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1. S . A.
BIBLIO TECA
i* e- HV E N E Z I A 1 11
L A M A R I N A I T A L I A N A
N ELLA G R A N D E GUERRA
UFFICIO STORICO DELLA R. MARINA
LA MARINA ITALIANA
NELLA GRANDE GUERRA
VOLUME II.
L’ INTERVENTO DELL’ ITALIA A FIANCO DELL’ INTESA
E LA LOTTA IN ADRIATICO
(D al 24 M aggio 1915 al salvataggio dell’ Esercito serbo).
V A L L E C C H I E D I T O R E F I R E N Z E
Il presente volume è stato compilato dal
contrammiraglio Fausto LEVA.
I diritti di edizione e traduzione,
anche di semplici brani, sono riservati.
Firenze 1936-XIV - Stab. Grafici A. Vallecchi, Viale dei Mille, 72.
P R E M E S S A
A breve distanza dal primo, intitolato Vigilia
d’ armi sul mare, segue il presente volume che ini­
zia la descrizione degli avvenimenti dal 24 maggio
al salvataggio dell'esercito serbo.
Il lettore troverà una precisa narrazione di tutti
i fatti svoltisi in questo periodo. Tenuto però conto
che gli avvenimenti narrati sono ancora relativa­
mente recenti, che la maggior parte degli attori
principali ed esecutori minori sono ancora viventi,
che le divergenze ed i contrasti politico-diplomatici
non solo fra gli avversari ma ancor più tra gli stessi
alleati ed associati non sono ancora ben noti o per
lo meno non sono ancora divulgabili, non è stato
sempre possibile fare un completo esame critico
dei fatti.
IL CAPITANO DI VASCELLO
Capo dell’Ufficio Storico della R. Marina:
G u id o A l m a g i à .
C a p it o l o I.
L’APERTURA DELLE OSTILITÀ SUL MARE:
LE PRIME OPERAZIONI NELL’ALTO
ADRIATICO
S o m m a r i o :
Dichiarazione di guerra. — Piani di operazione dèlie due
parti avversarie nell’Adriatico. — Prime azioni dei cacciatorpe­
diniere italiani contro la costa nemica. — Scorrerie nemiche con­
tro Ancona, Porto Corsini, Rimini, Senigallia e Potenza Picena.
Il 23 maggio 1915 l’ Italia dichiarava la guerra
all’ impero austro-ungarico : nel pomeriggio dello
stesso giorno il ministro della marina, vice ammi­
raglio Viale, diramava alle autorità dipendenti
l’ avviso che alla mezzanotte sarebbero state aperte
le ostilità sul mare. Allo scoccar dell’ ora, la sta­
zione R. T. di Coltano lanciava all’ aria e ripe­
teva poi ad intervalli la notizia : « Italia trovasi
in guerra con Austria-Ungheria ».
Mentre le truppe di copertura si accingevano
a varcare la frontiera terrestre e dalle guarnigioni
territoriali, fra le acclamazioni ed i fervidi auguri
— 8 —
delle folle, i soldati partivano per incontrare e
combattere l’ereditario nemico della patria, navi e
siluranti, con entusiasmo non minore, appena con­
tenuto dal sentimento della disciplina di bordo,
nel silenzio degli arsenali e delle basi navali, si
apparecchiavano a prendere il mare, decise ad af­
frontare navi e siluranti austriache per saldare
vecchi conti, sospesi da circa cinquant’ aqni 
Contemporaneamente sulla sponda opposta del­
l’Adriatico l’ammiraglio Haus, comandante in capo
della flotta austro-ungarica, apparecchiava le sue
unità ed ordinava di mollare gli ormeggi ai suoi
marinai, che una costante propaganda aveva am­
maestrato a vedere nell’ Italia l’acerrimo avver­
sario da distruggere. La notizia della dichiarazione
di guerra giunse a Pola alle ore 16 e fu accolta
dagli equipaggi con entusiastiche grida di « ur-
rah ».
Quali fossero i criteri sui quali era basato il
piano delle prime operazioni, preordinato dal­
l’ammiraglio Haus per essere svolto appena inter­
venuto lo stato di guerra, fu da lui stesso esposto
nel rapporto col quale riferì le azioni compiute.
« Nell’ intento di danneggiare di sorpresa e nel
tempo più ristretto dopo l’ apertura delle ostilità
il nuovo avversario e di applicare un sensibile
colpo alla sua forza morale, ho progettato una
1 Riportiamo néU’appendice I la dislocazione delle forze na­
vali contrapposte in Adriatico jl 24 maggio 1915.
azione contro i ¡punti militari 1 della costa orien­
tale italiana coll’ impiego di tutte le forze dispo­
nibili.
