2. Sin City è un film del 2005 diretto da
Robert Rodríguez e Frank Miller.
È tratto dall'omonimo fumetto Sin City
dello stesso Miller.
La pellicola è divisa in tre episodi, che
raccontano tre storie dell'opera originale
di Miller: Un duro addio, Quel bastardo
giallo e Un'abbuffata di morte. All'inizio
e alla fine del film viene accennata la
parte che nel fumetto corrisponde a Il
cliente ha sempre ragione.
IL FILM
3. Sullo sfondo della violenta e oscura Sin City si intrecciano diverse storie: Marv,
un killer indistruttibile, è pronto a tutto pur di vendicare la morte di Goldie, l'unica
donna che nella sua vita è riuscita a fargli provare un po' d'amore e che è stata
uccisa mentre dormiva accanto a lui; John Hartigan, un poliziotto in procinto
di andare in pensione accusato di un omicidio che non ha commesso e che ha
promesso di proteggere la giovane Nancy dalle grinfie di un criminale pedofilo;
Dwight, un ex-fotografo alle prese con Jackie Boy, un poliziotto violento che
minaccia Shellei, la cameriera di cui Dwight è innamorato, la bella prostituta Gail
e le altre ragazze della Città Vecchia...
LA TRAMA
4. Sin City è una celebre serie di storie a fumetti di Frank Miller
pubblicata dalla statunitense Dark Horse Comics, caratterizzato
da atmosfere in bilico tra un violento stile dark ed un raffinato
stile noir.
Tutte le storie si svolgono a Basin City, una città basata sul
vizio che si è guadagnata il soprannome di Sin City (Città del
peccato), con personaggi ricorrenti e frequenti intrecci tra storie
pur indipendenti tra di loro.
Sin City si presenta come un fumetto d’autore a tutti gli effetti,
al di fuori della produzione mainstream americana, ed è per
lo più suddiviso in storie singole o mini-serie, comunque non
inquadrate in una collana editoriale regolare.
IL FUMETTO
5. In Sin City, il computer assolve la stessa funzione svolta, nei
film di cinquant’anni fa, dai fondali disegnati e dalle vecchie
scenografie di cartone. Gli attori sono posti al centro di un
palcoscenico vuoto, costretti a fare esclusivo ricorso alla
propria capacità di finzione e d’immedesimazione, obbligati ad
offrire (e a mettere a nudo) ogni dote recitativa e direttamente
coinvolti nel quotidiano processo di pura creazione. Un
riferimento (una porta, una finestra, un volante), e nulla più.
Nessuno degli spazi bianchi e neri in cui entrano ed escono
i protagonisti è reale (se si eccettua l’interno del Kadie’s)
e, nonostante tutto, la coordinazione dei movimenti risulta
semplicemente perfetta.
LA MESSA IN SCENA
6. Il ruolo della tecnica digitale è ormai sovvertito: non le
si chiede più di inserire elementi fittizi in un contesto
reale, ma di creare, al contrario, un contesto (reale e
fittizio al tempo stesso) al quale sovrapporre gli attori
quali unici elementi materiali indispensabili.
8. Le inquadrature riprendono nel minimo dettaglio la
composizione delle vignette.
In alcune circostanze si ha addirittura la sensazione
che lo schermo amplifichi la suggestività di certe
tavole, come in occasione del lungo primo piano
insistito sul viso di Dwight, mentre tiene la testa di
Jackie Boy nel water.
9. Gli inserti di colore sono ispirati dalla medesima poetica del fumetto, portando
spesso in evidenza quei dettagli femminili, seducenti e magnetici, che fanno da
presagio e da motore alla violenza maschile come gli occhi della donna sul balcone,
durante il prologo, si tingono di vita per un istante prima di essere chiusi per sempre.
Un altro esempio lo abbiamo con il Bastardo Giallo, il cui
fisico ripugnante viene perfettamente rimodellato sul corpo e
sul viso di Nick Stahl che impone la sua presenza aberrante
come fosse una massa putrescente, disturbando la vista dello
spettatore con un giallo malsano capace di corrompere la
purezza ed il rigore del bianco e del nero.
Si ha quasi la sensazione che quella pelle e quel sangue
denso puzzino davvero di marcio, ammorbando la sala
cinematografica.