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Georg Wilhelm Friedrich
Hegel
Le tesi di fondo del
Sistema
Gli scritti del periodo giovanile dimostrano un
prevalente interesse religioso e politico. Questo
interesse si trasformerà nelle grandi opere della
maturità in un interesse storico e politico La realtà
che sta comunque dinnanzi al nostro è quella della
storia umana e della vita dei popoli.
Fenomenologia dello spirito 1807
Scienza della logica in due volumi 1812 e 1816
Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio
che è la più compiuta formulazione del sistema di Hegel

1817 e poi 1827 e 1830
Lineamenti di filosofia del diritto ossia diritto
naturale e scienza dello Stato in compendio 1821
Il giovane Hegel
Rigenerazione etico - religiosa e rigenerazione politica
Gli scritti giovanili comprendono la produzione letteraria dal
1793 al 1800. Essi rimasero non pubblicati per tutto
l'Ottocento e la loro importanza è stata messa in luce solo nel
nostro secolo. In questi scritti l'argomento dominante è
teologico ma è molto netta la connessione con la politica: il
tema della rigenerazione morale e religiosa dell'uomo come
fondamento della rigenerazione politica. Il nostro autore era
convinto che non si potesse realizzare alcuna autentica
rivoluzione politica se non basata su una rivoluzione del
cuore, su quella che oggi chiameremo una rivoluzione
culturale, una rigenerazione della persona nella sua vita
interiore e del popolo nella sua cultura.
L'aspirazione dei popoli ad una vita migliore ed alla libertà deve
diventare realtà vivente attraverso la realizzazione di progetti di
riforma che spazzino via il vecchio impianto sociale fondato sulla
stabilità delle classi e sulla supremazia del potere nobiliare. Perché
questo accada, è necessario che l'ansia di libertà del popolo, così
forte nel mondo interiore degli uomini, produca un nuovo ordine
giuridico esteriore, nel quale la libertà interiore possa essere
dotata di forza, posso cioè incarnarsi in istituzioni sociali nuove,
fondate sull'uguaglianza.
Hegel chiarisce il nesso tra religione e politica. Perché giungano i
tempi migliori occorre una nuova forma di religione che permetta
a ciascuno dei cittadini di partecipare con la propria vita interiore
alla vita dello spirito, di Dio, che si incarna nella storia nella vita
che gli uomini. Solo quando i cittadini avranno imparato a vivere
la religione come comunione dei cuori allora nascerà un nuovo
ordine politico.
Gli elementi fondamentali
del sistema di Hegel
Il rapporto tra infinito e finito
La realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma un
organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o
manifestazione. Questo organismo non avendo nulla fuori di sé e
rappresentando la ragion d'essere di ogni realtà, coincide con
l'assoluto e con l'infinito, mentre i vari enti del mondo, essendo
manifestazioni di esso, coincidono con il finito. Ora l'infinito è il
tutto che esiste mentre il finito è solo una sua espressione
parziale: il finito, in quanto è reale, non è tale, ma è lo stesso
infinito. Siamo quindi di fronte ad un monismo panteista cioè una
teoria che vede nel mondo, il finito, la manifestazione o la
realizzazione di Dio, l'infinito. Ora questo assoluto è un soggetto
spirituale in divenire, non statico, di cui tutto ciò che esiste è
momento o tappa. L'assoluto è un processo di autoproduzione che
soltanto alla fine, cioè con l'uomo, spirito, e le sue attività più alte,
arte - religione - filosofia, giunge a rivelarsi per quello che è
veramente
La ragione e la realtà
L'assoluto soggetto spirituale infinito è chiamato Idea o
Ragione intendendo con queste espressioni l'identità di
pensiero e d'essere, o meglio di ragione e realtà.
Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale.
Nella prima parte si indica che la razionalità non è pura
astrazione, puro schema, puro dover essere, ma la forma
stessa di ciò che esiste: la ragione governa il mondo e lo
costituisce.
Nella seconda parte si afferma che la realtà non è materia
caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale che si
manifesta in modo inconsapevole della natura e consapevole
dell'uomo.
L'aforisma significa dunque la sostanziale, totale,
necessaria identità di realtà e ragione. Ciò significa che
vi è identità tra essere e dover essere, in quanto da ciò
che era risulta anche ciò che razionalmente deve essere.
Allora il mondo in quanto è, e come è, è pura razionalità
dispiegata che si manifesta attraverso una serie di
momenti necessari che non possono essere diversi da ciò
che sono.
Quindi Hegel ritrova una rete di connessioni necessarie,
di passaggi obbligati che costituiscono l'articolazione
vivente dell'unica idea o ragione. La realtà allora è una
totalità processuale necessaria fatta di una serie
ascendente di grandi in cui ognuno è il risultato dei
precedenti e il presupposto dei successivi.
La funzione della filosofia
In questo orizzonte, fondato su categorie come totalità e
necessità, il compito della filosofia consiste nel prendere atto
della realtà e nel comprenderne le strutture nazionali che la
costituiscono.
La filosofia arriva sempre dopo, arriva sempre tardi poiché
giunge quando la realtà ha compiuto il suo processo di
formazione. Essa deve rinunciare alla pretesa assurda di
determinare e guidare la realtà mentre deve rielaborare in
concetti il contenuto della realtà che l'esperienza le offre,
dimostrandone l'intrinseca razionalità. Dunque la filosofia è
giustificazione razionale della realtà, della presenza del
mondo, del fatto.
Questo atteggiamento programmatico e giustificazionista
della filosofia nei confronti della realtà, è evidente.
La dialettica
la dialettica è la legge che regola il divenire della realtà, il
processo che l'assoluto compie ma è insieme anche la legge
logica di comprensione della realtà. Hegel non ha elaborato
una teoria sistematica, ma si è limitato molto spesso a usare
la dialettica. Nell'Enciclopedia egli ha indicato tre momenti:
l'astratto o intellettuale che concepisce l'esistente sotto
forma di una molteplicità di determinazioni statiche e
separate. Il pensiero considera le cose nelle loro differenze
secondo il principio di identità e di non contraddizione;
il dialettico o negativo razionale che consiste nel mostrare
come le determinazioni di cui sopra siano unilaterali ed
esigano di essere messe in movimento, ovvero di essere
relazionale che con altre determinazioni. Il concetto di uno
chiede subito e richiama quello di molti e manifesta con esso
uno stretto legame;
lo speculativo o positivo razionale che coglie invece l'unità
delle determinazioni opposte, ossia la loro realtà di aspetti
unilaterali di una realtà più ampia che li ricomprende o
sintetizza entrambi.