« A tale scopo, come già informai col mio te­
legramma Ris. N. 221/0. P. del 22 corr. mese,
feci sorvegliare fin dal giorno 19 c. m. la linea
Gargano-Pelagosa dall’ Helgoland, Csepel, Taira,
Lika, Orien e quella di Pelagosa-Lagosta dal-
VAdmiral Spaun, Wildfang, Streiter, Uskoke e
Ulan per escludere una sorpresa durante le nostre
operazioni, divise in azioni separate. Inoltre con
voli di ricognizione sui punti principali della costa
italiana furono verificate le notizie a me note sulle
dislocazioni delle forze navali nemiche. Feci ac­
certare specialmente l’ esistenza o meno di sbar­
ramenti nei pressi di Ancona prima da un gruppo
di torpediniere e un’ altra volta da un sommergi­
bile; le esplorazioni ebbero sempre esito negativo.
« __ già prima dell’ apertura della guerra fu­
1 Affermazione non rispondente al vero perchè le navi au­
striache nè in quel giorno, nè successivamente per tutto il corso
della guerra osarono attaccare punti difesi di importanza militare
della nostra costà.
Tutte le località bombardate in quel giorno erano notoria1-
mente centri indifesi; così Ancona di cui era stato comu­
nicato diplomaticamente il disarmo al governo austriaco, così Se­
nigallia, Potenza Picena, Rimini, Fano, Pesaro.
L’unico punto difeso era Porto Corsini, ma da informazioni
successive si ebbe la conferma che il nemico ignorava ancora che
esistessero colà delle batterie, 1« quali erano state istallate pochi
giorni prima dell’apertura delle ostilità.
— 10 —
rono disposti due sommergibili a Trieste per con­
trastare un eventuale attacco italiano contro detta
città, uno nelle acque di Lissa, che per l’ Italia
ha una certa importanza, uno nelle acque monté­
négrine per operazioni contro quella costa.
« L’azione premeditata contro la costa italiana
prometteva successo purché essa si fosse svolta im­
mediatamente dopo l’ inizio delle ostilità, per cui,
nell’ intelligenza delle probabilità dello scoppio
della guerra, già fin dal 23 c. m. tenni pronta la
flotta a partire da Pola all’ imbrunire. Le disposi­
zioni emanate tendevano a far entrare in vigore
ad un tempo, all’alba, tutte le azioni isolate con­
tro i vari punti della costa ».
Dallo specchio che segue risultano la compo­
sizione dei vari gruppi di unità austro-ungariche e
gli obbiettivi a ciascuno assegnato :
Gruppo
FORZE NAVALI A z i o n i c o n t r o
A Grosso (I, III, IV Divisione) ; cac­
ciatorpediniere Dinara, Reka,
Csikòs, Velebit
Ancona
a torpediniere a.m. 74 77 76 75
b torpediniere a.m. 57 58 60 62
c torpediniere a.m. 72 55 67 63 68 70
d torpediniere a.m. 50 51 53 54 64 69
B Zrinyi e le torpediniere 4 e 7
(della difesa di Pola)
.
Senigallia
— 11 —
o
8*
p FORZE NAVALI A z i o n i c o n t r o
a
o
C Radetzky, torpediniere a.m. 73 e 56 Potenza Picena
D S. Georg e le torpediniere 1 e 2
(della difesa di Pola)
Rimini, Fano, Pesaro
E Novara ; cacciatorpediniere Sharf-
schutze, torpediniere a.m. 80 81
78 79
Porto Corsini
F Saula, Szigétvàr ; cacciatorpedi­
niere Balaton, Triglav
Esplorazione
sulla linea Pedaso-
Porto Tajer
G (1) Helgoland ; cacciatorped. Csepel,
Tatra, Orjen, Lika
Esplorazione sulla linea
Pelagosa-Lagosta ed
azione contro Tremiti,
Torre Mileto, Sinarca,
Campo Marino
H (1) Admiral Spaun ; cacciatorpedi­
niere Wildfang, Streiter, Ulan,
Uskoke
Esplorazione sulla linea
Pelagosa-Gargano e
azione contro Vieste,
Manfredonia, even -
tualmente Barletta
Al tempo stesso S. A. R. il Duca degli Abruz­
zi, vice ammiraglio comandante in capo'dell’ ar­
mata navale italiana ed il vice ammiraglio Garelli,
1 Per effètto di ulteriori modifiche degli ordini, rimasero per­
mutate le missioni dei gruppi G e H.
