1. Dalla morte della distanza al Cloud Computing
verso la virtualizzazione della società
ernesto hofmann giugno 2013
2. dalla morte della distanza al cloud computing
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Come tanti altri, mi sono chiesto anch’io più volte nel corso degli ultimi anni
come sia stato possibile che l’economia occidentale abbia quasi di colpo manifestato
crescenti difficoltà alle quali si guarda oggi con grande preoccupazione. Siamo forse
di fronte a una nuova depressione economica?
Probabilmente non c’è una risposta immediata ed esauriente a una domanda
così complessa. E c’è da aggiungere che la storia dell’economia ha mostrato come gli
improvvisi shock abbiano risvolti sociali che nell'immediato possono essere persino
drammatici, soprattutto per una palese incapacità, soprattutto da parte delle forze
politiche, di saper equamente ridistribuire gli oneri derivanti dalle operazioni di
riassorbimento delle crisi di turno.
Nel mondo moderno, poi, all’apparire di una crisi si tende a sperare in
qualche miracoloso apporto di nuove tecologie in grado di riavviare il motore del
progresso economico. E in questi ultimi due secoli innumerevoli tecnologie si sono
avvicendate e consolidate permettendo una quasi costante crescita di beni e servizi,
almeno nelle società più evolute.
Attualmente sono tante le tecnologie che sembrano promettere ulteriori
fenomenali progressi in quasi ogni settore della società e quindi il rallentamento
dell’economia occidentale appare quasi stupefacente.
E’ quindi con un certa sorpresa che ho letto sul New York Times di qualche
mese fa un interessante articolo del premio Nobel per l’economia Paul Krugman: la
crescita è finita? (Is Growth Over?).
Dice Krugman: “Mi ci è voluto un po’ per comprendere uno stimolante saggio
di Bob Gordon nel quale si sostiene che il tempo della crescita economica è ormai
dietro di noi. Non è molto diverso dalle cose che diceva prima, e nel passato mi
piaceva il suo punto di vista. Ora però credo che il suo pessimismo tecnologico sia
sbagliato, o almeno che sia un’errata forma di pessimismo. Ma è comunque un tema
che merita di essere discusso.”
Anche a noi piacerebbe questo tipo di discussione, perché pensiamo che forse
ci sfugga ancora qualcosa nel cercare di comprendere come la tecnologia resti
un’arma fondamentale per superare il difficile momento attuale.
Allora è bene probabilmente partire proprio da saggio di Robert Gordon (Is US
economic growth over?) per comprendere come grandi innovazioni, quali soprattutto
le ferrovie e il telegrafo, abbiano concorso a portare gli USA all’avanguardia
dell’economia, e come l’attuale contesto tecnologico possa apparire meno promettente
a Gordon e invece altrettanto promettente a Krugman.
Detto in termini quanto mai semplici, secondo Krugman l’Information
Technology (di seguito IT) deve ancora dare il suo meglio, e forse, aggiungiamo noi,
il cloud computing (vedi più avanti) potrebbe diventare la ferrovia digitale del XXI
secolo. Questo è in estrema sintesi l’obiettivo della nostra analisi.
l’evoluzione economica
La gran parte dei commenti sull’attuale situazione economica che si possono
leggere sui giornali è focalizzata sul breve periodo: gli effetti del "baratro fiscale" sul
recupero degli Stati Uniti, le tensioni sull'euro, il tentativo del Giappone di uscire
dalla deflazione.
Ma in realtà quanto sappiamo in merito alle prospettive di progresso e di
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prosperità economica a lungo termine? La risposta è semplice: molto meno di quanto
crediamo. Ci si aspetta piuttosto genericamente che la crescita economica nel corso
dei prossimi decenni possa essere simile alla crescita avvenuta nel corso degli ultimi
decenni.
Recentemente, però, l’economista Robert J. Gordon ha creato un certo
scalpore sostenendo che la crescita economica dovrebbe rallentare drasticamente: l'età
della crescita che ha avuto inizio nel XVIII secolo potrebbe essere sul punto di
volgere al termine.
Gordon sottolinea che la crescita economica a lungo termine non è stata un
processo costante, ma è avvenuta attraverso successive rivoluzioni industriali,
ciascuna avviata da un particolare complesso di tecnologie.
La prima rivoluzione industriale, basata in gran parte sul motore a vapore, ha
guidato la crescita dalla fine del XVIII secolo fino all'inizio del XIX.
La seconda rivoluzione industriale, resa possibile in gran parte da tecnologie
quali l'elettrificazione, i motori a combustione interna e l’ingegneria chimica, è
iniziata intorno al 1870 e ha consentito una continua crescita economica fino a circa il
1960. Infine la terza industralizzazione, incentrata sulla tecnologia dell'informazione,
caratterizza la nostra epoca.
Abbiamo cercato di riunire in un’unica immagine le diverse immagini
proposte da Gordon nel suo saggio e abbiamo anche cercato di sintetizzare al
massimo il suo ragionamento.
Secondo Gordon gli effetti della terza rivoluzione industriale sono stati meno
incisivi sull’evoluzione della società umana di quelli della seconda rivoluzione.
L’elettrificazione, per esempio, ha avuto effetti sociali ben più rilevanti di quelli
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prodotti dall’adozione di Internet.
Sempre secondo Gordon, poiché non vi era stata alcuna crescita dell’economia
prima del 1750, si potrebbe anche pensare che non ci sarà più alcuna crescita dopo il
2050 o dopo il 2100. I tanti processi di innovazione avvenuti nei decenni passati
potrebbero arrestarsi di fronte a un muro di rendimenti tecnologici decrescenti.
Gordon sostiene che il reddito USA pro capite è cresciuto rapidamente a
partire dal 1850, ossia dall’avvento di due grandi infrastrutture quali le ferrovie e il
telegrafo, ed è più che quadruplicato nel corso di circa settant’anni, mentre nei
prossimi settanta forse nemmeno raddoppierà.
E per questo rallentamento Gordon individua sei ostacoli, che lui definisce
venti contrari, in grado di ridurre la crescita a lungo termine per la metà o meno del
tasso annuale di 1,9% registrato tra il 1860 e il 2007 .
I sei venti contrari sono rispettivamente: la fine del dividendo demografico
ossia del rapporto ottimale fra popolazione in età produttiva e popolazione
dipendente, anziani e bambini; le crescenti disugaglianze sociali; il livellamento dei
prezzi provocato dall’interazione tra globalizzazione e Internet; la crescente inflazione
dei costi dell’istruzione di qualità e la conseguente svalutazione dell’istruzione di
base; i costi ambientali che innalzeranno il regime fiscale; il costo dell’insolvenza sia
per i consumatori che per gli stati.
La crescita economica cui si è assistito negli ultimi 150 anni non è stata
casuale ma è stata il frutto di una serie di innovazioni tecniche che dalle ferrovie, al
telegrafo, alla lampadina elettrica, alle centrali elettriche, hanno annullato le distanze
e trasformato la notte in giorno. E Karl Benz inventava il primo motore a scoppio
funzionante lo stesso anno in cui Edison inventava la lampadina.
Non solo. Alla fine dell’Ottocento avveniva un’ulteriore straordinaria
rivoluzione, quella degli impianti idraulici casalinghi che avrebbero liberato le donne
dall’onere di dover trasportare ogni anno tonnellate di acqua.
Quando ho letto questa osservazione di Gordon ho ripensato agli anni quaranta
e cinquanta del secolo scorso, quando andavo a trascorrere l’estate da mia nonna in un
tipico maso tirolese. Non c’era l’acqua corrente e occorreva trasportarla in casa in un
secchio che ne conteneva una decina di litri. Ogni giorno mia nonna trasportava 3 o 4
di quei secchi, ossia 30-40 kg al giorno, che in un anno facevano ben più di dieci
tonnellate. All’inizio del XX secolo apparvero anche il fonografo, il cinema, il
telefono e la radio, poi la televisione, aria condizionata, gli aerei a reazione (jet) e il
sistema autostradale.
Secondo Gordon l’incredibile impulso che queste innovazioni hanno dato alla
crescita economica sarebbe difficile da ripetere. Solo una volta nella storia è possibile
passare dalla velocità del trasporto trainato da cavallo a quello consentito dai grandi
jet. Solo una volta nelle abitazioni potevano essere introdotti gli impianti idraulici, i
sistemi di riscaldamento centralizzato e di aria condizionata, annullando l’effetto delle
stagioni.
Dal 1970 la rivoluzione informatica ha permesso all'economia di mantenere il
ritmo di crescita annua del 2%. I computer hanno in parte sostituito il lavoro umano e,
quindi, hanno contribuito alla produttività. Dopo il 1960 i mainframe hanno
consentito di automatizzare attività quali paghe e stipendi, controllo della produzione,
gestione degli archivi, e molto altro. Quindi, dopo il 1980, l’apparizione del Personal
Computer ha introdotto un’informatica a uso individuale, gli sportelli automatici
hanno sostituito cassieri di banca e la scansione del codice a barre ha sostituito i
lavoratori al dettaglio.
