Nella presentazione troverete un estratto dal libro "Conciliazione e Strategia", scritto da Gian Marco Boccanera e tratto dall'Introduzione. La Crisi che stiamo vivendo non è finita, anzi, ne sperimenteremo gli effetti anche nei prossimi 5/10 anni. Per questo motivo affrontarla con approccio tradizionale, come è stato fatto finora, non sortirà effetto. Bisogna ripensare il capitalismo e cambiare ottica di visione e in questo strategico è il ruolo delle professioni che dovranno riscoprire il loro apporto sociale (Social Foot-print).
2. “...il mondo sta ancora sperimentando gli effetti, devastanti ed ancora non
pienamente dispiegati, di una Crisi, che, per gravità ed intensità, viene spesso
paragonata alla grande Crisi del 1929, che ha determinato una prolungata
Recessione Mondiale, per lasciare poi il testimone al periodo di recupero e di
ripresa che è iniziato con il programma strategico del New Deal del 1933/1937,
tenacemente condiviso e realizzato dal Presidente U.S.A. Franklin Delano Roosevelt.
giovedì 2 dicembre 2010
3. Io penso che questa Crisi sia addirittura più ampia di
qualsiasi altra sinora sperimentata, e che l’orizzonte
temporale con cui confrontarci sia quello di 5/10 anni di
residua durata, sicché ogni tentativo di affrontare con
mezzi convenzionali una situazione assolutamente
straordinaria come questa è destinato a non sortire
effetto. E ce ne siamo accorti davvero, date le fortissime
iniezioni di liquidità effettuate nel sistema economico
americano che l’ha generata (T.A.R.P.: Troubled Asset Relief
Program) e le attuali politiche di salvataggi bancari (bail-
out) e di allentamento quantitativo della moneta
(quantitative easing), tuttora in pieno svolgimento.
giovedì 2 dicembre 2010
4. Sì, ma fino a quando potranno essere utili metodi tradizionali e
convenzionali? E soprattutto a che prezzo? Quale è il prezzo
che la Collettività sarà (ancora) disposta a pagare, senza vedere
apprezzabili risultati di miglioramento?
Abbiamo tirato tutti un liberatorio sospiro di sollievo, tipico
dello scampato pericolo, quando lunedì mattina 10 maggio
scorso abbiamo appreso che da Bruxelles è stato varato un
piano di aiuti di 750 miliardi di euro a garanzia della solvibilità
della Grecia e di altri Paesi della nostra Euro-zone.
giovedì 2 dicembre 2010
5. La dialettica tra il rigorismo e l'aiuto in extremis ha fatto
prevalere quest'ultimo. Nella considerazione della scelta del
male minore e con una dimensione intimamente interessata: è
ancora fresco il ricordo della sorte toccata alla Banca
Lehman Brothers, abbandonata a sé stessa e
inaspettatamente lasciata al suo destino di default
incontrollato, che ha intrecciato tutte le successive
conseguenze sull'economia e sulla finanza, in domino perfetto.
giovedì 2 dicembre 2010
6. Provo un senso di soddisfazione a far parte della Community che
ha proposto ed attuato un così importante atto di sostegno e di
fiducia a favore di uno Stato membro dell'Unione in difficoltà.
Questo da una parte.
Dall'altra mi sorge atroce un dubbio di sostenibilità dell'intero
impianto di aiuto a medio termine, e del prezzo che sarà
richiesto ai contribuenti europei, tra i quali noi italiani. Il prezzo
sarà alto, anzi altissimo e sarà pagato in "moneta sociale", ovvero
con rinunce di welfare che toccheranno a tutti. Prezzo tanto più
caro quanto più manifesto in un momento in cui occorre
prestare la massima cura e attenzione all’allocazione strategica
ed efficiente delle risorse pubbliche disponibili.
giovedì 2 dicembre 2010
7. Il meccanismo sembra funzionare. Le banche sull'orlo del
collasso, troppo grandi per fallire, fanno intervenire i governi,
collettivizzando le perdite, e continuando ad assumere rischi
ulteriori al rialzo, come se nulla fosse stato. I governi fanno
intervenire gli Stati quali garanti di ultima istanza, attraverso
emissione di "bond" pubblici in sostituzione di quelli tossici, o
invendibili. Gli Stati in difficoltà fanno intervenire l'Unione
Europea, quale garante, a sua volta, dell'indebitamento dei
primi, acquisendone titoli pubblici, sui quali riversano la
garanzia più ampia dell'Unione intera, frazionandola poi tra i
rispettivi Paesi in splitting di garanzie.
giovedì 2 dicembre 2010
8. Sì, ma fino a che punto? Fino a che punto siamo disposti ad
arrivare? Ad un certo punto, non mutando né le cause, né gli
attori che hanno dato luogo a questi perversi effetti, ci sarà
bisogno di un Ente superiore che garantisca a sua volta
l'Unione Europea, pena il collasso del Sistema.
Una sana riflessione sul tema è dovuta.
Ed è dovuta PRIMA che la situazione si complichi avviandosi
e avvitandosi pericolosamente
sulla scoscesa china dell'irreparabile...”
giovedì 2 dicembre 2010