La dialettica allora consiste nell'affermazione di un concetto
astratto limitato, che in quanto tale, porta al passaggio ad un
concetto opposto e infine nella unificazione in una sintesi
positiva e comprensiva di entrambe. Dunque la sintesi è
riaffermazione potenziata dell'affermazione iniziale, tesi,
ottenuta tramite la negazione della negazione intermedia,
antitesi. È dunque un superamento che al tempo stesso un
togliere, l'opposizione tra crisi ed antitesi, e un conservare, la
verità della tesi, dell'antitesi e della loro lotta. La dialettica è la
totalità dei tre momenti.
La dialettica illustra la risoluzione del finito nell'infinito.
Infatti ci mostra ogni finito, ogni parte della realtà, che non
può stare in sé stessa ma solo all'interno di un contesto di
rapporti. È obbligato ad entrare in una trama di relazioni che
forma la realtà e che coincide con il tutto. Il processo
attraverso il quale le parti finite perdono la loro leggerezza, si
modificano e diventano momenti di un assoluto unico ed
infinito.
La dialettica possiede un significato globalmente ottimistico
poiché essa ha il compito di unificare il molteplice, conciliare
le opposizioni, pacificare i conflitti, ridurre ogni cosa all'ordine
e alla perfezione del tutto. Conflitto, opposizione,
molteplicità sono momenti di passaggio, il negativo sta solo
come un momento del farsi del positivo.
Pensare dialetticamente significa pensare la realtà come una
totalità processuale che procede secondo lo schema tesi,
antitesi e sintesi. Ogni sintesi rappresenta sua volta la tesi di
un'altra antitesi: nella dialettica però vi è una sintesi finale
che chiude il processo e chi ha dunque un preciso punto
d'arrivo.
"Mentre nei grandi intermedi della dialettica prevale la
rappresentazione della spirale, nella visione complessiva e
finale del sistema prevale la rappresentazione del circolo
chiuso, che soffoca la vita dello spirito, dando al suo progresso
un termine, al di là del quale ogni attività creatrice si annulla,
perché, avendo lo spirito realizzato pienamente se stesso, non
gli resta che ripercorre il cammino già fatto. L'impetuosa
corrente sfocia in uno stagnante mare, e nell'immobile
specchio trema la vena delle acque che vi affluiscono”.
(Guido di Ruggiero).
Infatti tutti grandi filosofi eredi di Hegel hanno criticato
questo epilogo stagnante e fermo e hanno invece recuperato
l'idea di un processo che risulta sempre costitutivamente
aperto. Questi stessi hanno insistito poi non sul momento
della conciliazione, ma su quello della opposizione e della
contraddizione, cioè su ciò che Hegel chiamava il travaglio del
negativo.
La filosofia di Hegel ha implica l'oggettivo rifiuto della
maniera illuminista di rapportarsi con il mondo. Gli
illuministi facevano dell'intelletto il giudice della storia e
riconoscevano che il reale non è razionale. La loro ragione
esprime solo le esigenze e le aspirazioni degli individui, è
parziale e finita, ovvero intelletto astratto, che pretende di
dare lezioni alla realtà e alla storia, stabilendo come essa
dovrebbe essere e non è.
Hegel fu anche un tenace oppositore di Kant che aveva
costruito una filosofia del finito e l'antitesi tra il dover essere
e l'essere, tra la ragione e la realtà come parte integrante
della sua filosofia. Infatti le idee della ragione sono meri
ideali, regole impegnative che spingono una ricerca che non
avrà mai fine.
Moralmente la volontà non sarà mai santità, non coinciderà
mai con una piena razionalità, innescando un processo di
progresso all'infinito. Insomma l'essere non si adegua mai al
dover essere, la realtà alla razionalità.
Per Hegel invece la adeguazione di realtà e razionalità è in
ogni caso necessaria. Kant ha preteso di conoscere la facoltà
di conoscere prima di procedere a conoscere, facendo l'errore
di chi fornendo imparare a nuotare lo fece prima di
arrischiarsi in acqua.
Nella Fenomenologia dello spirito Hegel si è fermato a
illustrare la via che la coscienza umana ha dovuto percorrere
per giungere alla risoluzione del finito nell'infinito.
Cioè ha mostrato come il principio della realtà è riuscito,
attraverso la coscienza umana, a giungere a se stesso. Le
vicende dello spirito in questo primo scritto sono le vicende
del principio hegeliano dell'infinito nelle sue prime
apparizioni o barlumi, nel suo progressivo affermarsi e
svilupparsi attraverso una serie di figure esprimenti i settori
più disparati della vita umana, dalla conoscenza, alla società,
alla regione, alla politica ecc.... Infatti la Fenomenologia è la
storia romanzata della coscienza, che attraverso erramenti,
contrasti, scissioni, e quindi infelicità e dolori, esce dalla sua
individualità, raggiunge la universalità e si riconosce come
ragione che è realtà e realtà che è ragione.
Il ciclo della fenomenologia può essere riassunto attraverso la
figura più popolare: quella della coscienza infelice.
Essa è quella che non sa di essere tutta la realtà, perciò si
ritrova divisa in differenze, opposizioni o conflitti dai quali è
interamente dilaniata e dai quali esce solo arrivando alla
coscienza di essere tutto. La Fenomenologia ha altrettanto
uno scopo introduttivo e pedagogico.
Poiché non c'è altro modo di elevarsi alla filosofia come
scienza se non mostrandone il divenire, la fenomenologia,
come divenire della filosofia, prepara e introduce il singolo
alla filosofia: cioè tende a far sì che esso si riconosca e si
risolva nello spirito universale.
Hegel ha poi mostrato nella Enciclopedia delle scienze
filosofiche come questo principio, quale appare in tutte le sue
manifestazioni, si mostra in atto in tutte le modalità
fondamentali del costituirsi della realtà.

Del sistema hegeliano prenderemo in considerazione in modo
particolare la filosofia dello spirito che Hegel definisce la
conoscenza più alta e difficile.
In essa l'idea, dopo essersi estraniata da sé, sparisce come
natura, cioè come esteriorità e spazialità, per farsi poi
soggettività e libertà, ovvero autocreazione e autoproduzione.
Tre soli momenti principali:
Lo spirito soggettivo che è lo spirito individuale,
considerato nel suo lento e progressivo emergere
dalla natura, attraverso un processo che dalle forme
più elementari di vita porta alle attività conoscitive
pratiche più elevate: i suoi istanti sono antropologia,
fenomenologia, psicologia.
Nello spirito libero la volontà di libertà è divenuta
essenziale e costitutiva dello spirito.
Lo spirito oggettivo, che è la sezione storicamente più
importante del pensiero hegeliano, è il solo in cui la volontà di
libertà può trovare la sua realizzazione attraverso istituzioni
sociali concrete, ovvero con quell’insieme di determinazioni
individuali che Hegel raccoglie sotto il concetto di diritto in
senso lato.
