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Appunti di diritto parlamentare

                      LA FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE ITALIANA

La Costituzione italiana del 1948 nasce dal superamento dei tragici eventi della II guerra mondiale,
del sistema autoritario fascista, della guerra civile. Tutto questo condiziona profondamente i padri
costituenti. La Costituzione italiana nasce insieme a costituzioni coeve e prima di altre costituzioni
come quella greca e quella spagnola. I modelli a cui si riferisce sono i sistemi parlamentari
francese, tedesco e italiano dell’inizio del secolo (con un occhio rivolto anche ai modelli USA E
GB). Questa forma parlamentare era fallita in Germania (Repubblica di Weimar), in Francia (III
Repubblica), in Italia ed è proprio questo modello che deve essere ripreso. Si tratta di una forma di
governo parlamentare tradizionale, basata sul rapporto di fiducia tra governo e parlamento, nella
quale il Capo dello Stato ha solo funzioni notarili e poteri di politica costituzionale.
Per quanto riguarda la Repubblica di Weimar si può dire che a fianco di una componente
parlamentare basata sul raccordo fiduciario tra Camera elettiva e Governo vi sia anche una
componente presidenziale fondata sul rapporto diretto tra Capo dello Stato (che sceglie
liberamente il Governo) e corpo elettorale. Se fino agli anni ’30 domina la componente
parlamentare, successivamente ci sono alcuni fattori (sconfitta della prima guerra mondiale,
nazionalismo, lotta contro le manifestazioni a favore del bolscevismo affermatosi in URSS, crisi
economica) che portano il Capo dello Stato ad assumere maggiori poteri (poteri di nomina di
governi anche minoritari del presidente Hindenburg, nomina nel 1933 di Hitler come Cancelliere).
Una situazione del genere si era verificata anche in Italia nel 1922: la “vittoria mutilata”, il
nazionalismo, la lotta al comunismo avevano comportato una maggiore attribuzione di poteri in
capo al Re che nel 1922 incarica Mussolini di formare un nuovo governo.
Dunque, l’insuccesso della forma di governo parlamentare tradizionale diventa la matrice delle
nuove costituzioni del II dopoguerra. I due paesi che affrontano per primi questa esperienza sono
l’Italia e la Francia (IV Repubblica).
In Italia le forze dominanti nel 1946 sono i sei partiti che hanno combattuto la Resistenza: PCI,
PSI, DC, PLI, PRI, Partito d’Azione. Successivamente il Partito d’Azione scompare dalla scena e si
hanno alcune scissioni del PSI. Il primo governo De Gasperi comprende questi sei partiti insieme,
che vengono a costituire l’arco costituzionale. In tutti i partiti dell’arco costituzionale c’è una spinta
profonda contro il ruolo dell’esecutivo derivante dall’eccesso di potere assunto dall’esecutivo nel
sistema precedente.
I padri costituenti si trovano di fronte a una scelta tra due grandi principi (problema che si è poi
riproposto negli anni ’90):
• efficienza della democrazia, cioè governabilità: questo principio nel 1946 appare come base
     per l’instaurazione delle dittature. La storia dei cinquant’anni successivi dimostra il contrario,
     per la trasformazione dello Stato in una società sempre più di massa che richiede interventi
     nell’economia (i Francesi nel 1958 optano per questa scelta con il semi – presidenzialismo)
• legittimazione del potere democratico: tale principio si basa sul fatto di poter costruire il
     consenso dei cittadini attorno ad un sistema politico che non sia quello autoritario basato sulla
     propaganda e nel quale il popolo si riconosca.
La scelta, sia per l’odio verso l’esecutivo, sia per l’inesistenza di formule di tipo presidenziale, cade
su un sistema capace di esprimere largamente i principi del metodo consensuale e di consentire ai
partiti di chiamare liberamente a raccolta i cittadini per combattere la battaglia politica in
Parlamento. L’art. 49 Cost. sceglie il soggetto partito come soggetto determinante nel sistema
costituzionale, in seno alle assemblee legislative. Si tratta di uno strumento di trasformazione del
conflitto in legittimazione del dissenso.
La forma di governo parlamentare scelta viene adeguata con l’introduzione di alcuni strumenti
importanti per razionalizzare il sistema parlamentare:
     Corte costituzionale: organo che giudica la legittimità delle leggi e dunque si pone come
     organo di controllo sull’operato del Parlamento
     Regioni: che vengono a connotare la forma di Stato come Stato regionale anziché Stato
     unitario; la loro autonomia non è solo proclamata dalla Costituzione ma trova anche disciplina
     in Costituzione. Si hanno due tipi di Regione: Regione a statuto ordinario e Regione a statuto
     speciale, che gode di forme più accentuate di autonomia
Referendum: strumento di democrazia diretta. Caratteristica delle democrazie occidentali è
   l’essere democrazie rappresentative: viene introdotto il referendum, strumento di democrazia
   diretta, come elemento di razionalizzazione e di temperamento della posizione di preminenza
   del Parlamento e dei partiti politici

Il rapporto che si stabilisce in Costituzione tra elettori, Parlamento, Governo è una soluzione che si
ispira a una formula consensuale o dell’intesa: l’esigenza di legittimare l’operato di tutti i partiti
politici deve essere prioritario al fine di evitare drammatici conflitti. Rispetto alla scelta di un
sistema elettorale bipartitico, la nostra Costituzione si ispira al principio proporzionale, basato sulla
coesistenza e sulla pari legittimazione di tutti i partiti. I governi di coalizione, con una forte
componente centrista e moderata, sono chiamati a temperare le durezze di alcune posizioni
ideologiche estreme.
Si pongono le premesse per quella che Maranini per primo chiamerà partitocrazia. Tuttavia,
bisogna precisare che la scelta costituzionale avviene per garantire il consenso dei cittadini; la
partitocrazia è una conseguenza di questo, ma il sistema non è creato per la partitocrazia.
La forma di governo italiana è fondata sul pluripartitismo spinto o estremo, sulla formula
consensuale e quindi su governi di coalizione: si tratta di una forma di governo non di tipo
assembleare, ma definibile come “a prevalenza del Parlamento”. Segnali di ciò sono:
     formula proporzionale elettorale: artt. 72 e 82 Cost.: definizione del proporzionalismo.
     Contestualmente, l’o.d.g. Perassi propone l’elezione a suffragio universale proporzionale;
     bicameralismo paritario: compresenza di due assemblee che non hanno nessun tipo di
     differenza tra loro. Si ha l’esigenza di mantenere un forte equilibrio.
     temperamento della regola maggioritaria: nei regolamenti viene individuato il voto con
     maggioranze particolari, che favorisce ancora di più l’intesa (per l’adozione del programma dei
     lavori alla Camera è richiesta l’unanimità, per l’elezione del presidente di assemblea la
     maggioranza di 2/3); anche in Costituzione sono talvolta previste maggioranze particolari.
     prevalenza del voto segreto: tale principio non è basato su alcuna norma scritta. Favorisce la
     trattativa, quindi l’intesa, per evitare sorprese nel segreto dell’urna.
     scarsa influenza riconosciuta al governo sul lavoro parlamentare (in Costituzione e nel
     Regolamento): per es. nel procedimento legislativo ogni deputato può parlare quanto vuole,
     quando vuole e apportare quanti emendamenti vuole; si opta quindi per una soluzione che
     limita il ruolo del governo e rivolta contro l’efficienza;
     rafforzamento del potere di indirizzo o di direttiva del Parlamento verso l’esecutivo.

Superato il momento di transizione 1948 – 1953 in cui la DC ha la maggioranza assoluta e il
governo è stabile, il sistema si basa su un accordo maggioranza – minoranze in cui il governo
perde importanza ed è il Parlamento ad assumere un ruolo centrale.
Nel 1971 (periodo del centro – sinistra) entrambe le camere approvano per la prima volta un nuovo
regolamento che è indicazione chiara di questo sistema consensuale a prevalenza del Parlamento,
scelto dal costituente italiano. Se il Parlamento inizia a darsi nuove regole significa che ha
acquistato coscienza del proprio ruolo di centralità nel sistema. Il Parlamento deve sfruttare il suo
ruolo centrale per trasformare il sistema, non per gestire il potere. La soluzione italiana del 1971 è
totalmente opposta rispetto alla soluzione francese del 1958.
Il Parlamento deve essere in primo luogo ispirato a un sistema multipartitico estremo derivante da
una legge elettorale proporzionale, tale che i partiti possano svolgervi il proprio ruolo. Viene quindi
rafforzato il ruolo dei gruppi parlamentari (“Camera dei gruppi”), ai partiti viene dato il vero potere
in Parlamento. Poiché i gruppi lavorano in modo proporzionale nelle commissioni e in assemblea
occorre rafforzare tutte le funzioni del Parlamento: ciascuna Camera è trasformata in un
complesso policentrico rafforzando il ruolo delle Commissioni permanenti (si finisce per avere
trenta assemblee anziché due: ogni camera è infatti composta da 14 commissioni). Si può dire
quindi che si ha:
• rafforzamento dei gruppi
• Camera delle commissioni, per cui ogni commissione ha gli stessi poteri dell’assemblea
• potenziamento delle funzioni del Parlamento: 1) apertura alla società civile: il Parlamento
    vuole consentire alla società di esprimersi all’interno del Parlamento stesso per sapere cosa in
    realtà pensa; nasce nel 1971 la funzione di informazione svolta dalle Commissioni (udienze,
audizioni, richiesta di informazioni); i gruppi sociali hanno possibilità di parlare in Parlamento.
   2) procedura che consente la continua alimentazione dell’indirizzo politico del governo da parte
   del Parlamento: il governo ha un programma di coalizione che deve essere verificato ogni
   giorno in Parlamento dalle forze politiche; al di fuori della logica maggioranza/opposizione, su
   cui si basa il rapporto di fiducia, ogni punto viene discusso in Parlamento dai partiti secondo le
   loro posizioni. Il governo è debole e la battaglia politica è svolta dai partiti in Parlamento.
   Emerge la funzione di indirizzo e controllo del Parlamento: è possibile che le forze politiche si
   confrontino tra di loro al di fuori di un rapporto maggioranza/opposizione.

La trasformazione dei regolamenti delle Camere del 1971 chiarisce il senso della formula
parlamentare adottata in Costituzione, ma contribuisce anche a potenziarla: i nuovi regolamenti
individuano il ruolo del Parlamento, lo potenziano e lo trasformano (i regolamenti parlamentari
come strumenti fondamentali nell’evoluzione della forma di governo). Per es. con i governi di
solidarietà nazionale a partire dal 1976 si mira a formare una coalizione in Parlamento che
consenta di governare; si hanno forze politiche in maggioranza in Parlamento, ma non al governo
(c.d. governo della non – sfiducia: governo Andreotti). Non a caso la crisi della formula del
compromesso storico si ha con l’assassinio di Moro, con l’apparire sulla scena di un movimento
che è contro il sistema e si pone come alternativo al sistema del consenso.
Il Parlamento dunque, dal 1971 si individua come organo propulsore del sistema e si arroga il
compito di doverlo riformare. Nel 1980 il Presidente della Camera Nilde Iotti inaugura una nuova
stagione di riforme parlamentari che trasformano il sistema ricostruendo il rapporto
maggioranza/opposizione. Ma questa non è una spinta che viene dall’esterno o che si realizza con
modificazioni costituzionali: essa deriva dalla trasformazione delle regole del gioco all’interno del
Parlamento.

L’art. 63 c. I Cost. afferma che “Ciascuna Camera elegge tra i suoi componenti il Presidente e
l’Ufficio di Presidenza”, ma la Cost. stessa non dice niente riguardo a quali sono i poteri del
Presidente di Assemblea e su come viene eletto: dà per scontato che si riprenda interamente la
previsione statutaria.
La previsione dell’adozione da parte di ciascuna Camera di un proprio regolamento (art. 64 c. I
Cost.) dà piena libertà ad ognuna delle due Camere, ma la figura della presidenza della Camera
ha come riferimento lo Statuto. Il regolamento parlamentare in periodo statutario era solo quello
della Camera dei deputati, dato che solo essa era elettiva.
Gli anni 1898 –1900 sono anni di grandi battaglie parlamentari (prima manifestazione del partito
socialista sul piano istituzionale, assassinio del re); tutto ciò è accompagnato da una riforma del
regolamento in senso anti – ostruzionistico (contro l’ostruzionismo che la sinistra estrema portava
avanti nel periodo del governo Pelloux). Gran parte della storia della forma di governo
parlamentare è basata sulle riforme del regolamento. Si ha una connessione tra forma di governo
e modifica dei regolamenti: le modifiche regolamentari prefigurano una modifica della forma di
governo.

Nel 1971 il Parlamento ha un ruolo di centralità.
L’evoluzione politica degli anni ’70 porta al compromesso storico: viene definito formula di un più
corretto rapporto tra maggioranza e opposizione; il rapporto tra coalizione di maggioranza e
opposizione non deve essere conflittuale, ma deve trattarsi di un rapporto più corretto (= diverso)
della maggioranza con le altre forze politiche.
Nel 1976 – ’78 emergono due linee politiche di contrapposizione allo schieramento di
maggioranza:
    1) linea portata avanti da Pannella e dai radicali
    2) assassinio politico: manifestazioni di carattere pseudo – rivoluzionario.
Nel 1978 si hanno due eventi importanti: 1) dimissioni del Presidente della Repubblica Leoni; 2)
assassinio di Aldo Moro, fautore ed autore dell’accordo basato sulla solidarietà nazionale
(tramonto della chiusura basata sulla conventio ad excludendum). Nel 1979 si forma il governo
Cossiga, che ha l’appoggio di una larga maggioranza in Parlamento, che non trova però
rappresentanza nel governo (forze di centro – sinistra); nel 1980 Cossiga (che ha avuto in
precedenza l’appoggio del Pci) viene incriminato dagli stessi comunisti: Cossiga si vede tradito e il
suo governo cade pochi mesi dopo sulla questione di fiducia su un decreto legge.