— 12 —
comandante in capo del dipartimento militare ma­
rittimo e della piazza marittima di Venezia, dal
quale, pur con arupia libertà d’ azione, dipendeva
la divisione Sardegna l, comandata dal contrammi­
raglio Patris, trasmettevano le istruzioni particolari
delle operazioni da compiere nella notte stessa del
24 maggio, secondo le disposizioni che erano state
emanate in precedenza dal capo di stato maggiore
della marina, vice ammiraglio Thaon di Revel.
Furono già riportati nel primo volume i cri­
teri di massima che dovevano servire come diret­
tive per le operazioni marittime nell’Adriatico, ed
in base ai quali fu redatto il Piano generale d'azio­
ne, comunicato ai comandanti in capo il 18 aprile
1915. Nel breve periodo, in cui durò ancora la neu­
tralità nostra dopo questa data, il capo di stato mag­
giore della marina aveva ribadito e sviluppato con
1 La « Divisione speciale » dell’amm. Patri® che era stata nelle
acque albanesi fino agli ultimi di aprile, aveva avuto ordine di
trasferirsi a Venezia. In seguito ad accordi intercorsi fin dal pe­
riodo di preparazione della guerra, prima fra il comandante desi­
gnato della III armata e l’amm. Patris, poi direttamente fra i
capi di stato maggiore dell’esercito e della marina (vedi volume I
di questa Storia), fu disposto che quella divisione, costituita da
navi di diminuito valore bèllico, fosse destinata nell’alto Adria­
tico per dare appoggio e proteggere dal mare l’ala destra dell’eser­
cito in caso di necessità e per quanto era possibile. Ricostituita
poco prima dell’ inizio delle ostilità colle RR. NN. Sardegna (nave
ammiraglia), Emanuele Filiberto, Amm. di S. Bon, Carlo Alberto,
Marco Polo ed Etruria prese il nome di divisione Sardegna, e ad
essa fu aggregato per le operazioni parte del naviglio silurante
dislocato a Venezia.
— 13 —
successive istruzioni particolari le direttive intese a
regolare 1’ impiego del naviglio. Aveva scritto in­
fatti (disp. 736 RRP del 24 aprile 1915) al co­
mando in capo del dipartimento di Venezia: «R e ­
sta stabilito che all’ apertura delle ostilità così le
siluranti e navi dipendenti da V. E. come la di­
visióne Sardegna potranno senz’altro operare__
al largo__
« La missione della divisione Sardegna sarà__
quella di cooperare all’ avanzata dell’ esercito lungo
la strada Monfalcone-Trieste. Se non che questa
azione avrà inizio sol quando l’ avanguardia del­
l’esercito sia giunta a Monfalcone, cioè parecchi
giorni dopo l’ apertura delle ostilità; nel frattempo
la divisione potrà utilmente operare lungo la zona
costiera intermedia__ Le modalità di tale azione
dipendono da circostanze non prevedibili e, soprat­
tutto, da quello che farà il nemico; non è quindi
possibile stabilire i particolari della stessa é si la­
scia al riguardo al contrammiraglio Patris la più
ampia libertà di azione__ L’ azione a Porto Buso
sarà eseguita da un cacciatorpediniere dipendente
da V. E. con l’ eventuale concorso di unità della
divisione Patris ».
Ed al comando in capo dell’ armata scriveva
(disp. 1184 RRP del 16 maggio 1915): «C irco­
stanze d’ordine vario ed essenzialmente:
« 1) l’ assoluta necessità di non esporsi alle
insidie dei sommergibili avversari la cui minaccia
si va sempre facendo più grave secondo le notizie
— 14 —
di recente avute sul numero effettivo dei sommer­
gibili austriaci e sull’entrata in Mediterraneo di
sommergibili germanici ;
« 2) la convenienza di attendere che i re­
parti alleati destinati ad afforzare l’ armata rag­
giungano le basi che V. A. R. crederà stabilire e
si approntino ad agire di conserva coi nostri re­
parti ;
impongono di dare carattere essenzialmente di­
difensivo alle nostre operazioni marittime in Adria­
tico fino a quando la situazione non sarà chiarita,
specie nei riguardi dell’ effettiva efficienza dei som­
mergibili avversari e delle modalità con cui saranno
impiegati.