Lo spirito oggettivo a tre sezioni:
il diritto astratto o formale: il singolo individuo è persona fornita
di capacità giuridiche e dunque soggetto al diritto privato che
riguarda l'esistenza esterna e la libertà delle persone che sono
soggetti astratti di diritto indipendentemente dai caratteri specifici
e dalle loro condizioni concrete. Le persone possiedono proprietà
che sono tali in virtù del reciproco riconoscimento fra le persone
stesse, ossia attraverso l'istituto giuridico del contratto. Qualora
avvengano, così indicati dal diritto, dei torti o degli illeciti si ha un
delitto la cui cura richiede una sanzione o una pena che vuole così
ripristinare in senso dialettico il diritto violato (tesi - diritto,
antitesi - diritto, sintesi - pena). La pena riafferma potenziato il
diritto e quindi appare come una necessità oggettiva del nostro
razionale e giuridico vivere insieme, ma essa perché sia
efficacemente punitiva in forma definitiva deve essere riconosciuta
interiormente dal colpevole. Ma la sfera dell'interiorità non
concerne l'esteriorità legale del diritto e dunque chiama una
nuova dimensione.
La moralità che è la sfera della volontà soggettiva, quale si
manifesta nell'azione. L'azione ha una portata morale solo in
quanto sgorga dal proponimento, cioè nell'essere pensante
che l'uomo: dall'intenzione. Il fine a cui mira l'azione è il
benessere. Quando sia l'intenzione che il benessere si
sollevano al livello dell'universalità allora il fine della volontà
diventa bene in sé e per sé. Questo bene è ancora un'idea
astratta che attende di passare all'esistenza per opera di una
altrettanto astratta volontà che può anche essere cattiva, cioè
non realizzare il dovere. Dunque nella moralità che una
separazione tra la soggettività e il bene da realizzare che
assume perciò il valore di un dover essere. Ecco allora la
contraddizione tra l'essere e il dover essere tipica della
morale che sembra impotente a realizzarsi nella realtà.
Il terzo stadio sintetico è l'eticità in cui la separazione tra
soggettività e bene viene annullata e risolta poiché il bene è
attuato concretamente ed è diventato esistente.
L'eticità è la moralità sociale, ovvero la realizzazione del bene
in quelle forme istituzionali che sono la famiglia, la società
civile e lo Stato.
Poiché viene realizzata visibilmente nel mondo essa
rappresenta il superamento della spaccatura tra interiorità ed
esteriorità che è proprio della morale del dovere.
Essa è anche una sorta di morale che ha assunto le forme del
diritto o di diritto che ha assunto le forme della morale e
dunque supera l’univocità sia del diritto che della morale presi
per sé.
La famiglia: in essa il rapporto naturale dei sessi
assume la forma di una unità spirituale fondata
sull'amore e sulla fiducia. Si articola in
matrimonio, patrimonio, educazione dei figli
che una volta cresciuti con personalità
autonomi formano nuove famiglie aventi
ognuno a interessi propri.
La società civile: in essa il sistema unitario e concorde
della famiglia si frantuma nel sistema atomistico e conflittuale
della società civile che si identifica sostanzialmente con la
sfera economico - sociale e giuridico - amministrativa del
vivere insieme, ovvero come il luogo di scontro ma anche di
incontro di interessi particolari e indipendenti che devono
coesistere fra loro. La società civile pur rappresentando il
campo di battaglia dell'interesse privato individuale di tutti
contro tutti, cioè il momento negativo nella eticità, è pur
sempre a parte della stessa eticità. La stessa società civile non
è riducibile alla sola struttura economica ma anche ad una
serie di meccanismi giuridico - amministrativi che sono suoi
componenti integranti. Anche la società civile è composta di
una struttura dialettica a tre livelli: sistema dei bisogni,
amministrazione della giustizia, polizia e corporazioni.
Queste ultime prefigurano in modo relativo ed imperfetto il
momento dell'universalità statale. E’ momento mediatore fra
l'individuo lo Stato, quella sorta di terzo termine per cui la
società civile è stata ritenuta una delle maggiori intuizioni di
Hegel che verrà fuori fatta propria da molti studiosi di
problemi economici e sociali e troverà in Marx un originale
interprete.
Lo Stato che rappresenta il momento culminante della
eticità, ossia la riaffermazione dell'unità della famiglia al di là
della dispersione della società civile.
Esso è una sorta di famiglia in grande nel quale il costume di
un popolo si esprime consapevolmente. Esso ha il compito di
indirizzare i particolarismi della società verso il bene
collettivo, cioè il bene comune - universale che deve
indirizzare la ricerca degli utili privati - particolari. Lo Stato
diventa dunque la suprema incarnazione della moralità
sociale e del bene comune e ciò che differenzia notevolmente
Hegel da altri pensatori:
dalla teoria liberale che vedeva nello stato uno strumento
volto a garantire la sicurezza i diritti degli individui
dalla teoria democratica cioè dalla concezione secondo la
quale la sovranità riceverebbe nel popolo
Per Hegel queste sono tutte astrazioni poiché la sovranità
dello Stato deriva dello Stato stesso che ha in sé la propria
ragion d'essere e il proprio scopo. Non sono gli individui a
fondare lo Stato, ma lo Stato a fondare gli individui sia dal
punto di vista storico - temporale, esso viene
cronologicamente prima degli individui che in esso nascono,
sia dal punto di vista ideale e di valore, lo Stato è superiore
agli individui come il tutto è superiore alle parti.
Questa ottica è di tipo organicista e rifiuta il modello
contrattuale dello Stato cioè la teoria di coloro che
vorrebbero far dipendere la vita associata da un contratto
scaturito dalla volontà libera degli individui.
La teoria hegeliana contesta pure il giusnaturalismo cioè
l'idea di diritti naturali esistenti prima ed oltre lo Stato.
Per Hegel pur essendo lo stato assolutamente sovrano non è però
dispotico, cioè illegale, poiché lo Stato deve operare soltanto
attraverso le leggi e nella forma delle leggi. Dunque il suo Stato è
uno stato di diritto fondato sul rispetto delle leggi e sulla
salvaguardia della libertà formale dell'individuo e della sua
proprietà. Dunque la costituzione dello Stato è qualcosa che
sgorga necessariamente dalla vita collettiva storica di un popolo e
non una fredda costruzione a tavolino. È se infatti non si può
imporre a priori poiché altrimenti inevitabilmente fallisce. Secondo
Hegel la costituzione razionale è la monarchia costituzionale
moderna, un organismo politico con poteri distinti ma non divisi
tra loro. Al di sopra di questi poteri vi è il potere del principe che
rappresenta l'incarnazione stessa della unità dello Stato, cioè il
momento in cui la sovranità di quest'ultimo si concretizza in una
individualità reale, cui spetta la decisione ultima circa gli affari
della collettività.