ASPETTO PARLAMENTARE DI QUESTA VICENDA:

•   lodo Iotti
•   caduta del governo Cossiga sulla questione di fiducia (art. 116 reg. Camera)

Questione di fiducia: è posta dal governo quando vuole assicurarsi l’appoggio della propria
maggioranza. In caso di esito del voto delle Camere (o anche di una sola di esse) contrario
a quello voluto dal Governo, il Governo si dimette e apre la crisi.
La questione di fiducia viene disciplinata per la prima volta alla Camera nel 1971, al Senato rimane
sotto forma di prassi. La questione di fiducia alla Camera è regolata dall’art. 116 del regolamento,
dove non viene descritta, cioè regolamentata, in quanto assunta come costante del diritto
parlamentare e già presente fin dal 1951 sotto forma di prassi; l’art. 116 è norma illogica in quanto
al II c. prima afferma che tutti gli emendamenti presentati devono essere illustrati, ma poi stabilisce
che se il voto della Camera è favorevole tutti gli emendamenti si intendono respinti.
Fino al 1988 tutte le votazioni si svolgevano a scrutinio segreto: quando si votava una legge lo si
faceva a scrutinio segreto e anche chi appartiene alla maggioranza può decidere di votare contro il
suo governo; l’ultima parte del II c. art. 116 parla di “progetto di legge che consiste di un solo
articolo”: si tratta di un modo per riferirsi a un decreto – legge. Sul voto a scrutinio segreto del
decreto – legge cade il governo Cossiga, per il fenomeno dei franchi tiratori.
Le norme dei regolamenti dopo la riforma del 1971 avevano grande sfavore nei confronti
dell’esecutivo: si trattava di norme che dopo aver affermato un concetto presentavano sempre una
clausola derogatoria. Un es. di ciò è l’art. 39 Reg. Camera: al I c. esso stabilisce il limite di durata
della discussione (30 minuti); c’era però un sesto comma che affermava che un presidente di
gruppo poteva chiedere che si derogasse al I c. (clausola derogatoria) e solo per il fatto di averlo
chiesto veniva sempre concesso. In tal modo veniva lasciata all’opposizione un’ampia facoltà di
manovra parlamentare. Pannella all’epoca non si serviva del referendum abrogativo, ma del
regolamento parlamentare, sfruttandolo in ogni modo, tanto che i deputati radicali arrivavano a
parlare fino a 21 ore consecutive.
Cossiga presenta un decreto – legge sull’ordine pubblico che assegna maggiori poteri alle forze di
ordine pubblico per dominare i movimenti sovversivi. Tutte le forze politiche in Parlamento sono
favorevoli a combattere le Brigate Rosse (l’operaio Rossa, iscritto a Pci e sindacato denuncia
alcuni appartenenti ad associazioni terroristiche; viene ucciso dalla BR e questo per Berlinguer
mostra che è necessario che il Pci si unisca alle altre forze per combattere le BR [si tratta di un
indice di omogeneità: c’è condivisione di tutte le forze politiche su questo punto]). Il decreto – legge
di Cossiga viene quindi presentato in Parlamento: se non è convertito entro 60 gg. il decreto –
legge cade, quindi l’opposizione deve fare di tutto affinché trascorrano 60 gg. e il decreto non sia
approvato. Quando Cossiga presenta il decreto può far valere la questione di fiducia (questa
sarebbe valsa a legittimare il consenso dato che aveva un appoggio in Parlamento pari al 95%).
Ma i radicali pongono migliaia di emendamenti che in base all’art. 85 c. VI Reg. Camera devono
essere analizzati separatamente e senza limiti di tempo (i radicali non fanno una battaglia a favore
del terrorismo, ma una battaglia per la libertà – quindi fondata – perché ritengono che le clausole
del decreto presentato siano troppo restrittive per la libertà). I regolamenti del 1971 consentivano a
una forza politica minoritaria di combattere con l’ostruzionismo.
A questo punto si ha quello che è poi stato chiamato il “lodo” Iotti.
C’era la tendenza (convenzione parlamentare non scritta durata fino al 1994) ad attribuire la
presidenza di una Camera all’opposizione, per cui il Pci aveva sempre avuto la presidenza in una
delle due camere nella figura della Iotti (a parte gli anni in cui fu presidente Ingrao). La figura di
Nilde Iotti è stata fondamentale nel cambiare le regole del diritto parlamentare.
Nilde Iotti riunisce la Giunta del Regolamento (v. art. 16 Reg. Camera: dà pareri sulle questioni di
interpretazione del regolamento) e pone il problema di reinterpretare gli artt. 85 c. VI e 116 c. II. La
Iotti afferma che la previsione di illustrazione degli emendamenti (art. 116 c. II) non corrisponde a
quanto afferma l’art. 85 c. VI per cui tutti gli emendamenti devono essere analizzati singolarmente;
non siamo infatti di fronte a un procedimento legislativo, ma a una questione di fiducia, dove vale
la regola che ogni deputato può parlare una sola volta e illustrare insieme tutti gli emendamenti. La
Giunta del Regolamento è d’accordo con la Iotti e anche l’Assemblea si mostra favorevole: da ora
in poi questa diventa la prassi da seguire.

•   Il lodo Iotti rappresenta il modo importante e nuovo di costruire il diritto parlamentare; si ha
    l’avvio di un processo con il quale le norme sono create a maggioranza dell’assemblea. Il lodo
    Iotti non è trasposto come norma scritta, fa parte della prassi, della consuetudine e viene a
    costituire un precedente di diritto parlamentare.
•   Con il lodo Iotti si avvia il periodo delle riforme parlamentari degli anni ’80 [1948: Cost. e Reg.
    Camera; 1971: nuovi regolamenti delle due camere; anni ’80: riforme di razionalizzazione dei
    regolamenti]. Le norme dei regolamenti sono norme “a maglie larghe”, nel senso che
    consentono a prassi e consuetudine di intervenire. Si comprende come sia necessario che il
    Parlamento affronti il proprio lavoro in modo regolare, coerente, efficace e quindi che siano sì
    garantiti i diritti delle opposizioni, ma anche un più rapido ed efficiente svolgimento del lavoro
    del Parlamento.
•   I regolamenti in quanto norme “a maglie larghe” consentono una loro interpretazione evolutiva


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CRISI DI REGIME DEL 1992
crisi che investe: PARLAMENTO, CLASSE POLITICA, PARTITI
    legge elettorale (6/8/1993)
    intervento magistratura
    crisi economica (settembre 1992): la lira esce dallo SME
    profonda disaffezione del popolo nei confronti della politica
    crisi politica: governi tecnici (es. Amato); si manifesta in vari aspetti: 1) movimento referendario
    (patto Segni); 2) nascita di movimenti nuovi (Lega: nasce nella zona in cui la crisi è più chiara);
    3) partiti e schieramenti che criticano il sistema dei partiti (crisi del partito, crisi del Parlamento).
    1992: la coalizione Craxi è sconfitta per due motivi: a) il Pri di Lamalfa passa all’opposizione (si
    tratta di poco più del 2% dei voti, ma lascia che il pentapartito passi dal 55% al 52% circa); b)
    fattore di comunicazione: la sinistra afferma che per gli exit polls il pentapartito non ha più la
    maggioranza, non è vero, ma questa notizia trova diffusione; 4) elezione del Presidente della
    Repubblica: davanti all’alternativa Craxi/Andreotti (leaders del pentapartito), l’abilità manovriera
    di Pannella e Bossi fa sì che nessuno dei candidati del pentapartito venga eletto; viene eletto
    Scalfaro dopo l’uccisione di Falcone, su proposta di Pannella, in quanto estraneo alla classe
    politica precedente.

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Si può dire che tra le regole di diritto parlamentare degli anni ’70 e le regole attuali ci sia una
distanza non trascurabile.
Il primo lodo Iotti è importante perché:
     segna l’inizio di un processo di evoluzione e razionalizzazione dei regolamenti parlamentari
     si tratta di una interpretazione presidenziale che fa emergere il ruolo del diritto non scritto
     (prassi e consuetudine) rispetto al diritto scritto (siamo in presenza di un fenomeno che può
     essere descritto come quello della common law inglese.
Abbiamo:
     un decreto legge sull’ordine pubblico
     la presentazione di un gran numero di emendamenti
     la decisione del governo di porre la questione di fiducia [al Senato la questione di fiducia
     continua ad essere disciplinata in larga parte da fonti non scritte]
     ostruzionismo: dilazionare (= perdere tempo) e impedire una deliberazione parlamentare
     illustrazione degli emendamenti: le regole “a maglie larghe” consentono una interpretazione
     normale di illustrazione di tutti gli emendamenti; ciò può però portare all’innescarsi di misure
     ostruzionistiche
     il lodo Iotti testimonia il meccanismo consensuale dell’intesa: l’indicazione di illustrare gli
     emendamenti dell’art. 116 Reg. Camera viene interpretata in modo diverso: nessuno può mai
     intervenire su una questione per più di una volta. Si tratta di un principio di diritto
     parlamentare generale [diritto inglese non scritto: usage, practice, customs]


Á La Iotti usa una interpretazione evolutiva ed estensiva delle norme parlamentari. Il lodo Iotti è
  importante perché prelude a una serie di riforme parlamentari, ispirate a un principio di fondo,
  quello di disciplinare in dettaglio tutti gli istituti di diritto parlamentare in modo da evitarne uno
  sfruttamento ostruzionistico (es.: gli interventi devono durare non più di dieci minuti).
Á Razionalizzazione del procedimento deliberativo.
Á Programmazione dei lavori parlamentari (tempi prevedibili, conoscibili, rispettati).

Il sistema parlamentare italiano con l’evoluzione che si verifica negli anni ’80 si trasforma in modo
radicale. Il primo momento di trasformazione si ha con il II lodo Iotti (1981).
Si propongono cinque modifiche alle norme del regolamento parlamentare (tutte le forze politiche
sono d’accordo tranne il Manifesto di sinistra, i Radicali di Pannella, alcuni deputati dell’MSI):
• abolizione del VI c. dell’art. 39
• art. 85: si propone una discussione sull’articolo nel complesso e non sui singoli emendamenti e
     poi si votano i singoli emendamenti
• inserzione della tecnica degli emendamenti a scalare: il Presidente della Camera in base a
     questa norma può decidere di saltare alcuni emendamenti nella votazione. Si ha anche una
     clausola per cui il Presidente della Camera può modificare l’ordine di alcune votazioni
• modifica del sistema di programmazione dei lavori: non si ha più una votazione basata sulla
     unanimità dei capigruppo, ma una proposta presentata all’Assemblea dal Presidente della
     Conferenza dei capigruppo, la quale delibera (senza modificare la proposta del Presidente,
     cioè o accettando tutto o rifiutando tutto: clausola di ne varietur) a maggioranza. Ciò avviene
     solo ove non si abbia l’unanimità dei capigruppo. Questo meccanismo razionalizza il sistema
     del veto e della regola dell’unanimità
• nell’ipotesi in cui il Governo presenti decreti – legge, la Commissione affari costituzionali è
     incaricata di vedere la sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza ex art. 77 Cost. Se la
     Commissione vede che non sussistono tali requisiti, sottopone la questione all’Assemblea che
     decide a maggioranza.
Queste modifiche raccolgono l’unanimità di consenso in Giunta, ma quando arrivano in Assemblea
i Radicali presentano un’infinità di emendamenti. Si pone allora il quesito di quale debba essere il
procedimento deliberativo dell’Assemblea, di cosa comporti il potere deliberativo. Per quanto
riguarda il procedimento legislativo, esso è disciplinato dalla parte seconda del Regolamento, in
base alle indicazioni dell’art. 72 Cost.
Il II c. art. 16 Reg. Camera afferma che “alla Giunta spettano lo studio delle proposte relative al
Regolamento e i pareri sulle questioni di interpretazione del Regolamento stesso”; non si sa però
quale procedimento si segue: si segue la regola del procedimento legislativo oppure no? Nel
procedimento legislativo è la Commissione che istruisce l’Assemblea; il III c. art. 16 del
Regolamento afferma invece che è la Giunta a presentare proposte all’Assemblea. Il Presidente
della Camera chiama così la Giunta del Regolamento a interpretare le norme che riguardano la
Giunta stessa: in base al III c. art. 16 gli emendamenti vengono presentati alla Giunta, non
possono essere presentati direttamente all’Assemblea; la Giunta ha in compito di fare da filtro per
l’Assemblea (non si segue quindi il procedimento legislativo con l’esame in Commissione, anche
se si tratta di un procedimento simile). La Giunta trova quali sono i principi emendativi e in tal
modo propone all’Assemblea i principi di fondo che muovono gli emendamenti e l’Assemblea
voterà solo sui principi (v. c. IV art.16).

•   apertura di un processo di razionalizzazione con i I lodo Iotti
•   potere del Presidente della Camera di prendere decisioni interpretative
•   fonti non scritte nel diritto parlamentare (giurisprudenza e prassi)
•   “pacchetto” di riforme
•   riforma del procedimento per deliberare e del procedimento di programmazione
•   caso del II lodo Iotti: ruolo determinante della Giunta nel presentare i principi emendativi
    (raggruppamento di emendamenti attorno a un nucleo che li riguarda tutti)

Una volta approvato il principio emendativo spetta alla Giunta per il regolamento presentare
all’Assemblea le modifiche e le aggiunte (art. 16 c. III). Il procedimento è descritto nei commi 3bis,
3ter, 4. Si tratta di un procedimento diverso da quello legislativo. E’ in vigore solo alla Camera,
mentre al Senato si applica il procedimento legislativo (questo problema del II lodo Iotti non si era
infatti posto al Senato perché era alla Camera che si presentava il maggiore ostruzionismo).
Il procedimento di riforma alla Camera va dagli anni ’80 agli anni ’90; al Senato invece le modifiche
vengono portate nel 1988 (voto palese al posto del voto segreto). Al Senato la Giunta per il
regolamento esprime un parere sulle modifiche e sulla interpretazione del regolamento, ma non fa
da filtro.
Si verificano discrasie tra il regolamento della Camera e il regolamento del Senato; alla Camera ci
sono clausole più restrittive: viene prescritta come regola generale la regola del voto a scrutinio
palese, ma tra le eccezioni alla Camera si stabilisce che le leggi elettorali devono essere votate a
scrutinio segreto, mentre al Senato tra le eccezioni non sono previste le leggi elettorali.
IL PRESIDENTE DI ASSEMBLEA E LA PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI

                                 IL PRESIDENTE DI ASSEMBLEA

L’art. 63 Cost. afferma che ciascuna Camera elegge tra i propri componenti il Presidente e l’Ufficio
di Presidenza (c. I); quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l’Ufficio di
Presidenza sono quelli della Camera dei deputati (c. II). Il costituente riconferma l’importanza che
era stata data dal sistema parlamentare al Presidente di Assemblea. La figura del Presidente
esiste sia in diritto parlamentare comparato sia in diritto parlamentare generale (nelle Assemblee la
figura presidenziale è chiaramente individuata.
L’art. 8 R.C. dà quasi una definizione dei compiti del Presidente: al c. I definisce la funzione
prioritaria del Presidente in quanto guida dell’Assemblea, al c. II ne stabilisce funzioni ulteriori.
E’ importante sottolineare che il Presidente di Assemblea si trova a essere anche Presidente di
riferimento di tre organi collegiali:
• Ufficio di Presidenza: 4 Vicepresidenti (collaborano con il Presidente e lo sostituiscono nei
     casi di assenza o impedimento), 3 Questori (svolgono la funzione di amministrazione della
     Camera), 8 sottosegretari (sovrintendono ai resoconti e alle votazioni). Nel presiedere l’Ufficio
     di Presidenza il Presidente ha soprattutto funzione amministrativa.
• Giunta per il Regolamento: le Giunte sono 2 al Senato e 3 alla Camera, la Giunta per il
     Regolamento si trova in entrambi i rami del Parlamento. E’ organo di consulenza del
     Presidente per le questioni di interpretazioni del Regolamento. In questo caso il Presidente ha
     prevalentemente funzione di interpretazione.
• Conferenza dei Presidenti dei gruppi: possono parteciparvi i Vicepresidenti e i Presidenti
     delle Commissioni; ha la funzione di organizzare i lavori della Camera. In questo senso il
     Presidente svolge la funzione di programmatore.
Il Presidente ha poi una funzione di presidenza dell’Assemblea plenaria (le Commissioni sono
organi sub – plenari).

FUNZIONI DI CIASCUN PRESIDENTE ESTERNE ALL’ASSEMBLEA
Proprio in quanto guida dell’Assemblea, il Presidente viene a costituire una figura che assume una
posizione di vertice nella vita dello Stato. Questo dimostra che il Parlamento ha un ruolo molto
importante nel sistema costituzionale. Funzioni esterne all’Assemblea svolte da ciascun Presidente
sono:
• richiesta di parere, da parte del Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle Camere
    in caso di scioglimento anticipato dell’Assemblea
• consultazione, da parte del Presidente della Repubblica, dei Presidenti delle Camere in
    caso di crisi di governo
• potere, del Presidente di Assemblea, di convocare la Camera per questioni eccezionali
    in via straordinaria
Tali funzioni sono previste dal diritto costituzionale e su di esse il diritto parlamentare ha costruito
varie categorie.

