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La psicoterapia cognitivo-costruttivista*
’ 20.1
Normalità e psicopatologia: il concetto di compenso-scompenso
di un sistema di conoscenza
Nell’ottica cognitiva, la funzione fondamentale di ogni sistema indivi-
duale di conoscenza può essere considerata la capacità di costruire
anticipazioni (previsioni) rispetto a ciò che potrà accadere dentro di
sé ed intorno a sé, così da poter programmare adeguatamente le pro-
prie azioni in funzione degli scopi attivati in ogni specifico momento
(cfr. PAR. 3.4).Le previsioni costruite possono essere più o meno
“vere”, rispetto alla realtà ontologica, ma ciò che conta non è la loro
maggiore o minore “verità”, quanto il fatto che rappresentino dei
modelli utili per muoversi ed orientarsi all’interno del proprio mon-
do.
Talvolta le nostre previsioni sono invalidate dai vincoli della realtà
ed è proprio grazie a questa invahdazione che è possibile arricchire il
sistema di conoscenza di nuove informazioni, articolando e comples-
sificando i nostri modelli rappresentativi del mondo. Condizione fon-
damentale è che l’invahdazione venga riconosciuta ed accolta come ‘
tale e che il sistema sia in grado di adattare le proprie strutture cono-
scitive ai nuovi dati. Attraverso questo processo il sistema può andare
incontro ad uno sduppo e ad una crescita personale.
Da queste premesse è possibile affermare che l’efficienza,la capa-
cità di adattamento alla realtà, la salute, l’equilibrio (la normulitù) di
un sistema sono strettamente connessi con la sua capacità di:
a) costruire modelli percorribili del mondo;
b) formulare anticipazioni degli eventi funzionali al raggiungimento o
all’eventuale modifica dei propri obiettivi;
* Questo capitolo i stato scritto da Lorenzo Cionini. Per i Riferimenti biblio-
gru& cfr. le pp. 69-71 dd CAP. 3.
387
PSICOLOGIA CLINICA
c) accogliere le falsificazioni e modificarsi di conseguenza, in modo
da produrre nuove previsioni utilizzabili per gli stessi scopi.
La definizione di patologia è perfettamente speculare a quanto so-
pra esposto. Tuttavia i concetti di normalità e di patologia non sono
rappresentabili nei termini di una dicotomia: nessun sistema, infatti, è
sempre in grado di svolgere adeguatamente queste funzioni, così
come non è del tutto incapace di farlo. Per questa ragione, nell’ottica
cognitiva si preferisce utilizzare i concetti dinamici - legati al divenire
individuale - di compenso e scompenso, anziché quelli statici di nor-
malità e psicopatologia.
Ogni sistema conoscitivo evolve gradualmenteverso livelli di mag-
giore complessità e ordine interno cercando costantemente di mante-
nere un proprio equilibrio owero la propria coerenza sistemica. Tale
equihbrio non può considerarsi raggiunto una volta per tutte, poiché
deve ristrutturarsi continuamente in rapporto alle validazioni e invali-
dazioni cui va incontro nella sua relazione con il mondo, mantenendo
integro il senso dell’identità personale (Guidano, 1988). Un processo
di crisi o di scompenso può verificarsi quando nel confronto con la
realtà alcuni schemi nucleari (sovraordinati) connessi con l’identità
personale affrontano un processo di invalidazione che determina la
necessità a un riordinamento complessivo talmente ampio da supera-
re le loro capacità di ristrutturazione.
,
20.2
L’intervento terapeutico
La cornice all’intemo della quale si articola il processo terapeutico,
nell’ottica costruttivista, è esemplificabile mediante la metafora origi-
nariamente proposta da Kelly (1955) dell’uomo come scienziato. Il la-
voro terapeutico è concettualizzato come un processo di ricerca al-
l’interno del quale paziente e terapeuta svolgono i ruoli distinti e
complementari rispettivamente di ricercatore e di supervisore alla ri-
cerca. La metafora definisce le competenze specifiche di ciascuno dei
due membri della relazione: il paziente è l’esperto rispetto all’oggetto
della ricerca (il suo sistema di conoscenza, le sue sensazioni, i suoi
pensieri, le sue emozioni ecc.) poiché è l’unico ad avere la possibilità
di un contatto diretto con esso; il terapeuta è l’esperto rispetto al me-
todo e il suo compito è quello di suggerire gli strumenti, le procedu-
re e i tempi per portare avanti l’intero processo. In questo lavoro la
logica è quella della ricerca scientifica: non esistono verità, ma solo
ipotesi, più o meno attendibili, che devono essere verificate, ipotesi
che saranno considerate valide (il che non significa necessariamente
20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA
vere) solo nella misura in cui non si riesca a invalidarle e il paziente
le viva come coerenti con le altre regole del suo sistema di conoscen-
za e congruenti con le sue sensazioni emotive.
L’obiettivo della ricerca è la ricostruzione delle caratteristiche de-
gli schemi prevalenti del sistema di conoscenza del paziente, della
loro influenza sul suo comportamento e dei processi di costruzione
dei significati.Alcune di queste strutture e di questi processi sono più
facilmente accessibili per la coscienza, altri più difficili o addirittura
impossibili da rappresentare a questo livello. Ad esempio i processi
intemi che fanno sì che - in un determinato momento - un individuo
si comporti nella relazione con un altro precisamente come si sta
comportando possono raggiungere il livello della consapevolezza solo
in minima parte. Al massimo, focahzando l’attenzione sui propri
comportamenti, è possibile essere consapevoli de& obiettivi generah
che li guidano, ma la scelta specifica delle parole pronunciate, della
gestualità, della mimica e delle emozioni che li accompagnano deriva-
no da un insieme complesso di processi intemi che, per la contempo-
raneità e la rapidità del loro svolgersi e per l’automatismo che li con-
traddistingue, non sono e non possono essere consapevoli.
I1 processo di autoconoscenza comporta quindi spesso il tentativo
di ricostruire, a posteriori, e in termini inferenziali I, processi messi in
atto al di fuori della consapevolezza.
Comunque, sia che ci si proponga di ricostruire strutture cono-
scitive più facilmente accessibili alla coscienza o strutture della cono-
scenza non consapevole, è il paziente stesso che dovrà effettuare la
ricostruzione delle conoscenze relative a se stesso. Compito del tera-
peuta è aiutarlo ed accompagnarlo nel percorso di autoconoscenza,
indirizzandolo (spingendolo a “guardare”) nelle direzioni potenzial-
mente più utili e sostenendolo nei momenti emotivamente più diffici-
li, senza offrire proprie interpretazioni o conoscenze “preconfeziona-
te”. Anche quando si lavori su materiali altamente simbolici, com‘e i
sogni notturni, è compito del paziente formulare le interpretazioni,
mentre il terapeuta si limiterà a facilitarle proponendogli accostamen-
ti fra immagini narrate, sensazioni provate, ricordi significativi e fram-
menti di autoconoscenze ricostruite nel corso del lavoro terapeutico.
I. Poiché non esiste la possibilità di un accesso diretto alle proprie conoscenze
inconsapevoli, la loro ricostruzione passa essenzialmente attraverso un processo indi-
retto e inferenziale. Il paziente viene invitato a porsi nella posizione di un osservatore
estemo a se stesso, ad adottare metodologie di auto-osservazione (rispetto ai propri
comportamenti, pensieri, stati d’animo, emozioni) tentando di costruire a posteriori
ipotesi esplicative su propri contenuti o processi conoscitivi non compresi in quanto
non rappresentabili direttamente nella coscienza (Cionini, 1991).