Il matrimonio tra il mondo delle comunicazioni e quello del computer ha poi
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condotto all’esplosione di Internet e all’affermazione di giganti quali Amazon,
Google, Facebook, Wikipedia,..
E dall’inizio del XXI secolo è in corso una continua miniaturizzazione, con
l’apparizione di dispositivi portatili come gli smartphone e i tablet che combinano le
funzioni dei computer portatili e dei primi telefoni cellulari.
L'innovazione sembra così continuare a ritmo sostenuto ancora oggi; ma
Gordon crede che nel prossimo futuro non sarà possibile mantenere un ritmo di
crescita intorno al 2% annuo, ma più realisticamente qualcosa mediamente intorno
all’1%. Se così fosse la curva di crescita si fletterà leggermente, come mostrato nella
figura precedente, e questo farà sì che per raddoppiare il PIL pro capite occorrerà
molto più tempo rispetto ai 35 anni del secolo scorso.
L’attuale crisi economica di fatto sta già erodendo molte aspettative, riducendo
l’occupazione e intaccando i risparmi.
E’ allora opportuno chiedersi se non ci sia forse la speranza che un’ulteriore
onda di innovazioni tecnologiche possa ripristinare il tasso di crescita economica di
cui la società occidentale ha goduto nel corso degli ultimi 70-80 anni.
Gordon sostiene che in vari settori, quali la produzione di energia, la creazione
di nuovi farmaci, la robotizzazione di attività umane, e altro ancora, i ritorni di
investimento siano marginali rispetto a quanto avvenuto con la prima, la seconda e la
terza industrializzazione (ossia macchina a vapore, elettricità-petrolio, computer).
E i sei venti contrari, cui già abbiamo accennato, non potranno che ridurre il
tasso di crescita economico a un valore progressivamente decrescente, fino a
raggiungere un meno 0,2 % nel 2100.
Nel suo articolo, pubblicato dal New York Times nel dicembre 2012,
Paul Krugman esprime una certo scetticismo nei confronti della tesi di Gordon. E
mentre non ritiene che Gordon abbia ragione, ritiene che il modo in cui lo stesso
Gordon si sia probabilmente sbagliato sia anche in contrasto con quanto normalmente
si crede. In sostanza Gordon ritiene che la terza industrializzazione, quella del
computer, abbia ormai dato il meglio di sè e si sia ormai ridotta a una progressiva
miniaturizzazione di dispositivi e a una produzione di software a uso cosiddetto
sociale.
In effetti le ricerche sull’intelligenza artificiale non sembra abbiano dato i
risultati previsti qualche decennio fa. Il riconoscimento della voce non è ancora ai
livelli richiesti e le cosiddette machine intelligenti si stanno dimostrando meno
intelligenti di quanto auspicato.
Sembra molto difficile che i computer possano fare cose che ogni essere
umano trova naturali, come comprendere un discorso ordinario ovvero riconoscere
diversi oggetti in una foto.
Dice però Krugman che i computer, anche se non hanno imparato a replicare
la comprensione umana, possono comunque offrire formidabili risultati,
apparentemente intelligenti, attraverso la pressochè istantanea analisi di enormi
archivi elettronici (database).
Aggiungiamo noi che è sufficiente pensare alle straordinarie prospettive che
ormai si intravedono nel campo della diagnostica oncologica.
È vero che il riconoscimento vocale è ancora imperfetto, ma è di gran lunga
migliore di quanto non fosse solo pochi anni fa, ed è già diventato uno strumento utile
in innumerevoli contesti. Il riconoscimento degli oggetti è un pò più indietro: sarebbe
pur sempre una fonte di enorme stupore che un computer riuscisse quasi
spontaneamente a identificare per esempio dei gatti.
Ma non siamo molto lontani dalla creazione di molteplici applicazioni di
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grande utilità per il business.
Quindi i computer potrebbero presto essere pronti a svolgere molti compiti,
che attualmente richiedono grandi quantità di lavoro umano. Ciò potrebbe tradursi in
un nuova crescita di produttività e, di conseguenza, in una ripresa della crescita
economica complessiva.
C’è però un ulteriore aspetto che sembra sfuggire allo stesso Krugman, ed è il
progressivo apparire di una complessa infrastruttura costituita da molteplici computer
cooperanti, il cosiddetto cloud computing, che sembra riproporre in maniera diversa
ma probabilmente economicamente altrettanto efficace, ciò che la grande
infrastruttura ferroviaria nordamericana fornì a quell’epoca.
Ed è proprio riandando ai momenti quasi eroici della costruzione della
transamericana che può partire la nostra analisi sul ruolo che potrebbe avere
l’infrastruttura del cloud computing nella ripresa dell’economia.
una breve storia delle ferrovie nordamericane
La storia delle ferrovie americane è diventata ormai quasi un’epica che non
viene più distinta da quella del selvaggio Ovest. La ferrovia, ovvero la strada ferrata, è
diventata nell’immaginario collettivo americano l’incarnazione di quel fuoco interiore
che spingeva i coloni verso una frontiera sconosciuta e leggendaria, quasi un nuovo
Eldorado.
Alla costruzione del mito della frontiera contribuirono soprattutto due grandi
film usciti entrambi nello stesso anno, il 1939, a opera di due famosi registi, John
Ford e Cecile B De Mille. E’ curioso che entrambi si basavano su due racconti dello
stesso autore, Ernest Haycox, rispettivamente La diligenza per Lordsburg (tradotto in
italiano) e The Trouble Shooter.
Il primo racconto, tra l’altro, era un chiaro rifacimento di un celeberrimo
racconto di Guy de Maupassant, Palla di sego, nel quale i prussiani vengono sostituiti
con gli indiani e l’ambientazione si sposta dal nord della Francia all’Arizona. Del
primo film, Ombre Rosse, avremo modo di parlare più avanti, perché la tecnologia in
gioco è il telegrafo.
Il film che invece delinea l’epica della ferrovia è La via dei giganti nel quale la
storia della realizzazione della transamericana, settant’anni dopo che era stata
completata, viene narrata da Cecile B De Mille in modo spettacolare, senza tuttavia
tener conto dello sfruttamento brutale del lavoro operaio, dello sterminio dei bisonti,
dell'attacco sistematico ai "diritti" e ai terreni dei veri figli della prateria, gli indiani.
Come in Ombre Rosse c'è solo il fascino dell'avventura, ed entrambi i film
furono fondamentali per creare quasi dal nulla l’epica del film western che fino allora
sembrava solo una curiosità.
La via dei giganti ebbe un successo straordinario e venne proposto per
partecipare al primo Festival del cinema di Cannes, nel 1939. Ma il Festival non potè
tenersi a causa della guerra imminente. E così nel 2002 venne organizzata una
retrospettiva dei film che sarebbero dovuti apparire in concorso nel 1939: la palma
d’oro venne assegnata dopo 70 anni (un numero ricorrente) alla Via dei giganti.
Venendo al dipinto che abbiamo proposto in apertura di questo articolo, La
Terra Promessa di John Gast, esso mostra una figura femminile, Columbia, al centro
della scena, con un cavo telegrafico in mano, quasi a simboleggiare il progresso, e
dietro di lei due treni. Treno e telegrafo si svilupperanno quasi insieme. Infatti le vie
tracciate dai pali telegrafici indicheranno i percorsi che subito dopo le ferrovie
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dovranno seguire, e viceversa nuove linee telegrafiche costeggeranno strade ferrate
già costruite.
Le ferrovie degli Stati Uniti nacquero intorno al 1830 e si svilupparono
all’inizio in maniera abbastanza simile a quella con la quale si andavano diffondendo
in Gran Bretagna.
Ma l’impulso ferroviario in Nordamerica fu molto più vistoso che in Europa.
Le grandi distanze da percorrere, enormi territori ancora intatti e privi di vie di
comunicazione, una straordinaria esuberanza colonizzatrice, terreni rigogliosi e pronti
per un utilizzo agricolo, crearono le condizioni perché si costruisse un’intera
infrastruttura ferroviaria in grado di collegare quanti più insediamenti possibili.
In pochi anni nacquero le prime compagnie ferroviarie, con la tipica mentalità
imprenditoriale americana, ossia private e non statali.
Nel 1850 queste reti ferrovarie private si diramavano per oltre 15.000 km. E
mentre sulla costa orientale venivano costruite grandi e capillari reti ferroviarie
tuttora esistenti, già si pensava di raggiungere la costa occidentale per mezzo di una
ferrovia transcontinentale.
La guerra di secessione (1861-1865) dimostrò poi, in modo certo, le grandi
potenzialità della ferrovia: nuove linee vennero costruite in quegli anni per rifornire
le truppe al fronte e furono esse stesse oggetto di furiosi combattimenti.
Nella figura che segue abbiamo proposto uno schema evolutivo delle ferrovie,
schema che riutilizzeremo sia per il telegrafo sia per il cloud computing.
