2. STORIA DELLA FOTOGRAFIA
La fotografia, come tutte le invenzioni che hanno
caratterizzato la civiltà, non ha un solo inventore ma
è il risultato combinato degli sforzi di una fitta schiera
di personaggi: alchimisti e ricercatori, ciarlatani e
nobili illuminati, scienziati e maestri artigiani. La
fotografia nacque per tentativi nei quali il caso ebbe
la parte maggiore. Erano esperienze fatte senza
teoria, senza metodo, senza principio. Le ricerche
confluirono su due fenomeni: il principio della
“camera obscura” e l'effetto del sole su alcuni
composti a base di sali d'argento.
3. LA CAMERA OBSCURA
Se in una stanza
completamente
oscurata si lascia
entrare luce da un
piccolissimo foro sulla
parete, apparirà sul
lato opposto
l'immagine della
scena posta di fronte
al foro, ma invertita e
rovesciata.
4. Questo effetto era già noto agli arabi nel 1200, ma
viene studiato con sistematicità solo nel tardo
rinascimento. Molti attribuiscono al napoletano
Giovan Battista Porta il merito di avere per primo
descritta la camera oscura, base della moderna
fotografia, nel trattato De Magia Naturalis del 1558. In
realtà la geniale osservazione da cui nacque la
camera oscura si deve a Leonardo Da Vinci. Porta
ridusse le proporzioni della camera descritta da
Leonardo e per avere proporzioni più chiare, più
illuminate, più disegnate munì il foro di una lente
piano convessa: in faccia al foro collocò uno
specchio a 45° e un vetro smerigliato al di sopra
dello specchio in modo da vedere l'immagine non più
rovesciata, ma raddrizzata.
5. EFFETTO DEL SOLE
La fotografia è basata
sulla modificazione che
varie sostanze
subiscono per l'azione
esercitata dalla luce.
Questo processo era
noto già agli antichi.
Con il 1700, il secolo dei
lumi, ripresero gli studi
sui composti sensibili e
più in generale sulla
riproducibilità delle
immagini
6. Wedgwood (1771,1805) dopo aver impregnato la
carta con una soluzione di nitrato d'argento vi
collocava oggetti la cui immagine restava impressa
quando il tutto veniva esposto alla luce. Ma egli non
sapeva come fissare le immagini, che nuovamente
esposte alla luce si annerivano completamente fino
a scomparire. A riprendere gli esperimenti fu il
francese Niecepore Niepce che nel 1827 riuscì ad
ottenere la prima immagine stabile su un supporto
di peltro: egli non usava però il nitrato d'argento, il
cui annerimento non sapeva ancora arrestare, ma il
bitume di giudea, un asfalto allora usato come
vernice, solubile in olio.
7. Su una lastra di zinco egli stendeva uno strato di
bitume di giudea, dopo aver posto sulla lastra un
disegno su vetro o carta trasparente la esponeva
alla luce, con esposizioni intorno alle 8 ore; una
volta eliminato il bitume di giudea otteneva
un'immagine su positivo. Niepce chiamò le
immagini così ottenuto eliografie.
8. Quando Niepce si trovò ad un punto morto nelle
sue ricerche, conobbe Louis Jacques Mandé
Daguerre, un pittore che si serviva della camera
obscura per produrre gigantografie di scenari
suggestivi proiettati poi nel Diorama, un teatro di
particolari dimensioni.
9. Niepce morì e Daguerre proseguì gli esperimenti,
introducendo alcune varianti: egli sottoponeva al
buio una lastra di rame all'azione di vapori di
iodio: si formava così uno strato di ioduro
d'argento sensibile alla luce. La lastra veniva
impressionata poi in una camera obscura con
esposizioni non inferiori ai 15 minuti.
L'annerimento veniva rallentato con soluzioni ad
alto contenuto di sale.
10. La dagherrotipia fu una vera rivoluzione
all'interno del mondo artistico dell'epoca: quando
in Gran Bretagna furono presentati i dagherrotipi
suscitarono questa affermazione entusiastica:
“da oggi la pittura è morta”
11. La pittura poi si ribellò dando il via all'eterno
dibattito sul rapporto tra fotografia e arte.
Dall'Europa la dagherrotipia si diffuse negli Stati
Uniti: nel marzo 1840 fu aperto a New York il
primo studio fotografico del mondo per ritratti a
dagherrotipo. Di lì a poco gli studi si
moltiplicarono. I clienti provenivano
principalmente da classi elevate, il costo dei ritratti
era infatti abbastanza alto: nonostante ciò vi fu
una diffusione sorprendente, fino a diventare una
vera e propria moda. Il dagherrotipo veniva inoltre
valorizzato dalle montature decorative e dalla
pratica di montarle su gioielli. Le prime fotografie
vennero trattate come oggetti di estremo valore.