C’è un rapporto di rappresentanza che lega l’Assemblea al Presidente: l’Assemblea elegge il
Presidente e il rapporto che si crea è un rapporto di rappresentanza strettissimo e particolare. Vi è
una rappresentanza del Presidente nei confronti dell’elettorato, ma il Presidente, sostanzialmente
non è accompagnato da una responsabilità politica. Il problema della rappresentanza e della
responsabilità porta a valutare il sistema di elezione del Presidente.
I Presidenti di Camera e Senato vengono eletti con sistemi diversi.
Alla Camera nelle prime tre votazioni il Presidente deve conseguire i 2/3 dei voti (art. 4 c. II R.C.);
per il primo scrutinio sono richiesti i 2/3 dei componenti (421 deputati), per la seconda e terza
votazione i 2/3 dei voti espressi. Dopo la quarta votazione è richiesta la maggioranza assoluta (316
deputati). Questa richiesta di ampie maggioranze indica che il Presidente della Camera è organo
che deve essere scelto perché la sua figura riesca ad estrinsecare degli appoggi anche da parti
non di maggioranza.
Il Regolamento del Senato richiede la maggioranza assoluta per i primi tre scrutini; allo scrutinio
successivo si vota con il ballottaggio tra i due che hanno raggiunto più voti. Al senato è stato scelto
questo tipo di votazione perché si vuole una elezione più veloce in relazione ad un’altra funzione di
ordine esterno che viene svolta dal Presidente del Senato: sostituire il Presidente della
Repubblica nei casi di assenza o impedimento temporaneo.
Altra funzione di ordine esterno che viene svolta dal Presidente della Camera è quella di
presiedere il Parlamento in seduta comune.
Nel 1976 si stabilisce che il Presidente della Camera deve essere espressione dell’opposizione:
prassi che si consolida e diviene consuetudine fino al cambiamento del sistema elettorale. E’
importante sottolineare come dalla previsione del 1971 emerge che il Presidente deve godere
dell’appoggio dell’opposizione fino a prevedere che il Presidente della Camera deve appartenere
all’opposizione.
Nel 1971 viene introdotta una modifica al R.C. nel caso del c.d. richiamo al Regolamento: la norma
prevedeva che il Presidente della Camera dovesse porre la questione in discussione in caso di
interpretazione di una norma del Regolamento. Il Presidente sottoponeva quindi la questione
all’Assemblea la quale deliberava a maggioranza. Su questa norma si erano create una serie di
regole, divenute prassi, per le quali il Presidente tendeva talvolta a risolvere da solo le questioni
senza sentire il Parlamento. Così nel 1971 viene introdotta la modifica all’art. 41 R.C.: si stabilisce
che il Presidente può rivolgersi all’Assemblea, ma può anche decidere senza richiedere il parere
all’Assemblea (“l’Assemblea, se chiamata ad intervenire …”). Il Presidente di Assemblea diviene
così giudice inappellabile delle regole del gioco parlamentare.
Il Presidente non è organo esecutivo della maggioranza, ma magistrato supremo del
Parlamento. Il Presidente di Assemblea nasce in Inghilterra come speaker della Camera dei
Comuni e si configura come organo inappellabile di guida del lavoro della Camera. Lo speaker
inglese però rimane speaker a vita e se rifiuta la carica deve abbandonare ogni incarico elettorale
successivo: si tratta quindi di una figura che esce dalla vita politica dei partiti. Si tratta di un
“giudice – arbitro” che ha come unico compito quello di far sì che possa svolgersi la lotta politica
all’interno del Parlamento.
La figura presidenziale ha funzione di guida, anche se il modello dello speaker inglese rimane
tipicamente inglese. La funzione nella quale il ruolo fondamentale del Presidente viene svolto è la
funzione di programmazione. In Italia la figura presidenziale si allontana sempre di più dalla
appartenenza alla maggioranza, si evolve in modo diverso dagli altri sistemi europei; in Francia,
Germania, Spagna i Presidenti di Assemblea, pur dovendo svolgere la propria funzione in modo
equilibrato e imparziale, rimangono molto più legati alla propria maggioranza. Questo soprattutto
quando il Presidente di Assemblea deve indicare l’ordine del giorno: il Presidente non può proporre
alla Assemblea una proposta che la maggioranza non accetta. E’ in questa connotazione che lo
speaker inglese si allontana dalla maggioranza: infatti, in Inghilterra è il premier che propone
l’o.d.g., in quanto espressione della maggioranza. Nelle Assemblee francese, spagnola, tedesca il
Presidente di Assemblea propone l’o.d.g. e quindi viene a ricoprire un ruolo all’interno della
maggioranza. I Regolamenti italiani stabiliscono che l’o.d.g. è stabilito dalla Conferenza dei
Capigruppo ad unanimità. Con il lodo Iotti viene modificato l’articolo sulla programmazione dei
lavori: se non c’è accordo ad unanimità all’interno della Conferenza dei Capigruppo, viene fatta
una proposta da parte del Presidente, ma l’Assemblea può solo votarla e non modificarla (clausola
del ne varietur) perché altrimenti, se la clausola fosse emendabile, la maggioranza potrebbe
influirvi.
Nel nostro sistema parlamentare il Presidente è usato come garanzia e soluzione di ogni
problema: rappresenta la guida del sistema parlamentare, al di fuori del sistema dei partiti [es.:
Napoletano – Spadolini – Scalfaro: nel periodo di crisi istituzionale e di governi tecnici ’92 – ’94
rappresentano la guida del sistema]. La figura presidenziale è stata importante sia nel periodo
delle BR, sia durante la crisi istituzionale degli anni ’90. Il Presidente si colloca al di sopra e al di
fuori del Parlamento, è potere di rilievo costituzionale e organo a sé stante.


FUNZIONI FONDAMENTALI DEL PRESIDENTE DI ASSEMBLEA
• Interpretazione del Regolamento
• Programmazione dei lavori
1. INTERPRETAZIONE DEL REGOLAMENTO
Secondo quanto stabilito nel RC prima del 1971 il Presidente poteva valersi del richiamo al
regolamento: un deputato o un senatore possono sottoporre una questione al Presidente di
Assemblea. Quando si verifica il richiamo al Regolamento, il Presidente può decidere di
sospendere i lavori e convocare la Giunta del Regolamento (art. 41 R.C.: richiamo al
Regolamento), ma, fino al 1971, sulla questione si pronunciava l’Assemblea; dopo il 1971 il ruolo
del Presidente risulta trasformato: esiste la facoltà del Presidente di consultare l’Assemblea, ma
non l’obbligo. Il Presidente di Assemblea ha il potere di decidere senza appello sui richiami al
Regolamento. La deliberazione presa dal Presidente non è appellabile e vale come precedente;
una stessa questione parlamentare può essere interpretata in modo parzialmente diverso e quindi
possiamo trovarci di fronte a precedenti difformi. Quando le deliberazioni sono concordanti, si crea
una prassi (che fa parte delle fonti di diritto parlamentare) non scritta, in quanto derivante da una
delibera interpretativa che può essere o meno supportata dall’Assemblea legislativa.
La delibera della questione di fiducia è affidata al Presidente di Assemblea e rimane tale alla
Camera fino al 1981, mentre al Senato vige ancor oggi e quindi la prassi è divenuta consuetudine.
Il ruolo del Presidente risulta notevolmente trasformato fino a diventare magistrato supremo
dell’Assemblea e creatore di una giurisprudenza presidenziale. Si crea una figura molto simile allo
speaker inglese. Se poi si nota che il Presidente della Camera è stato per molti anni esponente di
opposizione, questo potere assume ancora più valore.

     2. PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI
L’o.d.g. per un principio di diritto parlamentare generale viene fissato dall’Assemblea stessa: non
può modificarlo in corso di seduta, ma lo fissa per la seduta successiva. Il Presidente in questo
svolge un ruolo fondamentale. Quando l’o.d.g. viene fissato, l’Assemblea ha stabilito quali
argomenti vengono affrontati in una seduta. Questo, nel confronto tra forze politiche, acquisisce
una grande valenza politica: affrontare una legge portata dalla maggioranza significa riportare una
vittoria del Governo. Oggi un disegno di legge [fatto, cioè, dal Governo] viene immediatamente
iscritto all’o.d.g. e non si procede più come nel passato quando la decisione veniva presa dalla
maggioranza assoluta della Conferenza dei capigruppo (se questa poteva essere considerata una
forma di ostruzionismo, oggi ve ne sono altre, come per es. l’assenza strategica di deputati o
senatori al fine di far venir meno il numero legale). L’iscrizione di un disegno di legge all’o.d.g. è
molto importante.
L’organizzazione dei lavori delle Camere all’inizio del sistema repubblicano era basata sul fatto che
il Presidente di Assemblea proponeva l’o.d.g.
La Conferenza dei Capigruppo è presieduta dal Presidente di Assemblea, composta dai Presidenti
di gruppo, ha il compito di determinare gli argomenti da inserire all’o.d.g., può dibattere sulla
organizzazione dei lavori e se vi è accordo tra i capigruppo questo parere viene trasmesso
all’Assemblea. Nel 1971 si stabilisce che:
1) le Camere lavorano tramite il metodo della programmazione
2) la Conferenza dei Capigruppo delibera sull’o.d.g.
3) vengono fatti il calendario e il programma: indicazione precisa e concreta degli argomenti che
     devono essere affrontati e dei termini entro i quali devono essere portati a compimento
4) la Conferenza dei Capigruppo deve deliberare ad unanimità. Se la decisione viene presa ad
     unanimità, deve solo essere comunicata senza che su essa si esprima l’Assemblea. Due
     gruppi parlamentari, e in particolare i radicali, hanno però sempre fatto valere il loro veto. Se
     non si ha accordo unanime, alla Camera si ricorre alla decisione dell’Assemblea. Al Senato, il
     Presidente stabilisce uno schema per una settimana: se qualche senatore propone modifiche,
     si votano le modifiche e viene cambiato l’o.d.g. (questa norma del Senato rimane a lungo
     immutata).

METODI DI LAVORO DI UNA ASSEMBLEA:
1) l’Assemblea decide l’o.d.g. e non l’ordine dei lavori. Si hanno due casi: a) Senato: se
   l’Assemblea propone modifiche, queste vengono votate dall’Assemblea e viene modificato lo
   schema predisposto dal Presidente di Assemblea; b) Camera: l’o.d.g. è stabilito dal Presidente
di Assemblea con la clausola ne varietur, per cui l’Assemblea può solo approvare o non
     approvare l’o.d.g., ma non modificarlo.
2)   unanimità: formula di compromesso; imporre l’unanimità significa far sì che la maggioranza sia
     costretta a trattare con l’opposizione. E’ la clausola del nemine contradicente e in Conferenza
     dei Capigruppo si decide in questo modo, facendo valere il veto di ogni deputato.
3)   in caso di dissenso decide il Presidente: soluzione adottata a partire dal 1981. Si trova un
     organo al di sopra delle parti al quale viene affidata l’elaborazione del calendario.
4)   il governo (= maggioranza) decide l’o.d.g.: è il sistema adottato in Francia (previsto dalla Cost.
     del 1958) e in Inghilterra [in Francia l’Assemblea può approvare l’o.d.g. non prioritario una sola
     volta al mese]. Questo non è previsto in Italia.
I    ripartizione dei tempi maggioranza/opposizione: contrappeso introdotto a garanzia
     dell’opposizione.

Il Presidente può approvare l’o.d.g. tenendo conto di alcune cose:
1) dell’orientamento dato dalla Conferenza dei Capigruppo
2) assicurare un certo spazio a maggioranza e opposizione
3) approvare il calendario con la clausola ne varietur: sistema esattamente contrario a quello del
     Senato dove il calendario predisposto per una settimana dal Presidente di Assemblea viene
     variato su proposta dell’Assemblea. In tal modo si configura un potere sommo del Presidente
     della Camera.

L’evoluzione della programmazione dei lavori dimostra una evoluzione della funzione
presidenziale. La riforma del 1981 alla Camera può sostanzialmente incentrarsi tutta
sull’attribuzione al Presidente di una funzione super partes, a garanzia dell’organizzazione dei
lavori.
     ORDINE DEL GIORNO: il Presidente di Assemblea ha potere di proporre l’o.d.g.; l’Assemblea
     può deliberare l’o.d.g. ed è sempre “padrona” del proprio o.d.g. non nel senso che può
     modificarlo, ma nel senso che deve definirlo.
     PROGRAMMA: elenco degli argomenti da affrontare.
     CALENDARIO: definisce le modalità e i tempi di applicazione degli argomenti contenuti nel
     programma.
     ORGANI DELLA PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI: Presidente di Assemblea – Assemblea
     – Conferenza dei Capigruppo.
     ISTITUTI DELLA PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI: Programma – Calendario – Ordine del
     giorno – Schema (al Senato).
Art. 23 R.C.
L’esame degli argomenti su cui si deve deliberare deve garantire un tempo congruo in relazione al
tempo disponibile e alla complessità degli argomenti: art. 23 c. IV (punto fondamentale sulla
organizzazione dei lavori). Il tempo congruo deve essere rispettato: principio stabilito in funzione
anti – ostruzionistica.
Art. 23 c. III: soggetti del diritto parlamentare sono i gruppi e il Governo; anche questo è un punto
fondamentale: ci sono infatti voluti 30 anni per affermare le priorità del Governo.
Programmazione dei lavori, metodo di esame e deliberazione dei provvedimenti sono argomenti
strettamente connessi. Se il metodo di deliberazione è regolato in modo chiaro ed efficiente si
possono programmare i lavori, altrimenti no. Nel IV c. dell’art. 23 viene in evidenza tutto lo spirito
delle riforme degli ultimi venti anni: ci deve essere un equilibrio tra integrazione del contraddittorio
(dare potere alle opposizioni) e rapidità della decisione (dare potere alla maggioranza).
Á Il governo indica le proprie priorità
Á i gruppi indicano le proprie priorità
Á si discute in Conferenza dei Capigruppo
Á si fa una analisi ponderata, cioè pesando i seggi in relazione a ogni proposta [es. se parla
     Mussi >DS vale 130, se parla Forza Italia vale 98, ecc.];
     A) se dalla analisi ponderata emerge una maggioranza di 3/4 (non dei gruppi, ma della
     ponderazione dei gruppi), la decisione del calendario è definitiva e deve solo essere
     comunicata;
B) se non si raggiunge la maggioranza di 3/4, entra in gioco il ruolo del Presidente (art. 24 c.
   III).

MODIFICHE AGLI ARTICOLI RIGUARDANTI LA PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI ALLA
CAMERA:
• 1971
• 1981
• 1991
• 1998: consente al Governo di dare indicazioni prioritarie e di occupare una larga parte del
  lavoro della Camera (4/5 del tempo: art. 24 c. III). Le opposizioni hanno diritto di vedersi
  riservato un po’ di tempo nel dibattito (1/5 del tempo).

   Il Presidente decide senza appello sia nella interpretazione del Regolamento sia nella
   programmazione dei lavori (che è funzione molto più politica e meno magistratuale). In questo
   senso il Presidente della Camera ha molto più potere di quello del Senato.


