sulle opere pie, che diede un taglio netto rispetto al passa- to, ponendo una premessa indispensabile per far avanzare il paese sulla strada della riorganizzazione amministrativa e strutturale della Sanità Pubblica. L’ospedale tardo-ottocentesco, in un periodo storico che registra tutte insieme le scosse dell’industrializzazione e le scoperte della batteriologia, che assiste contemporaneamente al rilancio della 22
  • 21. Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione scienza medica e alla nascita della medicina sociale, appare “invec- chiato” e “stazionario”, quando tutto gli si muove intorno. In quattro secoli il rapporto tra ospedali italiani e ospedali mitte- leuropei si è addirittura ribaltato. Gli ultimi ospitalucci delle più pic- cole città austriache o germaniche sono molto meglio organizzati, scriveva Cantani, aggiungendo da noi c’è molta architettura ma poco riguardo ai bisogni dell’uomo ammalato. La riforma tuttavia costituisce un passo avanti sulla strada della riappropriazione degli enti ospedalieri da parte della comunità medi- ca e un’agevolazione di percorso per l’avvento della tecnologia di fine secolo e per la costruzione dell’ordine clinico. Il passaggio degli ospedali da “pie opere” sostenute da volonta- rie elargizioni e donazioni benefiche a “servizi di pubblica assisten- za” sostenuti da programmati stanziamenti e finanziamenti si ingra- na con gli ulteriori sviluppi della scienza. Da un lato l’accresciuto controllo igienico dello spazio ospedaliero, grazie alle conoscenze dell’eziologia e del meccanismo delle infezioni, porta al superamen- to delle tradizionali regole d’isolamento con le più aggiornate norme di antisepsi; d’altro lato l’accresciuto controllo medico del corpo malato, grazie alle conoscenze di farmacoterapia del dolore, porta alla definitiva uscita di minorità della chirurgia e all’acquisto da parte sua di una dignità pari, se non superiore, a quella della medi- cina clinica. La linea di adeguamento dei vecchi ospedali alle nuove esigenze, attraverso ristrutturazioni e rifacimenti, è duramente contestata. L’azienda ospedaliera, scrive De Giovanni, deve essere affidata a menti meno causidiche ed a mani meno massaie di quelle degli amministratori delle vecchie opere pie, ai quali Bottini, reduce da un viaggio di aggiornamento in Germania e Scandinavia, trova “il coraggio di dire che sono agli antipodi” e che conviene non correg- gere, ma abbattere ed abbandonare e rifare. Una nuova linea vien fuori dal vivace dibattito di “igiene ospeda- liera” e di “ingegneria ospedaliera” agitato su riviste e in convegni. Un modello per costruire ospedali nuovi è indicato da Giuseppe Soriani, titolare a Pavia della prima cattedra ufficiale d’igiene e autore nel 1881 di una meritoria Geografia nosologica dell’Italia. Questa linea razionale innovativa, sostenuta da grande impegno finanziario spianò la strada al disegno da lungo tempo concepito da Baccelli e che portò alla costruzione del Policlinico Umberto I di Roma, ma anche alla costruzione, tra il 1885 e il 1914, di un centi- naio di ospedali minori, ubicati per lo più dove il Paese consolida la sua area di sviluppo industriale, un’area in cui, tra malattie della 23
  • 22. Antonio Boccia miseria e malattie del progresso, cresce progressivamente la doman- da di beni sanitari6. Evoluzione dei modelli architettonici-funzionali Passano appena 16 anni dall’effettiva operatività del Policlinico Umberto I e già il modello a padiglioni viene messo in discussione soprattutto per motivi economici. Costruire in altezza diviene possi- bile anche grazie all’uso degli ascensori: ne è un esempio il New York Hospital (’30) che impila i suoi ventidue piani nel cuore del- l’agglomerato urbano. Il monoblocco risulta molto più economico dei precedenti, si risparmia sui materiali da costruzione e persino sulle zone verdi, tuttavia il sistema che ruota attorno all’edificio ospedaliero subirà una dequalifica progressiva che raggiungerà il culmine tra gli anni ’50 e ’70. Il monoblocco si impone in fatto di brevità e celerità di percorsi, per l’ammissione dei degenti, per il personale d’assistenza, per il trasporto delle salme ed in generale per persone e cose; per le galle- rie di canalizzazione “veloci”. L’ospedale monoblocco però apparirà nel tempo troppo rigido, non potendo subire alcun ingrandimento o evoluzione se non a costi estremamente elevati7. Da qui si ricorre a modelli più plastici, quali il monoblocco con piastra, per rispondere alle mutate esigenze della sanità, come l’attività ambulatoriale per esterni e interni (day hospi- tal e day surgery), aumentando, di fatto, l’apertura dell’ospedale verso l’esterno e quindi i flussi in entrata e in uscita. La piastra, sem- pre più grande negli ultimi modelli (Ospedale Mc. Master in Canada, Ospedale Municipale in Danimarca), sarà sede d’attività ambulatoriali, servizi di diagnosi e cura e servizi generali, mentre la torre ospiterà le degenze. Ulteriore evoluzione della piastra torre si ritrova in ospedali come il Sart Tilman di Liegi (piastra collegata ad uno o più blocchi di degenze) o il Reickendor di Berlino (piastra col- legata ad un nastro di degenze). Secondo il pensiero dell’architetto francese Tierre Hoet nascono per il futuro due esigenze: - dimenticare l’ospedale-blocco, tutelando per quanto possibile i vantaggi essenziali che esso offriva; - ridurre a necessità reali i tempi di soggiorno degli ospedalizzati, alla luce dei progressi della medicina e delle necessità economiche. La tendenza attuale è unire malattie con patologie comuni per ottimizzare l’uso delle risorse, il che implica il raggruppamento delle unità di cura per poli, utilizzando i criteri che sono alla base dei moderni dipartimenti ospedalieri (per esempio, durata della degen- 24
  • 23. Il Policlinico Umberto I: esigenza della costruzione za, qualità delle cure, tipologia di pazienti, etc.). A tali principi si ispira il programma d’ammodernamento del Policlinico Umberto I. Nel marzo 2001 l’idea d’ospedale degli architetti Renzo Piano e Lamberto Rossi, esposto a Roma, facendo propri i principi enuncia- ti da Tierre Hoet, segue il nuovo concetto di malato e di degenza con un apparente ritorno all’Asclepieio ippocratico, immerso nel verde8. L’Ospedale ha un bacino d’utenza di 250-300.000 abitanti, si estende su una superficie di 12-15 ettari, con uno sviluppo verticale di quattro piani al massimo, un’area verde di circa 20 mq per pazien- te e ampi parcheggi. Il modello si distingue, oltre che per i dettami di Hoet (piano tecnico pesante, piano tecnico leggero e degenze), anche per avere una degenza ordinaria divisa in blocchi separati: - high care: degenza di breve durata (2-3 giorni), ad alto grado d’assistenza; - low care: degenza di durata maggiore a bassa assistenza, dove completare il ciclo di cura seguiti dagli stessi medici ma con costi assistenziali più bassi; - intensive care; - day hospital. Le degenze sono raggruppate in aree dipartimentali e l’obiettivo è garantire