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IL FUTURO
CHE
VORREI
RICERCA/AZIONE
SUL TEMA DEL “DOPO DI NOI”
A GIUSSANO
IL FUTURO
CHE
VORREI
a cura della
Dott. ssa Gioia Stefania
in collaborazione con i
Servizi Sociali del Comune di Giussano
seconda parte
giugno 2013
SABATO 15
GIUGNO
2013
SALA CONSILIARE
COMUNE DI
GIUSSANO
2
Progetto realizzato dalla Dott.ssa Gioia Stefania, psicologa.
Lavora come consulente psicologico nel campo della disabilità, della famiglia, dell’adolescenza
e della sessualità.
Opera presso lo Studio di Psicologia di Seregno, via tazzoli 5/A, collabora con un Centro di
Mediazione familiare di Saronno e con l’Associazione il Mosaico di Giussano nella quale svolge
anche attività di volontaria da alcuni anni.
INDICE
Il futuro che vorrei seconda parte							 pag. 4
12 febbraio 2013 prima serata 							pag.5
12 marzo seconda serata 								pag.7
11 aprile terza serata									 pag 9
16 maggio quarta serata								pag.12
4
IL FUTURO CHE VORREI -seconda parte
La seconda fase del progetto “Il futuro che vorrei” ha inizio a febbraio 2013 con il primo
incontro dei genitori che hanno deciso di continuare il percorso verso la costruzione di un
nuovo futuro.
Il contesto gruppale è certamente lo strumento principe che permetterà al progetto di trovare
la forza necessaria per andare avanti e raggiungere gli obiettivi desiderati. Lo scambio e
il confronto fanno si che si crei un tempo e uno spazio dinamico dove le idee e le risorse
possano emergere, interagire e creare visioni alternative e prospettive inaspettate.
Il gruppo rappresenta un contesto relazionale protetto che crea appartenenza, condivisione,
facilita il rispecchiamento nell’altro, permettendo così di esprimere sé stessi e di meglio
comprendersi e, soprattutto, crea forza ed energia, rendendo possibile il cambiamento sia a
livello individuale che sociale.
Scopo del percorso è quello di aiutare i genitori a prendere consapevolezza del “Dopo di
Noi” da un punto di vista razionale ed emotivo e diventare protagonisti attivi nella costruzione
del futuro per il proprio figlio disabile.
Obiettivi specifici
1.	 Creare uno spazio di parola e di discussione sul “Dopo di Noi”.
2.	 Far emergere i bisogni specifici del genitore rispetto alla tematica.
3.	 Dare supporto e sostegno psicologico ed educativo
4.	 Co-costruire proposte pratiche e attuabili nell’oggi che aiutino i 	
	 genitori a progettare in modo consapevole un futuro migliore per i
	 propri figli e per sé stessi.
Metodologia
Il percorso prevede l’interazione di momenti di stimolo, attraverso strumenti individuali e di
gruppo (schede, brain-sorming, giochi, strumenti proiettivi) e di momenti di discussione e
riflessione.
Valutazione
Alla fine del percorso verrà utilizzato un questionario, compilato dai genitori, per valutare
l’efficacia del progetto in termini di gradimento, interesse e utilità.
Si cercherà, inoltre, di evidenziare l’efficacia del percorso non solo per i familiari che vi
partecipano ma anche tenendo presente altri attori, attuali o futuri (altre famiglie, i servizi,
l’associazione ecc.).
5
12 febbraio 2013 -Prima serata-
La prima serata si apre con la richiesta di esprimere una prima valutazione nei riguardi del
percorso fin qui fatto con l’obiettivo di “fare il punto della situazione” e avere una visione
realistica di ciò che i genitori hanno vissuto e ciò che hanno trovato utile e positivo.
Richiesta: che cosa vi siete “portati a casa” fin’ora?
•	 Il gruppo è importante però ci sono ancora pochi genitori che
	 partecipano, è necessario fare qualcosa per coinvolge altri familiari
•	 La condivisione di una speranza
•	 Ho potuto mettere in discussione la scelta presa, mi sono chiesta
	 come poter valorizzare le competenze di mio fratello. Mi sono
	 interrogata su cosa, fino ad oggi, non avevo pensato, se ci sono
	 nuove possibilità più adeguate alle sue specificità, se posso fare
	 qualcosa per far sì che mio fratello si senta maggiormente utile.
•	 Ho capito che serve del tempo a chi si occupa della cura dei disabili,
	 tempo per sè e per il proprio benessere.
•	 Si possono trovare nuove idee per i disabili
•	 Ho capito che bisogna ascoltare di più le loro esigenze
•	 Mi sono chiesta come comunicare meglio con loro e soprattutto
	 come comunicare le nostre emozioni e capire le loro.
•	 Ho compreso che è necessario cercare nuovi aiuti in termine di
	 risorse umane
•	 Ho iniziato ad avere un pensiero più profondo nei riguardi del Dopo di
	Noi
•	 Ho capito che sono necessari periodi di “prova” per preparare mio
	 figlio e me stessa al futuro
•	 Può essere utile fare esperienze di centri residenziali che si occupano
	 di disabili
Si prosegue poi con la richiesta delle aspettative nei confronti del gruppo e di ciò che esso
potrà creare.
6
Cosa vi aspettate da questo percorso di gruppo?
•	 Vorrei poter vedere qualche struttura che funziona già, che abbia
	 anche personale di assistenza alla persona e dove si facciano delle
	 attività lavorative.
•	 Mi aspetto che ci sia qualcosa di concreto cioè una soluzione (per
	 modo di dire) che aiuti noi familiari a renderci conto di dove nostra
	 figlia potrà vivere senza di noi sperando che possa vivere con
	 serenità e affetto come adesso vive con noi.