12. Nello stesso periodo in cui il dagherrotipo si
diffondeva, un altro ricercatore, William Henry
Fox Talbot aveva raggiunto analoghi risultati. Egli
trattava la carta con cera per renderla trasparente,
poi con sale e nitrato d'argento per renderla
sensibile: vi poggiava sopra rametti o foglie ed
esponeva il tutto al sole. In seguito, trattava la
carta con una soluzione fortemente salina,
riuscendo se non ad arrestare quantomeno a
rallentare l'annerimento dell'immagine. Se ne
potevano così fare delle copie su carta
sensibilizzata prima che il “negativo” svanisse.
13. Calotipo fu il nome che Talbot diede alle sue
immagini: paradossamente, se pur fu il vero
antenato della fotografia contemporanea, non
raggiunse mai una vasta popolarità (nonostante il
processo negativo-positivo permettesse una
tiratura in molte copie e quindi un costo ridotto).
14. Talbot incontrò lo studioso John Herschel che
usando una soluzione di iposolfito di sodio aveva
bloccato l'azione della luce sull'annerimento
dell'immagine, e quindi creato il cosiddetto
“fissaggio”. Fu questo che permise il decollo
ufficiale della fotografia.
15. La notizia secondo cui la realtà poteva essere
riprodotta senza la mediazione dell'artista
provocò uno scalpore oggi difficilmente
immaginabile. I vertici del potere intuirono sin da
subito che questo strumento aveva ben altre
potenzialità che la sostituzione della pittura nel
ritrarre la nobiltà, e vennero vietate tutte le
immagini che potessero essere in contrasto con
l'iconografia ufficiale ( ad esempio le prime
immagini di guerra contraddicevano la retorica di
stato e le menzogne)
17. La riproducibilità della calotipia introdusse un
nuovo elemento: la tiratura di stampe – che ebbe
infatti effetti commerciali a lungo termine.
L'invenzione del collodio umido di Scott Archer
(1851) portò a un successivo passo: sino ad allora
lo svantaggio maggiore del negativo era la
mancanza di definizione e dettagli. Ora la
definizione era più precisa e permetteva un
numero illimitato di copie. Ma questa presentava
serie limitazioni tra cui la necessità di sviluppo
immediato del negativo dopo l'esposizione e delle
lunghe esposizioni richieste.
18. Lo sviluppo del processo a lastra asciutta alla
gelatina (1871) cambiò questo quadro, e lo
sviluppo poteva rimanere latente per molto tempo.
A rendere la fotografia istantanea e alla portata di
tutti fu invece George Eastman con l'invenzione
nel 1888 della Kodak: una piccola macchina
caricata con un rotolino di carta sensibile che
permetteva di ottenere 100 immagini di formato
rotondo. Lo slogan diceva “voi premete un
bottone, noi faremo il resto”
20. Adolphe Disdéri promosse su vastissima scala il
ritratto fotografico grazie alle sue carte-de-visite,
immagini su biglietto da visita di 6,35 x 10,5 cm
con costi di produzione bassi che divennero ben
presto oggetto di culto e di collezione. Le carte-
de-visite erano talmente di moda che molti
ritrattisti lasciarono gli studi pittorici per lavorare in
studi fotografici colorando a mano le immagini.
22. HYPPOLITE BAYARD
Tra i pionieri della fotografia va senz'altro ricordato
anche Bayard (1801-1887). egli era giunto agli stessi
risultati di Talbot e Daguerre, ma gli venne chiesto di
nascondere la sua invenzione per non danneggiare
l'acquisto del dagherrotipo da parte del governo
francese.
23. Autoritratto in figura d'annegato
Così il 18 ottobre 1840 si
fotografò seminudo in
posa da annegato nella
Senna, offrendo nella
didascalia una
spiegazione ironica del
gesto estremo per
l'iniquità subita. Quello di
Bayard può essere
considerato il primo
autoritratto fotografico
della storia, nonché il
primo atto performativo.
24. Nadar fu uno dei maggiori protagonisti della
ritrattistica ottocentesca: da lui si fecero
fotografare tutte le personalità maschili più illustri
dell'epoca: Dumas, Delacroix, Rossini, Wagner,
Baudelaire, Hugo e alcuni personaggi femminili
come Sara Bernhardt. Tutto l'elite parigino senti il
bisogno di passare dallo studio di Nadar per farsi
ritrarre; veniva infatti definito il “tiziano della
fotografia”. Quella di Nadar era una fotografia
introspettiva e psicologica: i soggetti erano
fotografati in piano americano (dalle ginocchia in
su) e guardavano dentro l'obiettivo, cercando di
coglierne l'espressione più intima.
26. Lo stile del ritratto fotografico rimase lo stesso per
molto tempo. La posa, composta davanti a un
tendone drappeggiato e classicheggiante, si
ispirava alla pittura dell'epoca. Talvolta erano
introdotti attrezzi e materiali scenici che dessero
una collocazione precisa al soggetto. Solo nei lavori
dei ritrattisti più sensibili si può percepire un analisi
della personalità del soggetto. Si comincia ben
presto a delineare la separazione tra fotografo
commerciale e artista. Le opere di Lewis Carrol, ad
esempio, erano contraddistinte dalla dolcezza della
composizione, quelle di Julia Margaret Cameron
dalla interpretazione drammatica.