la continuità assistenziale fino alla dimissione, in ambienti adatti e confortevoli, accelerando i cicli di cura e contenen- do i costi. Di particolare rilievo è lo spazio riservato alla degenza per il Pronto Soccorso che, dispone di ben 35 letti, suddivisi tra osser- vazione, degenza breve e cure intensive, a voler sottolineare il suo ruolo di filtro, per riservare il ricovero solo a chi ne ha strettamente bisogno. In conclusione non appare difficile cogliere in queste recenti visioni e rivisitazioni progettuali punti di convergenza con l’attuale impianto del nostro Policlinico per il quale si impongono importan- ti e radicali opere di riordino e ristrutturazione in gran parte previsti nel piano triennale 2004/2006 sugli “Interventi edilizi, di ristruttura- zione e riqualificazione” recentemente approvato. La storia conti- nua, storia di uomini e di istituzioni dove si incrociano e si somma- no i problemi, ma non scoraggiano quanti confidano in una nuova primavera. BIBLIOGRAFIA 1. STROPPIANA L. (a cura di), Il Policlinico Umberto I di Roma. Roma, Università degli Studi di Roma, 1980. 25
  • 24. Antonio Boccia 2. DE ANGELIS P., L’Arciospedale di Santo Spirito in Saxia nel passato e nel presente. Roma, Collana Studi Storici sull’Ospedale di Santo Spirito in Saxia e sugli Ospedali romani, 1952. 3. AA. VV., Il Policlinico Umberto I. Progetto eseguito dall’Arch.tto Giulio Podesti. In Occasione dell’XI Congresso Medico Internazionale in Roma. Roma, C. Virano e C., 1894. 4. CANEZZA A., CASALINI M., Il Pio Istituto di Santo Spirito e Ospedali Riuniti di Roma. Roma, Istituto editoriale di monografie illustrate di aziende (Tipo Fratelli Stianti), 1933. 5. COSMACINI G., Storia della Medicina e della Sanità in Italia: dalla peste europea alla guerra mondiale 1348-1918. Roma-Bari, Laterza, 1987. 6. CATANANTI C., La nascita dell’ospedale moderno tra i “lumi della ragio- ne” ed i “fuochi della rivoluzione”. Med. Secoli 2002; 14(1):135-153. CATA- NANTI C., CAMBIERI A., Igiene e tecnica ospedaliera. Roma, Il Pensiero Scientifico Editore, 1995. 7. CATANANTI C., L’Ospedale tra valori ed interessi: una prospettiva storica. Med. Secoli 2002; 14(1): 1-19. 8. PIANO R., Nuovo Modello di Ospedale. Meta-progetto planimetrico e tridi- mensionale. Ministero della Sanità, Servizio Studi e Documentazione. Roma 21 marzo 2001. 26
  • 25. I CRITERI DI PROGETTAZIONE: UN FUTURO CHE VIENE DAL PASSATO ROBERTO PALUMBO – ANNA MARIA GIOVENALE 27
  • 26. Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale 28
  • 27. I criteri di progettazione: un futuro che viene dal passato La solita domanda Tre anni fa, in un articolo dal titolo L’ospedale: architettura e tecnologia1, ci si è posti una domanda provocatoria, da rivolgere ad un progettista: come mai in Italia gli ospedali sono anche “brutti”? Dove quell’ “anche” stava a sottolineare che gli ospedali sono poco funzionali, il loro costo in genere viene triplicato rispetto ai pre- ventivi, quando vengono inaugurati sono già vecchi. In realtà, la domanda voleva denunciare che un ospedale deve possedere una sua “qualità morfologica” e, a distanza di tre anni, viene da pensare che il quesito espresso sia sempre lì, attuale e “sospeso”, come in un incantesimo. Infatti, in questi tre anni, la situazione, comunque e pur- troppo non è cambiata e gli ospedali continuano ad essere “brutti”. Ora, proprio coloro che non sono capaci di renderli “belli” aggi- rano la questione, chiedendo -in modo falsamente ingenuo-: Nel progettare un ospedale, cosa va privilegiato? L’Organizzazione fun- zionale, la Tecnologia, o l’Architettura? Proviamo oggi a fornire una risposta anche a questa domanda poco sensata e siamo in attesa di conoscere quanti e quali altri que- siti di questo tenore ci perverranno nei prossimi mesi. Raccogliendoli insieme si potrebbe confezionare uno “stupida- rio” che, però, tra le righe fa comprendere di chi sono le vere respon- sabilità quando si realizza un ospedale “brutto” e per giunta anche “non funzionale”. Un progettista qualificato non può non rispondere che non esiste una gerarchia e che la buona riuscita dell’organizzazione funziona- le interna, insieme a quella delle soluzioni tecnologiche, nel loro complesso, determinano esse stesse la qualità architettonica di una struttura complessa come quella ospedaliera. Il “caso Policlinico Umberto I” non sfugge a questa regola. Ci si trova di fronte ad un impianto originario, all’epoca conside- rato “innovativo”, a partire dall’idea di Guido Baccelli, nel 1874, di accorpare in un’unica area tutti quegli Istituti ritenuti necessari alla formazione medica, progettando di costruirli “secondo i dettami della moderna ingegneria sanitaria”, attraverso le elaborazioni e rielaborazioni di Giulio Podesti, che hanno portato, nel 1902, all’inaugurazione della struttura2. Un impianto che, nel periodo in cui è stato progettato e costruito, ha colto le istanze igienico-sanitarie più aggiornate e che, nel tempo, è stato però superato a causa delle rapide trasformazioni del quadro esigenziale, delle modalità diverse di svolgere assistenza sanitaria, didattica, ricerca, della crescente e diversificata richiesta di dotazio- 29
  • 28. Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale ni tecnologiche. Questo impianto, nel corso degli anni, si è snaturato di pari passo con il moltiplicarsi di difficoltà e a causa di un conseguente, pro- gressivo degrado, generato da erogazioni frammentate di finanzia- menti, da giustapposizioni e ampliamenti che si sono susseguiti, senza la logica di un disegno complessivo, di una visione unitaria della struttura. La consapevolezza del “fare”, senza contrapposizioni Uno degli obiettivi principali da perseguire consiste, pertanto, nella capacità di conservare l’identità degli edifici e garantire, con- temporaneamente, i requisiti di qualità edilizia ed urbanistica per le attività sanitarie, di didattica e ricerca da insediare. E’ chiaro che, all’atto di rifunzionalizzare e riqualificare il Policlinico Umberto I, di fronte al complesso e articolato quadro esi- genziale delle attività da allocare, i vincoli dell’esistente vengano avvertiti come preponderanti. La necessità di definire schemi pro- gettuali “flessibili” che consentano, nel tempo, le modificazioni del- l’assetto funzionale, la rimodulazione degli spazi, potrebbe far sor- gere una pericolosa ed ambigua tendenza verso il realizzare “altro- ve”: ipotizzare una struttura nuovissima sotto il profilo organizzati- vo e formale, capace di sopportare la variabilità continua delle parti e dell’insieme. Quest’ipotesi non si prende -doverosamente- nemmeno in esame: per via di tutte le implicazioni storiche, urbanistiche, legate al con- testo insediativo, al presidio sanitario stesso, alla tradizione e con- suetudine, che ruotano intorno al Policlinico Umberto I. Il solito progettista qualificato, infatti, consapevole che il proget- to è solo una parte del processo, si pone l’obiettivo di creare le con- dizioni per far coesistere la tecnologia ad alta complessità e la strut- tura esistente che la deve ospitare, considerando interdipendenti la qualità morfologica degli spazi, le tecnologie e le risorse umane. Anzi, cerca di fare molto, molto di più: indirizza la sua attenzione sulla “centralità dell’utente”, per definire nuovi criteri di qualità architettonica, necessari a caratterizzare e “personalizzare” spazi moderni, funzionali, a misura di paziente e personale, sostanzial- mente “comodi e belli”. E poi, va oltre: si fa guidare “per mano” dalla consapevolezza che una struttura ospedaliera, per quanto fun- zionale, ben attrezzata e arredata, non può prescindere dal tassello urbano in cui si trova, dagli elementi “non ospedalieri” che su esso insistono, dalle relazioni tra questi. Raggiunge infine il suo equili- brio solo quando è riuscito a coniugare, con soddisfazione, gli edifi- 30
