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Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - € 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVI - N. 6 - 16 febbraio 2012
Lenin:
non
crogioliamoci
nel nostro
brodo.
Andiamo tra
gli operai PAG. 9
Il presidente del Consiglio al Tg5 e a Matrix
MONTI:
“ADDIO POSTO FISSO.
L’ART. 18
NON È UN TABÙ”“È ovvio che al mio predecessore (Berlusconi)
sono molto riconoscente e lo ringrazio per il
senso di responsabilità”
PRIMA CHE I PROVVEDIMENTI SUL “MERCATO DEL LAVORO”
DIANO UN COLPO MORTALE AI DIRITTI DEI LAVORATORI E DEI GIOVANI
Fermare subito Monti
e la Fornero con lo sciopero
generalePAG. 3
Oltre trenta vittime
sulla coscienza di Monti
STRAGE
PER LA NEVE E
IL GELO
PAG. 2
PAG. 6
RAPPORTO ISTAT
Disoccupati il 31% dei giovani
Tra i più colpiti donne e Mezzogiorno PAG. 7
CRESCONO
LA DISOCCUPAZIONE
E I CONTRATTI
A TERMINE IN TOSCANA
CON UN EMENDAMENTO DELLA LEGA VOTATO ANCHE DAL PDL
E DA UNA CINQUANTINA DI “FRANCHI TIRATORI” DEL PD E DEL TERZO POLO
Golpe piduista alla Camera nera
sulla responsabilità civile
dei giudici
PAG. 13
Con il micidiale piano
ospedaliero di Caldoro e
i tagli del governo Monti
LA SANITÀ
PUBBLICA
IN
CAMPANIA
È ALLO
SFASCIO
PAG. 11
Il senatore (PD) Lusi
ha rubato 13 milioni
all’ex Margherita PAG. 5
Da parte di studenti e precari
CONTESTATA LA
FORNERO A TORINOCariche poliziesche contro un corteo improvvisato
PAG. 3
PER “REPUBBLICA” MARX
ERA UN SOCIALDEMOCRATICO
NON UN COMUNISTA
Lenin: marxismo
e revisionismo
PAG. 4
PAGG. 8-9
Scuderi:
anticapitalisti
confrontatevi
col PMLI e
uniamo
le forze
PAG. 16
2il bolscevico / monti vattene! N. 6 - 16 febbraio 2012
Prima che i provvedimenti sul “mercato del lavoro” diano un colpo mortale ai diritti dei lavoratori e dei giovani
FERMARE SUBITO
MONTI E LA FORNERO
CON LO SCIOPERO GENERALE
Tutte le forze a cui stanno a
cuore gli interessi delle lavo-
ratrici e dei lavoratori devono
prendere atto e agire di conse-
guenza subito, prima che sia
troppo tardi. La “trattativa” go-
verno, Confindustria, sindacati
sui temi del “mercato del lavo-
ro” di cui si è tenuta la secon-
da riunione il 2 febbraio scorso,
presenti i ministri Elsa Forne-
ro, Passera, il sottosegretario al
Welfare Martone, il presidente
di Confindustria, Emma Mar-
cegaglia e i segretari di CGIL,
CISL, UIL Camusso, Bonan-
ni e Angeletti aldilà di fumose
e ingannevoli enunciazioni non
potrà avere alcun esito positivo.
Anzi, le conclusioni che si pro-
spettano potrebbero essere disa-
strose per i diritti dei lavoratori e
dei giovani precari o disoccupati
che siano. Perché non si tratta di
una vera trattativa: è il governo
a stabilire modalità, contenuti,
finalità e tempi. Perché governo
e Confindustria fanno fronte co-
mune per raggiungere gli stes-
si obiettivi. Perché a sostegno
della controriforma liberista del
“mercato del lavoro” è schie-
rato quasi tutto il parlamento, i
mass-media di regime, persino
Scalfari ha imbastito una cam-
pagna su “la Repubblica” per
indurre la CGIL, utilizzando e
strumentalizzando un’intervista
di Lama del 1978, a cedere e a
collaborare col governo per far
digerire ai lavoratori la politica
dei sacrifici richiesta dalla UE
e dalla BCE. Perché i sindaca-
ti non hanno consultato i lavo-
ratori e non li hanno mobilitati
per dare forza alle rivendicazio-
ni avanzate.
D’altronde, le cose dette dal
ministro Fornero, con un piglio
thatcheriano, nella suddetta riu-
nione, sono rivelatrici in questo
senso. “La riforma sul merca-
to del lavoro – ha affermato –
si deve fare in due-tre settima-
ne e senza risorse, ma se non ci
sarà accordo con tutte le parti
sociali, il governo andrà avanti
da solo”. “L’Europa e i merca-
ti ci dicono che è un’occasione
per fare una buona riforma, se
non la cogliamo perdiamo tutti.
Questo tavolo è un dialogo (non
dunque una trattativa, ndr) ma il
governo farà di tutto per pren-
dere il treno e se lo facciamo in-
sieme siamo contenti, altrimen-
ti il governo cercherà comunque
di farlo”. Per non lasciare dubbi,
ha aggiunto: “Niente tavoli, il
nome non mi piace, ma quattro
punti da affrontare assieme… il
governo è disponibile a parlar-
vi congiuntamente o separata-
mente”.
Gli obiettivi del
governo
Sui contenuti della “riforma”
che il governo intende persegui-
re gli obbiettivi sono emersi, a
questo punto, molto chiari; ciò
aldilà di affermazioni di carat-
tere generale come lotta alla di-
soccupazione specie giovani-
le, aumento dell’occupazione
femminile (ma non è detto se a
tempo indeterminato) e via di-
scorrendo, che in questo ambi-
to lasciano il tempo che trovano.
Al primo posto c’è la flessibilità
in uscita, ossia la liberalizzazio-
ne dei licenziamenti attraverso
l’abolizione o la modifica peg-
giorativa dell’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori introdu-
cendo, per dire, il licenziamen-
to individuale per ragioni eco-
nomiche e la riduzione dei casi
in cui si applica il reintegro nel
posto di lavoro. Su questo c’è il
consenso aperto di Confindu-
stria e un’apertura recente del-
la CISL di Bonanni. Un contrat-
to d’inserimento per i giovani
(si chiami unico, prevalente o
di apprendistato nella sostanza
non fa differenza) della durata
di tre anni con diritti e salari ri-
dotti e crescenti nel tempo, sen-
za copertura dell’art. 18 e dun-
que licenziabili con un piccolo
rimborso economico, una man-
cia. La “riforma” degli “am-
mortizzatori sociali” fondata
sulla sola cassa integrazione or-
dinaria con una durata massima
Elsa Fornero e Mario Monti impegnati ad affossare l’art. 18 e più in generale i
diritti dei lavoratori
Due momenti della manifestazione nazionale di Roma nell’ambito dello sciopero generale, il primo contro il governo Monti, indetto dai sindacati non confederali il 27 gennaio scorso
di 12 mesi e poi il licenziamen-
to, e la cancellazione della cassa
integrazione straordinaria e del
periodo di mobilità da compen-
sare con una indennità di disoc-
cupazione imprecisata nella du-
rata e in termini economici.
Quando la Fornero parla di
“valorizzazione della flessibi-
lità buona”, di “riordino degli
ammortizzatori sociali”, di “for-
ma tipica di ingresso dei giova-
ni al lavoro” e di “contratti lega-
ti ai cicli della vita”, pensa non
al superamento delle 46 forme
di contratto di lavoro precario
esistenti nel nostro Paese ma al
loro mantenimento, se non tut-
te in larga parte. Pensa alla ri-
duzione dei tempi in cui il lavo-
ratore conserva il rapporto con
l’azienda in crisi in cui era oc-
cupato e alla conseguente ridu-
zione dell’integrazione salaria-
le prima di essere licenziato.
Pensa a un contratto per i gio-
vani sottopagato, supersfruttato,
alla mercé del padrone, senza
una vera garanzia per la stabi-
lizzazione del posto del lavoro.
Preoccupa e molto l’assenza di
reazioni da parte dei vertici sin-
dacali.
Niente di buono
per i giovani
e per l’occupazione
È questa la linea che proprio
alla vigilia dell’incontro gover-
no, Confindustria e sindacati il
presidente del consiglio, non-
ché uomo della grande finanza
e della UE, Mario Monti, ave-
va dettato in varie interviste (al
Tg5, Matrix, e “la Repubblica”)
quando senza vergogna invitava
i giovani a dire addio al “posto
fisso” e a rassegnarsi a passare
da un lavoro all’altro, inevitabil-
mente precario e con periodi di
disoccupazione tra un’assunzio-
ne e l’altra, cosa che già avvie-
ne oggi; allorché affermava, sa-
pendo di mentire, che l’art. 18
dello Statuto dei lavoratori non
è un tabù e va eliminato perché,
addirittura, costituisce un osta-
colo per gli investimenti stra-
nieri e la crescita economica in
Italia; e sosteneva la tesi infame
delle troppe tutele di cui bene-
ficerebbero i padri, da ridurre
per estenderle ai figli. Per ot-
tenere, come è avvenuto anche
in passato, una riduzione gene-
ralizzate dei diritti per tutti. Ciò
per rendere competitiva, è il ri-
tornello del governo, nella glo-
balizzazione dei mercati, l’Ita-
lia capitalista con paesi quali
la Cina e altri paesi dell’Asia e
dell’Est europeo dove il “costo
del lavoro” è più basso e i dirit-
ti contrattuali e sindacali quasi
inesistenti.
Nelle proposte di Monti e
Fornero non c’è nulla che asso-
migli a un piano straordinario,
ampio e concreto per la creazio-
ne di posti di lavoro e di buona
occupazione. Almeno che non
si voglia sostenere che la liber-
tà di licenziamento porti a que-
sti risultati. Eppure la situazione
occupazionale Italia è peggiora-
ta e peggiorerà ancora, come te-
stimoniano i dati ufficiali Istat
con 2 milioni 243 mila disoccu-
pati di cui oltre la metà giovani.
Per non dire del lavoro precario
e del lavoro sommerso. Per non
dire dei 300 mila lavoratori, se-
condo calcoli sindacali, che ri-
schiano di perdere il posto di la-
voro nelle aziende in crisi. Non
c’è nulla che operi, magari at-
traverso un alleggerimento del
peso fiscale sul lavoro dipen-
dente e sui redditi medio-bas-
si, per aumentare il potere d’ac-
quisto dei salari e delle pensioni
ridotto all’osso, nulla sulla tas-
sazione dei patrimoni e delle
rendite finanziarie.
Come e peggio
di Berlusconi
Un attacco così pesante ai di-
ritti e alle condizioni di lavoro
dei lavoratori e alle condizioni
di vita delle masse popolari non
era stato capace di farlo nemme-
no il governo del neoduce Ber-
lusconi che pure aveva picchia-
to duro per esempio approvando
l’art. 8 della manovra economi-
ca dell’estate del 2011 che in-
troduceva il padronale sistema
delle deroghe (a livello azienda-
le) sul contratto nazionale di la-
voro e sulle leggi sul lavoro. Sì
perché la “riforma” sul “merca-
to del lavoro”, considerato dal
governo Monti un tassello fon-
damentale per superare la crisi
economica in atto, seguirebbe
la controriforma pensionistica
attuata per la prima volta senza
contrattazione con i sindacati, e
la superstangata di 30 miliardi
di euro quasi tutti a carico delle
masse lavoratrici e popolari. En-
tro il mese di febbraio il gover-
no vuole varare, forse con una
legge delega o più probabilmen-
te con l’ennesimo decreto legge,
la “riforma” del “mercato del la-
voro” con o senza il consenso di
uno o più sindacati. E lo farà si
può starne certi. A meno che
non venga fermato prima dalla
mobilitazione di piazza. Mon-
ti fin qui ha fatto quello che gli
è parso non solo perché non ha
trovato alcuna opposizione in
parlamento, se si esclude quel-
la di destra e strumentale della
Lega di Bossi, ma anche perché
gli è stata concessa una ingiu-
stificata e assolutamente dele-
teria “pace sociale” dai sindaca-
ti confederali, CGIL compresa.
Non i “sindacati di base” che un
primo sciopero contro il gover-
no lo hanno fatto ottenendo un
certo successo.
I lavoratori, i precari, i giova-
ni, i pensionati le masse popola-
ri per fermare il governo Mon-
ti e la sua politica di lacrime e
sangue, di macelleria sociale,
di deregulation neoliberista, per
non pagare il debito pubblico e
la crisi economica e finanzia-
ria di cui non hanno alcuna re-
sponsabilità e respingere le pre-
tese della UE e della BCE, per
difendere i loro interessi econo-
mici e sociali, con in testa il di-
ritto al lavoro, al reddito, alla sa-
lute, allo studio, alla casa, non
hanno altra strada che la lotta, la
mobilitazione.
Per unire e far sentire for-
te la volontà popolare ci vuo-
le lo sciopero generale di 8 ore
con manifestazione nazionale
a Roma per cacciare via que-
sto governo della grande finan-
za, della UE e del massacro so-
ciale. Intanto auguriamo pieno
successo alla manifestazione
nazionale dei metalmeccanici a
Roma del 18 febbraio promos-
sa dalla FIOM contro il model-
lo Marchionne esteso a tutto il
gruppo Fiat e in difesa del con-
tratto nazionale di lavoro e delle
libertà sindacali da questo mo-
dello negati. In quell’occasio-
ne i metalmeccanici potrebbe-
ro gridare forte e chiaro: Monti
vattene!
N. 6 - 16 febbraio 2012 monti vattene! / il bolscevico 3
Da parte di studenti e precari
CONTESTATA
LA FORNERO
A TORINOCariche poliziesche
contro un corteo improvvisato
Davvero infuocato il clima
dell’inaugurazione dell’an-
no accademico in una Torino
blindata da centinaia di agenti,
a protezione del ministro del
lavoro e delle politiche socia-
li Elsa Fornero, e del ministro
della salute Renato Balduzzi,
ospiti principali della cerimo-
nia.
Il 6 febbraio all’esterno
del Conservatorio, uno schie-
ramento di “forze dell’ordi-
ne” in assetto antisommos-
sa ha impedito a centinaia di
manifestanti, la maggior parte
studenti, colpiti dai tagli alle
borse di studio, e lavoratori
precari della Regione, di ac-
cedere alla sala dove avrebbe-
ro parlato i ministri.
All’esterno i giovani hanno
esposto diversi striscioni, tra i
quali: “Fornero bella soluzio-
ne: niente lavoro, niente pen-
sione”. Il ministro del lavoro,
scortato da decine di agenti,
passa lontano dal concentra-
mento, ma le grida e i fischi
lo raggiungono ugualmente.
Dopo il passaggio della For-
nero, i manifestanti improv-
visano un piccolo corteo per
le vie del centro, ma vengo-
no proditoriamente aggrediti e
manganellati dalle “forze del-
l’ordine” tra Via Cavour e Via
Accademia.
Nonostante l’imponente
schieramento, diversi studenti
riescono ad entrare alla ceri-
monia, dove, mentre la Forne-
ro li attacca duramente, affer-
mando che i giovani ormai se
lo possono sognare l’artico-
lo 18 ed il “posto fisso” per-
ché “non ci si può più arrocca-
re su posizioni antistoriche”,
espongono dei cartelli, tra cui:
“No ai tagli alla cultura, no al-
l’abolizione dell’articolo 18,
senza di noi Torino muore,
siamo una risorsa e non uno
spreco”. Gli studenti vengo-
no accompagnati all’uscita e
identificati dagli agenti del-
la Digos. A quel punto anche
la maggior parte dei senato-
ri accademici eletti nelle liste
studentesche lascia la sala, in-
tonando in coro la parola d’or-
dine “Siamo una risorsa, non
uno spreco, senza di noi Tori-
no muore”.
Torino, 6 febbraio 2012. La polizia reprime il corteo che ha contestato
il ministro Fornero
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AL TG5 E A MATRIX
Monti: “addio posto fisso
L’art. 18 non è un tabù”“È ovvio che al mio predecessore (Berlusconi)
sono molto riconoscente e lo ringrazio per il senso di responsabilità”
Dalla padella alla brace! Que-
sto ha rappresentato per i lavorato-
ri, i pensionati e le masse popolari
il passaggio dal governo del neo-
duce Berlusconi al governo della
grande finanza, della UE e della
macelleria sociale, Monti. Il neo-
liberismo e il neofascismo li ac-
comuna, checché ne dica il nuo-
vo Vittorio Emanuele III, Giorgio
Napolitano, e l’ascaro PD Bersani.
Ciò è vero in particolare per quan-
to riguarda la linea di questo ese-
cutivo sui problemi del lavoro, fi-
nalizzata alla distruzione dei diritti
e delle libertà sindacali dei lavo-
ratori, a partire dalla cancellazione
del contratto nazionale di lavoro,
lo Statuto dei diritti dei lavorato-
ri e in questo ambito l’articolo 18
per liberalizzare i licenziamenti,
senza dimenticare la mazzata sul-
le pensioni assestata senza alcu-
na contrattazione con i sindacati;
cosa mai successa in passato.
Se qualcuno aveva qualche
dubbio in proposito, dopo le di-
chiarazioni rilasciate da Mario
Monti al Tg5 e a Matrix su Canale
5, oltretutto alla vigilia del secon-
do incontro tra il ministro Fornero,
sindacati e Confindustria sui temi
del “mercato del lavoro”, dovreb-
be averli fugati definitivamente.
Su due punti il tecnocrate bor-
ghese picchia duro con un’arro-
ganza che lascia allibiti e indigna:
il posto fisso, cioè l’assunzione a
tempo indeterminato che i giova-
ni, a suo dire, devono dimentica-
re per rassegnarsi alla precarietà,
e l’art. 18, vera e propria ossessio-
ne di questo governo, che va can-
cellato, come gli richiede insisten-
temente la Confindustria, con o
senza l’accordo dei sindacati, per-
ché rappresenterebbe addirittura
un freno agli investimenti nel no-
stro Paese e dunque alla ripresa e
alla crescita economica. “I giova-
ni devono abituarsi – ha afferma-
to in proposito – all’idea che non
avranno un posto fisso per tutta la
vita. E poi, diciamolo, che mono-
tonia. È bello cambiare e accetta-
re delle sfide”. Detto da uno che è
stato da poco nominato senatore a
vita queste dichiarazioni suonano
ancor più ipocrite e provocatorie.
Buttando olio bollente sul fuoco,
ha aggiunto: “la finalità principa-
le della riforma (sul ‘mercato del
lavoro’, ndr) è quella di ridurre
l’apartheid che esiste tra chi per
caso e per età è già dentro e chi fa
fatica ad entrare”. Tradotto in pa-
role povere: i lavoratori con con-
tratto a tempo indeterminato e le
tutele sindacali e di legge sono i
responsabili dell’emarginazione
dei giovani nel precariato; perciò
bisogna ridurre le tutele ai primi
per “estenderle” ai secondi. “Bi-
sogna dare meno tutele – esplicita
– a chi oggi ne ha troppe ed è qua-
si blindato nella cittadella e dar-
ne di più a chi è in forme estreme
di precariato o è fuori dal mercato
del lavoro”.
Quando parla di troppe tutele
il pensiero di Monti torna sempre
all’art. 18 che, secondo lui “non è
un tabù. Può essere pernicioso -
sostiene senza temere il ridicolo -
per lo sviluppo dell’Italia e il futu-
ro dei giovani”. Tradotto, in Italia
non si investe non per problemi di
infrastrutture, credito, burocrazia
e non per ultimo corruzione e ma-
fie o perché si preferisce la specu-
lazione e la rendita finanziaria, ma
perché c’è l’articolo 18 e le azien-
de italiane non crescono, non per
mancanza di ricerca e innovazione
del prodotto e del modo di produ-
zione, ma perché non si può licen-
ziare anche quando non “c’è giu-
sta causa”.
Siamo all’assurdo. In un mo-
mento di grave crisi economica
La “massoneria” di Davos elogia Monti
“The Economist”: Monti come Thatcher
Il governo Monti piace sem-
pre di più ai grandi circoli finan-
ziario-massonici internazionali,
che ormai lo paragonano aperta-
mente alla “Lady di ferro” Mar-
garet Thatcher, in quanto a spie-
tatezza e determinazione nel far
pagare ai lavoratori e alle mas-
se popolari il fallimento del ca-
pitalismo.
Nel corso del vertice dei lea-
der e dei magnati dell’economia
e della finanza internazionale a
Davos, si sono sprecati infatti gli
elogi al governo del tecnocrate
borghese: che fosse per il “cam-
bio di passo” impresso all’Italia,
come lo ha chiamato il finanzie-
re americano Soros, lui che con
le sue speculazioni fece quasi af-
fondare la lira nel 1992; o per “le
cose impegnative che sono state
fatte”, come ha detto il ministro
del Tesoro Usa, Tim Geithner; o
addiritturaperchéconlui“l’Italia
è tornata sulla scena” e“l’Europa
si appoggia sulle spalle di Mon-
ti”, come titolava l’autorevole
quotidiano economico britanni-
co Financial Times.
Ma più di tutti, ad elogiare il
nuovo governo italiano è stato
il suo connazionale The Econo-
mist, che ha apprezzato soprat-
tutto le sue misure sulle libera-
lizzazioni e il piglio decisionista
con cui Monti le sta imponendo
al Paese, paragonandolo per que-
sto alla Thatcher, tanto da conia-
re per lui l’appellativo “the iron
Monti” (“Il Monti di ferro”) con
cui gli ha intitolato un artico-
lo nell’edizione cartacea del 27
gennaio. Il primo ministro ita-
liano “si accinge a diventare la
Margaret Thatcher dell’Italia”,
scrive infatti il settimanale eco-
nomico. “Ma chi saranno - si
chiede – i minatori il cui sciope-
ro pose la sfida più seria alle ri-
forme di mercato della Lady di
ferro”?
Per adesso “le arrabbiate vit-
time delle leggi di Monti han-
no fatto la fila per assumere tale
ruolo”, ma “almeno per ora le
sue riforme risultano gradite al-
l’opinione pubblica”, lo incorag-
gia l’Economist, sottintendendo
che come la Thatcher anche lui
riuscirà ad averla vinta suoi suoi
“minatori”.
Dalla Thatcher a Cavour: per
lo storico trotzkista Paul Gin-
sburg sarebbe questo invece
il paragone da fare per Monti,
come ha dichiarato in un’inter-
vista a il manifesto del 29 gen-
naio. Un accostamento che per
il premier italiano suona in casa
altrettanto lusinghiero di quan-
to suona nel Regno Unito essere
paragonati alla “Lady di ferro”:
“Forse Monti è un novello Ca-
vour, sicuramente è il rappresen-
tante della destra storica”, dice
infatti Ginsburg al quotidiano
trotzkista. E spiega: “I primi atti
di governo sono molto lontani
dall’equità sociale, ma comun-
que hanno un’idea molto preci-
sa dell’Italia. Ad esempio la bat-
taglia sulla semplificazione delle
procedure burocratiche fatta in
questo modo – non alla Brunetta,
per intenderci – può portare un
vasto consenso, nel paese euro-
peo in cui i cittadini sono afflitti
dalla burocrazia più farraginosa.
È Monti che ha costruito in poco
tempo una vera destra classica”.
Come si vede il giudizio di
Ginsburg su Monti non è poi
tanto diverso da quello dell’Eco-
nomist, a parte lo scambio Tha-
tcher-Cavour. Ciò conferma che
se la “sinistra” borghese rinnega-
ta e riformista lo sostiene aperta-
mente, quella trotzkista quanto-
meno lo copre.
Lo chiede “La CGIL che vogliamo”
LA CGIL
CONVOCHI IL DIRETTIVO
SUL CONFRONTO
CON IL GOVERNO
“No a qualsiasi rimaneggiamento
dell’art. 18”
“Come ampiamente previsto,
- è scritto nella nota del coordina-
tore nazionale de ‘La CGIL che
vogliamo’, Gianni Rinaldini - il
confronto a Palazzo Chigi lun-
gi dall’affrontare le vere questio-
ni che riguardano la creazione di
nuovi posti di lavoro e il supera-
mento della precarietà, si sta con-
centrando sull’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori. Di inaudi-
ta gravita – prosegue la nota – la
decisione assunta dal governo, e
avallata da Confindustria, di pro-
cedere anche senza l’intesa con le
parti sociali”.
La CGIL che vogliamo ribadi-
sce l’assoluta contrarietà non solo
all’abolizione dell’art. 18 “ma an-
che a qualsiasi suo rimaneggia-
mento o manutenzione e ritiene
urgente – conclude - la convoca-
zione del Comitato Direttivo Na-
zionale che faccia il punto sul
tavolo aperto a Palazzo Chigi e as-
suma le iniziative necessarie”.