L’idea alla base dello schema stesso è che all’origine di queste tecnostrutture
vi sia l’apparizione di una fondamentale innovazione tecnologica (la macchina a
vapore, il telegrafo, il computer) che poi si evolve lungo direttrici differenti, che
possono anche ricongiungersi, e poi nuovamente differenziarsi, per dare luogo infine a
un’infrastuttura complessiva dai rilevanti effetti socio-economici.
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Nel caso delle ferrovie, dopo la lunga messa a punto della macchina a vapore,
un elemento fondamentale fu probabilmente la grande penuria di cavalli che si era
verificata a seguito sia delle guerre napoleoniche sia della guerra di secessione
americana. Sembra che l’esercito di Napoleone avesse impiegato per la sola
campagna di Russia circa 500.000 cavalli dei quali oltre 250.000 andarono perduti.
Poichè il cavallo svolgeva un ruolo così determinate nella varie forme di
trasporto trovarne un sostituto meccanico divenne un obiettivo fondamentale, oltre
naturalmente alla diversa velocità che un trasporto meccanico avrebbe potuto
consentire.
In alternativa c’erano anche i canali che già dall’antichità avevano svolto un
ruolo fondamentale, soprattutto in Cina.
In Nordamerica il picco nei canali si era raggiunto nel 1850, con quasi seimila
chilometri di corsi d'acqua artificiali, molti dei quali inutilizzabili durante l’inverno a
casua del ghiaccio.
Ma già nei dieci anni tra il 1865 e il 1875 vennero costruiti 30.000 nuovi
chilometri di ferrovia che, a un costo attualizzato di quasi 2 miliardi di dollari,
raddoppiarono le dimensioni dell’infrastruttura ferroviaria già esistente.
C'era una grande aspettativa economica nell'espansione ferroviaria perchè la si
considerava un ottimo investimento, garantito da un rapido sviluppo economico di
nuove regioni e dal notevole apprezzamento dei territori attraversati dalla ferrovia.
Con la ferrovia transcontinentale, nata dagli sforzi combinati della Central
Pacific da San Francisco e della Union Pacific da St. Louis, le costruzioni ferroviarie
registrarono una crescita senza precedenti, con un picco nel 1871.
Nel 1880 la rete ferroviaria nordamericana si estendeva già per oltre 150.000
chilometri e nel 1916 per oltre 400.000, ossia quasi il doppio di tutto il resto del
mondo.
La rivoluzione tecnologica che aveva creato l’infrastruttura ferroviaria non
aveva solo ridotto i costi del trasporto, ma aveva anche trasformato significativamente
altre settori dell'economia. La produzione del ferro era aumentata dalle 38.000
tonnellate del 1850 alle 180.000 tonnellate nel 1860 e ciò aveva prodotto ulteriori
innovazioni nella tecnologia per la produzione sia del ferro sia di altri materiali
industriali.
L’infrastruttura ferroviaria aveva modificato profondamente i meccanismi del
commercio, in modo non del tutto dissimile da quanto oggi sta avvenendo con l’e-
commerce spinto da Internet.
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Per finanziarie le varie parti dell’infrastruttura, e soprattutto la sua sezione più
significativa, ossia la transamericana, erano state immesse sul mercato azioni
privilegiate, così come obbligazioni convertibili, warrant, e alleanze obbligazionarie.
Nel 1870 il finanziamento delle ferrovie aveva raggiunto livelli abbastanza
precari e, come in altre crisi finanziarie, il periodo che precedette il famigerato
giovedì nero del 18 settembre 1873, fu caratterizzato dall’erogazione di linee di
credito che non potevano più essere sostenute.
Ma intanto anche il governo federale aveva cercato di favorire la costruzione
di ferrovie attraverso la legislazione nel 1802, che destinava il 5% delle entrate da
vendite di terreni pubblici per finanziare la costruzione di vie di comunicazione. In
particolare la ferrovia transamericana fu sovvenzionata con la massiccia vendita di
terreni.
Si sviluppò così un complesso mercato di mutui, più ricco di quello dei
mercati obbligazionari e azionari di quel periodo. Tra il 1851 e il 1871 le ferrovie
poterono ottenere liberamente oltre 131 milioni di ettari in terra libera. La
giustificazione di un simile coinvolgimento del governo federale era nel beneficio
sociale che l'aumento del commercio avrebbe arrecato all’intera nazione.
E in effetti secondo il grande economista Joseph Schumpeter le ferrovie, così
come le altre innovazioni della seconda rivoluzione industriale quali soprattutto il
telegrafo, alimentarono la voglia di speculare e di accumulare capitale. Senza
l'incoraggiamento politico e finanziario ciò non sarebbe successo.
Le tecnostrutture esplosive, come quella ferroviaria, possono avere l'effetto di
un eccesso di stimolo sull'economia, con la creazione di una bolla quando si crea nel
pubblico un eccesso di ottimismo. Il flop delle cosiddette dot-com durante il boom
degli anni 1990 è un significativo esempio di come le nuove tecnologie possano
favorire quella che il premio Nobel Joseph Stigliz definisce un’irrazionale esuberanza.
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Ma resta comunque da osservare che superata una fase di depressione, che
sarebbe iniziata nel 1873 e terminata intorno al 1890, la nuova tecnostruttura
ferroviaria avrebbe portato agli Stati Uniti incredibili vantaggi strategici rispetto al
resto del mondo, facendone un gigante incontrastato.
Furono prodotti milioni di tonnellate di ferro e di carbone, creati milioni di
posti di lavoro, i mercati si diffusero nella nazione a vista d’occhio, l’agricoltura
divenne incredibilmente esuberante mentre il numero di agricoltori diminuiva
drasticamente. E infine si creavano le condizioni per una vera e propria esplosione
scientifica.
Non fu quindi un caso se uno dei più importanti esperimenti mai eseguiti,
quello sulla misurazione della velocità della luce di Michelson e Morley, avesse luogo
nel 1887 presso quella che è oggi la Case Western Reserve University, a Cleveland,
nell’Ohio. Possiamo ritenere questo esperimento la vera porta di ingresso alla fisica
moderna e soprattutto alla teoria della relatività.
una breve storia del telegrafo
Quando i primi immigrati nordamericani iniziarono a colonizzare il cosiddetto
selvaggio West dovettero confrontarsi con innumerevoli tribù indiane. Queste, anche
se tecnologicamente molto arretrate rispetto ai coloni e alle truppe che li
proteggevano, avevano comunque sviluppato da secoli un sistema di comunicazione
abbastanza efficiente che colpiva fortemente la fantasia dei coloni stessi.
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E’ forse interessante ricordare un paio di episodi che sono ormai
nell’inconscio di quanti amano il cinema. Nella prima scena del celebre film western
Ombre Rosse si vede un soldato telegrafista che comunica all’ufficiale che il telegrafo
ha trasmesso una sola parola e poi si è interrotto: “Geronimo”.
E quasi alla fine del film la protagonista, Dallas (Claire Trevor), cerca di far
fuggire Ringo, ossia Jonh Wayne, che viene inseguito dallo sceriffo. Ma alla
staccionata Ringo si ferma e restituisce il fucile allo sceriffo che lo ha raggiunto
dicendo: “E inutile che mi metti le manette, non scappo Charlie, guarda piuttosto le
colline” “Apache?” “Si, sono segnali di guerra!” e gli mostra i segnali di fumo che
appaiono su di una collina poco distante.
A quel punto si organizza la fuga della diligenza, che verrà poi raggiunta dagli
indiani nella vallata, in un famoso finale che è superfluo ricordare. Ma restano i
segnali di fumo degli indiani, un vero telegrafo dell’epoca, che indicano l’imminente
pericolo.
Ombre rosse quindi si apre col telegrafo e si avvia alla conclusione con i
segnali di fumo degli Apache: una soprendente coincidenza.
E’ noto come gli indiani accendessero stoppie o sterco di bisonte, e quando il
fuoco si fosse avviato le fiamme venivano parzialmente soffocate con una coperta. In
funzione del tempo che la coperta restava sulle fiamme venivano prodotte forme
differenti di colonne di fumo che costituivano i messaggi visibili a distanza. Il fuoco
veniva continuamente alimentato e la coperta fungeva da commutatore.
Oltre a questo sistema gli indiani utilizzavano gli specchi per inviare messaggi
su di una distanza più breve di quella coperta dai segnali di fumo. In ambedue i casi
era comunque l’alternarsi di impulsi luminosi a costituire un messaggio.
Ma la tecnologia occidentale sarebbe presto stata ben altra cosa. Infatti un
professore americano, Samuel FB Morse, nel 1830 iniziò a sperimentare un nuovo
tipo di comunicazione per mezzo di segnali elettromagnetici.