  • 29. I criteri di progettazione: un futuro che viene dal passato ci con gli spazi aperti di relazione, con gli elementi di arredo urba- no, con quelli vegetazionali; solo quando, in sintesi, ha ricostruito un’identità della struttura nel luogo dove questa è ubicata. Partecipando ai convegni sull’edilizia ospedaliera, occorre rile- vare che ci si sente dire sempre le stesse cose (organizzazione fun- zionale, relazioni tra funzioni complesse, chiarezza dei percorsi dif- ferenziati, da qui il percorso sporco e quello pulito, etc. etc.). Negli ultimi quindici anni, poi, molti conferenzieri si sono sentiti probabil- mente “innovativi” quando hanno potuto parlare di standard e requi- siti per l’accreditamento o di privacy del paziente. Da un lato la “tradizionale” letteratura scientifica è giustificata, in termini di permanente divulgazione, perché su questi principi si sono formate diverse generazioni e occorre che le nuove siano tenu- te al corrente, dall’altro si prova la sensazione del “non voler render- si conto” di quanto tutto sia profondamente cambiato, già con l’in- troduzione dei DRG, ma poi della telemedicina e dei numerosissimi avanzamenti in campo scientifico e tecnologico. Pertanto, i criteri progettuali di riferimento sono da ricercare altrove, con quella lun- gimiranza che, quasi mai (occorre riconoscerlo), ha caratterizzato la produzione edilizia ospedaliera. Risulta, quindi, necessario, anche se più impegnativo, provare a ridefinire i criteri di “qualità architettonica” (comprendendo, all’in- terno di questa, gli aspetti funzionali, organizzativi e tecnologici). Questi, soprattutto negli ultimi anni, sono stati un po’ troppo con- trabbandati per “comfort alberghiero” o (anche un po’ “inquietan- te”), come “umanizzazione”, quando sarebbe stato più corretto, ad esempio, comprendere altre esperienze culturali, come quelle matu- rate nel settore dell’ergonomia. Da qui derivano, infatti, altre scale di valori da attribuire agli spazi ospedalieri, secondo la gamma delle emozioni, secondo la logica del benessere psico-fisico e dell’inte- grazione individuale e, quindi, anche, della negazione di stimoli negativi, dello “stress” che uno spazio ospedaliero può suscitare. Viene spontaneo, a questo punto, chiedersi: “Quali sono le stra- tegie, le logiche, le modalità per intervenire sulla rifunzionalizzazio- ne delle aree e degli spazi del Policlinico Umberto I, considerando- ne la pluralità di funzioni, volendo porre al primo posto l’individua- zione di “punti di riferimento”, la definizione di criteri di orienta- mento, di accoglienza, di aree di riservatezza, di aree di aggregazio- ne, volendo garantire le comodities necessarie a tutte le diverse cate- gorie di utenti?” La visione strategica di riorganizzazione funzionale non può che essere pluridisciplinare e, al tempo stesso, unitaria, identificando i 31
  • 30. Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale sottosistemi del sistema generale e ponendo al centro dell’obiettivo la leggibilità di grandi aree, omogenee, in relazione privilegiata secondo le esigenze di un ospedale universitario. Un punto di partenza è costituito dal ripensamento di tutto il sistema di accessibilità e di percorsi, per categorie di utenti, ipotiz- zando una maglia articolata, nel tentativo di superare la commistio- ne e l’inadeguatezza degli attuali flussi. Il Policlinico Umberto I come “sito” tra i siti della città Per riqualificare il Policlinico Umberto I, occorre porsi tra i primi obiettivi, quello di superare la logica di “isolamento” che è sottesa alla sua attuale presenza nella città ed ai collegamenti con questa, accresciuta dalla mancanza di chiarezza ed identificazione dei per- corsi interni che collegano i vari padiglioni, dalla commistione tra percorsi pedonali, carrabili, dalla promiscuità tra i flussi di diverse categorie di utenti. A ciò va aggiunta una carenza tipica degli ospe- dali con tipologia a padiglioni: nonostante alcuni edifici siano di pregio storico-architettonico, nell’impianto complessivo è rilevante la mancanza di elementi di riconoscibilità, di sistemi di valori di carattere urbano e architettonico. Il Policlinico ha perso, progressivamente, nel tessuto urbano, i suoi connotati di “sito” e, di conseguenza, la capacità di interazione con gli altri siti della città. La qualità architettonica da ricercare va innanzi tutto ricostruita considerando la funzione urbana e sociale dell’area del Policlinico, ritenendo che la qualità ambientale e tecno- logica degli spazi è riferita alla qualità dell’intera struttura, del com- plesso insediativo, che costituisce un importante segmento di città. Progettare il Policlinico Umberto I, secondo un disegno comples- sivo, perseguendo gli obiettivi sopra esposti, definendo con puntua- lità i criteri enunciati, significa offrire un importante contributo alla riqualificazione della città. Una prima ipotesi di definizione di criteri progettuali operativi Il Policlinico Umberto I, come accennato in precedenza, è un sistema complesso, costituito da tanti subsistemi. Risulta, pertanto, opportuno, prevedere di articolare la realizza- zione degli interventi per tranches, scandite, cronologicamente, all’interno di un disegno complessivo, che sia in grado di garantire l’autonomia delle singole parti, con l’obiettivo primario di far coe- sistere parti funzionanti e parti impegnate nel cantiere. Vuol dire elaborare un progetto unitario, pensando, fin dalla fase di progettazione preliminare, ad una realizzazione per tranches. 32