389
PSICOLOGlA CLINICA i
Per risultare efficace ai fini del cambiamento, l’acquisizione di
nuove conoscenze su di sé non può essere esclusivamente razionale,
ma deve essere sentita e rivissuta emotivamente. Una persona può
comprendere razionalmente molte cose relativamente al modo in cui
funzionano i propri processi psichici, senza che questo induca cam-
biamenti interni significativi. Un conto, ad esempio, è capire teorica-
mente che molti dei propri problemi attuali derivano da determinate
interazioni avute con i genitori durante l’infanzia, un altro è riuscire -
con le attuali potenzialità cognitive - a riattivare e rivivere nel setting
terapeutico le sensazioni di abbandono, ostilità o paura che pur aven-
do caratterizzato gran parte di quel periodo di vita non sono state
espresse e sono state quindi inibite e mascherate. È prevalentemente
attraverso questo percorso che la modalità di rappresentarsi quelle
esperienze, una volta ricostruite a livello di coscienza, può andare in-
contro ad un processo di riorganizzazione che può tradursi in una
modifica dei significati personali.
Per facilitare il paziente nel passaggio dal capire al sentiie posso-
no essere utilizzate tecniche specifiche di lavoro sulle emozioni ed un
uso differenziato del setting con l’utilizzazione, in determinati mo-
menti, di una poltrona reclinabile (cfr. PARR. 20.2.2 e 20.2.7).
All’intemo di questa cornice teorico-metodologica la lunghezza
media di un trattamento psicoterapeutico è di circa tre-quattro anni
(con frequenza settimanale delle sedute), pur au’interno di un’ampia
variabilità individuale.
20.2.1.Le prime sedute
La prima seduta, oltre che alla definizione del contratto terapeutico, è
dedicata alla raccolta dei dati relativi alle problematiche presentate
dal paziente, analizzando soprattutto le caratteristiche del disagio at-
tuale e la sua evoluzione nel tempo. Le sedute immediatamente suc-
cessive (mediamente tre) vengono utilizzate per raccogliere ulteriori
informazioni sul paziente, ripercorrendo la sua storia di vita.
Prima di iniziare il trattamento è necessario che il terapeuta di-
sponga di un insieme di dati per inquadrare il problema del paziente
e le caratteristiche organizzative del suo sistema di conoscenza in
modo da formulare alcune ipotesi esplicative sui possibili processi di
scompenso determinanti l’attuale disagio emotivo e il significato dei
sintomi nella logica interna al suo sistema conoscitivo. Ipotesi che
non verranno comunicate al paziente, ma utilizzate per la definizione
della strategia del processo terapeutico.
La raccolta dei dati sulla storia di vita avviene seguendo un per-
390
20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA
corso cronologico a ritroso, dai ricordi più lontani-dell’infanzia fino a
q u a più recenti. Particolare attenzione viene prestata alle prime fasi
dello sduppo, poiché è in questo periodo della vita che vengono co-
struite quelle strutture fondamentali dell’identità (in particolare gli
schemi di attaccamento) che influenzeranno e condizioneranno gh
sviluppi successivi. Ciò che interessa sono i ricotdi che il paziente ha
della sua storia, così come egli se l’è costruita ed è in grado di rap-
presentarsela nel presente, senza porsi il problema della “verità ogget-
tiva” dei fatti narrati (cfr. Cionini, 1996).
20.2.2. Struttura spaziale del setting
Usualmente, nell’ambito della psicoterapia cognitiva, paziente e tera-
peuta interagiscono stando seduti l’uno di fronte all’altro’. La scelta
della posizione frontale trasmette una precisa comunicazione semanti-
ca: il messaggio di una parità di ruoli nel lavoro che si sta svolgendo,
di uno stile collaborativo d’interno del quale entrambe i partecipanti
rivestono un ruolo attivo nella ricerca di soluzioni e di significati che
nessuno dei due possiede a priori.
La posizione frontale, privilegiando la comunicazione verbale, ri-
sulta adeguata in numerosi momenti dell’iter terapeutico, ma presen-
ta, a mio avviso, limiti non inddferenti quando ci si proponga di la-
vorare più direttamente sul piano delle emozioni. Personalmente, ri-
tengo che una maggiore flessibilità del setting possa renderlo più
congruente ai diversi tipi di comunicazione di volta in volta più fun-
zionali agli obiettivi perseguiti durante l’iter terapeutico. Talvolta, ad
esempio, l’utilizzazione di una poltrona reclinabile, su cui il paziente
può essere invitato a sdraiarsi mentre il terapeuta si dispone al suo
fianco con la sedia orientata verso di lui, risulta più funzionale.
Questa diversa disposizione spaziale può indurre nel paziente un
allentamento dei processi di controllo sia rispetto all’interazione(con
l’ehminazione del contatto oculare),sia rispetto all’ambiente (attraver-
so la richiesta di chiudere gli occhi) e facilitare una sua maggiore at-
tenzione ai propri segnali corporei e alle proprie sensazioni emozio-
nali. Facilitando l’attivazione di processi di pensiero più lassi e meno
legati alla logica della razionalità, incrementandole sensazione di vici-
2 . La maggior parte degli psicoterapeuti cognitivisti, anche ad orientamento co-
struttivista,utilizza esclusivamentela posizione frontale nel setting clinico affrontando,
sempre, anche le tematiche emozionali a partire dal canale linguistico. Modalità di-
verse di utilizzazione del setting rappresentano una prassi meno comune (cfr. Conti,
1996).
391
PSICOLOGIA CLINICA
nanza e di possibile comunicazione emotiva con il terapeuta, questa
posizione è particolarmente efficace per permettere al paziente di rivi-
vere, nel setting, situazioni reah o immaginative connotate da un’in-
tema valenza emotiva.
20.2.3. L’intervento terapeutico: aspetti strategici
Essendo ogni persona unica nelle sue peculiarità, ogni psicoterapia
costituisce una storia a sé. Non esistono criteri standard per definire
a priori un percorso,psicoterapeutico, ma è la raccolta iniziale dei
dati che consente al terapeuta di delineare un percorso ideale, ipoteti-
camente funzionale a quello specifico paziente (Cionhi, 1996, rggra).
Stabiliti con il paziente gli obiettivi di cambiamento, il terapeuta pro-
gramma le linee generali della strategia d’intervento definendo quali
aspetti strutturali e funzionali del suo sistema conoscitivo necessitino
di una ristrutturazione - per un maggiore e più stabile equilibrio in-
temo - e la successione temporale delle fasi del trattamentb, owero
su quali aspetti lavorare prioritariamente e su quali altri in un secon-
do momento per raggiungere i cambiamenti ipotizzati. Le domande
che si pongono al terapeuta sono essenzialmente due: è opportuno
affrontare, fin dall’inizio, i problemi connessi con gli schemi nucleari
del sistema conoscitivo del paziente (le strutture dell’identità persona-
le) o è invece preferibile occuparsi degli aspetti più periferici? Co-
munque, di quali in particolare? Su quale tipo di conoscenza è prefe-
ribile iniziare a lavorare, su quella semantico-dichiarativa, su quella
procedurale o su quella affettivo-immaginativa?
20.2.4. Le fasi iniziali del trattamento
Frequentemente accade che nelle fasi iniziali di una psicoterapia si
decida di intervenire su aspetti periferici, piuttosto che nucleari, del
sistema conoscitivo. Tale scelta è suggerita dal rischio di attivare nel
paziente forti resistenze al cambiamento o di indurre troppo precoce-
mente modhche nelle strutture dell’identità personale che - in assen-
za di altem.ative - provochino situazioni di scompenso.
Nella maggior parte dei casi, le prime fasi del trattamento sono
dedicate ad un processo di auto-osservazione (più o meno struttura-
to) delle proprie emozioni, dei propri pensieri e degli eventi (estemi
o intemi) connessi con situazioni soggettivamente rilevanti. Al pazien-
te viene chiesto di porre attenzione agli awenimenti emotivamente
più significativi della settimana e alle modahtà con cui li costruisce
39 2
2 O. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA
piano emozionale e concettuale e di riportarli nella seduta succes-
&a per discuteme con il terapeuta. In questa sede le auto-osservazio-
ni vengono analizzate in funzione di diversi obiettivi.