                                         OSTRUZIONISMO

L’ostruzionismo consiste nell’uso esasperato di ogni strumento tecnico consentito dal
Regolamento allo scopo di rallentare il procedimento di deliberazione (impedire o rallentare
la decisione e quindi ostruire la strada e bloccare la maggioranza). E’ attività parlamentare svolta
dalle forze politiche di opposizione volta a ostacolare lo svolgimento della regolare attività
parlamentare esasperando al massimo gli strumenti regolamentari.
Nasce all’inizio del 1900 e continua da allora a manifestarsi sempre con un marcato impiego di
tecniche che sfruttano tutte le norme del Regolamento (che inizialmente sono volutamente norme
a maglie larghe). Le riforme parlamentari si sono volte a fronteggiare forme eccessive di
ostruzionismo. La storia delle riforme parlamentari tende a mettere in chiaro il ruolo della
maggioranza e il ruolo dell’opposizione. Si arriva a costruire la priorità del governo e lo statuto
dell’opposizione. In Parlamento c’è una disponibilità a dare apporto alle delibere da parte
dell’opposizione (emendamenti, proposte concorrenti), ma d’altra parte essa può contribuire al
blocco delle attività: questo dipende dalle situazioni politiche, ma il concetto di fondo è che si deve
alla fine arrivare alle deliberazioni. L’ostruzionismo è strumento con cui le opposizioni richiamano
l’opinione pubblica e al quale non intendono rinunciare (es. coalizione di opposizione organizzata
che fa ostruzionismo a fronte di una maggioranza frantumata: sanitometro, “purificazione” delle
liste). Tema fondamentale è il confronto maggioranza/opposizione nella nostra forma di governo
parlamentare.
La procedura di conversione dei decreti – legge

y Sent. n. 360/1996: divieto di reiterazione di decreti – legge non convertiti entro il termine
    di 60 gg.
Il decreto – legge, da strumento normativo di natura eccezionale, utilizzabile solo in casi
straordinari di necessità ed urgenza è divenuto strumento ampiamente usato, molto spesso al di
fuori dei casi previsti dalla norma costituzionale.

Il decreto – legge, trasformandosi in strumento normale di governo, è divenuto uno degli strumenti
più importanti di realizzazione del regime compromissorio maggioranza – opposizione. Ma l’abuso
della decretazione d’urgenza ha finito per incidere sull’ordinato svolgimento dei lavori parlamentari.
La programmazione risultava infatti alterata, tanto che le Camere erano sottoposte a recepire le
valutazioni d’urgenza fatte proprie dal governo. Si è provveduto quindi a modificare i Regolamenti
in relazione ai presupposti costituzionali e della sent. 360/1996 (modifiche RC 1997).

•   Disciplina oggi vigente al Senato: art. 78 RS > il disegno di legge di conversione,
    presentato dal governo o trasmesso dall’altra camera, è assegnato il giorno stesso alla
    commissione competente nel merito e alla commissione affari costituzionali che, entro 5
    gg., deve trasmettere all’assemblea il proprio parere sulla sussistenza dei requisiti ex
    art. 77 Cost. e dei requisiti stabiliti dalla legislazione vigente (art. 15 l. 400/1988). Se non
    sussistono i requisiti di costituzionalità, il parere della commissione viene trasmesso al
    Presidente di assemblea che convoca quest’ultima affinché si pronunci. Al voto dell’assemblea
    si arriva anche se il parere della commissione è favorevole se ne fanno richiesta 1/10 dei
    senatori. Se l’assemblea si pronuncia negativamente il disegno di legge di conversione si
    intende respinto; se si pronuncia negativamente relativamente a certe parti, tali parti si
    intendono soppresse. Al presidente spetta il potere di dichiarare inammissibili gli emendamenti
    e articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto – legge.
    - Questa disciplina, il cui intento era quello di stabilire un controllo maggiore delle Camere
        sul ricorso alla decretazione d’urgenza da parte del governo, si è rivelata del tutto
        inefficace. Infatti, alla base del controllo costituzionale operato dalla commissione affari
        costituzionali c’è una valutazione politica derivante dall’appartenenza partitica dei
        parlamentari.
    - Solo l’intervento di un organo esterno agli interessi politici – la Corte costituzionale – ha
        posto un freno alla pratica della reiterazione dei decreti – legge. La sent. 360/1996 ha avuto
        l’effetto immediato di comprimere l’uso del decreto – legge. Manca però ancora un controllo
        sul rispetto dei presupposti di cui all’art. 77 Cost.

•   Disciplina oggi vigente alla Camera: è stato soppresso il parere della commissione affari
    costituzionali ed istituito un nuovo organo, il comitato per la legislazione. Art. 96 bis RC > il
    disegno di legge di conversione è deferito alla commissione competente per materia e al
    comitato per la legislazione, il quale entro 5 gg. esprime alla commissione competente il
    proprio parere sul decreto – legge, anche proponendo la soppressione di quelle
    disposizioni che contrastino con le regole sulla specificità, sull’omogeneità e sui limiti di
    contenuto previsti dalla legislazione vigente. Al comitato spetta anche verificare la
    reiterazione di decreti non convertiti o loro disposizioni. La commissione è invece
    competente a verificare i requisiti costituzionali di necessità e di urgenza. E’ ammessa la
    possibilità per 20 dep. o un presidente di gruppo di presentare, entro 5 gg. dall’annunzio in
    assemblea del decreto – legge, una questione pregiudiziale; dopo non è più ammessa la
    presentazione di pregiudiziali. Il disegno di legge di conversione è iscritto al primo punto
    dell’o.d.g. della commissione che deve riferire all’assemblea entro 15 gg.; viene poi inserito
    nell’o.d.g. di assemblea. Il presidente di assemblea dichiara inammissibili gli emendamenti e gli
    articoli aggiuntivi non strettamente attinenti alla materia del decreto – legge. Al procedimento di
    conversione dei decreti – legge non si applicano le norme relative al contingentamento (art.
    154 RC).
-   Non tutti i problemi sono oggi risolti, dato che le forze politiche continuano a dare alla
        formula costituzionale un’interpretazione ancora troppo estensiva. Inoltre, di scarso rilievo è
        il ruolo del comitato per la legislazione che dispone solo di poteri consultivi.



                     La procedura di approvazione delle leggi costituzionali

y Art. 138 Cost.:
  A) due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi
  B) maggioranza assoluta nella seconda votazione
  C) non si fa luogo a referendum se nella seconda votazione la legge è approvata in
      entrambe le camere a maggioranza di 2/3.

Sono oggi operanti due modelli di revisione costituzionale:
1) quello esclusivamente parlamentare che richiede l’alto quorum del 2/3;
2) quello misto, implicante la partecipazione del corpo elettorale tramite referendum.

-   I tre mesi utili per adottare la seconda deliberazione decorrono, compresi i periodi di
    aggiornamento, dalla data in cui un ramo del parlamento ha deliberato in prima votazione,
    purché il progetto gli venga poi ritrasmesso dall’altro ramo nel testo stesso da esso approvato.
-   Nella seconda deliberazione, che non ammette questioni pregiudiziali, sospensive, discussione
    degli articoli, rimane esclusa la proponibilità di emendamenti e ordini del giorno.

I deliberazione: divieto di approvazione della legge costituzionale in commissione deliberante e
redigente, ma operano le regole del procedimento legislativo valide per la legge ordinaria.
II deliberazione: riesame in commissione referente; discussione generale + approvazione del
complesso in assemblea con facoltà di voto per ogni gruppo.



                   La commissione parlamentare per le riforme costituzionali

-   Esigenza di una profonda revisione del sistema costituzionale che mantenesse inalterata la
    parte riguardante diritti e libertà fondamentali, ma apportasse modifiche alla forma di stato e di
    governo e al sistema delle garanzie costituzionali.
-   Non si è seguito il procedimento previsto dall’art. 138: non era infatti conveniente affrontare
    una riforma di tal tipo senza l’apporto delle opposizioni.
•   L. cost. n. 1/1997: costituzione di una commissione bicamerale per le riforme
    costituzionali, composta da 35 dep. e 35 sen., allo scopo di elaborare un progetto di
    revisione della II parte della Costituzione.

Procedimento da seguire:
• doppia delibera sullo stesso testo da parte delle due assemblee
• per l’approvazione definitiva del progetto è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti
• il testo deliberato deve essere sottoposto a referendum entro 3 mesi
• al referendum deve partecipare la maggioranza più uno degli aventi diritto e deve essere
   approvato dalla maggioranza più uno dei voti espressi
• l’importanza della materia e l’urgenza di pervenire a una conclusione spingono le forze
   politiche a concentrare il progetto in un organo bicamerale che deve portare a conclusione il
   progetto in 5 mesi
• resta inalterata la competenza di ciascuna assemblea per la fase deliberativa vera e propria: si
   crea così un procedimento del tutto atipico
-   Commissione d’Alema, con 4 relatori su: 1) forma di Stato; 2) forma di governo e pubbliche
    amministrazioni; 3) parlamento, fonti normative, partecipazione dell’Italia all’UE; 4) sistema
    delle garanzie. Sussisteva il divieto di presentazione di pregiudiziali e sospensive, dato il
    carattere referente di questa commissione. Il progetto finale è stato approvato e trasmesso alle
    Camere entro il termine stabilito (30/06/1997).

-   Per l’esame successivo in assemblea la legge costituzionale prevedeva l’applicazione delle
    norme dei rispettivi regolamenti, mantenendo il divieto di presentazione di pregiudiziali e
    sospensive. Il dibattito è stato organizzato dalla conferenza dei presidenti, predisponendo
    eventualmente il contingentamento.

-   Presentazione di emendamenti e sub – emendamenti: a) fino a 5 gg. prima dell’inizio della
    discussione generale, ogni membro della camera; b) fino a 48 ore prima, la commissione; c)
    fino al giorno precedente la seduta nella quale è prevista la votazione, sugli emendamenti della
    commissione possono essere presentati sub – emendamenti da parte di un presidente di
    gruppo, 10 sen. o 20 dep.

-   La l. cost. stabiliva che i progetti di legge trasmessi alle camere sono approvati art. per art.
    dalle camere senza voto finale su ciascun progetto ma con un voto unico sul complesso degli
    articoli di tutti i progetti.
-   Il progetto di riforma elaborato, senza dubbio, doveva essere frutto di una serie delicata di
    mediazioni e la mancata approvazione di una parte del complessivo progetto di riforma
    avrebbe comportato la rottura dell’equilibrio complessivo e la caducazione di tutto il lavoro.
-   La commissione bicamerale ha elaborato un solo progetto, formalmente composto di un solo
    articolo, ma in realtà distinto in quelli che sarebbero stati i futuri 85 artt. della Cost. Intento
    perseguito dalla commissione era quello di impedire all’assemblea di votare sui singoli articoli,
    costringendola a pronunciarsi con un voto su tutto il complesso normativo, mettendo le forze
    politiche di fronte all’alternativa di approvare il progetto o respingerlo nella sua interezza. Ma
    RC e RS consentono (art. 87 RC e 120 RS) la votazione per parti separate e se viene
    formulata questa richiesta non può essere evitata la votazione dei singoli articoli, che per altro
    avverrebbe non alla fine della discussione di ciascun art., ma dopo la discussione di tutti gli
    artt. ed emendamenti, dissociando così la fase della discussione di ciascun articolo dalla sua
    votazione.
-   La scelta della commissione dell’art. unico ha poi inciso sulla discussione di tale art. unico dato
    che il RC (art. 85) riserva a ciascun dep. la facoltà di parlare per 40 min. per illustrare i propri
    emendamenti e contestualmente anche quelli presentati da altri. Tale tempo risulta molto
    ridotto, considerato il numero degli artt. del progetto e quello dei relativi emendamenti.
-   Questo progetto è per ora fallito; ma la commissione bicamerale continua ad esistere
    formalmente fino alla fine della legislatura, dato che la legge cost. ha stabilito che le sue
    funzioni cessano o con la pubblicazione della legge di revisione costituzionale o con lo
    scioglimento delle camere.




                                        Sessione di bilancio

     Art. 81 Cost.: le Camere devono approvare ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo
     presentato dal Governo.
Il bilancio dello stato e la manovra economica si basano sul principio della programmazione.
y art. 81 Cost.; l. 362/1988; l. 94/1997; l. 208/1999 (ha modificato il contenuto della legge
     finanziaria e introdotto i collegati di settore).

FASI DEL PROCEDIMENTO:
1) Fase preparatoria della sessione:
presentazione entro il 30 giugno del DPEF;
      esame e risoluzioni parlamentari di approvazione del DPEF;
      presentazione del bilancio preventivo a legislazione vigente entro il 30 settembre;
      presentazione del bilancio pluriennale a legislazione vigente;
      presentazione del disegno di legge finanziaria entro il 30 settembre;
      presentazione dei provvedimenti collegati alla finanziaria entro il 15 novembre.
2) sessione di bilancio (45 gg. per la Camera in prima lettura, 35 per l’altra):
      esame e votazione di articoli ed emendamenti del bilancio preventivo a legislazione vigente
      (senza votazione finale);
      esame e approvazione della legge finanziaria;
      predisposizione della nota di variazione al bilancio dello Stato con la quale il governo
      modifica gli stati di previsione del bilancio preventivo secondo le disposizioni della legge
      finanziaria;
      approvazione della nota di variazione;
      votazione liberatoria.
DOCUMENTI DELLA MANOVRA FINANZIARIA:

   DPEF: indica le linee generali della manovra in termini di obiettivi da conseguire e misure
   necessarie al loro conseguimento. Gli obiettivi indicati nel DPEF sono vincolanti nell’ambito
   della manovra predisposta con la legge finanziaria e con i collegati di settore.
   Bilancio preventivo a legislazione vigente: costituisce l’autorizzazione all’esercizio
   finanziario coincidente con l’anno solare successivo. L’art. 81 c. III stabilisce che con esso non
   si possono stabilire nuovi tributi o nuove spese.
   Legge finanziaria: permette di riversare nel bilancio la manovra politica economica
   predisposta dal Governo e contenuta nel DPEF; i contenuti del disegno di legge finanziaria
   sono indicati nella l. 468/1978, modificata dalla l. 208/1999.
   Disegni di legge collegati: hanno contenuto omogeneo, di settore: consentono di effettuare
   tutte le modifiche legislative necessarie per perseguire gli obiettivi di politica economica
   espressi nel DPEF e sono strettamente collegati ad esso. Non possono riguardare settori che
   non siano ricompresi nel documento di programmazione.

DISCIPLINA DEI REGOLAMENTI PARLAMENTARI: artt. 118–bis RC, 125–bis RS

   1) FASE PREPARATORIA – Il DPEF presentato dal Governo è esaminato
      contemporaneamente nei due rami del Parlamento. Le Commissioni di Camera e Senato
      possono anche procedere congiuntamente per le attività istruttorie e conoscitive. La
      Commissione bilancio alla Camera presenta una relazione all’Assemblea (sentito il parere
      delle commissioni permanenti e della comm. parlamentare per le questioni regionali);
      l’Assemblea delibera sul documento programmatico attraverso una risoluzione, la quale
      può contenere integrazioni e modifiche del documento stesso.
   2) SESSIONE DI BILANCIO – Si apre con la presentazione del d.d.l. finanziaria e del d.d.l.
      concernente i bilanci di previsione. E’ attribuito un ruolo particolare alle Commissioni
      Bilancio nei due rami del Parlamento. Il Presidente accerta la presenza di disposizioni
      estranee e l’eventuale presenza di disposizioni che introducono nuove e maggiori spese e
      verifica il rispetto della regola della copertura

FASI DELLA PROCEDURA:

a) Esame preliminare: prima dell’inizio della sessione le commissioni parlamentari iniziano
   l’esame degli stati di previsione del disegno di bilancio di rispettiva competenza senza
   procedere a votazioni, provvedendo ad acquisire i necessari elementi conoscitivi.
b) Sessione di bilancio: durante la sessione di bilancio è sospesa ogni deliberazione da parte
   dell’assemblea e delle commissioni su progetti che comportino nuove e maggiori spese o
   diminuzione delle entrate e la programmazione dei lavori in Assemblea è regolata in modo da
   consentire il rispetto del termine previsto per la durata della sessione.
c) Assegnazione: i d.d.l. finanziaria e i d.d.l. concernenti i bilanci di previsione sono assegnati
   per l’esame generale alla commissione bilancio e per l’esame delle parti di rispettiva
   competenza e dei singoli stati di previsione alle commissioni competenti per materia.
d) Esame da parte delle commissioni competenti: nei 10 gg. successivi le commissioni che
   esaminano congiuntamente il d.d.l. finanziaria e di bilancio concludono i lavori con
   l’approvazione di una relazione e la nomina di un relatore che può partecipare alle sedute della
   commissione bilancio e programmazione.
e) Esame in commissione bilancio e relazione generale: nello stesso periodo la commissione
   bilancio inizia l’esame dei d.d.l. ed esamina congiuntamente i d.d.l. e i documenti connessi e
   approva la relazione generale per il d.d.l. finanziaria e di bilancio. Possono essere presentate
   relazioni di minoranza. Sono allegate anche le relazioni delle altre commissioni competenti per
   materia.
f) Esame in Assemblea: la discussione è organizzata in Conf. dei Capigruppo che provvede ad
   organizzare i dibattiti e i tempi. La votazione finale deve avvenire entro il 31 dicembre.
g) Esercizio provvisorio: è disposto nel caso di mancata approvazione del bilancio entro il 31
   dicembre. Non può comunque eccedere i 4 mesi.