  • 31. I criteri di progettazione: un futuro che viene dal passato Si tratta di rovesciare la solita logica: la modalità di realizzazio- ne “per tranches” ha contraddistinto, tradizionalmente, in forma negativa, la produzione ospedaliera, perché, a seguito di elaborazio- ni progettuali portate avanti con l’ottica di realizzare le strutture nella loro interezza, si subivano “tagli” determinati dalla scarsa enti- tà dei finanziamenti e dalla loro irrazionale modalità di erogazione. Un contesto, quindi, privo del necessario, stretto legame tra logica dei flussi finanziari, programmazione, progettazione e realizzazio- ne. La modalità di intervento che si prevede, nel legame tra proget- tazione e realizzazione, per il Policlinico Umberto I, è che il disegno progettuale sia complessivo ma già elaborato pensando alla realiz- zazione dei singoli subsistemi e che questi siano, una volta realizza- ti, immediatamente fruibili, autonomamente pronti all’uso, con la massima attenzione e prudenza a non creare traumatiche interferen- ze con i servizi circostanti, programmando con puntualità gli inter- venti, i cantieri, soprattutto i tempi, i “prevedibili” imprevisti. Secondo quest’ottica e secondo le priorità immediate vanno subi- to privilegiati: a) i collegamenti (ipogeo, al piano terra, in sopraelevazione); b) i servizi generali: - parcheggio multipiano; - edificio della cucina; - edificio della lavanderia; - albergo; c) alcune priorità di riorganizzazione, inerenti: - radiodiagnostica e medicina di laboratorio; - sale operatorie; - pronto soccorso. Partendo da alcuni principi-base quali l’obiettivo di connotare l’in- tera area del Policlinico come parte integrante del contesto urbano e di rendere compatibili vincoli strutturali con esigenze funzionali e tecnologiche, una prima ipotesi potrebbe prendere in considerazio- ne il ridisegno del sistema di circolazione carrabile e pedonale, stret- tamente interrelato con una nuova architettura del sistema. In questo ambito, si dovrà prevedere l’ampliamento dei percorsi sot- terranei, definendo un’area ipogea ramificata per i flussi interni rela- tivi alle attività di trasporto del materiale e per l’esercizio delle fun- zioni di supporto logistico (pasti, farmaci, biancheria), da realizzare anche attraverso l’organizzazione di un sistema meccanizzato, infor- matizzato, su rotaie. Questo potrebbe configurarsi come una sorta di metropolitana e, ad 33
  • 32. Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale esempio, qualora servisse anche come percorso per i visitatori, si potrebbe ipotizzare la connessione con il sistema della metropolita- na esistente. Secondo quest’ottica, si potrebbe realizzare una sorta di duplicato sotterraneo dell’aspetto superficiale dell’area del Policlinico: rispet- to al “sopra”, che si caratterizza come una città, il “sotto” si espan- de ugualmente, in forma quasi simmetrica, con vie, collegamenti, sistemi di trasporto, estensibili come ramificazione anche all’ester- no dell’area circoscritta del Policlinico. Al piano superiore va studiato un sistema di percorsi pedonali, in diretto collegamento con il sistema di accessibilità dall’esterno, garantendo la mobilità dei soli mezzi di soccorso. E’ l’ipotesi di rea- lizzazione di un nuovo spazio urbano (di sosta, di aggregazione, a scala “umana”) che si configura come “intimità” di un importante brano cittadino. In quest’ottica, si inserisce il recupero di identità del verde, attraver- so la bonifica delle aree da valorizzare, la costruzione di manti erbo- si, di aree da destinare a giardino. E poi, ancora, la definizione di “elementi di riconoscibilità”, di arredo urbano, di nuovi spazi di aggregazione, di eventuali spazi espositivi, nelle aree di relazione tra gli edifici. Il terzo, fondamentale livello di percorrenze da prevedere consiste in un sistema sopraelevato di percorsi sanitari, chiaramente distinto da quello dei percorsi pedonali, destinato alle altre categorie di utenza. Si tratta di ricostituire la doppia rete: quella pedonale in superficie e quella sopraelevata su pilotis. Il ripristino della galleria sopraeleva- ta e, comunque, di percorsi distinti da quelli in superficie trova con- ferma nell’impianto originario, nei tratti coperti in ferro e cristallo che garantiva, per il Podesti, un importante sistema di comunicazio- ne affidato … alla comunicazione tra i clinici. Relativamente a quest’ipotesi di razionalizzazione dei percorsi va considerata la realizzazione di un nuovo sistema di parcheggi, da configurarsi come volume fuori terra e, a completamento della maglia di comunicazione, la realizzazione di un eliporto, in grado di fornire un servizio efficiente, come fulcro di collegamenti con l’Ospedale S. Andrea (Medicina II), il polo pontino di Latina e la futura nuova sede di “Madonna delle Rose”, sulla Nomentana. Oltre il parcheggio, si potrebbe considerare la realizzazione di altri tre volumi fuori terra, collocati in posizione strategica, sulle testate degli allineamenti che caratterizzano gli edifici esistenti, da destina- re a servizi generali (cucina, lavanderia, albergo) e da configurare come subsistemi autonomi. 34
  • 33. I criteri di progettazione: un futuro che viene dal passato Per quanto attiene il disegno di una “nuova architettura del sistema”, con riferimento alla razionalizzazione del sistema di percorsi, si potrebbe ipotizzare, all’interno dell’impianto complessivo, una rior- ganizzazione funzionale “per fasce” omogenee di attività, preveden- do di destinare largamente alla Ricerca gli edifici sul fronte di Viale del Policlinico, di destinare prevalentemente alle Degenze la fascia centrale dei padiglioni e di utilizzare o rifunzionalizzare la fascia degli edifici sul fronte di Viale Regina Elena per i Servizi ambulato- riali, la radiologia, la diagnostica, le attività “giornaliere” (day hospital, day surgery, etc.) Le tre fasce garantiscono il loro attraversamento ortogonale e, con riferimento all’ipotesi di destinazione funzionale descritta, una chia- ra osmosi: secondo la lettura planimetrica della maglia, sulle ascisse verrebbero collocate le macroattività e, sulle ordinate, le specialità. Tale ipotesi di ridisegno complessivo delle funzioni assolverebbe ai requisiti di necessaria, stretta integrazione tra Ricerca, Didattica e Assistenza del Policlinico Umberto I, allineandosi a quegli standard qualitativi che la struttura di eccellenza richiede. Nello schema ipotizzato si coniuga il tentativo di soddisfare diverse esigenze: ricostituire, per il Policlinico Umberto I, una struttura uni- taria, integrata, pur nella sua complessità funzionale, superare le condizioni di “alienazione” ed isolamento rispetto al contesto urba- no, rendere compatibili i vincoli delle strutture esistenti con le esi- genze delle attività che devono essere svolte, liberando gli edifici dalle superfetazioni e dalle ormai improprie destinazioni sanitarie e, soprattutto, conferire doverosamente, all’impianto complessivo, una nuova identità. Il “caso Policlinico” non è unico in Italia e nel mondo: è un fatto emblematico. Definire un corretto criterio per intervenire, una metodologia pro- gettuale innovativa che parta dalla riconfigurazione dell’ospedale come “sito” urbano, passi attraverso la rifunzionalizzazione per macroattività (e, per specialità, intersecate), fino alla definizione puntuale della qualità dei singoli spazi, può costituire un valido esempio, come esperienza, da esportare e/o utilizzare in numerosi altri casi, in altri contesti geografici. A breve, visto l’impegno dell’Ateneo su questi temi, la never end story potrebbe concludersi. Nonostante questo, si è pronti, comunque, ad ulteriori altri quesiti, da inserire nello “stupidario”. 35