I. Mostrare al paziente come le modalità che utilizza per costruire la
propria esperienza siano strettamente soggettive e vengano determina-
te dalle proprie strutture personali.
2. Fargli riconoscere alcuni dei suoi schemi conoscitivi e i loro rap-
porti di interazione.
3. Far& comprendere che nessuna emozione nasce dal caso, è de-
terminata esclusivamente da eventi esterni, è concettualizzabile solo
in termini fisiologici o si concretizza misteriosamente e indipendente-
mente da sé.
Con questo approccio, il terapeuta si propone di aiutare il pazien-
te nel processo di ricostruzione della logica propria al suo sistema.
Tale metodologia, di tipo inferenziale, si basa prevalentemente sulla
comunicazione linguistico-verbale. Anche se è possibile che alcune
delle “scoperte” attivate inducano intense reazioni emozionali, il lavo-
ro si svolge principalmente sul piano concettuale ed è pertanto indi-
cato per quei pazienti che - per la loro tendenza al “controllo” e per
le difficoltà a “giocare” sul piano delle emozioni - comunicano più
facilmente a questo livello.
In altre situazioni, può essere invece preferibile impostare il lavo-
ro sul piano emozionale privilegiando gli aspetti affettivi della relazio-
ne terapeutica. Porre al primo posto, nella gerarchia temporale degli
obiettivi, la relazione risulta essenziale quando il paziente mostra dif-
fidenza e difficoltà a definire rapporti significativi con & altri e con-
seguentemente anche con il terapeuta. Usualmente questi pazienti
hanno avuto, nei primi anni di vita, rapporti con le figure primarie di
attaccamento caratterizzati da un sostanziale disinteresse, da mancan-
za di disponibilità all’accudimento o anche da nfiuto e aperta ostilità.
Si sono così costruiti una percezione di sé come “persona non amata,
perché non degna dell’amore di nessuno” e di conseguenza una pre-
visione rispetto alle relazioni caratterizzata dalla sfiducia in un possi-
bile reale interesse nei propri confronti. Per sottrarsi a quel fallimen-
to (e alle conseguenti sensazioni dolorose di delusione o perdita) pre-
visto come ineluttabile, l’atteggiamento del paziente diviene di
evitumento attivo di qualsiasi coinvolgimento affettivo.
In una situazione di questo tipo, la sensazione è che qualsiasi in-
tervento terapeutico sia inutile se prima il paziente non riesce a co-
struirsi come possibile un futuro diverso e ciò può concretizzarsi sol-
tanto attraverso l’invalidazione dell’assunto: ‘‘è impossibile che qual-
~
393
PSICOLOGIA CLlNICA
cuno si interessi tealmente a me e sia disponibile nei miei confronti”.
La valenza della relazione con il terapeuta diviene allora sostanziale,
poiché soltanto se il paziente si permette di fidarsi realmente di lui
costruendolo come persona emotivamente ed affettivamente disponi-
bile (pur all’interno delle regole del setting) diventa possibile attivare
il processo di cambiamento.
Normalmente gli aspetti sintomatici non sono presi in considera-
zione d’inizio della psicoterapia. Anche successivamente,comunque,
i sintomi non vengono trattati direttamente essendo la loro analisi fi-
nalizzata a far cogliere al paziente il loro significato e la funzione che
svolgono ai fini del mantenimento dell’equilibrio personale. L’unica
eccezione è costituita dalla sintomatologia da attacchi dipanico quan-
do questa si presenti senza evidenti fluttuazioni giornaliere. In questa
situazione diventa possibile un iniziale intervento sintomatico teso a
incrementare il livello di autonomia personale del paziente (cfr. Cio-
nini, Mattei, 1991).Questa scelta è sostenuta da due tipi di conside-
razioni:
a) esistono procedure terapeutiche che, senza entrare in contraddi-
zione logica con un intervento sui significati, sono efficaci nell’indurre
una diminuzione della sintomatologia in tempi rapidi;
b) spesso, questi pazienti sono talmente concentrati sul loro malesse-
re da non riuscire a leggere qualsiasi altra situazione problematica. La
riduzione dei sintomi permette al paziente di porre attenzione anche
ad altri aspetti della propria vita, facendo emergere alcune delle pro-
blematiche (spesso connesse d e relazioni con le attuali figure di at-
taccamento) all’origine della sintomatologia.
20.2.5. Cambiamento e presa di coscienza
Il cambiamento strutturale prevede come tappa intermedia (necessa-
ria ma non sufficiente) la presa di coscienza (la rappresentazione nel-
l’ambito della conoscenza consapevole) da parte del paziente degli
schemi inconsapevoli o automatici da lui utilizzati nella costruzione
dell’esperienza. Nell’ottica cognitiva, è essenziale che questo processo
venga attuato autonomamente dal paziente e non comunicato - tra-
mite l’interpretazione- dal terapeuta.
Poiché la maggior parte dei processi di costruzione della realtà si
svolge in modo inconsapevole, la modifica del sistema, e in particola-
re delle sue strutture sovraordinate, non è effettuabile operando sol-
tanto sul piano della coscienza. Essa implica una graduale messa in
atto e sperimentazione di schemi alternativi a quelli riconosciuti non
394
20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA
funzionali dal paziente, che sostituiscano i precedenti, tornando ad
operare in modo inconsapevole ed automatico.
20.2.6. Tecniche di intervento: il metodo maieutico
Maieutica è il termine che definisce il metodo utilizzato da Socrate
per aiutare i suoi discepoli a “partorire la verità”. Questo metodo
consisteva nel porre domande in modo tale da indurre l’interlocutore
a trovare autonomamente la “verità”.
La metodologia maieutica utilizzata in psicoterapia cognitiva cor-
risponde perfettamente, nei suoi presupposti generali, all’approccio
socratico, intendendo per “verità” quella soggettiva e non quella on-
tologica. L’obiettivo è aiutare il paziente a prendere coscienza delle
proprie strutture di conoscenza automatiche ed inconsce esprimibili
verbalmente e delle relazioni intercorrenti fra esse. L’analisi è condot-
ta mediante un processo prevalentemente inferenziale, inducendo il
paziente ad osservarsi, assumendo il punto di vista di un osservatore
esterno.
Nel condurre questo lavoro è necessario che il terapeuta metta da
parte sia i propri personali processi logici, sia i principi generali di
una logica astrattamente razionale, per immedesimarsi nella “logica”
del paziente, limitandosi ad accompagnarlo durante il processo di ri-
costruzione interna. Assumendo provvisoriamente come valida qual-
siasi sua asserzione e gli assunti via via identificati, il terapeuta si limi-
ta ad aiutarlo a verificarne la verità intema (la non contraddittorietà
rispetto ad altre parti del suo sistema di conoscenza) e, di fronte al-
l’emergere di eventuali incoerenze, lo aiuta a ricostruirne un possibile
significato.
Presupposto base di questo lavoro è che nel suo complesso qual-
siasi sistema conoscitivo presenti una propria logica interna stretta-
mente coerente. Le contradduioni che emergono risultano sempre in-
terpretabili e risolvibili quando si colgano i principi sovraordmati che
garantiscono la coerenza complessiva dell’intero sistema.
Di fronte ad un’incoerenza, quindi, il terapeuta evita di “schie-
rarsi” per una delle alternative presentate (ad esempio quella più ra-
zionale),ma sottolinea come qualsiasi convinzione o schema apparen-
temente irrazionale, se presente nel sistema, ha necessariamente una
sua ragion d’essere (se esiste è funzionale a qualche obiettivo perso-
nale, anche non evidente) e invece di indurre il paziente a “combatte-
re” le sue costruzioni irrazionali, lo stimola a comprendere gh scopi, i
desideri, i bisogni affettivi cui corrispondono.
