Raccolta di articoli apparsi sulle principali testate giornalistiche e dedicati alla sesta ricerca GreenItaly di Symbola e Unioncamere rivolta alla green economy italiana
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30 Ott 2015
Green economy anti crisi: in Italia il settore
occupa 372mila imprese per un giro d'affari
da 102 miliardi
Giuseppe Latour
La green economy in Italia vale 102 miliardi e garantisce tre milioni di posti di lavoro, con 372
mila imprese che ne hanno fatto una vera e propria ricetta anti-crisi puntando su tecnologie a
basso impatto ambientale. Sono i numeri più rilevanti di GreenItaly 2015, il sesto rapporto di
Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai, che misura e
pesa la forza della green economy nazionale. E che dimostra come la sostenibilità sia ormai un
fattore chiave dell'innovazione per tutti i settori dell'economia italiana.
Un'assunzione su due legata all'ambiente nel 2015
Sono, infatti, 372mila le aziende italiane (ossia il 24,5% del totale) dell'industria e dei servizi che
dal 2008 hanno investito, o lo faranno quest'anno, in tecnologie green per ridurre l'impatto
ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. L'orientamento green si
conferma un fattore strategico per il made in Italy: alla nostra green economy si devono 102,497
miliardi di valore aggiunto, pari al 10,3% dell'economia nazionale, e 2,9 milioni di green jobs,
ossia occupati che applicano competenze verdi. Una cifra che corrisponde al 13,2%
dell'occupazione complessiva nazionale ed è destinata a salire ancora entro dicembre. Dalla
"green Italy" infatti arriveranno quest'anno 294.200 assunzioni legate a competenze green: ben
il 59% della domanda di lavoro.
Italia leader europeo
Parlando di imprese, sono sempre più quelle che fanno scelte green. Solo quest'anno,
incoraggiate dai primi segnali della ripresa, 120mila imprese hanno investito in sostenibilità, o
intendono farlo entro dicembre, il 36% in più rispetto al 2014. Questi risultati, nei bilanci,
nell'occupazione e nelle performance ambientali del Paese, rendono l'Italia, nonostante i tanti
problemi aperti, il leader europeo in alcuni campi dello sviluppo sostenibile.
Realacci: numeri importanti in vista di Parigi
Uno spread verde che fornisce un dato importante in vista dell'importante vertice Onu sul clima
che a dicembre riunirà il mondo a Parigi, come spiega il presidente di Fondazione Symbola,
Ermete Realacci: «La vocazione italiana alla qualità si esprime in una tensione al futuro che ha
avuto proprio nella green economy uno strumento formidabile per migliorare i processi
produttivi, realizzare prodotti migliori, più belli, apprezzati e responsabili. Puntando sul green
non solo il made in Italy ha coniugato qualità, tradizioni, innovazione e competitività, ma ha
aperto la via dell'economia circolare. Un nuovo modello di sviluppo che somiglia molto a
quell'economia a misura d'uomo, che rifiuta lo scarto, attenta alla custodia della casa comune di
cui parla Papa Francesco».
Lo Bello: evoluzione funzionale alla qualità delle nostre produzioni
3. Il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello, invece, spiega: «L'evoluzione ecosostenibile di una
buona parte del nostro sistema produttivo è stata funzionale alla crescita della qualità delle
nostre produzioni e della loro capacità competitiva». E' importante fare emergere «con queste
analisi l'Italia dell'innovazione che scommette sul futuro. Continuare a far crescere questo volto
verde della nostra economia vuol dire anche adoperarsi per creare un contesto più innovativo e
competitivo. Le Camere di commercio sono già coinvolte su questo fronte e intendono
moltiplicare il proprio impegno».
Starace: quattro nodi da sciogliere
Sul punto anche Francesco Starace, amministratore delegato di Enel, spiega che "la green
economy è una delle speranze dell'economia italiana e globale". Ma nel nostro paese bisogna
agire su quattro fronti: "Dobbiamo risolvere le arretratezze sul fronte della digitalizzazione.