Il pensiero politico hegeliano mette capo ad una esplicita di
divinizzazione dello Stato come vita divina che si realizza nel
mondo e non può trovare delle leggi della morale un limite o
un impedimento alla sua azione. Non esiste organismo
superiore in grado di regolare i rapporti tra gli stati o di
risolvere i loro conflitti. Il solo giudice o arbitro è lo spirito
universale, cioè la storia, la quale ha come suo momento
strutturale la guerra. Ad essa viene attribuito un carattere di
necessità e di inevitabilità ma anche un alto valore morale.
La filosofia della storia
la storia può apparire, da un certo punto di vista, un tessuto
di fatti contingenti, insignificanti e mutevoli e dunque priva di
un piano razionale o divino, dominata dallo spirito del
disordine, della distruzione e del male.
Ma ciò appare solamente ad un intelletto finito, cioè
all'individuo, che misura storia in base ai suoi ideali personali
e non sa elevarsi al punto di vista puramente speculativo della
ragione assoluta.
La capacità umana di guardare la realtà deve essere sottratta
al limite e portata alla forma di un sapere che sappia
riconoscere le vie della provvidenza divina e sia in grado
perciò di determinare il fine, i mezzi e i modi della razionalità
della storia.
Il fine della storia del mondo è che lo spirito giunga a sapere
che ciò che esso è veramente, e oggettivi questo sapere, lo
realizzi facendone un mondo esistente, manifesti
oggettivamente se stesso.
Questo spirito del mondo si incarna negli spiriti dei popoli
che si succedono nella storia.
I mezzi della storia del mondo sono gli individui con le loro
passioni che conducono la storia a fini diversi da quelli a cui
essi esplicitamente mirano. L'azione dell'individuo sarà tanto
più efficace quanto più sarà conforme allo spirito del popolo
cui esso appartiene. Il progresso trova i suoi strumenti negli
eroi o individui eccezionali della storia del mondo. Il segno
del loro destino eccezionale è il successo, resistere ad essi è
impresa vana. La loro ambizione è una astuzia della Ragione
che si serve degli individui e delle loro passioni come di
mezzi per attuare i suoi fini.
La libertà dello spirito, che è il fine ultimo della
storia del mondo, si realizza nello stato.
Lo Stato è dunque il fine supremo: la storia del
mondo è da questo punto di vista la successione
di forme statali che costituiscono momenti di un
divenire assoluto.
Lo spirito assoluto
Lo spirito assoluto è il momento in cui l'idea giunge
alla piena coscienza della propria infinità o
assolutezza.
Anche esso è il risultato di un processo dialettico
passante attraverso l'arte, religione e filosofia.
Queste tre non si differenziano per il loro contenuto,
che è identico, ma soltanto per la forma nella quale
ciascuna di esse presenta lo stesso contenuto, che è
l'assoluto o Dio.
L'arte, che il primo gradino, rappresenta l'assoluto nella
forma della intuizione sensibile.
In essa lo spirito vive in modo immediato ed intuitivo quella
fusione tra soggetto ed oggetto, spirito e natura che la
filosofia teorizza concettualmente. Nel bello artistico spirito e
natura vengono recepiti come un tutt'uno, in quanto nella
statua l'oggetto, il marmo, è già natura piena di spirito, cioè la
manifestazione sensibile di un messaggio spirituale, ed il
soggetto, l'idea artistica, è già spirito pieno di natura, ovvero
concetto incarnato e ha reso visibile. Per Hegel l'arte classica
è stata la perfetta adeguazione tra forma e contenuto ma
l'arte moderna risulta inadeguata ad esprimere la complessa
spiritualità moderna e dunque Hegel parla di morte dell'arte.
La religione manifesta l'assoluto nella forma della
rappresentazione. La filosofia della religione non deve creare
la religione ma semplicemente riconoscere la religione che c'è
già, la religione determinata, positiva, presente. L'oggetto
della religione è Dio, il soggetto di essa è la coscienza umana
indirizzata a Dio, il termine, con lo scopo, è l'unificazione di
Dio e della coscienza, cioè la coscienza riempita e penetrata
da Dio. Il rapporto tra Dio e la coscienza è immediato, come il
sentimento che però non è in grado di giustificare la certezza
dell'esistenza di Dio e trasformarla in verità valida. Un passo
avanti è la rappresentazione che è il modo tipico religioso di
pensare Dio. Essa intende le sue determinazioni come
giustapposte, unite in modo puramente esteriore; così si
giunge a riconoscere l'inconcepibilità dell'essenza divina che
unifica queste determinazioni esteriori:
la religione non è in grado di pensare Dio in modo dialettico e
finisce per fermarsi di fronte ad un presunto mistero
dell'assoluto. Anch'essa a alcuni momenti di sviluppo:
la religione naturale, stregoneria e feticismo in cui Dio appare
sepolto nella natura
le religioni naturali che trapassano in religioni della libertà,
persiana, egiziana in cui Dio sembra cominciare a mostrarsi
come spirito libero
le religioni dell'individualità spirituale, italica, greca, romana
in cui Dio appare in forme o sembianze spirituali/ umane
la religione assoluta, la religione cristiana in cui Dio è puro
spirito. Quest'ultima presenta ancora i limiti propri di ogni
religione per cui è ancora inadeguata rappresentazione.
Nella filosofia l'idea giunge finalmente alla piena e
concettuale, adeguata, coscienza di sé medesima.
Anche la filosofia è una formazione storica, cioè una totalità
processuale che si è sviluppata attraverso una serie di gradi, di
momenti che si concludono necessariamente con l'idealismo.
In altre parole la filosofia non è nient'altro che l'intera storia
della filosofia giunta finalmente a compimento con Hegel.
Dunque i vari sistemi filosofici nel tempo non sono un insieme
disordinato ed accidentale poiché ognuno di essi costituisce
una tappa necessaria del farsi della verità che supera quello
che precede ed è superata da quello che segue. Dunque la
storia della filosofia iniziata con i greci si conclude veramente
nella filosofia di Hegel. L'ultima filosofia è la sua.
È indubbio che il sistema hegeliano abbia lasciato, al di là
delle molte interpretazioni che ha subito nella storia, alcune
forme mentali che furono in seguito e attraverso
modificazioni e sovrapposizioni storiche usate per giustificare
visioni politiche di tipo nazista o fascista:
•lo Stato come primo elemento logico, storico, assiologico
fuori dal quale l'individuo non ha alcun valore
•lo Stato che si autolegittima nella sua sovranità, che
costituisce il popolo senza cui non sarebbe che una
moltitudine informe
•nello stato esiste una classe di funzionari dediti al bene
comune che non può essere controllata dal popolo, cioè dal
basso
•lo Stato informa di sé tutte le sue parti, come un organismo,
e subordina la vita sociale organizzandola
•lo Stato non è sottoposto a nessuna etica, non riconosce
altro all'infuori di sé
•lo Stato è assoluto, un dio reale, concreto, storico che non
riconosce organismi internazionali ne alcun diritto astratto,
così definisce Hegel, internazionale
•la guerra vista come inevitabile strumento di composizione
dei conflitti tra gli stati. Essa giova alla salute del popolo.