•	 Trovare delle persone (volontari) che possano essere di aiuto alle
	 varie esigenze di ogni ragazzo disabile per poi creare se fosse
	 possibile, in futuro, una struttura a Giussano che possa accogliere
	 tutte queste esigenze.
•	 Nel confronto trovare aiuto per aiutare mia sorella a vivere serena.
•	 Innanzitutto che non si rompa il gruppo anzi che aumenti, che le
	 nostre idee, anche se diverse, siano raggiungibili, ci sarà molto lavoro
	 da fare ma proviamoci.
•	 Luoghi concreti (per trascorrere weekand, soggiorni), proposte di
	 esperienze concrete anche per periodi limitati.
•	 Mi piacerebbe poter avere un progetto per una struttura in un
	 futuro che permetta a queste persone/ragazzi di vivere sereni con
	 altre persone come loro senza sentirsi a disagio nè in svantaggio,
	 una struttura nel loro stesso paese e con persone con capacità di 	
	 gestirli e offrirgli l’affetto di cui loro hanno bisogno.
•	 Vorrei trovare una soluzione, una speranza per il futuro, tante cose 	
	 concrete e nuove idee positive, mettere in pratica il nostro progetto.
Risultano da subito centrali il bisogno di concretezza e l’importanza del NOI, la condivisione
di un progetto che non sia mio ma NOSTRO.
Alcune riflessioni vertono, inoltre, su una nuova consapevolezza: l’importanza dei bisogni
emotivi e psicologici del disabile e le azioni da mettere in atto per migliorarne l’autostima, il
senso di efficacia e le competenze relazionali.
7
12 Marzo -Seconda serata-
Durante la seconda serata, due tra le tante idee dette in precedenza, emergono per
importanza: la possibilità di visitare alcune strutture e il desiderio di allargare il gruppo.
Visita alle strutture
Riprendendo da subito il bisogno di vivere esperienze significative e concrete, tutti i
partecipanti confermano l’interesse nel voler visitare e conoscere alcune strutture residenziali
per disabili situate nei comuni vicini a Giussano.
Queste visite permetteranno di vedere fisicamente com’è fatta una struttura residenziale,
com’è organizzata, conoscerne i punti deboli e i punti di forza, sperimentarne il clima.
Con l’aiuto dei servizi sociali vengono proposte due strutture: Casa Betania a Renate e
L’Arcobaleno a Mariano Co.
Una volta presa la decisione, invito tutti a pensare a ciò che vorrebbero chiedere o a ciò che
vorrebbero in particolar modo osservare.
Tutti si rendono disponibili a organizzare la visita e, se necessario, a prendere delle ore libere
dall’attività lavorativa.
Allargare il gruppo
Cercando di rispondere al bisogno di far conoscere il gruppo e allargarlo ad altri genitori nella
stessa situazione, viene proposto un gioco di ruolo.
Gioco di ruolo
Vengono formati due gruppi (ciascuno di 4 persone) e viene fatta la seguente richiesta che
prevede di rivetire un ruolo diverso, cambiando il proprio punto di vista:
“Ciascun gruppo rappresenta una agenzia pubblicitaria. Alcuni genitori si rivolgono a voi per
pubblicizzare il proprio gruppo di lavoro sul “Dopo di Noi” con gli obiettivi di trovare nuovi
partecipanti e farsi conoscere. Preparate un progetto che risponda alla richiesta del vostro
cliente”.
Il prodotto dei due gruppi di lavoro risulta il seguente:
Progetto1: creazione di un volantino da diffondere a tutta la cittadinanza, “Vuoi partecipare al
progetto sul “Dopo di Noi” portando idee innovative? Perchè l’unione fa la forza!”
8
Progetto2:
•	 creare un evento, ad esempio una sfilata, organizzato e prodotto dai
	 disabili e/o dai genitori a cui invitare tutte le famiglie con disabile.
•	 Creare un evento che richiami l’interesse della gente e utilizzarlo per
	 presentare il progetto.
Discutendo delle possibili iniziative e di come metterle in pratica si giunge a riflettere
sull’appartenenza del “gruppo genitori” all’associazione Il Mosaico e all’utilità e significatività
di ricorrere all’intera realtà associativa per promuovere e allargare il gruppo.
Il rischio, che viene espliitato, è quello di perdersi in un circolo vizioso: “ dobbiamo cercare
nuovi genitori che ci aiutino a creare qualcosa – se creiamo qualcosa troveremo nuove
adesioni”.
Viene sottolineato come sia necessario vedere e riconoscere le risorse presenti nel qui ed ora
e cercare di raggiungere entrambi gli obiettivi proprio partendo da esse.
Un membro del gruppo ricorda, infatti, una delle risorse più importanti che si hanno a
disposizione: la fiducia che si è creata tra i membri del gruppo.
9
11 Aprile -Terza serata-
La prima parte della serata viene utilizzata per l’organizzazione pratica delle visite alle
comunità.
Siccessivamente, viene chiesto ai partecipanti di riflettere su esperienze precedenti
di distacco dal proprio figlio (week and, vacanze ecc.), l’invito è di pensare a come si
sono sentiti, quali sono state le difficoltà emotive e quale fosse il livello di ansia e di
preoccupazione.
Le considerazioni emerse sono state:
•	 E’ stata un’esperienza positiva poichè ha permesso a mio figlio di
	 stare nel gruppo traendone grandi benefici.
•	 Ero preoccupata soprattutto per la notte, mia figlia è abituata a
	 dormire con me, ha bisogno dell’affetto della madre per sentirsi
	sicura.
