1. Lezione III
Aristocrazia (Governo dei Giudici, Governo dei filosofi, governo degil optimati)
Relatore: ing. Dario de Siena
SCUOLA DI POLITICA
... Ci sarà un buon governo solo quando i filosofi diventeranno re o i
re diventeranno filosofi.(Platone)
2. DEFINIZIONE DI ARISTOCRAZIA (GRECIA)
Nella Grecia antica, il governo degli ἄριστοι, i «migliori» per eccellenza di nascita e
per privilegio di ricchezza. Potente già nel periodo monarchico, in cui affiancò il sovrano
distinguendosi per l‟ἀρετή, che è «virtù» del consiglio ma soprattutto «valore» in guerra, fu
classe di governo nella fase compresa tra la caduta della monarchia e l‟introduzione della
tattica oplitica (VIII-VI sec. a.C.). In questo periodo tutta la vita greca fu segnata
dall‟impronta del costume aristocratico: erano i nobili infatti che coltivavano gli ideali della
vita strenua e del culto del bello, che combattevano tra le prime schiere, che gareggiavano
nelle grandi gare panelleniche. Nel corso del VI sec., la trasformazione della tattica di guerra
da individuale a oplitica mutò gli antichi rapporti a favore dei ceti non aristocratici, che
pretesero uguali diritti politici in quanto assunsero uguali doveri.
Disgregata
dall‟individualismo, che era un aspetto
della sua etica, oppose una resistenza
ora più forte ora più debole, a seconda
delle circostanze e della consistenza del
ceto (commerciale, artigiano, piccolo
proprietario) che le si contrapponeva.
3. DEFINIZIONE DI ARISTOCRAZIA (ROMA)
A Roma come classe di governo si identifica con il patriziato e ha quindi formazione
e significato diverso da quella greca; il quadro diviene ancor più complesso quando, con la
progressiva ascesa dei plebei, si forma un‟aristocrazia plebea. Si viene costituendo la
nobiltà, che attraverso le vicende dell‟Impero muta nei diversi momenti la propria fisionomia
e si costituisce come classe sociale.
4. DEFINIZIONE DI ARISTOCRAZIA (DAL MEDIOEVO)
Dal Medioevo in poi, è di fatto un ceto di cittadini, che – distinguendosi dal clero e
dalla borghesia – si fonda sull‟esercizio delle armi e su privilegi familiari trasmissibili per
eredità. Successivamente, la formazione dei grandi Stati dinastici e la politica
accentratrice del sovrano tende a limitare sempre più i suoi privilegi politici, attraverso la
formazione di una burocrazia statale, non più legata da vincoli di fedeltà personale al
sovrano. Permangono alcuni organismi statali „aristocratici‟ (Venezia, Genova,
alcune città imperiali tedesche), ma in complesso dal XVI al XVII sec. si configura sempre
più come classe chiusa, provvista di titoli, ricchezze e privilegi ereditari, che maschera con
nuovi valori ideologici (senso dell‟onore ecc.) la sostanziale perdita di potere politico a favore
della borghesia. Dopo il 1789 la cessazione dei privilegi sociali porta al suo rinnovamento e
imborghesimento.
5. COSA SPINGE A CERCARE GLI Aristoi?
La ricerca dei migliori ha sempre ossessionato i
politologi.
Sia che si trattasse di sostituire un Re o di
scegliere chi dovesse ricoprire le cariche di
uno Stato.
Questa ricerca nasce dalla consapevolezza che
il genere umano è composto da persone
spesso inaffidabili che tendono a focalizzare
maggiormente i problemi che hanno più sotto
mano.
6. IL GOVERNO DEI GIUDICI (BIBBIA)
Ci fu, all’epoca dei Giudici,
un organo di governo, il
“giudice”. …. Le tribù
conducevano un’esistenza
indipendente: non c’era re in
Israele, ciascuno faceva quello
che voleva Giud. 17,6; 18,1;
19,1; 21,25.
