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Perdonatemi se sarò davvero molto schematico. Io poi mi occupo di organizzazione
e governance e non primariamente di rete... Anche se la rete è sempre stata per me
un grande stimolo. Anche se ho esultato con il manifesto Cluetrain (ne parliamo
dopo).
Quella di prima era solo una storia. Come vanno le nostre innumerevoli battaglie
per il 2.0?




                                                                                     5
Non vorrei che il 2.0 assomigliasse alla storia di prima:
Questa storia dice: prima c’era 1.0, il Necessario: eccone le connotazioni: Necessità
obbedienza gerarchia irreversibilità pesantezza dell’essere dovere perfezione
macchina regole genitore punizione castello causa-effetto punizione standard top-
down Taylor




                                                                                        6
...ed ora finalmente arriva il 2.0: possibilità partecipazione accesso affluenza
circolazione reversibilità possibilitazione wiki pertinenza sogno, “leggerezza
dell’essere” piacere bambino gioco bottom up campeggio (“camp”) spontaneità
gruppo conversazione.


Non dico che ci crediamo fino in fondo: sappiamo tutti che le cose sono più
complesse, ma ci facciamo un po’ dominare da questa immagine ingenua del 2.0.




                                                                                   7
Forse perché, dietro questa immagine, c’è una storia vecchia quanto l’umanità.
E’ quella dei giovani primati che insidiano in gruppo (il branco) la grotta del maschio
    alfa. (cfr: Luigi Zoja, il gesto di Ettore)
Io comunque per fortuna sono un maschio beta.




                                                                                          8
... è la storia delle tesi di Wittenberg di Lutero: la Chiesa non ci serve. Parliamo
direttamente fra di noi e con Dio. (Sia detto per chi crede.)




                                                                                       9
E’ quella dell’ “l’immaginazione al potere” di 40 anni fa. Come allora, c’è una forte
connotazione generazionale in questo messaggio.




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E’ quella del meraviglioso Manifesto Cluetrain (10 anni fa): l’azienda è una finzione,
ci sono solo le persone e le loro conversazioni (che “suonano umane”). 95 tesi
come Lutero!




                                                                                         11
Di solito si sente dire però: questo non sarà mai possibile. “Sarebbe bello.”
Ma il mondo dell’immaginazione al potere sarà poi davvero “bello”?




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Fra le strane somiglianze: “la mano invisibile del mercato” di Adam Smith non
assomiglia all’immagine naif del 2.0? Anche quella risolveva tutto, senza inutili
gerarchie…




                                                                                    13
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Ma come vanno le cose nella realtà?


Qualche esempio:


La sanità è davvero un terreno molto fertile anche per il 2.0. Mettere insieme le
conoscenze per curare tutti meglio. Superare i baroni obsoleti...


Ma cosa succederebbe con dei protocolli chirurgici (un tipico strumento di Clinical
Governance) “puramente” 2.0?
Dei protocolli wiki?


Voi vi fareste operare da un equipe che segue protocolli wiki? (Li vedete un po’
incerti, vero?)




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E un consiglio di amministrazione? Riunioni filmate, magari da mettere su una
piattaforma on line... Trasparenza, feedback. Benissimo!


Un mio amico che fa l’avvocato penalista mi ha raccontato di avere partecipato a un
CdA filmato, all’americana. Il nuovo amministratore delegato era americano. Ma gli
altri erano italiani.
Se ne sono raccontate talmente tante che il mio amico gli ha fatto cancellare il
nastro.


(Oppure succederebbe che le cose importanti se le dicono dopo, nel parcheggio...)




                                                                                      18
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D’altra parte, è come se il 2.0 stesse “spontaneamente” producendo controlli.
Produce “necessità”.
Quando si esce dalla “conversazione” e si toccano conseguenze pratiche ecco
riapparire la dimensione “verticale” del controllo.
(Leggo da un altro foglietto.)




                                                                                21
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Visto che mi si dice che Ignite è spesso autoreferenziale, cito proprio Ignite.
Proprio l’abbondanza delle voci ha prodotto spontaneamente una regola così ferrea
come quella dei 5 minuti.




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Davvero schematicamente: bisogna trovare un equilibrio fra «logica della
possibilità» (accesso, partecipazione) e «logica della necessità» (filtri, gerarchie).




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La precedente triade fa venire in mente questa: lo schema ipersemplificato
dell’analisi transazionale.




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Qual è la dinamica di queste soluzioni? Io me la immagino così: lo spazio delle
attività e delle discussioni genera anche il metaspazio delle regole e delle strutture,
e poi ci cammina sopra.