•	 L’ansia del genitore passa al figlio, solo quando i genitori si
	 tranquillizzano anche il figlio sta meglio e riesce a stare bene anche
	 lontano da casa.
•	 Una vacanza è diverso dal “per sempre”, la prospettiva di tornare a
	 casa permette di vivere diversamente il distacco.
Appare chiara la necessità di sperimentare percorsi che aiutino l’intera famiglia ad abituarsi
al distacco in modo graduato, questo porterebbe una diminuzione dell’ansia poichè
aumenterebbe la percezione di controllo sulla situazione e sul contesto.
Una situazione conosciuta e sperimentata più volte diventa, infatti, maggiormente controllabile
e quindi fonte di sicurezza; anche le emozioni scatenate dal distacco vengono sperimentate
in un tempo dilatato, poco alla volta, aiutando i familiari alla loro elaborazione e accettazione.
Durante la seconda parte i genitori vengono invitati a riflettere su quali competenze/
risorse vorrebbero lasciare ai propri figli con lo scopo di dar loro un “equipaggio” che li
accompagnerà nel momento del distacco e nel futuro.
Consegna
Dopo aver consegnato un foglio raffigurante una valigia, viene chiesto di segnare all’interno
tutto ciò che si desidera dare al proprio figlio/familiare per far sì che egli possa affrontare al
10
meglio la vita futura. L’attenzione viene posta su quelle competenze che, realisticamente, si
possono offrire o far apprendere al disabile.
Nelle valigie...
•	 Medicine per tutta la vita, che si fidi solo dei dottori.
•	 Vorrei un ambiente che la faccia sentire accettata e che possa essere di aiuto anche
	 agli altri perchè lei deve avere sempre qualcosa da fare, come dice lei però!
•	 Serenità nell’affrontare il distacco, pazienza, coraggio, sicurezza, fiducia per affrontare
	 una nuova situazione, desiderio di trovare un ambiente accogliente e familiare,
	 certezza che i fratelli ci sono in qualsiasi momento di bisogno.
•	 Che capisca che lo facciamo per il suo bene e che non lo si fa per abbandonarla. In
	 secondo luogo che trovi un’accoglienza familiare e affettiva come in famiglia e che non
	 sia diversa da quelle di adesso, con tutte le sue abitudini.
•	 Cara C. Questa è la valigia del tuo futuro. Ti chiedo di rispettare questa mia decisione
	 non perchè non ti voglio bene ma è per il tuo futuro. Qui non troverai vestiti ma la
	 speranza di trovare nuovi amici ed educatori e un luogo dove potrai imparare anche
	 cose nuove, questa valigia è piena di speranza per te e anche per me, comunque
	 sappi che, se anche sarai lontana, sei sempre con me. Papà
Una persona non scrive nulla.
La percezione del controllo
Dalle risposte date si puà vedere come sia difficoltoso pensare a quali valori e capacità
augurarsi per il figlio, sembra che non sia possibile pensare a cosa fare concretamente
per aumentare la resilienza e l’autoefficacia del proprio familiare. L’attenzione è spostata
sull’esterno -la speranza che viva in un ambiente “buono”-, il futuro viene raffigurato come
una situazione che sarà controllata dall’ambiente (la comunità, i servizi sociali ecc.), secondo
i familiari il benessere del disabile non dipende tanto dalle caratteristiche del disabile ma
dall’ambiente che egli incontra.
L’unicità della famiglia
Pensare al distacco non è facile per nessun genitore e lo è ancora meno per chi ha figli con
una disabilità: la consapevolezza (e la paura) che da soli non possano farcela riversa grandi
ansie e preoccupazioni nei riguardi del futuro; la famiglia sembra essere considerata l’unica
vera fonte di sicurezza e affetto, ovvero l’unica possibilità per il disabile di sentirsi accolto e
accettato.
Il mondo emotivo
Le emozioni risultano spesso bloccate, la fatica nel pensare al futuro e nel guardarsi dentro
per osservare ciò che si prova è molta, il futuro fa paura e fa paura pensare a sè stessi come
genitori che dovranno, un giorno, lasciare il proprio figlio alle cure di qualcun’altro.
La speranza
Una parola, tra le tante, acquista valore in tutti gli incontri e si ripropone come filo conduttore
e forza motrice del progetto: la speranza. Dare forma e sostegno a questa speranza
costituisce il primo passo per affrontare con realismo e positività il cammino verso il futuro.
11
Visita alle Comunità residenziali per disabili
15/4 ore 14.30 Comunità L’Arcobaleno, Mariano Co.
19/4 ore 10.00 Comunità Casa Betania, Besana Br.
Informazioni raccolte
Le informazioni raccolte hanno riguardato principalmente:
•	 Costituzione: la nascita della comunità
•	 Aspetti economici e finanziari della costituzione e del mantenimento
•	 Tipologia di residenza (RSA, CAH ecc.)
•	 Organizzazione della struttura
• accesso (criteri e modalità dell’inserimento)
• caratteristiche del gruppo
• assistenza sanitaria
• numero e tipologia di operatori
•	 Organizzione della giornata
•	 Relazioni con le famiglie d’origine
•	 Relazioni con l’esterno
•	 Progetti particolari
•	 Possibilità di periodi di prova finalizzati o meno all’inserimento
Alcune riflessioni...
•	 All’interno della stessa struttura coesistono due aspetti ritenuti fondamentali dalle
	 famiglie: la familiarità e la professionalità.
•	 Emerge l’importanza di preparare il disabile a una futura separazione permettendogli di
	 sperimentare “a piccole dosi” un ambiente accogliente e stimolante che da
	 “sconosciuto” si trasformi con il passare del tempo in “conosciuto”.