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Appunti di diritto parlamentare

  • 1. Appunti di diritto parlamentare LA FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE ITALIANA La Costituzione italiana del 1948 nasce dal superamento dei tragici eventi della II guerra mondiale, del sistema autoritario fascista, della guerra civile. Tutto questo condiziona profondamente i padri costituenti. La Costituzione italiana nasce insieme a costituzioni coeve e prima di altre costituzioni come quella greca e quella spagnola. I modelli a cui si riferisce sono i sistemi parlamentari francese, tedesco e italiano dell’inizio del secolo (con un occhio rivolto anche ai modelli USA E GB). Questa forma parlamentare era fallita in Germania (Repubblica di Weimar), in Francia (III Repubblica), in Italia ed è proprio questo modello che deve essere ripreso. Si tratta di una forma di governo parlamentare tradizionale, basata sul rapporto di fiducia tra governo e parlamento, nella quale il Capo dello Stato ha solo funzioni notarili e poteri di politica costituzionale. Per quanto riguarda la Repubblica di Weimar si può dire che a fianco di una componente parlamentare basata sul raccordo fiduciario tra Camera elettiva e Governo vi sia anche una componente presidenziale fondata sul rapporto diretto tra Capo dello Stato (che sceglie liberamente il Governo) e corpo elettorale. Se fino agli anni ’30 domina la componente parlamentare, successivamente ci sono alcuni fattori (sconfitta della prima guerra mondiale, nazionalismo, lotta contro le manifestazioni a favore del bolscevismo affermatosi in URSS, crisi economica) che portano il Capo dello Stato ad assumere maggiori poteri (poteri di nomina di governi anche minoritari del presidente Hindenburg, nomina nel 1933 di Hitler come Cancelliere). Una situazione del genere si era verificata anche in Italia nel 1922: la “vittoria mutilata”, il nazionalismo, la lotta al comunismo avevano comportato una maggiore attribuzione di poteri in capo al Re che nel 1922 incarica Mussolini di formare un nuovo governo. Dunque, l’insuccesso della forma di governo parlamentare tradizionale diventa la matrice delle nuove costituzioni del II dopoguerra. I due paesi che affrontano per primi questa esperienza sono l’Italia e la Francia (IV Repubblica). In Italia le forze dominanti nel 1946 sono i sei partiti che hanno combattuto la Resistenza: PCI, PSI, DC, PLI, PRI, Partito d’Azione. Successivamente il Partito d’Azione scompare dalla scena e si hanno alcune scissioni del PSI. Il primo governo De Gasperi comprende questi sei partiti insieme, che vengono a costituire l’arco costituzionale. In tutti i partiti dell’arco costituzionale c’è una spinta profonda contro il ruolo dell’esecutivo derivante dall’eccesso di potere assunto dall’esecutivo nel sistema precedente. I padri costituenti si trovano di fronte a una scelta tra due grandi principi (problema che si è poi riproposto negli anni ’90): • efficienza della democrazia, cioè governabilità: questo principio nel 1946 appare come base per l’instaurazione delle dittature. La storia dei cinquant’anni successivi dimostra il contrario, per la trasformazione dello Stato in una società sempre più di massa che richiede interventi nell’economia (i Francesi nel 1958 optano per questa scelta con il semi – presidenzialismo) • legittimazione del potere democratico: tale principio si basa sul fatto di poter costruire il consenso dei cittadini attorno ad un sistema politico che non sia quello autoritario basato sulla propaganda e nel quale il popolo si riconosca. La scelta, sia per l’odio verso l’esecutivo, sia per l’inesistenza di formule di tipo presidenziale, cade su un sistema capace di esprimere largamente i principi del metodo consensuale e di consentire ai partiti di chiamare liberamente a raccolta i cittadini per combattere la battaglia politica in Parlamento. L’art. 49 Cost. sceglie il soggetto partito come soggetto determinante nel sistema costituzionale, in seno alle assemblee legislative. Si tratta di uno strumento di trasformazione del conflitto in legittimazione del dissenso. La forma di governo parlamentare scelta viene adeguata con l’introduzione di alcuni strumenti importanti per razionalizzare il sistema parlamentare: Corte costituzionale: organo che giudica la legittimità delle leggi e dunque si pone come organo di controllo sull’operato del Parlamento Regioni: che vengono a connotare la forma di Stato come Stato regionale anziché Stato unitario; la loro autonomia non è solo proclamata dalla Costituzione ma trova anche disciplina in Costituzione. Si hanno due tipi di Regione: Regione a statuto ordinario e Regione a statuto speciale, che gode di forme più accentuate di autonomia
  • 2. Referendum: strumento di democrazia diretta. Caratteristica delle democrazie occidentali è l’essere democrazie rappresentative: viene introdotto il referendum, strumento di democrazia diretta, come elemento di razionalizzazione e di temperamento della posizione di preminenza del Parlamento e dei partiti politici Il rapporto che si stabilisce in Costituzione tra elettori, Parlamento, Governo è una soluzione che si ispira a una formula consensuale o dell’intesa: l’esigenza di legittimare l’operato di tutti i partiti politici deve essere prioritario al fine di evitare drammatici conflitti. Rispetto alla scelta di un sistema elettorale bipartitico, la nostra Costituzione si ispira al principio proporzionale, basato sulla coesistenza e sulla pari legittimazione di tutti i partiti. I governi di coalizione, con una forte componente centrista e moderata, sono chiamati a temperare le durezze di alcune posizioni ideologiche estreme. Si pongono le premesse per quella che Maranini per primo chiamerà partitocrazia. Tuttavia, bisogna precisare che la scelta costituzionale avviene per garantire il consenso dei cittadini; la partitocrazia è una conseguenza di questo, ma il sistema non è creato per la partitocrazia. La forma di governo italiana è fondata sul pluripartitismo spinto o estremo, sulla formula consensuale e quindi su governi di coalizione: si tratta di una forma di governo non di tipo assembleare, ma definibile come “a prevalenza del Parlamento”. Segnali di ciò sono: formula proporzionale elettorale: artt. 72 e 82 Cost.: definizione del proporzionalismo. Contestualmente, l’o.d.g. Perassi propone l’elezione a suffragio universale proporzionale; bicameralismo paritario: compresenza di due assemblee che non hanno nessun tipo di differenza tra loro. Si ha l’esigenza di mantenere un forte equilibrio. temperamento della regola maggioritaria: nei regolamenti viene individuato il voto con maggioranze particolari, che favorisce ancora di più l’intesa (per l’adozione del programma dei lavori alla Camera è richiesta l’unanimità, per l’elezione del presidente di assemblea la maggioranza di 2/3); anche in Costituzione sono talvolta previste maggioranze particolari. prevalenza del voto segreto: tale principio non è basato su alcuna norma scritta. Favorisce la trattativa, quindi l’intesa, per evitare sorprese nel segreto dell’urna. scarsa influenza riconosciuta al governo sul lavoro parlamentare (in Costituzione e nel Regolamento): per es. nel procedimento legislativo ogni deputato può parlare quanto vuole, quando vuole e apportare quanti emendamenti vuole; si opta quindi per una soluzione che limita il ruolo del governo e rivolta contro l’efficienza; rafforzamento del potere di indirizzo o di direttiva del Parlamento verso l’esecutivo. Superato il momento di transizione 1948 – 1953 in cui la DC ha la maggioranza assoluta e il governo è stabile, il sistema si basa su un accordo maggioranza – minoranze in cui il governo perde importanza ed è il Parlamento ad assumere un ruolo centrale. Nel 1971 (periodo del centro – sinistra) entrambe le camere approvano per la prima volta un nuovo regolamento che è indicazione chiara di questo sistema consensuale a prevalenza del Parlamento, scelto dal costituente italiano. Se il Parlamento inizia a darsi nuove regole significa che ha acquistato coscienza del proprio ruolo di centralità nel sistema. Il Parlamento deve sfruttare il suo ruolo centrale per trasformare il sistema, non per gestire il potere. La soluzione italiana del 1971 è totalmente opposta rispetto alla soluzione francese del 1958. Il Parlamento deve essere in primo luogo ispirato a un sistema multipartitico estremo derivante da una legge elettorale proporzionale, tale che i partiti possano svolgervi il proprio ruolo. Viene quindi rafforzato il ruolo dei gruppi parlamentari (“Camera dei gruppi”), ai partiti viene dato il vero potere in Parlamento. Poiché i gruppi lavorano in modo proporzionale nelle commissioni e in assemblea occorre rafforzare tutte le funzioni del Parlamento: ciascuna Camera è trasformata in un complesso policentrico rafforzando il ruolo delle Commissioni permanenti (si finisce per avere trenta assemblee anziché due: ogni camera è infatti composta da 14 commissioni). Si può dire quindi che si ha: • rafforzamento dei gruppi • Camera delle commissioni, per cui ogni commissione ha gli stessi poteri dell’assemblea • potenziamento delle funzioni del Parlamento: 1) apertura alla società civile: il Parlamento vuole consentire alla società di esprimersi all’interno del Parlamento stesso per sapere cosa in realtà pensa; nasce nel 1971 la funzione di informazione svolta dalle Commissioni (udienze,
  • 3. audizioni, richiesta di informazioni); i gruppi sociali hanno possibilità di parlare in Parlamento. 2) procedura che consente la continua alimentazione dell’indirizzo politico del governo da parte del Parlamento: il governo ha un programma di coalizione che deve essere verificato ogni giorno in Parlamento dalle forze politiche; al di fuori della logica maggioranza/opposizione, su cui si basa il rapporto di fiducia, ogni punto viene discusso in Parlamento dai partiti secondo le loro posizioni. Il governo è debole e la battaglia politica è svolta dai partiti in Parlamento. Emerge la funzione di indirizzo e controllo del Parlamento: è possibile che le forze politiche si confrontino tra di loro al di fuori di un rapporto maggioranza/opposizione. La trasformazione dei regolamenti delle Camere del 1971 chiarisce il senso della formula parlamentare adottata in Costituzione, ma contribuisce anche a potenziarla: i nuovi regolamenti individuano il ruolo del Parlamento, lo potenziano e lo trasformano (i regolamenti parlamentari come strumenti fondamentali nell’evoluzione della forma di governo). Per es. con i governi di solidarietà nazionale a partire dal 1976 si mira a formare una coalizione in Parlamento che consenta di governare; si hanno forze politiche in maggioranza in Parlamento, ma non al governo (c.d. governo della non – sfiducia: governo Andreotti). Non a caso la crisi della formula del compromesso storico si ha con l’assassinio di Moro, con l’apparire sulla scena di un movimento che è contro il sistema e si pone come alternativo al sistema del consenso. Il Parlamento dunque, dal 1971 si individua come organo propulsore del sistema e si arroga il compito di doverlo riformare. Nel 1980 il Presidente della Camera Nilde Iotti inaugura una nuova stagione di riforme parlamentari che trasformano il sistema ricostruendo il rapporto maggioranza/opposizione. Ma questa non è una spinta che viene dall’esterno o che si realizza con modificazioni costituzionali: essa deriva dalla trasformazione delle regole del gioco all’interno del Parlamento. L’art. 63 c. I Cost. afferma che “Ciascuna Camera elegge tra i suoi componenti il Presidente e l’Ufficio di Presidenza”, ma la Cost. stessa non dice niente riguardo a quali sono i poteri del Presidente di Assemblea e su come viene eletto: dà per scontato che si riprenda interamente la previsione statutaria. La previsione dell’adozione da parte di ciascuna Camera di un proprio regolamento (art. 64 c. I Cost.) dà piena libertà ad ognuna delle due Camere, ma la figura della presidenza della Camera ha come riferimento lo Statuto. Il regolamento parlamentare in periodo statutario era solo quello della Camera dei deputati, dato che solo essa era elettiva. Gli anni 1898 –1900 sono anni di grandi battaglie parlamentari (prima manifestazione del partito socialista sul piano istituzionale, assassinio del re); tutto ciò è accompagnato da una riforma del regolamento in senso anti – ostruzionistico (contro l’ostruzionismo che la sinistra estrema portava avanti nel periodo del governo Pelloux). Gran parte della storia della forma di governo parlamentare è basata sulle riforme del regolamento. Si ha una connessione tra forma di governo e modifica dei regolamenti: le modifiche regolamentari prefigurano una modifica della forma di governo. Nel 1971 il Parlamento ha un ruolo di centralità. L’evoluzione politica degli anni ’70 porta al compromesso storico: viene definito formula di un più corretto rapporto tra maggioranza e opposizione; il rapporto tra coalizione di maggioranza e opposizione non deve essere conflittuale, ma deve trattarsi di un rapporto più corretto (= diverso) della maggioranza con le altre forze politiche. Nel 1976 – ’78 emergono due linee politiche di contrapposizione allo schieramento di maggioranza: 1) linea portata avanti da Pannella e dai radicali 2) assassinio politico: manifestazioni di carattere pseudo – rivoluzionario. Nel 1978 si hanno due eventi importanti: 1) dimissioni del Presidente della Repubblica Leoni; 2) assassinio di Aldo Moro, fautore ed autore dell’accordo basato sulla solidarietà nazionale (tramonto della chiusura basata sulla conventio ad excludendum). Nel 1979 si forma il governo Cossiga, che ha l’appoggio di una larga maggioranza in Parlamento, che non trova però rappresentanza nel governo (forze di centro – sinistra); nel 1980 Cossiga (che ha avuto in