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L’obiezione potrebbe essere: ma quando ci sono i filtri e le autorità non è più «vero
2.0». Questa però sembra una domanda sulle «essenze», di tipo τί ἐστί (ti estì). Alla
quale si risponde, ricordandoci di Popper: cosa definire come 2.0 lo decidiamo noi…




                                                                                        30

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Governare Reti, Governare con le Reti (con note intervento)

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  • 5. Perdonatemi se sarò davvero molto schematico. Io poi mi occupo di organizzazione e governance e non primariamente di rete... Anche se la rete è sempre stata per me un grande stimolo. Anche se ho esultato con il manifesto Cluetrain (ne parliamo dopo). Quella di prima era solo una storia. Come vanno le nostre innumerevoli battaglie per il 2.0? 5
  • 6. Non vorrei che il 2.0 assomigliasse alla storia di prima: Questa storia dice: prima c’era 1.0, il Necessario: eccone le connotazioni: Necessità obbedienza gerarchia irreversibilità pesantezza dell’essere dovere perfezione macchina regole genitore punizione castello causa-effetto punizione standard top- down Taylor 6
  • 7. ...ed ora finalmente arriva il 2.0: possibilità partecipazione accesso affluenza circolazione reversibilità possibilitazione wiki pertinenza sogno, “leggerezza dell’essere” piacere bambino gioco bottom up campeggio (“camp”) spontaneità gruppo conversazione. Non dico che ci crediamo fino in fondo: sappiamo tutti che le cose sono più complesse, ma ci facciamo un po’ dominare da questa immagine ingenua del 2.0. 7
  • 8. Forse perché, dietro questa immagine, c’è una storia vecchia quanto l’umanità. E’ quella dei giovani primati che insidiano in gruppo (il branco) la grotta del maschio alfa. (cfr: Luigi Zoja, il gesto di Ettore) Io comunque per fortuna sono un maschio beta. 8
  • 9. ... è la storia delle tesi di Wittenberg di Lutero: la Chiesa non ci serve. Parliamo direttamente fra di noi e con Dio. (Sia detto per chi crede.) 9
  • 10. E’ quella dell’ “l’immaginazione al potere” di 40 anni fa. Come allora, c’è una forte connotazione generazionale in questo messaggio. 10
  • 11. E’ quella del meraviglioso Manifesto Cluetrain (10 anni fa): l’azienda è una finzione, ci sono solo le persone e le loro conversazioni (che “suonano umane”). 95 tesi come Lutero! 11
  • 12. Di solito si sente dire però: questo non sarà mai possibile. “Sarebbe bello.” Ma il mondo dell’immaginazione al potere sarà poi davvero “bello”? 12
  • 13. Fra le strane somiglianze: “la mano invisibile del mercato” di Adam Smith non assomiglia all’immagine naif del 2.0? Anche quella risolveva tutto, senza inutili gerarchie… 13
  • 14. 14
  • 15. Ma come vanno le cose nella realtà? Qualche esempio: La sanità è davvero un terreno molto fertile anche per il 2.0. Mettere insieme le conoscenze per curare tutti meglio. Superare i baroni obsoleti... Ma cosa succederebbe con dei protocolli chirurgici (un tipico strumento di Clinical Governance) “puramente” 2.0? Dei protocolli wiki? Voi vi fareste operare da un equipe che segue protocolli wiki? (Li vedete un po’ incerti, vero?) 15
  • 16. 16
  • 17. 17
  • 18. E un consiglio di amministrazione? Riunioni filmate, magari da mettere su una piattaforma on line... Trasparenza, feedback. Benissimo! Un mio amico che fa l’avvocato penalista mi ha raccontato di avere partecipato a un CdA filmato, all’americana. Il nuovo amministratore delegato era americano. Ma gli altri erano italiani. Se ne sono raccontate talmente tante che il mio amico gli ha fatto cancellare il nastro. (Oppure succederebbe che le cose importanti se le dicono dopo, nel parcheggio...) 18
  • 19. 19
  • 20. 20
  • 21. D’altra parte, è come se il 2.0 stesse “spontaneamente” producendo controlli. Produce “necessità”. Quando si esce dalla “conversazione” e si toccano conseguenze pratiche ecco riapparire la dimensione “verticale” del controllo. (Leggo da un altro foglietto.) 21
  • 22. 22
  • 23. 23
  • 24. Visto che mi si dice che Ignite è spesso autoreferenziale, cito proprio Ignite. Proprio l’abbondanza delle voci ha prodotto spontaneamente una regola così ferrea come quella dei 5 minuti. 24
  • 25. 25
  • 26. 26
  • 27. Davvero schematicamente: bisogna trovare un equilibrio fra «logica della possibilità» (accesso, partecipazione) e «logica della necessità» (filtri, gerarchie). 27
  • 28. La precedente triade fa venire in mente questa: lo schema ipersemplificato dell’analisi transazionale. 28
  • 29. Qual è la dinamica di queste soluzioni? Io me la immagino così: lo spazio delle attività e delle discussioni genera anche il metaspazio delle regole e delle strutture, e poi ci cammina sopra. 29
  • 30. L’obiezione potrebbe essere: ma quando ci sono i filtri e le autorità non è più «vero 2.0». Questa però sembra una domanda sulle «essenze», di tipo τί ἐστί (ti estì). Alla quale si risponde, ricordandoci di Popper: cosa definire come 2.0 lo decidiamo noi… 30