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Lezione III
Aristocrazia (Governo dei Giudici, Governo dei filosofi, governo degil optimati)
Relatore: ing. Dario de Siena



SCUOLA DI POLITICA
     ... Ci sarà un buon governo solo quando i filosofi diventeranno re o i
     re diventeranno filosofi.(Platone)
DEFINIZIONE DI ARISTOCRAZIA (GRECIA)
          Nella Grecia antica, il governo degli ἄριστοι, i «migliori» per eccellenza di nascita e
  per privilegio di ricchezza. Potente già nel periodo monarchico, in cui affiancò il sovrano
  distinguendosi per l‟ἀρετή, che è «virtù» del consiglio ma soprattutto «valore» in guerra, fu
  classe di governo nella fase compresa tra la caduta della monarchia e l‟introduzione della
  tattica oplitica (VIII-VI sec. a.C.). In questo periodo tutta la vita greca fu segnata
  dall‟impronta del costume aristocratico: erano i nobili infatti che coltivavano gli ideali della
  vita strenua e del culto del bello, che combattevano tra le prime schiere, che gareggiavano
  nelle grandi gare panelleniche. Nel corso del VI sec., la trasformazione della tattica di guerra
  da individuale a oplitica mutò gli antichi rapporti a favore dei ceti non aristocratici, che
  pretesero uguali diritti politici in quanto assunsero uguali doveri.
              Disgregata
  dall‟individualismo, che era un aspetto
  della sua etica, oppose una resistenza
  ora più forte ora più debole, a seconda
  delle circostanze e della consistenza del
  ceto (commerciale, artigiano, piccolo
  proprietario) che le si contrapponeva.
DEFINIZIONE DI ARISTOCRAZIA (ROMA)
        A Roma come classe di governo si identifica con il patriziato e ha quindi formazione
 e significato diverso da quella greca; il quadro diviene ancor più complesso quando, con la
 progressiva ascesa dei plebei, si forma un‟aristocrazia plebea. Si viene costituendo la
 nobiltà, che attraverso le vicende dell‟Impero muta nei diversi momenti la propria fisionomia
 e si costituisce come classe sociale.
DEFINIZIONE DI ARISTOCRAZIA (DAL MEDIOEVO)
        Dal Medioevo in poi, è di fatto un ceto di cittadini, che – distinguendosi dal clero e
 dalla borghesia – si fonda sull‟esercizio delle armi e su privilegi familiari trasmissibili per
 eredità.           Successivamente, la formazione dei grandi Stati dinastici e la politica
 accentratrice del sovrano tende a limitare sempre più i suoi privilegi politici, attraverso la
 formazione di una burocrazia statale, non più legata da vincoli di fedeltà personale al
 sovrano.           Permangono alcuni organismi statali „aristocratici‟ (Venezia, Genova,
 alcune città imperiali tedesche), ma in complesso dal XVI al XVII sec. si configura sempre
 più come classe chiusa, provvista di titoli, ricchezze e privilegi ereditari, che maschera con
 nuovi valori ideologici (senso dell‟onore ecc.) la sostanziale perdita di potere politico a favore
 della borghesia. Dopo il 1789 la cessazione dei privilegi sociali porta al suo rinnovamento e
 imborghesimento.
COSA SPINGE A CERCARE GLI Aristoi?
La ricerca dei migliori ha sempre ossessionato i
  politologi.
Sia che si trattasse di sostituire un Re o di
  scegliere chi dovesse ricoprire le cariche di
  uno Stato.
Questa ricerca nasce dalla consapevolezza che
  il genere umano è composto da persone
  spesso inaffidabili che tendono a focalizzare
  maggiormente i problemi che hanno più sotto
  mano.
IL GOVERNO DEI GIUDICI (BIBBIA)
      Ci fu, all’epoca dei Giudici,
 un organo di governo, il
 “giudice”. …. Le tribù
 conducevano un’esistenza
 indipendente: non c’era re in
 Israele, ciascuno faceva quello
 che voleva Giud. 17,6; 18,1;
 19,1; 21,25.
      In caso di pericolo comune,
 dei gruppi si costituivano
 prendendosi un capo, un giudice.