  • 4. precedenza l’appoggio del Pci) viene incriminato dagli stessi comunisti: Cossiga si vede tradito e il suo governo cade pochi mesi dopo sulla questione di fiducia su un decreto legge. ASPETTO PARLAMENTARE DI QUESTA VICENDA: • lodo Iotti • caduta del governo Cossiga sulla questione di fiducia (art. 116 reg. Camera) Questione di fiducia: è posta dal governo quando vuole assicurarsi l’appoggio della propria maggioranza. In caso di esito del voto delle Camere (o anche di una sola di esse) contrario a quello voluto dal Governo, il Governo si dimette e apre la crisi. La questione di fiducia viene disciplinata per la prima volta alla Camera nel 1971, al Senato rimane sotto forma di prassi. La questione di fiducia alla Camera è regolata dall’art. 116 del regolamento, dove non viene descritta, cioè regolamentata, in quanto assunta come costante del diritto parlamentare e già presente fin dal 1951 sotto forma di prassi; l’art. 116 è norma illogica in quanto al II c. prima afferma che tutti gli emendamenti presentati devono essere illustrati, ma poi stabilisce che se il voto della Camera è favorevole tutti gli emendamenti si intendono respinti. Fino al 1988 tutte le votazioni si svolgevano a scrutinio segreto: quando si votava una legge lo si faceva a scrutinio segreto e anche chi appartiene alla maggioranza può decidere di votare contro il suo governo; l’ultima parte del II c. art. 116 parla di “progetto di legge che consiste di un solo articolo”: si tratta di un modo per riferirsi a un decreto – legge. Sul voto a scrutinio segreto del decreto – legge cade il governo Cossiga, per il fenomeno dei franchi tiratori. Le norme dei regolamenti dopo la riforma del 1971 avevano grande sfavore nei confronti dell’esecutivo: si trattava di norme che dopo aver affermato un concetto presentavano sempre una clausola derogatoria. Un es. di ciò è l’art. 39 Reg. Camera: al I c. esso stabilisce il limite di durata della discussione (30 minuti); c’era però un sesto comma che affermava che un presidente di gruppo poteva chiedere che si derogasse al I c. (clausola derogatoria) e solo per il fatto di averlo chiesto veniva sempre concesso. In tal modo veniva lasciata all’opposizione un’ampia facoltà di manovra parlamentare. Pannella all’epoca non si serviva del referendum abrogativo, ma del regolamento parlamentare, sfruttandolo in ogni modo, tanto che i deputati radicali arrivavano a parlare fino a 21 ore consecutive. Cossiga presenta un decreto – legge sull’ordine pubblico che assegna maggiori poteri alle forze di ordine pubblico per dominare i movimenti sovversivi. Tutte le forze politiche in Parlamento sono favorevoli a combattere le Brigate Rosse (l’operaio Rossa, iscritto a Pci e sindacato denuncia alcuni appartenenti ad associazioni terroristiche; viene ucciso dalla BR e questo per Berlinguer mostra che è necessario che il Pci si unisca alle altre forze per combattere le BR [si tratta di un indice di omogeneità: c’è condivisione di tutte le forze politiche su questo punto]). Il decreto – legge di Cossiga viene quindi presentato in Parlamento: se non è convertito entro 60 gg. il decreto – legge cade, quindi l’opposizione deve fare di tutto affinché trascorrano 60 gg. e il decreto non sia approvato. Quando Cossiga presenta il decreto può far valere la questione di fiducia (questa sarebbe valsa a legittimare il consenso dato che aveva un appoggio in Parlamento pari al 95%). Ma i radicali pongono migliaia di emendamenti che in base all’art. 85 c. VI Reg. Camera devono essere analizzati separatamente e senza limiti di tempo (i radicali non fanno una battaglia a favore del terrorismo, ma una battaglia per la libertà – quindi fondata – perché ritengono che le clausole del decreto presentato siano troppo restrittive per la libertà). I regolamenti del 1971 consentivano a una forza politica minoritaria di combattere con l’ostruzionismo. A questo punto si ha quello che è poi stato chiamato il “lodo” Iotti. C’era la tendenza (convenzione parlamentare non scritta durata fino al 1994) ad attribuire la presidenza di una Camera all’opposizione, per cui il Pci aveva sempre avuto la presidenza in una delle due camere nella figura della Iotti (a parte gli anni in cui fu presidente Ingrao). La figura di Nilde Iotti è stata fondamentale nel cambiare le regole del diritto parlamentare. Nilde Iotti riunisce la Giunta del Regolamento (v. art. 16 Reg. Camera: dà pareri sulle questioni di interpretazione del regolamento) e pone il problema di reinterpretare gli artt. 85 c. VI e 116 c. II. La Iotti afferma che la previsione di illustrazione degli emendamenti (art. 116 c. II) non corrisponde a
  • 5. quanto afferma l’art. 85 c. VI per cui tutti gli emendamenti devono essere analizzati singolarmente; non siamo infatti di fronte a un procedimento legislativo, ma a una questione di fiducia, dove vale la regola che ogni deputato può parlare una sola volta e illustrare insieme tutti gli emendamenti. La Giunta del Regolamento è d’accordo con la Iotti e anche l’Assemblea si mostra favorevole: da ora in poi questa diventa la prassi da seguire. • Il lodo Iotti rappresenta il modo importante e nuovo di costruire il diritto parlamentare; si ha l’avvio di un processo con il quale le norme sono create a maggioranza dell’assemblea. Il lodo Iotti non è trasposto come norma scritta, fa parte della prassi, della consuetudine e viene a costituire un precedente di diritto parlamentare. • Con il lodo Iotti si avvia il periodo delle riforme parlamentari degli anni ’80 [1948: Cost. e Reg. Camera; 1971: nuovi regolamenti delle due camere; anni ’80: riforme di razionalizzazione dei regolamenti]. Le norme dei regolamenti sono norme “a maglie larghe”, nel senso che consentono a prassi e consuetudine di intervenire. Si comprende come sia necessario che il Parlamento affronti il proprio lavoro in modo regolare, coerente, efficace e quindi che siano sì garantiti i diritti delle opposizioni, ma anche un più rapido ed efficiente svolgimento del lavoro del Parlamento. • I regolamenti in quanto norme “a maglie larghe” consentono una loro interpretazione evolutiva xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx CRISI DI REGIME DEL 1992 crisi che investe: PARLAMENTO, CLASSE POLITICA, PARTITI legge elettorale (6/8/1993) intervento magistratura crisi economica (settembre 1992): la lira esce dallo SME profonda disaffezione del popolo nei confronti della politica crisi politica: governi tecnici (es. Amato); si manifesta in vari aspetti: 1) movimento referendario (patto Segni); 2) nascita di movimenti nuovi (Lega: nasce nella zona in cui la crisi è più chiara); 3) partiti e schieramenti che criticano il sistema dei partiti (crisi del partito, crisi del Parlamento). 1992: la coalizione Craxi è sconfitta per due motivi: a) il Pri di Lamalfa passa all’opposizione (si tratta di poco più del 2% dei voti, ma lascia che il pentapartito passi dal 55% al 52% circa); b) fattore di comunicazione: la sinistra afferma che per gli exit polls il pentapartito non ha più la maggioranza, non è vero, ma questa notizia trova diffusione; 4) elezione del Presidente della Repubblica: davanti all’alternativa Craxi/Andreotti (leaders del pentapartito), l’abilità manovriera di Pannella e Bossi fa sì che nessuno dei candidati del pentapartito venga eletto; viene eletto Scalfaro dopo l’uccisione di Falcone, su proposta di Pannella, in quanto estraneo alla classe politica precedente. xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
  • 6. Si può dire che tra le regole di diritto parlamentare degli anni ’70 e le regole attuali ci sia una distanza non trascurabile. Il primo lodo Iotti è importante perché: segna l’inizio di un processo di evoluzione e razionalizzazione dei regolamenti parlamentari si tratta di una interpretazione presidenziale che fa emergere il ruolo del diritto non scritto (prassi e consuetudine) rispetto al diritto scritto (siamo in presenza di un fenomeno che può essere descritto come quello della common law inglese. Abbiamo: un decreto legge sull’ordine pubblico la presentazione di un gran numero di emendamenti la decisione del governo di porre la questione di fiducia [al Senato la questione di fiducia continua ad essere disciplinata in larga parte da fonti non scritte] ostruzionismo: dilazionare (= perdere tempo) e impedire una deliberazione parlamentare illustrazione degli emendamenti: le regole “a maglie larghe” consentono una interpretazione normale di illustrazione di tutti gli emendamenti; ciò può però portare all’innescarsi di misure ostruzionistiche il lodo Iotti testimonia il meccanismo consensuale dell’intesa: l’indicazione di illustrare gli emendamenti dell’art. 116 Reg. Camera viene interpretata in modo diverso: nessuno può mai intervenire su una questione per più di una volta. Si tratta di un principio di diritto parlamentare generale [diritto inglese non scritto: usage, practice, customs] Á La Iotti usa una interpretazione evolutiva ed estensiva delle norme parlamentari. Il lodo Iotti è importante perché prelude a una serie di riforme parlamentari, ispirate a un principio di fondo, quello di disciplinare in dettaglio tutti gli istituti di diritto parlamentare in modo da evitarne uno sfruttamento ostruzionistico (es.: gli interventi devono durare non più di dieci minuti). Á Razionalizzazione del procedimento deliberativo. Á Programmazione dei lavori parlamentari (tempi prevedibili, conoscibili, rispettati). Il sistema parlamentare italiano con l’evoluzione che si verifica negli anni ’80 si trasforma in modo radicale. Il primo momento di trasformazione si ha con il II lodo Iotti (1981). Si propongono cinque modifiche alle norme del regolamento parlamentare (tutte le forze politiche sono d’accordo tranne il Manifesto di sinistra, i Radicali di Pannella, alcuni deputati dell’MSI): • abolizione del VI c. dell’art. 39 • art. 85: si propone una discussione sull’articolo nel complesso e non sui singoli emendamenti e poi si votano i singoli emendamenti • inserzione della tecnica degli emendamenti a scalare: il Presidente della Camera in base a questa norma può decidere di saltare alcuni emendamenti nella votazione. Si ha anche una clausola per cui il Presidente della Camera può modificare l’ordine di alcune votazioni • modifica del sistema di programmazione dei lavori: non si ha più una votazione basata sulla unanimità dei capigruppo, ma una proposta presentata all’Assemblea dal Presidente della Conferenza dei capigruppo, la quale delibera (senza modificare la proposta del Presidente, cioè o accettando tutto o rifiutando tutto: clausola di ne varietur) a maggioranza. Ciò avviene solo ove non si abbia l’unanimità dei capigruppo. Questo meccanismo razionalizza il sistema del veto e della regola dell’unanimità • nell’ipotesi in cui il Governo presenti decreti – legge, la Commissione affari costituzionali è incaricata di vedere la sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza ex art. 77 Cost. Se la Commissione vede che non sussistono tali requisiti, sottopone la questione all’Assemblea che decide a maggioranza. Queste modifiche raccolgono l’unanimità di consenso in Giunta, ma quando arrivano in Assemblea i Radicali presentano un’infinità di emendamenti. Si pone allora il quesito di quale debba essere il procedimento deliberativo dell’Assemblea, di cosa comporti il potere deliberativo. Per quanto riguarda il procedimento legislativo, esso è disciplinato dalla parte seconda del Regolamento, in base alle indicazioni dell’art. 72 Cost.
  • 7. Il II c. art. 16 Reg. Camera afferma che “alla Giunta spettano lo studio delle proposte relative al Regolamento e i pareri sulle questioni di interpretazione del Regolamento stesso”; non si sa però quale procedimento si segue: si segue la regola del procedimento legislativo oppure no? Nel procedimento legislativo è la Commissione che istruisce l’Assemblea; il III c. art. 16 del Regolamento afferma invece che è la Giunta a presentare proposte all’Assemblea. Il Presidente della Camera chiama così la Giunta del Regolamento a interpretare le norme che riguardano la Giunta stessa: in base al III c. art. 16 gli emendamenti vengono presentati alla Giunta, non possono essere presentati direttamente all’Assemblea; la Giunta ha in compito di fare da filtro per l’Assemblea (non si segue quindi il procedimento legislativo con l’esame in Commissione, anche se si tratta di un procedimento simile). La Giunta trova quali sono i principi emendativi e in tal modo propone all’Assemblea i principi di fondo che muovono gli emendamenti e l’Assemblea voterà solo sui principi (v. c. IV art.16). • apertura di un processo di razionalizzazione con i I lodo Iotti • potere del Presidente della Camera di prendere decisioni interpretative • fonti non scritte nel diritto parlamentare (giurisprudenza e prassi) • “pacchetto” di riforme • riforma del procedimento per deliberare e del procedimento di programmazione • caso del II lodo Iotti: ruolo determinante della Giunta nel presentare i principi emendativi (raggruppamento di emendamenti attorno a un nucleo che li riguarda tutti) Una volta approvato il principio emendativo spetta alla Giunta per il regolamento presentare all’Assemblea le modifiche e le aggiunte (art. 16 c. III). Il procedimento è descritto nei commi 3bis, 3ter, 4. Si tratta di un procedimento diverso da quello legislativo. E’ in vigore solo alla Camera, mentre al Senato si applica il procedimento legislativo (questo problema del II lodo Iotti non si era infatti posto al Senato perché era alla Camera che si presentava il maggiore ostruzionismo). Il procedimento di riforma alla Camera va dagli anni ’80 agli anni ’90; al Senato invece le modifiche vengono portate nel 1988 (voto palese al posto del voto segreto). Al Senato la Giunta per il regolamento esprime un parere sulle modifiche e sulla interpretazione del regolamento, ma non fa da filtro. Si verificano discrasie tra il regolamento della Camera e il regolamento del Senato; alla Camera ci sono clausole più restrittive: viene prescritta come regola generale la regola del voto a scrutinio palese, ma tra le eccezioni alla Camera si stabilisce che le leggi elettorali devono essere votate a scrutinio segreto, mentre al Senato tra le eccezioni non sono previste le leggi elettorali.
  • 8. IL PRESIDENTE DI ASSEMBLEA E LA PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI IL PRESIDENTE DI ASSEMBLEA L’art. 63 Cost. afferma che ciascuna Camera elegge tra i propri componenti il Presidente e l’Ufficio di Presidenza (c. I); quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l’Ufficio di Presidenza sono quelli della Camera dei deputati (c. II). Il costituente riconferma l’importanza che era stata data dal sistema parlamentare al Presidente di Assemblea. La figura del Presidente esiste sia in diritto parlamentare comparato sia in diritto parlamentare generale (nelle Assemblee la figura presidenziale è chiaramente individuata. L’art. 8 R.C. dà quasi una definizione dei compiti del Presidente: al c. I definisce la funzione prioritaria del Presidente in quanto guida dell’Assemblea, al c. II ne stabilisce funzioni ulteriori. E’ importante sottolineare che il Presidente di Assemblea si trova a essere anche Presidente di riferimento di tre organi collegiali: • Ufficio di Presidenza: 4 Vicepresidenti (collaborano con il Presidente e lo sostituiscono nei casi di assenza o impedimento), 3 Questori (svolgono la funzione di amministrazione della Camera), 8 sottosegretari (sovrintendono ai resoconti e alle votazioni). Nel presiedere l’Ufficio di Presidenza il Presidente ha soprattutto funzione amministrativa. • Giunta per il Regolamento: le Giunte sono 2 al Senato e 3 alla Camera, la Giunta per il Regolamento si trova in entrambi i rami del Parlamento. E’ organo di consulenza del Presidente per le questioni di interpretazioni del Regolamento. In questo caso il Presidente ha prevalentemente funzione di interpretazione. • Conferenza dei Presidenti dei gruppi: possono parteciparvi i Vicepresidenti e i Presidenti delle Commissioni; ha la funzione di organizzare i lavori della Camera. In questo senso il Presidente svolge la funzione di programmatore. Il Presidente ha poi una funzione di presidenza dell’Assemblea plenaria (le Commissioni sono organi sub – plenari). FUNZIONI DI CIASCUN PRESIDENTE ESTERNE ALL’ASSEMBLEA Proprio in quanto guida dell’Assemblea, il Presidente viene a costituire una figura che assume una posizione di vertice nella vita dello Stato. Questo dimostra che il Parlamento ha un ruolo molto importante nel sistema costituzionale. Funzioni esterne all’Assemblea svolte da ciascun Presidente sono: • richiesta di parere, da parte del Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle Camere in caso di scioglimento anticipato dell’Assemblea • consultazione, da parte del Presidente della Repubblica, dei Presidenti delle Camere in caso di crisi di governo • potere, del Presidente di Assemblea, di convocare la Camera per questioni eccezionali in via straordinaria Tali funzioni sono previste dal diritto costituzionale e su di esse il diritto parlamentare ha costruito varie categorie. C’è un rapporto di rappresentanza che lega l’Assemblea al Presidente: l’Assemblea elegge il Presidente e il rapporto che si crea è un rapporto di rappresentanza strettissimo e particolare. Vi è una rappresentanza del Presidente nei confronti dell’elettorato, ma il Presidente, sostanzialmente non è accompagnato da una responsabilità politica. Il problema della rappresentanza e della responsabilità porta a valutare il sistema di elezione del Presidente. I Presidenti di Camera e Senato vengono eletti con sistemi diversi. Alla Camera nelle prime tre votazioni il Presidente deve conseguire i 2/3 dei voti (art. 4 c. II R.C.); per il primo scrutinio sono richiesti i 2/3 dei componenti (421 deputati), per la seconda e terza votazione i 2/3 dei voti espressi. Dopo la quarta votazione è richiesta la maggioranza assoluta (316 deputati). Questa richiesta di ampie maggioranze indica che il Presidente della Camera è organo che deve essere scelto perché la sua figura riesca ad estrinsecare degli appoggi anche da parti non di maggioranza.