La richiesta, sottoscritta an-
che da Fabrizio Burattini, Giorgio
Cremaschi, Eva Mamini, Anna
Zavaglia, facenti parte del Diretti-
vo Nazionale, appare del tutto le-
gittima e necessaria, visto che fin
qui ha gestito tutto senza mandato
la Segreteria nazionale CGIL.
e di recessione produttiva che si
protrarrà quanto meno per tutto il
2012, dove la disoccupazione au-
menta spaventosamente (a dicem-
bre 2011 erano 2 milioni 243 mila
i senza lavoro ufficiali di cui oltre
la metà giovani), i posti di lavo-
ro a rischio si contano a centinaia
di migliaia, i giovani in stragran-
de maggioranza rimangono confi-
nati nel precariato o nell’inattività
e Monti non indica progetti e mi-
sure atte a creare posti di lavoro
ma racconta la storiella delle trop-
pe tutele, spara a zero ancora una
volta sui diritti dei lavoratori, su
quello che resta di essi per essere
esatti, conquistati a prezzo di dure
lotte, invita i giovani ad arrendersi
e accettare questa situazione crea-
ta e gestita dal capitalismo.
Più che opportuna la rispo-
sta della “Rete dei precari” che in
una nota ha scritto: “Che monoto-
nia i nostri governanti che alter-
nano gaffe ad alti proclami e nel
frattempo non affrontano la vera
emergenza sociale di questo pae-
se: la precarietà e la disoccupa-
zione giovanile di massa. Noi, i
giovani di questo Paese, abbiamo
il diritto di trovare un lavoro che
valorizzi la nostra formazione e la
nostra professionalità, retribuito
con un stipendio decente, che ga-
rantisca quei diritti a cui, lontani
dalla monotonia ma molto vicini
all’ansia e all’incertezza, non ab-
biamo mai avuto accesso”. Non è
togliendo l’art. 18 che si danno ri-
sposte ai giovani. “La vera mono-
tonia per noi - prosegue - si chia-
ma contratto in scadenza, partita
Iva falsa, stipendi da fame, disoc-
cupazione”.
Per la CGIL “parlare di troppe
tutele per chi è ‘blindato nella sua
cittadella’ è non solo sbagliato,
non vero, ma anche un po’ offen-
sivo verso questi lavoratori. Mon-
ti conosce la condizione reale del
lavoro? In tre anni abbiamo perso
centinaia di migliaia di posti di la-
voro”. E che dire della perdita del
potere d’acquisto dei salari a favo-
re dei profitti e delle rendite, della
enorme concentrazione della ric-
chezza nella mani di una minusco-
la minoranza di super-privilegiati
borghesi?
Monti si muove in perfetta sin-
tonia con Berlusconi e gli è gra-
to “per il suo senso di responsa-
bilità”. “Trovo che l’appoggio di
Berlusconi al governo – afferma
infatti il capo del governo – sia
fondamentale. Venendo da chi ri-
copriva il ruolo di presidente del
Consiglio è un appoggio partico-
larmente significativo e questo
credo che dia anche internazional-
mente il segno di una continuità”.
C’è un legame personale tra lui il
neoduce. “In fondo se mi sono av-
vicinato alla cosa pubblica – ricor-
da con riconoscenza - è perché nel
1994 Berlusconi, appena nomina-
to presidente del Consiglio mi ha
chiesto se volevo fare il commis-
sario europeo”.
4 il bolscevico / regime neofascista N. 6 - 16 febbraio 2012
CON UN EMENDAMENTO DELLA LEGA VOTATO ANCHE DAL PDL E DA UNA CINQUANTINA DI “FRANCHI TIRATORI” DEL PD E DEL TERZO POLO
Golpe piduista alla Camera nera
sulla responsabilità civile dei giudici
Il governo Monti e la “sinistra” borghese accettano il fatto compiuto. L’ANM:
“una mostruosità giuridica per intimidire i magistrati che il Senato dovrà cancellare”
Quello che non era riuscito al
governo del neoduce Berlusconi è
successo con il governo del tecno-
crate borghese Monti sponsorizza-
to dal rinnegato Napolitano e te-
nuto in piedi dal PD: il 2 febbraio,
con un blitz a scrutinio segreto alla
Camera nera, è passato un emen-
damento della Lega sulla respon-
sabilità civile dei giudici che attua
uno dei punti cardine del program-
ma della P2 attentando gravemen-
te all’indipendenza dei magistrati.
L’attacco è stato sferrato dalla
Lega, attraverso un emendamento
alla legge Comunitaria 2011 pre-
sentato dal maroniano Gianluca
Pini, lo stesso che tentò un iden-
tico blitz a giugno dell’anno scor-
so, che però allora non ebbe suc-
cesso. Con questo emendamento,
con la motivazione capziosa che
“è l’Europa che ce lo chiede”, è
stato aggiunto alla legge che re-
cepisce alcune norme comunitarie
un articolo, il 30 bis, che amplia
la responsabilità civile dei giudi-
ci prevista dalla legge Vassalli del
1988 in caso di “dolo o colpa gra-
ve” nell’emissione di una sentenza
riconosciuta errata. Al dolo e alla
colpa grave viene aggiunto infatti
anche il caso di “violazione mani-
festa del diritto”, una formulazio-
ne che apre le porte a una possibi-
lità di impugnazioni virtualmente
illimitata per imputati “eccellenti”
dotati di mezzi e avvocati adegua-
ti, poiché investe l’interpretazio-
ne stessa delle leggi da parte del
giudice. Inoltre, a differenza della
normativa attuale con cui il citta-
dino viene risarcito dallo Stato, il
quale poi si rivale sul magistrato
con una pesante sanzione pecunia-
ria, l’imputato che si ritiene ingiu-
stamente condannato può rivalersi
anche direttamente contro il giu-
dice, oltre che contro lo Stato. Il
che rafforza ulteriormente i gravi
elementi di dissuasione e intimi-
dazione preventivi già contenuti
nell’estensione della casistica alla
“manifesta violazione del diritto”,
e capaci perciò di minare alla base
l’autonomia di giudizio del magi-
strato.
Quale pm si sentirà più di in-
quisire, e quale giudice si sentirà
più di condannare un politico o un
imprenditore ricco e influente, sa-
pendo in partenza di rischiare pro-
babili sanzioni milionarie? E quale
giudice si arrischierà più a tentare
interpretazioni coraggiose di leggi,
come quelle per esempio che do-
vrebbero tutelare la sicurezza sul
lavoro (vedi strage della Thyssen),
invece di scegliere la via più co-
moda e meno rischiosa dell’appli-
cazione pedissequa e ripetitiva di
sentenze già ampiamente confer-
mate dalla giurisprudenza passa-
ta? È forse un caso che la respon-
sabilità civile dei magistrati così
definita compaia anche nel “Piano
di rinascita democratica” della P2
di Gelli per sottomettere la magi-
stratura al potere esecutivo?
Vendetta
del parlamento nero
contro i magistrati
Ma ciò che rende ancor più
grave e allarmante questo colpo
di mano è anche il modo con cui
è stato messo a segno: non sol-
tanto perché i 6 deputati radica-
li, eletti in parlamento nelle liste
del PD, hanno ancora una volta
retto il sacco alla destra neofasci-
sta, appoggiando dichiaratamente
l’emendamento leghista e facen-
do da mosche cocchiere per trai-
nare la voglia di vendetta di un
parlamento nero pieno di inqui-
siti, ladri, corrotti e mafiosi, nei
confronti dei magistrati troppo im-
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suoi parlamentari, così commenta-
va trionfante su Twitter il voto di
Montecitorio: “A sinistra grande
indignazione, però a scrutinio se-
greto almeno 50 di loro hanno vo-
tato a favore della norma. Chi sba-
glia paga, anche i magistrati”.
“Dopo il voto di oggi è evi-
dente che esiste una P2 parla-
mentare”, ha dichiarato invece
Antonio Di Pietro. “C’è una mag-
gioranza alla Camera – ha aggiun-
to il leader dell’IDV richiaman-
do a quanto pare la coincidenza
con lo scandalo dei milioni ruba-
ti dal senatore PD ed ex Marghe-
rita, Lusi - che non ha il coraggio
di farsi vedere e si nasconde dietro
il voto segreto. E opera una ven-
detta proprio nel giorno in cui si
sarebbe dovuto parlare, magari, di
riforma della legge sui rimborsi
elettorali”. Durissime le reazioni
dell’Associazione nazionale ma-
gistrati (ANM), che ha messo al-
l’ordine del giorno la decisione su
un possibile sciopero delle toghe
se la norma, definita “incostituzio-
nale”, un “atto di piena ritorsione
contro la magistratura” e “una mo-
struosità giuridica” dal suo segre-
tario, Giuseppe Cascini, non verrà
ritirata al Senato.
Anche per il presidente del-
l’ANM “questo emendamento va
tolto di mezzo”, e perfino il presi-
dente della Cassazione, Lupo, sot-
tolinea che “la responsabilità del
giudice limita sempre l’indipen-
denza, è fuori di dubbio”. Il per-
ché lo spiega bene il procuratore
aggiunto di Roma e membro del
“parlamentino” dell’ANM, Nel-
lo Rossi, facendo notare in un’in-
tervista a la Repubblica del 3 feb-
braio che nell’attuale legge si
specifica che nel ricorrere contro
un giudice “per dolo o colpa grave
nell’esercizio del sue funzioni ov-
vero per diniego di giustizia”, non
può in ogni caso “dar luogo a re-
sponsabilità l’attività d’interpreta-
zione di norme di diritto né quella
di valutazione del fatto e delle pro-
ve”: principio che viene invece ca-
povolto con l’emendamento Pini,
col quale si intende evidentemente
– sottolinea il pm - “aprire la stra-
da ad un numero potenzialmen-
te illimitato di giudizi per respon-
sabilità civile contro i magistrati.
Pensiamo agli imputati eccellenti
o milionari ansiosi di farla paga-
re ai propri accusatori e, in caso di
condanna, ai propri giudici”.
Le gravi
responsabilità della
“sinistra” borghese
Tanto dura e allarmata la rea-
zione dei magistrati quanto debole
e ridicola quella del PD, che pure
porta la responsabilità principale
di questo golpe piduista, come mi-
nimo per averlo sottovalutato con
criminale leggerezza, nonostan-
te le avvisaglie fossero state già
chiare almeno fin dal giorno pre-
cedente. Invece Bersani e France-
schini si sono fidati scioccamen-
te delle rassicurazioni ufficiali del
governo e del PDL che non avreb-
bero fatto passare l’emendamento.
Decine di deputati del PD non si
sono neanche presentati in aula,
compreso, chissà perché, il rinne-
gato D’Alema. Nemmeno hanno
protestato quando il fascista ripu-
lito Fini non ha voluto concede-
re il voto palese reclamato da un
parlamentare dell’IDV. E per fini-
re, dopo essere stati così clamoro-
samente gabbati, hanno anche vo-
tato la legge Comunitaria “cavallo
di Troia” della responsabilità ci-
vile dei giudici: “per senso di re-
sponsabilità, ma è stata dura”, si è
giustificato il capogruppo del PD,
Franceschini.
“Non possiamo assistere ad
una situazione in cui rispunti la
vecchia maggioranza. Il gover-
no chiarisca, non può esserci chi
è leale e chi si prende queste li-
bertà”, si è limitato a bofonchia-
re a sua volta il liberale Bersani.
Che poi è andato a lamentarsi da
Napolitano piagnucolando che
“noi continuiamo a votare misu-
re che non ci convincono al cen-
to per cento. Per lealtà al gover-
no. Il PDL invece ricrea alleanze
con la Lega e vota contro l’esecu-
tivo com’è successo sulla respon-
sabilità civile dei giudici. È un at-
teggiamento pericoloso. Mette in
difficoltà noi e Monti”. Ma più di
questo si è guardato bene dal fare.
Anzi, è apparso subito chiaro che
la sua linea è quella di accettare il
fatto compiuto e cercare al massi-
mo di metterci una toppa al Senato
per salvare in qualche modo la fac-
cia, come si è capito dalle dichia-
razioni della capogruppo PD a Pa-
lazzo Madama,Anna Finocchiaro:
“La norma è sbagliata. Inopportu-
na, intimidatoria, forse incostitu-
zionale. Va cambiata”. Cioè non
respinta del tutto, ma solo “aggiu-
stata” per rendere più digeribile il
rospo da ingoiare.
Del resto non pare proprio che,
come dice Bersani, il governo
Monti si sia sentito messo in diffi-
coltà da questo voto, stando se non
altro alla ministra della Giustizia,
Paola Severino, che si è limitata
a commentare seraficamente: “Il
parlamento ha votato ed è sovra-
no, ma confidiamo che in seconda
lettura si possa discutere qualche
miglioramento perché interven-
ti spot su questa materia posso-
no rendere poco armonioso (sic)
il quadro complessivo”. Dunque
non c’è nessuna intenzione, né da
parte della “sinistra” borghese né
tanto meno da parte del governo,
di sbarrare la strada alla maggio-
ranza trasversale piduista e difen-
dere i magistrati, ma si dà ormai
il golpe per acquisito e si negozia
solo per una sua eventuale edulco-
razione, anche perché al Senato la
maggioranza fascio-leghista è an-
cora più schiacciante che alla Ca-
mera.
Non è difficile, inoltre, scorge-
re in questo colpo di mano della
vecchia maggioranza, un segnale
del nuovo clima di intesa idillia-
ca che si è instaurato, con la be-
nedizione del nuovo Vittorio Ema-
nuele III, Napolitano, tra il nuovo
Mussolini e il tecnocrate borghe-
se Monti, che fanno ormai a gara
nel rivolgersi complimenti e rico-
noscimenti reciproci, e che stan-
no facendo asse per stringere alle
corde il rimbambito e arrendevole
Bersani per farlo capitolare anche
sull’articolo 18. C’è da scommet-
tere che tra i due furboni e Napo-
litano (non per nulla il neoduce ha
avuto un incontro riservato al Qui-
rinale da lui definito “molto co-
struttivo, molto positivo”) sia sta-
to stretto un patto segreto in cui in
cambio di lasciar governare Monti
fino al 2013 il neoduce avrà avuto
garanzie di impunità nei suoi pro-
cessi in corso e sull’intangibilità
del suo monopolio mediatico.
piccioni; non soltanto perché, pur
essendosi il governo pronuncia-
to contro l’emendamento, e così
abbiano fatto ufficialmente tutti i
partiti che lo sostengono, i deputa-
ti del PDL hanno invece votato in
massa a favore del provvedimen-
to, rendendo palese che l’asse tra
il partito del neoduce e quello di
Bossi e Maroni è ancora ben vivo
e operante al di là delle dichia-
razioni ufficiali, e che riemerge
inossidabile ogni volta che sono in
ballo le questioni che contano – si
tratti di spartirsi il controllo della
Rai o di assestare un colpo ai ma-
gistrati - come le disgustose scene
di tripudio nei banchi della destra
dell’aula hanno eloquentemen-
te mostrato; ma anche perché se
l’emendamento leghista è potuto
passare è anche grazie a una cin-
quantina di voti di “franchi tirato-
ri” annidati tra i banchi del centro
e della sinistra dell’emiciclo, tra
cui diversi provenienti sicuramen-
te anche dal PD.
Su 476 presenti l’emendamento
è passato infatti con 264 voti a fa-
vore contro 211 contrari e un aste-
nuto. Sulla carta, escludendo Lega,
PDL, il gruppo dei “Responsabili”
e i radicali, i no di PD, Terzo polo
e IDV avrebbero dovuto essere al-
meno 245, quindi come minimo
sono 34 i no che sono mancati al-
l’appello e che hanno fatto capo-
volgere il risultato. E questo è un
fatto incontrovertibile, malgrado
che il liberale Bersani abbia cerca-
to di addossarne tutta la colpa agli
altri partiti, definendo “una cazza-
ta” l’ipotesi che vi fossero stati dei
“franchi tiratori” tra le file del PD.
Smentito peraltro dal suo princi-
pale “partner” della maggioranza,
AngelinoAlfano, che senza preoc-
cuparsi di nascondere la soddisfa-
zione, pur avendo dato ufficial-
mente indicazione di votare no ai
N. 6 - 16 febbraio 2012 corruzione / il bolscevico 5
Il senatore (PD) Lusi ha rubato
13 milioni all’ex Margherita
BERSANI E RUTELLI NON POTEVANO NON SAPERE
Il segretario del PD Bersani in allegra compagna con l’ex tesoriere della Mar-
gherita e senatore del PD Luigi Lusi
A fine gennaio, proprio nelle
ore in cui il senatore del PD Lui-
gi Lusi rendeva conto ai magistra-
ti della distrazione dei fondi della
ex Margherita, la procura di Roma
ha aperto un’inchiesta sulla com-
pravendita della nuova sede della
cassa previdenziale degli psicolo-
gi che in un solo giorno ha frutta-
to al senatore PDL, Riccardo Con-
ti, ex Udc, braccio destro di Rocco
Buttiglione e ex democristiano, un
guadagno di 18 milioni di euro.
Il palazzo storico in via del-
la Stamperia a Roma, 4mila me-
tri quadri su cinque piani, accanto
alla fontana di Trevi, è stato ac-
quistato da Conti (amministrato-
re unico della srl bresciana “Esta-
te due”) a 26,5 milioni dalla Fimit
e rivenduto, lo stesso giorno, il 31
gennaio 2011, all’Ente nazionale
di previdenza e assistenza per gli
psicologi (Enpap) a 46,5 milioni.
Si tratta in sostanza di una
sporca speculazione edilizia che
ha fruttato a Conti un plus valore
da record su un valore complessi-
vo dell’immobile che arriva a sfio-
rare i 14mila euro a metro quadro
e che, aggiungendo l’Iva, ha com-
portato per l’ente un esborso com-
plessivo di 54 milioni di euro.
Lo stesso immobile nel 2004
era iscritto nei bilanci della ban-
ca San Paolo di Torino, poi fusa
con Intesa, a meno di 10 milioni.
Il Fondo Omega gestito da Massi-
mo Caputi lo compra nel dicem-
bre 2008 per 17,4 milioni. A gen-
naio 2011 Omega gira la palazzina
a Conti per 26, 5 milioni. E a stret-
to giro di posta arrivano gli psico-
logi dell’Enpap che comprano per
44 milioni.
Dunque l’immobile, nel giro di
tre anni, è passato da un valore di
17,4 milioni a 44 milioni di euro.
Una rivalutazione abbastanza in-
credibile su cui la magistratura ha
deciso di indagare anche per capi-
re come è possibile che l’Enpap,
gestita da Angelo Arcicasa, non
poteva al momento della stipu-
la non sapere l’“origine” di quel-
la proprietà, e dunque non poteva
ignorare che quello stesso immo-
bile era passato di mano lo stesso
giorno a un prezzo inferiore di ben
18 milioni.
Soprattuto se si pensa che, già
due mesi dopo l’acquisto e poi
ancora a settembre 2011, la new-
sletter-web “Infoenpap”, che trat-
ta tematiche relative all’ente pre-
videnziale degli psicologi, poneva
domande su quel vistoso investi-
mento immobiliare costato “cir-
ca il dieci per cento del patrimo-
nio dell’ente”, che peraltro aveva
già acquistato una nuova sede nel
2000 (4,5 milioni di euro per
1.150 metri quadri). Arrivando nel
numero di dicembre a rivelare che
il palazzo era stato comprato da
una società che l’aveva a sua vol-
ta acquistato lo stesso giorno. Ma
non rivelando l’importo della pri-
ma compravendita.
Il fascicolo processuale è nel-
le mani dei pm Corrado Fasanelli,
del pool di reati finanziari, già al
lavoro sulle perdite dell’Enpap le-
gate a una serie di investimenti in
derivati e Erminio Amelio. I rea-
ti ascrivibili sono: finanziamento
illecito ai partiti, qualora l’Enpap
consapevolmente avesse pagato di
più. Oppure truffa allo stesso ente,
se tutto fosse stato architettato da
Conti.
Inoltre la procura indaga anche
sulla vendita del patrimonio Siae.
Il fascicolo affidato al pm Caper-
na riguarda i sette immobili ceduti
a due fondi gestiti dalla Sorgente
Group. È stata chiesta un’informa-
tiva alla Gdf sulla dismissione del
patrimonio dell’ente per un valo-
re che potrebbe essere la metà di
quello reale.
Insomma mentre milioni di
famiglie stentano a mettere in-
sieme il pranzo con la cena, i
boss delle cosche parlamenta-
ri, di cui Conti è ovviamente un
degno rappresentante, grazie ai
loro lauti stipendi, al potere che
detengono e alle attività lavora-
tive che comunque portano avan-
ti infischiandosene di qualsiasi
conflitto di interessi, continuano
a fare affari d’oro e a diventare
sempre più ricchi.
IL SENATORE PDL CONTI LUCRA 18 MILIONI
NELLA COMPRAVENDITA DI UN IMMOBILE
Tra il 2008 e il 2011, l’ex teso-
riere della Margherita e attuale se-
natore del PD Luigi Lusi ha rubato
13 milioni di fondi pubblici dalle
casse della disciolta Democrazia e
Libertà - Margherita.
Per questo motivo, il procu-
ratore aggiunto di Roma Alberto
Caperna ha iscritto il suo nome sul
registro degli indagati con l’accu-
sa di appropriazione indebita.
Interrogato il 17 gennaio da-
gli inquirenti, Lusi non ha potuto
fare altro che ammettere le pro-
prie responsabilità e ha candida-
mente confessato di aver volon-
tariamente sottratto il denaro per
interessi “privatissimi” e “immo-
biliari”; in tutto poco meno di 13
milioni di euro, prelevati dal conto
del partito su cui ha tutt’ora dirit-
to ad operare anche l’ex segreta-
rio Francesco Rutelli (attuale lea-
der di Alleanza per l’Italia ApI) e
su cui è continuato ad affluire la
montagna di denaro pubblico ru-
bato al popolo e girato sotto for-
ma di rimborso per le spese eletto-
rali alle varie cosche parlamentari
senza alcun controllo da parte del-
lo Stato.
L’inchiesta è partita nel no-
vembre scorso grazie a una segna-
lazione della Banca d’Italia che
aveva notato alcuni movimenti so-
spetti sul conto corrente bancario
intestato a “Democrazia e Liber-
tà - Margherita”, partito che, nel-
l’ottobre del 2007 è confluito nel
PD, ma che è sopravvissuto come
fondazione e ha dunque conserva-
to insieme a tutto il suo patrimonio
mobiliare e immobiliare, anche il
“diritto” ai rimborsi elettorali.
Secondo i dati forniti da Banki-
talia risulta che tra il gennaio del
2008 e l’agosto del 2011 ci sono
stati almeno 90 bonifici in usci-
ta per un totale di 12 milioni 961
mila euro. Tutti con un identi-
co beneficiario, la “T. T. T. srl.”,
e una medesima quanto curiosa
causale: “Prestazioni di consulen-
za”. Di più: la Finanza ha appurato
che quasi tutta la somma sottrat-
ta è frutto dei lauti rimborsi elet-
torali riconosciuti all’ex Marghe-
rita nel 2008 e dei versamenti del
PD pattuiti in seguito alla fusione
coi DS.
Case e ville coi soldi
rubati al popolo
Dall’inchiesta è emerso che la
“T. T. T. srl”, destinataria dei 12
milioni 961 mila euro, è una so-
cietà “direttamente riconducibile
a Luigi Lusi” che, guarda caso, di
professione fa l’avvocato penali-
sta specializzato in “contratti d’af-
fari e real estate”. Dunque la “TTT
Srl” e le presunte “prestazioni di
consulenza” non sono altro che
una copertura per “giustificare” il
trasferimento di fondi da un con-
to di cui Lusi è amministratore ad
un altro di cui è proprietario. La
riprova sta nel fatto che la società
lavora proprio nel business di cui
Lusi tiene a segnalare la compe-
tenza, il real estate. E infatti - do-
cumenta la Finanza – coi soldi dei
rimborsi elettorali la Srl di Lusi ha
acquistato un prestigioso immobi-
le a Roma, in via Monserrato 24,
per 1 milione e 900 mila euro più
una villa a Genzano (Roma), dove
risiede, e bonifica in due distinte
occasioni, 1 milione 863 mila e 2
milioni 815 mila euro alla “Para-
diso Immobiliare”.
Non solo. Con il denaro pub-
blico “succhiato” al popolo dal-
la Margherita, la “TTT” e quindi
Lusi bonifica 270 mila euro alla
“Luigia Ltd.”, società di diritto
canadese, “riconducibile anch’es-
sa allo stesso Lusi”; gira 49 mila
euro sul suo conto personale e 60
mila su quello del suo studio lega-
le a titolo di “fondo spese” e im-
piega 5 milioni e 100 mila euro
per saldare imposte che, eviden-
temente, non sono quelle dovute
al Fisco dal disciolto Partito. Ol-
tre a destinare 119 mila euro allo
studio di architettura “Giannone-
Petricone” di Toronto (Canada).
Una coincidenza definitivamente
rivelatrice, visto che l’architetto
canadese Pina Petricone è la mo-
glie di Lusi.
Gli inquirenti avrebbero an-
che appurato che negli ultimi due
anni si sono registrati almeno altri
due movimenti “sospetti” effettua-
ti con lo scudo fiscale di Tremon-
ti e inerenti un rientro di capitali
dall’estero intestati alla moglie di
Lusi, Pina Petricone, e uno in capo
alla “TTT srl.”, la società control-
lata dalla scatola canadese dell’ex
tesoriere e utilizzata per mettere in
piedi il sistema di fatture per ope-
razioni inesistenti necessario a far
sparire i 13 milioni.