      Passato il pericolo, ognuno
 riprendeva la propria
 autonomia…
IL GOVERNO DEI FILOSOFI (PLATONE)
               Alla legge non interessa che una sola classe dello stato si trovi in una condizione favorevole. Essa cerca di realizzare questo risultato in
    tutto lo stato: armonizza tra loro i cittadini persuadendoli e costringendoli, fa che si scambino i vantaggi che i singoli sappiano essere utili alla
    comunità; e creando simili individui, la legge stessa non lo fa per lasciarli andare dove vogliono, ma per trovarne vantaggio e cementare la
    compattezza dello stato. –                    ……. Considera …….che non faremo torto nemmeno a quelli che come noi nascono filosofi; ma
    saranno giuste le cose che diremo loro costringendoli ad aver cura e custodire gli altri. Diremo che: coloro che nascono filosofi negli altri stati, è
    naturale che non partecipino alle fatiche politiche, perché sorgono spontanei, indipendentemente dalla costituzione dei singoli stati; e ciò che è
    spontaneo, non dovendo a nessuno la loro nascita, non si devono sentire obbligati a pagare le spese di nessuno. Voi però, vi abbiamo generato
    per voi e per il resto dello stato, come negli sciami i capi e i re; avete avuto educazione migliore e piú perfetta degli altri filosofi, e maggiore
    attitudine a svolgere ambedue le attività. Ciascuno deve dunque, a turno, scendere nella dimora comune dagli altri e abituarsi a contemplare
    quegli oggetti tenebrosi. Abituandovi, vedrete infinitamente meglio di quelli laggiú e conoscerete quali siano le singole visioni, e quali i loro oggetti,
    perché avrete veduto la verità sul bello, sul giusto e sul bene. E cosí per noi e per voi l‟amministrazione dello stato sarà una realtà, non un sogno,
    come invece oggi avviene nella maggioranza degli stati, amministrati da persone che si battono fra loro per ombre e si disputano il potere, come
    se fosse un grande bene. La verità è questa: lo stato in cui chi deve governare non ne ha il minimo desiderio, è per forza amministrato benissimo,
    senza la piú piccola discordia, ma quello in cui i governanti sono di tipo opposto, è amministrato in modo opposto. – Senza dubbio, rispose. –
    Ebbene, credi che, udendo questi discorsi, i nostri pupilli ci disobbediranno e vorranno non collaborare alle fatiche politiche, ciascuno a turno, e
    abitare la maggior parte del tempo in reciproca compagnia nel mondo puro?– È impossibile, perché a persone giuste come sono essi,
    prescriveremo cose giuste. La cosa piú importante di tutte è che ciascuno di essi va al governo per obbligo, mentre chi governa oggidí nei singoli
    stati si comporta in modo opposto. – E cosí dissi; se per chi dovrà governare troverai un modo di vita migliore del governare, ottima potrà essere
    l‟amministrazione del tuo stato, perché sarà il solo in cui governeranno le persone realmente ricche, non di oro, ma di quella ricchezza che rende
    l‟uomo felice, la vita onesta e fondata sull‟intelligenza. Se invece vanno al potere dei pezzenti, avidi di beni personali e convinti di dover ricavare il
    loro bene di lí, dal governo, non è possibile una buona amministrazione: perché il governo è oggetto di contesa e una simile guerra civile e
    intestina rovina con loro tutto il resto dello stato. – Verissimo, rispose. – Conosci dunque qualche altro modo di vita che spregi le cariche
    pubbliche e non sia quello del vero filosofo? D‟altra parte, al governo devono andare persone che non amino governare. Altrimenti la loro rivalità
    sfocerà in contesa. – Come no? – Chi dunque costringerai ad assumersi la guardia dello stato se non coloro che meglio conoscono quali sono i
    modi per la migliore amministrazione di uno stato, e che possono avere altri onori e una vita migliore di quella politica?

   (Platone, Opere, vol. II, Laterza, Bari, 1967, pagg. 344-346)
LA REPUBBLICA DI VENEZIA (ARISTOCRAZIA REPUBBLICANA)

          La sovranità apparteneva formalmente al popolo veneziano, che sino al Quattrocento si
  riuniva nell'assemblea della alla Concio. Il popolo esercitava tradizionalmente il proprio potere
  nel momento dell'approvazione del Doge, eletto con un complicato sistema, elaborato per
  impedire brogli: nelle epoche più antiche l'approvazione rappresentava una vera e propria
  conferma da parte dei cittadini liberi dell'elezione del "Dux" veneto-bizantino da parte dei patrizi
  e del clero, poi, con il progressivo instaurarsi della forma oligarchica della Repubblica, il residuo
  dell'antico potere venne a sedimentarsi nella tradizionale acclamazione del popolo al nuovo
  Doge.