•	 E’ molto importante conoscere strutture presenti sul territorio per due motivi:
- Sapere che esistono strutturo di cui ci si possa fidare e affidare nel caso in cui la
decisione sarà quella di inserire il familiare in una comunità già presente e attiva.
- Avere dei modelli da cui attingere per pensare e proporre progetti nuovi e adatti alla
realtà del territorio di Giussano.
•	 L’accoglienza con cui il personale delle strutture ha accolto i familiari aiuta a ri-
	 acquistare la speranza nella società e negli altri: questo permette al genitore di
	 condividere, in parte, il peso e la responsabilità.
12
16 maggio -Quarta serata-
La quarta serata è stata utilizzata per condividere impressioni e pensieri sulle visite effettuate
in precedenza e per narrare le realtà viste a chi non era potuto essere presente.
Sono stati raccolti i punti di forza e di debolezza di entrambe le comunità i quali risultano
essere i medesimi, se non per un’unica importante differenza: la presenza in una delle due
strutture di una coppia genitoriale (coppia fondatrice).
Punti di forza: ambiente familiare, qualità strutturale (struttura delle stanze, dei servizi,
ambienti per le attività ecc.), organizzazione della giornata, attività per l’autonomia, il fatto
che il disabile viva in un gruppo, il mantenimento dei rapporti con i familiari, la presenza di
personale professionale, la collocazione in un territorio vicino, la possibilità di attuare periodi di
sollievo, l’inserimento graduale.
Punti deboli: il numero degli educatori limitato, gli alti costi del manteniemnto, la tipologia del
gruppo (età e gravità).
Le tipologia del gruppo risulta essere una variabile che, inevitabilmente, può risultare un punto
di forza o di debolezza a seconda delle caratteristiche del singolo disabile da inserire.
Entrambe le comunità non hanno, all’interno della propria statuto, grossi limiti legati all’età o
alla tipologia di utenza, ma il criterio seguito per i nuovi inserimenti prevede il rispetto di quelle
che sono le caratteristiche del gruppo già esistente.
Un nuovo inserimento richiede la valutazione della compatibilità fra i problemi portati
dall’eventuale persona da inserire e quelli presentati dal gruppo degli utenti già presenti
nella casa e la capacità e la possibilità da parte della comunità di rispondere ai bisogni
dell’aspirante in termini di assistenza medica, psicologica, strutturale ecc.
La presenza della coppia
L’importanza di una coppia all’interno di una comunità per disabili è data dalla funzione
genitoriale che essa va a ricoprire in modo simile a ciò che avveniva nella famiglia di origine.
Le funzioni genitoriali possono essere rissunte in due grandi aree: la funzione affettiva: calore,
cura, protezione, vicinanza; e la funzione normativa, regole, valori, spinta all’autonomia,
sicurezza.
Questi doni possono essere assicurati dai genitori naturali come da altre figure di riferimento
che siano riuscite ad instaurare un legame forte e profondo con la persona da accudire.
Sono funzioni, per certi aspetti e con modalità diverse, svolte anche dal personale educativo
e assistenziale ma che risultano maggiormente efficaci e “naturali” se svolte da una coppia di
coniugi proprio per la sua naturale geometria: è la coppia genitroiale che, per natura e cultura,
racchiude in sé il codice paterno e quello matern, il maschile e il femminile, la possibilità di
un’identificazione in ciò che è nostro simile e l’affermazione della nostra identità in ciò che è
diverso.
La coppia, dunque, è vista come uno degli elementi più importanti per “fare famiglia” anche in
comunità.
13
Questionario di valutazione: analisi dei dati
Tutte le persone che hanno partecipato agli incontri dicono di essersi sentite bene, anche chi,
inizialmente, aveva dei dubbi o non immaginava proprio come sarebbe stato partecipare.
Il clima di gruppo viene descritto come positivo, solare, stimolante.
Gli incontri di gruppo sono poi risultati utili in quanto hanno permesso di raggiungere alcuni
obiettivi: una crescita personale, aprirsi a nuovi punti di vista, acquisire nuove conoscenze,
instaurare nuove relazioni o rafforzare quelle già esistenti e, infine, per la possibilità di crescere
come genitore.
Viene espressa una soddisfazione per l’intero progetto e la volontà di continuare il percorso
intrapreso con gli obiettivi di trovare una soluzione condivisa per il futuro e di aiutare altre
famiglie.
Vengono riconosciuti come elementi di maggior interesse e positività:
•	 la ricchezza del gruppo: la possibilità di ascoltare altri punti di vista, di dialogare e
	 confrontarsi, la continuità e la forza di coesione;
•	 la visita alle strutture: prendere consapevolezza della realtà di una struttura, conoscerne il
	 clima e il personale, sapere come è organizzata e quali sono le attività svolte.
Gli aspetti visti come negativi riguardano l’essere “in pochi” e, per qualcuno, l’aver dovuto fare i
conti con il proprio “batticuore” nel pensare al Dopo di Noi!
Tra le proposte per il futuro, i familiari suggeriscono la visita ad altre strutture, una maggiore
visibilità al progetto, il coinvolgimento di altre associazioni o realtà e la continuità nel mantenere
una linea concreta, pratica.
Conclusioni
“Il futuro che vorrei” si conclude a giugno 2013 portando con sé un grande bagaglio di
conoscenze ed esperienze e, soprattutto, aprendosi ad un futuro ancora tutto da scrivere.