C’è da dire che secondo i resoconti del 1746 dell'Académie Royale des
Sciences, l’abate Jean Antoine Nollet riuscì a far sentire quasi simultaneamente una
scossa elettrica a più di 200 monaci cistercensi, riuniti in circolo e collegati l’uno
all’altro da una specie di cavo metallico, nel loro monastero a Parigi. Nollet
giustamente intuiva che in tal modo si sarebbero potuti trasmettere opportuni
messaggi quasi istantanemente a grande distanza. Un’intuizione veramente prodigiosa
per l’epoca in cui venne fatta.
Dal canto suo Morse fu in grado, nel 1838, di dimostrare l’efficacia del suo
dispositivo inviando un messaggio attraverso due chilometri di filo a Morristown,
New Jersey.
Lo stesso Morse riuscì quindi a ottenere dal Congresso Americano un
finanziamento per installare una linea trasmissiva tra Washington, DC e Baltimora.
Dopo un primo fallito tentativo di utilizzare cavi sepolti nel terreno decise di tendere i
cavi lungo una fila ininterrotta di pali disposti tra le due città.
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Il 24 maggio 1844, Morse, dalla sala della Corte Suprema nel Campidoglio di
Washington inviò al suo assistente Alfred Vail a Baltimora l’ormai celebre primo
messaggio telegrafico: "Quello che Dio ha battuto."
L'importanza di questa nuova tecnologia apparve immediatamente evidente
tanto che nel 1846 un’azienda appena nata, l'Associated Press, iniziò ad utilizzare la
rapidamente crescente infrastruttura di linee telegrafiche per inviare dispacci alle
redazioni dei giornali.
I risultati delle elezioni del 1848, vinte da Zachary Taylor, furono comunicati
per la prima volta dall'Associated Press per mezzo del tramite telegrafo.
E negli anni successivi gli impiegati dell’Associated Press di sede a Halifax,
nella Nuova Scozia, iniziarono a raccogliere le notizie in arrivo sulle navi provenienti
dall’Europa e a telegrafarle a New York, dove quelle notizie potevano apparire sui
giornali molti giorni prima che arrivassero le stesse navi.
Il messaggio sullo stato dell’Unione fu inviato per la prima volta via telegrafo
da Abraham Lincoln. Conteneva 7570 parole e fu ricevuto in tutte le città cui era stato
trasmesso in circa un’ora e mezza di trasmissione. Lincoln fu così affascinato da
questa nuova tecnologia da trascorrere, durante la guerra di secessione, molte ore
nella sala del telegrafo situata nell’edificio del Dipartimento della guerra vicino alla
Casa Bianca.
Durante la Guerra di secessione Lincoln doveva scrivere i suoi messaggi e gli
operatori del telegrafo li dovevano inviare, cifrati e per mezzo del telegrafo, al fronte.
Lincoln imparò allora a essere estremamente sintetico tanto che rimase celebre un suo
messaggio inviato nell’agosto del 1864 al generale Ulysses S. Grant, al City Point,
Virginia: " Hold on with a bull-dog grip, and chew and choke, as much as possible. A.
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Lincoln". Ossia: tieni stretto con una presa da bull-dog e mastica e soffoca il più
possibile.
Durante la guerra di secessione la costruzione di linee telegrafiche si diffuse a
grande velocità verso l’Ovest, e le notizie dai territori lontani poterono finalmente
essere inviate alle città orientali quasi istantaneamente.
Ma la sfida più grande, che sembrava allora irrealizzabile, era quella di stendere un
cavo telegrafico in fondo all'oceano atlantico, dal Nord America all'Europa.
Nel 1851 un cavo telegrafico funzionante era stato steso attraverso la Manica per
trasferire quasi istantaneamente informazioni tra Parigi e Londra: questo successo
tecnologico sembrava quasi simboleggiare la pace tra Francia e Gran Bretagna pochi
decenni dopo le guerre napoleoniche.
E così quasi subito dopo le aziende telegrafiche britanniche rivolsero la loro
attenzione verso la costa della Nuova Scozia. Eppure fu un uomo d'affari americano,
Cyrus W. Field, a ideare la posa di un cavo telegrafico attraverso l'Atlantico nel 1854.
Field raccolse molti fondi dai suoi ricchi conoscenti nel quartiere di Gramercy Park
di New York e costituì una nuova società la New York, Newfoundland and London
Telegraph Company.
Nel 1857, due navi noleggiate dalla compagnia di Field, iniziarono a stendere
4000 chilometri di cavo, a partire dalla Penisola di Dingle in Irlanda. Questo tentativo
fallì, come un secondo nell’anno successivo.
Ma finalmente il 5 agosto 1858, Cyrus Field fu in grado di inviare attraverso il cavo
telegrafico un messaggio da Terranova all'Irlanda. E il 16 agosto la regina Vittoria
potè inviare un messaggio di congratulazioni al presidente americano James
Buchanan.
Cyrus Field venne accolto a New York come un eroe, ma ben presto il cavo si
interruppe anche a causa di un grave errore di un suo dipendente. Field decise allora
di perfezionare il cavo, e alla fine della guerra di secessione fu in grado di ottenere
maggiori finanziamenti. Un primo tentativo di posa del nuovo cavo fallì nel 1865
quando il cavo era a mille chilometri da Terranova.
E finalmente un cavo efficiente fu posato nel 1866. Fu riparato anche il cavo
che si era rotto l’anno precedente, e così furono due i cavi posati tra America ed
Europa, il che poteva permettere una contemporanea trasmissione nelle due opposte
direzioni.
A partire da questo momento la telegrafia ebbe formidabili effetti soprattutto
per il trasporto marittimo mondiale.
Per migliaia di anni le navi utilizzate per i commerci a grande distanza,
impiegavano molti mesi prima di rientrare al porto da cui erano partite, talora anche
più di un anno. Durante questo lungo periodo non c’era modo di comunicare con la
nave in viaggio: i proprietari nemmeno ne conoscevano il destino. E gli imprenditori
che si servivano delle navi per i loro commerci oltreoceano non sapevano nulla delle
merci inviate come di quelle eventualmente acquistate. Senza alcuna conoscenza
della qualità e quantità delle merci che viaggiavano sulle navi acquirenti e venditori
negoziavano in uno stato di relativa ignoranza reciproca.
Col telegrafo, e con i molteplici cavi oceanici che presto vennero ad affiancare
il cavo transatlantico, la situazione cambiò radicalmente e il commercio mondiale ne
ebbe un impulso formidabile.
Chi commerciava poteva finalmente avere una visione molto più realistica
della disponibilità e dei prezzi di materie prime e prodotti sui mercati di tutto il
mondo. Una migliore conoscenza anche consentito alle compagnie di navigazione di
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reindirizzare navi in risposta al mutare delle opportunità in diverse parti del mondo.
Le reazioni a tutto ciò furono entusiastiche. E si volle degnamente
commemorare una simile impresa tecnologica. Di ciò venne incaricato un pittore forse
non molto conosciuto in Italia, benchè in parte anche artisticamente di origini italiane,
ma conosciuto oltreoceano come il Michelangelo d’America.
Constantino Brumidi, figlio di un greco e di un’italiana, che aveva lungamente
lavorato a Roma, si era trasferito negli Stati Uniti.
A partire dal 1865 Brumidi realizzò nella cupola della rotonda del
Campidoglio la sua opera più famosa, l’ Apoteosi di George Washington. In una delle
scene del dipinto Nettuno è su di una conchiglia trainata da cavalli marini mentre
Venere sovrintende il lavoro di posa sul fondo marino del cavo telegrafico
transoceanico. E in un altro piccolo dipinto, esposto già dal 1862 nel Senato
Americano, intitolato Telegraph, Brumidi aveva simbolicamente rappresentato la posa
del primo cavo transatlantico.
C’è da aggiungere comunque che la posa del cavo transatlantico ebbe anche
delle ambigue interpretazioni politiche, quali quella che apparve su di una rivista
dell’epoca di enorme successo, Harper’s Weekly, che già alla posa del primo cavo di
Field l’11 settembre del 1858 aveva dedicato la copertina e un lungo articolo
all’evento.
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La velocità della comunicazione sottomarina fu all’inizio di 8 parole al minuto
e migliorò rapidamente a 17 parole al minuto. Ma a cinque dollari per una parola la
comunicazione era molto costosa. Nel 1880 un lavoratore medio nordamericano
avrebbe dovuto lavorare uno o due giorni per inviare una parola attraverso l'Atlantico!
Secondo gli standard attuali quella velocità di comunicazione era ridicolmente
bassa ma anche enormemente costosa. Eppure il cavo transatlantico fornì un enorme
vantaggio economico e politico a coloro in grado di permetterselo. Ciò è vero tuttora.