          Il Doge rappresentava formalmente la sovranità e la maestà della Repubblica, ma aveva
  scarso potere (essenzialmente il diritto di guidare in guerra l'esercito e la flotta) ed era
  coadiuvato e controllato nelle proprie funzioni da sei consiglieri, coi quali costituiva il Minor
  Consiglio (o Serenissima Signoria). La sovranità risiedeva invece nel Maggior Consiglio,
  l'organo fondamentale dello Stato (esso rappresentava fino alla "Serrata del Maggior Consiglio" i
  notabili della città, poi i membri della sola aristocrazia), al quale appartenevano di diritto i
  membri maschi e maggiorenni delle grandi famiglie patrizie, mediamente circa un migliaio di
  individui. Il Maggior Consiglio esercitava poi la propria sovranità attraverso dei Consigli minori di
  sua emanazione: il Collegio, cioè il governo della Repubblica, il Senato (o Consiglio dei
  Pregadi), responsabile per la politica estera, il Consiglio dei Dieci, responsabile della sicurezza
  dello Stato, e i tribunali della Quarantia. In particolare il Consiglio dei Dieci venne nel tempo a
  costituirsi come un organismo quasi onnipotente, baluardo delle istituzioni repubblicane e
  dell'ordinamento oligarchico.
ARISTOCRAZIA VENEZIANA
       L'aristocrazia veneziana era una categoria sociale
 relativamente aperta: ad essa si poteva accedere per grandi
 meriti e servigi offerti alla Repubblica. In pochi casi, per
 rimpinguare le finanze in tempo di guerra, la Repubblica vendette
 l'iscrizione al "libro d'oro" dell'aristocrazia. L'aristocrazia non era
 solo una classe di privilegiati, ma anche di servitori professionisti
 dello Stato, educati nell'università di Padova. Infatti i nobili
 veneziani lavoravano nell'amministrazione anche come segretari
 di ufficio, contabili, capitani di porto, e anche giudici. Per impedire
 il concentrarsi del potere in poche mani, garantire un certo
 ricambio e consentire al maggior numero di aristocratici di avere
 un impiego, tutte queste cariche erano di breve durata, spesso di
 un solo anno. Erano spesso mal pagate, tanto che molti nobili
 sopravvivevano grazie alla assistenza pubblica per gli aristocratici
 poveri.
NOBILI E HONORATI
Negli stati sotto il controllo spagnolo facevano parte
   dell‟aristocrazia due classi distinte.
I nobili: coloro che traevano il loro sostentamento
   esclusivamente dal possesso di feudi;
Gli Honorati: coloro che conducevano una vita simile a
   quella dei nobili (spesso Notai) ma che non erano
   stati ammessi al “sedile dei nobili”
In molti comuni Calabresi il potere era detenuto quasi
   esclusivamente da queste due classi.
A Catanzaro il consiglio cittadino era composto da 40
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  • 1. Lezione III Aristocrazia (Governo dei Giudici, Governo dei filosofi, governo degil optimati) Relatore: ing. Dario de Siena SCUOLA DI POLITICA ... Ci sarà un buon governo solo quando i filosofi diventeranno re o i re diventeranno filosofi.(Platone)
  • 2. DEFINIZIONE DI ARISTOCRAZIA (GRECIA) Nella Grecia antica, il governo degli ἄριστοι, i «migliori» per eccellenza di nascita e per privilegio di ricchezza. Potente già nel periodo monarchico, in cui affiancò il sovrano distinguendosi per l‟ἀρετή, che è «virtù» del consiglio ma soprattutto «valore» in guerra, fu classe di governo nella fase compresa tra la caduta della monarchia e l‟introduzione della tattica oplitica (VIII-VI sec. a.C.). In questo periodo tutta la vita greca fu segnata dall‟impronta del costume aristocratico: erano i nobili infatti che coltivavano gli ideali della vita strenua e del culto del bello, che combattevano tra le prime schiere, che gareggiavano nelle grandi gare panelleniche. Nel corso del VI sec., la trasformazione della tattica di guerra da individuale a oplitica mutò gli antichi rapporti a favore dei ceti non aristocratici, che pretesero uguali diritti politici in quanto assunsero uguali doveri. Disgregata dall‟individualismo, che era un aspetto della sua etica, oppose una resistenza ora più forte ora più debole, a seconda delle circostanze e della consistenza del ceto (commerciale, artigiano, piccolo proprietario) che le si contrapponeva.
  • 3. DEFINIZIONE DI ARISTOCRAZIA (ROMA) A Roma come classe di governo si identifica con il patriziato e ha quindi formazione e significato diverso da quella greca; il quadro diviene ancor più complesso quando, con la progressiva ascesa dei plebei, si forma un‟aristocrazia plebea. Si viene costituendo la nobiltà, che attraverso le vicende dell‟Impero muta nei diversi momenti la propria fisionomia e si costituisce come classe sociale.