•Tutte queste idee che avevano nel sistema hegeliano una
valenza teorica diventeranno un efficace arsenale teorico a
disposizione dei teorici del totalitarismo i quali forgeranno
idee come queste:
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sull'individuo.

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Hegel - le tesi di fondo del Sistema

  • 1. Georg Wilhelm Friedrich Hegel Le tesi di fondo del Sistema
  • 2. Gli scritti del periodo giovanile dimostrano un prevalente interesse religioso e politico. Questo interesse si trasformerà nelle grandi opere della maturità in un interesse storico e politico La realtà che sta comunque dinnanzi al nostro è quella della storia umana e della vita dei popoli. Fenomenologia dello spirito 1807 Scienza della logica in due volumi 1812 e 1816 Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio che è la più compiuta formulazione del sistema di Hegel 1817 e poi 1827 e 1830 Lineamenti di filosofia del diritto ossia diritto naturale e scienza dello Stato in compendio 1821
  • 3. Il giovane Hegel Rigenerazione etico - religiosa e rigenerazione politica Gli scritti giovanili comprendono la produzione letteraria dal 1793 al 1800. Essi rimasero non pubblicati per tutto l'Ottocento e la loro importanza è stata messa in luce solo nel nostro secolo. In questi scritti l'argomento dominante è teologico ma è molto netta la connessione con la politica: il tema della rigenerazione morale e religiosa dell'uomo come fondamento della rigenerazione politica. Il nostro autore era convinto che non si potesse realizzare alcuna autentica rivoluzione politica se non basata su una rivoluzione del cuore, su quella che oggi chiameremo una rivoluzione culturale, una rigenerazione della persona nella sua vita interiore e del popolo nella sua cultura.
  • 4. L'aspirazione dei popoli ad una vita migliore ed alla libertà deve diventare realtà vivente attraverso la realizzazione di progetti di riforma che spazzino via il vecchio impianto sociale fondato sulla stabilità delle classi e sulla supremazia del potere nobiliare. Perché questo accada, è necessario che l'ansia di libertà del popolo, così forte nel mondo interiore degli uomini, produca un nuovo ordine giuridico esteriore, nel quale la libertà interiore possa essere dotata di forza, posso cioè incarnarsi in istituzioni sociali nuove, fondate sull'uguaglianza. Hegel chiarisce il nesso tra religione e politica. Perché giungano i tempi migliori occorre una nuova forma di religione che permetta a ciascuno dei cittadini di partecipare con la propria vita interiore alla vita dello spirito, di Dio, che si incarna nella storia nella vita che gli uomini. Solo quando i cittadini avranno imparato a vivere la religione come comunione dei cuori allora nascerà un nuovo ordine politico.
  • 5. Gli elementi fondamentali del sistema di Hegel
  • 6. Il rapporto tra infinito e finito La realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione. Questo organismo non avendo nulla fuori di sé e rappresentando la ragion d'essere di ogni realtà, coincide con l'assoluto e con l'infinito, mentre i vari enti del mondo, essendo manifestazioni di esso, coincidono con il finito. Ora l'infinito è il tutto che esiste mentre il finito è solo una sua espressione parziale: il finito, in quanto è reale, non è tale, ma è lo stesso infinito. Siamo quindi di fronte ad un monismo panteista cioè una teoria che vede nel mondo, il finito, la manifestazione o la realizzazione di Dio, l'infinito. Ora questo assoluto è un soggetto spirituale in divenire, non statico, di cui tutto ciò che esiste è momento o tappa. L'assoluto è un processo di autoproduzione che soltanto alla fine, cioè con l'uomo, spirito, e le sue attività più alte, arte - religione - filosofia, giunge a rivelarsi per quello che è veramente
  • 7. La ragione e la realtà L'assoluto soggetto spirituale infinito è chiamato Idea o Ragione intendendo con queste espressioni l'identità di pensiero e d'essere, o meglio di ragione e realtà. Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale. Nella prima parte si indica che la razionalità non è pura astrazione, puro schema, puro dover essere, ma la forma stessa di ciò che esiste: la ragione governa il mondo e lo costituisce. Nella seconda parte si afferma che la realtà non è materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale che si manifesta in modo inconsapevole della natura e consapevole dell'uomo.
  • 8. L'aforisma significa dunque la sostanziale, totale, necessaria identità di realtà e ragione. Ciò significa che vi è identità tra essere e dover essere, in quanto da ciò che era risulta anche ciò che razionalmente deve essere. Allora il mondo in quanto è, e come è, è pura razionalità dispiegata che si manifesta attraverso una serie di momenti necessari che non possono essere diversi da ciò che sono. Quindi Hegel ritrova una rete di connessioni necessarie, di passaggi obbligati che costituiscono l'articolazione vivente dell'unica idea o ragione. La realtà allora è una totalità processuale necessaria fatta di una serie ascendente di grandi in cui ognuno è il risultato dei precedenti e il presupposto dei successivi.
  • 9. La funzione della filosofia In questo orizzonte, fondato su categorie come totalità e necessità, il compito della filosofia consiste nel prendere atto della realtà e nel comprenderne le strutture nazionali che la costituiscono. La filosofia arriva sempre dopo, arriva sempre tardi poiché giunge quando la realtà ha compiuto il suo processo di formazione. Essa deve rinunciare alla pretesa assurda di determinare e guidare la realtà mentre deve rielaborare in concetti il contenuto della realtà che l'esperienza le offre, dimostrandone l'intrinseca razionalità. Dunque la filosofia è giustificazione razionale della realtà, della presenza del mondo, del fatto. Questo atteggiamento programmatico e giustificazionista della filosofia nei confronti della realtà, è evidente.
  • 10. La dialettica la dialettica è la legge che regola il divenire della realtà, il processo che l'assoluto compie ma è insieme anche la legge logica di comprensione della realtà. Hegel non ha elaborato una teoria sistematica, ma si è limitato molto spesso a usare la dialettica. Nell'Enciclopedia egli ha indicato tre momenti: l'astratto o intellettuale che concepisce l'esistente sotto forma di una molteplicità di determinazioni statiche e separate. Il pensiero considera le cose nelle loro differenze secondo il principio di identità e di non contraddizione; il dialettico o negativo razionale che consiste nel mostrare come le determinazioni di cui sopra siano unilaterali ed esigano di essere messe in movimento, ovvero di essere relazionale che con altre determinazioni. Il concetto di uno chiede subito e richiama quello di molti e manifesta con esso uno stretto legame;
  • 11. lo speculativo o positivo razionale che coglie invece l'unità delle determinazioni opposte, ossia la loro realtà di aspetti unilaterali di una realtà più ampia che li ricomprende o sintetizza entrambi. La dialettica allora consiste nell'affermazione di un concetto astratto limitato, che in quanto tale, porta al passaggio ad un concetto opposto e infine nella unificazione in una sintesi positiva e comprensiva di entrambe. Dunque la sintesi è riaffermazione potenziata dell'affermazione iniziale, tesi, ottenuta tramite la negazione della negazione intermedia, antitesi. È dunque un superamento che al tempo stesso un togliere, l'opposizione tra crisi ed antitesi, e un conservare, la verità della tesi, dell'antitesi e della loro lotta. La dialettica è la totalità dei tre momenti.