Gli obiettivi raggiunti sono stati tanti: la creazione di un gruppo di sostegno e confronto e, allo
stesso tempo, di lavoro ed esperienza, una nuova consapevolezza e preparazione nei confronti
del “Dopo di Noi” dei familiari e di tante altre persone (l’associazione, i servizi comunali e gli stessi
cittadini di Giussano che sono stati informati e invitati a partecipare al progetto), la raccolta di
bisogni e di proposte e, come già sottolineato molte volte, la formazione di una speranza comune
e condivisa supportata da idee e strumenti concreti.
Ringraziando tutti coloro che hanno partecipato al progetto e che hanno permesso la sua
realizzazione, “Il futuro che vorrei” vi invita a guardare con fiducia oltre a quella porta che è stata
aperta sul futuro ma che aspetta ancora di essere varcata.

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Il futuro che vorrei 2

  • 1. IL FUTURO CHE VORREI RICERCA/AZIONE SUL TEMA DEL “DOPO DI NOI” A GIUSSANO IL FUTURO CHE VORREI a cura della Dott. ssa Gioia Stefania in collaborazione con i Servizi Sociali del Comune di Giussano seconda parte giugno 2013 SABATO 15 GIUGNO 2013 SALA CONSILIARE COMUNE DI GIUSSANO 2
  • 2. Progetto realizzato dalla Dott.ssa Gioia Stefania, psicologa. Lavora come consulente psicologico nel campo della disabilità, della famiglia, dell’adolescenza e della sessualità. Opera presso lo Studio di Psicologia di Seregno, via tazzoli 5/A, collabora con un Centro di Mediazione familiare di Saronno e con l’Associazione il Mosaico di Giussano nella quale svolge anche attività di volontaria da alcuni anni.
  • 3. INDICE Il futuro che vorrei seconda parte pag. 4 12 febbraio 2013 prima serata pag.5 12 marzo seconda serata pag.7 11 aprile terza serata pag 9 16 maggio quarta serata pag.12
  • 4. 4 IL FUTURO CHE VORREI -seconda parte La seconda fase del progetto “Il futuro che vorrei” ha inizio a febbraio 2013 con il primo incontro dei genitori che hanno deciso di continuare il percorso verso la costruzione di un nuovo futuro. Il contesto gruppale è certamente lo strumento principe che permetterà al progetto di trovare la forza necessaria per andare avanti e raggiungere gli obiettivi desiderati. Lo scambio e il confronto fanno si che si crei un tempo e uno spazio dinamico dove le idee e le risorse possano emergere, interagire e creare visioni alternative e prospettive inaspettate. Il gruppo rappresenta un contesto relazionale protetto che crea appartenenza, condivisione, facilita il rispecchiamento nell’altro, permettendo così di esprimere sé stessi e di meglio comprendersi e, soprattutto, crea forza ed energia, rendendo possibile il cambiamento sia a livello individuale che sociale. Scopo del percorso è quello di aiutare i genitori a prendere consapevolezza del “Dopo di Noi” da un punto di vista razionale ed emotivo e diventare protagonisti attivi nella costruzione del futuro per il proprio figlio disabile. Obiettivi specifici 1. Creare uno spazio di parola e di discussione sul “Dopo di Noi”. 2. Far emergere i bisogni specifici del genitore rispetto alla tematica. 3. Dare supporto e sostegno psicologico ed educativo 4. Co-costruire proposte pratiche e attuabili nell’oggi che aiutino i genitori a progettare in modo consapevole un futuro migliore per i propri figli e per sé stessi. Metodologia Il percorso prevede l’interazione di momenti di stimolo, attraverso strumenti individuali e di gruppo (schede, brain-sorming, giochi, strumenti proiettivi) e di momenti di discussione e riflessione. Valutazione Alla fine del percorso verrà utilizzato un questionario, compilato dai genitori, per valutare l’efficacia del progetto in termini di gradimento, interesse e utilità. Si cercherà, inoltre, di evidenziare l’efficacia del percorso non solo per i familiari che vi partecipano ma anche tenendo presente altri attori, attuali o futuri (altre famiglie, i servizi, l’associazione ecc.).
  • 5. 5 12 febbraio 2013 -Prima serata- La prima serata si apre con la richiesta di esprimere una prima valutazione nei riguardi del percorso fin qui fatto con l’obiettivo di “fare il punto della situazione” e avere una visione realistica di ciò che i genitori hanno vissuto e ciò che hanno trovato utile e positivo. Richiesta: che cosa vi siete “portati a casa” fin’ora? • Il gruppo è importante però ci sono ancora pochi genitori che partecipano, è necessario fare qualcosa per coinvolge altri familiari • La condivisione di una speranza • Ho potuto mettere in discussione la scelta presa, mi sono chiesta come poter valorizzare le competenze di mio fratello. Mi sono interrogata su cosa, fino ad oggi, non avevo pensato, se ci sono nuove possibilità più adeguate alle sue specificità, se posso fare qualcosa per far sì che mio fratello si senta maggiormente utile. • Ho capito che serve del tempo a chi si occupa della cura dei disabili, tempo per sè e per il proprio benessere. • Si possono trovare nuove idee per i disabili • Ho capito che bisogna ascoltare di più le loro esigenze • Mi sono chiesta come comunicare meglio con loro e soprattutto come comunicare le nostre emozioni e capire le loro. • Ho compreso che è necessario cercare nuovi aiuti in termine di risorse umane • Ho iniziato ad avere un pensiero più profondo nei riguardi del Dopo di Noi • Ho capito che sono necessari periodi di “prova” per preparare mio figlio e me stessa al futuro • Può essere utile fare esperienze di centri residenziali che si occupano di disabili Si prosegue poi con la richiesta delle aspettative nei confronti del gruppo e di ciò che esso potrà creare.