Dobbiamo aumentare l'interconnessione delle infrastrutture, a partire dalla banda larga.
Dobbiamo risolvere le difficoltà legate alla logistica e dobbiamo migliorare la formazione
professionale. Anche noi abbiamo difficoltà a trovare alcune tipologie di tecnici specializzati".
I settori coinvolti
Nel nostro Paese, nonostante le difficoltà, dall'inizio della crisi più di un'azienda su quattro ha
scommesso sul green. Una propensione che abbraccia tutti i settori della nostra economia - da
quelli più tradizionali a quelli high tech, dall'agroalimentare all'edilizia, dalla manifattura alla
chimica, dall'energia ai rifiuti – e che sale al 32% nel manifatturiero, certamente il settore più
coinvolto.
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4. Sorpresa,ilmadeinItalyèl'economiapiù
“verde”d'Europa
Meno rifiuti, emissioni, risorse utilizzate: i nostri processi produttivi
sono i più green del Vecchio Continente. Secondo il rapporto “Green
Italy” di Symbola e Unioncamere, sugli scudi le grandi città e le
piccole imprese
GABRIEL BOUYS/AFP/Getty Images
30 Ottobre 2015 - 16:50
Sgomberiamo il campo dai piagnistei e dai luoghi comuni, per una volta.
Perché nonostante tutto - le mafie, le ruberie, le terre dei fuochi, o tumorifici
come l’Ilva di Taranto - quella italiana è una delle economie sviluppate più
verdi del Pianeta, sicuramente d’Europa
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5. A dirlo sono i numeri di Eurostat e del Centro Studi Unioncamere, pubblicati
sul rapporto Green Italy di Fondazione Symbola, presentato il 30 ottobre a
Roma. Qualche esempio? Ogni 1000 euro di beni prodotti, usiamo 337,1 kg di
materie, contro i 361,6 kg dell'Unione Europea, in media, e i 460,8 kg della
Germania. Lo stesso vale per le emissioni: noi bruciamo 14,7 tonnellate di olio
equivalente, mentre in Europa, in media, se ne bruciano 18,4. E ancora, ogni
milione di euro prodotto, creiamo 40,1 tonnellate di rifiuti e 113,3 tonnellate
di rifiuti, contro le 88,7 e le 150,6 della media europea.
Sono fatti incontrovertibili, questi, che fanno dell'Italia la seconda economia
del Vecchio Continente per eco-efficienza, seconda solo al Lussemburgo,
davanti a Regno Unito, Danimarca e Irlanda, con un numero indice pari a 152,7
(dove 100 è la media dell'Unione Europea a 27). Numeri in crescita, peraltro,
visto che siamo anche il secondo paese a più alto livello di eco-tendenza,
anche in questo caso secondo solo al piccolo granducato, che fa gara a sé.
6.
7. «Puntando sul green non solo il made in Italy ha coniugato qualità, tradizioni,
innovazione e competitività, ma ha aperto la via dell’economia circolare - ha
dichiarato Ermete Realacci alla presentazione del rapporto - Un nuovo
modello di sviluppo che somiglia molto a quell’economia a misura d’uomo, che
rifiuta lo scarto, attenta alla custodia della casa comune di cui parla Papa
Francesco. Un’economia in cui un’Italia che fa l’Italia è già in campo, che è
strategica anche per il Pianeta e può rappresentare il nostro contributo alla
Cop21 di Parigi».
Alfieri di questa tendenza sono soprattutto i settori classici del made in Italy
come la moda e il sistema alimentare, ma anche settori tradizionalmente
inquinanti come quello farmaceutico o quello delle produzioni di gomma,
plastiche e minerali non metalliferi, in cui si denota una forte crescita
tendenziale di processi produttivi eco-compatibili.