  • 12. La dialettica illustra la risoluzione del finito nell'infinito. Infatti ci mostra ogni finito, ogni parte della realtà, che non può stare in sé stessa ma solo all'interno di un contesto di rapporti. È obbligato ad entrare in una trama di relazioni che forma la realtà e che coincide con il tutto. Il processo attraverso il quale le parti finite perdono la loro leggerezza, si modificano e diventano momenti di un assoluto unico ed infinito. La dialettica possiede un significato globalmente ottimistico poiché essa ha il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, pacificare i conflitti, ridurre ogni cosa all'ordine e alla perfezione del tutto. Conflitto, opposizione, molteplicità sono momenti di passaggio, il negativo sta solo come un momento del farsi del positivo.
  • 13. Pensare dialetticamente significa pensare la realtà come una totalità processuale che procede secondo lo schema tesi, antitesi e sintesi. Ogni sintesi rappresenta sua volta la tesi di un'altra antitesi: nella dialettica però vi è una sintesi finale che chiude il processo e chi ha dunque un preciso punto d'arrivo. "Mentre nei grandi intermedi della dialettica prevale la rappresentazione della spirale, nella visione complessiva e finale del sistema prevale la rappresentazione del circolo chiuso, che soffoca la vita dello spirito, dando al suo progresso un termine, al di là del quale ogni attività creatrice si annulla, perché, avendo lo spirito realizzato pienamente se stesso, non gli resta che ripercorre il cammino già fatto. L'impetuosa corrente sfocia in uno stagnante mare, e nell'immobile specchio trema la vena delle acque che vi affluiscono”. (Guido di Ruggiero).
  • 14. Infatti tutti grandi filosofi eredi di Hegel hanno criticato questo epilogo stagnante e fermo e hanno invece recuperato l'idea di un processo che risulta sempre costitutivamente aperto. Questi stessi hanno insistito poi non sul momento della conciliazione, ma su quello della opposizione e della contraddizione, cioè su ciò che Hegel chiamava il travaglio del negativo. La filosofia di Hegel ha implica l'oggettivo rifiuto della maniera illuminista di rapportarsi con il mondo. Gli illuministi facevano dell'intelletto il giudice della storia e riconoscevano che il reale non è razionale. La loro ragione esprime solo le esigenze e le aspirazioni degli individui, è parziale e finita, ovvero intelletto astratto, che pretende di dare lezioni alla realtà e alla storia, stabilendo come essa dovrebbe essere e non è.
  • 15. Hegel fu anche un tenace oppositore di Kant che aveva costruito una filosofia del finito e l'antitesi tra il dover essere e l'essere, tra la ragione e la realtà come parte integrante della sua filosofia. Infatti le idee della ragione sono meri ideali, regole impegnative che spingono una ricerca che non avrà mai fine. Moralmente la volontà non sarà mai santità, non coinciderà mai con una piena razionalità, innescando un processo di progresso all'infinito. Insomma l'essere non si adegua mai al dover essere, la realtà alla razionalità. Per Hegel invece la adeguazione di realtà e razionalità è in ogni caso necessaria. Kant ha preteso di conoscere la facoltà di conoscere prima di procedere a conoscere, facendo l'errore di chi fornendo imparare a nuotare lo fece prima di arrischiarsi in acqua.
  • 16. Nella Fenomenologia dello spirito Hegel si è fermato a illustrare la via che la coscienza umana ha dovuto percorrere per giungere alla risoluzione del finito nell'infinito. Cioè ha mostrato come il principio della realtà è riuscito, attraverso la coscienza umana, a giungere a se stesso. Le vicende dello spirito in questo primo scritto sono le vicende del principio hegeliano dell'infinito nelle sue prime apparizioni o barlumi, nel suo progressivo affermarsi e svilupparsi attraverso una serie di figure esprimenti i settori più disparati della vita umana, dalla conoscenza, alla società, alla regione, alla politica ecc.... Infatti la Fenomenologia è la storia romanzata della coscienza, che attraverso erramenti, contrasti, scissioni, e quindi infelicità e dolori, esce dalla sua individualità, raggiunge la universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è ragione.
  • 17. Il ciclo della fenomenologia può essere riassunto attraverso la figura più popolare: quella della coscienza infelice. Essa è quella che non sa di essere tutta la realtà, perciò si ritrova divisa in differenze, opposizioni o conflitti dai quali è interamente dilaniata e dai quali esce solo arrivando alla coscienza di essere tutto. La Fenomenologia ha altrettanto uno scopo introduttivo e pedagogico. Poiché non c'è altro modo di elevarsi alla filosofia come scienza se non mostrandone il divenire, la fenomenologia, come divenire della filosofia, prepara e introduce il singolo alla filosofia: cioè tende a far sì che esso si riconosca e si risolva nello spirito universale.
  • 18. Hegel ha poi mostrato nella Enciclopedia delle scienze filosofiche come questo principio, quale appare in tutte le sue manifestazioni, si mostra in atto in tutte le modalità fondamentali del costituirsi della realtà. Del sistema hegeliano prenderemo in considerazione in modo particolare la filosofia dello spirito che Hegel definisce la conoscenza più alta e difficile. In essa l'idea, dopo essersi estraniata da sé, sparisce come natura, cioè come esteriorità e spazialità, per farsi poi soggettività e libertà, ovvero autocreazione e autoproduzione. Tre soli momenti principali:
  • 19. Lo spirito soggettivo che è lo spirito individuale, considerato nel suo lento e progressivo emergere dalla natura, attraverso un processo che dalle forme più elementari di vita porta alle attività conoscitive pratiche più elevate: i suoi istanti sono antropologia, fenomenologia, psicologia. Nello spirito libero la volontà di libertà è divenuta essenziale e costitutiva dello spirito.