  • 34. Roberto Palumbo - Anna Maria Giovenale BIBLIOGRAFIA 1. PALUMBO R., L’ospedale: Architettura e tecnologia. Med. Secoli 2002; 14: 243-258. 2. AA. VV. Il Policlinico Umberto I. Progetto eseguito dall’Arch.tto Giulio Podesti. In Occasione dell’XI Congresso Medico Internazionale in Roma. Roma, C. Virano e C., 1894. 36
  • 35. UN TESTIMONE PREZIOSO: COSA RACCONTA DEL POLICLINICO «IL POLICLINICO» VITO CAGLI 37
  • 37. Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico” La fondazione della Rivista Non è possibile parlare del Policlinico Umberto I di Roma, senza far riferimento a chi ne fu l’ideatore, il propugnatore e il fondamen- tale elemento catalizzatore, Guido Baccelli (1832-1916), Clinico medico di Roma, più volte ministro dell’istruzione pubblica, figura di spicco nel periodo di passaggio dal XIX al XX secolo. A lui, per limitarsi all’ambito delle iniziative mediche, si deve, non solo l’edi- ficazione del Policlinico Umberto I come sede della Facoltà di Medicina dell’Università di Roma, ma anche la fondazione di un nuovo giornale medico intitolato proprio «Il Policlinico». Insieme a Baccelli, il cofondatore della nuova rivista fu Francesco Durante (1844-1934), Clinico chirurgo nell’Università di Roma. Così il 15 dicembre del 1893 usciva il primo numero del nuovo «Periodico di Medicina, Chirurgia e Igiene», con una «Sezione Medica» diretta da Baccelli e una «Sezione Chirurgica» diretta da Durante. Soltanto nella prima delle due Sezioni troviamo un breve editoriale di presentazione, intitolato Per intenderci, che traccia il programma e indica le finalità della rivista. Scrive Baccelli1: … La diagnosi esatta è la sovrana potenza del Clinico, perché la diagnosi esatta è la somma necessità della cura. … Si viene utilmente alle storte e ai reagenti, ai microscopii e ai termostati, quando si parta dal malato e dal cadavere. Questi i due punti cardinali dai quali deve muovere e perfezionarsi il Clinico. Dunque, primato della clinica e dell’anatomia patologica: quell’in- dirizzo che egli svilupperà con il termine di “anatomismo clinico”. In quello stesso 1893 i lavori per la costruzione del nuovo poli- clinico ristagnavano: cinque anni erano trascorsi da quando era stata posta la prima pietra dell’edificio e il completamento dell’opera sembrava ancora lontano. Forse quel nome alla nuova rivista di medicina voleva essere anche un augurio e uno stimolo: che così come aveva preso il via quella impresa editoriale, affidata alla Casa Editrice Luigi Pozzi, allo stesso modo potesse presto concretarsi l’edificazione del nuovo grande nosocomio romano. Due anni più tardi, il 9 novembre del 1895 esce il primo numero del «Supplemento al Policlinico», una vera e propria nuova rivista ad indirizzo più pratico e ricca di molte informazioni relative al mondo medico. Sei anni dopo, nel 1901, il «Supplemento» si trasfor- merà in una terza sezione della rivista: «Il Policlinico Sezione Pratica». Sarà questa Sezione a fornire il maggior numero di noti- 39
  • 38. Vito Cagli zie sugli eventi che hanno a che vedere con il Policlinico Umberto I, con la sua edificazione e poi con la sua vita e con i personaggi che ne caratterizzeranno l’attività. Ci riferiremo, pertanto, principalmen- te alle annate de «Il Policlinico Sezione Pratica». Intanto la costruzione del nuovo ospedale è progredita e si comincia a respirare l’aria di una prossima conclusione. E di questa conclusione «Il Policlinico» ci fornisce una puntuale testimonianza, quando pubblica un numero speciale in occasione delle onoranze a Guido Baccelli2. Tra i diversi interventi in onore del Maestro è strettamente perti- nente al nostro argomento quello a firma di Agenore Zeri (1864- 1939, allievo di Baccelli e allora professore ordinario di Semeiotica medica) intitolato: Guido Baccelli e il Policlinico Umberto I. Scrive Zeri3: … E concepì egli allora il Policlinico: togliere le cliniche alla dipendenza disadatta, scomoda e talvolta imbarazzante degli ospedali, e riunirle in una grande unità didattica, fornirle dei mezzi più decorosi e moderni di studio, di lavoro sperimentale, di cura, porvi accanto gli istituti medici per gli insegnamenti teorici e sperimentali e formare così la scuola medica nel senso più vero ed utile della parola, che riunisse professori e studenti affratellandoli nello studio e nell’attuazione pratica della più importante ed umanitaria delle scienze. Questo il disegno informatore dell’opera di Guido Baccelli. … … I lavori necessari a portare a compimento un’opera iniziatasi sotto auspici così favorevoli occuparono 15 anni di indefessa operosità da parte degli iniziatori e degli esecutori di essa. Occorsero nuove lotte alla Camera ed al Senato per superare le difficoltà finanziarie e tecniche che si opponevano al compimento ed al funzionamento di un organismo così complesso e grandioso; ma finalmente lo scorso anno prima i padiglioni ospitalieri e poscia le singole cliniche poterono occupare le sedi a loro destinate: e l’opera era così in gran parte compiuta! Si trattava, insomma, di sanare una condizione didattica e di ricerca che, collocata com’era in diversi ospedali della città, dava luogo ad inconvenienti molto notevoli per gli studenti e per i mala- ti, e portava anche grave pregiudizio all’attività dei docenti. I tempi nuovi, reclamavano nuove soluzioni! Ma non era un compito facile e non mancarono gli ostacoli. Zeri riassume assai bene il lungo tra- vaglio ed anche la soddisfazione per la conclusione del difficile iti- nerario. Dopo il numero in onore di Baccelli, il fascicolo 15 del 15 aprile 40
  • 39. Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico” del 1906 de «Il Policlinico Sezione Pratica» riporta la cronaca delle onoranze tributate a Guido Baccelli in Campidoglio, la domenica 8 aprile di quell’anno. Molti furono i discorsi pronunciati in quella occasione; per il nostro scopo basterà citare qualche stralcio di quello tenuto dallo stesso Baccelli che così esordì4: Nel 1881, Ministro per la prima volta della Pubblica Istruzione, ebbi l’onore di convocare alla Minerva una numerosa Commissione di Clinici perché elaborassero, viribus unitis, il disegno di massima per l’esecuzione del quale si sarebbe aperto tra gli architetti un concorso. E qui giustizia vuole che io ricordi quali e quanti dottissimi uomini vi collaborarono. Di quelli che restano è breve il drappello; ma di quelli che vissero è più lunga la serie. Agli illustri Proff. Palasciano, Porro, Pellizzati, Bottini, Cantani, Mazzoni, Magni, in questo giorno solenne innalziamo dall’anima grata nel mesto ricordo un pensiero amoroso. Sopravvivono di quella Commissione i Professori De Renzi, Murri e Schroen che onorano i nostri atenei. Compiuto il disegno di massima, aperto tra gli architetti un concorso, questo fu vinto dal rinomato architetto romano Giulio Podesti, il quale mirabilmente eseguì la costruzione di tutte le