  • 9. Il Regolamento del Senato richiede la maggioranza assoluta per i primi tre scrutini; allo scrutinio successivo si vota con il ballottaggio tra i due che hanno raggiunto più voti. Al senato è stato scelto questo tipo di votazione perché si vuole una elezione più veloce in relazione ad un’altra funzione di ordine esterno che viene svolta dal Presidente del Senato: sostituire il Presidente della Repubblica nei casi di assenza o impedimento temporaneo. Altra funzione di ordine esterno che viene svolta dal Presidente della Camera è quella di presiedere il Parlamento in seduta comune. Nel 1976 si stabilisce che il Presidente della Camera deve essere espressione dell’opposizione: prassi che si consolida e diviene consuetudine fino al cambiamento del sistema elettorale. E’ importante sottolineare come dalla previsione del 1971 emerge che il Presidente deve godere dell’appoggio dell’opposizione fino a prevedere che il Presidente della Camera deve appartenere all’opposizione. Nel 1971 viene introdotta una modifica al R.C. nel caso del c.d. richiamo al Regolamento: la norma prevedeva che il Presidente della Camera dovesse porre la questione in discussione in caso di interpretazione di una norma del Regolamento. Il Presidente sottoponeva quindi la questione all’Assemblea la quale deliberava a maggioranza. Su questa norma si erano create una serie di regole, divenute prassi, per le quali il Presidente tendeva talvolta a risolvere da solo le questioni senza sentire il Parlamento. Così nel 1971 viene introdotta la modifica all’art. 41 R.C.: si stabilisce che il Presidente può rivolgersi all’Assemblea, ma può anche decidere senza richiedere il parere all’Assemblea (“l’Assemblea, se chiamata ad intervenire …”). Il Presidente di Assemblea diviene così giudice inappellabile delle regole del gioco parlamentare. Il Presidente non è organo esecutivo della maggioranza, ma magistrato supremo del Parlamento. Il Presidente di Assemblea nasce in Inghilterra come speaker della Camera dei Comuni e si configura come organo inappellabile di guida del lavoro della Camera. Lo speaker inglese però rimane speaker a vita e se rifiuta la carica deve abbandonare ogni incarico elettorale successivo: si tratta quindi di una figura che esce dalla vita politica dei partiti. Si tratta di un “giudice – arbitro” che ha come unico compito quello di far sì che possa svolgersi la lotta politica all’interno del Parlamento. La figura presidenziale ha funzione di guida, anche se il modello dello speaker inglese rimane tipicamente inglese. La funzione nella quale il ruolo fondamentale del Presidente viene svolto è la funzione di programmazione. In Italia la figura presidenziale si allontana sempre di più dalla appartenenza alla maggioranza, si evolve in modo diverso dagli altri sistemi europei; in Francia, Germania, Spagna i Presidenti di Assemblea, pur dovendo svolgere la propria funzione in modo equilibrato e imparziale, rimangono molto più legati alla propria maggioranza. Questo soprattutto quando il Presidente di Assemblea deve indicare l’ordine del giorno: il Presidente non può proporre alla Assemblea una proposta che la maggioranza non accetta. E’ in questa connotazione che lo speaker inglese si allontana dalla maggioranza: infatti, in Inghilterra è il premier che propone l’o.d.g., in quanto espressione della maggioranza. Nelle Assemblee francese, spagnola, tedesca il Presidente di Assemblea propone l’o.d.g. e quindi viene a ricoprire un ruolo all’interno della maggioranza. I Regolamenti italiani stabiliscono che l’o.d.g. è stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo ad unanimità. Con il lodo Iotti viene modificato l’articolo sulla programmazione dei lavori: se non c’è accordo ad unanimità all’interno della Conferenza dei Capigruppo, viene fatta una proposta da parte del Presidente, ma l’Assemblea può solo votarla e non modificarla (clausola del ne varietur) perché altrimenti, se la clausola fosse emendabile, la maggioranza potrebbe influirvi. Nel nostro sistema parlamentare il Presidente è usato come garanzia e soluzione di ogni problema: rappresenta la guida del sistema parlamentare, al di fuori del sistema dei partiti [es.: Napoletano – Spadolini – Scalfaro: nel periodo di crisi istituzionale e di governi tecnici ’92 – ’94 rappresentano la guida del sistema]. La figura presidenziale è stata importante sia nel periodo delle BR, sia durante la crisi istituzionale degli anni ’90. Il Presidente si colloca al di sopra e al di fuori del Parlamento, è potere di rilievo costituzionale e organo a sé stante. FUNZIONI FONDAMENTALI DEL PRESIDENTE DI ASSEMBLEA • Interpretazione del Regolamento • Programmazione dei lavori
  • 10. 1. INTERPRETAZIONE DEL REGOLAMENTO Secondo quanto stabilito nel RC prima del 1971 il Presidente poteva valersi del richiamo al regolamento: un deputato o un senatore possono sottoporre una questione al Presidente di Assemblea. Quando si verifica il richiamo al Regolamento, il Presidente può decidere di sospendere i lavori e convocare la Giunta del Regolamento (art. 41 R.C.: richiamo al Regolamento), ma, fino al 1971, sulla questione si pronunciava l’Assemblea; dopo il 1971 il ruolo del Presidente risulta trasformato: esiste la facoltà del Presidente di consultare l’Assemblea, ma non l’obbligo. Il Presidente di Assemblea ha il potere di decidere senza appello sui richiami al Regolamento. La deliberazione presa dal Presidente non è appellabile e vale come precedente; una stessa questione parlamentare può essere interpretata in modo parzialmente diverso e quindi possiamo trovarci di fronte a precedenti difformi. Quando le deliberazioni sono concordanti, si crea una prassi (che fa parte delle fonti di diritto parlamentare) non scritta, in quanto derivante da una delibera interpretativa che può essere o meno supportata dall’Assemblea legislativa. La delibera della questione di fiducia è affidata al Presidente di Assemblea e rimane tale alla Camera fino al 1981, mentre al Senato vige ancor oggi e quindi la prassi è divenuta consuetudine. Il ruolo del Presidente risulta notevolmente trasformato fino a diventare magistrato supremo dell’Assemblea e creatore di una giurisprudenza presidenziale. Si crea una figura molto simile allo speaker inglese. Se poi si nota che il Presidente della Camera è stato per molti anni esponente di opposizione, questo potere assume ancora più valore. 2. PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI L’o.d.g. per un principio di diritto parlamentare generale viene fissato dall’Assemblea stessa: non può modificarlo in corso di seduta, ma lo fissa per la seduta successiva. Il Presidente in questo svolge un ruolo fondamentale. Quando l’o.d.g. viene fissato, l’Assemblea ha stabilito quali argomenti vengono affrontati in una seduta. Questo, nel confronto tra forze politiche, acquisisce una grande valenza politica: affrontare una legge portata dalla maggioranza significa riportare una vittoria del Governo. Oggi un disegno di legge [fatto, cioè, dal Governo] viene immediatamente iscritto all’o.d.g. e non si procede più come nel passato quando la decisione veniva presa dalla maggioranza assoluta della Conferenza dei capigruppo (se questa poteva essere considerata una forma di ostruzionismo, oggi ve ne sono altre, come per es. l’assenza strategica di deputati o senatori al fine di far venir meno il numero legale). L’iscrizione di un disegno di legge all’o.d.g. è molto importante. L’organizzazione dei lavori delle Camere all’inizio del sistema repubblicano era basata sul fatto che il Presidente di Assemblea proponeva l’o.d.g. La Conferenza dei Capigruppo è presieduta dal Presidente di Assemblea, composta dai Presidenti di gruppo, ha il compito di determinare gli argomenti da inserire all’o.d.g., può dibattere sulla organizzazione dei lavori e se vi è accordo tra i capigruppo questo parere viene trasmesso all’Assemblea. Nel 1971 si stabilisce che: 1) le Camere lavorano tramite il metodo della programmazione 2) la Conferenza dei Capigruppo delibera sull’o.d.g. 3) vengono fatti il calendario e il programma: indicazione precisa e concreta degli argomenti che devono essere affrontati e dei termini entro i quali devono essere portati a compimento 4) la Conferenza dei Capigruppo deve deliberare ad unanimità. Se la decisione viene presa ad unanimità, deve solo essere comunicata senza che su essa si esprima l’Assemblea. Due gruppi parlamentari, e in particolare i radicali, hanno però sempre fatto valere il loro veto. Se non si ha accordo unanime, alla Camera si ricorre alla decisione dell’Assemblea. Al Senato, il Presidente stabilisce uno schema per una settimana: se qualche senatore propone modifiche, si votano le modifiche e viene cambiato l’o.d.g. (questa norma del Senato rimane a lungo immutata). METODI DI LAVORO DI UNA ASSEMBLEA: 1) l’Assemblea decide l’o.d.g. e non l’ordine dei lavori. Si hanno due casi: a) Senato: se l’Assemblea propone modifiche, queste vengono votate dall’Assemblea e viene modificato lo schema predisposto dal Presidente di Assemblea; b) Camera: l’o.d.g. è stabilito dal Presidente
  • 11. di Assemblea con la clausola ne varietur, per cui l’Assemblea può solo approvare o non approvare l’o.d.g., ma non modificarlo. 2) unanimità: formula di compromesso; imporre l’unanimità significa far sì che la maggioranza sia costretta a trattare con l’opposizione. E’ la clausola del nemine contradicente e in Conferenza dei Capigruppo si decide in questo modo, facendo valere il veto di ogni deputato. 3) in caso di dissenso decide il Presidente: soluzione adottata a partire dal 1981. Si trova un organo al di sopra delle parti al quale viene affidata l’elaborazione del calendario. 4) il governo (= maggioranza) decide l’o.d.g.: è il sistema adottato in Francia (previsto dalla Cost. del 1958) e in Inghilterra [in Francia l’Assemblea può approvare l’o.d.g. non prioritario una sola volta al mese]. Questo non è previsto in Italia. I ripartizione dei tempi maggioranza/opposizione: contrappeso introdotto a garanzia dell’opposizione. Il Presidente può approvare l’o.d.g. tenendo conto di alcune cose: 1) dell’orientamento dato dalla Conferenza dei Capigruppo 2) assicurare un certo spazio a maggioranza e opposizione 3) approvare il calendario con la clausola ne varietur: sistema esattamente contrario a quello del Senato dove il calendario predisposto per una settimana dal Presidente di Assemblea viene variato su proposta dell’Assemblea. In tal modo si configura un potere sommo del Presidente della Camera. L’evoluzione della programmazione dei lavori dimostra una evoluzione della funzione presidenziale. La riforma del 1981 alla Camera può sostanzialmente incentrarsi tutta sull’attribuzione al Presidente di una funzione super partes, a garanzia dell’organizzazione dei lavori. ORDINE DEL GIORNO: il Presidente di Assemblea ha potere di proporre l’o.d.g.; l’Assemblea può deliberare l’o.d.g. ed è sempre “padrona” del proprio o.d.g. non nel senso che può modificarlo, ma nel senso che deve definirlo. PROGRAMMA: elenco degli argomenti da affrontare. CALENDARIO: definisce le modalità e i tempi di applicazione degli argomenti contenuti nel programma. ORGANI DELLA PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI: Presidente di Assemblea – Assemblea – Conferenza dei Capigruppo. ISTITUTI DELLA PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI: Programma – Calendario – Ordine del giorno – Schema (al Senato). Art. 23 R.C. L’esame degli argomenti su cui si deve deliberare deve garantire un tempo congruo in relazione al tempo disponibile e alla complessità degli argomenti: art. 23 c. IV (punto fondamentale sulla organizzazione dei lavori). Il tempo congruo deve essere rispettato: principio stabilito in funzione anti – ostruzionistica. Art. 23 c. III: soggetti del diritto parlamentare sono i gruppi e il Governo; anche questo è un punto fondamentale: ci sono infatti voluti 30 anni per affermare le priorità del Governo. Programmazione dei lavori, metodo di esame e deliberazione dei provvedimenti sono argomenti strettamente connessi. Se il metodo di deliberazione è regolato in modo chiaro ed efficiente si possono programmare i lavori, altrimenti no. Nel IV c. dell’art. 23 viene in evidenza tutto lo spirito delle riforme degli ultimi venti anni: ci deve essere un equilibrio tra integrazione del contraddittorio (dare potere alle opposizioni) e rapidità della decisione (dare potere alla maggioranza). Á Il governo indica le proprie priorità Á i gruppi indicano le proprie priorità Á si discute in Conferenza dei Capigruppo Á si fa una analisi ponderata, cioè pesando i seggi in relazione a ogni proposta [es. se parla Mussi >DS vale 130, se parla Forza Italia vale 98, ecc.]; A) se dalla analisi ponderata emerge una maggioranza di 3/4 (non dei gruppi, ma della ponderazione dei gruppi), la decisione del calendario è definitiva e deve solo essere comunicata;
  • 12. B) se non si raggiunge la maggioranza di 3/4, entra in gioco il ruolo del Presidente (art. 24 c. III). MODIFICHE AGLI ARTICOLI RIGUARDANTI LA PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI ALLA CAMERA: • 1971 • 1981 • 1991 • 1998: consente al Governo di dare indicazioni prioritarie e di occupare una larga parte del lavoro della Camera (4/5 del tempo: art. 24 c. III). Le opposizioni hanno diritto di vedersi riservato un po’ di tempo nel dibattito (1/5 del tempo). Il Presidente decide senza appello sia nella interpretazione del Regolamento sia nella programmazione dei lavori (che è funzione molto più politica e meno magistratuale). In questo senso il Presidente della Camera ha molto più potere di quello del Senato. OSTRUZIONISMO L’ostruzionismo consiste nell’uso esasperato di ogni strumento tecnico consentito dal Regolamento allo scopo di rallentare il procedimento di deliberazione (impedire o rallentare la decisione e quindi ostruire la strada e bloccare la maggioranza). E’ attività parlamentare svolta dalle forze politiche di opposizione volta a ostacolare lo svolgimento della regolare attività parlamentare esasperando al massimo gli strumenti regolamentari. Nasce all’inizio del 1900 e continua da allora a manifestarsi sempre con un marcato impiego di tecniche che sfruttano tutte le norme del Regolamento (che inizialmente sono volutamente norme a maglie larghe). Le riforme parlamentari si sono volte a fronteggiare forme eccessive di ostruzionismo. La storia delle riforme parlamentari tende a mettere in chiaro il ruolo della maggioranza e il ruolo dell’opposizione. Si arriva a costruire la priorità del governo e lo statuto dell’opposizione. In Parlamento c’è una disponibilità a dare apporto alle delibere da parte dell’opposizione (emendamenti, proposte concorrenti), ma d’altra parte essa può contribuire al blocco delle attività: questo dipende dalle situazioni politiche, ma il concetto di fondo è che si deve alla fine arrivare alle deliberazioni. L’ostruzionismo è strumento con cui le opposizioni richiamano l’opinione pubblica e al quale non intendono rinunciare (es. coalizione di opposizione organizzata che fa ostruzionismo a fronte di una maggioranza frantumata: sanitometro, “purificazione” delle liste). Tema fondamentale è il confronto maggioranza/opposizione nella nostra forma di governo parlamentare.