Messo con le spalle al muro
dalle prove schiaccianti, il senato-
re del PD, oltre ad ammettere tutte
le accuse, si è laconicamente im-
pegnato a “restituire in tempi bre-
vissimi” una parte del denaro che
ha sottratto al partito e a patteggia-
re circa un anno di pena. “Avevo
bisogno di soldi e li ho presi, ora
posso restituire cinque milioni” ha
confessato beffardamente Lusi ai
giudici.
Rutelli “cieco”
Bersani “muto”
Di fronte a tutto ciò si stenta a
capire come sia stato possibile che
nessun esponente della Marghe-
rita o del PD, in un arco di tem-
po così lungo (2008-2011), abbia
mai sospettato della falsificazione
dei bilanci. Com’è possibile che
nessuno, a cominciare dall’ex se-
gretario Rutelli e da Bersani, abbia
mai avuto sentore delle spericolate
operazioni finanziarie che Lusi fa-
ceva sul conto del partito?
Dove erano i membri del Co-
mitato di Tesoreria: Giuseppe Vac-
caro (emanazione di Letta) Ivano
Strizzolo (fedelissimo di Mari-
ni) e il suo presidente Gianpiero
Bocci (luogotenete di Fioroni)?
Cosa faceva il collegio dei Revi-
sori contabili composto da: Gio-
vanni Castellani, Mauro Cicchelli
e Gaetano Troina? E l’assemblea
federale? E il controllo finale del-
la Camera?
Insomma come è possibile che
tutti i “quattro livelli di controllo”
di cui ciancia Rutelli siano stati
elusi?
Tra l’altro nel giugno dello
scorso anno, Arturo Parisi aveva
segnalato, in seno all’Assemblea
federale chiamata ad approvare il
bilancio, “opacità di bilancio che
imponevano risposte dettagliate”.
“Ricordo voci in uscita per mi-
lioni di euro - dice Parisi - giusti-
ficate come ‘attività di partito’...
Peccato che la Margherita non
esisteva più da 4 anni”. Cionono-
stante, l’“organismo di verifica”
chiamato a una revisione su quel-
le opacità (ne facevano parte tra
gli altri Rosy Bindi, Dario Fran-
ceschini, Giuseppe Fioroni, Enri-
co Letta) non solo non ha mai ec-
cepito nulla ma addirittura non si
è mai riunito per discutere della
questione.
In riferimento a ciò gli inqui-
renti vogliono anche verificare che
fine abbia fatto il denaro, girato da
Lusi a Dario Franceschini, per
“contrastare l’ex diessino Bersani
nelle corsa alle primarie PD”. Nel
rendiconto di bilancio figurano 4
milioni di euro spesi per “attività
politica”. Ossia, 3 milioni e 750
mila euro in più del tetto di spesa
prescritto dal regolamento interno
del PD e fissato a 250mila euro.
Insomma, che fine hanno fatto i
soldi? Li ha intascati solo Lusi op-
pure se li sono spartiti anche gli ex
dirigenti della Margherita poi con-
fluiti nel PD, nell’Udc e in ApI,
per le loro “legittime attività po-
litiche”?
Tra i beneficiari dei finanzia-
menti elargiti da Lusi figurereb-
be anche il neopodestà di Firenze
Matteo Renzi (PD, ex democri-
stiano) che per bocca del suo por-
tavoce Marco Agnoletti ammette
di aver ricevuto solo un appog-
gio “politico” ma si rifiuta ostina-
tamente di chiarire se Lusi abbia
appoggiato anche finanziariamen-
te la convention dei “rottamatori”
nel novembre scorso o altre inizia-
tive simili, ivi compreso le campa-
gne elettorali per le primarie del
PD e poi quella per le elezioni am-
ministrative.
L’omertà
dei boss politici
Gli inquirenti sospettano che
Lusi avendo in mano i cordoni
della borsa era in realtà il vero pa-
drone del partito e poteva decidere
quale corrente finanziare e i candi-
dati da eleggere. In sostanza Lusi
aveva mano libera sui fondi, come
egli stesso ha confessato in un me-
moriale redatto dai suoi avvoca-
ti agli inizi di dicembre 2011. Ed
è proprio in base a questo potere
e confidando sull’omertà dei vari
capibastone politici a cui pagava
le campagne elettorali, che Lusi
ad un certo punto si è sentito quasi
in “credito” col partito e ha deciso
di saldarlo appropriandosi di tutto
il denaro che gli serviva senza nes-
sun controllo e senza rendere con-
to a nessuno.
Insomma un vero e proprio “si-
stema Lusi” attraverso cui le varie
cosche parlamentari e i vari boss
politici facenti capo all’ex Mar-
gherita, PD e ApI si finanziava-
no le campagne elettorali coi sol-
di pubblici estorti ai contribuenti
e calpestando la volontà popolare
che al referendum del ’93 decretò
a stragrande maggioranza l’aboli-
zione del finanziamento pubblico
ai partiti parlamentari reintrodot-
to dal governo D’Alema sotto for-
ma di contributo per le spese elet-
torali.
Non a caso Lusi al termine del
suo interrogatorio sibillinamente
ha detto agli inquirenti: “Sono re-
sponsabile di tutto e per tutti?”
Fatti dunque che chiamano di-
rettamente in causa Rutelli il qua-
le, di fronte all’ostinazione del suo
fidato tesoriere di tenere i conti del
partito nascosti, non è mai interve-
nuto per fare chiarezza e non si
è nemmeno degnato di risponde-
re alle lamentele interne che chie-
devano più trasparenza nei bilanci
della Margherita.
Interrogato il 16 gennaio dalla
Procura in qualità di persona in-
formata dai fatti, Rutelli con per-
fetta faccia di bronzo ha affermato
di essere stato all’oscuro di quan-
to Lusi combinava e si è coperto
di ridicolo quando, al termine del-
l’interrogatorio, ha detto ai croni-
sti di non poter entrare nel merito
della questione, perché tenuto al
“rispetto del segreto istruttorio”.
In sostanza Rutelli, che addi-
rittura si dice “incazzato e addo-
lorato” per quanto è successo, vor-
rebbe far credere che: pur essendo
cointestario di un conto dove ci
sono 30 milioni di euro che fan-
no gola a tutti e sono contesi col
coltello fra i denti fra le varie fa-
zioni che fanno capo agli ex Mar-
gherita del PD, ex nell’Udc ed ex
nell’ApI, egli non si è mai preoc-
cupato di controllare perché, ha
affermato alla trasmissione televi-
siva Otto e mezzo “Di Luigi Lusi
mi fidavo ciecamente... Siamo sta-
ti ingannati, è stata tradita la no-
stra fiducia. È evidente che è un
furto”.
Mentre Bersani, in un primo
momento ha cercato di minimiz-
zare affermando che: “Noi non
sappiamo nulla di questa vicenda
e aspettiamo di avere chiarezza.
Poi, se verranno accertate respon-
sabilità individuali, il PD prenderà
provvedimenti secondo le regole”
ovvero la sospensione dal partito
che è stata decisa solo quando la
posizione di Lusi, in seguito alla
sua piena confessione, era diven-
tata ormai indifendibile.
Insomma se questi sono gli “ef-
fetti benefici” del famigerato “Co-
dice etico” e del “Manifesto dei
valori” con cui il PD si vanta di
“aver regolato in modo autonomo
la propria vita interna” c’è poco da
sperare.
6il bolscevico / interni N. 6 - 16 febbraio 2012
Oltre trenta vittime sulla coscienza di Monti
STRAGE PER LA NEVE
E IL GELOL’inadeguatezza se non, in talu-
ni casi, la totale assenza di soccor-
si per la popolazione dei territori
colpiti dal maltempo ha fatto in
Italia ben 36 morti in questi gior-
ni, la maggior parte dei quali sen-
za dimora, appartenenti a quelle
migliaia di immigrati, disoccupati,
anziani, rom, che affollano in nu-
mero sempre maggiore le stazioni
ferroviarie, dormono sulle panchi-
ne, sui treni abbandonati, in vecchi
tuguri fatiscenti. Tra i morti anche
diverse persone bloccate per not-
tate intere in mezzo alla neve e
al gelo sulle autostrade e lasciate
senza soccorso, altre che sono ri-
maste sepolte sotto il crollo di fati-
scenti impalcature che non hanno
retto al peso della neve, altre anco-
ra che sono rimaste vittime di in-
fortuni sul ghiaccio mentre tenta-
vano di spalare la neve davanti le
loro case.
Il governo Monti, come anche
le amministrazioni regionali e lo-
cali hanno brillato per latitanza di
fronte al problema maltempo che
era stato annunciato con grande
anticipo, ma che, non affrontato a
nessun livello, ci ha messo poco
a trasformarsi in una calamità per
la popolazione. Interi paesi del
Sud sono rimasti senza luce e ri-
scaldamento, i passeggeri di di-
versi treni sono stati abbandonati
a se stessi in mezzo alle campa-
gne gelate.
Si può avere solo un’idea del-
l’estensione del dramma che ha
colpito migliaia di famiglie an-
che solo considerando il fatto che
in questi giorni in migliaia han-
no chiesto soccorso alle associa-
zioni di volontariato in più parti
d’Italia. Tra queste molte di origi-
ne Rom che tentano di trovare un
posto caldo dove riparare i bambi-
UN INACCETTABILE ATTACCO SENZA PRECEDENTI ALL’AVVOCATURA E ALLE MASSE DA PARTE DEL GOVERNO MONTI
Il decreto sulle “liberalizzazioni” fa a pezzi
il diritto di difesa democratico-borghese
Proteste degli avvocati all’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Confermato lo sciopero per il 23 e 24 febbraio
Una vera e propria rappresaglia
contro ciò che rimane dell’art. 24
della Costituzione democratico-
borghese del 1948 che scolpisce
l’ormai defunto “diritto di dife-
sa” è stata scatenata dall’esecuti-
vo del tecnocrate borghese Mon-
ti, sull’onda nera delle misure del
precedente governo del neoduce
Berlusconi. Un pretesto volgare
quello che accompagna l’enne-
simo decreto legge, ossia il varo
della “liberalizzazione delle pro-
fessioni per attaccare la casta de-
gli avvocati”: in realtà si tratta di
un inaccettabile e senza preceden-
ti attacco non solo all’avvocatura
democratica, ma anche alle masse
popolari.
La “liberalizzazione”
dell’avvocatura
Fin dall’insediamento del go-
verno Berlusconi vi era nella te-
sta di neofascisti e reazionari di
ogni risma l’obiettivo di affossare
definitivamente ciò che resta del-
l’avvocatura democratico-borghe-
se liberalizzando il settore, neutra-
lizzando le regole che garantivano
controllo e professionalità, nel-
l’ottica di destinare completamen-
te al mercato il ruolo dell’avvoca-
to. Ciò che è rimasto nel perimetro
degli intenti della casa del fascio,
sta diventando realtà con l’enne-
sima decretazione d’urgenza (si
tratta del decreto legge 24 gennaio
2012, n. 1, recante il titolo “Dispo-
sizioni urgenti per la concorrenza,
lo sviluppo delle infrastrutture e
la competitività”) che introduce
la libera concorrenza, l’abolizio-
ne totale delle tariffe stabilite per
legge, l’affossamento di qualsiasi
percorso formativo per il giovane
avvocato.
Il decreto, inoltre, introduce
la privatizzazione degli studi le-
gali con l’introduzione del socio
di capitale, trasformando la vec-
chia concezione delle “società di
avvocati” (una controriforma a
dir poco fallimentare) in una STP
(Società Tra Professionisti) che
potranno avere la forma di società
per azioni e, magari una volta con-
solidate, quotate in borsa. In ulti-
mo si introduce l’insidioso e sci-
voloso “preventivo obbligatorio”
che deve essere pattuito al mo-
mento del conferimento dell’in-
carico professionale tra il cliente
e l’avvocato, pena la segnalazione
al Consiglio dell’Ordine e la com-
minazione di una sanzione disci-
plinare. Una norma assolutamente
ambigua per l’impossibilità logi-
ca di determinare onorari e contri-
buti da versare, stante l’incertezza
dell’esito della causa; impossibili-
tà che diventa vuoto legislativo se
lo stesso decreto rimanda ad altri
e successivi decreti (?) la configu-
razione dei “parametri” da segui-
re. Vuoto legislativo che metterà
in difficoltà anche i giudici quan-
do in sentenza dovranno decidere
come liquidare le spese o i risarci-
menti: a quale elenco normativo si
dovranno rivolgere?
Un ladrocinio ai danni
delle masse popolari
L’aspetto più vergognoso del-
l’intero impianto del decreto è la
conferma degli intenti del gover-
no sull’inasprimento dei contribu-
ti da versare per le masse popolari
per far valere i propri diritti nella
cause azionate davanti al Tribuna-
le. Per la prima volta è stato intro-
dotto, nel settore civilistico, il co-
siddetto “contributo unificato” per
i giudizi in materia di previdenza
ed assistenza obbligatoria, per le
controversie individuali di lavo-
ro, per i giudizi relativi alle sepa-
razioni personali. Per le restanti
controversie vi è stato un aumen-
to del contributo da versare allo
Stato fino alla metà per i giudizi
di impugnazione, aumento che si
raddoppia se qualcuno ha l’ardire
di difendersi dinanzi alla Corte di
Cassazione.
Nell’ambito amministrativo di-
venterà quasi impossibile difen-
dersi, atteso l’enorme aumen-
to del contributo per azione una
causa (di valore indeterminabile)
davanti al Tribunale competente
da 450,00 a 600,00 euro. Duro il
commento degli avvocati, bissato
dalle associazioni dei consuma-
tori, che ritengono “ingiustifica-
to ed esorbitante aumento dei co-
sti ha trasformato la giustizia in un
esercizio per ricchi, deprimendo
ed ignorando le ragioni dei meno
abbienti”.
L’introduzione
del “tribunale delle
imprese”: un regalo
ai padroni?
L’art. 2 del decreto istituisce il
fantomatico “Tribunale delle im-
prese”, ossia una sezione specia-
lizzata in materia di proprietà in-
tellettuale e industriale che gestirà
sia le class actions (la cui legisla-
zione che doveva favorire i “con-
sumatori” si è rilevata un buco nel-
l’acqua) sia le controversie relative
alle società e alle imprese.
Secondo le dichiarazioni del
ministro della Giustizia, Paola Se-
verino, si dovrebbe accelerare i
processi che vedono protagoniste
le imprese in tutela delle stesse: di
certo, per il momento, vi è la mag-
giorazione del contributo unifica-
to addirittura del 400% nell’ottica
complessiva di aumenti smisurati
per chi vuole azionare il diritto di
difesa che dovrebbe costituzional-
mente essere garantito e protetto.
Il decreto legge rinvia al solito re-
golamento ministeriale per stabi-
lire tutte le intercapedini normati-
ve; sta di fatto che il governo della
grande finanza e della Ue, nel-
l’esiguità e ambiguità della lettera
del decreto, ha fatto un gran regalo
ai padroni per contenere le cause
che possano dar fastidio a società
e imprese “in crisi”.
Un durissimo attacco
all’indipendenza e
all’autonomia
dell’avvocatura
Già durante l’inaugurazione
dell’anno giudiziario, lo scorso 28
gennaio, gli avvocati si sono pre-
sentati imbavagliati, in piedi in
segno di protesta: “le riforme in
tema di ordinamento professiona-
le - hanno affermato gli avvoca-
ti - limitano la nostra autonomia
violando il precetto costituziona-
le dell’esercizio del diritto di di-
fesa”.
Molto duri anche i praticanti
e i praticanti abilitati che, dopo
aver denunciato l’annunciata e
poi ritirata scandalosa abolizione
del valore legale della laurea da
parte dell’esecutivo Monti, hanno
contestato il “nuovo” tirocinio,
che non tocca di una virgola le
condizioni di totale precariato e
senza alcun tipo di diritto dei gio-
vani professionisti. In una nota
destinata direttamente al capo
del governo e al ministro Seve-
rino, il Consiglio dell’Ordine de-
gli Avvocati di Napoli ha chiesto
di “eliminare le disposizioni già
attuate e di non assumere quelle
preannunziate (…) non in dife-
sa di presunte ed inesistenti po-
sizioni di privilegio, ma perché
al momento si mettono a rischio
l’autonomia e l’indipendenza
dell’Avvocatura e si mette in di-
scussione la stessa esistenza del-
lo Stato di diritto e l’affermazione
della democrazia”.
Gli avvocati sciopereranno il
23 e 24 febbraio.
ni, dal momento che gli accampa-
menti nomadi sono completamen-
te all’addiaccio in ogni parte della
penisola.
Gli anziani poveri sono tra
le vittime principali di questa si-
tuazione. In Irpinia e ad Ancona
due anziani sono morti assiderati
a causa del cattivo riscaldamento
delle loro abitazioni. Ma il numero
maggiore delle vittime si riscontra
tra gli immigrati e la Milano del
pupillo della “sinistra” borghese,
Pisapia non fa eccezione: il corpo
di un senzatetto immigrato, è sta-
to trovato rannicchiato in una co-
perta, sotto un cespuglio, in piaz-
zale Kennedy. Un uomo di origine
tedesca è stata trovato morto nelle
vicinanze della rocca medievale di
Castiglione del Lago, località sul-
le rive del Trasimeno. Una donna
ucraina è stata trovata morta vicino
alla capitale. Un altro immigrato, è
stato trovato morto in un casolare
abbandonato nelle campagne del
Mantovano. Una senzatetto è sta-
ta trovata morta dentro la stazione
Termini di Roma, un uomo è stato
invece trovato in un parco a Ostia,
una donna di 66 anni è morta as-
siderata nella sua casa fatiscente a
Palestrina, vicino Roma.
Nel materano un automobilista
è morto per un incidente causato
dal ghiaccio sull’asfalto, mentre
un camionista di 62 anni è dece-
duto a causa di un malore dopo es-
sere rimasto bloccato col proprio
mezzo a causa del ghiaccio in lo-
calità Cartiera del comune di Pia-
noro (Bologna).
La lista è lunghissima e rischia
di allungarsi ancora, dal momento
che il freddo durerà ancora diversi
giorni e né il governo né le ammi-
nistrazioni pubbliche dei Comu-
ni colpiti stanno mettendo in atto
piani efficaci. Un esempio per tut-
ti: il Comune di Milano ha deciso
soltanto di tenere aperto anche di
notte il mezzanino delle metropo-
litana della Stazione Centrale: “Le
persone senza casa - si legge sul
sito del Comune - troveranno rico-
vero dalle 20 alle 8 in una zona del
mezzanino che sarà inibita al pas-
saggio del pubblico”. E tra le 8 e
le 20 dove andranno? In mezzo al
gelo, per strada?
L’inflazione
falcidia i salari
dei lavoratoriI lavoratori italiani si stan-
no impoverendo sempre di più.
L’inflazione sta falcidiando i
loro già magri salari ulterior-
mente massacrati dalla politica
da macelleria sociale imposta
dal governo Berlusconi prima
e da Monti.
Insomma i salari sono fermi
e i prezzi aumentano. Così ine-
sorabilmente, mese dopo mese,
si allarga la forbice tra il (man-
cato) aumento dei salari e l’in-
flazione. Il nuovo record è stato
toccato a dicembre: 1,9 pun-
ti percentuali di divario. Men-
tre l’inflazione si è attestata al
+3,3% l’aumento delle retribu-
zioni contrattuali orarie è stato
dell’1,4% e quelle per dipen-
dente dell’1,5%. Si tratta dello
scarto più forte dal 1995. Ciò
significa che a dicembre l’in-
flazione si è mangiata qualco-
sa come l’1,8-1,9% delle buste
paga dei lavoratori. Per una re-
tribuzione lorda di 2 mila euro
mensili si tratta di una sforbi-
ciata di oltre 36 euro.
Anche per i salari c’è un re-
cord negativo. Le retribuzioni
contrattuali orarie nella media
del 2011 aumentano dell’1,8%,
la crescita media più bassa dal
1999. Se questo dato lo acco-
stiamo all’inflazione media an-
nua che è al 2,8% non ci vuol
molto a capire che il caro-vita
ha eroso il potere d’acquisto
dei salari dell’1%. E questa è
solo una media visto che per
alcune categorie come la scuo-
la dove gli “aumenti” degli sti-
pendi si sono attestati allo 0,2%
la perdita del potere d’acquisto
è stata di oltre il 2,5%.
E la lista delle notizie nefa-
ste per i lavoratori non è finita,
visto che la stessa Istat sottoli-
nea che “nel mese di dicembre,
per l’insieme dei contratti mo-
nitorati dall’indagine, non è sta-
to ratificato alcun accordo”. In-
somma il modello Marchionne
sta facendo scuola tra le varie
associazioni padronali e i con-
tratti nazionali non si firmano
più. Sempre l’Istat rileva infatti
come sia notevolmente salita la
media dei mesi di attesa per i la-
voratori con il contratto scadu-
to. A dicembre 2011 supera la
soglia dei due anni (24,9 mesi)
in aumento rispetto allo stesso
mese del 2010 (14,5). Sempre a
dicembre 2011 risultano in at-
tesa di rinnovo 30 accordi con-
trattuali di cui 16 appartenenti
alla pubblica amministrazione,
relativi a 4,1 milioni di dipen-
denti (circa 3 milioni nel pub-
blico impiego) pari al 31,4%
dei lavoratori dipendenti.
Fa da paio ai dati dell’Istat il
rapporto “Italia 2012” presen-
tato il 26 gennaio dall’Eurispes
che restituisce l’immagine di un
paese bloccato, sfiancato e im-
potente, dove ben il 60% degli
italiani, tra i 18 e i 34 anni, di-
chiara di essere disposto ad an-
dare all’estero, dove pensano di
trovare maggiori opportunità di
lavoro e di vita; un paese dove
la situazione economica è net-
tamente peggiorata negli ulti-
mi 12 mesi per il 67% degli ita-
liani (il peggior dato dal 2004
e in forte aumento, +15,2%, ri-
spetto all’anno scorso), dove il
48,5% deve usare i propri ri-
sparmi per arrivare a fine mese
e il 70% non riesce a mettere da
parte più nulla.
Comunicato Slai Cobas Alfa Romeo
L’ON. CONTI FA AFFARI
D’ORO CON LA SPECULAZIONE
IMMOBILIARE E
I LAVORATORI FIAT SONO
BUTTATI SULLA STRADA
Che fine hanno fatto gli accordi per fare
ad Arese il polo dell’auto ecologica?
Riceviamo e pubblichia-
mo estratti del comunicato
dello Slai Cobas dell’Alfa di
Arese del 2 febbraio 2012.
On. Riccardo Conti: ha “guada-
gnato” 18 milioni di euro in un sol
giorno con una compravendita di
un palazzo a Roma. Quante cen-
tinaia di milioni di euro ha “gua-
dagnato” con la speculazione sul-
l’area dell’Alfa Romeo di Arese?
L’on. Riccardo Conti nel 2000,
con la società Immobiliare Estate
sei, ha “comprato” da due “socie-
tà veicolo” della FIAT (Segepark
e Belfiore) tutta l’area dei 2mi-
lioni e 350mila mq dell’Alfa Ro-
meo di Arese versando - disse al-
l’epoca - 500 miliardi di vecchie
lire. A quanto ha venduto? Conti,
all’epoca braccio destro di Butti-
glione dell’UDC, era Amministra-
tore unico di Immobiliare Estate
sei.
L’on. Riccardo Conti ha anco-
ra oggi una piccola quota nella so-
cietà AGLaR, società che qualche
anno fa ha preso il posto di Immo-
biliare Estate sei.
In tutti questi anni Riccardo
Conti, pur essendo parlamentare,
non ha mai detto i nomi di chi si
nascondeva dietro le varie fiducia-
rie che controllavano Immobiliare
Estate sei e AGLaR.
Conti nel 2003 e 2004 fece ac-
cordi in Regione Lombardia con
lo Slai Cobas e gli altri sindacati
per fare ad Arese il Polo dell’auto
ecologica e la mobilità sostenibi-
le, ma tutto è rimasto sulla carta.
Nel frattempo Conti e soci hanno
fatto mega affari di compravendita
immobiliare. E i lavoratori FIAT
sono stati buttati sulla strada.
N. 6 - 16 febbraio 2012 interni / il bolscevico 7
RAPPORTO ISTAT
Disoccupati il 31% dei giovaniÈ un vero e proprio disastro per
l’occupazione, giovanile in par-
ticolare, quello fotografato di re-
cente dall’Istat per l’Italia (record
negativo dal 2004) nell’ambito di
una ricerca continentale compiuta
da Eurostat.
La disoccupazione, infatti, sale
all’8,9%, con oltre 2,2 milioni di
senza lavoro. Le statistiche uffi-
ciali non tengono però conto di al-
tri dati che farebbero svettare ul-
teriormente il già preoccupante e
inaccettabile tasso di disoccupa-
zione: come fa notare la CGIL, i
disoccupati salgono a 3 milioni se
si aggiungono i cassintegrati, che
invece vengono considerati “occu-
pati” a pieno titolo.