395
PSICOLOGIA CLINICA
20.2.7. Tecniche di intervento: il lavoro sulle emozioni
Trattando le emozioni, si è già detto che la ricerca psicologica tende
a considerarle attività cognitive autonome - anche se interagenti con
il sistema concettuale - codificate in memoria medante specifici codi-
ci non uerbali, dotate di una funzione adattiva derivante da meccani-
smi biologici innati e quindi veicolo di informazioni vitali per l’indi-
viduo.
La specificità di codice della conoscenza emozionale fa sì che un
intervento terapeutico basato esclusivamentesulla comunicazione ver-
bale e rivolto a una modifica dei processi di elaborazione di significa-
to a livello concettuale possa incidere solo indirettamente e limitata-
mente sulle sue strutture. In alcune fasi del processo puir essere in-
sufficiente “parlare di emozioni”, ma più opportuno ricorrere a
procedure non verbali che permettano al paziente di entrare diretta-
mente in contatto con le sue sensazioni primarie, facendogli rivivere
nel “qui ed ora” del setting le emozioni sulle quah si sta lavorando,
in modo che e& possa calarvisi dentro, focalizzarsi su ciò che sta
provando ed eventualmente tentare di esprimerlo.
Il passaggio dal parlare al sentire è attuabile mediante procedure
di diverso tipo. Uno dei canali preferenziali deriva dall’utilizzazione
della relazione terapeutica a partire dalle emozioni vissute direttamen-
te nel setting rispetto all’interazione. Altre possibili modalità implica-
no il ricorso a tecniche immaginative e a quelle modifiche della strut-
tura del setting (l’utilizzazione di una poltrona reclinabile) di cui si è
parlato nel PAR. 20.2.2.
Sulla poltrona, al paziente può essere chiesto di:
a) concentrarsi sulle proprie sensazioni corporee;
b) concentrarsi su uno specifico stato emotivo determinatosi nel cor-
so della seduta;
c) rappresentarsi immaginativamentesituazioni di vita ripercorrendo-
le come in una sequenza filmica;
6) costruire fantasticamente ipotetiche situazioni di vita reale, emoti-
vamente significative;
e) sviluppare immagini fantastiche da lui utilizzate per esprimere
propri stati dmimo o sviluppare fantasie guidate su temi proposti
dal terapeuta o sogni notturni riportati in terapia (Cionini, 1991a,
1994).
L’obiettivo è comunque lo stesso: aiutare il paziente ad entrare
direttamente in contatto con le proprie sensazioni ed emozioni senza
mediazione linguistica, amplificandolein modo da acquisire maggiore
conoscenza su di esse ed accedere alle informazioni “adattive” della
396
20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA
propria conoscenza emozionale. Affinché questa esperienza risulti
concretamente fruibile, ad essa deve seguire la sua riconcettualizza-
zione verbale. Alla fine di questo processo si torna quindi a “parlare
di emozioni
n
per riflettere su ciò che è awenuto, ricostruirlo in ter-
mini di significato e integrarlo con la propria autoconoscenza verba-
lizzabile e consapevole.
20.2.8. La relazione terapeutica
Il modello concettuale utilizzato per inquadrare il problema della
relazione terapeutica è, come già detto, la teoria dell’attaccamento di
John Bowlby. I1 fatto &e il rapporto psicoterapefitico scaturisca da
una situazione di crisi esistenziale e inizi con una richiesta di aiuto
favorisce lo strutturarsi della relazione in termini di attaccamento.
All’inizio, il paziente può riuscire a costruirsi il terapeuta come
“persona in grado di comprenderlo” e quindi come “persona emoti-
vamente e professionalmente affidabile”. Solo in un secondo momen-
to è possibile che l’interazione si trasformi in una vera e propria rela-
zione di attaccamento. In tale contesto il paziente attiverà i propri
schemi cognitivo-emotivi applicandoli al terapeuta tendenzialmente
nella forma che hanno raggiunto nell’oggi in seguito alle proprie
esperienze relazionah-affettive primarie e successive, costruendo in
coerenza con essi sia i propri comportamenti nei suoi confronti, sia
l’interpretazione dei comportamenti di quest’ultimo.
Uno degli obiettivi primari diviene allora quello di far leggere al
paziente le modalità con cui egli tende a porsi in questa specifica re-
lazione affettiva, per aiutarlo a ricostruire le caratteristiche dei propri
schemi di attaccamento. Grazie alla maggiore consapevolezza acquisi-
ta rispetto a sé, il paziente può quindi essere incoraggiato nella rico-
struzione dei propri ricordi d’infanzia e di relazione affettiva con le
diverse figure di attaccamento, in modo da poter riconsiderare i pro-
cessi attraverso cui si è strutturata la propria identità personale e rive-
dere sotto nuova luce la propria immagine di sé.
La relazione può essere inoltre utilizzata per facilitare una ristrut-
turazione degli schemi di attaccamento e di identità, poiché all’inter-
no del setting possono essere offerte al paziente occasioni concrete di
sperimentare stili di rapporto affettivo diversi da quelli che e& è soli-
to definire, anche se il terapeuta non può pensare di presentare mo-
dalità interattive definibili di per sé tnighori rispetto a quelle che il
paziente ha utilizzato fino a quel momento. Nella misura in cui gli
schemi del paziente tendono a determinare aspettative rigide e stereo-
tipe su se stesso e sul terapeuta, quest’ultimo può riuscire a far sì che
397
PSICOLOGIA CLINICA
il paziente giunga ad invalidarle costruendo fatti incongruenti con tali
aspettative. Ad esempio, un paziente fortemente inibito dalle figure di
attaccamento nella manifestazione delle proprie emozioni - partico-
larmente se negative o aggressive - con minacce di abbandono o ri-
fiuto, può essere implicitamente incoraggiato dal terapeuta a porsi in
modo critico o aggressivo nei suoi confronti, qualora provi tali sensa-
zioni. La possibilità di esprimere esplicitamente emozioni negative e
di contrapporsi alla figura di riferimento, senza andare incontro a
un’esperienza di perdita, permette al paziente di sperimentare situa-
zioni alternative a quelle vissute, invalidando le aspettative di un sicu-
ro rifiuto.
20.3
Il cambiamento nell’ottica costruttivista
Possiamo concludere tomando sulla definizione di cambiamento tera-
peutico nell’ottica costruttivista accennata trattando i concetti di com-
penso e scompenso. Obiettivo del processo terapeutico 2: l’incremen-
to della “complessità”del sistema conoscitivo del paziente e delle sue
competenze nel costruire in maniera flessibile le proprie esperienze di
vita.
L’aumento di complessità si attua attraverso l’incremento dell’arti-
colazione, della differenziazione e dell’integrazione gerarchica delle
strutture del sistema, che deve tradursi anche nell’incremento della
sua coerenza intema. La conseguenza per il paziente si concretizza in
una maggiore capacità e flessibilita
a) nell’utilizzare le informazioni potenzialmente disponibili nell’am-
biente per effettuare le sue costruzioni;
6) nel formulare anticipazioni degh eventi, funzionali ai propri
obiettivi;
c) nell’accogliere le invalidazioni e modificare le proprie strutture in
rapporto ad esse;
4 nell’attribuire nuovi significati a& eventi di vita, in particolare a
quelli che precedentemente minacciavano il suo equilibrio interno.
In sintesi, la psicoterapia nell’ottica costruttivista può essere de-
scritta, assimilandola al modello di sviluppo proposto da Karmiloff-
Smith (1995)’come un processo mediante il quale le rappresen-
tazioni del paziente divengono progressivamente più flessibili e
manipolabili attraverso fasi successive di “ridescrizione rappresenta-
zionale” che permettano la costruzione consapevole di conoscenze e
teorie che funzionavano autonomamente, in modo da renderle di-
sponibili ad altre parti del sistema cognitivo, integrandosi e crean-
398
20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA
do collegamenti, sia d’interno dello stesso dominio di conoscenza,
sia fra domini diversi. fi attraverso questo processo di integrazione
che il paziente può raggiungere un nuovo equilibrio dinamico che
gli permetta ch rappresentarsi più chiaramente (in modo esplicito o
implicito) i propri scopi personali ai diversi livelli gerarchici, di co-
struire anticipazioni che tengano conto contemporaneamente delle
proprie esigenze affettive, delle proprie convinzioni semantiche e
delle proprie tendenze comportamentali e adottare strategie cogniti-
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dei propri obiettivi di vita.