Non si tratta, beninteso di beneficenza, né di ecosostenibilità fine a se stessa:
«L’evoluzione ecosostenibile di una buona parte del nostro sistema produttivo
è stata funzionale alla crescita della qualità delle nostre produzioni e della loro
«Puntando sul green non solo il made in Italy ha coniugato
qualità, tradizioni, innovazione e competitività, ma ha aperto la
via dell’economia circolare. Un’economia in cui un’Italia che fa
l’Italia è già in campo, che è strategica anche per il Pianeta e può
rappresentare il nostro contributo alla Cop21 di Parigi».
Ermete Realacci, Fondazione Symbola
“
8. capacità competitiva - ha evidenzia il presidente di Unioncamere, Ivan Lo
Bello -. È importante fare emergere con queste analisi l’Italia dell’innovazione
che scommette sul futuro. Continuare a far crescere questo volto “verde” della
nostra economia vuol dire anche adoperarsi per creare un contesto più
innovativo e competitivo»
«L’evoluzione ecosostenibile di una buona parte del nostro
sistema produttivo è stata funzionale alla crescita della qualità
delle nostre produzioni e della loro capacità competitiva»
Ivan Lo Bello, Presidente Unioncamere
“
9.
10. Più sorprendente ancora, tuttavia, è constatare come siano le grandi città e le
piccole imprese a trainare questa evoluzione. Relativamente agli eco-
investimenti, ad esempio, le città che in assoluto e in percentuale, ospitano più
imprese green sono Milano, Roma, Napoli, Torino e Bari, con la Lombardia
che, tra le regioni, doppia il Veneto secondo classificato. Mentre riguardo alla
dimensione d'impresa, è singolare notare come le realtà che assumano più
figure "green" - “ciascun lavoratore che applica competenze verdi nello
svolgimento di tutte o di una parte delle proprie mansioni lavorative”, secondo
la classificazione dell'Eurobarometro - sono quelle con meno di dieci
dipendenti. Forse piccolo non sarà più così bello, ma di sicuro è “verde”.
11. Venerdì 23 Ottobre 2015 Segui @Agenzia_Italia
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Ambiente: rapporto Symbola-Unioncamere sulla green economy
(AGI) - Roma, 23 ott. - "Green economy: la sfida del futuro - L'Italia verso la Cop21 di Parigi" e' il tema del Rapporto
GreenItaly [...]
Energia: GE Oil & Gas apre porte stabilimento alla comunita'
Ambiente: rapporto Symbola-Unioncamere sulla green
economy
17:10 23 OTT 2015
(AGI) - Roma, 23 ott. - "Green
economy: la sfida del futuro - L'Italia
verso la Cop21 di Parigi" e' il tema del
Rapporto GreenItaly 2015 di Symbola
e Unioncamere che verra' presentato
il 30 ottobre, ore 11, presso la sede
della stessa Unioncamere (piazza
Sallustio 21). La ricerca sara'
illustrata da Domenico Mauriello,
responsabile Servizio Ricerca e
Formazione di Unioncamere, e
interverranno Ivan Lo Bello,
presidente Unioncamere, Ermete
Realacci, presidente della Fondazione Symbola, Francesco Starace, amministratore delegato
Enel, e Roberto De Santis, presidente del Conai (Consorzio nazionmale imballaggi). (AGI) .
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23-10-2015
074078
Symbola
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23. Home Sezioni Economia Green economy
Secondo GreenItaly 2015, il sesto rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, in
collaborazione con il Conai dall’inizio della crisi più di un’azienda su quattro ha scommesso sul
green, vale a dire si è impegnata a investire in modo etico, responsabile e orientati all’ambiente
Dall’inizio della crisi più di un’azienda su quattro ha scommesso sul green, vale a dire si è
impegnata a investire in modo etico, responsabile e orientati all’ambiente. Il processo di
transizione del green economy passa infatti in buona parte dai cosiddetti eco-investimenti.