  • 13. La procedura di conversione dei decreti – legge y Sent. n. 360/1996: divieto di reiterazione di decreti – legge non convertiti entro il termine di 60 gg. Il decreto – legge, da strumento normativo di natura eccezionale, utilizzabile solo in casi straordinari di necessità ed urgenza è divenuto strumento ampiamente usato, molto spesso al di fuori dei casi previsti dalla norma costituzionale. Il decreto – legge, trasformandosi in strumento normale di governo, è divenuto uno degli strumenti più importanti di realizzazione del regime compromissorio maggioranza – opposizione. Ma l’abuso della decretazione d’urgenza ha finito per incidere sull’ordinato svolgimento dei lavori parlamentari. La programmazione risultava infatti alterata, tanto che le Camere erano sottoposte a recepire le valutazioni d’urgenza fatte proprie dal governo. Si è provveduto quindi a modificare i Regolamenti in relazione ai presupposti costituzionali e della sent. 360/1996 (modifiche RC 1997). • Disciplina oggi vigente al Senato: art. 78 RS > il disegno di legge di conversione, presentato dal governo o trasmesso dall’altra camera, è assegnato il giorno stesso alla commissione competente nel merito e alla commissione affari costituzionali che, entro 5 gg., deve trasmettere all’assemblea il proprio parere sulla sussistenza dei requisiti ex art. 77 Cost. e dei requisiti stabiliti dalla legislazione vigente (art. 15 l. 400/1988). Se non sussistono i requisiti di costituzionalità, il parere della commissione viene trasmesso al Presidente di assemblea che convoca quest’ultima affinché si pronunci. Al voto dell’assemblea si arriva anche se il parere della commissione è favorevole se ne fanno richiesta 1/10 dei senatori. Se l’assemblea si pronuncia negativamente il disegno di legge di conversione si intende respinto; se si pronuncia negativamente relativamente a certe parti, tali parti si intendono soppresse. Al presidente spetta il potere di dichiarare inammissibili gli emendamenti e articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto – legge. - Questa disciplina, il cui intento era quello di stabilire un controllo maggiore delle Camere sul ricorso alla decretazione d’urgenza da parte del governo, si è rivelata del tutto inefficace. Infatti, alla base del controllo costituzionale operato dalla commissione affari costituzionali c’è una valutazione politica derivante dall’appartenenza partitica dei parlamentari. - Solo l’intervento di un organo esterno agli interessi politici – la Corte costituzionale – ha posto un freno alla pratica della reiterazione dei decreti – legge. La sent. 360/1996 ha avuto l’effetto immediato di comprimere l’uso del decreto – legge. Manca però ancora un controllo sul rispetto dei presupposti di cui all’art. 77 Cost. • Disciplina oggi vigente alla Camera: è stato soppresso il parere della commissione affari costituzionali ed istituito un nuovo organo, il comitato per la legislazione. Art. 96 bis RC > il disegno di legge di conversione è deferito alla commissione competente per materia e al comitato per la legislazione, il quale entro 5 gg. esprime alla commissione competente il proprio parere sul decreto – legge, anche proponendo la soppressione di quelle disposizioni che contrastino con le regole sulla specificità, sull’omogeneità e sui limiti di contenuto previsti dalla legislazione vigente. Al comitato spetta anche verificare la reiterazione di decreti non convertiti o loro disposizioni. La commissione è invece competente a verificare i requisiti costituzionali di necessità e di urgenza. E’ ammessa la possibilità per 20 dep. o un presidente di gruppo di presentare, entro 5 gg. dall’annunzio in assemblea del decreto – legge, una questione pregiudiziale; dopo non è più ammessa la presentazione di pregiudiziali. Il disegno di legge di conversione è iscritto al primo punto dell’o.d.g. della commissione che deve riferire all’assemblea entro 15 gg.; viene poi inserito nell’o.d.g. di assemblea. Il presidente di assemblea dichiara inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi non strettamente attinenti alla materia del decreto – legge. Al procedimento di conversione dei decreti – legge non si applicano le norme relative al contingentamento (art. 154 RC).
  • 14. - Non tutti i problemi sono oggi risolti, dato che le forze politiche continuano a dare alla formula costituzionale un’interpretazione ancora troppo estensiva. Inoltre, di scarso rilievo è il ruolo del comitato per la legislazione che dispone solo di poteri consultivi. La procedura di approvazione delle leggi costituzionali y Art. 138 Cost.: A) due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi B) maggioranza assoluta nella seconda votazione C) non si fa luogo a referendum se nella seconda votazione la legge è approvata in entrambe le camere a maggioranza di 2/3. Sono oggi operanti due modelli di revisione costituzionale: 1) quello esclusivamente parlamentare che richiede l’alto quorum del 2/3; 2) quello misto, implicante la partecipazione del corpo elettorale tramite referendum. - I tre mesi utili per adottare la seconda deliberazione decorrono, compresi i periodi di aggiornamento, dalla data in cui un ramo del parlamento ha deliberato in prima votazione, purché il progetto gli venga poi ritrasmesso dall’altro ramo nel testo stesso da esso approvato. - Nella seconda deliberazione, che non ammette questioni pregiudiziali, sospensive, discussione degli articoli, rimane esclusa la proponibilità di emendamenti e ordini del giorno. I deliberazione: divieto di approvazione della legge costituzionale in commissione deliberante e redigente, ma operano le regole del procedimento legislativo valide per la legge ordinaria. II deliberazione: riesame in commissione referente; discussione generale + approvazione del complesso in assemblea con facoltà di voto per ogni gruppo. La commissione parlamentare per le riforme costituzionali - Esigenza di una profonda revisione del sistema costituzionale che mantenesse inalterata la parte riguardante diritti e libertà fondamentali, ma apportasse modifiche alla forma di stato e di governo e al sistema delle garanzie costituzionali. - Non si è seguito il procedimento previsto dall’art. 138: non era infatti conveniente affrontare una riforma di tal tipo senza l’apporto delle opposizioni. • L. cost. n. 1/1997: costituzione di una commissione bicamerale per le riforme costituzionali, composta da 35 dep. e 35 sen., allo scopo di elaborare un progetto di revisione della II parte della Costituzione. Procedimento da seguire: • doppia delibera sullo stesso testo da parte delle due assemblee • per l’approvazione definitiva del progetto è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti • il testo deliberato deve essere sottoposto a referendum entro 3 mesi • al referendum deve partecipare la maggioranza più uno degli aventi diritto e deve essere approvato dalla maggioranza più uno dei voti espressi • l’importanza della materia e l’urgenza di pervenire a una conclusione spingono le forze politiche a concentrare il progetto in un organo bicamerale che deve portare a conclusione il progetto in 5 mesi • resta inalterata la competenza di ciascuna assemblea per la fase deliberativa vera e propria: si crea così un procedimento del tutto atipico
  • 15. - Commissione d’Alema, con 4 relatori su: 1) forma di Stato; 2) forma di governo e pubbliche amministrazioni; 3) parlamento, fonti normative, partecipazione dell’Italia all’UE; 4) sistema delle garanzie. Sussisteva il divieto di presentazione di pregiudiziali e sospensive, dato il carattere referente di questa commissione. Il progetto finale è stato approvato e trasmesso alle Camere entro il termine stabilito (30/06/1997). - Per l’esame successivo in assemblea la legge costituzionale prevedeva l’applicazione delle norme dei rispettivi regolamenti, mantenendo il divieto di presentazione di pregiudiziali e sospensive. Il dibattito è stato organizzato dalla conferenza dei presidenti, predisponendo eventualmente il contingentamento. - Presentazione di emendamenti e sub – emendamenti: a) fino a 5 gg. prima dell’inizio della discussione generale, ogni membro della camera; b) fino a 48 ore prima, la commissione; c) fino al giorno precedente la seduta nella quale è prevista la votazione, sugli emendamenti della commissione possono essere presentati sub – emendamenti da parte di un presidente di gruppo, 10 sen. o 20 dep. - La l. cost. stabiliva che i progetti di legge trasmessi alle camere sono approvati art. per art. dalle camere senza voto finale su ciascun progetto ma con un voto unico sul complesso degli articoli di tutti i progetti. - Il progetto di riforma elaborato, senza dubbio, doveva essere frutto di una serie delicata di mediazioni e la mancata approvazione di una parte del complessivo progetto di riforma avrebbe comportato la rottura dell’equilibrio complessivo e la caducazione di tutto il lavoro. - La commissione bicamerale ha elaborato un solo progetto, formalmente composto di un solo articolo, ma in realtà distinto in quelli che sarebbero stati i futuri 85 artt. della Cost. Intento perseguito dalla commissione era quello di impedire all’assemblea di votare sui singoli articoli, costringendola a pronunciarsi con un voto su tutto il complesso normativo, mettendo le forze politiche di fronte all’alternativa di approvare il progetto o respingerlo nella sua interezza. Ma RC e RS consentono (art. 87 RC e 120 RS) la votazione per parti separate e se viene formulata questa richiesta non può essere evitata la votazione dei singoli articoli, che per altro avverrebbe non alla fine della discussione di ciascun art., ma dopo la discussione di tutti gli artt. ed emendamenti, dissociando così la fase della discussione di ciascun articolo dalla sua votazione. - La scelta della commissione dell’art. unico ha poi inciso sulla discussione di tale art. unico dato che il RC (art. 85) riserva a ciascun dep. la facoltà di parlare per 40 min. per illustrare i propri emendamenti e contestualmente anche quelli presentati da altri. Tale tempo risulta molto ridotto, considerato il numero degli artt. del progetto e quello dei relativi emendamenti. - Questo progetto è per ora fallito; ma la commissione bicamerale continua ad esistere formalmente fino alla fine della legislatura, dato che la legge cost. ha stabilito che le sue funzioni cessano o con la pubblicazione della legge di revisione costituzionale o con lo scioglimento delle camere. Sessione di bilancio Art. 81 Cost.: le Camere devono approvare ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentato dal Governo. Il bilancio dello stato e la manovra economica si basano sul principio della programmazione. y art. 81 Cost.; l. 362/1988; l. 94/1997; l. 208/1999 (ha modificato il contenuto della legge finanziaria e introdotto i collegati di settore). FASI DEL PROCEDIMENTO: 1) Fase preparatoria della sessione:
  • 16. presentazione entro il 30 giugno del DPEF; esame e risoluzioni parlamentari di approvazione del DPEF; presentazione del bilancio preventivo a legislazione vigente entro il 30 settembre; presentazione del bilancio pluriennale a legislazione vigente; presentazione del disegno di legge finanziaria entro il 30 settembre; presentazione dei provvedimenti collegati alla finanziaria entro il 15 novembre. 2) sessione di bilancio (45 gg. per la Camera in prima lettura, 35 per l’altra): esame e votazione di articoli ed emendamenti del bilancio preventivo a legislazione vigente (senza votazione finale); esame e approvazione della legge finanziaria; predisposizione della nota di variazione al bilancio dello Stato con la quale il governo modifica gli stati di previsione del bilancio preventivo secondo le disposizioni della legge finanziaria; approvazione della nota di variazione; votazione liberatoria. DOCUMENTI DELLA MANOVRA FINANZIARIA: DPEF: indica le linee generali della manovra in termini di obiettivi da conseguire e misure necessarie al loro conseguimento. Gli obiettivi indicati nel DPEF sono vincolanti nell’ambito della manovra predisposta con la legge finanziaria e con i collegati di settore. Bilancio preventivo a legislazione vigente: costituisce l’autorizzazione all’esercizio finanziario coincidente con l’anno solare successivo. L’art. 81 c. III stabilisce che con esso non si possono stabilire nuovi tributi o nuove spese. Legge finanziaria: permette di riversare nel bilancio la manovra politica economica predisposta dal Governo e contenuta nel DPEF; i contenuti del disegno di legge finanziaria sono indicati nella l. 468/1978, modificata dalla l. 208/1999. Disegni di legge collegati: hanno contenuto omogeneo, di settore: consentono di effettuare tutte le modifiche legislative necessarie per perseguire gli obiettivi di politica economica espressi nel DPEF e sono strettamente collegati ad esso. Non possono riguardare settori che non siano ricompresi nel documento di programmazione. DISCIPLINA DEI REGOLAMENTI PARLAMENTARI: artt. 118–bis RC, 125–bis RS 1) FASE PREPARATORIA – Il DPEF presentato dal Governo è esaminato contemporaneamente nei due rami del Parlamento. Le Commissioni di Camera e Senato possono anche procedere congiuntamente per le attività istruttorie e conoscitive. La Commissione bilancio alla Camera presenta una relazione all’Assemblea (sentito il parere delle commissioni permanenti e della comm. parlamentare per le questioni regionali); l’Assemblea delibera sul documento programmatico attraverso una risoluzione, la quale può contenere integrazioni e modifiche del documento stesso. 2) SESSIONE DI BILANCIO – Si apre con la presentazione del d.d.l. finanziaria e del d.d.l. concernente i bilanci di previsione. E’ attribuito un ruolo particolare alle Commissioni Bilancio nei due rami del Parlamento. Il Presidente accerta la presenza di disposizioni estranee e l’eventuale presenza di disposizioni che introducono nuove e maggiori spese e verifica il rispetto della regola della copertura FASI DELLA PROCEDURA: a) Esame preliminare: prima dell’inizio della sessione le commissioni parlamentari iniziano l’esame degli stati di previsione del disegno di bilancio di rispettiva competenza senza procedere a votazioni, provvedendo ad acquisire i necessari elementi conoscitivi. b) Sessione di bilancio: durante la sessione di bilancio è sospesa ogni deliberazione da parte dell’assemblea e delle commissioni su progetti che comportino nuove e maggiori spese o diminuzione delle entrate e la programmazione dei lavori in Assemblea è regolata in modo da consentire il rispetto del termine previsto per la durata della sessione.
  • 17. c) Assegnazione: i d.d.l. finanziaria e i d.d.l. concernenti i bilanci di previsione sono assegnati per l’esame generale alla commissione bilancio e per l’esame delle parti di rispettiva competenza e dei singoli stati di previsione alle commissioni competenti per materia. d) Esame da parte delle commissioni competenti: nei 10 gg. successivi le commissioni che esaminano congiuntamente il d.d.l. finanziaria e di bilancio concludono i lavori con l’approvazione di una relazione e la nomina di un relatore che può partecipare alle sedute della commissione bilancio e programmazione. e) Esame in commissione bilancio e relazione generale: nello stesso periodo la commissione bilancio inizia l’esame dei d.d.l. ed esamina congiuntamente i d.d.l. e i documenti connessi e approva la relazione generale per il d.d.l. finanziaria e di bilancio. Possono essere presentate relazioni di minoranza. Sono allegate anche le relazioni delle altre commissioni competenti per materia. f) Esame in Assemblea: la discussione è organizzata in Conf. dei Capigruppo che provvede ad organizzare i dibattiti e i tempi. La votazione finale deve avvenire entro il 31 dicembre. g) Esercizio provvisorio: è disposto nel caso di mancata approvazione del bilancio entro il 31 dicembre. Non può comunque eccedere i 4 mesi.