In caso di pericolo comune,
dei gruppi si costituivano
prendendosi un capo, un giudice.
Passato il pericolo, ognuno
riprendeva la propria
autonomia…
7. IL GOVERNO DEI FILOSOFI (PLATONE)
Alla legge non interessa che una sola classe dello stato si trovi in una condizione favorevole. Essa cerca di realizzare questo risultato in
tutto lo stato: armonizza tra loro i cittadini persuadendoli e costringendoli, fa che si scambino i vantaggi che i singoli sappiano essere utili alla
comunità; e creando simili individui, la legge stessa non lo fa per lasciarli andare dove vogliono, ma per trovarne vantaggio e cementare la
compattezza dello stato. – ……. Considera …….che non faremo torto nemmeno a quelli che come noi nascono filosofi; ma
saranno giuste le cose che diremo loro costringendoli ad aver cura e custodire gli altri. Diremo che: coloro che nascono filosofi negli altri stati, è
naturale che non partecipino alle fatiche politiche, perché sorgono spontanei, indipendentemente dalla costituzione dei singoli stati; e ciò che è
spontaneo, non dovendo a nessuno la loro nascita, non si devono sentire obbligati a pagare le spese di nessuno. Voi però, vi abbiamo generato
per voi e per il resto dello stato, come negli sciami i capi e i re; avete avuto educazione migliore e piú perfetta degli altri filosofi, e maggiore
attitudine a svolgere ambedue le attività. Ciascuno deve dunque, a turno, scendere nella dimora comune dagli altri e abituarsi a contemplare
quegli oggetti tenebrosi. Abituandovi, vedrete infinitamente meglio di quelli laggiú e conoscerete quali siano le singole visioni, e quali i loro oggetti,
perché avrete veduto la verità sul bello, sul giusto e sul bene. E cosí per noi e per voi l‟amministrazione dello stato sarà una realtà, non un sogno,
come invece oggi avviene nella maggioranza degli stati, amministrati da persone che si battono fra loro per ombre e si disputano il potere, come
se fosse un grande bene. La verità è questa: lo stato in cui chi deve governare non ne ha il minimo desiderio, è per forza amministrato benissimo,
senza la piú piccola discordia, ma quello in cui i governanti sono di tipo opposto, è amministrato in modo opposto. – Senza dubbio, rispose. –
Ebbene, credi che, udendo questi discorsi, i nostri pupilli ci disobbediranno e vorranno non collaborare alle fatiche politiche, ciascuno a turno, e
abitare la maggior parte del tempo in reciproca compagnia nel mondo puro?– È impossibile, perché a persone giuste come sono essi,
prescriveremo cose giuste. La cosa piú importante di tutte è che ciascuno di essi va al governo per obbligo, mentre chi governa oggidí nei singoli
stati si comporta in modo opposto. – E cosí dissi; se per chi dovrà governare troverai un modo di vita migliore del governare, ottima potrà essere
l‟amministrazione del tuo stato, perché sarà il solo in cui governeranno le persone realmente ricche, non di oro, ma di quella ricchezza che rende
l‟uomo felice, la vita onesta e fondata sull‟intelligenza. Se invece vanno al potere dei pezzenti, avidi di beni personali e convinti di dover ricavare il
loro bene di lí, dal governo, non è possibile una buona amministrazione: perché il governo è oggetto di contesa e una simile guerra civile e
intestina rovina con loro tutto il resto dello stato. – Verissimo, rispose. – Conosci dunque qualche altro modo di vita che spregi le cariche
pubbliche e non sia quello del vero filosofo? D‟altra parte, al governo devono andare persone che non amino governare. Altrimenti la loro rivalità
sfocerà in contesa. – Come no? – Chi dunque costringerai ad assumersi la guardia dello stato se non coloro che meglio conoscono quali sono i
modi per la migliore amministrazione di uno stato, e che possono avere altri onori e una vita migliore di quella politica?