Sono 372.000 le aziende italiane (ossia il 24,5% del totale) che dal 2008 hanno investito, o lo
faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia
e contenere le emissioni di CO2. Una propensione che abbraccia tutti i settori della nostra
economia, da quelli più tradizionali a quelli high tech, dall'agroalimentare all’edilizia, dalla
manifattura alla chimica, dall'energia ai rifiuti, e che sale al 32% nel manifatturiero. Se si
Green economy
DallaGreeneconomy,unfuturomigliorenonsoloper
l’Italia
di Monica Straniero 03 novembre 2015
24. guarda alla geografia delle imprese green, il numero di aziende che hanno effettuato eco-
investimenti è distribuita in modo piuttosto uniforme lungo tutto lo Stivale, ma trova nel Nord
del Paese il suo punto di forza.
È quanto emerge da GreenItaly 2015, il sesto rapporto di Fondazione Symbola e
Unioncamere, in collaborazione con il Conai, che misura e pesa la forza del green economy
nazionale. Uno “spread verde” per l’Italia che si rivela importante in vista della COP 21 di
Parigi, il summit mondiale sui mutamenti climatici che ha l’obiettivo di ridurre ad un massimo
di due gradi l’aumento di temperatura sulla terra”, spiega il presidente di Fondazione
Symbola, Ermete Realacci. Dopo oltre vent’anni di mediazione da parte delle nazioni Unite,
si dovrebbe concludere nella capitale francese un trattato vincolante e universale per fermare
il riscaldamento globale.
Insomma l’ambiente non è più considerato un vincolo ma un’opportunità. “Lo dicono i
numeri che confermano come la scelta della sostenibilità non è rinviabile” ribadisce il
presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello. “Peraltro alla nostra green economy si devono
102,497 miliardi di valore aggiunto, pari al 10,3% dell’economia nazionale”.
La green economy ha avuto anche il merito di creare professionalità del tutto nuove o ne ha
modificate di esistenti al punto da renderle quasi irriconoscibili. Il 14,9% delle assunzioni
previste per il 2015 (74.700 posti di lavoro) riguarda figure professionali che incorporano
per definizione competenze orientate in senso ambientale, come ad esempio ingegnere
energetico, ecobrand manager, esperto di acquisti verdi, espero nella commercializzazione
dei prodotti di riciclo. E sono soprattutto le piccole e medie imprese che stanno avviando
programmi di “riconversione verde” dell’occupazione: dalla fine del 2014, il 51% delle Pmi
italiane ha almeno un green job, più che nel Regno Unito (37%), Francia (32%) e Germania
(29%).
Secondo il rapporto, l’Italia fa molto bene anche nella riduzione dei rifiuti. A fronte di un avvio
a recupero industriale di oltre 163 milioni di tonnellate di rifiuti riciclabili su scala europea, in
Italia sono stati recuperati 25 milioni di tonnellate, il valore assoluto più elevato tra tutti i
paesi europei (in Germania sono 23). E siamo anche avanti nel processo di transizione
energetica verso un sistema più efficiente e meno dipendente dalle fonti estere. La
produzione di fonti rinnovabili in Italia rappresenta ormai il 43% dell’elettricità totale
generata nel paese. “Questo grazie anche agli italiani che stanno cambiando il proprio stile di
vita, da spreconi a eco-attenti”, aggiunge Lo Bello. “È dalle scelte green delle imprese che
possono arrivare risposte credibili ed efficaci per contrastare i cambiamenti climatici. Perché
25. chi impoverisce l’ambiente si rende partecipe di un inarrestabile processo di esclusione,
come ha spiegato di recente all’ONU Papa Francesco, autore quest’anno del documento più
autorevole e visionario che anticipa Parigi: l’enciclica Laudato sì”.