Il dato più grave è quello del-
la disoccupazione dei giovani fra
i 15 e i 24 anni, che ha raggiun-
to il 31% a dicembre 2011, con
un costante aumento annuo del
3%. Secondo la Cgia di Mestre
il tasso supera il 38% se si tiene
conto anche dei cosiddetti “sco-
raggiati”, cioè coloro che hanno
persino smesso di cercare lavoro.
E comunque bisogna tener conto
Tra i più colpiti donne e Mezzogiorno
Disoccupati di Salerno occupano il Duomo il 13 gennaio 2012. Accanto, i precari in lotta del call-center dell’Inps-Inail di Bari
IL PMLI E “IL BOLSCEVICO”
ADERISCONO ALL’APPELLO
PER L’IMMEDIATA SCARCERAZIONE
DEI NO TAV ARRESTATI
Il PMLI e “Il Bolscevico”,
in data 7 febbraio 2012 han-
no sottoscritto l’appello per
l’immediata scarcerazione dei
No Tav arrestati il 26 gennaio
scorso attraverso l’e-mail che
qui di seguito pubblichiamo.
Il PMLI e “Il Bolscevico”,
suo organo, sottoscrivono ben
volentieri l’appello per la scar-
cerazione immediata di tutti gli
arrestati NO TAV. Essi sono uni-
camente colpevoli di aver lottato
con abnegazione esemplare per
evitare la devastazione ambien-
tale di Val di Susa. L’esperienza
del movimento NO TAV è un im-
portante esempio per tutti i movi-
menti di lotta. Un motivo in più
per difendere i suoi militanti ai
quali va la piena e attiva solida-
rietàdeimarxisti-leninistiitaliani.
Al contempo condanniamo il go-
verno del tecnocrate liberista bor-
ghese Monti che pratica la stessa
politica repressiva del precedente
governo del neoduce Berlusconi
verso le masse in lotta.
Emanuele Sala,
per il PMLI
Monica Martenghi,
per “Il Bolscevico”
Dal 1 al 25 febbraio
UN MESE DI MOBILITAZIONE PER
DIRE NO AI CACCIA F-35Non si arresta la mobilitazione
contro gli F-35. Dal 7 al 25 feb-
braio associazioni e gruppi antim-
perialisti, antimilitaristi e pacifi-
sti si attiveranno a sostegno della
campagna “Taglia le ali alle armi”
promossa da Sbilanciamoci!, Ta-
vola della Pace e Rete Italiana per
il Disarmo per chiedere al gover-
no Monti di non procedere all’ac-
quisto di 131 caccia bombardieri
Joint Strike Fighter F-35. Le varie
iniziative sfoceranno nella mani-
festazione nazionale a Roma per
la “consegna delle firme” al go-
verno.
La data di inizio di questa nuo-
va fase della campagna, che è atti-
va dal 2009 e ha già raccolto oltre
45 mila firme, è stata fatta coinci-
dere con il giorno in cui, nel 2007,
il sottosegretario Forcieri firma-
va l’accordo per la partecipazio-
ne dell’Italia alla seconda fase del
programma bellico.
“In un momento di grave cri-
si per tutto il Paese troviamo fuo-
ri luogo che il ministro-ammira-
glio Di Paola nei suoi monologhi
televisivi continui imperterrito a
difendere l’F-35, promettendo al
massimo qualche sforbiciata”, de-
nuncia Massimo Paolicelli della
Rete Italiana per il Disarmo.
Gli stessi soldi stanziati per i
caccia, 15 miliardi di euro, potreb-
bero essere impiegati in mille altri
modi più utili sia economicamente
che socialmente, sostengono i pro-
motori della mobilitazione, come
ad esempio costruire 45 mila asi-
li nido pubblici creando oltre 200
mila posti di lavoro, oppure mette-
re in sicurezza 13 mila scuole ita-
liane.
Le giornate di sostegno alla
campagna (che si annunciano nu-
merose e creative) culmineran-
no sabato 25 febbraio, data scelta
per le “100 piazze d’Italia contro i
caccia F-35”.
NON BASTA DEFINANZIARLO
Il progetto del Ponte sullo Stretto va cancellatoDal nostro corrispondente
della Sicilia
La recente delibera del CIPE
(Comitato Interministeriale per
la Programmazione Economica)
del 20 gennaio 2012 ha definan-
ziato il progetto del Ponte sullo
Stretto, sottraendogli quel mi-
liardo e 624 milioni assegnatigli
nel 2009 dal Berlusconi IV.
Una valutazione politica di
questo atto del governo Monti va
fatta alla luce della storia recen-
te dell’iter burocratico dell’ope-
ra, del suo attuale stato e dei re-
centi decreti di liberalizzazione,
riguardanti anche la costruzione
e la gestione di opere di interes-
se pubblico.
Va ricordato, anzitutto, che
non è la prima volta che il pro-
getto della mostruosa ed inutile
opera viene definanziato. È già
successo durante il governo del
democristiano Prodi, quando il
CIPE con delibera del 10 aprile
2006 stabilì in tal senso. Fu l’al-
lora ministro dei Trasporti, Anto-
nio Di Pietro (IdV), insieme al-
l’opposizione di “centro-destra”,
a battersi in prima persona per
mantenere in piedi l’intero appa-
rato della Società Stretto di Mes-
sina Spa e il progetto. Inoltre, è
presto per abbassar la guardia.
Bisogna attendere le prossime
tappe dell’iter burocratico che
prevede, entro febbraio 2012, il
parere del CIPE sul progetto de-
finitivo presentato dalla Stretto di
Messina SpA. Il CIPE, dunque,
dovrà pronunciarsi e nulla vieta
che esprima parere favorevole.
Se il megaprogetto speculati-
vo verrà approvato ci sarà il con-
testuale avvio della gara per il re-
perimento dei finanziamenti, la
stesura del progetto esecutivo e
l’apertura dei cantieri principa-
li, ancora prevista a partire dalla
metà del 2012.
C’è un terzo indizio che ci in-
duce a pensare che il Ponte possa
essere un affare lucroso per mol-
ti, nonostante il definanziamento
pubblico.
Basta andare a dare un’oc-
chiata al Decreto legge 24 gen-
naio 2012, n. 1, “Disposizio-
ni urgenti per la concorrenza, lo
sviluppo delle infrastrutture e la
competitività”, con cui il gover-
no Monti ha messo in campo una
serie di misure per incrementa-
re il project financing e project
bond nella costruzione e gestio-
ne delle infrastrutture di interes-
se pubblico. Il project financing,
esiste già da oltre un decennio in
Italia. Le pubbliche amministra-
zioni ricorrono a capitali privati
per la realizzazione di progetti e
infrastrutture ad uso della collet-
tività, concedendo all’investitore
privato lo sfruttamento economi-
co dell’opera realizzata. Ora già
da tempo le società private in
project financing potevano emet-
tere obbligazioni (project bond).
Monti rilancia lo strumento di fi-
nanza creativa, in due modi: si
consente di derogare, ma solo nel
caso in cui le obbligazioni siano
destinate alla sottoscrizione solo
da parte di “investitori qualifica-
ti”, cioè autorizzati a operare sui
mercati finanziari, come banche,
assicurazioni, fondi pensione,
alla regola dell’articolo 2412 del
codice civile, il quale impone di
garantire le obbligazioni tramite
ipoteca se il loro importo supe-
ra il doppio del capitale sociale,
della riserva legale e delle riser-
ve disponibili. Inoltre, le obbli-
gazioni possono essere garantite
anche durante la fase di costru-
zione dell’opera, e non solo da
quando l’opera entra in eserci-
zio. Gli strumenti per finanzia-
re il Ponte e anche velocemente
con fondi privati, trasformando il
progetto in una delle più grandi
speculazioni finanziarie degli ul-
timi decenni ci sono tutti.
Intanto al pubblico rimango-
no i 500 milioni di fondi già spe-
si, il mutuo di 12 milioni acceso
poche settimane fa per spostare
un chilometro di binari a Canni-
tello (Reggio Calabria).
Noi chiediamo che il mega-
progetto speculativo del Pon-
te non venga approvato, che la
Società dello Stretto Spa venga
sciolta e che lo Stato non paghi
alcuna penale alle imprese ag-
giudicatrici dell’appalto. Inoltre
chiediamo che i 1.624 milioni
di euro vengano destinati a risol-
vere la crisi idrica che affligge
la Sicilia e anche la Calabria, a
potenziare e modernizzare i tra-
sporti ferroviari e marittimi della
Sicilia e della Calabria, ad incen-
tivare gli interventi contro il dis-
sesto idrogeologico, (sono trop-
po pochi i 670 milioni stanziati
il 20 gennaio dal CIPE su questo
fronte).
Si tratta di rivendicazioni che
noi avanziamo da anni e che si
sono levate anche dai recenti mo-
vimenti di protesta che agitano il
Mezzogiorno, troppe volte scip-
pato dei fondi ad esso destinati.
Il governo Monti non è diverso
da quelli che lo hanno preceduto
e sta riducendo all’osso le regio-
ni del Sud. Liberiamoci dal go-
verno della grande finanza della
UE e della macelleria, nella con-
sapevolezza che i problemi del
Mezzogiorno potranno essere ri-
solti solo nel socialismo.
Chiudere la Ponte sullo Stretto Spa. Non pagare alcuna cauzione.
Investire i soldi in mobilità pubblica e risanamento idrogeologico
del fatto che moltissimi di questi
giovani lavoratori hanno a che fare
con contratti precari.
Per il solo Mezzogiorno, la di-
soccupazione giovanile era al 31%
già a novembre.
C’è poco da vantarsi anche per
il presunto “aumento” dell’occu-
pazione femminile, che è in real-
tà una conseguenza statistica della
diminuzione dei maschi occupati e
che non cambia i livelli altrettan-
to allarmanti della disoccupazio-
ne fra le donne e le penalizzazio-
ni retributive. Nel Sud, peraltro, le
donne senza lavoro sono poco al
di sotto del 40%.
Non consola nemmeno il sem-
pre presunto “calo” degli inattivi,
dovuto puramente al fatto che sva-
riati anziani hanno superato “l’età
da lavoro” (che andrà comunque
ridimensionata in base alla “ri-
forma” delle pensioni) e non sono
stati sostituiti da giovani. Anziani
che, peraltro, ora si trovano non
solo senza lavoro ma anche, gra-
zie alla suddetta “riforma”, senza
pensione.
Parole vuote, quelle della For-
nero che assicura che garantire la-
voro è la sua prima occupazione,
perché accompagnate dalle ben
più spregiudicate e gravi paro-
le di Monti contro la “monotonia
del posto fisso” e l’articolo 18, in-
dicato come fonte di tutti i mali,
mentre invece, come nota Ful-
vio Fammoni (Segreteria nazio-
nale CGIL), negli ultimi sei anni
i licenziamenti sono cresciuti del
35%. A ciò si aggiunge la macel-
leria sociale imbastita dal governo
che, con la recessione che incalza,
non farà che aggravare le sempre
più insopportabili condizioni di
vita delle masse lavoratrici e po-
polari. Non convince nemmeno
l’invio di una “task-force” dalla
Commissione europea per risolve-
re il problema.
Ci vorrebbero misure urgenti
per garantire lavoro stabile, a sala-
rio intero, a tempo pieno e sinda-
calmente tutelato a tutti, a partire
dai giovani e dalle donne, lotta al
precariato per la sua abolizione (e
non per la sua “normalizzazione”
come prevede il “contratto unico”
alla Ichino-Fornero), atti concre-
ti per impedire la chiusura degli
stabilimenti e la delocalizzazione
delle imprese e della produzione.
Tutte cose che il governo Monti,
impegnato a salvaguardare gli in-
teressi della grande finanza e della
borghesia, non ha nessuna inten-
zione di fare. Ecco perché dob-
biamo liberarcene con una grande
mobilitazione popolare.
8 il bolscevico / marxismo e revisionismo N. 6 - 16 febbraio 2012
LE BALLE DEGLI ANTICOMUNISTI
Per “Repubblica” Marx
era un socialdemocratico,
non un comunista
RISPOLVERATA UNA TESI
DEGLI ANTICHI REVISIONISTI
Numerosi intellettuali bor-
ghesi, stanno riscoprendo l’utili-
tà di leggere Marx per compren-
dere il predominio del capitale
finanziario nell’economia capi-
talistica (imperialismo), le radi-
ci della attuale crisi economica,
le misteriose cause del “debito
pubblico”, ecc.
Altri invece si stanno però
specializzando in una finta opera
di “rivalutazione” del marxismo,
che intende in realtà svuotarlo
della sua essenza vitale, ossia
della teoria e della pratica della
lotta di classe del proletariato, e
del suo obiettivo storico: abbat-
tere il capitalismo e conquistare
il socialismo, per via rivoluzio-
naria. A questa linea ideologi-
ca e politica appartiene l’artico-
lo pubblicato l’8 gennaio scorso
sul quotidiano della “sinistra”
borghese e filo-governativo, “la
Repubblica” dal titolo: “Marx
arrivano gli inediti”, a firma di
Andrea Tarquini.
La tesi dell’autore è che
Marx, in realtà, non sarebbe
stato un rivoluzionario ma un
innocuo, per quanto arguto,
pensatore democratico-borghe-
se. Per supportare una simile,
ridicola, scempiaggine, cita un
progetto dell’Accademia delle
scienze di Berlino, sponsoriz-
zato a suo tempo dal cancellie-
re Kohl e denominato “Mega”
(Marx-Engels GesamtAusga-
be). Coordinato da un certo
Prof. Hubmann, in collabora-
zione con “la schiuma” dell’in-
tellighenzia arci-revisionista
tra Berlino, Mosca, Pechino e
Amsterdam, questo lavoro ha
lo scopo di “rivedere la opera
di Marx ed Engels e preparar-
ne la pubblicazione comple-
ta in 114 tomi”. Dalla rilettura
dei suoi scritti Marx riemerge-
rebbe, secondo Tarquini, “dal
passato come un moderno new-
labourista, un progressista te-
desco o un liberal americano”
(sic). Spiega il Prof. Hubmann:
“un volume dopo l’altro noi cu-
ratori di Mega scopriamo un al-
tro Marx”, visto che “frugando
nelle carte consunte dal tempo
si scoprono cose che i contem-
poranei di Marx vollero ignora-
re, e che il marxismo-leninismo
ufficiale preferì censurare”.
A cosa si riferisce il catte-
dratico tedesco? Egli cita un
paio di esempi. Primo. “Le Tesi
su Feuerbach” – a suo dire -
non furono all’inizio parte de
“L’ideologia tedesca”. Vi furo-
no inserite solo dopo, benché
quell’opera secondo Marx, fos-
se “solo una collezione di ap-
punti ‘destinata ai topi’”. Da
questo fatto vero costui trae la
seguente stupefacente conclu-
sione: “la teoria secondo cui
l’esistenza materiale determi-
na la coscienza, base del mate-
rialismo storico, era un’idea in
cui Marx non credeva” (sic!). In
verità la vicenda era ben nota e
ben descritta dallo stesso Marx
quando spiegò che quel mano-
scritto era già pronto per esse-
re pubblicato, quando “un mu-
tamento di circostanze non ne
permetteva la stampa. Abban-
donammo tanto più volentieri
il manoscritto alla rodente cri-
tica dei topi, in quanto aveva-
mo già raggiunto il nostro sco-
po principale che era di veder
chiaro in noi stessi”. Dov’è,
dunque, la mirabolante scoperta
storica che dimostrerebbe la sua
stupefacente conclusione?
Secondo esempio: “ai marxi-
sti-leninisti ufficiali non sono
piaciuti gli appunti (quali non
specifica, ndr) sull’esigenza del-
la libertà di parola e del libero
confronto tra forze politiche e
sociali” e “meno che mai scopri-
re che Marx ed Engels avevano
scritto molto più di Lenin e non
teorizzavano un totalitarismo né
tantomeno i gulag”. È evidente,
in questo caso il ritorno alle so-
lite manovre dei falsi comunisti
per spezzare il doppio filo ros-
so che lega Marx-Engels-Lenin-
Stalin-Mao e negare che esiste
una indissolubile continuità sto-
rica nella vita e nell’opera dei
5 grandi Maestri del proletaria-
to internazionale i quali han-
no speso per intero la loro vita
per distruggere il capitalismo e
costruire il socialismo. Occorre
forse dimostrare che si tratta di
revisionismo storico? Del resto
l’accortezza dei pennivendoli
di “Repubblica” è una sola: na-
scondere il loro anticomunismo
di fondo, disseminando l’artico-
lo con pelosi omaggi al “Marx
giornalista”: “corrispondente
acuto del New York Daily Tri-
bune”, al “Marx ricercatore”:
“un uomo che continuò a ricer-
care con curiosità fino alla vec-
chiaia e seppe vedere e prevede-
re le radici della crisi di oggi”, al
“Marx comunicatore”: “Marx ed
Engels, nell’Europa del capitali-
smo senza internet né jet di li-
nea, crearono una rete di scambi
epistolari internazionali che fu il
primo socialnetwork e funzionò
per anni”.
Uno sforzo vano, quello di
glorificarne aspetti “secondari”
della vita per nascondere l’in-
tento di mettere “Marx contro
Marx”, perché esso trasuda da
molti pori. Basta leggere il se-
guente sconfortante passaggio:
“Karl aveva rinunciato alla poli-
tica, annotava la sua fiducia nel
libero dibattito e confronto tra
idee e forze politiche. E prese
a studiare le scienze: geologia,
fisica, scienza nucleare”, oppu-
re la seguente spudorata men-
zogna: “La sua svolta democra-
tica avvenne dopo avere scritto
Il Capitale”. O ancora le oppor-
tunistiche conclusioni, degne di
un Kautsky o di un Bernstein:
“bentornato allora caro vecchio
Marx, e scusaci: troppi opposti
estremismi del Ventesimo seco-
lo ti avevano tramandato male.
Arrivederci al 2020. Forse ci
servirai quando chi sa che volto
avrà il capitalismo”.
Il manoscritto dell’“Ideologia tedesca” di Marx ed Engels pubblicato postumo per la prima volta in Unione Sovietica
nel 1932. Accanto una delle pagine originali del manoscritto
LENIN: MARXLo scritto di Lenin che pub-
blichiamo di seguito smasche-
ra il revisionismo che falsifica
e deforma il marxismo. Si trova
nelle Opere complete di Lenin,
Editori Riuniti, vol. XV, pagg.
231-33.
I titolini sono redazionali.
Un noto adagio dice che, se
gli assiomi della geometria urtas-
sero gli interessi degli uomini, si
cercherebbe senza dubbio di con-
futarli. Le teorie storico-naturali,
che colpiscono i vecchi pregiudizi
della teologia, hanno provocato e
provocano tuttora la lotta più furi-
bonda. Non meraviglia quindi che
la dottrina di Marx, la quale serve
direttamente a educare e organiz-
zare la classe d’avanguardia della
società moderna, addita i compiti
di questa classe e dimostra che, in
virtù dello sviluppo economico, la
sostituzione del regime attuale con
un ordine nuovo è inevitabile, non
meraviglia che questa dottrina ab-
bia dovuto farsi strada lottando a
ogni passo.
Non parliamo della scienza e
della filosofia borghesi, insegna-
te ufficialmente da professori uffi-
ciali per istupidire la giovane ge-
nerazione delle classi possidenti
e “aizzarla” contro i nemici ester-
ni e interni. Questa scienza non
vuole nemmeno sentir parlare del
marxismo, che proclama smentito
e annientato; e i giovani scienzia-
ti, che fanno carriera confutando
il socialismo, e le vecchie caria-
tidi, che stanno di guardia ai co-
mandamenti di tutti i possibili “si-
stemi” decrepiti, attaccano Marx
con lo stesso zelo. Lo sviluppo del
marxismo, la diffusione e il con-
solidamento delle sue idee in seno
alla classe operaia rendono inevi-
tabilmente più frequenti e furiosi
questi attacchi borghesi contro il
marxismo, che tuttavia, dopo ogni
“colpo di grazia” infertogli dalla
scienza ufficiale, diventa più vigo-
roso, più temprato e più vitale.
L’avanzata
del marxismo
Ma anche fra le dottrine lega-
te alla lotta della classe operaia, e
diffuse prevalentemente in seno al
proletariato, il marxismo non ha
affatto conquistato di colpo le sue
posizioni. Nei primi cinquant’anni
di vita (dagli anni quaranta del se-
colo scorso) il marxismo si è battu-
to contro teorie che gli erano radi-
calmente ostili. Nella prima metà
degli anni quaranta Marx e Engels
hanno fatto i conti con i giovani
hegeliani radicali, che si trovava-
no sulle posizioni dell’idealismo
filosofico. Verso la fine degli anni
quaranta ha avuto inizio, nel cam-
po delle dottrine economiche, la
lotta contro il proudhonismo. Ne-
gli anni cinquanta questa battaglia
è coronata dalla critica dei partiti e
delle dottrine venuti alla luce nel
tempestoso 1848. Negli anni ses-
santa dal campo della teoria gene-
rale la lotta si sposta in un cam-
po più immediatamente vicino al
movimento operaio: si ha allo-
ra l’espulsione del bakuninismo
dall’Internazionale. All’inizio de-
gli anni settanta, per un breve pe-
riodo, si fa avanti in Germania il
proudhoniano Mühlberger; alla
fine degli anni settanta il positivi-
sta Dühring. Ma l’influenza del-
l’uno e dell’altro sul proletaria-
to è già del tutto insignificante. Il
marxismo ha ormai trionfato in-
condizionatamente su tutte le altre
ideologie del movimento operaio.
Negli anni novanta questa vit-
toria era, nel complesso, un fatto
compiuto. Persino nei paesi latini,
dove le tradizioni del proudhoni-
smo hanno resistito più a lungo,
i partiti operai hanno di fatto co-
struito i loro programmi e la loro
tattica su un fondamento marxista.
La rinnovata organizzazione inter-
nazionale del movimento operaio
- sotto la forma di congressi in-
ternazionali periodici - si è posta
subito e quasi senza lotta sul ter-
reno del marxismo in tutte le que-
stioni essenziali. Ma, non appena
il marxismo ha soppiantato tutte
le dottrine a esso ostili, dotate di
qualche consistenza, le tendenze
che trovavano espressione in que-
ste dottrine hanno preso a ricerca-
re altre strade. Le forme e i pre-
testi della lotta sono cambiati, ma
la lotta è continuata. E il secondo
cinquantennio di vita del marxi-
smo ha avuto inizio (negli anni
novanta) con la lotta di una cor-
rente ostile al marxismo in seno al
marxismo stesso.
L’ex marxista ortodosso Bern-
stein ha dato il nome a questa cor-
rente, perché ha fatto più rumore
e formulato più organicamente le
correzioni da apportare a Marx, la
revisione di Marx, il revisionismo.
Persino in Russia, dove, natural-
mente, - in forza dell’arretratezza
economica del paese e a causa del
predominiodellapopolazionecon-
tadina, schiacciata dalle sopravvi-
venze della servitù della gleba, - il
socialismo non marxista si è man-
tenuto più a lungo, persino in Rus-
sia, esso si trasforma sotto i nostri
occhi in revisionismo. Sia nella
questione agraria (programma di
municipalizzazione di tutta la ter-
ra) che nelle questioni generali del
programma e della tattica i nostri
socialpopulisti sostituiscono sem-
pre più con “correzioni” a Marx
gli ultimi residui, ormai in decom-
posizione, del loro vecchio siste-
ma, a suo modo coerente e radical-
mente ostile al marxismo.
Il socialismo premarxista è
sconfitto. Esso prosegue la lotta
non più sul suo proprio terreno,
ma sul terreno generale del marxi-
smo, come revisionismo. Vedia-
mo dunque quale sia il contenuto
ideale del revisionismo.
L’essenza
del revisionismo
Nel campo della filosofia il re-
visionismo si è messo a rimorchio
della “scienza” professorale bor-
ghese. I professori “ritornano a
Kant”, e il revisionismo si trascina
sulle orme dei neokantiani; i pro-
fessori ripetono le trivialità prete-
sche, rimasticate mille volte, con-
tro il materialismo filosofico, e i
revisionisti, sorridendo in tono di
condiscendenza, borbottano (pa-
rola per parola, secondo l’ultimo
Handbuch) che il materialismo è
stato già “confutato” da un pezzo;
i professori trattano Hegel come
un “cane morto” e, predicando essi
stessi l’idealismo, ma un ideali-
smo mille volte più meschino e tri-
viale di quello hegeliano, stringo-
no le spalle con disprezzo davanti
alla dialettica, e i revisionisti stri-
sciano sulle loro orme nel pantano
dell’involgarimento filosofico del-
la scienza, sostituendo alla dialet-
tica “sottile” (e rivoluzionaria) la
“semplice” (e pacifica) “evoluzio-
ne”; i professori si guadagnano i
loro stipendi adattando i loro siste-
mi idealistici e “critici” alla “filo-
sofia” medievale dominante (cioè
alla teologia), e i revisionisti li se-
guono sforzandosi di fare della re-
ligione un “fatto privato”, non già
nei confronti dello Stato moderno,
ma nei confronti del partito della
classe d’avanguardia.