Come ha scritto il Wall Street Journal "il fattore trainante è che ci sia una
forte concorrenza per raccogliere profitti da frequenti piccole movimentazioni del
prezzo dei titoli e dei derivati… il cavo transatlantico offre una finestra sul modo in
cui questo tipo di arbitraggio è sempre più globale, piuttosto che di portata regionale,
e che è limitata solo dalla tecnologia e dalle leggi della fisica. "
Negli anni successivi al fuzionamento del cavo transatlantico molti altri cavi
sottomarini vennero a collegare Medio Oriente, India, Singapore e Australia. Entro la
fine del XIX secolo, gran parte del globo risultò stato cablato per le comunicazioni.
il panico del 1873
Dopo quasi trent’anni di espansione economica pressoché ininterrotta, grazie
alla quale l’economia di mercato si affermò ovunque negli Stati Uniti, esplose una
crisi economica di enorme portata.
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A dire il vero la crisi si era già manifestata in Europa dove, dopo il 1860, la
popolazione delle principali capitali d'Europa iniziò velocemente ad aumentare. A
partire dal 1870, iniziò così una forte espansione del settore delle costruzioni urbane,
sia private sia pubbliche, soprattutto nelle grandi città quali Vienna, Parigi e Berlino.
Quest’espansione venne anche favorita dalla nascita di istituti finanziari specializzati
nell'erogazione di mutui immobiliari, che venivano concessi con grande facilità e
senza richiedere le opportune garanzie, soprattutto sull'onda del costante incremento
dei prezzi degli immobili.
La crisi finanziaria europea esplose di colpo con il subitaneo crollo, nel
maggio 1873, della Borsa di Vienna. Le ripercussioni furono immediate e colpirono
tutte le principali borse europee.
Anche l’Italia venne coinvolta, con il ritiro di gran parte dei capitali esteri
impegnati in società italiane, e ciò ebbe negative conseguenze per i nuovi istituti di
credito immobiliare.
L’economia, e la speculazione finanziaria, erano in effetti cresciute troppo
rapidamente in Europa soprattutto a causa della guerra tra Prussia e Francia.
La sconfitta nella guerra aveva infatti imposto alla Francia un indennizzo
esorbitante, del quale ben un decimo avrebbe dovuto essere pagato in oro, e ciò finì
con l’alimentare una forte speculazione in Germania e in Austria
Un vero e proprio boom di costruzioni edilizie investì tutta l’Europa, dal 1869
fino al 1873, spingendo verso l’alto i salari e riducendo al tempo stesso i prezzi
all'ingrosso. Si crearono così le condizioni per una bolla speculativa che sarebbe
appunto esplosa nel maggio del 1873.
Ma altri fattori concorsero alla crescente confusione finanziaria europea, e tra
questi l'apertura nel 1869 del Canale di Suez, l'inflazione causata dalla crescente
circolazione monetaria in Germania, l’unificazione della stessa Germania, e non
ultima l’unificazione dell’Italia con la presa di Roma del 1870.
La crisi europea del 1873 era in realtà stata prevista, anche se non in quelle
forme, da Karl Marx che con il suo cosiddetto socialismo scientifico, pensava di aver
individuato il vero tallone d’Achille del sistema capitalistico, ossia la tendenza ad
eccedere nell’offerta dei beni rispetto alla sua domanda.
La teoria di Marx era una novità non solo rispetto ai più tradizionali sistemi
economici, ma anche rispetto allo stesso capitalismo, le cui crisi si erano fino allora
manifestate a seguito di una scarsità di prodotti sul mercato piuttosto che di un
eccesso.
La grande crisi del 1848 era stata una crisi di sottoproduzione e la sua
virulenza aveva fortemente impaurito le classi dirigenti europee, che intimorite dallo
spettro di un protocomunismo cercarono di avviare una strategia economica del tutto
diversa, puntando sulla prima globalizzazione dei mercati e su una crescente capacità
produttiva.
E fu così che il 18 settembre 1873 la crisi esplose violentissima anche negli
Stati Uniti con l’improvviso fallimento della grande banca di investimenti Jay Cooke
& Company, una tra le maggiori banche americane, impegnata proprio nella
costruzione di grandi linee ferroviarie e nell'edilizia.
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Il crollo della Jay Cook, una banca d'affari non dissimile dalla Leman
Brothers recentemente fallita, ebbe ripercussioni devastanti sul sistema finanziario
americano e internazionale e dette il via ad un'ondata di panico che si diffuse
nell'economia americana e poi in tutti gli altri paesi industrializzati.
Nel giro di pochi mesi la produzione industriale degli Stati Uniti diminuì di un
terzo per la mancanza di acquirenti, mentre aumentava a dismisura la disoccupazione.
In breve tempo le ripercussioni della crisi americana investirono Gran Bretagna,
Francia e Germania.
L’aspetto più significativo di questa vera e propria prima grande crisi
dell’economia moderna fu un eccesso di offerta rispetto alla domanda, quindi una
crisi di sovraproduzione, con conseguente caduta dei prezzi.
La crisi poteva essere dovuta a tre fattori: il rapido progresso tecnologico,
l’aumento del numero di paesi industrializzati, l’imposizione di bassi salari. Come si
vede una situazione economica strutturalmente non molto dissimile da quella attuale,
e che quindi può in un certo senso aiutare a comprendere meglio le cause e le
prospettive dell’odierna situazione economica.
Si vennero così a creare le condizioni per quella che oggi viene indicata come
una bolla speculativa.
Furono immobilizzati grandi capitali per farne uso nelle imprese edilizie, e ciò
era comprensibile poichè se anche i prestiti concessi ai costruttori erano, sulla carta,
garantiti dagli immobili, i crediti stessi non erano velocemente convertibili in contanti.
Il risultato fu che quando i risparmiatori decisero di rientrare dei loro capitali,
soprattutto per paura di non essere rimborsati, non vi era immediata disponibilità di
capitale.
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La situazione che si creò nel 1873 è in un certo senso paradigmatica poichè
mette in luce più o meno gli stessi meccanismi che avrebbero agito anche nelle crisi
economiche successive, quale anche quella attuale.
Un’analisi della crisi del 1873 consente anche di mettere in luce il ruolo del
governo americano che venne anche coinvolto in rilevanti episodi di corruzione e
frode.
Il Panico del 1873, e la conseguente flessione economica, risulta quindi essere
la prima vera crisi economica globale della storia, tanto da far esclamare al grande
banchiere Tedesco Carl Meyer von Rothschild: "tutto il mondo è diventato come una
sola città" .
In un clima così agitato venne poi a inserirsi un episodio che in un certo senso
aumentò il senso generale di disagio della nazione americana, e fu l’annientamento di
cinque squadroni del celebre settimo cavalleggeri, e del loro comandante il generale
Custer, a opera degli indiani nella battaglia del Little Big Horn nel 1876.
I giornali dell’epoca la rappresentarono come un momento epico, mentre i
troppi ammiratori di Custer, tra cui soprattutto la moglie Libby, ne fecero
un’esagerata icona del coraggio e del nazionalismo. In realtà dopo uno scontro tutto
sommato di limitate dimensioni si avviò un’ulteriore sistematica campagna di
emarginazione delle popolazioni indiane, con una vergognosa mancanza di principi
etici cui attenersi. E su questo aspetto i giudizi degli storici moderni sono molto
severi. Resta il fatto che il clima psicologico di quel momento, così economicamente
depresso, non favorì certamente un’opportuna integrazione degli indiani nella giovane
nazione americana.
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In conclusione, utilizzando i dati economici per le entrate di esercizio della
ferrovia, il valore delle importazioni totali marginali, i materiali prodotti quali ghisa,
cotone e carbone, si è valutato che il calo percentuale medio della produzione
complessiva è stato del 33% tra il 1873 e il 1878.
Se volessimo raffrontare questa crisi con quella del 1929 dovremmo
aggiungere che gli stessi settori produttivi tra il 1929 e il 1932 avevano subito un calo
del 56%. La cosiddetta Grande Depressione (1929) è stata quindi sostanzialmente
peggiore in termini di violenza iniziale, anche se poi la crisi del 1873 si è protratta
fino al 1890. C’è da aggiungere però che dalla crisi del 1929 si è forse usciti con il
formidabile impegno richiesto dalla seconda guerra mondiale e con il concorso delle
nuove tecnologie emerse o incubate durante il conflitto, dall’energia atomica al radar,
dall’aereo a reazione ai missili, dalla pennicillina al transistor…
Sembra quindi che dalle grandi crisi si esca soprattutto con una forte capacità
innovativa che può consistere sia in nuove tecnologie (crisi del ‘29) sia in una reale
maturazione di tecnologie appena acquisite (crisi del 1873).
Nel 1873 la grande infrastruttura ferroviaria e telegrafica era ormai in essere.
Si trattava non solo di consolidarla ma soprattutto di saperla utilizzare al meglio come
avvenne dopo il 1890.
Oggi la Terra sembra essere diventata un’unica entità digitalmente
interconnessa, come la board di un computer. Si tratta allora di sapere usare al meglio
questa tecnostruttura, ed è forse quanto sembra prometterci un analogo delle ferrovie,
il cloud computing, la ferrovia digitale del XXI secolo.