Insomma, una sfida non solo ambientale ma anche sociale e geopolitica, come dimostrano i
sempre più numerosi profughi ambientali. Secondo gli esperti, entro il 2050 si
raggiungeranno i 200/250 milioni di rifugiati ambientali, mentre il Programma delle Nazioni
Unite sull’ambiente (UNEP) prevede che nel 2060 in Africa ci saranno circa 50milioni di
profughi climatici. Ancora più pessimiste, le stime del Christian Aid che prevede circa
1miliardo di sfollati ambientali nel 2050.
Il rapporto è consultabile qui
27. La green economy è un’opportunità per il sistema produttivo italiano. Anzi, è
una realtà. Sono infatti 372mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi
con dipendenti che nel periodo 2008-2014 hanno investito, o prevedono di farlo
entro la fine dell’anno in corso, in prodotti e tecnologie verdi. Una su quattro,
racconta il rapporto Greenitaly presentato oggi alla sede di Unioncamere a
Roma, fa business verde. Il 24,5% dell’intera imprenditoria extra-agricola. Nel
manufatturiero sono una su tre (32%).
Alla nostra green economy si devono 102 miliardi di valore aggiunto - pari al
10,3% dell’economia nazionale – e quasi tre milioni di green job, ossia occupati
che applicano competenze verdi. Una cifra che corrisponde al 13,2%
dell’occupazione complessiva nazionale, destinata a salire ancora entro
dicembre.
Un aspetto, quello delle tecnologie verdi, che rende anche sul piano delle
esportazioni: le imprese verdi esportano, infatti, nel 18,9% dei casi, contro il
10,7% di quelle che non lo fanno.
Nella manifattura il 43,4% contro il 25,5%. E, di conseguenza, sono anche più
presenti nei mercati extra-europei: India, Cina, Sudafrica e Arabia Saudita su
tutti. Gli investimenti in nuovi prodotti o servizi contraddistinti da tecnologie
verdi convengono anche sotto il profilo dei bilanci: fra 2013 e 2014 il fatturato è
aumentato per il 19,6% delle imprese (solo del 13% per le altre).
(http://images.wired.it/wp-content/uploads/2015/10/1446133355_imprese.jpg)
Secondo il documento di 166 pagine stilato dalla Fondazione Symbola
(http://www.symbola.net/) insieme a Unioncamere
(http://www.unioncamere.gov.it/) queste imprese assumeranno quest’anno
294mila dipendenti, ben il 59% della domanda di lavoro.
Banda ultralarga, via libera al Catasto delle
infrastrutture
(http://www.wired.it/attualita/tech/2015/11/09/catasto
infrastrutturebandalarga/)
Leggi anche:
(http://innovationaward.wired.it/2015/09/27/alexand
alberta
chiolo/)
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28. L’economia verde è diffusa in modo uniforme lungo tutto lo Stivale anche se il
suo punto di forza è al Nord. La Lombardia è la regione che guida la classifica
regionale per numero delle imprese green, con quasi 71mila casi, poco meno di
un quinto del totale. Seguono a distanza Veneto e Lazio, che si attestano sulle
quote di 34.770 e 31.010 imprese green, poi Emilia Romagna e Campania,
rispettivamente con 30.710 e 27.920 realtà che hanno investito per migliorare le
loro performance ambientali.
Nonostante le problematiche italiane, in Europa siamo davanti su diversi fronti:
dalla fine del 2014 il 51% delle piccole e medie imprese italiane ha almeno un
green job in organico, più che nel Regno Unito (37%), Francia (32%) e Germania
(29%). Ingegneri energetici, esperti nella commercializzazione dei prodotti di
riciclo, programmatori delle risorse agroforestali, agricoltori biologici, esperti di
acquisti verdi, tecnici meccatronici o installatori di impianti termini a basso
impatto: queste alcune delle mansioni protagoniste di questa rivoluzione
continua. Fra l’altro, dai numeri del rapporto appare lampante come il settore
sia un driver assoluto d’innovazione per il Paese.