  • 6. 6 Cosa vi aspettate da questo percorso di gruppo? • Vorrei poter vedere qualche struttura che funziona già, che abbia anche personale di assistenza alla persona e dove si facciano delle attività lavorative. • Mi aspetto che ci sia qualcosa di concreto cioè una soluzione (per modo di dire) che aiuti noi familiari a renderci conto di dove nostra figlia potrà vivere senza di noi sperando che possa vivere con serenità e affetto come adesso vive con noi. • Trovare delle persone (volontari) che possano essere di aiuto alle varie esigenze di ogni ragazzo disabile per poi creare se fosse possibile, in futuro, una struttura a Giussano che possa accogliere tutte queste esigenze. • Nel confronto trovare aiuto per aiutare mia sorella a vivere serena. • Innanzitutto che non si rompa il gruppo anzi che aumenti, che le nostre idee, anche se diverse, siano raggiungibili, ci sarà molto lavoro da fare ma proviamoci. • Luoghi concreti (per trascorrere weekand, soggiorni), proposte di esperienze concrete anche per periodi limitati. • Mi piacerebbe poter avere un progetto per una struttura in un futuro che permetta a queste persone/ragazzi di vivere sereni con altre persone come loro senza sentirsi a disagio nè in svantaggio, una struttura nel loro stesso paese e con persone con capacità di gestirli e offrirgli l’affetto di cui loro hanno bisogno. • Vorrei trovare una soluzione, una speranza per il futuro, tante cose concrete e nuove idee positive, mettere in pratica il nostro progetto. Risultano da subito centrali il bisogno di concretezza e l’importanza del NOI, la condivisione di un progetto che non sia mio ma NOSTRO. Alcune riflessioni vertono, inoltre, su una nuova consapevolezza: l’importanza dei bisogni emotivi e psicologici del disabile e le azioni da mettere in atto per migliorarne l’autostima, il senso di efficacia e le competenze relazionali.
  • 7. 7 12 Marzo -Seconda serata- Durante la seconda serata, due tra le tante idee dette in precedenza, emergono per importanza: la possibilità di visitare alcune strutture e il desiderio di allargare il gruppo. Visita alle strutture Riprendendo da subito il bisogno di vivere esperienze significative e concrete, tutti i partecipanti confermano l’interesse nel voler visitare e conoscere alcune strutture residenziali per disabili situate nei comuni vicini a Giussano. Queste visite permetteranno di vedere fisicamente com’è fatta una struttura residenziale, com’è organizzata, conoscerne i punti deboli e i punti di forza, sperimentarne il clima. Con l’aiuto dei servizi sociali vengono proposte due strutture: Casa Betania a Renate e L’Arcobaleno a Mariano Co. Una volta presa la decisione, invito tutti a pensare a ciò che vorrebbero chiedere o a ciò che vorrebbero in particolar modo osservare. Tutti si rendono disponibili a organizzare la visita e, se necessario, a prendere delle ore libere dall’attività lavorativa. Allargare il gruppo Cercando di rispondere al bisogno di far conoscere il gruppo e allargarlo ad altri genitori nella stessa situazione, viene proposto un gioco di ruolo. Gioco di ruolo Vengono formati due gruppi (ciascuno di 4 persone) e viene fatta la seguente richiesta che prevede di rivetire un ruolo diverso, cambiando il proprio punto di vista: “Ciascun gruppo rappresenta una agenzia pubblicitaria. Alcuni genitori si rivolgono a voi per pubblicizzare il proprio gruppo di lavoro sul “Dopo di Noi” con gli obiettivi di trovare nuovi partecipanti e farsi conoscere. Preparate un progetto che risponda alla richiesta del vostro cliente”. Il prodotto dei due gruppi di lavoro risulta il seguente: Progetto1: creazione di un volantino da diffondere a tutta la cittadinanza, “Vuoi partecipare al progetto sul “Dopo di Noi” portando idee innovative? Perchè l’unione fa la forza!”
  • 8. 8 Progetto2: • creare un evento, ad esempio una sfilata, organizzato e prodotto dai disabili e/o dai genitori a cui invitare tutte le famiglie con disabile. • Creare un evento che richiami l’interesse della gente e utilizzarlo per presentare il progetto. Discutendo delle possibili iniziative e di come metterle in pratica si giunge a riflettere sull’appartenenza del “gruppo genitori” all’associazione Il Mosaico e all’utilità e significatività di ricorrere all’intera realtà associativa per promuovere e allargare il gruppo. Il rischio, che viene espliitato, è quello di perdersi in un circolo vizioso: “ dobbiamo cercare nuovi genitori che ci aiutino a creare qualcosa – se creiamo qualcosa troveremo nuove adesioni”. Viene sottolineato come sia necessario vedere e riconoscere le risorse presenti nel qui ed ora e cercare di raggiungere entrambi gli obiettivi proprio partendo da esse. Un membro del gruppo ricorda, infatti, una delle risorse più importanti che si hanno a disposizione: la fiducia che si è creata tra i membri del gruppo.