Non occorre dire, perché la
cosa è chiara di per sé, quale sia il
reale significato di classe di que-
ste “correzioni” a Marx. Rilevia-
mo soltanto che l’unico marxista
che nella socialdemocrazia inter-
nazionale abbia criticato dal punto
di vista del materialismo dialetti-
co conseguente le inverosimili tri-
vialità spacciate dai revisionisti è
stato Plekhanov. Questo fatto deve
essere sottolineato tanto più ener-
gicamente oggi, cioè nel momen-
to in cui si fanno dei tentativi pro-
fondamente sbagliati di spacciare
il ciarpame filosofico reazionario
per una critica dell’opportunismo
tattico di Plekhanov(*).
Nel passare all’economia po-
litica bisogna anzitutto osservare
che in questo campo le “correzio-
ni” dei revisionisti sono state as-
sai più varie e circostanziate. Ci si
è sforzati di influire sul pubblico
con i “nuovi dati dello sviluppo
economico”. Si è detto che la con-
centrazione della produzione e la
sostituzione della grande alla pic-
cola produzione non avvengono
affatto nel campo dell’agricoltura
e avvengono con estrema lentezza
nel campo del commercio e del-
l’industria. Si è detto che le crisi
sono oggi divenute più rare, meno
acute, e che con ogni probabilità i
trusts e i cartelli daranno al capi-
tale la possibilità di eliminarle del
tutto. Si è detto che la “teoria del
crollo” verso cui marcia il capita-
lismo è una teoria inconsistente,
perché le contraddizioni di classe
tendono ad attenuarsi, ad attutirsi.
Si è detto, infine, che non è male
correggere la teoria del valore di
Marx secondo gli insegnamenti di
Böhm-Bawerk.
Lo sviluppo
della lotta
antirevisionista
La lotta contro i revisioni-
sti su questi problemi ha impres-
so al pensiero teorico del socia-
lismo internazionale un impulso
tanto fecondo quanto quello su-
scitato dalla polemica di Engels
contro Dühring venti anni prima.
Le argomentazioni dei revisio-
nisti sono state analizzate con i
fatti e le cifre alla mano. Si è di-
mostrato che i revisionisti idealiz-
zano sistematicamente la piccola
produzione moderna. Il fatto del-
la superiorità tecnica e commer-
Marx al lavoro, Londra, seconda metà dell’800
(*) Si vedano i Saggi intorno
alla filosofia del marxismo di Bo-
gdanov, Bazarov e altri. Non è que-
sta la sede per analizzare tale libro
e per il momento devo limitarmi a
dichiarare che in un prossimo futu-
ro dimostrerò, in una serie di arti-
coli o in un opuscolo a sé, che tutto
quanto viene detto nel testo a pro-
posito dei revisionisti neokantiani
è valido, nella sostanza, anche per
questi “nuovi” revisionisti neohu-
miani e neoberkeleyani.
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  • 1. Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - € 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVI - N. 6 - 16 febbraio 2012 Lenin: non crogioliamoci nel nostro brodo. Andiamo tra gli operai PAG. 9 Il presidente del Consiglio al Tg5 e a Matrix MONTI: “ADDIO POSTO FISSO. L’ART. 18 NON È UN TABÙ”“È ovvio che al mio predecessore (Berlusconi) sono molto riconoscente e lo ringrazio per il senso di responsabilità” PRIMA CHE I PROVVEDIMENTI SUL “MERCATO DEL LAVORO” DIANO UN COLPO MORTALE AI DIRITTI DEI LAVORATORI E DEI GIOVANI Fermare subito Monti e la Fornero con lo sciopero generalePAG. 3 Oltre trenta vittime sulla coscienza di Monti STRAGE PER LA NEVE E IL GELO PAG. 2 PAG. 6 RAPPORTO ISTAT Disoccupati il 31% dei giovani Tra i più colpiti donne e Mezzogiorno PAG. 7 CRESCONO LA DISOCCUPAZIONE E I CONTRATTI A TERMINE IN TOSCANA CON UN EMENDAMENTO DELLA LEGA VOTATO ANCHE DAL PDL E DA UNA CINQUANTINA DI “FRANCHI TIRATORI” DEL PD E DEL TERZO POLO Golpe piduista alla Camera nera sulla responsabilità civile dei giudici PAG. 13 Con il micidiale piano ospedaliero di Caldoro e i tagli del governo Monti LA SANITÀ PUBBLICA IN CAMPANIA È ALLO SFASCIO PAG. 11 Il senatore (PD) Lusi ha rubato 13 milioni all’ex Margherita PAG. 5 Da parte di studenti e precari CONTESTATA LA FORNERO A TORINOCariche poliziesche contro un corteo improvvisato PAG. 3 PER “REPUBBLICA” MARX ERA UN SOCIALDEMOCRATICO NON UN COMUNISTA Lenin: marxismo e revisionismo PAG. 4 PAGG. 8-9 Scuderi: anticapitalisti confrontatevi col PMLI e uniamo le forze PAG. 16
  • 2. 2il bolscevico / monti vattene! N. 6 - 16 febbraio 2012 Prima che i provvedimenti sul “mercato del lavoro” diano un colpo mortale ai diritti dei lavoratori e dei giovani FERMARE SUBITO MONTI E LA FORNERO CON LO SCIOPERO GENERALE Tutte le forze a cui stanno a cuore gli interessi delle lavo- ratrici e dei lavoratori devono prendere atto e agire di conse- guenza subito, prima che sia troppo tardi. La “trattativa” go- verno, Confindustria, sindacati sui temi del “mercato del lavo- ro” di cui si è tenuta la secon- da riunione il 2 febbraio scorso, presenti i ministri Elsa Forne- ro, Passera, il sottosegretario al Welfare Martone, il presidente di Confindustria, Emma Mar- cegaglia e i segretari di CGIL, CISL, UIL Camusso, Bonan- ni e Angeletti aldilà di fumose e ingannevoli enunciazioni non potrà avere alcun esito positivo. Anzi, le conclusioni che si pro- spettano potrebbero essere disa- strose per i diritti dei lavoratori e dei giovani precari o disoccupati che siano. Perché non si tratta di una vera trattativa: è il governo a stabilire modalità, contenuti, finalità e tempi. Perché governo e Confindustria fanno fronte co- mune per raggiungere gli stes- si obiettivi. Perché a sostegno della controriforma liberista del “mercato del lavoro” è schie- rato quasi tutto il parlamento, i mass-media di regime, persino Scalfari ha imbastito una cam- pagna su “la Repubblica” per indurre la CGIL, utilizzando e strumentalizzando un’intervista di Lama del 1978, a cedere e a collaborare col governo per far digerire ai lavoratori la politica dei sacrifici richiesta dalla UE e dalla BCE. Perché i sindaca- ti non hanno consultato i lavo- ratori e non li hanno mobilitati per dare forza alle rivendicazio- ni avanzate. D’altronde, le cose dette dal ministro Fornero, con un piglio thatcheriano, nella suddetta riu- nione, sono rivelatrici in questo senso. “La riforma sul merca- to del lavoro – ha affermato – si deve fare in due-tre settima- ne e senza risorse, ma se non ci sarà accordo con tutte le parti sociali, il governo andrà avanti da solo”. “L’Europa e i merca- ti ci dicono che è un’occasione per fare una buona riforma, se non la cogliamo perdiamo tutti. Questo tavolo è un dialogo (non dunque una trattativa, ndr) ma il governo farà di tutto per pren- dere il treno e se lo facciamo in- sieme siamo contenti, altrimen- ti il governo cercherà comunque di farlo”. Per non lasciare dubbi, ha aggiunto: “Niente tavoli, il nome non mi piace, ma quattro punti da affrontare assieme… il governo è disponibile a parlar- vi congiuntamente o separata- mente”. Gli obiettivi del governo Sui contenuti della “riforma” che il governo intende persegui- re gli obbiettivi sono emersi, a questo punto, molto chiari; ciò aldilà di affermazioni di carat- tere generale come lotta alla di- soccupazione specie giovani- le, aumento dell’occupazione femminile (ma non è detto se a tempo indeterminato) e via di- scorrendo, che in questo ambi- to lasciano il tempo che trovano. Al primo posto c’è la flessibilità in uscita, ossia la liberalizzazio- ne dei licenziamenti attraverso l’abolizione o la modifica peg- giorativa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori introdu- cendo, per dire, il licenziamen- to individuale per ragioni eco- nomiche e la riduzione dei casi in cui si applica il reintegro nel posto di lavoro. Su questo c’è il consenso aperto di Confindu- stria e un’apertura recente del- la CISL di Bonanni. Un contrat- to d’inserimento per i giovani (si chiami unico, prevalente o di apprendistato nella sostanza non fa differenza) della durata di tre anni con diritti e salari ri- dotti e crescenti nel tempo, sen- za copertura dell’art. 18 e dun- que licenziabili con un piccolo rimborso economico, una man- cia. La “riforma” degli “am- mortizzatori sociali” fondata sulla sola cassa integrazione or- dinaria con una durata massima Elsa Fornero e Mario Monti impegnati ad affossare l’art. 18 e più in generale i diritti dei lavoratori Due momenti della manifestazione nazionale di Roma nell’ambito dello sciopero generale, il primo contro il governo Monti, indetto dai sindacati non confederali il 27 gennaio scorso di 12 mesi e poi il licenziamen- to, e la cancellazione della cassa integrazione straordinaria e del periodo di mobilità da compen- sare con una indennità di disoc- cupazione imprecisata nella du- rata e in termini economici. Quando la Fornero parla di “valorizzazione della flessibi- lità buona”, di “riordino degli ammortizzatori sociali”, di “for- ma tipica di ingresso dei giova- ni al lavoro” e di “contratti lega- ti ai cicli della vita”, pensa non al superamento delle 46 forme di contratto di lavoro precario esistenti nel nostro Paese ma al loro mantenimento, se non tut- te in larga parte. Pensa alla ri- duzione dei tempi in cui il lavo- ratore conserva il rapporto con l’azienda in crisi in cui era oc- cupato e alla conseguente ridu- zione dell’integrazione salaria- le prima di essere licenziato. Pensa a un contratto per i gio- vani sottopagato, supersfruttato, alla mercé del padrone, senza una vera garanzia per la stabi- lizzazione del posto del lavoro. Preoccupa e molto l’assenza di reazioni da parte dei vertici sin- dacali. Niente di buono per i giovani e per l’occupazione È questa la linea che proprio alla vigilia dell’incontro gover- no, Confindustria e sindacati il presidente del consiglio, non- ché uomo della grande finanza e della UE, Mario Monti, ave- va dettato in varie interviste (al Tg5, Matrix, e “la Repubblica”) quando senza vergogna invitava i giovani a dire addio al “posto fisso” e a rassegnarsi a passare da un lavoro all’altro, inevitabil- mente precario e con periodi di disoccupazione tra un’assunzio- ne e l’altra, cosa che già avvie- ne oggi; allorché affermava, sa- pendo di mentire, che l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori non è un tabù e va eliminato perché, addirittura, costituisce un osta- colo per gli investimenti stra- nieri e la crescita economica in Italia; e sosteneva la tesi infame delle troppe tutele di cui bene- ficerebbero i padri, da ridurre per estenderle ai figli. Per ot- tenere, come è avvenuto anche in passato, una riduzione gene- ralizzate dei diritti per tutti. Ciò per rendere competitiva, è il ri- tornello del governo, nella glo- balizzazione dei mercati, l’Ita- lia capitalista con paesi quali la Cina e altri paesi dell’Asia e dell’Est europeo dove il “costo del lavoro” è più basso e i dirit- ti contrattuali e sindacali quasi inesistenti. Nelle proposte di Monti e Fornero non c’è nulla che asso- migli a un piano straordinario, ampio e concreto per la creazio- ne di posti di lavoro e di buona occupazione. Almeno che non si voglia sostenere che la liber- tà di licenziamento porti a que- sti risultati. Eppure la situazione occupazionale Italia è peggiora- ta e peggiorerà ancora, come te- stimoniano i dati ufficiali Istat con 2 milioni 243 mila disoccu- pati di cui oltre la metà giovani. Per non dire del lavoro precario e del lavoro sommerso. Per non dire dei 300 mila lavoratori, se- condo calcoli sindacali, che ri- schiano di perdere il posto di la- voro nelle aziende in crisi. Non c’è nulla che operi, magari at- traverso un alleggerimento del peso fiscale sul lavoro dipen- dente e sui redditi medio-bas- si, per aumentare il potere d’ac- quisto dei salari e delle pensioni ridotto all’osso, nulla sulla tas- sazione dei patrimoni e delle rendite finanziarie. Come e peggio di Berlusconi Un attacco così pesante ai di- ritti e alle condizioni di lavoro dei lavoratori e alle condizioni di vita delle masse popolari non era stato capace di farlo nemme- no il governo del neoduce Ber- lusconi che pure aveva picchia- to duro per esempio approvando l’art. 8 della manovra economi- ca dell’estate del 2011 che in- troduceva il padronale sistema delle deroghe (a livello azienda- le) sul contratto nazionale di la- voro e sulle leggi sul lavoro. Sì perché la “riforma” sul “merca- to del lavoro”, considerato dal governo Monti un tassello fon- damentale per superare la crisi economica in atto, seguirebbe la controriforma pensionistica attuata per la prima volta senza contrattazione con i sindacati, e la superstangata di 30 miliardi di euro quasi tutti a carico delle masse lavoratrici e popolari. En- tro il mese di febbraio il gover- no vuole varare, forse con una legge delega o più probabilmen- te con l’ennesimo decreto legge, la “riforma” del “mercato del la- voro” con o senza il consenso di uno o più sindacati. E lo farà si può starne certi. A meno che non venga fermato prima dalla mobilitazione di piazza. Mon- ti fin qui ha fatto quello che gli è parso non solo perché non ha trovato alcuna opposizione in parlamento, se si esclude quel- la di destra e strumentale della Lega di Bossi, ma anche perché gli è stata concessa una ingiu- stificata e assolutamente dele- teria “pace sociale” dai sindaca- ti confederali, CGIL compresa. Non i “sindacati di base” che un primo sciopero contro il gover- no lo hanno fatto ottenendo un certo successo. I lavoratori, i precari, i giova- ni, i pensionati le masse popola- ri per fermare il governo Mon- ti e la sua politica di lacrime e sangue, di macelleria sociale, di deregulation neoliberista, per non pagare il debito pubblico e la crisi economica e finanzia- ria di cui non hanno alcuna re- sponsabilità e respingere le pre- tese della UE e della BCE, per difendere i loro interessi econo- mici e sociali, con in testa il di- ritto al lavoro, al reddito, alla sa- lute, allo studio, alla casa, non hanno altra strada che la lotta, la mobilitazione. Per unire e far sentire for- te la volontà popolare ci vuo- le lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma per cacciare via que- sto governo della grande finan- za, della UE e del massacro so- ciale. Intanto auguriamo pieno successo alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici a Roma del 18 febbraio promos- sa dalla FIOM contro il model- lo Marchionne esteso a tutto il gruppo Fiat e in difesa del con- tratto nazionale di lavoro e delle libertà sindacali da questo mo- dello negati. In quell’occasio- ne i metalmeccanici potrebbe- ro gridare forte e chiaro: Monti vattene!
  • 3. N. 6 - 16 febbraio 2012 monti vattene! / il bolscevico 3 Da parte di studenti e precari CONTESTATA LA FORNERO A TORINOCariche poliziesche contro un corteo improvvisato Davvero infuocato il clima dell’inaugurazione dell’an- no accademico in una Torino blindata da centinaia di agenti, a protezione del ministro del lavoro e delle politiche socia- li Elsa Fornero, e del ministro della salute Renato Balduzzi, ospiti principali della cerimo- nia. Il 6 febbraio all’esterno del Conservatorio, uno schie- ramento di “forze dell’ordi- ne” in assetto antisommos- sa ha impedito a centinaia di manifestanti, la maggior parte studenti, colpiti dai tagli alle borse di studio, e lavoratori precari della Regione, di ac- cedere alla sala dove avrebbe- ro parlato i ministri. All’esterno i giovani hanno esposto diversi striscioni, tra i quali: “Fornero bella soluzio- ne: niente lavoro, niente pen- sione”. Il ministro del lavoro, scortato da decine di agenti, passa lontano dal concentra- mento, ma le grida e i fischi lo raggiungono ugualmente. Dopo il passaggio della For- nero, i manifestanti improv- visano un piccolo corteo per le vie del centro, ma vengo- no proditoriamente aggrediti e manganellati dalle “forze del- l’ordine” tra Via Cavour e Via Accademia. Nonostante l’imponente schieramento, diversi studenti riescono ad entrare alla ceri- monia, dove, mentre la Forne- ro li attacca duramente, affer- mando che i giovani ormai se lo possono sognare l’artico- lo 18 ed il “posto fisso” per- ché “non ci si può più arrocca- re su posizioni antistoriche”, espongono dei cartelli, tra cui: “No ai tagli alla cultura, no al- l’abolizione dell’articolo 18, senza di noi Torino muore, siamo una risorsa e non uno spreco”. Gli studenti vengo- no accompagnati all’uscita e identificati dagli agenti del- la Digos. A quel punto anche la maggior parte dei senato- ri accademici eletti nelle liste studentesche lascia la sala, in- tonando in coro la parola d’or- dine “Siamo una risorsa, non uno spreco, senza di noi Tori- no muore”. Torino, 6 febbraio 2012. La polizia reprime il corteo che ha contestato il ministro Fornero IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO AL TG5 E A MATRIX Monti: “addio posto fisso L’art. 18 non è un tabù”“È ovvio che al mio predecessore (Berlusconi) sono molto riconoscente e lo ringrazio per il senso di responsabilità” Dalla padella alla brace! Que- sto ha rappresentato per i lavorato- ri, i pensionati e le masse popolari il passaggio dal governo del neo- duce Berlusconi al governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale, Monti. Il neo- liberismo e il neofascismo li ac- comuna, checché ne dica il nuo- vo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, e l’ascaro PD Bersani. Ciò è vero in particolare per quan- to riguarda la linea di questo ese- cutivo sui problemi del lavoro, fi- nalizzata alla distruzione dei diritti e delle libertà sindacali dei lavo- ratori, a partire dalla cancellazione del contratto nazionale di lavoro, lo Statuto dei diritti dei lavorato- ri e in questo ambito l’articolo 18 per liberalizzare i licenziamenti, senza dimenticare la mazzata sul- le pensioni assestata senza alcu- na contrattazione con i sindacati; cosa mai successa in passato. Se qualcuno aveva qualche dubbio in proposito, dopo le di- chiarazioni rilasciate da Mario Monti al Tg5 e a Matrix su Canale 5, oltretutto alla vigilia del secon- do incontro tra il ministro Fornero, sindacati e Confindustria sui temi del “mercato del lavoro”, dovreb- be averli fugati definitivamente. Su due punti il tecnocrate bor- ghese picchia duro con un’arro- ganza che lascia allibiti e indigna: il posto fisso, cioè l’assunzione a tempo indeterminato che i giova- ni, a suo dire, devono dimentica- re per rassegnarsi alla precarietà, e l’art. 18, vera e propria ossessio- ne di questo governo, che va can- cellato, come gli richiede insisten- temente la Confindustria, con o senza l’accordo dei sindacati, per- ché rappresenterebbe addirittura un freno agli investimenti nel no- stro Paese e dunque alla ripresa e alla crescita economica. “I giova- ni devono abituarsi – ha afferma- to in proposito – all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. E poi, diciamolo, che mono- tonia. È bello cambiare e accetta- re delle sfide”. Detto da uno che è stato da poco nominato senatore a vita queste dichiarazioni suonano ancor più ipocrite e provocatorie. Buttando olio bollente sul fuoco, ha aggiunto: “la finalità principa- le della riforma (sul ‘mercato del lavoro’, ndr) è quella di ridurre l’apartheid che esiste tra chi per caso e per età è già dentro e chi fa fatica ad entrare”. Tradotto in pa- role povere: i lavoratori con con- tratto a tempo indeterminato e le tutele sindacali e di legge sono i responsabili dell’emarginazione dei giovani nel precariato; perciò bisogna ridurre le tutele ai primi per “estenderle” ai secondi. “Bi- sogna dare meno tutele – esplicita – a chi oggi ne ha troppe ed è qua- si blindato nella cittadella e dar- ne di più a chi è in forme estreme di precariato o è fuori dal mercato del lavoro”. Quando parla di troppe tutele il pensiero di Monti torna sempre all’art. 18 che, secondo lui “non è un tabù. Può essere pernicioso - sostiene senza temere il ridicolo - per lo sviluppo dell’Italia e il futu- ro dei giovani”. Tradotto, in Italia non si investe non per problemi di infrastrutture, credito, burocrazia e non per ultimo corruzione e ma- fie o perché si preferisce la specu- lazione e la rendita finanziaria, ma perché c’è l’articolo 18 e le azien- de italiane non crescono, non per mancanza di ricerca e innovazione del prodotto e del modo di produ- zione, ma perché non si può licen- ziare anche quando non “c’è giu- sta causa”. Siamo all’assurdo. In un mo- mento di grave crisi economica La “massoneria” di Davos elogia Monti “The Economist”: Monti come Thatcher Il governo Monti piace sem- pre di più ai grandi circoli finan- ziario-massonici internazionali, che ormai lo paragonano aperta- mente alla “Lady di ferro” Mar- garet Thatcher, in quanto a spie- tatezza e determinazione nel far pagare ai lavoratori e alle mas- se popolari il fallimento del ca- pitalismo. Nel corso del vertice dei lea- der e dei magnati dell’economia e della finanza internazionale a Davos, si sono sprecati infatti gli elogi al governo del tecnocrate borghese: che fosse per il “cam- bio di passo” impresso all’Italia, come lo ha chiamato il finanzie- re americano Soros, lui che con le sue speculazioni fece quasi af- fondare la lira nel 1992; o per “le cose impegnative che sono state fatte”, come ha detto il ministro del Tesoro Usa, Tim Geithner; o addiritturaperchéconlui“l’Italia è tornata sulla scena” e“l’Europa si appoggia sulle spalle di Mon- ti”, come titolava l’autorevole quotidiano economico britanni- co Financial Times. Ma più di tutti, ad elogiare il nuovo governo italiano è stato il suo connazionale The Econo- mist, che ha apprezzato soprat- tutto le sue misure sulle libera- lizzazioni e il piglio decisionista con cui Monti le sta imponendo al Paese, paragonandolo per que- sto alla Thatcher, tanto da conia- re per lui l’appellativo “the iron Monti” (“Il Monti di ferro”) con cui gli ha intitolato un artico- lo nell’edizione cartacea del 27 gennaio. Il primo ministro ita- liano “si accinge a diventare la Margaret Thatcher dell’Italia”, scrive infatti il settimanale eco- nomico. “Ma chi saranno - si chiede – i minatori il cui sciope- ro pose la sfida più seria alle ri- forme di mercato della Lady di ferro”? Per adesso “le arrabbiate vit- time delle leggi di Monti han- no fatto la fila per assumere tale ruolo”, ma “almeno per ora le sue riforme risultano gradite al- l’opinione pubblica”, lo incorag- gia l’Economist, sottintendendo che come la Thatcher anche lui riuscirà ad averla vinta suoi suoi “minatori”. Dalla Thatcher a Cavour: per lo storico trotzkista Paul Gin- sburg sarebbe questo invece il paragone da fare per Monti, come ha dichiarato in un’inter- vista a il manifesto del 29 gen- naio. Un accostamento che per il premier italiano suona in casa altrettanto lusinghiero di quan- to suona nel Regno Unito essere paragonati alla “Lady di ferro”: “Forse Monti è un novello Ca- vour, sicuramente è il rappresen- tante della destra storica”, dice infatti Ginsburg al quotidiano trotzkista. E spiega: “I primi atti di governo sono molto lontani dall’equità sociale, ma comun- que hanno un’idea molto preci- sa dell’Italia. Ad esempio la bat- taglia sulla semplificazione delle procedure burocratiche fatta in questo modo – non alla Brunetta, per intenderci – può portare un vasto consenso, nel paese euro- peo in cui i cittadini sono afflitti dalla burocrazia più farraginosa. È Monti che ha costruito in poco tempo una vera destra classica”. Come si vede il giudizio di Ginsburg su Monti non è poi tanto diverso da quello dell’Eco- nomist, a parte lo scambio Tha- tcher-Cavour. Ciò conferma che se la “sinistra” borghese rinnega- ta e riformista lo sostiene aperta- mente, quella trotzkista quanto- meno lo copre. Lo chiede “La CGIL che vogliamo” LA CGIL CONVOCHI IL DIRETTIVO SUL CONFRONTO CON IL GOVERNO “No a qualsiasi rimaneggiamento dell’art. 18” “Come ampiamente previsto, - è scritto nella nota del coordina- tore nazionale de ‘La CGIL che vogliamo’, Gianni Rinaldini - il confronto a Palazzo Chigi lun- gi dall’affrontare le vere questio- ni che riguardano la creazione di nuovi posti di lavoro e il supera- mento della precarietà, si sta con- centrando sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Di inaudi- ta gravita – prosegue la nota – la decisione assunta dal governo, e avallata da Confindustria, di pro- cedere anche senza l’intesa con le parti sociali”. La CGIL che vogliamo ribadi- sce l’assoluta contrarietà non solo all’abolizione dell’art. 18 “ma an- che a qualsiasi suo rimaneggia- mento o manutenzione e ritiene urgente – conclude - la convoca- zione del Comitato Direttivo Na- zionale che faccia il punto sul tavolo aperto a Palazzo Chigi e as- suma le iniziative necessarie”. La richiesta, sottoscritta an- che da Fabrizio Burattini, Giorgio Cremaschi, Eva Mamini, Anna Zavaglia, facenti parte del Diretti- vo Nazionale, appare del tutto le- gittima e necessaria, visto che fin qui ha gestito tutto senza mandato la Segreteria nazionale CGIL. e di recessione produttiva che si protrarrà quanto meno per tutto il 2012, dove la disoccupazione au- menta spaventosamente (a dicem- bre 2011 erano 2 milioni 243 mila i senza lavoro ufficiali di cui oltre la metà giovani), i posti di lavo- ro a rischio si contano a centinaia di migliaia, i giovani in stragran- de maggioranza rimangono confi- nati nel precariato o nell’inattività e Monti non indica progetti e mi- sure atte a creare posti di lavoro ma racconta la storiella delle trop- pe tutele, spara a zero ancora una volta sui diritti dei lavoratori, su quello che resta di essi per essere esatti, conquistati a prezzo di dure lotte, invita i giovani ad arrendersi e accettare questa situazione crea- ta e gestita dal capitalismo. Più che opportuna la rispo- sta della “Rete dei precari” che in una nota ha scritto: “Che monoto- nia i nostri governanti che alter- nano gaffe ad alti proclami e nel frattempo non affrontano la vera emergenza sociale di questo pae- se: la precarietà e la disoccupa- zione giovanile di massa. Noi, i giovani di questo Paese, abbiamo il diritto di trovare un lavoro che valorizzi la nostra formazione e la nostra professionalità, retribuito con un stipendio decente, che ga- rantisca quei diritti a cui, lontani dalla monotonia ma molto vicini all’ansia e all’incertezza, non ab- biamo mai avuto accesso”. Non è togliendo l’art. 18 che si danno ri- sposte ai giovani. “La vera mono- tonia per noi - prosegue - si chia- ma contratto in scadenza, partita Iva falsa, stipendi da fame, disoc- cupazione”. Per la CGIL “parlare di troppe tutele per chi è ‘blindato nella sua cittadella’ è non solo sbagliato, non vero, ma anche un po’ offen- sivo verso questi lavoratori. Mon- ti conosce la condizione reale del lavoro? In tre anni abbiamo perso centinaia di migliaia di posti di la- voro”. E che dire della perdita del potere d’acquisto dei salari a favo- re dei profitti e delle rendite, della enorme concentrazione della ric- chezza nella mani di una minusco- la minoranza di super-privilegiati borghesi? Monti si muove in perfetta sin- tonia con Berlusconi e gli è gra- to “per il suo senso di responsa- bilità”. “Trovo che l’appoggio di Berlusconi al governo – afferma infatti il capo del governo – sia fondamentale. Venendo da chi ri- copriva il ruolo di presidente del Consiglio è un appoggio partico- larmente significativo e questo credo che dia anche internazional- mente il segno di una continuità”. C’è un legame personale tra lui il neoduce. “In fondo se mi sono av- vicinato alla cosa pubblica – ricor- da con riconoscenza - è perché nel 1994 Berlusconi, appena nomina- to presidente del Consiglio mi ha chiesto se volevo fare il commis- sario europeo”.