(http://images.wired.it/wp-content/uploads/2015/10/1446133345_greenjobs.jpg)
“L’evoluzione ecosostenibile di una buona parte del nostro sistema produttivo è
stata funzionale alla crescita della qualità delle nostre produzioni e della loro
capacità competitiva – ha detto Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere - è
importante fare emergere con queste analisi l’Italia dell’innovazione che
scommette sul futuro. Continuare a far crescere questo volto verde della nostra
economia vuol dire anche adoperarsi per creare un contesto più innovativo e
competitivo”.
Quest’anima verde pervade anche ogni altro aspetto industriale. In tema di
energia, per esempio, dalle 17 tonnellate di petrolio equivalente per milione di
euro prodotto nel 2008 siamo passati a 15: la Gran Bretagna ne brucia 12, la
Francia 16, Spagna e Germania 18. Bene anche nei rifiuti, con 39 tonnellate per
ogni milione di euro prodotto, cinque in meno del 2008: siamo i più efficienti in
Europa, molto meglio della Germania (65 tonnellate). Stesso discorso per la
riduzione delle emissioni: l’Italia è seconda tra le cinque grandi economie
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comunitarie (113 tonnellate CO2, ultimi dati disponibili 2012), dietro solo alla
Francia (91 tonnellate, in questo caso favorita dal nucleare) e, ancora una volta,
davanti alla Germania.
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content/uploads/2015/10/1446133365_investimentigreen.jpg)
“Questi risultati non rappresentano da soli la soluzione ai mali antichi del
Paese – scrivono Ermete Realacci, presidente di Symbola, e Lo Bello – non solo
il debito pubblico ma le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella
criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia inefficace e spesso soffocante.
Sono però la pista di un’Italia coraggiosa in grado di guardare avanti, un’Italia
competitiva e innovativa su cui fare leva: per molti aspetti una nuova Italia”.
Altri aspetti riguardano ovviamente la produzione diffusa di energia
rinnovabile, con 800mila impianti di generazione, o la forza nell’universo dei
prodotti “distintivi” (Dop, Igt e Doc, Docg, Igt per il vino). Siamo anche i primi in
Europa per numero di imprese biologiche e tra i primi al mondo per superficie.
Con un valore aggiunto per ettaro, 1.989 euro, che è il triplo di quello del Regno
Unito, il doppio di Spagna e Germania e il 70% in più di quello dei cugini
francesi.
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This opera is licensed under a Creative Commons AttributionNonCommercialNoDerivs 3.0 Unported License (http://creativecommons.org/licenses/bync
nd/3.0/).
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disuguaglianze sociali nessun futuro
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32. Dalla green economy il 10% del Pil e 3 milioni di occupati
Dalla green economy il 10% del Pil e 3 milioni di
occupati
Alle attività legate alla sostenibilità ambientale in Italia si devono oltre 102 miliardi di euro di valore
aggiunto - pari al 10,3% dell’economia nazionale - e 2 milioni 942mila posti di lavoro. Un'azienda su
quattro nel 2015 investe nel green. La fotografia della green economy italiana nel report GreenItaly
2015.
La green economy in Italia è ormai un’occasione colta. Lo dicono i numeri di GreenItaly 2015, il
sesto rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai,
secondo cui un’impresa su quattro dall’inizio della crisi ha scommesso su innovazione, ricerca,
design, qualità e bellezza, sulla green economy. Sono infatti 372.000 le aziende italiane (ossia il
24,5% del totale) dell’industria e dei servizi che dal 2008 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in
tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di
CO2.
L’orientamento green si conferma un fattore strategico per il made in Italy: alla nostra green
economy si devono 102,497 miliardi di valore aggiunto - pari al 10,3% dell’economia nazionale -
e 2milioni 942mila green job, ossia occupati che applicano competenze ‘verdi’. Una cifra che
corrisponde al 13,2% dell’occupazione complessiva nazionale ed è destinata a salire ancora entro
dicembre. Dalla green Italy infatti arriveranno quest’anno 294.200 assunzioni legate a competenze
green: ben il 59% della domanda di lavoro. Solo quest’anno, incoraggiate dai primi segnali della
ripresa, 120mila imprese hanno investito green, o intendono farlo entro dicembre, il 36% in più
rispetto al 2014.