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il cloud computing ovvero la ferrovia digitale del XXI secolo
Quella che è stata definita come la terza industralizzazione, ovvero l’avvento
dell’IT, può essere graficamente rappresentata con lo stesso schema che abbiamo
utilizzato per le ferrovie e il telegrafo. E’ facilmente intuibile che tutte le
tecnostrutture di una certa complessità si evolvano in maniera abbastanza simile. Ma
questo è vero anche nel mondo biologico nel quale organismi che appartengono a
regni diversi, come per esempio pipistrelli e uccelli, mostrino in definitiva delle
sorprendenti rassomiglianze.
La microelettronica è stata l’incubatrice dell’IT così come la macchina a
vapore lo è stata delle ferrovie. E nel corso del tempo la tecnologia delle macchine
termiche si è evoluta attraverso molteplici necessità e opportunità, così come la
microelettronica si è evoluta per dare forma a dispositivi sempre più specifici e
raffinati.
Come i treni hanno potuto utilizzare in modo sempre più efficace la crescente
infrastruttura delle cosiddette strade ferrate così i computer alla fine del XX secolo
hanno potuto fruire della sempre più articolata infrastruttura offerta da Internet.
Il concetto stesso di computer si è poco alla volta evoluto in qualcosa di più
complesso. Detto in termini molto semplici si può oggi immaginare che dietro a un
singolo computer ci sia in realtà una popolazione di altri computer presenti sulla rete
Internet, e in grado di interagire dinamicamente con il primo per svolgere attività che
esso non sarebbe in grado di completare facilmente da solo.
21. dalla morte della distanza al cloud computing
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Potremmo addirittura parlare di una trasfigurazione del computer che assurge
in una nuvola nella quale le risorse disponibili sono pressochè infinite: è questo
l’attuale paradigma del cloud computing, che vorremmo approfondire nel prosieguo di
questo articolo.
Da più parti il cloud computing è stato definito come la ferrovia del XXI
secolo, intendendo con ciò che le nubi informatiche che stanno nascendo su Internet
contribuiranno a promuovere la condivisione e la collaborazione tra imprese più o
meno cooperanti.
Proprio come le ferrovie hanno reso più facile spostare con grande capillarità
merci nel secolo scorso, così il cloud computing rende più facile per le imprese e le
aziende del settore pubblico il condividere le informazioni attraverso le barriere
geografiche.
E si comincia a comprendere come l’economia intera si evolva verso nuovi
modelli di business e verso altri servizi del settore pubblico attraverso una crescente
condivisione di informazioni.
Il concetto di una nuvola-comunità è interessante, in quanto consente alle
aziende in un eco-sistema comune di interagire più agevolmente, sia facilitando lo
sviluppo di un prodotto comune, sia attraverso la reciproca visibilità delle loro supply
chain, sia attraverso le operazioni di vendita e di pianificazione.
Possiamo quindi ragionevolmente pensare che il cloud computing possa
trasformare l’odierna società virtualizzandola fin dove possibile, ossia rendendola
indirettamente dipendente dai dispositivi fissi dell’IT. Ma il cloud computing potrebbe
in un certo senso anche soccorrere l’attuale economia consentendole di riprendere il
ritmo evolutivo che aveva mantenuto nel corso degli ultimi decenni, concorrendo in
definitiva a ristabilire un ritmo medio di crescita del PIL occidentale del 2% annuo.
Per comprendere meglio come il cloud computing possa contribuire alla
ripresa economica riteniamo opportuno iniziare con una breve analisi del percorso
storico attraverso il quale l’IT è pervenuta a questo nuovo paradigma informatico.
una breve storia dell’evoluzione dell’IT
O
Cha Quasi in ogni decennio dal 1970 l’evoluzione dell’IT si è per così dire
incarnata in una nuova entità atta a simboleggiare quasi come un avatar quel periodo.
Così nel XX secolo si è così passati dai mainframe tipici degli anni ’70, ai Personal
Computer degli anni ’80, all’architettura Client/Server degli anni ’90.
E’ interessante che ognuno di questi periodi è stato preceduto da una breve
recessione economica che ha richiesto alle imprese maggiori livelli di efficienza e di
profittabilità. Quindi sono state immediatemente adottate le nuove funzionalità offerte
di volta in volta dall’IT.
Tra la fine del 1970 e l’inizio del 1980 ci fu, per esempio una grave crisi
economica che colpì gran parte del mondo sviluppato. Gli Stati Uniti e il Giappone ne
uscirono relativamente presto, ma l'elevata disoccupazione che si era venuta a creare
continuò a influenzare le altre nazioni dell’ OCSE almeno fino 1985.
Questa crisi venne immediatamente seguita da una rapida crescita nel numero
di Personal Computer installati nel mondo, dal milione del 1980 agli oltre cento
milioni della fine del decennio.
Nell’ormai famoso “lunedi nero” dell'ottobre 1987 avvenne un crollo di
dimensioni senza precedenti (circa il 23%) dell’indice Dow Jones Industrial Average.
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Questo crollo, maggiore di quello del 1929, fu però gestito molto bene e il
mercato azionario potè recuperare. Le economie di gran parte di Europa e del
Giappone furono anche investite dagli effetti di questa breve recessione. Ma
l'economia americana nel suo insieme continuò a crescere, anche se alcuni settori del
mercato, come l'energia e l’immobiliare rimasero in sofferenza per alcuni anni.
Si constatò poi come l'inflazione fosse aumentata di ben il 5,1% nel 1989 e
come la crescita economica fosse nuovamente rallentata. La Federal Reserve decise
allora di alzare i tassi di interesse per combattere l'inflazione, rallentando di fatto la
crescita economica. E nel 1990, il malessere economico crebbe con l'inizio della
guerra del Golfo e il picco del prezzo del petrolio.
Eppure questa crisi venne presto accompagnata da una vivace evoluzione
tecnologica costituita dalla progressiva adozione da parte delle imprese della nuova
architettura Client/Server e soprattutto dalla progressiva inarrestabile diffusione di
Internet che alla fine del secolo si estendeva già a 300 milioni di utenti.
Attualmente il mondo sta vivendo un’altra grave crisi economica, più
complessa delle due che abbiamo appena descritto, e c’è quindi la necessità di
un’ulteriore e più significativa crescita di efficienza, da parte dei singoli e delle
imprese.
E’ ormai evidente che uno dei maggiori problemi attuali non sia solo la
mancata crescita economica ma piuttosto la dilagante disoccupazione giovanile che
ormai è aumentata tanto da formare un esercito equivalente all’intera popolazione
degli Stati Uniti.
Recentemente (26 aprile 2013) l’Economist, che è un pò il concentrato
dell’intellighenzia europea, ha scritto che però qualcosa potrebbe cambiare: “…But
there are at last some reasons for hope. Governments are trying to address the
mismatch between education and the labour market. Companies are beginning to take
more responsibility for investing in the young. And technology is helping democratise
education and training. The world has a real chance of introducing an education-
and-training revolution worthy of the scale of the problem.”.
Come si vede anche dall’articolo dell’Economist, rivista così sensibile ai temi
economici, si avverte la necessità da parte delle organizzazioni di migliorare la loro
efficienza soprattutto attraverso soluzioni collaborative. Anche la democratizzazione
dell’istruzione rientra in questa categoria e potrebbe ben essere facilitata da nuove
tecnologie quali soprattutto il cloud computing.
Quest’ultimo potrebbe quindi svolgere nei confronti dell’economia lo stesso
ruolo che il PC e Client/Server + Internet hanno svolto nei confronti delle due
precedenti crisi economiche.
L’utilizzo dell’IT ha richiesto un crescente carico di lavoro di installazione,
esercizio e manutenzione dei sistemi informativi. Le quantità di tempo e di denaro
investiti nella gestione dei sistemi informativi, nel tempo sempre più complessi, sono
cresciute quasi esponenzialmente.
E questo ha necessariamente provocato la diffusione di imprese dedicate all’IT
e soprattutto al cosiddetto outsourcing (esternalizzazione) della gestione dell’IT.
23. dalla morte della distanza al cloud computing
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Durante la fine del XX secolo l’IT è diventata un fondamentale “business
enabler”. L’imprenditoria elettronica, ossia l’e-business, ha finito così col coinvolgere
tutte quelle attività di interesse economico che potevano svolgersi attraverso Internet o
altre reti telematiche.
Nacque così il termine Dot-com per identificare tutte quelle imprese che, nate
a seguito della disponibilità di fondi generati dai capitali di rischio (venture capital), e
a seguito del grande ottimismo del mercato azionario, avviarono un business
improntato principalmente all'erogazione di servizi via web.
Tali imprese in un primo momento, eccessivamente fiduciose nelle
potenzialità della rete, si illusero di poter facilmente espandersi, ma si trovarono, in
molti casi, a dover fare i conti con la complessa evoluzione della tecnologia attraverso
nuove funzionalità quali XML, SOA, Web 2.0 e connettività Internet ad alta velocità.