  • 4. DEFINIZIONE DI ARISTOCRAZIA (DAL MEDIOEVO) Dal Medioevo in poi, è di fatto un ceto di cittadini, che – distinguendosi dal clero e dalla borghesia – si fonda sull‟esercizio delle armi e su privilegi familiari trasmissibili per eredità. Successivamente, la formazione dei grandi Stati dinastici e la politica accentratrice del sovrano tende a limitare sempre più i suoi privilegi politici, attraverso la formazione di una burocrazia statale, non più legata da vincoli di fedeltà personale al sovrano. Permangono alcuni organismi statali „aristocratici‟ (Venezia, Genova, alcune città imperiali tedesche), ma in complesso dal XVI al XVII sec. si configura sempre più come classe chiusa, provvista di titoli, ricchezze e privilegi ereditari, che maschera con nuovi valori ideologici (senso dell‟onore ecc.) la sostanziale perdita di potere politico a favore della borghesia. Dopo il 1789 la cessazione dei privilegi sociali porta al suo rinnovamento e imborghesimento.
  • 5. COSA SPINGE A CERCARE GLI Aristoi? La ricerca dei migliori ha sempre ossessionato i politologi. Sia che si trattasse di sostituire un Re o di scegliere chi dovesse ricoprire le cariche di uno Stato. Questa ricerca nasce dalla consapevolezza che il genere umano è composto da persone spesso inaffidabili che tendono a focalizzare maggiormente i problemi che hanno più sotto mano.
  • 6. IL GOVERNO DEI GIUDICI (BIBBIA) Ci fu, all’epoca dei Giudici, un organo di governo, il “giudice”. …. Le tribù conducevano un’esistenza indipendente: non c’era re in Israele, ciascuno faceva quello che voleva Giud. 17,6; 18,1; 19,1; 21,25. In caso di pericolo comune, dei gruppi si costituivano prendendosi un capo, un giudice. Passato il pericolo, ognuno riprendeva la propria autonomia…
  • 7. IL GOVERNO DEI FILOSOFI (PLATONE) Alla legge non interessa che una sola classe dello stato si trovi in una condizione favorevole. Essa cerca di realizzare questo risultato in tutto lo stato: armonizza tra loro i cittadini persuadendoli e costringendoli, fa che si scambino i vantaggi che i singoli sappiano essere utili alla comunità; e creando simili individui, la legge stessa non lo fa per lasciarli andare dove vogliono, ma per trovarne vantaggio e cementare la compattezza dello stato. – ……. Considera …….che non faremo torto nemmeno a quelli che come noi nascono filosofi; ma saranno giuste le cose che diremo loro costringendoli ad aver cura e custodire gli altri. Diremo che: coloro che nascono filosofi negli altri stati, è naturale che non partecipino alle fatiche politiche, perché sorgono spontanei, indipendentemente dalla costituzione dei singoli stati; e ciò che è spontaneo, non dovendo a nessuno la loro nascita, non si devono sentire obbligati a pagare le spese di nessuno. Voi però, vi abbiamo generato per voi e per il resto dello stato, come negli sciami i capi e i re; avete avuto educazione migliore e piú perfetta degli altri filosofi, e maggiore attitudine a svolgere ambedue le attività. Ciascuno deve dunque, a turno, scendere nella dimora comune dagli altri e abituarsi a contemplare quegli oggetti tenebrosi. Abituandovi, vedrete infinitamente meglio di quelli laggiú e conoscerete quali siano le singole visioni, e quali i loro oggetti, perché avrete veduto la verità sul bello, sul giusto e sul bene. E cosí per noi e per voi l‟amministrazione dello stato sarà una realtà, non un sogno, come invece oggi avviene nella maggioranza degli stati, amministrati da persone che si battono fra loro per ombre e si disputano il potere, come se fosse un grande bene. La verità è questa: lo stato in cui chi deve governare non ne ha il minimo desiderio, è per forza amministrato benissimo, senza la piú piccola discordia, ma quello in cui i governanti sono di tipo opposto, è amministrato in modo opposto. – Senza dubbio, rispose. – Ebbene, credi che, udendo questi discorsi, i nostri pupilli ci disobbediranno e vorranno non collaborare alle fatiche politiche, ciascuno a turno, e abitare la maggior parte del tempo in reciproca compagnia nel mondo puro?