  • 20. Lo spirito oggettivo, che è la sezione storicamente più importante del pensiero hegeliano, è il solo in cui la volontà di libertà può trovare la sua realizzazione attraverso istituzioni sociali concrete, ovvero con quell’insieme di determinazioni individuali che Hegel raccoglie sotto il concetto di diritto in senso lato. Lo spirito oggettivo a tre sezioni:
  • 21. il diritto astratto o formale: il singolo individuo è persona fornita di capacità giuridiche e dunque soggetto al diritto privato che riguarda l'esistenza esterna e la libertà delle persone che sono soggetti astratti di diritto indipendentemente dai caratteri specifici e dalle loro condizioni concrete. Le persone possiedono proprietà che sono tali in virtù del reciproco riconoscimento fra le persone stesse, ossia attraverso l'istituto giuridico del contratto. Qualora avvengano, così indicati dal diritto, dei torti o degli illeciti si ha un delitto la cui cura richiede una sanzione o una pena che vuole così ripristinare in senso dialettico il diritto violato (tesi - diritto, antitesi - diritto, sintesi - pena). La pena riafferma potenziato il diritto e quindi appare come una necessità oggettiva del nostro razionale e giuridico vivere insieme, ma essa perché sia efficacemente punitiva in forma definitiva deve essere riconosciuta interiormente dal colpevole. Ma la sfera dell'interiorità non concerne l'esteriorità legale del diritto e dunque chiama una nuova dimensione.
  • 22. La moralità che è la sfera della volontà soggettiva, quale si manifesta nell'azione. L'azione ha una portata morale solo in quanto sgorga dal proponimento, cioè nell'essere pensante che l'uomo: dall'intenzione. Il fine a cui mira l'azione è il benessere. Quando sia l'intenzione che il benessere si sollevano al livello dell'universalità allora il fine della volontà diventa bene in sé e per sé. Questo bene è ancora un'idea astratta che attende di passare all'esistenza per opera di una altrettanto astratta volontà che può anche essere cattiva, cioè non realizzare il dovere. Dunque nella moralità che una separazione tra la soggettività e il bene da realizzare che assume perciò il valore di un dover essere. Ecco allora la contraddizione tra l'essere e il dover essere tipica della morale che sembra impotente a realizzarsi nella realtà.
  • 23. Il terzo stadio sintetico è l'eticità in cui la separazione tra soggettività e bene viene annullata e risolta poiché il bene è attuato concretamente ed è diventato esistente. L'eticità è la moralità sociale, ovvero la realizzazione del bene in quelle forme istituzionali che sono la famiglia, la società civile e lo Stato. Poiché viene realizzata visibilmente nel mondo essa rappresenta il superamento della spaccatura tra interiorità ed esteriorità che è proprio della morale del dovere. Essa è anche una sorta di morale che ha assunto le forme del diritto o di diritto che ha assunto le forme della morale e dunque supera l’univocità sia del diritto che della morale presi per sé.
  • 24. La famiglia: in essa il rapporto naturale dei sessi assume la forma di una unità spirituale fondata sull'amore e sulla fiducia. Si articola in matrimonio, patrimonio, educazione dei figli che una volta cresciuti con personalità autonomi formano nuove famiglie aventi ognuno a interessi propri.
  • 25. La società civile: in essa il sistema unitario e concorde della famiglia si frantuma nel sistema atomistico e conflittuale della società civile che si identifica sostanzialmente con la sfera economico - sociale e giuridico - amministrativa del vivere insieme, ovvero come il luogo di scontro ma anche di incontro di interessi particolari e indipendenti che devono coesistere fra loro. La società civile pur rappresentando il campo di battaglia dell'interesse privato individuale di tutti contro tutti, cioè il momento negativo nella eticità, è pur sempre a parte della stessa eticità. La stessa società civile non è riducibile alla sola struttura economica ma anche ad una serie di meccanismi giuridico - amministrativi che sono suoi componenti integranti. Anche la società civile è composta di una struttura dialettica a tre livelli: sistema dei bisogni, amministrazione della giustizia, polizia e corporazioni.
  • 26. Queste ultime prefigurano in modo relativo ed imperfetto il momento dell'universalità statale. E’ momento mediatore fra l'individuo lo Stato, quella sorta di terzo termine per cui la società civile è stata ritenuta una delle maggiori intuizioni di Hegel che verrà fuori fatta propria da molti studiosi di problemi economici e sociali e troverà in Marx un originale interprete.
  • 27. Lo Stato che rappresenta il momento culminante della eticità, ossia la riaffermazione dell'unità della famiglia al di là della dispersione della società civile. Esso è una sorta di famiglia in grande nel quale il costume di un popolo si esprime consapevolmente. Esso ha il compito di indirizzare i particolarismi della società verso il bene collettivo, cioè il bene comune - universale che deve indirizzare la ricerca degli utili privati - particolari. Lo Stato diventa dunque la suprema incarnazione della moralità sociale e del bene comune e ciò che differenzia notevolmente Hegel da altri pensatori: dalla teoria liberale che vedeva nello stato uno strumento volto a garantire la sicurezza i diritti degli individui dalla teoria democratica cioè dalla concezione secondo la quale la sovranità riceverebbe nel popolo
  • 28. Per Hegel queste sono tutte astrazioni poiché la sovranità dello Stato deriva dello Stato stesso che ha in sé la propria ragion d'essere e il proprio scopo. Non sono gli individui a fondare lo Stato, ma lo Stato a fondare gli individui sia dal punto di vista storico - temporale, esso viene cronologicamente prima degli individui che in esso nascono, sia dal punto di vista ideale e di valore, lo Stato è superiore agli individui come il tutto è superiore alle parti. Questa ottica è di tipo organicista e rifiuta il modello contrattuale dello Stato cioè la teoria di coloro che vorrebbero far dipendere la vita associata da un contratto scaturito dalla volontà libera degli individui. La teoria hegeliana contesta pure il giusnaturalismo cioè l'idea di diritti naturali esistenti prima ed oltre lo Stato.
  • 29. Per Hegel pur essendo lo stato assolutamente sovrano non è però dispotico, cioè illegale, poiché lo Stato deve operare soltanto attraverso le leggi e nella forma delle leggi. Dunque il suo Stato è uno stato di diritto fondato sul rispetto delle leggi e sulla salvaguardia della libertà formale dell'individuo e della sua proprietà. Dunque la costituzione dello Stato è qualcosa che sgorga necessariamente dalla vita collettiva storica di un popolo e non una fredda costruzione a tavolino. È se infatti non si può imporre a priori poiché altrimenti inevitabilmente fallisce. Secondo Hegel la costituzione razionale è la monarchia costituzionale moderna, un organismo politico con poteri distinti ma non divisi tra loro. Al di sopra di questi poteri vi è il potere del principe che rappresenta l'incarnazione stessa della unità dello Stato, cioè il momento in cui la sovranità di quest'ultimo si concretizza in una individualità reale, cui spetta la decisione ultima circa gli affari della collettività.
  • 30. Il pensiero politico hegeliano mette capo ad una esplicita di divinizzazione dello Stato come vita divina che si realizza nel mondo e non può trovare delle leggi della morale un limite o un impedimento alla sua azione. Non esiste organismo superiore in grado di regolare i rapporti tra gli stati o di risolvere i loro conflitti. Il solo giudice o arbitro è lo spirito universale, cioè la storia, la quale ha come suo momento strutturale la guerra. Ad essa viene attribuito un carattere di necessità e di inevitabilità ma anche un alto valore morale.