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  • 1. 2 0 La psicoterapia cognitivo-costruttivista* ’ 20.1 Normalità e psicopatologia: il concetto di compenso-scompenso di un sistema di conoscenza Nell’ottica cognitiva, la funzione fondamentale di ogni sistema indivi- duale di conoscenza può essere considerata la capacità di costruire anticipazioni (previsioni) rispetto a ciò che potrà accadere dentro di sé ed intorno a sé, così da poter programmare adeguatamente le pro- prie azioni in funzione degli scopi attivati in ogni specifico momento (cfr. PAR. 3.4).Le previsioni costruite possono essere più o meno “vere”, rispetto alla realtà ontologica, ma ciò che conta non è la loro maggiore o minore “verità”, quanto il fatto che rappresentino dei modelli utili per muoversi ed orientarsi all’interno del proprio mon- do. Talvolta le nostre previsioni sono invalidate dai vincoli della realtà ed è proprio grazie a questa invahdazione che è possibile arricchire il sistema di conoscenza di nuove informazioni, articolando e comples- sificando i nostri modelli rappresentativi del mondo. Condizione fon- damentale è che l’invahdazione venga riconosciuta ed accolta come ‘ tale e che il sistema sia in grado di adattare le proprie strutture cono- scitive ai nuovi dati. Attraverso questo processo il sistema può andare incontro ad uno sduppo e ad una crescita personale. Da queste premesse è possibile affermare che l’efficienza,la capa- cità di adattamento alla realtà, la salute, l’equilibrio (la normulitù) di un sistema sono strettamente connessi con la sua capacità di: a) costruire modelli percorribili del mondo; b) formulare anticipazioni degli eventi funzionali al raggiungimento o all’eventuale modifica dei propri obiettivi; * Questo capitolo i stato scritto da Lorenzo Cionini. Per i Riferimenti biblio- gru& cfr. le pp. 69-71 dd CAP. 3. 387
  • 2. PSICOLOGIA CLINICA c) accogliere le falsificazioni e modificarsi di conseguenza, in modo da produrre nuove previsioni utilizzabili per gli stessi scopi. La definizione di patologia è perfettamente speculare a quanto so- pra esposto. Tuttavia i concetti di normalità e di patologia non sono rappresentabili nei termini di una dicotomia: nessun sistema, infatti, è sempre in grado di svolgere adeguatamente queste funzioni, così come non è del tutto incapace di farlo. Per questa ragione, nell’ottica cognitiva si preferisce utilizzare i concetti dinamici - legati al divenire individuale - di compenso e scompenso, anziché quelli statici di nor- malità e psicopatologia. Ogni sistema conoscitivo evolve gradualmenteverso livelli di mag- giore complessità e ordine interno cercando costantemente di mante- nere un proprio equilibrio owero la propria coerenza sistemica. Tale equihbrio non può considerarsi raggiunto una volta per tutte, poiché deve ristrutturarsi continuamente in rapporto alle validazioni e invali- dazioni cui va incontro nella sua relazione con il mondo, mantenendo integro il senso dell’identità personale (Guidano, 1988). Un processo di crisi o di scompenso può verificarsi quando nel confronto con la realtà alcuni schemi nucleari (sovraordinati) connessi con l’identità personale affrontano un processo di invalidazione che determina la necessità a un riordinamento complessivo talmente ampio da supera- re le loro capacità di ristrutturazione. , 20.2 L’intervento terapeutico La cornice all’intemo della quale si articola il processo terapeutico, nell’ottica costruttivista, è esemplificabile mediante la metafora origi- nariamente proposta da Kelly (1955) dell’uomo come scienziato. Il la- voro terapeutico è concettualizzato come un processo di ricerca al- l’interno del quale paziente e terapeuta svolgono i ruoli distinti e complementari rispettivamente di ricercatore e di supervisore alla ri- cerca. La metafora definisce le competenze specifiche di ciascuno dei due membri della relazione: il paziente è l’esperto rispetto all’oggetto della ricerca (il suo sistema di conoscenza, le sue sensazioni, i suoi pensieri, le sue emozioni ecc.) poiché è l’unico ad avere la possibilità di un contatto diretto con esso; il terapeuta è l’esperto rispetto al me- todo e il suo compito è quello di suggerire gli strumenti, le procedu- re e i tempi per portare avanti l’intero processo. In questo lavoro la logica è quella della ricerca scientifica: non esistono verità, ma solo ipotesi, più o meno attendibili, che devono essere verificate, ipotesi che saranno considerate valide (il che non significa necessariamente
  • 3. 20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA vere) solo nella misura in cui non si riesca a invalidarle e il paziente le viva come coerenti con le altre regole del suo sistema di conoscen- za e congruenti con le sue sensazioni emotive. L’obiettivo della ricerca è la ricostruzione delle caratteristiche de- gli schemi prevalenti del sistema di conoscenza del paziente, della loro influenza sul suo comportamento e dei processi di costruzione dei significati.Alcune di queste strutture e di questi processi sono più facilmente accessibili per la coscienza, altri più difficili o addirittura impossibili da rappresentare a questo livello. Ad esempio i processi intemi che fanno sì che - in un determinato momento - un individuo si comporti nella relazione con un altro precisamente come si sta comportando possono raggiungere il livello della consapevolezza solo in minima parte. Al massimo, focahzando l’attenzione sui propri comportamenti, è possibile essere consapevoli de& obiettivi generah che li guidano, ma la scelta specifica delle parole pronunciate, della gestualità, della mimica e delle emozioni che li accompagnano deriva- no da un insieme complesso di processi intemi che, per la contempo- raneità e la rapidità del loro svolgersi e per l’automatismo che li con- traddistingue, non sono e non possono essere consapevoli. I1 processo di autoconoscenza comporta quindi spesso il tentativo di ricostruire, a posteriori, e in termini inferenziali I, processi messi in atto al di fuori della consapevolezza. Comunque, sia che ci si proponga di ricostruire strutture cono- scitive più facilmente accessibili alla coscienza o strutture della cono- scenza non consapevole, è il paziente stesso che dovrà effettuare la ricostruzione delle conoscenze relative a se stesso. Compito del tera- peuta è aiutarlo ed accompagnarlo nel percorso di autoconoscenza, indirizzandolo (spingendolo a “guardare”) nelle direzioni potenzial- mente più utili e sostenendolo nei momenti emotivamente più diffici- li, senza offrire proprie interpretazioni o conoscenze “preconfeziona- te”. Anche quando si lavori su materiali altamente simbolici, com‘e i sogni notturni, è compito del paziente formulare le interpretazioni, mentre il terapeuta si limiterà a facilitarle proponendogli accostamen- ti fra immagini narrate, sensazioni provate, ricordi significativi e fram- menti di autoconoscenze ricostruite nel corso del lavoro terapeutico. I. Poiché non esiste la possibilità di un accesso diretto alle proprie conoscenze inconsapevoli, la loro ricostruzione passa essenzialmente attraverso un processo indi- retto e inferenziale. Il paziente viene invitato a porsi nella posizione di un osservatore estemo a se stesso, ad adottare metodologie di auto-osservazione (rispetto ai propri comportamenti, pensieri, stati d’animo, emozioni) tentando di costruire a posteriori ipotesi esplicative su propri contenuti o processi conoscitivi non compresi in quanto non rappresentabili direttamente nella coscienza (Cionini, 1991). 389