« Nella prima fase della guerra marittima il
nostro obbiettivo essenziale deve essere.... quello
di coprire Brindisi, pur irradiando da questa base
scorrerie e crociere per i numerosi servizi di vi­
gilanza e di esplorazione, per piccoli colpi di mano
sul litorale avversario e, in pari tempo, per di­
struggere, ogni qualvolta se ne presenti l’ occasio­
ne, anche a costo di subire perdite equivalenti o
magari superiori a quelle che presumibilmente si
infliggeranno al nemico, il suo naviglio leggero e
silurante e soprattutto i suoi sommergibili—
«N ell’ultima parte del dispaccio 1149 del 14
maggio, ho fatto presente a V. A. R. l’assoluta
necessità che nei giorni immediatamente succes­
sivi all’ apertura delle ostilità le navi maggiori re­
stino chiuse nelle basi.
— i s ­
te Soggiungo ora che le nostre migliori navi da
battaglia.... devono assolutamente essere rispar­
miate per averle pronte a battersi col grosso au­
striaco, se o quando se ne presenterà l’opportu­
nità; ....è assolutamente indispensabile di non
esporle mai in operazioni di carattere secondario
e diversivo ».
In conformità di tali direttive gli ordini e le
istruzioni di guerra ricevute dalle forze navali
dell’ alto e del basso Adriatico per l’ apertura del­
le ostilità, furono sommariamente le seguenti :
Istruzioni per le forze navali
dell’alto Adriatico.
N a v i m a g g i o r i : Fuochi in alimento, unità in
assetto di guerra.
C a c c i a t o r p e d i n i e r e : Zeffiro, Bersagliere, Co­
razziere : devono partire alle 2h del 24 maggio re­
golando la velocità in modo da trovarsi all’ alba :
il primo, davanti a Porto ¡Buso, gli altri due da­
vanti a Grado col compito di affondare le unità av­
versarie e i galleggianti presenti; cannoneggiare gli
apprestamenti militari, catturare prigionieri. Il
Corazziere è in particolare incaricato di tagliare il
cavo telegrafico tra Grado e Cittanova.
C a c c i a t o r p e d in i e r e : Carabiniere, Garibaldi­
no, Lanciere, Alpino, Fuciliere: devono uscire da
Venezia in tempo utile per irradiarsi alle 3,30 del
— 16 —
24 maggio in esplorazione strategica come indicato
nella tavola n. 1.
So m m e r g i b i l e Argonauta (dislocato ad Anco­
na) : riceve istruzioni di guerra in conformità del
dispaccio 1272 in data 21 maggio 1915 diretto dal
capo di stato maggiore della Marina al comandante
in capo del dipartimento di Venezia:
«Considerata__ l’ impossibilità, almeno in
primo tempo, di provvedere alla difesa del nostro
litorale con reparti di navi maggiori, i quali non
potrebbero neppure accorrere in tempo utile per
costringere a battaglia il nemico durante la riti­
rata, sono venuto nella determinazione di tenere
permanentemente un sommergibile a nafta nelle
acque di Ancona allo scopo di rendere pericoloso
al nemico il bombardamento della nostra più im­
portante città indifesa dell’Adriatico.
« Il servizio del sommergibile in agguato nei
paraggi di Ancona dovrà effettuarsi coi seguenti
criteri di massima :
1) di giorno, con tempo chiaro, quando il se­
maforo può scoprire il nemico a distanza abba­
stanza notevole, starà ormeggiato in porto, pronto
ad uscire non appena si abbia notizia dell’avvici-
narsi di navi nemiche o anche semplicemente di
siluranti;
2) di notte__ il sommergibile dovrà tenersi
al largo, in emersione, se lo stato del tempo lo
consente, altrimenti poggiato sul fondo....
3) l’ avvertimento al sommergibile, quando
— 17 —
Immerso e poggiato sul fondo, dell’avvicinarsi di
navi nemiche si cercherà di darlo a mezzo di bar­
che a vapore o rimorchiatori__ con segnali acu­
stici convenzionali».
S o m m e r g i b i l e Jantina : In missione di agguato
a sud di Rovigno.
F o r z e a e r e e : Dirigibili Città di Jesi ( V . 1) e
Città di Ferrara (M. 2) : incursione aerea su Pola.
Dirigibile P. 4. : esplorazione nella zona foranea
della piazza di Venezia. Due idrovolanti della sta­
zione di Venezia: esplorazione su Pola.