E in termini di risultati, nei bilanci, nell’occupazione e nelle performance ambientali del Paese -
commentano gli autori del report - l’Italia, nonostante i tanti problemi aperti, è il leader europeo in
alcuni campi dello sviluppo sostenibile.
Imprese green protagoniste dell’export e dell’innovazione
Le aziende della green Italy hanno infatti un dinamismo sui mercati esteri nettamente
superiore al resto del sistema produttivo italiano: esportano nel 18,9% dei casi, a fronte del 10,7%
di quelle che non investono nel verde. Nella manifattura il 43,4% contro il 25,5%. E sono più presenti
nei mercati extra-europei. Ancora, le imprese green innovano di più delle altre: il 21,9% ha
sviluppato nuovi prodotti o servizi, contro il 9,9% delle non investitrici. Spinto da export e
innovazione, il fatturato è aumentato, fra 2013 e 2014, nel 19,6% delle imprese che investono green,
contro il 13,4% delle altre. Percentuali che nel manifatturiero salgono al 27,4% contro il 19,9%.
Anche nel creare lavoro la sostenibilità è un driver importante, sia tra le imprese eco-investitrici
che tra le altre. Il 14,9% delle assunzioni previste per il 2015 (74.700 posti di lavoro) riguarda
green jobs, soglia cresciuta di 4 punti percentuali rispetto al 2009. Nell’area aziendale della
progettazione e della ricerca e sviluppo si arriva al 67%, con i green jobs che diventano i veri
protagonisti dell'innovazione. Se poi andiamo oltre lo steccato dei green jobs propriamente detti e
guardiamo anche alla richiesta di figure professionali con competenze green, vediamo che le
assunzione con questi requisiti sono 219.500. Nell’insieme si arriva a ben 294.200 lavoratori ‘green’,
il 59% della domanda di lavoro. Anche le nostre piccole e medie imprese portano il loro
importante contributo e primeggiano a livello europeo sul fronte della ‘riconversione verde’
dell’occupazione: dalla fine del 2014, il 51% delle Pmi italiane ha almeno un green job, più che nel
Regno Unito (37%), Francia (32%) e Germania (29%).
Primati energetici e nel riciclo dei rifiuti
Grazie anche alle realtà che puntano sull’efficienza l’Italia vanta importanti primati sul fronte
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33. Dalla green economy il 10% del Pil e 3 milioni di occupati
dell’ambiente a livello europeo. A parità di valore prodotto le nostre aziende utilizzano meno
materie prime ed energia e producono meno rifiuti ed emissioni. Eurostat certifica che le
imprese italiane, con 337 kg di materia prima ogni milione di euro prodotto, non solo fanno molto
meglio della media Ue (497 kg), ma si piazzano seconde tra quelle delle grandi economie
comunitarie dopo le britanniche (293 kg), davanti a Francia (369), Spagna (373) e ben avanti alla
Germania (461).
Analoga dinamica si regista anche per l’energia utilizzata. Siamo secondi tra i big player europei,
dietro al solo Regno Unito. Dalle 17 tonnellate di petrolio equivalente per milione di euro del 2008
siamo passati a 15: la Gran Bretagna ne brucia 12, la Francia 16, Spagna e Germania 18. L’Italia fa
bene anche nella riduzione dei rifiuti. Con 39 tonnellate per ogni milione di euro prodotto (5 in meno
del 2008) siamo i più efficienti in Europa, di nuovo molto meglio della Germania (65 t). E nella
riduzione delle emissioni in atmosfera: siamo secondi tra le cinque grandi economie comunitarie
(113 tonnellate CO2, ultimi dati disponibili 2012), dietro solo alla Francia (91 t, in questo caso
favorita dal nucleare) e, ancora una volta, davanti alla Germania.