cliniche. Ma fu d’uopo giungere al 1884, per avere una Commissione Reale esecutiva della grande opera. Nominata questa dal Presidente del Consiglio di quel tempo, Agostino Depretis, venne a me concesso l’onore di presiederla. Poi, rivolgendosi direttamente al Re, disse: … Era il 19 gennaio 1888, quando i Vostri Augusti Genitori, Umberto e Margherita, posero la prima pietra del grande Istituto e Voi, o Sire, eravate presente, a 19 anni della florida Vostra giovinezza. Ebbi anche in quel giorno l’onore di parlare ai Sovrani: e ricordo la grande commozione della Regina Margherita, cui un tenero senso d’illuminata materna pietà, imperlando gli occhi, propiziava sul Vostro capo giovinetto e unigenito la provvidenza di Dio! I lavori intanto del Policlinico si succedevano non senza ostacoli di varia natura, quando, a dare impulso più alacre all’opera santa, nel 1894 venne il crisma solenne di un Congresso medico internazionale che si adunò nel Policlinico. Da ogni parte del mondo, in mezzo ad un esercito di novemila medici, fra stranieri e nazionali, giunsero qui i più grandi maestri, e sul labbro loro, pieno di ammirazione sincera, fiorirono parole di alta ammirazione all’Italia, e lieti essi annuirono all’invito nostro fraterno di considerare il grandioso Istituto come un Salon de la Science, dove tutti, volendo, potessero trovare amica accoglienza e pienezza di mezzi, per 41
  • 40. Vito Cagli dimostrare da Roma, al mondo, i novissimi metodi di ricerca e i novissimi veri. Due puntualizzazioni di Baccelli meritano di essere sottolineate. Il protrarsi dei lavori tra molte difficoltà e l’effetto “catalitico” eser- citato dal congresso internazionale che evidentemente fu tenuto, non sappiamo se in parte o per intero, in alcuni locali del Policlinico Umberto I ancora in fase di costruzione. Su questi aspetti «Il Policlinico» sorvola, limitandosi a dar conto riassuntivamente delle principali relazioni tenute in quel congresso. Nello stesso numero de «Il Policlinico» del 15 aprile 1906 ven- gono riportate anche due brevi cronache che vale la pena di citare per esteso qui di seguito: L’inaugurazione della Clinica Medica Lunedì 11 corr. alle ore 10, la Clinica Medica del Policlinico Umberto I venne visitata da un numero rilevantissimo di invitati, fra i quali si notavano molte signore. Le infermiere presentarono a Guido Baccelli una splendida corbeille di fiori. Professori, aiuti e assistenti facevano squisitamente gli onori di casa, guidando il pubblico nelle sale, nei gabinetti scientifici e nelle corsie. La fine della cerimonia Lunedì, a mezzogiorno, ebbe luogo una colazione offerta dal prof. Baccelli, nell’Hôtel de Russie, alle rappresentanze estere, ai clinici italiani e al Comitato organizzatore delle onoranze. A questo punto una prima tappa fondamentale nella vita del Policlinico Umberto I si è conclusa: il grande istituto è ormai in grado di funzionare. Il suo “testimone”, la rivista «Il Policlinico», ha minori occasioni per occuparsene. Resta tuttavia attento a quanto accade entro le mura di quella cittadella della medicina e soprattut- to a tutto quanto riguarda coloro che la animano da protagonisti e che sono, del resto, tra gli autori più spesso presenti nelle diverse sezioni della rivista con i loro contributi scientifici. Così il fascicolo 19 del volume XXIII, in data 7 maggio 1916 riporta la seduta straordinaria della R. Accademia Medica, tenutasi il 16 aprile in commemorazione di Guido Baccelli che era deceduto il 10 gennaio di quello stesso anno, mentre nel fascicolo n. 7 de «Il Policlinico Sezione Medica» in data 1 luglio 1916 trovano posto le commemorazioni di Baccelli ad opera di Augusto Murri, Clinico medico di Bologna e di Edoardo Maragliano, Clinico medico di 42
  • 41. Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico” Genova. Di notevole interesse è quanto riportato da «Il Policlinico Sezione Pratica» in data 10 giugno 1917, che riguarda la decisione della Facoltà su chi debba coprire la cattedra già di Baccelli. Nel periodo di tempo intercorso dalla morte di Baccelli la supplenza della Clinica Medica era stata tenuta da professor Eugenio Rossoni (1848-1919), ordinario di Patologia medica, ma ora diveniva neces- sario dare alla cattedra una titolarità. Ecco la notizia riportata da «Il Policlinico»5: La Facoltà Medica di Roma adunatasi il 6 corr. ha deliberato di chiamare il prof. Vittorio Ascoli, ordinario di Patologia medica dimostrativa presso l’Università di Pavia, a coprire la cattedra di Clinica Medica dell’Università di Roma, rimasta vacante per la morte del compianto prof. Baccelli. Il risultato della votazione è stato il seguente: 12 voti al prof. Ascoli, 3 al prof. Schupfer, 1 astenuto, 2 schede bianche. Il Policlinico è orgoglioso di questa designazione e porge i suoi rallegramenti al professor Ascoli. Perché questo “orgoglio”? Perché Vittorio Ascoli (1863-1931), che di Baccelli era stato allievo, aveva ricoperto il ruolo di redatto- re capo de «Il Policlinico» sin dalla sua fondazione. In realtà «Il Policlinico» fu per moltissimi anni la “voce scienti- fica” della Clinica Medica e della Clinica Chirurgica della Facoltà Medica di Roma, cioè della parte universitaria del Policlinico Umberto I. Nel periodo compreso tra il 1917 e il 1927 dalla Clinica Medica uscirono 326 tra lavori, relazioni e comunicazioni ad acca- demie. Ben 101 di questi lavori furono pubblicati su «Il Policlinico», sia nella Sezione Medica, che nella Sezione Pratica. Questo legame si rafforzò ulteriormente per il fatto che Arnaldo Pozzi si laureò in medicina l’11 luglio del 1923 con una tesi Per la conoscenza della sifilide gastrica preparata nella Clinica Medica, dove successivamente rimase, alla Scuola di Vittorio Ascoli. Nel 1927 l’editore Luigi Pozzi (il padre di Arnaldo) pubblicò un volu- me di 126 pagine, dal titolo La clinica Medica di Roma nel primo decennio di direzione del Prof. Vittorio Ascoli, che reca la scritta «OMAGGIO DI LUIGI POZZI EDITORE DE “IL POLICLINICO”». Il libro, oltre al testo della prolusione pronunciata dieci anni prima da Ascoli e già pubblicata su «Il Policlinico»6 e al sommario dell’atti- vità scientifica della Clinica, è corredato da 20 fotografie che ci mostrano gli ambienti della Clinica Medica del Policlinico quali erano in quel tempo. 43