Istruzioni per le forze navali
del basso Adriatico
N a v i d a b a t t a g l i a p r e s e n t i a T a r a n t o : fuo­
chi in alimento. Navi in completo assetto di guerra.
F o r z e n a v a l i d i B r i n d i s i :
N a v i m a g g io r i : fuochi accesi nel numero di
caldaie necessarie per muovere subito a velocità
di 10 mg. ed alla massima velocità entro 45m dal­
l’ordine.
C a c c i a t o r p e d in i e r e Animoso, Audace, Ardi­
to : partendo da Brindisi alle 18h del 23 maggio
devono recarsi ad elevata velocità nel golfo del
Drin con obbiettivo di distruggere i sommergibili
nemici e le loro eventuali basi colà. Espletato tale
compito devono esplorare la costa nemica fino al
meridiano di Cattaro, quindi prendere posizione di
2. — La marina italiana, ecc., Voi. II.
— 18 —
vigilanza sulla linea poligonale di esplorazione
strategica (tav. n. 1).
C a c c i a t o r p e d in i e r e Borea, Esperò: devono
partire da Brindisi alle 16h del 23 per rimorchiare
fino presso Cattaro rispettivamente i sommergibili
[ereide e Veletta destinati a tenere l’agguato pres­
so la base nemica. Dopo mollati i sommergibili, i
c. t. devono rientrare a Brindisi.
E s p l o r a t o r i Quarto, Bixio : partendo da Brin­
disi alle 18,30 del 23 maggio, devono recarsi a
prendere le posizioni di crociera indicate nella ta­
vola 1 col compito di raccogliere e ritrasmettere le
eventuali notizie comunicate dai c. t. in esplora­
zione avanzata, e di appoggiarli in caso di bisogno.
E s p l o r a t o r e Agordat. T o r p . A. M. Spica,
Scorpione, Sirio, Saffo, Serpente: partendo da
Brindisi nel pomeriggio del 23 maggio, debbono
recarsi a prendere posizione di vigilanza e blocco
nel canale d ’Otranto, incrociando fra capo Pala-
scia e Saseno.
E s p l o r a t o r e Libia ed I n c r . Aus. Città di Si­
racusa: devono partire da Brindisi alle 19,45 del
23 maggio con l’obbiettivo di effettuare un colpo
di mano contro l ’ isola di Pelagosa, catturandovi
tutto il personale che la presidia o l’abita. A mis­
sione ultimata la Libia deve rientrare a Brindisi,
mentre la Città di Siracusa deve prendere la posi­
zione di crociera indicata nella tav. 1.
C a c c i a t o r p e d in i e r e Aquilone, Turbine: de­
vono partire da Brindisi alle 16b del 23 maggio
Sommergibili a.u.
Zone di croci
dalle isrruzic
Q u a r t o e C i t
Le rol le segr
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SPAUN
SAIDA ___
BALATON
t r ig l a v
l^SEPEL
TATRA
ORJEN
LIKA
WILDFAN6
STREITER
USKOKE
i
— 19 —
con 1’ incarico di perlustrare la costa fino a Man­
fredonia e di prendere quindi, a giorno fatto, po­
sizione di vigilanza nella linea poligonale di esplo­
razione strategica '(tav. n. 1).
R im a n e n t i E s p l o r a t o r i, C. T. e T o r p . A. M.
p r e s e n t i a B r in d is i : pronti a muovere in un’ora
dall’ordine.
T o r p e d in ie r e c o s t ie r e : servizio di vigilanza
nel settore di avvicinam ento alla piazza.
Dalle istruzioni riportate si rileva intanto che
i compiti assegnati ai gruppi e alle navi di cia­
scuna parte erano tali da non risultare che vi fosse
probabilità d’ incontri1 fra nuclei avversari di una
certa importanza. Vi poteva essere avvistamento
solo fra qualche unità minore nella zona che fron­
teggia la penisola del Gargano, e così avvenne
difatti. Possiamo perciò riferire separatamente
uno daU’altro gli avvenimenti della notte e delle
ore mattutine del primo giorno di guerra, che,
così al Nord come al Sud, si annunciò con cielo
coperto, foschìa e vento leggero da levante. Du­
rante le ore notturne la luna appariva di tanto in
tanto fra squarci di nubi; più spesso la pioggia
cadeva minuta mentre, ad intervalli, qualche breve
ma violento piovasco sollevava raffiche di vento e
spazzava la superficie delFAdriatico.