  • 4. 4 il bolscevico / regime neofascista N. 6 - 16 febbraio 2012 CON UN EMENDAMENTO DELLA LEGA VOTATO ANCHE DAL PDL E DA UNA CINQUANTINA DI “FRANCHI TIRATORI” DEL PD E DEL TERZO POLO Golpe piduista alla Camera nera sulla responsabilità civile dei giudici Il governo Monti e la “sinistra” borghese accettano il fatto compiuto. L’ANM: “una mostruosità giuridica per intimidire i magistrati che il Senato dovrà cancellare” Quello che non era riuscito al governo del neoduce Berlusconi è successo con il governo del tecno- crate borghese Monti sponsorizza- to dal rinnegato Napolitano e te- nuto in piedi dal PD: il 2 febbraio, con un blitz a scrutinio segreto alla Camera nera, è passato un emen- damento della Lega sulla respon- sabilità civile dei giudici che attua uno dei punti cardine del program- ma della P2 attentando gravemen- te all’indipendenza dei magistrati. L’attacco è stato sferrato dalla Lega, attraverso un emendamento alla legge Comunitaria 2011 pre- sentato dal maroniano Gianluca Pini, lo stesso che tentò un iden- tico blitz a giugno dell’anno scor- so, che però allora non ebbe suc- cesso. Con questo emendamento, con la motivazione capziosa che “è l’Europa che ce lo chiede”, è stato aggiunto alla legge che re- cepisce alcune norme comunitarie un articolo, il 30 bis, che amplia la responsabilità civile dei giudi- ci prevista dalla legge Vassalli del 1988 in caso di “dolo o colpa gra- ve” nell’emissione di una sentenza riconosciuta errata. Al dolo e alla colpa grave viene aggiunto infatti anche il caso di “violazione mani- festa del diritto”, una formulazio- ne che apre le porte a una possibi- lità di impugnazioni virtualmente illimitata per imputati “eccellenti” dotati di mezzi e avvocati adegua- ti, poiché investe l’interpretazio- ne stessa delle leggi da parte del giudice. Inoltre, a differenza della normativa attuale con cui il citta- dino viene risarcito dallo Stato, il quale poi si rivale sul magistrato con una pesante sanzione pecunia- ria, l’imputato che si ritiene ingiu- stamente condannato può rivalersi anche direttamente contro il giu- dice, oltre che contro lo Stato. Il che rafforza ulteriormente i gravi elementi di dissuasione e intimi- dazione preventivi già contenuti nell’estensione della casistica alla “manifesta violazione del diritto”, e capaci perciò di minare alla base l’autonomia di giudizio del magi- strato. Quale pm si sentirà più di in- quisire, e quale giudice si sentirà più di condannare un politico o un imprenditore ricco e influente, sa- pendo in partenza di rischiare pro- babili sanzioni milionarie? E quale giudice si arrischierà più a tentare interpretazioni coraggiose di leggi, come quelle per esempio che do- vrebbero tutelare la sicurezza sul lavoro (vedi strage della Thyssen), invece di scegliere la via più co- moda e meno rischiosa dell’appli- cazione pedissequa e ripetitiva di sentenze già ampiamente confer- mate dalla giurisprudenza passa- ta? È forse un caso che la respon- sabilità civile dei magistrati così definita compaia anche nel “Piano di rinascita democratica” della P2 di Gelli per sottomettere la magi- stratura al potere esecutivo? Vendetta del parlamento nero contro i magistrati Ma ciò che rende ancor più grave e allarmante questo colpo di mano è anche il modo con cui è stato messo a segno: non sol- tanto perché i 6 deputati radica- li, eletti in parlamento nelle liste del PD, hanno ancora una volta retto il sacco alla destra neofasci- sta, appoggiando dichiaratamente l’emendamento leghista e facen- do da mosche cocchiere per trai- nare la voglia di vendetta di un parlamento nero pieno di inqui- siti, ladri, corrotti e mafiosi, nei confronti dei magistrati troppo im- Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI Indirizzo postale: Il Bolscevico - C.P. 477 - 50100 Firenze e-mail ilbolscevico@pmli.it sito Internet http://www.pmli.it Abbonamento annuo: Ordinario € 60,00; sostenitore € 100,00; estero € 100,00; a prezzo politico (disoccupati, cassintegrati, lavoratori precari, pensionati sociali, operai, casalinghe, studenti, immigrati senza lavoro, con lavoro precario o a salario operaio) € 30,00. Chi ha diritto al prezzo politico può fare un abbonamento semestrale € 15,00 oppure quadrimestrale € 10,00. Numeri arretrati € 3,00 I versamenti vanno effettuati attraverso il c.c.p. 29675501 intestato all’Editoriale Il Girasole - C.P. 477 - 50100 Firenze. Dlgs 196/03 - I dati degli abbonati vengono utilizzati solo per l’invio del giornale e non ven- gono ceduti a terzi. Redazione centrale: via Gioberti, 101 - 50121 Firenze - Tel. e fax 055.2347272 Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Stampa: Litografia IP - Firenze Editore: Editoriale Il Girasole - Firenze Iscrizione al Roc n. 8292 ISSN: 0392-3886 Associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana chiuso l’8/2/2012 ore 16,00 Richiedete Le richieste vanno indirizzate a: commissioni@pmli.it indirizzo postale: IL BOLSCEVICO C.P. 477 50100 FIRENZE VISITATE IL NOSTRO SITO www.pmli.it suoi parlamentari, così commenta- va trionfante su Twitter il voto di Montecitorio: “A sinistra grande indignazione, però a scrutinio se- greto almeno 50 di loro hanno vo- tato a favore della norma. Chi sba- glia paga, anche i magistrati”. “Dopo il voto di oggi è evi- dente che esiste una P2 parla- mentare”, ha dichiarato invece Antonio Di Pietro. “C’è una mag- gioranza alla Camera – ha aggiun- to il leader dell’IDV richiaman- do a quanto pare la coincidenza con lo scandalo dei milioni ruba- ti dal senatore PD ed ex Marghe- rita, Lusi - che non ha il coraggio di farsi vedere e si nasconde dietro il voto segreto. E opera una ven- detta proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuto parlare, magari, di riforma della legge sui rimborsi elettorali”. Durissime le reazioni dell’Associazione nazionale ma- gistrati (ANM), che ha messo al- l’ordine del giorno la decisione su un possibile sciopero delle toghe se la norma, definita “incostituzio- nale”, un “atto di piena ritorsione contro la magistratura” e “una mo- struosità giuridica” dal suo segre- tario, Giuseppe Cascini, non verrà ritirata al Senato. Anche per il presidente del- l’ANM “questo emendamento va tolto di mezzo”, e perfino il presi- dente della Cassazione, Lupo, sot- tolinea che “la responsabilità del giudice limita sempre l’indipen- denza, è fuori di dubbio”. Il per- ché lo spiega bene il procuratore aggiunto di Roma e membro del “parlamentino” dell’ANM, Nel- lo Rossi, facendo notare in un’in- tervista a la Repubblica del 3 feb- braio che nell’attuale legge si specifica che nel ricorrere contro un giudice “per dolo o colpa grave nell’esercizio del sue funzioni ov- vero per diniego di giustizia”, non può in ogni caso “dar luogo a re- sponsabilità l’attività d’interpreta- zione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle pro- ve”: principio che viene invece ca- povolto con l’emendamento Pini, col quale si intende evidentemente – sottolinea il pm - “aprire la stra- da ad un numero potenzialmen- te illimitato di giudizi per respon- sabilità civile contro i magistrati. Pensiamo agli imputati eccellenti o milionari ansiosi di farla paga- re ai propri accusatori e, in caso di condanna, ai propri giudici”. Le gravi responsabilità della “sinistra” borghese Tanto dura e allarmata la rea- zione dei magistrati quanto debole e ridicola quella del PD, che pure porta la responsabilità principale di questo golpe piduista, come mi- nimo per averlo sottovalutato con criminale leggerezza, nonostan- te le avvisaglie fossero state già chiare almeno fin dal giorno pre- cedente. Invece Bersani e France- schini si sono fidati scioccamen- te delle rassicurazioni ufficiali del governo e del PDL che non avreb- bero fatto passare l’emendamento. Decine di deputati del PD non si sono neanche presentati in aula, compreso, chissà perché, il rinne- gato D’Alema. Nemmeno hanno protestato quando il fascista ripu- lito Fini non ha voluto concede- re il voto palese reclamato da un parlamentare dell’IDV. E per fini- re, dopo essere stati così clamoro- samente gabbati, hanno anche vo- tato la legge Comunitaria “cavallo di Troia” della responsabilità ci- vile dei giudici: “per senso di re- sponsabilità, ma è stata dura”, si è giustificato il capogruppo del PD, Franceschini. “Non possiamo assistere ad una situazione in cui rispunti la vecchia maggioranza. Il gover- no chiarisca, non può esserci chi è leale e chi si prende queste li- bertà”, si è limitato a bofonchia- re a sua volta il liberale Bersani. Che poi è andato a lamentarsi da Napolitano piagnucolando che “noi continuiamo a votare misu- re che non ci convincono al cen- to per cento. Per lealtà al gover- no. Il PDL invece ricrea alleanze con la Lega e vota contro l’esecu- tivo com’è successo sulla respon- sabilità civile dei giudici. È un at- teggiamento pericoloso. Mette in difficoltà noi e Monti”. Ma più di questo si è guardato bene dal fare. Anzi, è apparso subito chiaro che la sua linea è quella di accettare il fatto compiuto e cercare al massi- mo di metterci una toppa al Senato per salvare in qualche modo la fac- cia, come si è capito dalle dichia- razioni della capogruppo PD a Pa- lazzo Madama,Anna Finocchiaro: “La norma è sbagliata. Inopportu- na, intimidatoria, forse incostitu- zionale. Va cambiata”. Cioè non respinta del tutto, ma solo “aggiu- stata” per rendere più digeribile il rospo da ingoiare. Del resto non pare proprio che, come dice Bersani, il governo Monti si sia sentito messo in diffi- coltà da questo voto, stando se non altro alla ministra della Giustizia, Paola Severino, che si è limitata a commentare seraficamente: “Il parlamento ha votato ed è sovra- no, ma confidiamo che in seconda lettura si possa discutere qualche miglioramento perché interven- ti spot su questa materia posso- no rendere poco armonioso (sic) il quadro complessivo”. Dunque non c’è nessuna intenzione, né da parte della “sinistra” borghese né tanto meno da parte del governo, di sbarrare la strada alla maggio- ranza trasversale piduista e difen- dere i magistrati, ma si dà ormai il golpe per acquisito e si negozia solo per una sua eventuale edulco- razione, anche perché al Senato la maggioranza fascio-leghista è an- cora più schiacciante che alla Ca- mera. Non è difficile, inoltre, scorge- re in questo colpo di mano della vecchia maggioranza, un segnale del nuovo clima di intesa idillia- ca che si è instaurato, con la be- nedizione del nuovo Vittorio Ema- nuele III, Napolitano, tra il nuovo Mussolini e il tecnocrate borghe- se Monti, che fanno ormai a gara nel rivolgersi complimenti e rico- noscimenti reciproci, e che stan- no facendo asse per stringere alle corde il rimbambito e arrendevole Bersani per farlo capitolare anche sull’articolo 18. C’è da scommet- tere che tra i due furboni e Napo- litano (non per nulla il neoduce ha avuto un incontro riservato al Qui- rinale da lui definito “molto co- struttivo, molto positivo”) sia sta- to stretto un patto segreto in cui in cambio di lasciar governare Monti fino al 2013 il neoduce avrà avuto garanzie di impunità nei suoi pro- cessi in corso e sull’intangibilità del suo monopolio mediatico. piccioni; non soltanto perché, pur essendosi il governo pronuncia- to contro l’emendamento, e così abbiano fatto ufficialmente tutti i partiti che lo sostengono, i deputa- ti del PDL hanno invece votato in massa a favore del provvedimen- to, rendendo palese che l’asse tra il partito del neoduce e quello di Bossi e Maroni è ancora ben vivo e operante al di là delle dichia- razioni ufficiali, e che riemerge inossidabile ogni volta che sono in ballo le questioni che contano – si tratti di spartirsi il controllo della Rai o di assestare un colpo ai ma- gistrati - come le disgustose scene di tripudio nei banchi della destra dell’aula hanno eloquentemen- te mostrato; ma anche perché se l’emendamento leghista è potuto passare è anche grazie a una cin- quantina di voti di “franchi tirato- ri” annidati tra i banchi del centro e della sinistra dell’emiciclo, tra cui diversi provenienti sicuramen- te anche dal PD. Su 476 presenti l’emendamento è passato infatti con 264 voti a fa- vore contro 211 contrari e un aste- nuto. Sulla carta, escludendo Lega, PDL, il gruppo dei “Responsabili” e i radicali, i no di PD, Terzo polo e IDV avrebbero dovuto essere al- meno 245, quindi come minimo sono 34 i no che sono mancati al- l’appello e che hanno fatto capo- volgere il risultato. E questo è un fatto incontrovertibile, malgrado che il liberale Bersani abbia cerca- to di addossarne tutta la colpa agli altri partiti, definendo “una cazza- ta” l’ipotesi che vi fossero stati dei “franchi tiratori” tra le file del PD. Smentito peraltro dal suo princi- pale “partner” della maggioranza, AngelinoAlfano, che senza preoc- cuparsi di nascondere la soddisfa- zione, pur avendo dato ufficial- mente indicazione di votare no ai
  • 5. N. 6 - 16 febbraio 2012 corruzione / il bolscevico 5 Il senatore (PD) Lusi ha rubato 13 milioni all’ex Margherita BERSANI E RUTELLI NON POTEVANO NON SAPERE Il segretario del PD Bersani in allegra compagna con l’ex tesoriere della Mar- gherita e senatore del PD Luigi Lusi A fine gennaio, proprio nelle ore in cui il senatore del PD Lui- gi Lusi rendeva conto ai magistra- ti della distrazione dei fondi della ex Margherita, la procura di Roma ha aperto un’inchiesta sulla com- pravendita della nuova sede della cassa previdenziale degli psicolo- gi che in un solo giorno ha frutta- to al senatore PDL, Riccardo Con- ti, ex Udc, braccio destro di Rocco Buttiglione e ex democristiano, un guadagno di 18 milioni di euro. Il palazzo storico in via del- la Stamperia a Roma, 4mila me- tri quadri su cinque piani, accanto alla fontana di Trevi, è stato ac- quistato da Conti (amministrato- re unico della srl bresciana “Esta- te due”) a 26,5 milioni dalla Fimit e rivenduto, lo stesso giorno, il 31 gennaio 2011, all’Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli psicologi (Enpap) a 46,5 milioni. Si tratta in sostanza di una sporca speculazione edilizia che ha fruttato a Conti un plus valore da record su un valore complessi- vo dell’immobile che arriva a sfio- rare i 14mila euro a metro quadro e che, aggiungendo l’Iva, ha com- portato per l’ente un esborso com- plessivo di 54 milioni di euro. Lo stesso immobile nel 2004 era iscritto nei bilanci della ban- ca San Paolo di Torino, poi fusa con Intesa, a meno di 10 milioni. Il Fondo Omega gestito da Massi- mo Caputi lo compra nel dicem- bre 2008 per 17,4 milioni. A gen- naio 2011 Omega gira la palazzina a Conti per 26, 5 milioni. E a stret- to giro di posta arrivano gli psico- logi dell’Enpap che comprano per 44 milioni. Dunque l’immobile, nel giro di tre anni, è passato da un valore di 17,4 milioni a 44 milioni di euro. Una rivalutazione abbastanza in- credibile su cui la magistratura ha deciso di indagare anche per capi- re come è possibile che l’Enpap, gestita da Angelo Arcicasa, non poteva al momento della stipu- la non sapere l’“origine” di quel- la proprietà, e dunque non poteva ignorare che quello stesso immo- bile era passato di mano lo stesso giorno a un prezzo inferiore di ben 18 milioni. Soprattuto se si pensa che, già due mesi dopo l’acquisto e poi ancora a settembre 2011, la new- sletter-web “Infoenpap”, che trat- ta tematiche relative all’ente pre- videnziale degli psicologi, poneva domande su quel vistoso investi- mento immobiliare costato “cir- ca il dieci per cento del patrimo- nio dell’ente”, che peraltro aveva già acquistato una nuova sede nel 2000 (4,5 milioni di euro per 1.150 metri quadri). Arrivando nel numero di dicembre a rivelare che il palazzo era stato comprato da una società che l’aveva a sua vol- ta acquistato lo stesso giorno. Ma non rivelando l’importo della pri- ma compravendita. Il fascicolo processuale è nel- le mani dei pm Corrado Fasanelli, del pool di reati finanziari, già al lavoro sulle perdite dell’Enpap le- gate a una serie di investimenti in derivati e Erminio Amelio. I rea- ti ascrivibili sono: finanziamento illecito ai partiti, qualora l’Enpap consapevolmente avesse pagato di più. Oppure truffa allo stesso ente, se tutto fosse stato architettato da Conti. Inoltre la procura indaga anche sulla vendita del patrimonio Siae. Il fascicolo affidato al pm Caper- na riguarda i sette immobili ceduti a due fondi gestiti dalla Sorgente Group. È stata chiesta un’informa- tiva alla Gdf sulla dismissione del patrimonio dell’ente per un valo- re che potrebbe essere la metà di quello reale. Insomma mentre milioni di famiglie stentano a mettere in- sieme il pranzo con la cena, i boss delle cosche parlamenta- ri, di cui Conti è ovviamente un degno rappresentante, grazie ai loro lauti stipendi, al potere che detengono e alle attività lavora- tive che comunque portano avan- ti infischiandosene di qualsiasi conflitto di interessi, continuano a fare affari d’oro e a diventare sempre più ricchi. IL SENATORE PDL CONTI LUCRA 18 MILIONI NELLA COMPRAVENDITA DI UN IMMOBILE Tra il 2008 e il 2011, l’ex teso- riere della Margherita e attuale se- natore del PD Luigi Lusi ha rubato 13 milioni di fondi pubblici dalle casse della disciolta Democrazia e Libertà - Margherita. Per questo motivo, il procu- ratore aggiunto di Roma Alberto Caperna ha iscritto il suo nome sul registro degli indagati con l’accu- sa di appropriazione indebita. Interrogato il 17 gennaio da- gli inquirenti, Lusi non ha potuto fare altro che ammettere le pro- prie responsabilità e ha candida- mente confessato di aver volon- tariamente sottratto il denaro per interessi “privatissimi” e “immo- biliari”; in tutto poco meno di 13 milioni di euro, prelevati dal conto del partito su cui ha tutt’ora dirit- to ad operare anche l’ex segreta- rio Francesco Rutelli (attuale lea- der di Alleanza per l’Italia ApI) e su cui è continuato ad affluire la montagna di denaro pubblico ru- bato al popolo e girato sotto for- ma di rimborso per le spese eletto- rali alle varie cosche parlamentari senza alcun controllo da parte del- lo Stato. L’inchiesta è partita nel no- vembre scorso grazie a una segna- lazione della Banca d’Italia che aveva notato alcuni movimenti so- spetti sul conto corrente bancario intestato a “Democrazia e Liber- tà - Margherita”, partito che, nel- l’ottobre del 2007 è confluito nel PD, ma che è sopravvissuto come fondazione e ha dunque conserva- to insieme a tutto il suo patrimonio mobiliare e immobiliare, anche il “diritto” ai rimborsi elettorali. Secondo i dati forniti da Banki- talia risulta che tra il gennaio del 2008 e l’agosto del 2011 ci sono stati almeno 90 bonifici in usci- ta per un totale di 12 milioni 961 mila euro. Tutti con un identi- co beneficiario, la “T. T. T. srl.”, e una medesima quanto curiosa causale: “Prestazioni di consulen- za”. Di più: la Finanza ha appurato che quasi tutta la somma sottrat- ta è frutto dei lauti rimborsi elet- torali riconosciuti all’ex Marghe- rita nel 2008 e dei versamenti del PD pattuiti in seguito alla fusione coi DS. Case e ville coi soldi rubati al popolo Dall’inchiesta è emerso che la “T. T. T. srl”, destinataria dei 12 milioni 961 mila euro, è una so- cietà “direttamente riconducibile a Luigi Lusi” che, guarda caso, di professione fa l’avvocato penali- sta specializzato in “contratti d’af- fari e real estate”. Dunque la “TTT Srl” e le presunte “prestazioni di consulenza” non sono altro che una copertura per “giustificare” il trasferimento di fondi da un con- to di cui Lusi è amministratore ad un altro di cui è proprietario. La riprova sta nel fatto che la società lavora proprio nel business di cui Lusi tiene a segnalare la compe- tenza, il real estate. E infatti - do- cumenta la Finanza – coi soldi dei rimborsi elettorali la Srl di Lusi ha acquistato un prestigioso immobi- le a Roma, in via Monserrato 24, per 1 milione e 900 mila euro più una villa a Genzano (Roma), dove risiede, e bonifica in due distinte occasioni, 1 milione 863 mila e 2 milioni 815 mila euro alla “Para- diso Immobiliare”. Non solo. Con il denaro pub- blico “succhiato” al popolo dal- la Margherita, la “TTT” e quindi Lusi bonifica 270 mila euro alla “Luigia Ltd.”, società di diritto canadese, “riconducibile anch’es- sa allo stesso Lusi”; gira 49 mila euro sul suo conto personale e 60 mila su quello del suo studio lega- le a titolo di “fondo spese” e im- piega 5 milioni e 100 mila euro per saldare imposte che, eviden- temente, non sono quelle dovute al Fisco dal disciolto Partito. Ol- tre a destinare 119 mila euro allo studio di architettura “Giannone- Petricone” di Toronto (Canada). Una coincidenza definitivamente rivelatrice, visto che l’architetto canadese Pina Petricone è la mo- glie di Lusi. Gli inquirenti avrebbero an- che appurato che negli ultimi due anni si sono registrati almeno altri due movimenti “sospetti” effettua- ti con lo scudo fiscale di Tremon- ti e inerenti un rientro di capitali dall’estero intestati alla moglie di Lusi, Pina Petricone, e uno in capo alla “TTT srl.”, la società control- lata dalla scatola canadese dell’ex tesoriere e utilizzata per mettere in piedi il sistema di fatture per ope- razioni inesistenti necessario a far sparire i 13 milioni. Messo con le spalle al muro dalle prove schiaccianti, il senato- re del PD, oltre ad ammettere tutte le accuse, si è laconicamente im- pegnato a “restituire in tempi bre- vissimi” una parte