(Platone, Opere, vol. II, Laterza, Bari, 1967, pagg. 344-346)
8. LA REPUBBLICA DI VENEZIA (ARISTOCRAZIA REPUBBLICANA)
La sovranità apparteneva formalmente al popolo veneziano, che sino al Quattrocento si
riuniva nell'assemblea della alla Concio. Il popolo esercitava tradizionalmente il proprio potere
nel momento dell'approvazione del Doge, eletto con un complicato sistema, elaborato per
impedire brogli: nelle epoche più antiche l'approvazione rappresentava una vera e propria
conferma da parte dei cittadini liberi dell'elezione del "Dux" veneto-bizantino da parte dei patrizi
e del clero, poi, con il progressivo instaurarsi della forma oligarchica della Repubblica, il residuo
dell'antico potere venne a sedimentarsi nella tradizionale acclamazione del popolo al nuovo
Doge.
Il Doge rappresentava formalmente la sovranità e la maestà della Repubblica, ma aveva
scarso potere (essenzialmente il diritto di guidare in guerra l'esercito e la flotta) ed era
coadiuvato e controllato nelle proprie funzioni da sei consiglieri, coi quali costituiva il Minor
Consiglio (o Serenissima Signoria). La sovranità risiedeva invece nel Maggior Consiglio,
l'organo fondamentale dello Stato (esso rappresentava fino alla "Serrata del Maggior Consiglio" i
notabili della città, poi i membri della sola aristocrazia), al quale appartenevano di diritto i
membri maschi e maggiorenni delle grandi famiglie patrizie, mediamente circa un migliaio di
individui. Il Maggior Consiglio esercitava poi la propria sovranità attraverso dei Consigli minori di
sua emanazione: il Collegio, cioè il governo della Repubblica, il Senato (o Consiglio dei
Pregadi), responsabile per la politica estera, il Consiglio dei Dieci, responsabile della sicurezza
dello Stato, e i tribunali della Quarantia. In particolare il Consiglio dei Dieci venne nel tempo a
costituirsi come un organismo quasi onnipotente, baluardo delle istituzioni repubblicane e
dell'ordinamento oligarchico.
9. ARISTOCRAZIA VENEZIANA
L'aristocrazia veneziana era una categoria sociale
relativamente aperta: ad essa si poteva accedere per grandi
meriti e servigi offerti alla Repubblica. In pochi casi, per
rimpinguare le finanze in tempo di guerra, la Repubblica vendette
l'iscrizione al "libro d'oro" dell'aristocrazia. L'aristocrazia non era
solo una classe di privilegiati, ma anche di servitori professionisti
dello Stato, educati nell'università di Padova. Infatti i nobili
veneziani lavoravano nell'amministrazione anche come segretari
di ufficio, contabili, capitani di porto, e anche giudici. Per impedire
il concentrarsi del potere in poche mani, garantire un certo
ricambio e consentire al maggior numero di aristocratici di avere
un impiego, tutte queste cariche erano di breve durata, spesso di
un solo anno. Erano spesso mal pagate, tanto che molti nobili
sopravvivevano grazie alla assistenza pubblica per gli aristocratici
poveri.
10. NOBILI E HONORATI
Negli stati sotto il controllo spagnolo facevano parte
dell‟aristocrazia due classi distinte.
I nobili: coloro che traevano il loro sostentamento
esclusivamente dal possesso di feudi;
Gli Honorati: coloro che conducevano una vita simile a
quella dei nobili (spesso Notai) ma che non erano
stati ammessi al “sedile dei nobili”
In molti comuni Calabresi il potere era detenuto quasi
esclusivamente da queste due classi.
A Catanzaro il consiglio cittadino era composto da 40
unità di cui 30 popolari e solo 10 tra nobili e honorati.