  • 42. Vito Cagli Così il rapporto tra la Casa Editrice de «Il Policlinico» e la Clinica Medica romana diveniva sempre più stretto, rafforzato dal fatto che Vittorio Ascoli mantenne anche la sua funzione di redatto- re capo de «Il Policlinico». Quando nel 1932 Cesare Frugoni (1881-1978), dopo la morte di Ascoli, fu chiamato alla direzione della Clinica Medica, anche que- sta volta la sua prolusione fu pubblicata su «Il Policlinico»7. E de «Il Policlinico» Frugoni assunse la direzione scientifica, divenendone anche direttore responsabile, qualifica quest’ultima che conservò fino alla sua morte. Negli anni in cui Frugoni mantenne la cattedra di Clinica Medica, (1932-1951) pubblicare i propri lavori su «Il Policlinico», se non un obbligo, era certamente una prassi consolida- ta, anche perché Arnaldo Pozzi era rimasto in Istituto dove ricopriva le mansioni di “primo Aiuto”. L’interesse di Frugoni per «Il Policlinico» non era una pura formalità: sul finire degli anni ’60, o ai primi degli anni ’70, volle avere a cena nella sua casa di via Bruxelles tutta la Redazione e fu una serata piacevolissima di conversazione, di ricordi e anche di qualche domanda più confidenziale. Alla morte di Frugoni, «Il Policlinico» pubblicò un breve ricor- do del Maestro, a firma del più ascoltato tra i redattori, il professor Costantino Iandolo, primario medico degli Ospedali Riuniti di Roma e allievo del professor Frugoni. Scriveva tra l’altro Iandolo8: Del «Policlinico» Frugoni fu per moltissimi anni direttore non soltanto di nome ma di fatto. Leggeva sistematicamente il nostro Giornale e, anche dopo il suo collocamento a riposo, non mancava di dare di tanto in tanto alla redazione suggerimenti e consigli. Quando poi uno di noi pubblicava un lavoro o un articolo di particolare interesse, riceveva immediatamente una lettera di apprezzamento e di felicitazioni di Frugoni. Dopo il pensionamento di Frugoni per limiti di età, nella testata de «Il Policlinico», accanto al suo nome come direttore, comparve anche quello di Giovanni Di Guglielmo (1886-1961) che gli era subentrato nella cattedra e successivamente furono inseriti Luigi Condorelli, (1899-1985) titolare della I cattedra di Clinica medica e Cataldo Cassano (1902-1998), titolare della II cattedra di Clinica medica. Insomma tutti i cattedratici, o ex cattedratici, di Clinica medica erano cooptati nella direzione de «Il Policlinico». Dopo la morte di Di Guglielmo, nel 1961, venne inserito anche il nome di Michele Bufano (1901-1993), allora titolare della cattedra di Semeiotica medica, che aveva sede in uno dei nuovi padiglioni costruiti nella zona compresa tra la lavanderia e la Clinica di 44
  • 43. Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico” Malattie Infettive. Analogamente la direzione de «Il Policlinico Sezione Chirurgica» fu tenuta fino al 1972 da Pietro Valdoni (1900- 1976) e da Paride Stefanini (1904-1981), titolari rispettivamente della I e II cattedra di Clinica chirurgica. Il legame rimaneva dunque saldo e lo testimoniava anche la pre- senza dei riassunti delle sedute dell’Accademia Medica di Roma, che si tenevano nell’aula di Clinica Medica e, per un certo tempo, nella biblioteca del Policlinico Umberto I, e che erano una delle espressioni dell’attività scientifica della Facoltà di Medicina e del grande istituto in cui essa era largamente presente. Nel numero 16 de «Il Policlinico Sezione Pratica»9 del 1973 veniva riportata la seguente comunicazione: Il Prof. Pietro Valdoni, con votazione unanime, è stato chiamato a succedere al Prof Pietro Di Mattei nella carica di Presidente dell’Accademia Medica di Roma. Il nuovo Consiglio di Presidenza risulta così composto: Presidente: Prof. Pietro Valdoni; Vice Presidente: Prof. Giuseppe Giunchi; Segretario Prof. Luigi Travia; Consiglieri Proff.i Giorgio Monticelli, Giambattista Bietti, Antonio Ribuffo, Paride Stefanini, Mario Rastelli, Sergio Cerquiglini. Nella stessa seduta è stata conferita al Prof. Giuseppe Caronia ed al Prof. Dario Maestrini una medaglia d’oro per i 50 anni di appartenenza alla Accademia Medica. Questi resoconti furono presenti, sia pure via via in modo sempre più saltuario, fino ai primi anni ’90. Nel numero 1 de «Il Policlinico Sezione Pratica» del 1971, com- parve un breve corsivo, a firma degli Editori, in cui si annunciava un radicale cambiamento nel contenuto e nella veste tipografica. La Sezione Pratica de «Il Policlinico» cessava di pubblicare “lavori originali”, che avrebbero continuato a trovare posto nella Sezione Medica e nella Sezione Chirurgica e riservava il proprio spazio a rassegne sintetiche e a brevi articoli informativi. Contemporaneamente scomparivano dalla testata i direttori, in quanto direttori scientifici, mentre, come si è già detto, restava al professor Frugoni la qualifica di direttore responsabile, che passerà poi, dal 1979, al suo antico Aiuto, il professor Arnaldo Pozzi. «Il Policlinico Sezione chirurgica» restava sotto la direzione di Valdoni e di Stefanini; ad essi sarebbero succeduti G.F. Fegiz e S. Stipa e, in seguito, due editors, in luogo dei direttori, scelti comunque sempre nell’ambito dei docenti di chirurgia del Policlinico Umberto I. Questi cambiamenti, determinati in larga misura dal crescente 45
  • 44. Vito Cagli interesse degli studiosi per la pubblicazione dei propri lavori scien- tifici su riviste di lingua inglese a circolazione internazionale, ren- devano più tenue il legame tra «Il Policlinico» e il Policlinico Umberto I. Nello stesso tempo il moltiplicarsi delle cattedre nel Policlinico Umberto I rendeva meno agevole seguire i cambiamenti che si anda- vano verificando. Nel numero 20 della Sezione Pratica del 1972 nella rubrica Vita Professionale si può leggere10: La facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma ha deliberato che il Prof. A. Beretta Anguissola venga chiamato alla II Cattedra di Clinica Medica Generale e Terapia Medica. Ha deliberato altresì con voto unanime che il Prof. Giuseppe Giunchi venga trasferito dalla I Cattedra di Malattie infettive alla III Cattedra di Clinica Medica Generale e Terapia Medica. Ad entrambi le più vive congratulazioni de «IL POLICLINICO». Comunque il legame tra “i due Policlinici” permaneva. Alcuni anelli di questo legame restavano e restano. Anzitutto l’antico rap- porto della Casa Editrice Pozzi con la Clinica Medica del Policlinico Umberto I. E poi le persone. Fino al 1981 Il professor Arnaldo Pozzi fu, con i suoi ricordi e i suoi racconti, un testimone della storica Clinica Medica di Ascoli e di Frugoni. Accanto a lui numerosi com- ponenti della Redazione provenivano dalla Clinica Medica di Frugoni, di Di Guglielmo e di Cassano. Insomma, la Clinica Medica era, ed ancora in una certa misura rimane, il luogo dell’imprinting originario della Rivista, il punto di contatto che per tanti anni ha unito due storiche istituzioni del mondo medico romano: il Policlinico Umberto I e la rivista «Il Policlinico» BIBLIOGRAFIA 1. BACCELLI G., Per intenderci. Il Policlinico. Sezione Medica 1893; I: 2 2. AA. VV., Numero speciale in occasione delle onoranze a Guido Baccelli. Il Policlinico. Sezione Pratica, 1906; 13(14):417-480. 3. ZERI A., Guido Baccelli e il Policlinico Umberto I. Il Policlinico. Sezione Pratica 1906; 13(14):466-470. 4. BACCELLI G., Cronaca delle onoranze a Guido Baccelli. Il Policlinico. Sezione Pratica 1906; 13(15):505-506. 5. Notizie Diverse. Il Policlinico. Sezione Pratica 1917; 24(24):784. 46