* V. Tav I.
— 20 —
Azioni svolte dai cacciatorpediniere italiani
nell’alto Adriatico, a Nord del 45° parallelo.
Così il sommergibile Jantina (comandante t.
v. Tarò) in agguato a Sud di Rovigno, come i cin­
que cacciatorpediniere del tipo Soldato (capo
squad. c. f. V. Piazza) mandali in esplorazione
strategica, rientrarono a Venezia senza aver in­
incontrato naviglio nemico. I cacciatorpediniere
Bersagliere (capo squad. c. f. Lubelli, t. v. Al-
magià) e Corazziere (c. c. Failla), portatisi davanti
a Grado spararono contro una caserma alcuni
colpi di cannone che ne fecero fuggire il presi­
dio, ma tornarono senza aver tagliato il cavo te­
legrafico sottomarino che collegava Grado con Cit­
tànova, perchè non erano riusciti a rintracciarla.
Lo Zeffìro potè invece eseguire con bel risultato
il colpo di mano a Porto Buso : questo fu così ri­
ferito dal suo comandante, capitano di corvetta
Arturo Ciano :
« Alle 2h di stamane, evitando ogni rumore,
si entrava nel canale di accesso di Porto Buso e,
non veduti, si riusciva a superarlo felicemente fino
a raggiungere il traverso del pontile e della ca­
serma austriaca, a 500 m. di distanza, sulla rotta
magnetica 345°.
« Di sorpresa si è iniziata l’azione lanciando
un siluro contro il pontile e aprendo il tiro a gra­
nata AE con i cannoni da 76 mm. sulla caserma.
Il siluro ha incontrato un bassofondo con dolce
declivio montante, in corrispondenza del [pontile,
che è in parte interrato, e in esso si è arenato senza
scoppiare. Ad azione ultimata, il siluro è stato ri­
cuperato con l’ involucro della testa deformato
senza alcuna altra avaria.
« Il tiro, diretto segnatamente contro le porte e
le finestre della caserma e sul pontile, ha danneg­
giato questi fabbricati e la torretta di osservazio­
ne, ed ha sfasciato gli autoscafi che erano ormeg­
giati al pontile, producendo molteplici piccoli
incendi.
« Gli uomini, colti nel sonno, si sono a preci­
pizio dispersi in direzioni varie nei canali vicini,
dove alcuni sono annegati.
« Sospeso il fuoco, da un estremo dell’ isolotto
è stato alzato un distintivo bianco su di un’asta
e poco dopo un gruppo di superstiti denudati si è
agglomerato agitando panni bianchi in prossimità
del pontile. Col battello del c. t. si è recato a que­
sto bordo il primo tenente di fanteria ungherese
comandante la compagnia a. u. che ha chiesto di
arrendersi, consegnando la sua sciabola e la ri­
voltella.
« I prigionieri sono 48. Alle 6h ho fatto ri­
torno a Venezia e sbarcato in barella un soldato
a. u. ferito alle gambe, ho consegnato gli altri 47,
compreso il comandante della compagnia e due al­
tri feriti, all’ ammiraglio Patris a Poveglia».
Quest’ azione ebbe, oltre al risultato immedia­
to, una più vasta ripercussione, avendo provocato
del panico nei diversi presidi a. u. costieri.
Bombardamento di Ancona da parte di navi a. u.
Alle ore 20 del 23 maggio usciva da Pola il
grosso della flotta austro-ungarica e, raggiunto
poco dopo dagli incrociatori e dalle siluranti di­
slocate in quella stessa piazza forte, che erano
state mandate avanti in esplorazione, fece rotta a
Sud. Praticamente tutte le unità presenti in porto
lasciarono l’ancoraggio al comando dello stesso am­
miraglio Haus, comandante in capo, che aveva al­
zato la sua insegna sull’ Habsburg. Distaccati suc­
cessivamente i gruppi destinati ad altri obbiettivi,
il grosso proseguiva in direzione di Ancona; lo pre­
cedevano gli esploratori Saida e Szigetvar che coi
cacciatorpediniere Balaton e Triglaw si portarono
in esplorazione strategica nella zona fra Pedaso e
Porto Tajér.
