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Alcol e Fegato

  • 1. “ Analisi degli effetti dell’alcool in una popolazione di epatopatici” Tesi di specialità Scuola di specializzazione in malattie del fegato e del ricambio
  • 2.
  • 3.
  • 4.
  • 5. Definizione 340 ml Birra 115 ml vino - > 10 g etanolo 43 ml liquore 750 ml vino - > 60 g etanolo
  • 6. Definizione 150 –200 g die per 10-12 gg -> steatosi reversibile 60 g ( o 20 g donna) per 10 anni -> Epatite cronica Alcolica 160 g per 10 anni -> Cirrosi Lo sviluppo dell’epatopatia è proporzionale sia alla durata che alla quantità di alcol
  • 7.
  • 8. Prevalenza in Italia Astemi - 33,5% 1 -> 39 g/die fino a 0,5 l 39,6 % 40 -> 60 g/die fino a 0,750 l 10,9 % Più di 60 g/die oltre 0,750 l 16,6 % Popolazione Percentuale N. Quantità di vino die
  • 9. Prevalenza nel nostro Ambulatorio di Epatologia (circa 400 pazienti) Astemi - 26 % 0 -> 60 g/die fino a 0,750 l 34 % Più di 60 g/die oltre 0,750 l 39 % Popolazione Percentuale N. Quantità di vino die
  • 10. Prevalenza nel nostro Ambulatorio di Epatologia (circa 400 pazienti)
  • 11. Prevalenza nel nostro Ambulatorio di Epatologia (circa 400 pazienti)
  • 12. Prevalenza nel nostro Ambulatorio di Epatologia (circa 400 pazienti) Età media
  • 13. Prevalenza nel nostro Ambulatorio di Epatologia (circa 400 pazienti) Età media 74 anni
  • 14. Prevalenza nel nostro Ambulatorio di Epatologia (circa 400 pazienti) Età media 74 anni 59 anni
  • 15.
  • 16. Meccanismi patogenetici Alcol Acetaldeide Ac. Acetico MEOS (10%) Ciclo di Krebs Alcol Deidrogenasi Acetaldeide deidrogenasi NAD NADH NAD NADH Aumenta consumo di Ossigeno Aumenta lattato Diminuisce gluconeogenesi Aumenta sintesi ac. Grassi Ossidazione degli acidi grassi Aumento radicali liberi
  • 17.
  • 18.
  • 19.
  • 20.
  • 21.
  • 22.
  • 23.
  • 24.
  • 25.
  • 26.
  • 27.
  • 28.
  • 29.
  • 30.
  • 31.
  • 32.
  • 33.
  • 34.
  • 35.

Notas do Editor

  1. L’avvento della terapia con statine ha portato un significativo progresso nella gestione delle malattie cardiovascolari. I primi studi hanno valutato l’impatto delle statine sulla progressione della malattia coronarica. Mentre le variazioni valutate per via angiografica apparivano modeste, le risposte cliniche ad esse associate sono state significative. In una seconda fase, ampi studi clinici controllati hanno dimostrato gli effetti benefici per la prevenzione primari e secondaria della malattia coronarica nei pazienti con colesterolemia elevata e, più recentemente, l’efficacia delle statine è stata estesa alla prevenzione primaria della malattia coronarica in soggetti con colesterolemia compresa nei valori medi. Studi in vitro hanno dimostrato che la terapia con statine, oltre a ridurre i valori di LDL e a ridurre lo spessore della tonaca Intima-Media (Intima-Media Thickness, IMT), esercita effetti su molti altri fattori coinvolti nella patogenesi dell’aterosclerosi, compresi la trombogenicità della placca, la proliferazione e la migrazione cellulare, la funzione endoteliale e la tendenza al processo trombotico. Le statine inibiscono l’ossidazione delle LDL, l’uptake delle LDL ossidate da parte dei macrofagi e inibiscono l’adesione dei monociti all’endotelio vascolare. I ricercatori suggeriscono che l’effetto rapido e pleiotropico delle statine sui fattori determinanti della reattività piastrinica, della coagulazione e della funzione endoteliale potrebbero anche estendere l’impiego di questi agenti terapeutici al trattamento della sindrome coronarica acuta (acute coronary sindrome, ACS). Davies MJ, Going from immutable to mutable atherosclerotic plaques, Am J Cardiol 2001;88(suppl):2F-9F
  2. L’avvento della terapia con statine ha portato un significativo progresso nella gestione delle malattie cardiovascolari. I primi studi hanno valutato l’impatto delle statine sulla progressione della malattia coronarica. Mentre le variazioni valutate per via angiografica apparivano modeste, le risposte cliniche ad esse associate sono state significative. In una seconda fase, ampi studi clinici controllati hanno dimostrato gli effetti benefici per la prevenzione primari e secondaria della malattia coronarica nei pazienti con colesterolemia elevata e, più recentemente, l’efficacia delle statine è stata estesa alla prevenzione primaria della malattia coronarica in soggetti con colesterolemia compresa nei valori medi. Studi in vitro hanno dimostrato che la terapia con statine, oltre a ridurre i valori di LDL e a ridurre lo spessore della tonaca Intima-Media (Intima-Media Thickness, IMT), esercita effetti su molti altri fattori coinvolti nella patogenesi dell’aterosclerosi, compresi la trombogenicità della placca, la proliferazione e la migrazione cellulare, la funzione endoteliale e la tendenza al processo trombotico. Le statine inibiscono l’ossidazione delle LDL, l’uptake delle LDL ossidate da parte dei macrofagi e inibiscono l’adesione dei monociti all’endotelio vascolare. I ricercatori suggeriscono che l’effetto rapido e pleiotropico delle statine sui fattori determinanti della reattività piastrinica, della coagulazione e della funzione endoteliale potrebbero anche estendere l’impiego di questi agenti terapeutici al trattamento della sindrome coronarica acuta (acute coronary sindrome, ACS). Davies MJ, Going from immutable to mutable atherosclerotic plaques, Am J Cardiol 2001;88(suppl):2F-9F
  3. Sulla componente infiammatoria misurata mediante rilevazione della hs-PCR (Proteina C-Reattiva ad alta sensibilità), tutte le statine hanno dimostrato di agire, con riduzioni comprese tra il 10% e il 20%. Ma negli studi clinici, l’impiego di alti dosaggi di atorvastatina ha determinato riduzioni della PCR superiori al 35%. Ganz P, SIC 2002