  • 9. 9 11 Aprile -Terza serata- La prima parte della serata viene utilizzata per l’organizzazione pratica delle visite alle comunità. Siccessivamente, viene chiesto ai partecipanti di riflettere su esperienze precedenti di distacco dal proprio figlio (week and, vacanze ecc.), l’invito è di pensare a come si sono sentiti, quali sono state le difficoltà emotive e quale fosse il livello di ansia e di preoccupazione. Le considerazioni emerse sono state: • E’ stata un’esperienza positiva poichè ha permesso a mio figlio di stare nel gruppo traendone grandi benefici. • Ero preoccupata soprattutto per la notte, mia figlia è abituata a dormire con me, ha bisogno dell’affetto della madre per sentirsi sicura. • L’ansia del genitore passa al figlio, solo quando i genitori si tranquillizzano anche il figlio sta meglio e riesce a stare bene anche lontano da casa. • Una vacanza è diverso dal “per sempre”, la prospettiva di tornare a casa permette di vivere diversamente il distacco. Appare chiara la necessità di sperimentare percorsi che aiutino l’intera famiglia ad abituarsi al distacco in modo graduato, questo porterebbe una diminuzione dell’ansia poichè aumenterebbe la percezione di controllo sulla situazione e sul contesto. Una situazione conosciuta e sperimentata più volte diventa, infatti, maggiormente controllabile e quindi fonte di sicurezza; anche le emozioni scatenate dal distacco vengono sperimentate in un tempo dilatato, poco alla volta, aiutando i familiari alla loro elaborazione e accettazione. Durante la seconda parte i genitori vengono invitati a riflettere su quali competenze/ risorse vorrebbero lasciare ai propri figli con lo scopo di dar loro un “equipaggio” che li accompagnerà nel momento del distacco e nel futuro. Consegna Dopo aver consegnato un foglio raffigurante una valigia, viene chiesto di segnare all’interno tutto ciò che si desidera dare al proprio figlio/familiare per far sì che egli possa affrontare al
  • 10. 10 meglio la vita futura. L’attenzione viene posta su quelle competenze che, realisticamente, si possono offrire o far apprendere al disabile. Nelle valigie... • Medicine per tutta la vita, che si fidi solo dei dottori. • Vorrei un ambiente che la faccia sentire accettata e che possa essere di aiuto anche agli altri perchè lei deve avere sempre qualcosa da fare, come dice lei però! • Serenità nell’affrontare il distacco, pazienza, coraggio, sicurezza, fiducia per affrontare una nuova situazione, desiderio di trovare un ambiente accogliente e familiare, certezza che i fratelli ci sono in qualsiasi momento di bisogno. • Che capisca che lo facciamo per il suo bene e che non lo si fa per abbandonarla. In secondo luogo che trovi un’accoglienza familiare e affettiva come in famiglia e che non sia diversa da quelle di adesso, con tutte le sue abitudini. • Cara C. Questa è la valigia del tuo futuro. Ti chiedo di rispettare questa mia decisione non perchè non ti voglio bene ma è per il tuo futuro. Qui non troverai vestiti ma la speranza di trovare nuovi amici ed educatori e un luogo dove potrai imparare anche cose nuove, questa valigia è piena di speranza per te e anche per me, comunque sappi che, se anche sarai lontana, sei sempre con me. Papà Una persona non scrive nulla. La percezione del controllo Dalle risposte date si puà vedere come sia difficoltoso pensare a quali valori e capacità augurarsi per il figlio, sembra che non sia possibile pensare a cosa fare concretamente per aumentare la resilienza e l’autoefficacia del proprio familiare. L’attenzione è spostata sull’esterno -la speranza che viva in un ambiente “buono”-, il futuro viene raffigurato come una situazione che sarà controllata dall’ambiente (la comunità, i servizi sociali ecc.), secondo i familiari il benessere del disabile non dipende tanto dalle caratteristiche del disabile ma dall’ambiente che egli incontra. L’unicità della famiglia Pensare al distacco non è facile per nessun genitore e lo è ancora meno per chi ha figli con una disabilità: la consapevolezza (e la paura) che da soli non possano farcela riversa grandi ansie e preoccupazioni nei riguardi del futuro; la famiglia sembra essere considerata l’unica vera fonte di sicurezza e affetto, ovvero l’unica possibilità per il disabile di sentirsi accolto e accettato. Il mondo emotivo Le emozioni risultano spesso bloccate, la fatica nel pensare al futuro e nel guardarsi dentro per osservare ciò che si prova è molta, il futuro fa paura e fa paura pensare a sè stessi come genitori che dovranno, un giorno, lasciare il proprio figlio alle cure di qualcun’altro. La speranza Una parola, tra le tante, acquista valore in tutti gli incontri e si ripropone come filo conduttore e forza motrice del progetto: la speranza. Dare forma e sostegno a questa speranza costituisce il primo passo per affrontare con realismo e positività il cammino verso il futuro.
  • 11. 11 Visita alle Comunità residenziali per disabili 15/4 ore 14.30 Comunità L’Arcobaleno, Mariano Co. 19/4 ore 10.00 Comunità Casa Betania, Besana Br. Informazioni raccolte Le informazioni raccolte hanno riguardato principalmente: • Costituzione: la nascita della comunità • Aspetti economici e finanziari della costituzione e del mantenimento • Tipologia di residenza (RSA, CAH ecc.) • Organizzazione della struttura • accesso (criteri e modalità dell’inserimento) • caratteristiche del gruppo • assistenza sanitaria • numero e tipologia di operatori • Organizzione della giornata • Relazioni con le famiglie d’origine • Relazioni con l’esterno • Progetti particolari • Possibilità di periodi di prova finalizzati o meno all’inserimento Alcune riflessioni... • All’interno della stessa struttura coesistono due aspetti ritenuti fondamentali dalle famiglie: la familiarità e la professionalità. • Emerge l’importanza di preparare il disabile a una futura separazione permettendogli di sperimentare “a piccole dosi” un ambiente accogliente e stimolante che da “sconosciuto” si trasformi con il passare del tempo in “conosciuto”. • E’ molto importante conoscere strutture presenti sul territorio per due motivi: - Sapere che esistono strutturo di cui ci si possa fidare e affidare nel caso in cui la decisione sarà quella di inserire il familiare in una comunità già presente e attiva. - Avere dei modelli da cui attingere per pensare e proporre progetti nuovi e adatti alla realtà del territorio di Giussano. • L’accoglienza con cui il personale delle strutture ha accolto i familiari aiuta a ri- acquistare la speranza nella società e negli altri: questo permette al genitore di condividere, in parte, il peso e la responsabilità.