  • 4. PSICOLOGlA CLINICA i Per risultare efficace ai fini del cambiamento, l’acquisizione di nuove conoscenze su di sé non può essere esclusivamente razionale, ma deve essere sentita e rivissuta emotivamente. Una persona può comprendere razionalmente molte cose relativamente al modo in cui funzionano i propri processi psichici, senza che questo induca cam- biamenti interni significativi. Un conto, ad esempio, è capire teorica- mente che molti dei propri problemi attuali derivano da determinate interazioni avute con i genitori durante l’infanzia, un altro è riuscire - con le attuali potenzialità cognitive - a riattivare e rivivere nel setting terapeutico le sensazioni di abbandono, ostilità o paura che pur aven- do caratterizzato gran parte di quel periodo di vita non sono state espresse e sono state quindi inibite e mascherate. È prevalentemente attraverso questo percorso che la modalità di rappresentarsi quelle esperienze, una volta ricostruite a livello di coscienza, può andare in- contro ad un processo di riorganizzazione che può tradursi in una modifica dei significati personali. Per facilitare il paziente nel passaggio dal capire al sentiie posso- no essere utilizzate tecniche specifiche di lavoro sulle emozioni ed un uso differenziato del setting con l’utilizzazione, in determinati mo- menti, di una poltrona reclinabile (cfr. PARR. 20.2.2 e 20.2.7). All’intemo di questa cornice teorico-metodologica la lunghezza media di un trattamento psicoterapeutico è di circa tre-quattro anni (con frequenza settimanale delle sedute), pur au’interno di un’ampia variabilità individuale. 20.2.1.Le prime sedute La prima seduta, oltre che alla definizione del contratto terapeutico, è dedicata alla raccolta dei dati relativi alle problematiche presentate dal paziente, analizzando soprattutto le caratteristiche del disagio at- tuale e la sua evoluzione nel tempo. Le sedute immediatamente suc- cessive (mediamente tre) vengono utilizzate per raccogliere ulteriori informazioni sul paziente, ripercorrendo la sua storia di vita. Prima di iniziare il trattamento è necessario che il terapeuta di- sponga di un insieme di dati per inquadrare il problema del paziente e le caratteristiche organizzative del suo sistema di conoscenza in modo da formulare alcune ipotesi esplicative sui possibili processi di scompenso determinanti l’attuale disagio emotivo e il significato dei sintomi nella logica interna al suo sistema conoscitivo. Ipotesi che non verranno comunicate al paziente, ma utilizzate per la definizione della strategia del processo terapeutico. La raccolta dei dati sulla storia di vita avviene seguendo un per- 390
  • 5. 20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA corso cronologico a ritroso, dai ricordi più lontani-dell’infanzia fino a q u a più recenti. Particolare attenzione viene prestata alle prime fasi dello sduppo, poiché è in questo periodo della vita che vengono co- struite quelle strutture fondamentali dell’identità (in particolare gli schemi di attaccamento) che influenzeranno e condizioneranno gh sviluppi successivi. Ciò che interessa sono i ricotdi che il paziente ha della sua storia, così come egli se l’è costruita ed è in grado di rap- presentarsela nel presente, senza porsi il problema della “verità ogget- tiva” dei fatti narrati (cfr. Cionini, 1996). 20.2.2. Struttura spaziale del setting Usualmente, nell’ambito della psicoterapia cognitiva, paziente e tera- peuta interagiscono stando seduti l’uno di fronte all’altro’. La scelta della posizione frontale trasmette una precisa comunicazione semanti- ca: il messaggio di una parità di ruoli nel lavoro che si sta svolgendo, di uno stile collaborativo d’interno del quale entrambe i partecipanti rivestono un ruolo attivo nella ricerca di soluzioni e di significati che nessuno dei due possiede a priori. La posizione frontale, privilegiando la comunicazione verbale, ri- sulta adeguata in numerosi momenti dell’iter terapeutico, ma presen- ta, a mio avviso, limiti non inddferenti quando ci si proponga di la- vorare più direttamente sul piano delle emozioni. Personalmente, ri- tengo che una maggiore flessibilità del setting possa renderlo più congruente ai diversi tipi di comunicazione di volta in volta più fun- zionali agli obiettivi perseguiti durante l’iter terapeutico. Talvolta, ad esempio, l’utilizzazione di una poltrona reclinabile, su cui il paziente può essere invitato a sdraiarsi mentre il terapeuta si dispone al suo fianco con la sedia orientata verso di lui, risulta più funzionale. Questa diversa disposizione spaziale può indurre nel paziente un allentamento dei processi di controllo sia rispetto all’interazione(con l’ehminazione del contatto oculare),sia rispetto all’ambiente (attraver- so la richiesta di chiudere gli occhi) e facilitare una sua maggiore at- tenzione ai propri segnali corporei e alle proprie sensazioni emozio- nali. Facilitando l’attivazione di processi di pensiero più lassi e meno legati alla logica della razionalità, incrementandole sensazione di vici- 2 . La maggior parte degli psicoterapeuti cognitivisti, anche ad orientamento co- struttivista,utilizza esclusivamentela posizione frontale nel setting clinico affrontando, sempre, anche le tematiche emozionali a partire dal canale linguistico. Modalità di- verse di utilizzazione del setting rappresentano una prassi meno comune (cfr. Conti, 1996). 391
  • 6. PSICOLOGIA CLINICA nanza e di possibile comunicazione emotiva con il terapeuta, questa posizione è particolarmente efficace per permettere al paziente di rivi- vere, nel setting, situazioni reah o immaginative connotate da un’in- tema valenza emotiva. 20.2.3. L’intervento terapeutico: aspetti strategici Essendo ogni persona unica nelle sue peculiarità, ogni psicoterapia costituisce una storia a sé. Non esistono criteri standard per definire a priori un percorso,psicoterapeutico, ma è la raccolta iniziale dei dati che consente al terapeuta di delineare un percorso ideale, ipoteti- camente funzionale a quello specifico paziente (Cionhi, 1996, rggra). Stabiliti con il paziente gli obiettivi di cambiamento, il terapeuta pro- gramma le linee generali della strategia d’intervento definendo quali aspetti strutturali e funzionali del suo sistema conoscitivo necessitino di una ristrutturazione - per un maggiore e più stabile equilibrio in- temo - e la successione temporale delle fasi del trattamentb, owero su quali aspetti lavorare prioritariamente e su quali altri in un secon- do momento per raggiungere i cambiamenti ipotizzati. Le domande che si pongono al terapeuta sono essenzialmente due: è opportuno affrontare, fin dall’inizio, i problemi connessi con gli schemi nucleari del sistema conoscitivo del paziente (le strutture dell’identità persona- le) o è invece preferibile occuparsi degli aspetti più periferici? Co- munque, di quali in particolare? Su quale tipo di conoscenza è prefe- ribile iniziare a lavorare, su quella semantico-dichiarativa, su quella procedurale o su quella affettivo-immaginativa? 20.2.4. Le fasi iniziali del trattamento Frequentemente accade che nelle fasi iniziali di una psicoterapia si decida di intervenire su aspetti periferici, piuttosto che nucleari, del sistema conoscitivo. Tale scelta è suggerita dal rischio di attivare nel paziente forti resistenze al cambiamento o di indurre troppo precoce- mente modhche nelle strutture dell’identità personale che - in assen- za di altem.ative - provochino situazioni di scompenso. Nella maggior parte dei casi, le prime fasi del trattamento sono dedicate ad un processo di auto-osservazione (più o meno struttura- to) delle proprie emozioni, dei propri pensieri e degli eventi (estemi o intemi) connessi con situazioni soggettivamente rilevanti. Al pazien- te viene chiesto di porre attenzione agli awenimenti emotivamente più significativi della settimana e alle modahtà con cui li costruisce 39 2