Tuttavia l’impatto dell’evoluzione dell’informatica non può essere visto solo
attraverso la lente della tecnologia. L’IT è stata uno dei diversi dirompenti elementi
dell’economia degli ultimi anni.
Una futura analisi dell’evoluzione economica, soprattutto nel paese più
evoluto, ossia gli USA, rivelerà che la rapida crescita di molte imprese americane è
stata dovuta non solo alla tecnologia IT di per sè ma anche all’averla saputa utilizzare
ridisegnando di fatto le proprie organizzazioni e i propri processi.
Occorre anche tenere conto che la vera innovazione nasce da un’idea non solo
originale ma soprattutto utile a tanti.
Sta di fatto che Amazon, eBay, Google, Facebook, Twitter, e altre ancora,
sono nati nella testa di giovani americani che evidentemente avevano maturato nei
riguardi dell’IT una sensibilità culturale ben più raffinata del resto della popolazione
mondiale. E questo è qualcosa su cui occorre riflettere a fondo.
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D’altro canto si è notato come la gran parte delle organizzazioni del resto del
mondo siano state più lente nel fare leva sulle nuove funzionalità dell’IT.
Cionostante con l’arrivo del cloud computing le organizzazioni e le imprese
sono nuovamente a un crocevia della tecnologia.
Una tempestiva adozione del cloud computing può fornire a organizzazioni e
imprese un’opportunità per trasformare i loro modelli di business e riacquistare
competitività. La riduzione dei costi dell’IT è solo uno degli aspetti di questa
opportunità. In realtà ciò che emerge è che organizzazioni e imprese possono
concentrarsi sulle loro competenze distintive, lasciando la gestione dell’infrastruttura
IT ad altri, specializzati in questa attività.
Sembra un pò la riedizione dell’apologo di Menenio Agrippa, che è bene per
una volta riascoltare per constatare come nella storia si verifichino corsi e ricorsi.
Scriveva Tito Livio: “Una volta, le membra dell’uomo, constatando che lo
stomaco se ne stava ozioso [ad attendere cibo], ruppero con lui gli accordi e
cospirarono tra loro, decidendo che le mani non portassero cibo alla bocca, né che,
portatolo, la bocca lo accettasse, né che i denti lo confezionassero a dovere. Ma
mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse, e il
corpo intero giunse a deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello
stomaco non è quello di un pigro, ma che, una volta accolti, distribuisce i cibi per
tutte le membra. E quindi tornarono in amicizia con lui. Così senato e popolo, come
fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la concordia rimangono in
salute.”
Senato e popolo, ossia imprese e risorse nel cloud, devono cooperare per
ottenere un comune beneficio.
Inoltre attraverso l’adozione del cloud computing le imprese possono diventare
“più leggere” e la leggerezza è quella qualità della quale parla in modo impareggiabile
Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane. Attraverso la leggerezza le imprese
potranno essere molto più agili, reattive e in grado di rispondere alle continue
mutevoli situazioni del mercato.
Il cloud computing permette anche alle aziende di creare processi di business
virtuali e “aperti” abilitando così clienti, business partner, fornitori e altri a
interconnettersi e fare business in maniera più semplice.
E mentre l’impatto del cloud computing sul business è un fenomeno che è
stato alquanto approfondito negli ultimi tempi, il suo impatto sulle persone e più in
generale sulla società ha avuto minore attenzione. E di questo non c’è da stupirsi.
L’IT nelle prime fasi dell’evoluzione dell’informatica era essenzialmente
rivolta al business. Tuttavia con l’avvento del PC anche le singole persone hanno
iniziato ad automatizzare le proprie attività e in un certo senso a cambiare stile di vita,
dalla memorizzazione di informazioni alla gestione di operazioni finanziarie: l’IT è
così diventata una priorità anche per l’individuo. E con l’avvento di Internet lo
scenario si è ulteriormente evoluto verso un’informatica individuale.
Oggi per i più sarebbe quasi impossibile immaginare una vita senza Google o
Yahoo, senza Facebook o Twitter, senza LinkedIn, senza Amazon o altre librerie
online.
Tutte queste piattaforme sono in definitiva aspetti diversi di una realtà più
ampia, che è proprio il cloud computing.
In questo senso la sinergia tra tecnologia, esigenze di business e fattori
economici ha creato le condizioni per quella tempesta perfetta che può essere appunto
il cloud computing.
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cos’è allora il cloud computing ?
Il cloud computing è un’infrastruttura hw-sw che permette in linea di principio
di accedere on-demand e attraverso Internet a un insieme dinamicamente
riconfigurabile di risorse informatiche. Questo accesso viene opportunamente
fatturato con il classico meccanismo del pagamento a consumo (pay-per-use).
Le piccole e medie imprese (le PMI), che costituiscono l’ossatura principale
dell’economia italiana, sono in generale di proprietà di un imprenditore e
quest’ultimo, soprattutto negli ultimi tempi, era riluttante a investire in IT per un
insieme di motivi che andiamo brevemente a esaminare.
Innanzitutto ci sono gli elevati costi finanziari dell’IT che contrastano con le
priorità immediate delle PMI e stimolano queste ultime a investire in settori dai quali
ritengono di ottenere immediati benefici in termini di produttività e fatturato.
C’è poi un altro elemento da considerare, legato al software. Le grandi
imprese possono usufruire di articolati prodotti software, in generale abbastanza
complessi ma in termini funzionali sufficientemente ricchi da rispondere alle loro
esigenze. Questo per le PMI è meno vero in quanto simili prodotti sono troppo
complessi per loro e al tempo stesso mancano prodotti meno articolati ma anche meno
impegnativi sia finanziariamente sia gestionalmente. Quindi la creazione di soluzioni
software specifiche per le PMI è un’opportunità sia per queste ultime sia per i
cosiddetti software vendor.
Occorre inoltre considerare che per le PMI esiste un rischio, denominato
“vendor lock-in”,
Il lock-in è il meccanismo per il quale un cliente finisce col dipendere da un
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fornitore di prodotti e servizi, poichè sceglierne un altro comporterebbe elevati costi
di cambiamento.
Esistono diversi tipi di lock-in. Per esempio, un vendor può ostacolare la
capacità di un'impresa di sostituire il proprio software con un prodotto concorrente
(lock-in orizzontale). Oppure possono essere imposti dei requisiti tecnici molto rigidi,
che costringono i clienti a utilizzare per esempio specifici database, o sistemi
operativi o ancora hardware (lock-in verticale).
Possono altresì essere esercitate su di un’impresa pressioni affichè
quest’ultima acquisti una suite completa di prodotti, anche se sono disponibili altre
offerte best-of-breed (ossia costituite da prodotti diversi complessivamente meno
costosi) offrendo sconti o anche sostenendo che le integrazioni e la formazione
tecnica su più prodotti sarà impegnativo (lock-in diagonale).
Si è molto dibattuto se il cloud computing faciliti o aggravi i problemi legati
vendor lock-in ma ormai si è consolidata l’idea che le soluzioni di cloud riducano e
persino eliminino il rischio di lock-in.
La disponibilità di adeguate competenze IT è un altro degli elementi che
potrebbero concorrere alla diffusione del cloud computing. Infatti è illusorio pensare
che nell’ambito delle PMI ci sia un livello di alfabetizzazione IT adeguato alla rapida
evoluzione di quest’ultima. Quindi l’aggiornamento del sistema informativo, per
quanto piccolo esso sia, viene visto come un rischio, e come tale rinviato se possibile.
Inoltre in una PMI è difficile conservare il personale tecnico quando questo abbia
raggiunto un certo livello di competenza, e ciò in virtù sia delle maggiori richieste
salariali e di carriera, così come delle lusinghe che possono comunque venire dal
mercato.
Infine c’è da dire che il livello di attenzione dei grandi vendor verso le PMI è
minore rispetto a quello portato verso le grandi imprese, e ciò perchè quello delle PMI
è un mercato molto eterogeneo, con esigenze diversificate e difficili da rispettare con
un unico prodotto.
l’adozione del cloud computing da parte delle PMI
Tradizionalmente le PMI sono state in grado di permettersi e di gestire un
limitato numero di applicazioni IT. Tuttavia con l’avvento del cloud computing sono
ora in grado di accedere ad applicazioni che altrimenti richiederebbero elevati
investimenti mantenendo le attività all'interno dell'impresa ed utilizzando le sole
risorse aziendali.
I servizi che venivano generalmente gestiti nell’ambito dell’impresa o
dell’organizzazione possono ora essere offerti in maniera più economica ed efficiente
attraverso il cloud computing. Le PMI non utilizzano in generale servizi IT
particolarmente complessi, e utilizzano di solito il loro insieme di standard, mentre
hanno soprattutto bisogno essere flessibili e di personalizzare le funzioni offerte dal
software applicativo.
I rischi insiti nella gestione del software possono così essere trasferiti allo
specifico vendor che offre l’infrastruttura cloud di cui fruire. Con il livello di
efficienza raggiunto dalle attuali reti, e più in generale dalla tecnologia informatica,
tali rischi si riducono in modo rilevante e quindi il cloud computing diventa un
modello gestionale dell’IT quanto mai attraente.