  • 31. La filosofia della storia la storia può apparire, da un certo punto di vista, un tessuto di fatti contingenti, insignificanti e mutevoli e dunque priva di un piano razionale o divino, dominata dallo spirito del disordine, della distruzione e del male. Ma ciò appare solamente ad un intelletto finito, cioè all'individuo, che misura storia in base ai suoi ideali personali e non sa elevarsi al punto di vista puramente speculativo della ragione assoluta. La capacità umana di guardare la realtà deve essere sottratta al limite e portata alla forma di un sapere che sappia riconoscere le vie della provvidenza divina e sia in grado perciò di determinare il fine, i mezzi e i modi della razionalità della storia.
  • 32. Il fine della storia del mondo è che lo spirito giunga a sapere che ciò che esso è veramente, e oggettivi questo sapere, lo realizzi facendone un mondo esistente, manifesti oggettivamente se stesso. Questo spirito del mondo si incarna negli spiriti dei popoli che si succedono nella storia. I mezzi della storia del mondo sono gli individui con le loro passioni che conducono la storia a fini diversi da quelli a cui essi esplicitamente mirano. L'azione dell'individuo sarà tanto più efficace quanto più sarà conforme allo spirito del popolo cui esso appartiene. Il progresso trova i suoi strumenti negli eroi o individui eccezionali della storia del mondo. Il segno del loro destino eccezionale è il successo, resistere ad essi è impresa vana. La loro ambizione è una astuzia della Ragione che si serve degli individui e delle loro passioni come di mezzi per attuare i suoi fini.
  • 33. La libertà dello spirito, che è il fine ultimo della storia del mondo, si realizza nello stato. Lo Stato è dunque il fine supremo: la storia del mondo è da questo punto di vista la successione di forme statali che costituiscono momenti di un divenire assoluto.
  • 34. Lo spirito assoluto Lo spirito assoluto è il momento in cui l'idea giunge alla piena coscienza della propria infinità o assolutezza. Anche esso è il risultato di un processo dialettico passante attraverso l'arte, religione e filosofia. Queste tre non si differenziano per il loro contenuto, che è identico, ma soltanto per la forma nella quale ciascuna di esse presenta lo stesso contenuto, che è l'assoluto o Dio.
  • 35. L'arte, che il primo gradino, rappresenta l'assoluto nella forma della intuizione sensibile. In essa lo spirito vive in modo immediato ed intuitivo quella fusione tra soggetto ed oggetto, spirito e natura che la filosofia teorizza concettualmente. Nel bello artistico spirito e natura vengono recepiti come un tutt'uno, in quanto nella statua l'oggetto, il marmo, è già natura piena di spirito, cioè la manifestazione sensibile di un messaggio spirituale, ed il soggetto, l'idea artistica, è già spirito pieno di natura, ovvero concetto incarnato e ha reso visibile. Per Hegel l'arte classica è stata la perfetta adeguazione tra forma e contenuto ma l'arte moderna risulta inadeguata ad esprimere la complessa spiritualità moderna e dunque Hegel parla di morte dell'arte.
  • 36. La religione manifesta l'assoluto nella forma della rappresentazione. La filosofia della religione non deve creare la religione ma semplicemente riconoscere la religione che c'è già, la religione determinata, positiva, presente. L'oggetto della religione è Dio, il soggetto di essa è la coscienza umana indirizzata a Dio, il termine, con lo scopo, è l'unificazione di Dio e della coscienza, cioè la coscienza riempita e penetrata da Dio. Il rapporto tra Dio e la coscienza è immediato, come il sentimento che però non è in grado di giustificare la certezza dell'esistenza di Dio e trasformarla in verità valida. Un passo avanti è la rappresentazione che è il modo tipico religioso di pensare Dio. Essa intende le sue determinazioni come giustapposte, unite in modo puramente esteriore; così si giunge a riconoscere l'inconcepibilità dell'essenza divina che unifica queste determinazioni esteriori:
  • 37. la religione non è in grado di pensare Dio in modo dialettico e finisce per fermarsi di fronte ad un presunto mistero dell'assoluto. Anch'essa a alcuni momenti di sviluppo: la religione naturale, stregoneria e feticismo in cui Dio appare sepolto nella natura le religioni naturali che trapassano in religioni della libertà, persiana, egiziana in cui Dio sembra cominciare a mostrarsi come spirito libero le religioni dell'individualità spirituale, italica, greca, romana in cui Dio appare in forme o sembianze spirituali/ umane la religione assoluta, la religione cristiana in cui Dio è puro spirito. Quest'ultima presenta ancora i limiti propri di ogni religione per cui è ancora inadeguata rappresentazione.
  • 38. Nella filosofia l'idea giunge finalmente alla piena e concettuale, adeguata, coscienza di sé medesima. Anche la filosofia è una formazione storica, cioè una totalità processuale che si è sviluppata attraverso una serie di gradi, di momenti che si concludono necessariamente con l'idealismo. In altre parole la filosofia non è nient'altro che l'intera storia della filosofia giunta finalmente a compimento con Hegel. Dunque i vari sistemi filosofici nel tempo non sono un insieme disordinato ed accidentale poiché ognuno di essi costituisce una tappa necessaria del farsi della verità che supera quello che precede ed è superata da quello che segue. Dunque la storia della filosofia iniziata con i greci si conclude veramente nella filosofia di Hegel. L'ultima filosofia è la sua.
  • 39. È indubbio che il sistema hegeliano abbia lasciato, al di là delle molte interpretazioni che ha subito nella storia, alcune forme mentali che furono in seguito e attraverso modificazioni e sovrapposizioni storiche usate per giustificare visioni politiche di tipo nazista o fascista: •lo Stato come primo elemento logico, storico, assiologico fuori dal quale l'individuo non ha alcun valore •lo Stato che si autolegittima nella sua sovranità, che costituisce il popolo senza cui non sarebbe che una moltitudine informe •nello stato esiste una classe di funzionari dediti al bene comune che non può essere controllata dal popolo, cioè dal basso •lo Stato informa di sé tutte le sue parti, come un organismo, e subordina la vita sociale organizzandola
  • 40. •lo Stato non è sottoposto a nessuna etica, non riconosce altro all'infuori di sé •lo Stato è assoluto, un dio reale, concreto, storico che non riconosce organismi internazionali ne alcun diritto astratto, così definisce Hegel, internazionale •la guerra vista come inevitabile strumento di composizione dei conflitti tra gli stati. Essa giova alla salute del popolo. •Tutte queste idee che avevano nel sistema hegeliano una valenza teorica diventeranno un efficace arsenale teorico a disposizione dei teorici del totalitarismo i quali forgeranno idee come queste: •primato del collettivo (Stato, nazione, razza, classe, partito) sull'individuo.