  • 7. 2 O. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA piano emozionale e concettuale e di riportarli nella seduta succes- &a per discuteme con il terapeuta. In questa sede le auto-osservazio- ni vengono analizzate in funzione di diversi obiettivi. I. Mostrare al paziente come le modalità che utilizza per costruire la propria esperienza siano strettamente soggettive e vengano determina- te dalle proprie strutture personali. 2. Fargli riconoscere alcuni dei suoi schemi conoscitivi e i loro rap- porti di interazione. 3. Far& comprendere che nessuna emozione nasce dal caso, è de- terminata esclusivamente da eventi esterni, è concettualizzabile solo in termini fisiologici o si concretizza misteriosamente e indipendente- mente da sé. Con questo approccio, il terapeuta si propone di aiutare il pazien- te nel processo di ricostruzione della logica propria al suo sistema. Tale metodologia, di tipo inferenziale, si basa prevalentemente sulla comunicazione linguistico-verbale. Anche se è possibile che alcune delle “scoperte” attivate inducano intense reazioni emozionali, il lavo- ro si svolge principalmente sul piano concettuale ed è pertanto indi- cato per quei pazienti che - per la loro tendenza al “controllo” e per le difficoltà a “giocare” sul piano delle emozioni - comunicano più facilmente a questo livello. In altre situazioni, può essere invece preferibile impostare il lavo- ro sul piano emozionale privilegiando gli aspetti affettivi della relazio- ne terapeutica. Porre al primo posto, nella gerarchia temporale degli obiettivi, la relazione risulta essenziale quando il paziente mostra dif- fidenza e difficoltà a definire rapporti significativi con & altri e con- seguentemente anche con il terapeuta. Usualmente questi pazienti hanno avuto, nei primi anni di vita, rapporti con le figure primarie di attaccamento caratterizzati da un sostanziale disinteresse, da mancan- za di disponibilità all’accudimento o anche da nfiuto e aperta ostilità. Si sono così costruiti una percezione di sé come “persona non amata, perché non degna dell’amore di nessuno” e di conseguenza una pre- visione rispetto alle relazioni caratterizzata dalla sfiducia in un possi- bile reale interesse nei propri confronti. Per sottrarsi a quel fallimen- to (e alle conseguenti sensazioni dolorose di delusione o perdita) pre- visto come ineluttabile, l’atteggiamento del paziente diviene di evitumento attivo di qualsiasi coinvolgimento affettivo. In una situazione di questo tipo, la sensazione è che qualsiasi in- tervento terapeutico sia inutile se prima il paziente non riesce a co- struirsi come possibile un futuro diverso e ciò può concretizzarsi sol- tanto attraverso l’invalidazione dell’assunto: ‘‘è impossibile che qual- ~ 393
  • 8. PSICOLOGIA CLlNICA cuno si interessi tealmente a me e sia disponibile nei miei confronti”. La valenza della relazione con il terapeuta diviene allora sostanziale, poiché soltanto se il paziente si permette di fidarsi realmente di lui costruendolo come persona emotivamente ed affettivamente disponi- bile (pur all’interno delle regole del setting) diventa possibile attivare il processo di cambiamento. Normalmente gli aspetti sintomatici non sono presi in considera- zione d’inizio della psicoterapia. Anche successivamente,comunque, i sintomi non vengono trattati direttamente essendo la loro analisi fi- nalizzata a far cogliere al paziente il loro significato e la funzione che svolgono ai fini del mantenimento dell’equilibrio personale. L’unica eccezione è costituita dalla sintomatologia da attacchi dipanico quan- do questa si presenti senza evidenti fluttuazioni giornaliere. In questa situazione diventa possibile un iniziale intervento sintomatico teso a incrementare il livello di autonomia personale del paziente (cfr. Cio- nini, Mattei, 1991).Questa scelta è sostenuta da due tipi di conside- razioni: a) esistono procedure terapeutiche che, senza entrare in contraddi- zione logica con un intervento sui significati, sono efficaci nell’indurre una diminuzione della sintomatologia in tempi rapidi; b) spesso, questi pazienti sono talmente concentrati sul loro malesse- re da non riuscire a leggere qualsiasi altra situazione problematica. La riduzione dei sintomi permette al paziente di porre attenzione anche ad altri aspetti della propria vita, facendo emergere alcune delle pro- blematiche (spesso connesse d e relazioni con le attuali figure di at- taccamento) all’origine della sintomatologia. 20.2.5. Cambiamento e presa di coscienza Il cambiamento strutturale prevede come tappa intermedia (necessa- ria ma non sufficiente) la presa di coscienza (la rappresentazione nel- l’ambito della conoscenza consapevole) da parte del paziente degli schemi inconsapevoli o automatici da lui utilizzati nella costruzione dell’esperienza. Nell’ottica cognitiva, è essenziale che questo processo venga attuato autonomamente dal paziente e non comunicato - tra- mite l’interpretazione- dal terapeuta. Poiché la maggior parte dei processi di costruzione della realtà si svolge in modo inconsapevole, la modifica del sistema, e in particola- re delle sue strutture sovraordinate, non è effettuabile operando sol- tanto sul piano della coscienza. Essa implica una graduale messa in atto e sperimentazione di schemi alternativi a quelli riconosciuti non 394
  • 9. 20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA funzionali dal paziente, che sostituiscano i precedenti, tornando ad operare in modo inconsapevole ed automatico. 20.2.6. Tecniche di intervento: il metodo maieutico Maieutica è il termine che definisce il metodo utilizzato da Socrate per aiutare i suoi discepoli a “partorire la verità”. Questo metodo consisteva nel porre domande in modo tale da indurre l’interlocutore a trovare autonomamente la “verità”. La metodologia maieutica utilizzata in psicoterapia cognitiva cor- risponde perfettamente, nei suoi presupposti generali, all’approccio socratico, intendendo per “verità” quella soggettiva e non quella on- tologica. L’obiettivo è aiutare il paziente a prendere coscienza delle proprie strutture di conoscenza automatiche ed inconsce esprimibili verbalmente e delle relazioni intercorrenti fra esse. L’analisi è condot- ta mediante un processo prevalentemente inferenziale, inducendo il paziente ad osservarsi, assumendo il punto di vista di un osservatore esterno. Nel condurre questo lavoro è necessario che il terapeuta metta da parte sia i propri personali processi logici, sia i principi generali di una logica astrattamente razionale, per immedesimarsi nella “logica” del paziente, limitandosi ad accompagnarlo durante il processo di ri- costruzione interna. Assumendo provvisoriamente come valida qual- siasi sua asserzione e gli assunti via via identificati, il terapeuta si limi- ta ad aiutarlo a verificarne la verità intema (la non contraddittorietà rispetto ad altre parti del suo sistema di conoscenza) e, di fronte al- l’emergere di eventuali incoerenze, lo aiuta a ricostruirne un possibile significato. Presupposto base di questo lavoro è che nel suo complesso qual- siasi sistema conoscitivo presenti una propria logica interna stretta- mente coerente. Le contradduioni che emergono risultano sempre in- terpretabili e risolvibili quando si colgano i principi sovraordmati che garantiscono la coerenza complessiva dell’intero sistema. Di fronte ad un’incoerenza, quindi, il terapeuta evita di “schie- rarsi” per una delle alternative presentate (ad esempio quella più ra- zionale),ma sottolinea come qualsiasi convinzione o schema apparen- temente irrazionale, se presente nel sistema, ha necessariamente una sua ragion d’essere (se esiste è funzionale a qualche obiettivo perso- nale, anche non evidente) e invece di indurre il paziente a “combatte- re” le sue costruzioni irrazionali, lo stimola a comprendere gh scopi, i desideri, i bisogni affettivi cui corrispondono. 395