  • 45. Un testimone prezioso: cosa racconta del Policlinico “Il Policlinico” 6. ASCOLI V., I compiti attuali della clinica medica. Il Policlinico. Sezione Pratica 1918; 24(1):3; 24(3):49; 24(4):81. 7. FRUGONI C., L’essenza e gli obiettivi dell’insegnamento clinico. Il Policlinico. Sezione Pratica 1932; 39(4):125-133. 8. IANDOLO C., Ricordo del Maestro. Il Policlinico. Sezione Pratica 1978; 85:1-2. 9. Comunicazione, Il Policlinico. Sezione Pratica 1973; 80(16):714. 10. Vita Professionale, Il Policlinico. Sezione Pratica, 1972, 79(20):886. Le fonti a cui ho attinto per la redazione del presente capitolo sono i volumi de «Il Policlinico» e desidero ringraziare gli Editori Pozzi per avermi facilita- to il lavoro mettendo a mia disposizione la collezione completa della Rivista. 47
  • 47. PARTE II: Gli Istituti “Biologici” di Fondazione
  • 48. IL DIPARTIMENTO DI ANATOMIA UMANA TINDARO G. RENDA 51
  • 49. Il Dipartimento di Anatomia Umana I primi anni dell’insegnamento Si può convenire che nella storia di una grande istituzione come il Policlinico Umberto I di Roma le cosiddette discipline di base, fra cui viene annoverata anche l’Anatomia Umana, possano non aver avuto un ruolo determinante. Ma è pur vero che il Policlinico è una struttura universitaria, dedicata alla formazione dei futuri medici nonché ad un’attività di ricerca scientifica di eccellenza. In ciascu- no di questi due campi le discipline di base hanno da sempre rappre- sentato un valido alleato ed un efficiente interlocutore. E in questo ruolo ritengo che l’Anatomia Umana romana abbia ben contribuito a rendere grande questo importante complesso. L’insegnamento dell’Anatomia Umana, anche se per parecchio tempo impartito nell’ambito di altri corsi, soprattutto di chirurgia, ha fatto parte del curriculum didattico degli studi di Medicina in Roma sin dal XIII secolo. Le prime tracce risalgono al 1294 nella Scuola Palatina Romana, per passare poi dal 1377 nello Studio Romano in Trastevere, e dal 1431 nell’Archiginnasio romano. Un vero Gabinetto di Anatomia Umana fu istituito da Pio IX nel 1870 pres- so la sede della “Sapienza” a S. Eustachio, seguito dal regio gover- no italiano che ha insediato nel 1881 l’Istituto di Anatomia Umana e di Istologia generale e speciale nel Convento di S. Antonio in via Agostino De Pretis, 92, al Viminale. Risale infine al 1930 il trasfe- rimento dell’Istituto di Anatomia Umana Normale nell’edificio di Viale Regina Elena, 289 (con accesso anche da via Alfonso Borelli, 50) che è anche la sede attuale del Dipartimento di Anatomia Umana, istituito nel 2002. I Maestri la didattica, la ricerca La ricostruzione delle vicende dell’Anatomia romana e delle perso- nalità accademiche che vi hanno operato è già stata oggetto di spe- cifica trattazione negli anni passati e di tali opere mi sono in parte avvalso per il presente contributo e ad esse rimando il lettore che volesse conoscerne i dettagli1. In questa sede riporto brevi cenni biografici soltanto di alcuni per- sonaggi che con la loro attività hanno dato particolare lustro all’Anatomia romana prima del 1870, e, dopo questa data, di tutti coloro che si sono avvicendati nella direzione dell’Istituto o vi hanno comunque operato meritevolmente. Realdo Colombo Nato a Cremona tra il 1516 e il 1520, va a studiare a Padova. È 53
  • 50. Tindaro G. Renda discepolo del celebre Vesalio, di cui diviene assistente prima e suc- cessore poi, nel 1544, come lettore di chirurgia ed anatomia. Fig. 1 – Realdo Colombo (Cremona 1516- Roma 1559) Fig. 2 – Frontespizio del De Re Anatomica, Libri XV di Realdo Colombo Nel 1545 Cosimo de’ Medici lo chiama nella appena riorganizza- ta Università di Pisa ove diviene il primo professore di Anatomia. Vi rimane sino al 1548, anno in cui il pontefice Paolo III (al secolo Alessandro Farnese) lo chiama a Roma a insegnare all’Archiginnasio che lo stesso papa aveva provveduto a riformare nel 1539. Qui Realdo Colombo è accolto alla pari da personaggi illustri e diviene amico di Michelangelo Buonarroti che utilizza i suoi insegnamenti per perfezionare le sue opere. Diventa il medico della curia pontificia, a lui vengono affidati incarichi particolari e delicati, come l’autopsia sul cadavere di Ignazio di Loyola e quella sul cadavere del cardinale Federico Ridolfi, morto per apparenti cause naturali durante il conclave per la nomina del successore di Paolo III (1550), morte che egli diagnosticò avvenuta per avvelena- mento. Muore a Roma nel 1559. Colombo fu un ottimo anatomico ed eseguì molteplici osservazio- ni sul cadavere che raccolse nell’opera De Re Anatomica, Libri XV stampata a Venezia nel 1559. Fra le tante descrizioni originali sicura- mente la più importante è quella, accurata e completa, della circola- zione polmonare, scoperta citata anche dallo stesso Harvey, ma che in genere è stata disconosciuta dagli storiografi successivi. Eseguì numerose dissezioni in pubblico alla presenza anche di alti prelati e accademici. E’ stato fra i primi ad utilizzare animali viventi per alcu- 54
  • 51. Il Dipartimento di Anatomia Umana ne dimostrazioni di anatomia e fisiologia cardio-polmonare. A Realdo Colombo è oggi intitolata l’Aula A del nostro Dipartimento Bartolomeo Eustachio (o Eustachi) Nato presumibilmente nel 1513 a San Severino nelle Marche (ma c’è chi sostiene fosse nato in San Severino di Calabria; anche la data di nascita viene variamente riferita tra il 1500 ed il 1524). Compì dapprima approfonditi studi umanistici in varie università italiane, incluso l’Istituto di Filosofia della Sapienza, nel corso dei quali acquisì ottime conoscenze di greco, ebraico ed arabo. Dal 1540 Eustachio si dedicò agli studi di medicina e, divenuto presto famoso per la sua bravura, fu scelto come medico per- sonale dal Duca di Urbino. Nel 1547 si spo- stò a Roma, al seguito del fratello del Duca, il Cardinale Giulio della Rovere, e qui divenne protomedico e fu ingaggiato come professore di Anatomia presso il Collegio della Sapienza all’Archiginnasio fra il 1555 ed il 1567, quando gravi motivi di salute, soffriva molto di gotta, lo costrinsero a ras- segnare le dimissioni. Continuò a servire il Fig. 3 – Bartolomeo Cardinale della Rovere e morì nel 1574 Eustachi (San Severino sulla via per Fossombrone. 1513-Fossombrone 1574) Bartolomeo Eustachio fu un grande ana- tomico ed insieme a Vesalio e Falloppio è considerato il fondatore della moderna Anatomia. Scrisse molti trat- tati fra cui fondamentali sono quelli sul rene, sulla morfologia e sulla architettura dei denti, ove si ha la prima descrizione delle due dentizioni, sul sistema delle vene azygos, sul dotto toracico, sulla valvola cardiaca che porta il suo nome e sugli organi dell’udito con particolare riguardo all’orecchio medio e alla tuba che porta ancor oggi il suo nome. Eseguì molte ricerche comparative su animali tal- mente importanti da essere considerato come il fondatore dell’Anatomia Comparata. Avvalendosi dell’opera di Pier Matteo Pini, artista in Urbino, ela- borò, per un’opera mai pubblicata, 47 tavole anatomiche che furono incise su lastre di rame dal romano Giulio de’ Musi e di cui le prime 8 furono usate a complemento dei suoi Opuscola anatomica del 1564. Delle rimanenti tavole si persero le tracce sin quando non 55