« Dopo che le torpediniere dragamine, si legge
nel rapporto dell’ammiraglio comandante in capo,
ebbero informato di non avere incocciato torpe­
dini  le navi della 2a squadra distanti 5000 m.
da terra accostarono per N O. Alle 4h,04 la 2a
squadra (Herz. Karl, Herz. Friedrich, Herz. Fer-
— 22 —
1 Erano incaricati del dragaggio avanzato il c. t. Rekn con 4
piccole siluranti, mentre il Dirwra ed altre torpediniere funge­
vano da .dragamine presso il grosso; questo aveva ridotto la velo­
cità a 10 mg-
— 23 —
dinand Max, Habsburg, Arpad e Babenberg) ini­
ziò il bombardamento degli obbiettivi militari più
importanti, come forti, caserme, semaforo, cantie­
re, officina del gas etc. e ad essa si associarono il
gruppo autonomo della 1“ divisione ( Viribus Uni-
tis e Tegetthoff) ed il Franz Ferdinand sotto la di­
rezione del comandante della stessa l a divisione.
Il bombardamento, durante il quale fu usato il
massimo riguardo alla città e specialmente agli
edifici serventi al culto ed a scopi umanitari 
durò fino alle ore 4,53 ed ebbe il successo deside­
rato. Le batterie non risposero al nostro fuoco
perchè gli armamenti dei pezzi, a quanto si am­
mette, furono cacciati dagli idrovolanti arrivati so­
pra ad Ancona di ritorno dai loro attacco contro
Chiaravalle2__
« I c. t. Velebit e Csikos furono mandati in­
nanzi alle ore 2 e si recarono presso l’entrata del
porto di Ancona da dove silurarono un piroscafo
con bandiera italiana, ed oltre a ciò bombardarono
la caserma ed il deposito di petrolio».
1 Dall’elenco dei danni, che si riporta nell’appendice 2, si ri­
leva che la cattedrale di Ancona fu colpita più volte, e così fu­
rono colpiti ospedali e molte case private. Minimo fu invece il
danno arrecato agli impianti ferroviari.
2 Sta nel fatto che le batterie terrestri non potevano rispon­
dere semplicemente pèrche non esistevano, per essere state disar­
mate durante la neutralità a fine di dichiarare Ancona città in­
difesa. (V. voi. I). Gli idrovolanti a Chiaravalle non arrecarono
danno.
— 24 —
Questi due cacciatorpediniere furono infatti
quelli ohe arrecarono i danni più rilevanti nel
porto éon l’ affondamento del piroscafo germanico
Lemnos e con i colpi che caddero sul cantiere.
La presenza del sommergibile Argonauta, sco­
perta o almeno sospettata dalle siluranti austria­
che, l’ apparizione del dirigibile Città di Ferrara
che tornava dalla sua particolare missione, ed il ti­
more d’ incontrare altri sommergibili, che erronea­
mente venivano segnalati essere in navigazione da
Venezia verso Pola, fecero affrettare il ritorno alla
base delle navi austriache. Marciando nella for­
mazione di sicurezza prestabilita, e riunendosi per
via ai gruppi distaccati Saida, Radetzky, Zrinyi e
Sankt Georg, arrivarono a Pola alle ore 11 del 24.
Ad Ancona furono udite alle ore 3,45 le prime
rapide e nutrite scariche di artiglieria, seguite dai
colpi di grosso calibro delle navi da battaglia, ma
la città disarmata era nell’ impossibilità di con­
trobattere in qualche modo l’ offesa nemica, e dopo
il primo annuncio del bombardamento, fatto alle
autorità centrali, la rottura dei fili telegrafici in­
terruppe le comunicazioni ed impedi l’ invio di
ulteriori notizie. Tanto per non rimanere iner­
te, il comando del presidio militare mise pronta­
mente in azione le poche mitragliere di cui dispo­
neva, facendo fuoco dalle banchine del porto con­
tro i due caccia austriaci più prossimi, ma, come
era prevedibile, senza risultato. Soltanto il som­
— 25 —
mergibile Argonauta, che era stato appunto distac­
cato in Ancona a protezione della città, avrebbe
potuto far pagare caro al nemico la facile offesa,
se un incidente non ne avesse ritardato l’uscita 1.
Il c. di c. Vaccaneo, che lo comandava, ap­
pena avuto sentore dell’avvicinarsi della flotta au­
striaca dai primi colpi di cannone, aveva mollato
gli ormeggi; ma, mentre col battello in immer­
sione stava uscendo dal porto, un cavo d’acciaio
delle ostruzioni che, nell’aprirne la porta, non era
stato completamente ammainato, lo arrestò, fa­
cendo inclinare fortemente il sommergibile di pro­
ra, cosicché tutta la poppa usciva fuori d’ acqua.