  • 10. PSICOLOGIA CLINICA 20.2.7. Tecniche di intervento: il lavoro sulle emozioni Trattando le emozioni, si è già detto che la ricerca psicologica tende a considerarle attività cognitive autonome - anche se interagenti con il sistema concettuale - codificate in memoria medante specifici codi- ci non uerbali, dotate di una funzione adattiva derivante da meccani- smi biologici innati e quindi veicolo di informazioni vitali per l’indi- viduo. La specificità di codice della conoscenza emozionale fa sì che un intervento terapeutico basato esclusivamentesulla comunicazione ver- bale e rivolto a una modifica dei processi di elaborazione di significa- to a livello concettuale possa incidere solo indirettamente e limitata- mente sulle sue strutture. In alcune fasi del processo puir essere in- sufficiente “parlare di emozioni”, ma più opportuno ricorrere a procedure non verbali che permettano al paziente di entrare diretta- mente in contatto con le sue sensazioni primarie, facendogli rivivere nel “qui ed ora” del setting le emozioni sulle quah si sta lavorando, in modo che e& possa calarvisi dentro, focalizzarsi su ciò che sta provando ed eventualmente tentare di esprimerlo. Il passaggio dal parlare al sentire è attuabile mediante procedure di diverso tipo. Uno dei canali preferenziali deriva dall’utilizzazione della relazione terapeutica a partire dalle emozioni vissute direttamen- te nel setting rispetto all’interazione. Altre possibili modalità implica- no il ricorso a tecniche immaginative e a quelle modifiche della strut- tura del setting (l’utilizzazione di una poltrona reclinabile) di cui si è parlato nel PAR. 20.2.2. Sulla poltrona, al paziente può essere chiesto di: a) concentrarsi sulle proprie sensazioni corporee; b) concentrarsi su uno specifico stato emotivo determinatosi nel cor- so della seduta; c) rappresentarsi immaginativamentesituazioni di vita ripercorrendo- le come in una sequenza filmica; 6) costruire fantasticamente ipotetiche situazioni di vita reale, emoti- vamente significative; e) sviluppare immagini fantastiche da lui utilizzate per esprimere propri stati dmimo o sviluppare fantasie guidate su temi proposti dal terapeuta o sogni notturni riportati in terapia (Cionini, 1991a, 1994). L’obiettivo è comunque lo stesso: aiutare il paziente ad entrare direttamente in contatto con le proprie sensazioni ed emozioni senza mediazione linguistica, amplificandolein modo da acquisire maggiore conoscenza su di esse ed accedere alle informazioni “adattive” della 396
  • 11. 20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA propria conoscenza emozionale. Affinché questa esperienza risulti concretamente fruibile, ad essa deve seguire la sua riconcettualizza- zione verbale. Alla fine di questo processo si torna quindi a “parlare di emozioni n per riflettere su ciò che è awenuto, ricostruirlo in ter- mini di significato e integrarlo con la propria autoconoscenza verba- lizzabile e consapevole. 20.2.8. La relazione terapeutica Il modello concettuale utilizzato per inquadrare il problema della relazione terapeutica è, come già detto, la teoria dell’attaccamento di John Bowlby. I1 fatto &e il rapporto psicoterapefitico scaturisca da una situazione di crisi esistenziale e inizi con una richiesta di aiuto favorisce lo strutturarsi della relazione in termini di attaccamento. All’inizio, il paziente può riuscire a costruirsi il terapeuta come “persona in grado di comprenderlo” e quindi come “persona emoti- vamente e professionalmente affidabile”. Solo in un secondo momen- to è possibile che l’interazione si trasformi in una vera e propria rela- zione di attaccamento. In tale contesto il paziente attiverà i propri schemi cognitivo-emotivi applicandoli al terapeuta tendenzialmente nella forma che hanno raggiunto nell’oggi in seguito alle proprie esperienze relazionah-affettive primarie e successive, costruendo in coerenza con essi sia i propri comportamenti nei suoi confronti, sia l’interpretazione dei comportamenti di quest’ultimo. Uno degli obiettivi primari diviene allora quello di far leggere al paziente le modalità con cui egli tende a porsi in questa specifica re- lazione affettiva, per aiutarlo a ricostruire le caratteristiche dei propri schemi di attaccamento. Grazie alla maggiore consapevolezza acquisi- ta rispetto a sé, il paziente può quindi essere incoraggiato nella rico- struzione dei propri ricordi d’infanzia e di relazione affettiva con le diverse figure di attaccamento, in modo da poter riconsiderare i pro- cessi attraverso cui si è strutturata la propria identità personale e rive- dere sotto nuova luce la propria immagine di sé. La relazione può essere inoltre utilizzata per facilitare una ristrut- turazione degli schemi di attaccamento e di identità, poiché all’inter- no del setting possono essere offerte al paziente occasioni concrete di sperimentare stili di rapporto affettivo diversi da quelli che e& è soli- to definire, anche se il terapeuta non può pensare di presentare mo- dalità interattive definibili di per sé tnighori rispetto a quelle che il paziente ha utilizzato fino a quel momento. Nella misura in cui gli schemi del paziente tendono a determinare aspettative rigide e stereo- tipe su se stesso e sul terapeuta, quest’ultimo può riuscire a far sì che 397
  • 12. PSICOLOGIA CLINICA il paziente giunga ad invalidarle costruendo fatti incongruenti con tali aspettative. Ad esempio, un paziente fortemente inibito dalle figure di attaccamento nella manifestazione delle proprie emozioni - partico- larmente se negative o aggressive - con minacce di abbandono o ri- fiuto, può essere implicitamente incoraggiato dal terapeuta a porsi in modo critico o aggressivo nei suoi confronti, qualora provi tali sensa- zioni. La possibilità di esprimere esplicitamente emozioni negative e di contrapporsi alla figura di riferimento, senza andare incontro a un’esperienza di perdita, permette al paziente di sperimentare situa- zioni alternative a quelle vissute, invalidando le aspettative di un sicu- ro rifiuto. 20.3 Il cambiamento nell’ottica costruttivista Possiamo concludere tomando sulla definizione di cambiamento tera- peutico nell’ottica costruttivista accennata trattando i concetti di com- penso e scompenso. Obiettivo del processo terapeutico 2: l’incremen- to della “complessità”del sistema conoscitivo del paziente e delle sue competenze nel costruire in maniera flessibile le proprie esperienze di vita. L’aumento di complessità si attua attraverso l’incremento dell’arti- colazione, della differenziazione e dell’integrazione gerarchica delle strutture del sistema, che deve tradursi anche nell’incremento della sua coerenza intema. La conseguenza per il paziente si concretizza in una maggiore capacità e flessibilita a) nell’utilizzare le informazioni potenzialmente disponibili nell’am- biente per effettuare le sue costruzioni; 6) nel formulare anticipazioni degh eventi, funzionali ai propri obiettivi; c) nell’accogliere le invalidazioni e modificare le proprie strutture in rapporto ad esse; 4 nell’attribuire nuovi significati a& eventi di vita, in particolare a quelli che precedentemente minacciavano il suo equilibrio interno. In sintesi, la psicoterapia nell’ottica costruttivista può essere de- scritta, assimilandola al modello di sviluppo proposto da Karmiloff- Smith (1995)’come un processo mediante il quale le rappresen- tazioni del paziente divengono progressivamente più flessibili e manipolabili attraverso fasi successive di “ridescrizione rappresenta- zionale” che permettano la costruzione consapevole di conoscenze e teorie che funzionavano autonomamente, in modo da renderle di- sponibili ad altre parti del sistema cognitivo, integrandosi e crean- 398
  • 13. 20. LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA do collegamenti, sia d’interno dello stesso dominio di conoscenza, sia fra domini diversi. fi attraverso questo processo di integrazione che il paziente può raggiungere un nuovo equilibrio dinamico che gli permetta ch rappresentarsi più chiaramente (in modo esplicito o implicito) i propri scopi personali ai diversi livelli gerarchici, di co- struire anticipazioni che tengano conto contemporaneamente delle proprie esigenze affettive, delle proprie convinzioni semantiche e delle proprie tendenze comportamentali e adottare strategie cogniti- ve, emotive e comportamentah più efficaci per il raggiungimento dei propri obiettivi di vita. 399