  • 12. 12 16 maggio -Quarta serata- La quarta serata è stata utilizzata per condividere impressioni e pensieri sulle visite effettuate in precedenza e per narrare le realtà viste a chi non era potuto essere presente. Sono stati raccolti i punti di forza e di debolezza di entrambe le comunità i quali risultano essere i medesimi, se non per un’unica importante differenza: la presenza in una delle due strutture di una coppia genitoriale (coppia fondatrice). Punti di forza: ambiente familiare, qualità strutturale (struttura delle stanze, dei servizi, ambienti per le attività ecc.), organizzazione della giornata, attività per l’autonomia, il fatto che il disabile viva in un gruppo, il mantenimento dei rapporti con i familiari, la presenza di personale professionale, la collocazione in un territorio vicino, la possibilità di attuare periodi di sollievo, l’inserimento graduale. Punti deboli: il numero degli educatori limitato, gli alti costi del manteniemnto, la tipologia del gruppo (età e gravità). Le tipologia del gruppo risulta essere una variabile che, inevitabilmente, può risultare un punto di forza o di debolezza a seconda delle caratteristiche del singolo disabile da inserire. Entrambe le comunità non hanno, all’interno della propria statuto, grossi limiti legati all’età o alla tipologia di utenza, ma il criterio seguito per i nuovi inserimenti prevede il rispetto di quelle che sono le caratteristiche del gruppo già esistente. Un nuovo inserimento richiede la valutazione della compatibilità fra i problemi portati dall’eventuale persona da inserire e quelli presentati dal gruppo degli utenti già presenti nella casa e la capacità e la possibilità da parte della comunità di rispondere ai bisogni dell’aspirante in termini di assistenza medica, psicologica, strutturale ecc. La presenza della coppia L’importanza di una coppia all’interno di una comunità per disabili è data dalla funzione genitoriale che essa va a ricoprire in modo simile a ciò che avveniva nella famiglia di origine. Le funzioni genitoriali possono essere rissunte in due grandi aree: la funzione affettiva: calore, cura, protezione, vicinanza; e la funzione normativa, regole, valori, spinta all’autonomia, sicurezza. Questi doni possono essere assicurati dai genitori naturali come da altre figure di riferimento che siano riuscite ad instaurare un legame forte e profondo con la persona da accudire. Sono funzioni, per certi aspetti e con modalità diverse, svolte anche dal personale educativo e assistenziale ma che risultano maggiormente efficaci e “naturali” se svolte da una coppia di coniugi proprio per la sua naturale geometria: è la coppia genitroiale che, per natura e cultura, racchiude in sé il codice paterno e quello matern, il maschile e il femminile, la possibilità di un’identificazione in ciò che è nostro simile e l’affermazione della nostra identità in ciò che è diverso. La coppia, dunque, è vista come uno degli elementi più importanti per “fare famiglia” anche in comunità.
  • 13. 13 Questionario di valutazione: analisi dei dati Tutte le persone che hanno partecipato agli incontri dicono di essersi sentite bene, anche chi, inizialmente, aveva dei dubbi o non immaginava proprio come sarebbe stato partecipare. Il clima di gruppo viene descritto come positivo, solare, stimolante. Gli incontri di gruppo sono poi risultati utili in quanto hanno permesso di raggiungere alcuni obiettivi: una crescita personale, aprirsi a nuovi punti di vista, acquisire nuove conoscenze, instaurare nuove relazioni o rafforzare quelle già esistenti e, infine, per la possibilità di crescere come genitore. Viene espressa una soddisfazione per l’intero progetto e la volontà di continuare il percorso intrapreso con gli obiettivi di trovare una soluzione condivisa per il futuro e di aiutare altre famiglie. Vengono riconosciuti come elementi di maggior interesse e positività: • la ricchezza del gruppo: la possibilità di ascoltare altri punti di vista, di dialogare e confrontarsi, la continuità e la forza di coesione; • la visita alle strutture: prendere consapevolezza della realtà di una struttura, conoscerne il clima e il personale, sapere come è organizzata e quali sono le attività svolte. Gli aspetti visti come negativi riguardano l’essere “in pochi” e, per qualcuno, l’aver dovuto fare i conti con il proprio “batticuore” nel pensare al Dopo di Noi! Tra le proposte per il futuro, i familiari suggeriscono la visita ad altre strutture, una maggiore visibilità al progetto, il coinvolgimento di altre associazioni o realtà e la continuità nel mantenere una linea concreta, pratica. Conclusioni “Il futuro che vorrei” si conclude a giugno 2013 portando con sé un grande bagaglio di conoscenze ed esperienze e, soprattutto, aprendosi ad un futuro ancora tutto da scrivere. Gli obiettivi raggiunti sono stati tanti: la creazione di un gruppo di sostegno e confronto e, allo stesso tempo, di lavoro ed esperienza, una nuova consapevolezza e preparazione nei confronti del “Dopo di Noi” dei familiari e di tante altre persone (l’associazione, i servizi comunali e gli stessi cittadini di Giussano che sono stati informati e invitati a partecipare al progetto), la raccolta di bisogni e di proposte e, come già sottolineato molte volte, la formazione di una speranza comune e condivisa supportata da idee e strumenti concreti. Ringraziando tutti coloro che hanno partecipato al progetto e che hanno permesso la sua realizzazione, “Il futuro che vorrei” vi invita a guardare con fiducia oltre a quella porta che è stata aperta sul futuro ma che aspetta ancora di essere varcata.