E siamo leader europeo nel riciclo industriale: a fronte di un avvio a recupero industriale di oltre 163
milioni di tonnellate di rifiuti riciclabili su scala europea, nel nostro Paese sono stati recuperati 25
milioni di tonnellate, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania sono 23).
Riciclaggio nei cicli produttivi che ci ha permesso di risparmiare energia primaria per oltre 15 milioni
di tonnellate equivalenti di petrolio ed emissioni per circa 55 milioni di tonnellate di CO2. L'Italia è
inoltre tra le principali economie europee, seconda solo alla Germania, in termini di percentuale di
riciclo e di recupero di rifiuti di imballaggio, facendo meglio di Spagna, Francia e Regno Unito.
Geografia degli eco-investimenti
La green Italy è diffusa in modo piuttosto uniforme lungo tutto lo Stivale, ma trova nel Nord del
Paese il suo punto di forza. Più nel dettaglio, la Lombardia è la regione che guida la classifica
regionale per numero delle imprese green, con quasi 71.000 casi che rappresentano poco meno di
un quinto del totale. Seguono a distanza Veneto e Lazio, che si attestano sulle quote di 34.770 e
31.010 imprese green, poi Emilia Romagna e Campania, rispettivamente con 30.710 e 27.920 realtà
che hanno investito per migliorare le loro performance ambientali. E quindi troviamo Piemonte con
27.330 imprese green, Toscana attestata sulla soglia di 26.770, poi Puglia con 23.300 casi, Sicilia
22.520 e ancora Marche 10.800.
Dove e quali sono i più richiesti green jobs
Vista la presenza prevalente di imprese green nel Nord-Ovest, anche la diffusione geografica della
domanda di green jobs riproduce quella delle imprese green e vede una marcata concentrazione
nel Nord-Ovest, dove le assunzioni previste per il 2015 arrivano a sfiorare le 26.000 unità, di cui
ben 19mila solo in Lombardia. Buone prospettive per le assunzioni dal mondo della green economy
anche nel Nord-Est, dove le assunzioni di green jobs programmate entro l’anno sono quasi 16mila,
grazie soprattutto alla presenza del Veneto, dove se ne contano 6.210 unità.
La macroripartizione Sud e Isole conta su un numero di assunzioni di green jobs previste nel 2015 di
17.600 unità, mentre il Centro si attesta a 15.170, 9.410 delle quali nel Lazio (regione in seconda
posizione dietro la Lombardia nella graduatoria per numerosità assoluta di assunzioni di green jobs).
Tra le regioni più virtuose su questo fronte citiamo anche l’Emilia Romagna (6.390), il Veneto
(6.210) e la Campania (5.030). Scendendo nel dettaglio provinciale, troviamo sul podio, con il più
elevato numero di assunzioni di green jobs programmate per quest’anno, la provincia di Milano
(11.450 unità), cui seguono la provincia Roma (8.060), Torino (3.110) e Napoli (2.860).
Tra le figure professionali verdi, i green jobs più richiesti sono: l’installatore di impianti termici
a basso impatto, l’ingegnere energetico, il tecnico meccatronico, l’ecobrand manager, l’esperto di
acquisti verdi, l’esperto in demolizione per il recupero dei materiali, l’esperto del restauro urbano
storico, il serramentista sostenibile, l’esperto nella commercializzazione dei prodotti di riciclo, il
programmatore delle risorse agroforestali, l’esperto in pedologia – la scienza che studia il suolo, la
genesi, sua composizione, le variazioni, soprattutto a fini agricoli -, l’ingegnere ambientale, lo
statistico ambientale e il risk manager.
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34. Dalla green economy il 10% del Pil e 3 milioni di occupati
Il rapporto "GreenItaly 2015" (pdf)
URL di origine (Salvata il 09/11/2015 - 17:42):
http://www.qualenergia.it/articoli/20151030-dalla-green-economy-il-10-del-pil-e-3milioni-di-occupati
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