– È impossibile, perché a persone giuste come sono essi, prescriveremo cose giuste. La cosa piú importante di tutte è che ciascuno di essi va al governo per obbligo, mentre chi governa oggidí nei singoli stati si comporta in modo opposto. – E cosí dissi; se per chi dovrà governare troverai un modo di vita migliore del governare, ottima potrà essere l‟amministrazione del tuo stato, perché sarà il solo in cui governeranno le persone realmente ricche, non di oro, ma di quella ricchezza che rende l‟uomo felice, la vita onesta e fondata sull‟intelligenza. Se invece vanno al potere dei pezzenti, avidi di beni personali e convinti di dover ricavare il loro bene di lí, dal governo, non è possibile una buona amministrazione: perché il governo è oggetto di contesa e una simile guerra civile e intestina rovina con loro tutto il resto dello stato. – Verissimo, rispose. – Conosci dunque qualche altro modo di vita che spregi le cariche pubbliche e non sia quello del vero filosofo? D‟altra parte, al governo devono andare persone che non amino governare. Altrimenti la loro rivalità sfocerà in contesa. – Come no? – Chi dunque costringerai ad assumersi la guardia dello stato se non coloro che meglio conoscono quali sono i modi per la migliore amministrazione di uno stato, e che possono avere altri onori e una vita migliore di quella politica?   (Platone, Opere, vol. II, Laterza, Bari, 1967, pagg. 344-346)
  • 8. LA REPUBBLICA DI VENEZIA (ARISTOCRAZIA REPUBBLICANA) La sovranità apparteneva formalmente al popolo veneziano, che sino al Quattrocento si riuniva nell'assemblea della alla Concio. Il popolo esercitava tradizionalmente il proprio potere nel momento dell'approvazione del Doge, eletto con un complicato sistema, elaborato per impedire brogli: nelle epoche più antiche l'approvazione rappresentava una vera e propria conferma da parte dei cittadini liberi dell'elezione del "Dux" veneto-bizantino da parte dei patrizi e del clero, poi, con il progressivo instaurarsi della forma oligarchica della Repubblica, il residuo dell'antico potere venne a sedimentarsi nella tradizionale acclamazione del popolo al nuovo Doge. Il Doge rappresentava formalmente la sovranità e la maestà della Repubblica, ma aveva scarso potere (essenzialmente il diritto di guidare in guerra l'esercito e la flotta) ed era coadiuvato e controllato nelle proprie funzioni da sei consiglieri, coi quali costituiva il Minor Consiglio (o Serenissima Signoria). La sovranità risiedeva invece nel Maggior Consiglio, l'organo fondamentale dello Stato (esso rappresentava fino alla "Serrata del Maggior Consiglio" i notabili della città, poi i membri della sola aristocrazia), al quale appartenevano di diritto i membri maschi e maggiorenni delle grandi famiglie patrizie, mediamente circa un migliaio di individui. Il Maggior Consiglio esercitava poi la propria sovranità attraverso dei Consigli minori di sua emanazione: il Collegio, cioè il governo della Repubblica, il Senato (o Consiglio dei Pregadi), responsabile per la politica estera, il Consiglio dei Dieci, responsabile della sicurezza dello Stato, e i tribunali della Quarantia. In particolare il Consiglio dei Dieci venne nel tempo a costituirsi come un organismo quasi onnipotente, baluardo delle istituzioni repubblicane e dell'ordinamento oligarchico.
  • 9. ARISTOCRAZIA VENEZIANA L'aristocrazia veneziana era una categoria sociale relativamente aperta: ad essa si poteva accedere per grandi meriti e servigi offerti alla Repubblica. In pochi casi, per rimpinguare le finanze in tempo di guerra, la Repubblica vendette l'iscrizione al "libro d'oro" dell'aristocrazia. L'aristocrazia non era solo una classe di privilegiati, ma anche di servitori professionisti dello Stato, educati nell'università di Padova. Infatti i nobili veneziani lavoravano nell'amministrazione anche come segretari di ufficio, contabili, capitani di porto, e anche giudici. Per impedire il concentrarsi del potere in poche mani, garantire un certo ricambio e consentire al maggior numero di aristocratici di avere un impiego, tutte queste cariche erano di breve durata, spesso di un solo anno. Erano spesso mal pagate, tanto che molti nobili sopravvivevano grazie alla assistenza pubblica per gli aristocratici poveri.
  • 10. NOBILI E HONORATI Negli stati sotto il controllo spagnolo facevano parte dell‟aristocrazia due classi distinte. I nobili: coloro che traevano il loro sostentamento esclusivamente dal possesso di feudi; Gli Honorati: coloro che conducevano una vita simile a quella dei nobili (spesso Notai) ma che non erano stati ammessi al “sedile dei nobili” In molti comuni Calabresi il potere era detenuto quasi esclusivamente da queste due classi. A Catanzaro il consiglio cittadino era composto da 40 unità di cui 30 popolari e solo 10 tra nobili e honorati.