In un certo senso le PMI potrebbero scoprire che l’adozione del cloud
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computing è più semplice per loro che non per una grande impresa.
Diversi sono i benefici che una PMI può ricavare dall’adozione del cloud
computing.
Innanzitutto, come già detto, il cloud computing permette la condivisione di
applicazioni software e di altre risorse informatiche sulla base di una fatturazione a
consumo (pay per use), il che consente alle aziende di modulare opportunamente le
spese in IT senza rilevanti investimenti iniziali.
Questo è un sostanziale vantaggio competitivo per quelle PMI che non hanno
nè i capitali nè l’intenzione di esporsi troppo dal punto di vista finanziario
nell’adozione di un’infrastruttura IT.
In secondo luogo la possibilità di accedere a specifiche applicazioni software,
in ogni momento e ovunque esse siano, offre nuovi livelli di flessibiltà alle operazioni
di una PMI.
Dal punto di vista degli incrementi di potenza informatica, quando questi si
rendessero necessari, le attività necessarie agli eventuali potenziamenti
dell’infrastruttura IT diventano molto meno impegnative, sia dal punto di vista
finanziario sia dal punto di vista tecnico.
La gestione delle risorse informatiche diventa a sua volta molto più semplice.
Le PMI non hanno più bisogno di mantenere un team dedicato a simili attività con un
evidente risparmio di risorse che possono essere dedicate ai veri processi aziendali.
Gli eventuali aggiornamenti al software e all’hardware diventano
responsabilità di chi fornisce l’infrastruttura cloud. E questo vale anche per
l’adeguamento a specifiche normative che potrebbero essere promulgate dalle
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istituzioni nazionali o internazionali.
cosa potranno fare allora le PMI con l’infrastruttura cloud?
Com’è ormai noto il cloud computing si può realizzare in modi strutturalmente
diversi anche se funzionalmente equivalenti. Come SaaS (Software as a Service) ossia
come utilizzo di applicazioni installate su di un server remoto. Oppure come PaaS
(Platform as a Service) con il quale, invece che una o più specifiche applicazioni, ciò
che viene reso disponibile in remoto è una piattaforma software che può essere
costituita da diversi servizi, programmi, librerie,.. come per esempio la Google's App
Engine. Infine il cloud computing si può presentare come IaaS (Infrastructure as a
Service), ossia come utilizzo di risorse hardware in remoto. Questo tipo di cloud è
quasi una riedizione del cosiddetto Grid Computing di cui si parlava all’inizio del
XXI secolo, ma con una sostanziale differenza: le risorse vengono utilizzate su
richiesta o domanda al momento in cui un’utenza ne abbia bisogno, e non vengono
assegnate a prescindere dal loro utilizzo effettivo come per esempio con la Google
Compute Engine.
Si pensa che le PMI siano particolarmente idonee all’adozione del modello
SaaS proprio per la possibilità che quest’ultimo offre loro di ridurre il cosiddetto total
cost of ownership, ovvero costo totale di proprietà.
Le PMI sempre più spesso chiedono soluzioni che possano risiedere
remotamente e cui possano accedere quando necessario pagando a consumo. Il
modello SaaS sembra anche perticolarmente adatto a rispondere alle esigenze di una
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popolazione di imprese, quali appunto le PMI, distribuite quasi capillarmente sul
territorio e spesso interagenti.
Molte di esse non si trovano in grandi città, ma sono comunque pienamente
inserite in una struttura telecomunicativa sempre più efficiente e quindi in grado di
rispondere alle esigenze di rapidità e continuità di trasmissione richieste dal cloud
computing.
Si può ipotizzare che oltre la metà delle applicazioni oggi utilizzate dalle PMI
nei prossimi cinque anni venga trasferita in un’infrastruttura condivisa per mezzo del
cloud computing.
Una delle prime cose che le PMI potranno fare per mezzo del cloud computing
è quella di spostare su cloud i servizi di e-Mail.
Inoltre molte imprese offrono servizi di hosting, ossia servizi di rete che
consistono nell'allocare su di un server le pagine web di un sito, rendendolo così
accessibile dalla rete Internet e ai suoi utenti. Anche il website hosting delle PMI
potrebbe essere spostato su cloud. Pagando una moderata tariffa le PMI potrebbero
quindi spostare il loro website remotamente e al tempo stesso fruire di robusti servizi
anti-spam per le loro e-Mail.
Le PMI possono inoltre fruire di servizi gratuiti quali Google e-Mail e/o
Google Apps per il word processing, come anche di Open Office per le tipiche
applicazioni di ufficio.
Potranno infine rendersi disponibili anche servizi più complessi, quali quelli
dedicati alla gestione dei clienti (CRM) o delle risorse aziendali (ERP), ma
particolarmente efficienti e disponibili su cloud senza dover impegnare all’uomo
rilevanti risorse di impresa (persone e mezzi) con indiscutibili vantaggi commerciali.
conclusioni
Il famoso editorialista del New York Times Tom Friedman ha fatto
un’interessante osservazione circa le prospettive dell’economia statunitense: ”Il cloud
computing sta determinando una nuova crescita e nuove opportunità”.
Friedman cita Jeff Weiner, amministratore delegato di LinkedIn, il quale ha
osservato che il cloud computing "rende più facile e più conveniente che mai, per
qualunque imprenditore e ovunque, l’avere accesso a tutte le migliori infrastrutture di
innovazione. E nonostante tutte le difficoltà, ciò sta accadendo qui in America".
C'è stato un tempo in cui il lancio di una start-up richiedeva rilevanti capitali.
per assumere persone di talento, per creare strutture di marketing e di promozione,
spazi per uffici, e per acquistare la tecnologia necessaria.
Ora, grazie al cloud computing, la porzione tecnologica degli investimenti di
un’impresa è improvvisamente diminuita e di molto. Grazie al cloud computing, come
anche alle risorse di social networking, le risorse finanziare necessarie per ottenere le
infrastrutture necessarie diventano un aspetto meno critico.
Per esempio Jason Stowe, fondatore e CEO di CycleComputing, ha costruito
la sua impresa utilizzando il cloud computing e offre ad altri la possibilità di fare lo
stesso. CycleComputing offre funzionalità di supercomputer a elevata larghezza di
banda per applicazioni scientifiche, ingegneristiche o tecniche per un singolo utente o
anche per imprese, molte delle quali sono delle start-up.
Stove afferma che: "Organizzazioni e imprese di qualsiasi dimensione
possono ora attingere potenza di supercalcolo, dalle grandi aziende alle start-up di
singoli ricercatori" e ha persino coniato una denominazione per ciò che la sua
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azienda sta offrendo, utility supercomputing. In sostanza, grazie al cloud computing ,
CycleComputing può rendere disponibile il supercomputing a tutti, anche a un singolo
ricercatore.
Molte start-up e molte piccole imprese nordamericane stanno approfittando di
questa relativamente nuova risorsa informatica. Stowe cita l’esempio di uno studio di
progettazione di chip di cui le simulazioni circuitali vengono effettuate sul
CycleCloud cluster. In modo analogo ricercatori di bioinformatica possono utilizzare
complesse ricerche di dati genomici per studiare e combattere diverse patologie.
"In tutti questi casi, le start-up si possono concentrare sulle loro competenze
distintive”, dice Stowe. Molte delle start-up con cui lavora non sarebbero state in
grado di iniziare la loro attività senza il cloud computing.
Se si pensa allo scenario italiano nel quale la disoccupazione giovanile sta
aumentando, i giovani di talento si stanno trasferendo all’estero, e le PMI devono
lottare con gli investimenti, si può ben sperare che questa nuova tecnologia possa
dare quell’impulso che finora è mancato, e ciò soprattutto per far nascere nuove
imprese in grado di riavviare il motore dell’inventiva italiana.
Non si vuole esagerare nell’ottimismo, ma forse potremmo veramente essere
alle soglie di un rinascimento dell’attività imprenditoriale italiana, soprattutto poichè
le barriere di ingresso tecnologico si sono finalmente abbassate.
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riferimenti
Thomas L. Friedman One Country, Two Revolutions
The New York Times, October 22, 2011
Robert J. Gordon Is US economic growth over?
http://www.cepr.org/pubs/PolicyInsights/PolicyInsight63.pdf
Chester G. Hearn Circuit in the Sea: the Men, the Ships, and the Atlantic cable
Preager Publisher 2004
Joe McKendrick How Cloud Computing is Fueling the Next Startup Boom
Forbes 11/01/2011
Paul Krugman Is Growth Over?
The New York Times December 27, 2012
Tom Standage The Victorian Internet: The Remarkable Story of the
Telegraph and the Nineteenth Century's On-line Pioneers
Walker & Company; 1st edition (September 18, 2007)
Christian Wolmar The Great Railway Revolution
Atlantic Books London 2012