del denaro che ha sottratto al partito e a patteggia- re circa un anno di pena. “Avevo bisogno di soldi e li ho presi, ora posso restituire cinque milioni” ha confessato beffardamente Lusi ai giudici. Rutelli “cieco” Bersani “muto” Di fronte a tutto ciò si stenta a capire come sia stato possibile che nessun esponente della Marghe- rita o del PD, in un arco di tem- po così lungo (2008-2011), abbia mai sospettato della falsificazione dei bilanci. Com’è possibile che nessuno, a cominciare dall’ex se- gretario Rutelli e da Bersani, abbia mai avuto sentore delle spericolate operazioni finanziarie che Lusi fa- ceva sul conto del partito? Dove erano i membri del Co- mitato di Tesoreria: Giuseppe Vac- caro (emanazione di Letta) Ivano Strizzolo (fedelissimo di Mari- ni) e il suo presidente Gianpiero Bocci (luogotenete di Fioroni)? Cosa faceva il collegio dei Revi- sori contabili composto da: Gio- vanni Castellani, Mauro Cicchelli e Gaetano Troina? E l’assemblea federale? E il controllo finale del- la Camera? Insomma come è possibile che tutti i “quattro livelli di controllo” di cui ciancia Rutelli siano stati elusi? Tra l’altro nel giugno dello scorso anno, Arturo Parisi aveva segnalato, in seno all’Assemblea federale chiamata ad approvare il bilancio, “opacità di bilancio che imponevano risposte dettagliate”. “Ricordo voci in uscita per mi- lioni di euro - dice Parisi - giusti- ficate come ‘attività di partito’... Peccato che la Margherita non esisteva più da 4 anni”. Cionono- stante, l’“organismo di verifica” chiamato a una revisione su quel- le opacità (ne facevano parte tra gli altri Rosy Bindi, Dario Fran- ceschini, Giuseppe Fioroni, Enri- co Letta) non solo non ha mai ec- cepito nulla ma addirittura non si è mai riunito per discutere della questione. In riferimento a ciò gli inqui- renti vogliono anche verificare che fine abbia fatto il denaro, girato da Lusi a Dario Franceschini, per “contrastare l’ex diessino Bersani nelle corsa alle primarie PD”. Nel rendiconto di bilancio figurano 4 milioni di euro spesi per “attività politica”. Ossia, 3 milioni e 750 mila euro in più del tetto di spesa prescritto dal regolamento interno del PD e fissato a 250mila euro. Insomma, che fine hanno fatto i soldi? Li ha intascati solo Lusi op- pure se li sono spartiti anche gli ex dirigenti della Margherita poi con- fluiti nel PD, nell’Udc e in ApI, per le loro “legittime attività po- litiche”? Tra i beneficiari dei finanzia- menti elargiti da Lusi figurereb- be anche il neopodestà di Firenze Matteo Renzi (PD, ex democri- stiano) che per bocca del suo por- tavoce Marco Agnoletti ammette di aver ricevuto solo un appog- gio “politico” ma si rifiuta ostina- tamente di chiarire se Lusi abbia appoggiato anche finanziariamen- te la convention dei “rottamatori” nel novembre scorso o altre inizia- tive simili, ivi compreso le campa- gne elettorali per le primarie del PD e poi quella per le elezioni am- ministrative. L’omertà dei boss politici Gli inquirenti sospettano che Lusi avendo in mano i cordoni della borsa era in realtà il vero pa- drone del partito e poteva decidere quale corrente finanziare e i candi- dati da eleggere. In sostanza Lusi aveva mano libera sui fondi, come egli stesso ha confessato in un me- moriale redatto dai suoi avvoca- ti agli inizi di dicembre 2011. Ed è proprio in base a questo potere e confidando sull’omertà dei vari capibastone politici a cui pagava le campagne elettorali, che Lusi ad un certo punto si è sentito quasi in “credito” col partito e ha deciso di saldarlo appropriandosi di tutto il denaro che gli serviva senza nes- sun controllo e senza rendere con- to a nessuno. Insomma un vero e proprio “si- stema Lusi” attraverso cui le varie cosche parlamentari e i vari boss politici facenti capo all’ex Mar- gherita, PD e ApI si finanziava- no le campagne elettorali coi sol- di pubblici estorti ai contribuenti e calpestando la volontà popolare che al referendum del ’93 decretò a stragrande maggioranza l’aboli- zione del finanziamento pubblico ai partiti parlamentari reintrodot- to dal governo D’Alema sotto for- ma di contributo per le spese elet- torali. Non a caso Lusi al termine del suo interrogatorio sibillinamente ha detto agli inquirenti: “Sono re- sponsabile di tutto e per tutti?” Fatti dunque che chiamano di- rettamente in causa Rutelli il qua- le, di fronte all’ostinazione del suo fidato tesoriere di tenere i conti del partito nascosti, non è mai interve- nuto per fare chiarezza e non si è nemmeno degnato di risponde- re alle lamentele interne che chie- devano più trasparenza nei bilanci della Margherita. Interrogato il 16 gennaio dalla Procura in qualità di persona in- formata dai fatti, Rutelli con per- fetta faccia di bronzo ha affermato di essere stato all’oscuro di quan- to Lusi combinava e si è coperto di ridicolo quando, al termine del- l’interrogatorio, ha detto ai croni- sti di non poter entrare nel merito della questione, perché tenuto al “rispetto del segreto istruttorio”. In sostanza Rutelli, che addi- rittura si dice “incazzato e addo- lorato” per quanto è successo, vor- rebbe far credere che: pur essendo cointestario di un conto dove ci sono 30 milioni di euro che fan- no gola a tutti e sono contesi col coltello fra i denti fra le varie fa- zioni che fanno capo agli ex Mar- gherita del PD, ex nell’Udc ed ex nell’ApI, egli non si è mai preoc- cupato di controllare perché, ha affermato alla trasmissione televi- siva Otto e mezzo “Di Luigi Lusi mi fidavo ciecamente... Siamo sta- ti ingannati, è stata tradita la no- stra fiducia. È evidente che è un furto”. Mentre Bersani, in un primo momento ha cercato di minimiz- zare affermando che: “Noi non sappiamo nulla di questa vicenda e aspettiamo di avere chiarezza. Poi, se verranno accertate respon- sabilità individuali, il PD prenderà provvedimenti secondo le regole” ovvero la sospensione dal partito che è stata decisa solo quando la posizione di Lusi, in seguito alla sua piena confessione, era diven- tata ormai indifendibile. Insomma se questi sono gli “ef- fetti benefici” del famigerato “Co- dice etico” e del “Manifesto dei valori” con cui il PD si vanta di “aver regolato in modo autonomo la propria vita interna” c’è poco da sperare.
  • 6. 6il bolscevico / interni N. 6 - 16 febbraio 2012 Oltre trenta vittime sulla coscienza di Monti STRAGE PER LA NEVE E IL GELOL’inadeguatezza se non, in talu- ni casi, la totale assenza di soccor- si per la popolazione dei territori colpiti dal maltempo ha fatto in Italia ben 36 morti in questi gior- ni, la maggior parte dei quali sen- za dimora, appartenenti a quelle migliaia di immigrati, disoccupati, anziani, rom, che affollano in nu- mero sempre maggiore le stazioni ferroviarie, dormono sulle panchi- ne, sui treni abbandonati, in vecchi tuguri fatiscenti. Tra i morti anche diverse persone bloccate per not- tate intere in mezzo alla neve e al gelo sulle autostrade e lasciate senza soccorso, altre che sono ri- maste sepolte sotto il crollo di fati- scenti impalcature che non hanno retto al peso della neve, altre anco- ra che sono rimaste vittime di in- fortuni sul ghiaccio mentre tenta- vano di spalare la neve davanti le loro case. Il governo Monti, come anche le amministrazioni regionali e lo- cali hanno brillato per latitanza di fronte al problema maltempo che era stato annunciato con grande anticipo, ma che, non affrontato a nessun livello, ci ha messo poco a trasformarsi in una calamità per la popolazione. Interi paesi del Sud sono rimasti senza luce e ri- scaldamento, i passeggeri di di- versi treni sono stati abbandonati a se stessi in mezzo alle campa- gne gelate. Si può avere solo un’idea del- l’estensione del dramma che ha colpito migliaia di famiglie an- che solo considerando il fatto che in questi giorni in migliaia han- no chiesto soccorso alle associa- zioni di volontariato in più parti d’Italia. Tra queste molte di origi- ne Rom che tentano di trovare un posto caldo dove riparare i bambi- UN INACCETTABILE ATTACCO SENZA PRECEDENTI ALL’AVVOCATURA E ALLE MASSE DA PARTE DEL GOVERNO MONTI Il decreto sulle “liberalizzazioni” fa a pezzi il diritto di difesa democratico-borghese Proteste degli avvocati all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Confermato lo sciopero per il 23 e 24 febbraio Una vera e propria rappresaglia contro ciò che rimane dell’art. 24 della Costituzione democratico- borghese del 1948 che scolpisce l’ormai defunto “diritto di dife- sa” è stata scatenata dall’esecuti- vo del tecnocrate borghese Mon- ti, sull’onda nera delle misure del precedente governo del neoduce Berlusconi. Un pretesto volgare quello che accompagna l’enne- simo decreto legge, ossia il varo della “liberalizzazione delle pro- fessioni per attaccare la casta de- gli avvocati”: in realtà si tratta di un inaccettabile e senza preceden- ti attacco non solo all’avvocatura democratica, ma anche alle masse popolari. La “liberalizzazione” dell’avvocatura Fin dall’insediamento del go- verno Berlusconi vi era nella te- sta di neofascisti e reazionari di ogni risma l’obiettivo di affossare definitivamente ciò che resta del- l’avvocatura democratico-borghe- se liberalizzando il settore, neutra- lizzando le regole che garantivano controllo e professionalità, nel- l’ottica di destinare completamen- te al mercato il ruolo dell’avvoca- to. Ciò che è rimasto nel perimetro degli intenti della casa del fascio, sta diventando realtà con l’enne- sima decretazione d’urgenza (si tratta del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante il titolo “Dispo- sizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”) che introduce la libera concorrenza, l’abolizio- ne totale delle tariffe stabilite per legge, l’affossamento di qualsiasi percorso formativo per il giovane avvocato. Il decreto, inoltre, introduce la privatizzazione degli studi le- gali con l’introduzione del socio di capitale, trasformando la vec- chia concezione delle “società di avvocati” (una controriforma a dir poco fallimentare) in una STP (Società Tra Professionisti) che potranno avere la forma di società per azioni e, magari una volta con- solidate, quotate in borsa. In ulti- mo si introduce l’insidioso e sci- voloso “preventivo obbligatorio” che deve essere pattuito al mo- mento del conferimento dell’in- carico professionale tra il cliente e l’avvocato, pena la segnalazione al Consiglio dell’Ordine e la com- minazione di una sanzione disci- plinare. Una norma assolutamente ambigua per l’impossibilità logi- ca di determinare onorari e contri- buti da versare, stante l’incertezza dell’esito della causa; impossibili- tà che diventa vuoto legislativo se lo stesso decreto rimanda ad altri e successivi decreti (?) la configu- razione dei “parametri” da segui- re. Vuoto legislativo che metterà in difficoltà anche i giudici quan- do in sentenza dovranno decidere come liquidare le spese o i risarci- menti: a quale elenco normativo si dovranno rivolgere? Un ladrocinio ai danni delle masse popolari L’aspetto più vergognoso del- l’intero impianto del decreto è la conferma degli intenti del gover- no sull’inasprimento dei contribu- ti da versare per le masse popolari per far valere i propri diritti nella cause azionate davanti al Tribuna- le. Per la prima volta è stato intro- dotto, nel settore civilistico, il co- siddetto “contributo unificato” per i giudizi in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, per le controversie individuali di lavo- ro, per i giudizi relativi alle sepa- razioni personali. Per le restanti controversie vi è stato un aumen- to del contributo da versare allo Stato fino alla metà per i giudizi di impugnazione, aumento che si raddoppia se qualcuno ha l’ardire di difendersi dinanzi alla Corte di Cassazione. Nell’ambito amministrativo di- venterà quasi impossibile difen- dersi, atteso l’enorme aumen- to del contributo per azione una causa (di valore indeterminabile) davanti al Tribunale competente da 450,00 a 600,00 euro. Duro il commento degli avvocati, bissato dalle associazioni dei consuma- tori, che ritengono “ingiustifica- to ed esorbitante aumento dei co- sti ha trasformato la giustizia in un esercizio per ricchi, deprimendo ed ignorando le ragioni dei meno abbienti”. L’introduzione del “tribunale delle imprese”: un regalo ai padroni? L’art. 2 del decreto istituisce il fantomatico “Tribunale delle im- prese”, ossia una sezione specia- lizzata in materia di proprietà in- tellettuale e industriale che gestirà sia le class actions (la cui legisla- zione che doveva favorire i “con- sumatori” si è rilevata un buco nel- l’acqua) sia le controversie relative alle società e alle imprese. Secondo le dichiarazioni del ministro della Giustizia, Paola Se- verino, si dovrebbe accelerare i processi che vedono protagoniste le imprese in tutela delle stesse: di certo, per il momento, vi è la mag- giorazione del contributo unifica- to addirittura del 400% nell’ottica complessiva di aumenti smisurati per chi vuole azionare il diritto di difesa che dovrebbe costituzional- mente essere garantito e protetto. Il decreto legge rinvia al solito re- golamento ministeriale per stabi- lire tutte le intercapedini normati- ve; sta di fatto che il governo della grande finanza e della Ue, nel- l’esiguità e ambiguità della lettera del decreto, ha fatto un gran regalo ai padroni per contenere le cause che possano dar fastidio a società e imprese “in crisi”. Un durissimo attacco all’indipendenza e all’autonomia dell’avvocatura Già durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, lo scorso 28 gennaio, gli avvocati si sono pre- sentati imbavagliati, in piedi in segno di protesta: “le riforme in tema di ordinamento professiona- le - hanno affermato gli avvoca- ti - limitano la nostra autonomia violando il precetto costituziona- le dell’esercizio del diritto di di- fesa”. Molto duri anche i praticanti e i praticanti abilitati che, dopo aver denunciato l’annunciata e poi ritirata scandalosa abolizione del valore legale della laurea da parte dell’esecutivo Monti, hanno contestato il “nuovo” tirocinio, che non tocca di una virgola le condizioni di totale precariato e senza alcun tipo di diritto dei gio- vani professionisti. In una nota destinata direttamente al capo del governo e al ministro Seve- rino, il Consiglio dell’Ordine de- gli Avvocati di Napoli ha chiesto di “eliminare le disposizioni già attuate e di non assumere quelle preannunziate (…) non in dife- sa di presunte ed inesistenti po- sizioni di privilegio, ma perché al momento si mettono a rischio l’autonomia e l’indipendenza dell’Avvocatura e si mette in di- scussione la stessa esistenza del- lo Stato di diritto e l’affermazione della democrazia”. Gli avvocati sciopereranno il 23 e 24 febbraio. ni, dal momento che gli accampa- menti nomadi sono completamen- te all’addiaccio in ogni parte della penisola. Gli anziani poveri sono tra le vittime principali di questa si- tuazione. In Irpinia e ad Ancona due anziani sono morti assiderati a causa del cattivo riscaldamento delle loro abitazioni. Ma il numero maggiore delle vittime si riscontra tra gli immigrati e la Milano del pupillo della “sinistra” borghese, Pisapia non fa eccezione: il corpo di un senzatetto immigrato, è sta- to trovato rannicchiato in una co- perta, sotto un cespuglio, in piaz- zale Kennedy. Un uomo di origine tedesca è stata trovato morto nelle vicinanze della rocca medievale di Castiglione del Lago, località sul- le rive del Trasimeno. Una donna ucraina è stata trovata morta vicino alla capitale. Un altro immigrato, è stato trovato morto in un casolare abbandonato nelle campagne del Mantovano. Una senzatetto è sta- ta trovata morta dentro la stazione Termini di Roma, un uomo è stato invece trovato in un parco a Ostia, una donna di 66 anni è morta as- siderata nella sua casa fatiscente a Palestrina, vicino Roma. Nel materano un automobilista è morto per un incidente causato dal ghiaccio sull’asfalto, mentre un camionista di 62 anni è dece- duto a causa di un malore dopo es- sere rimasto bloccato col proprio mezzo a causa del ghiaccio in lo- calità Cartiera del comune di Pia- noro (Bologna). La lista è lunghissima e rischia di allungarsi ancora, dal momento che il freddo durerà ancora diversi giorni e né il governo né le ammi- nistrazioni pubbliche dei Comu- ni colpiti stanno mettendo in atto piani efficaci. Un esempio per tut- ti: il Comune di Milano ha deciso soltanto di tenere aperto anche di notte il mezzanino delle metropo- litana della Stazione Centrale: “Le persone senza casa - si legge sul sito del Comune - troveranno rico- vero dalle 20 alle 8 in una zona del mezzanino che sarà inibita al pas- saggio del pubblico”. E tra le 8 e le 20 dove andranno? In mezzo al gelo, per strada? L’inflazione falcidia i salari dei lavoratoriI lavoratori italiani si stan- no impoverendo sempre di più. L’inflazione sta falcidiando i loro già magri salari ulterior- mente massacrati dalla politica da macelleria sociale imposta dal governo Berlusconi prima e da Monti. Insomma i salari sono fermi e i prezzi aumentano. Così ine- sorabilmente, mese dopo mese, si allarga la forbice tra il (man- cato) aumento dei salari e l’in- flazione. Il nuovo record è stato toccato a dicembre: 1,9 pun- ti percentuali di divario. Men- tre l’inflazione si è attestata al +3,3% l’aumento delle retribu- zioni contrattuali orarie è stato dell’1,4% e quelle per dipen- dente dell’1,5%. Si tratta dello scarto più forte dal 1995. Ciò significa che a dicembre l’in- flazione si è mangiata qualco- sa come l’1,8-1,9% delle buste paga dei lavoratori. Per una re- tribuzione lorda di 2 mila euro mensili si tratta di una sforbi- ciata di oltre 36 euro. Anche per i salari c’è un re- cord negativo. Le retribuzioni contrattuali orarie nella media del 2011 aumentano dell’1,8%, la crescita media più bassa dal 1999. Se questo dato lo acco- stiamo all’inflazione media an- nua che è al 2,8% non ci vuol molto a capire che il caro-vita ha eroso il potere d’acquisto dei salari dell’1%. E questa è solo una media visto che per alcune categorie come la scuo- la dove gli “aumenti” degli sti- pendi si sono attestati allo 0,2% la perdita del potere d’acquisto è stata di oltre il 2,5%. E la lista delle notizie nefa- ste per i lavoratori non è finita, visto che la stessa Istat sottoli- nea che “nel mese di dicembre, per l’insieme dei contratti mo- nitorati dall’indagine, non è sta- to ratificato alcun accordo”. In- somma il modello Marchionne sta facendo scuola tra le varie associazioni padronali e i con- tratti nazionali non si firmano più. Sempre l’Istat rileva infatti come sia notevolmente salita la media dei mesi di attesa per i la- voratori con il contratto scadu- to. A dicembre 2011 supera la soglia dei due anni (24,9 mesi) in aumento rispetto allo stesso mese del 2010 (14,5). Sempre a dicembre 2011 risultano in at- tesa di rinnovo 30 accordi con- trattuali di cui 16 appartenenti alla pubblica amministrazione, relativi a 4,1 milioni di dipen- denti (circa 3 milioni nel pub- blico impiego) pari al 31,4% dei lavoratori dipendenti. Fa da paio ai dati dell’Istat il rapporto “Italia 2012” presen- tato il 26 gennaio dall’Eurispes che restituisce l’immagine di un paese bloccato, sfiancato e im- potente, dove ben il 60% degli italiani, tra i 18 e i 34 anni, di- chiara di essere disposto ad an- dare all’estero, dove pensano di trovare maggiori opportunità di lavoro e di vita; un paese dove la situazione economica è net- tamente peggiorata negli ulti- mi 12 mesi per il 67% degli ita- liani (il peggior dato dal 2004 e in forte aumento, +15,2%, ri- spetto all’anno scorso), dove il 48,5% deve usare i propri ri- sparmi per arrivare a fine mese e il 70% non riesce a mettere da parte più nulla. Comunicato Slai Cobas Alfa Romeo L’ON. CONTI FA AFFARI D’ORO CON LA SPECULAZIONE IMMOBILIARE E I LAVORATORI FIAT SONO BUTTATI SULLA STRADA Che fine hanno fatto gli accordi per fare ad Arese il polo dell’auto ecologica? Riceviamo e pubblichia- mo estratti del comunicato dello Slai Cobas dell’Alfa di Arese del 2 febbraio 2012. On. Riccardo Conti: ha “guada- gnato” 18 milioni di euro in un sol giorno con una compravendita di un palazzo a Roma. Quante cen- tinaia di milioni di euro ha “gua- dagnato” con la speculazione sul- l’area dell’Alfa Romeo di Arese? L’on. Riccardo Conti nel 2000, con la società Immobiliare Estate sei, ha “comprato” da due “socie- tà veicolo” della FIAT (Segepark e Belfiore) tutta l’area dei 2mi- lioni e 350mila mq dell’Alfa Ro- meo di Arese versando - disse al- l’epoca - 500 miliardi di vecchie lire. A quanto ha venduto? Conti, all’epoca braccio destro di Butti- glione dell’UDC, era Amministra- tore unico di Immobiliare Estate sei. L’on. Riccardo Conti ha anco- ra oggi una piccola quota nella so- cietà AGLaR, società che qualche anno fa ha preso il posto di Immo- biliare Estate sei. In tutti questi anni Riccardo Conti, pur essendo parlamentare, non ha mai detto i nomi di chi si nascondeva dietro le varie fiducia- rie che controllavano Immobiliare Estate sei e AGLaR. Conti nel 2003 e 2004 fece ac- cordi in Regione Lombardia con lo Slai Cobas e gli altri sindacati per fare ad Arese il Polo dell’auto ecologica e la mobilità sostenibi- le, ma tutto è rimasto sulla carta. Nel frattempo Conti e soci hanno fatto mega affari di compravendita immobiliare. E i lavoratori FIAT sono stati buttati sulla strada.
  • 7. N. 6 - 16 febbraio 2012 interni / il bolscevico 7 RAPPORTO ISTAT Disoccupati il 31% dei giovaniÈ un vero e proprio disastro per l’occupazione, giovanile in par- ticolare, quello fotografato di re- cente dall’Istat per l’Italia (record negativo dal 2004) nell’ambito di una ricerca continentale compiuta da Eurostat. La disoccupazione, infatti, sale all’8,9%, con oltre 2,2 milioni di senza lavoro. Le statistiche uffi- ciali non tengono però conto di al- tri dati che farebbero svettare ul- teriormente il già preoccupante e inaccettabile tasso di disoccupa- zione: come fa notare la CGIL, i disoccupati salgono a 3 milioni se si aggiungono i cassintegrati, che invece vengono considerati “occu- pati” a pieno titolo. Il dato più grave è quello del- la disoccupazione dei giovani fra i 15 e i 24 anni, che ha raggiun- to il 31% a dicembre 2011, con un costante aumento annuo del 3%. Secondo la Cgia di Mestre il tasso supera il 38% se si tiene conto anche dei cosiddetti “sco- raggiati”, cioè coloro che hanno persino smesso di cercare lavoro. E comunque bisogna tener conto Tra i più colpiti donne e Mezzogiorno Disoccupati di Salerno occupano il Duomo il 13 gennaio 2012. Accanto, i precari in lotta del call-center dell’Inps-Inail di Bari IL PMLI E “IL BOLSCEVICO” ADERISCONO ALL’APPELLO PER L’IMMEDIATA SCARCERAZIONE DEI NO TAV ARRESTATI Il PMLI e “Il Bolscevico”, in data 7 febbraio 2012 han- no sottoscritto l’appello per l’immediata scarcerazione dei No Tav arrestati il 26 gennaio scorso attraverso l’e-mail che qui di seguito pubblichiamo. Il PMLI e “Il Bolscevico”, suo organo, sottoscrivono ben volentieri l’appello per la scar- cerazione immediata di tutti gli arrestati NO TAV. Essi sono uni- camente colpevoli di aver lottato con abnegazione esemplare per evitare la devastazione ambien- tale di Val di Susa. L’esperienza del movimento NO TAV è un im- portante esempio per tutti i movi- menti di lotta. Un motivo in più per difendere i suoi militanti ai quali va la piena e attiva solida- rietàdeimarxisti-leninistiitaliani. Al contempo condanniamo il go- verno del tecnocrate liberista bor- ghese Monti che pratica la stessa politica repressiva del precedente governo del neoduce Berlusconi verso le masse in lotta. Emanuele Sala, per il PMLI Monica Martenghi, per “Il Bolscevico” Dal 1 al 25 febbraio UN MESE DI MOBILITAZIONE PER DIRE NO AI CACCIA F-35Non si arresta la mobilitazione contro gli F-35. Dal 7 al 25 feb- braio associazioni e gruppi antim- perialisti, antimilitaristi e pacifi- sti si attiveranno a sostegno della campagna “Taglia le ali alle armi” promossa da Sbilanciamoci!, Ta- vola della Pace e Rete Italiana per il Disarmo per chiedere al gover- no Monti di non procedere all’ac- quisto di 131 caccia bombardieri Joint Strike Fighter F-35. Le varie iniziative sfoceranno nella mani- festazione nazionale a Roma per la “consegna delle firme” al go- verno. La data di inizio di questa nuo- va fase della campagna, che è atti- va dal 2009 e ha già raccolto oltre 45 mila firme, è stata fatta coinci- dere con il giorno in cui, nel 2007, il sottosegretario Forcieri firma- va l’accordo per la partecipazio- ne dell’Italia alla seconda fase del programma bellico. “In un momento di grave cri- si per tutto il Paese troviamo fuo- ri luogo che il ministro-ammira- glio Di Paola nei suoi monologhi televisivi continui imperterrito a difendere l’F-35, promettendo al massimo qualche sforbiciata”, de- nuncia Massimo Paolicelli della Rete Italiana per il Disarmo. Gli stessi soldi stanziati per i caccia, 15 miliardi di euro, potreb- bero essere impiegati in mille altri modi più utili sia economicamente che socialmente, sostengono i pro- motori della mobilitazione, come ad esempio costruire 45 mila asi- li nido pubblici creando oltre 200 mila posti di lavoro, oppure mette- re in sicurezza 13 mila scuole ita- liane. Le giornate di sostegno alla campagna (che si annunciano nu- merose e creative) culmineran- no sabato 25 febbraio, data scelta per le “100 piazze d’Italia contro i caccia F-35”. NON BASTA DEFINANZIARLO Il progetto del Ponte sullo Stretto va cancellatoDal nostro corrispondente della Sicilia La recente delibera del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) del 20 gennaio 2012 ha definan- ziato il progetto del Ponte sullo Stretto, sottraendogli quel mi- liardo e 624 milioni assegnatigli nel 2009 dal Berlusconi IV. Una valutazione politica di questo atto del governo Monti va fatta alla luce della storia recen- te dell’iter burocratico dell’ope- ra, del suo attuale stato e dei re- centi decreti di liberalizzazione, riguardanti anche la costruzione e la gestione di opere di interes- se pubblico. Va ricordato, anzitutto, che non è la prima volta che il pro- getto della mostruosa ed inutile opera viene definanziato. È già successo durante il governo del democristiano Prodi, quando il CIPE con delibera del 10 aprile 2006 stabilì in tal senso. Fu l’al- lora ministro dei Trasporti, Anto- nio Di Pietro (IdV), insieme al- l’opposizione di “centro-destra”, a battersi in prima persona per mantenere in piedi l’intero appa- rato della Società Stretto di Mes- sina Spa e il progetto. Inoltre, è presto per abbassar la guardia. Bisogna attendere le prossime tappe dell’iter burocratico che prevede, entro febbraio 2012, il parere del CIPE sul progetto de- finitivo presentato dalla Stretto di Messina SpA. Il CIPE, dunque, dovrà pronunciarsi e nulla vieta che esprima parere favorevole. Se il megaprogetto speculati- vo verrà approvato ci sarà il con- testuale avvio della gara per il re- perimento dei finanziamenti, la stesura del progetto esecutivo e l’apertura dei cantieri principa- li, ancora prevista a partire dalla metà del 2012. C’è un terzo indizio che ci in- duce a pensare che il Ponte possa essere un affare lucroso per mol- ti, nonostante il definanziamento pubblico. Basta andare a dare un’oc- chiata al Decreto legge 24 gen- naio 2012, n. 1, “Disposizio- ni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, con cui il gover- no Monti ha messo in campo una serie di misure per incrementa- re il project financing e project bond nella costruzione e gestio- ne delle infrastrutture di interes- se pubblico. Il project financing, esiste già da oltre un decennio in Italia. Le pubbliche amministra- zioni ricorrono a capitali privati per la realizzazione di progetti e infrastrutture ad uso della collet- tività, concedendo all’investitore privato lo sfruttamento economi- co dell’opera realizzata. Ora già da tempo le società private in project financing potevano emet- tere obbligazioni (project bond). Monti rilancia lo strumento di fi- nanza creativa, in due modi: si consente di derogare, ma solo nel caso in cui le obbligazioni siano destinate alla sottoscrizione solo da parte di “investitori qualifica- ti”, cioè autorizzati a operare sui mercati finanziari, come banche, assicurazioni, fondi pensione, alla regola dell’articolo 2412 del codice civile, il quale impone di garantire le obbligazioni tramite ipoteca se il loro importo supe- ra il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riser- ve disponibili. Inoltre, le obbli- gazioni possono essere garantite anche durante la fase di costru- zione dell’opera, e non solo da quando l’opera entra in eserci- zio. Gli strumenti per finanzia- re il Ponte e anche velocemente con fondi privati, trasformando il progetto in una delle più grandi speculazioni finanziarie degli ul- timi decenni ci sono tutti. Intanto al pubblico rimango- no i 500 milioni di fondi già spe- si, il mutuo di 12 milioni acceso poche settimane fa per spostare un chilometro di binari a Canni- tello (Reggio Calabria). Noi chiediamo che il mega- progetto speculativo del Pon- te non venga approvato, che la Società dello Stretto Spa venga sciolta e che lo Stato non paghi alcuna penale alle imprese ag- giudicatrici dell’appalto. Inoltre chiediamo che i 1.624 milioni di euro vengano destinati a risol- vere la crisi idrica che affligge la Sicilia e anche la Calabria, a potenziare e modernizzare i tra- sporti ferroviari e marittimi della Sicilia e della Calabria, ad incen- tivare gli interventi contro il dis- sesto idrogeologico, (sono trop- po pochi i 670 milioni stanziati il 20 gennaio dal CIPE su questo fronte). Si tratta di rivendicazioni che noi avanziamo da anni e che si sono levate anche dai recenti mo- vimenti di protesta che agitano il Mezzogiorno, troppe volte scip- pato dei fondi ad esso destinati. Il governo Monti non è diverso da quelli che lo hanno preceduto e sta riducendo all’osso le regio- ni del Sud. Liberiamoci dal go- verno della grande finanza della UE e della macelleria, nella con- sapevolezza che i problemi del Mezzogiorno potranno essere ri- solti solo nel socialismo. Chiudere la Ponte sullo Stretto Spa. Non pagare alcuna cauzione. Investire i soldi in mobilità pubblica e risanamento idrogeologico del fatto che moltissimi di questi giovani lavoratori hanno a che fare con contratti precari. Per il solo Mezzogiorno, la di- soccupazione giovanile era al 31% già a novembre. C’è poco da vantarsi anche per il presunto “aumento” dell’occu- pazione femminile, che è in real- tà una conseguenza statistica della diminuzione dei maschi occupati e che non cambia i livelli altrettan- to allarmanti della disoccupazio- ne fra le donne e le penalizzazio- ni retributive. Nel Sud, peraltro, le donne senza lavoro sono poco al di sotto del 40%. Non consola nemmeno il sem- pre presunto “calo” degli inattivi, dovuto puramente al fatto che sva- riati anziani hanno superato “l’età da lavoro” (che andrà comunque ridimensionata in base alla “ri- forma” delle pensioni) e non sono stati sostituiti da giovani. Anziani che, peraltro, ora si trovano non solo senza lavoro ma anche, gra- zie alla suddetta “riforma”, senza pensione. Parole vuote, quelle della For- nero che assicura che garantire la- voro è la sua prima occupazione, perché accompagnate dalle ben più spregiudicate e gravi paro- le di Monti contro la “monotonia del posto fisso” e l’articolo 18, in- dicato come fonte di tutti i mali, mentre invece, come nota Ful- vio Fammoni (Segreteria nazio- nale CGIL), negli ultimi sei anni i licenziamenti sono cresciuti del 35%. A ciò si aggiunge la macel- leria sociale imbastita dal governo che, con la recessione che incalza, non farà che aggravare le sempre più insopportabili condizioni di vita delle masse lavoratrici e po- polari. Non convince nemmeno l’invio di una “task-force” dalla Commissione europea per risolve- re il problema. Ci vorrebbero misure urgenti per garantire lavoro stabile, a sala- rio intero, a tempo pieno e sinda- calmente tutelato a tutti, a partire dai giovani e dalle donne, lotta al precariato per la sua abolizione (e non per la sua “normalizzazione” come prevede il “contratto unico” alla Ichino-Fornero), atti concre- ti per impedire la chiusura degli stabilimenti e la delocalizzazione delle imprese e della produzione. Tutte cose che il governo Monti, impegnato a salvaguardare gli in- teressi della grande finanza e della borghesia, non ha nessuna inten- zione di fare. Ecco perché dob- biamo liberarcene con una grande mobilitazione popolare.
  • 8. 8 il bolscevico / marxismo e revisionismo N. 6 - 16 febbraio 2012 LE BALLE DEGLI ANTICOMUNISTI Per “Repubblica” Marx era un socialdemocratico, non un comunista RISPOLVERATA UNA TESI DEGLI ANTICHI REVISIONISTI Numerosi intellettuali bor- ghesi, stanno riscoprendo l’utili- tà di leggere Marx per compren- dere il predominio del capitale finanziario nell’economia capi- talistica (imperialismo), le radi- ci della attuale crisi economica, le misteriose cause del “debito pubblico”, ecc. Altri invece si stanno però specializzando in una finta opera di “rivalutazione” del marxismo, che intende in realtà svuotarlo della sua essenza vitale, ossia della teoria e della pratica della lotta di classe del proletariato, e del suo obiettivo storico: abbat- tere il capitalismo e conquistare il socialismo, per via rivoluzio- naria. A questa linea ideologi- ca e politica appartiene l’artico- lo pubblicato l’8 gennaio scorso sul quotidiano della “sinistra” borghese e filo-governativo, “la Repubblica” dal titolo: “Marx arrivano gli inediti”, a firma di Andrea Tarquini. La tesi dell’autore è che Marx, in realtà, non sarebbe stato un rivoluzionario ma un innocuo, per quanto arguto, pensatore democratico-borghe- se. Per supportare una simile, ridicola, scempiaggine, cita un progetto dell’Accademia delle scienze di Berlino, sponsoriz- zato a suo tempo dal cancellie- re Kohl e denominato “Mega” (Marx-Engels GesamtAusga- be). Coordinato da un certo Prof. Hubmann, in collabora- zione con “la schiuma” dell’in- tellighenzia arci-revisionista tra Berlino, Mosca, Pechino e Amsterdam, questo lavoro ha lo scopo di “rivedere la opera di Marx ed Engels e preparar- ne la pubblicazione comple- ta in 114 tomi”. Dalla rilettura dei suoi scritti Marx riemerge- rebbe, secondo Tarquini, “dal passato come un moderno new- labourista, un progressista te- desco o un liberal americano” (sic). Spiega il Prof. Hubmann: “un volume dopo l’altro noi cu- ratori di Mega scopriamo un al- tro Marx”, visto che “frugando nelle carte consunte dal tempo si scoprono cose che i contem- poranei di Marx vollero ignora- re, e che il marxismo-leninismo ufficiale preferì censurare”. A cosa si riferisce il catte- dratico tedesco? Egli cita un paio di esempi. Primo. “Le Tesi su Feuerbach” – a suo dire - non furono all’inizio parte de “L’ideologia tedesca”. Vi furo- no inserite solo dopo, benché quell’opera secondo Marx, fos- se “solo una collezione di ap- punti ‘destinata ai topi’”. Da questo fatto vero costui trae la seguente stupefacente conclu- sione: “la teoria secondo cui l’esistenza materiale determi- na la coscienza, base del mate- rialismo storico, era un’idea in cui Marx non credeva” (sic!). In verità la vicenda era ben nota e ben descritta dallo stesso Marx quando spiegò che quel mano- scritto era già pronto per esse- re pubblicato, quando “un mu- tamento di circostanze non ne permetteva la stampa. Abban- donammo tanto più volentieri il manoscritto alla rodente cri- tica dei topi, in quanto aveva- mo già raggiunto il nostro sco- po principale che era di veder chiaro in noi stessi”. Dov’è, dunque, la mirabolante scoperta storica che dimostrerebbe la sua stupefacente conclusione? Secondo esempio: “ai marxi- sti-leninisti ufficiali non sono piaciuti gli appunti (quali non specifica, ndr) sull’esigenza del- la libertà di parola e del libero confronto tra forze politiche e sociali” e “meno che mai scopri- re che Marx ed Engels avevano scritto molto più di Lenin e non teorizzavano un totalitarismo né tantomeno i gulag”. È evidente, in questo caso il ritorno alle so- lite manovre dei falsi comunisti per spezzare il doppio filo ros- so che lega Marx-Engels-Lenin- Stalin-Mao e negare che esiste una indissolubile continuità sto- rica nella vita e nell’opera dei 5 grandi Maestri del proletaria- to internazionale i quali han- no speso per intero la loro vita per distruggere il capitalismo e costruire il socialismo. Occorre forse dimostrare che si tratta di revisionismo storico? Del resto l’accortezza dei pennivendoli di “Repubblica” è una sola: na- scondere il loro anticomunismo di fondo, disseminando l’artico- lo con pelosi omaggi al “Marx giornalista”: “corrispondente acuto del New York Daily Tri- bune”, al “Marx ricercatore”: “un uomo che continuò a ricer- care con curiosità fino alla vec- chiaia e seppe vedere e prevede- re le radici della crisi di oggi”, al “Marx comunicatore”: “Marx ed Engels, nell’Europa del capitali- smo senza internet né jet di li- nea, crearono una rete di scambi epistolari internazionali che fu il primo socialnetwork e funzionò per anni”. Uno sforzo vano, quello di glorificarne aspetti “secondari” della vita per nascondere l’in- tento di mettere “Marx contro Marx”, perché esso trasuda da molti pori. Basta leggere il se- guente sconfortante passaggio: “Karl aveva rinunciato alla poli- tica, annotava la sua fiducia nel libero dibattito e confronto tra idee e forze politiche. E prese a studiare le scienze: geologia, fisica, scienza nucleare”, oppu- re la seguente spudorata men- zogna: “La sua svolta democra- tica avvenne dopo avere scritto Il Capitale”. O ancora le oppor- tunistiche conclusioni, degne di un Kautsky o di un Bernstein: “bentornato allora caro vecchio Marx, e scusaci: troppi opposti estremismi del Ventesimo seco- lo ti avevano tramandato male. Arrivederci al 2020. Forse ci servirai quando chi sa che volto avrà il capitalismo”. Il manoscritto dell’“Ideologia tedesca” di Marx ed Engels pubblicato postumo per la prima volta in Unione Sovietica nel 1932. Accanto una delle pagine originali del manoscritto LENIN: MARXLo scritto di Lenin che pub- blichiamo di seguito smasche- ra il revisionismo che falsifica e deforma il marxismo. Si trova nelle Opere complete di Lenin, Editori Riuniti, vol. XV, pagg. 231-33. I titolini sono redazionali. Un noto adagio dice che, se gli assiomi della geometria urtas- sero gli interessi degli uomini, si cercherebbe senza dubbio di con- futarli. Le teorie storico-naturali, che colpiscono i vecchi pregiudizi della teologia, hanno provocato e provocano tuttora la lotta più furi- bonda. Non meraviglia quindi che la dottrina di Marx, la quale serve direttamente a educare e organiz- zare la classe d’avanguardia della società moderna, addita i compiti di questa classe e dimostra che, in virtù dello sviluppo economico, la sostituzione del regime attuale con un ordine nuovo è inevitabile, non meraviglia che questa dottrina ab- bia dovuto farsi strada lottando a ogni passo. Non parliamo della scienza e della filosofia borghesi, insegna- te ufficialmente da professori uffi- ciali per istupidire la giovane ge- nerazione delle classi possidenti e “aizzarla” contro i nemici ester- ni e interni. Questa scienza non vuole nemmeno sentir parlare del marxismo, che proclama smentito e annientato; e i giovani scienzia- ti, che fanno carriera confutando il socialismo, e le vecchie caria- tidi, che stanno di guardia ai co- mandamenti di tutti i possibili “si- stemi” decrepiti, attaccano Marx con lo stesso zelo. Lo sviluppo del marxismo, la diffusione e il con- solidamento delle sue idee in seno alla classe operaia rendono inevi- tabilmente più frequenti e furiosi questi attacchi borghesi contro il marxismo, che tuttavia, dopo ogni “colpo di grazia” infertogli dalla scienza ufficiale, diventa più vigo- roso, più temprato e più vitale. L’avanzata del marxismo Ma anche fra le dottrine lega- te alla lotta della classe operaia, e diffuse prevalentemente in seno al proletariato, il marxismo non ha affatto conquistato di colpo le sue posizioni. Nei primi cinquant’anni di vita (dagli anni quaranta del se- colo scorso) il marxismo si è battu- to contro teorie che gli erano radi- calmente ostili. Nella prima metà degli anni quaranta Marx e Engels hanno fatto i conti con i giovani hegeliani radicali, che si trovava- no sulle posizioni dell’idealismo filosofico. Verso la fine degli anni quaranta ha avuto inizio, nel cam- po delle dottrine economiche, la lotta contro il proudhonismo. Ne- gli anni cinquanta questa battaglia è coronata dalla critica dei partiti e delle dottrine venuti alla luce nel tempestoso 1848. Negli anni ses- santa dal campo della teoria gene- rale la lotta si sposta in un cam- po più immediatamente vicino al movimento operaio: si ha allo- ra l’espulsione del bakuninismo dall’Internazionale. All’inizio de- gli anni settanta, per un breve pe- riodo, si fa avanti in Germania il proudhoniano Mühlberger; alla fine degli anni settanta il positivi- sta Dühring. Ma l’influenza del- l’uno e dell’altro sul proletaria- to è già del tutto insignificante. Il marxismo ha ormai trionfato in- condizionatamente su tutte le altre ideologie del movimento operaio. Negli anni novanta questa vit- toria era, nel complesso, un fatto compiuto. Persino nei paesi latini, dove le tradizioni del proudhoni- smo hanno resistito più a lungo, i partiti operai hanno di fatto co- struito i loro programmi e la loro tattica su un fondamento marxista. La rinnovata organizzazione inter- nazionale del movimento operaio - sotto la forma di congressi in- ternazionali periodici - si è posta subito e quasi senza lotta sul ter- reno del marxismo in tutte le que- stioni essenziali. Ma, non appena il marxismo ha soppiantato tutte le dottrine a esso ostili, dotate di qualche consistenza, le tendenze che trovavano espressione in que- ste dottrine hanno preso a ricerca- re altre strade. Le forme e i pre- testi della lotta sono cambiati, ma la lotta è continuata. E il secondo cinquantennio di vita del marxi- smo ha avuto inizio (negli anni novanta) con la lotta di una cor- rente ostile al marxismo in seno al marxismo stesso. L’ex marxista ortodosso Bern- stein ha dato il nome a questa cor- rente, perché ha fatto più rumore e formulato più organicamente le correzioni da apportare a Marx, la revisione di Marx, il revisionismo. Persino in Russia, dove, natural- mente, - in forza dell’arretratezza economica del paese e a causa del predominiodellapopolazionecon- tadina, schiacciata dalle sopravvi- venze della servitù della gleba, - il socialismo non marxista si è man- tenuto più a lungo, persino in Rus- sia, esso si trasforma sotto i nostri occhi in revisionismo. Sia nella questione agraria (programma di municipalizzazione di tutta la ter- ra) che nelle questioni generali del programma e della tattica i nostri socialpopulisti sostituiscono sem- pre più con “correzioni” a Marx gli ultimi residui, ormai in decom- posizione, del loro vecchio siste- ma, a suo modo coerente e radical- mente ostile al marxismo. Il socialismo premarxista è sconfitto. Esso prosegue la lotta non più sul suo proprio terreno, ma sul terreno generale del marxi- smo, come revisionismo. Vedia- mo dunque quale sia il contenuto ideale del revisionismo. L’essenza del revisionismo Nel campo della filosofia il re- visionismo si è messo a rimorchio della “scienza” professorale bor- ghese. I professori “ritornano a Kant”, e il revisionismo si trascina sulle orme dei neokantiani; i pro- fessori ripetono le trivialità prete- sche, rimasticate mille volte, con- tro il materialismo filosofico, e i revisionisti, sorridendo in tono di condiscendenza, borbottano (pa- rola per parola, secondo l’ultimo Handbuch) che il materialismo è stato già “confutato” da un pezzo; i professori trattano Hegel come un “cane morto” e, predicando essi stessi l’idealismo, ma un ideali- smo mille volte più meschino e tri- viale di quello hegeliano, stringo- no le spalle con disprezzo davanti alla dialettica, e i revisionisti stri- sciano sulle loro orme nel pantano dell’involgarimento filosofico del- la scienza, sostituendo alla dialet- tica “sottile” (e rivoluzionaria) la “semplice” (e pacifica) “evoluzio- ne”; i professori si guadagnano i loro stipendi adattando i loro siste- mi idealistici e “critici” alla “filo- sofia” medievale dominante (cioè alla teologia), e i revisionisti li se- guono sforzandosi di fare della re- ligione un “fatto privato”, non già nei confronti dello Stato moderno, ma nei confronti del partito della classe d’avanguardia. Non occorre dire, perché la cosa è chiara di per sé, quale sia il reale significato di classe di que- ste “correzioni” a Marx. Rilevia- mo soltanto che l’unico marxista che nella socialdemocrazia inter- nazionale abbia criticato dal punto di vista del materialismo dialetti- co conseguente le inverosimili tri- vialità spacciate dai revisionisti è stato Plekhanov. Questo fatto deve essere sottolineato tanto più ener- gicamente oggi, cioè nel momen- to in cui si fanno dei tentativi pro- fondamente sbagliati di spacciare il ciarpame filosofico reazionario per una critica dell’opportunismo tattico di Plekhanov(*). Nel passare all’economia po- litica bisogna anzitutto osservare che in questo campo le “correzio- ni” dei revisionisti sono state as- sai più varie e circostanziate. Ci si è sforzati di influire sul pubblico con i “nuovi dati dello sviluppo economico”. Si è detto che la con- centrazione della produzione e la sostituzione della grande alla pic- cola produzione non avvengono affatto nel campo dell’agricoltura e avvengono con estrema lentezza nel campo del commercio e del- l’industria. Si è detto che le crisi sono oggi divenute più rare, meno acute, e che con ogni probabilità i trusts e i cartelli daranno al capi- tale la possibilità di eliminarle del tutto. Si è detto che la “teoria del crollo” verso cui marcia il capita- lismo è una teoria inconsistente, perché le contraddizioni di classe tendono ad attenuarsi, ad attutirsi. Si è detto, infine, che non è male correggere la teoria del valore di Marx secondo gli insegnamenti di Böhm-Bawerk. Lo sviluppo della lotta antirevisionista La lotta contro i revisioni- sti su questi problemi ha impres- so al pensiero teorico del socia- lismo internazionale un impulso tanto fecondo quanto quello su- scitato dalla polemica di Engels contro Dühring venti anni prima. Le argomentazioni dei revisio- nisti sono state analizzate con i fatti e le cifre alla mano. Si è di- mostrato che i revisionisti idealiz- zano sistematicamente la piccola produzione moderna. Il fatto del- la superiorità tecnica e commer- Marx al lavoro, Londra, seconda metà dell’800 (*) Si vedano i Saggi intorno alla filosofia del marxismo di Bo- gdanov, Bazarov e altri. Non è que- sta la sede per analizzare tale libro e per il momento devo limitarmi a dichiarare che in un prossimo futu- ro dimostrerò, in una serie di arti- coli o in un opuscolo a sé, che tutto quanto viene detto nel testo a pro- posito dei revisionisti neokantiani è valido, nella sostanza, anche per questi “nuovi” revisionisti neohu- miani e neoberkeleyani.