« In tale critica posizione, riferì il comandan­
te, mentre manovravo per liberarmi, sono stato og­
getto a ripetuti colpi di cannone di un cacciator­
pediniere austriaco ed a bombe di un idrovolante
nemico che volteggiava sopra il battello. È stato
lanciato contro VArgonauta (almeno così mi hanno
1 Secondo le istruzioni del capo di stato maggiore della marina,
VArgonauta avrebbe dovuto passare le ore notturne fuori del por­
to, posato sul fondo: ma in quella prima notte di permanenza
ad Ancona era rimasto all’ormeggio, « per l’assoluta mancanza —
scrisse il comandante — d ’ imbarcazioni adatte a dare l’allarme,
con colpi di martello sullo scafo al sommergibile sul fondo ».
Questo infatti era il segnale concordato per informare il sommer­
gibile deH’awistaménto del nemico, ma l’unico rimorchiatore a
disposizione aveva dovuto quella stessa notte rimorchiare al largo
alcune barche per una missione speciale, connessa con quella affi­
data al dirigibile Città di Ferrara.
riferito) anche un siluro che è andato ad esplodere
contro la banchina *.
«Fortunatamente nessun colpo è andato a se­
gno sebbene i proiettili cadessero vicinissimi allo
scafo. Liberatomi dall’ ostruzione, sia manovrando
con le macchine, sia dando aria ai doppi fondi,
esco dal porto e ripresa 1’ immersione dirigo sulle
navi avversarie, non raggiungendole perchè sta­
vano allontanandosi a tutta forza.
« Dal sottoscritto erano state prese tutte le pos­
sibili disposizioni per essere avvisato dell’ appros-
simarsi di navi nemiche. Ed invero se i cavi d’ac­
ciaio dell’ ostruzione fossero stati ammainati com­
pletamente, l’Argonauta avrebbe potuto giungere a
portata di lancio delle navi avversarie».
Bombardamento di Porto Corsini.
Il gruppo E delle forze navali nemiche, com­
posto dell’ incrociatore Novara, del cacciatorpedi­
niere Scharfschutze e delle torp. 78, 79, 80, 81,
distaccatosi dal grosso subito dopo lasciata Pola,
era giunto dinanzi a Porto Corsini alle ore 3,30 del
24. Mentre il Novara colle torpediniere facevano
fuoco di copertura a breve distanza dalla costa, lo
— 26 —
1 Dai rapporti austriaci sembra che VArgorxiuta non sia stato
subito individuato dai c. t. nemici: i colpi di cannone ed il si­
luro lanciato erano diretti contro piroscafi ed altri obbiettivi nel
porto.
T a v . N. 3. — Azione a. u. del 24 maggio contro P. Corsini
— 27 —
Scharfschütze, manovrando con marcia indietro,
penetrava nel porto canale, fino ad arrivare poco
lontano dal punto dove era stata collocata una
ostruzione difensiva. Sparando con cannoni, mi­
tragliere e fucileria, mentre lo scafo restava ri­
parato e protetto dalle palizzate del canale, vi si
trattenne pochi minuti: riuscito in mare si al­
lontanò fra denso fumo verso Pola insieme col
Novara e colle torpediniere. Il fuoco era durato
circa 25 minuti.
Frattanto da parte italiana, essendo già pronti
a respingere l’attacco1, era stato aperto il fuoco
simultaneamente al nemico con i quattro cannoni
dell’unica batteria da 120 mm. ; i soldati del pre­
sidio distribuiti nei trinceramenti già predispo­
sti avevano messo in azione anche le armi por­
tatili. Si combattè contro lo Scharfschütze e con­
tro le altre unità al largo fino a che rimasero a
portata di tiro. I danneggiamenti del fuoco nemico
alle opere militari, benché magnificati nei rapporti
austriaci, si ridussero a poca cosa: «Veniva col­
pito il fabbricato che comprende faro e semaforo,
mentre tutti i tiri diretti alle batterie, al deposito
combustibile ed all’ hangar passarono per la mag­
gior parte alti, lasciando questi intatti— Molti dei
1 Per un disguido, l’avviso di apertura delle ostilità giunge
al comando della difesa di Porto Corsini a combattimento ulti­
mato, soltanto cioè alle ore 8,30 del 24 maggio; ma questo ritardo
non ebbe influenza sull’azione difensiva.
— 28 —
tiri lunghi passarono sopra una falsa batteria di
diie cannoni da 152 min. che negli ultimi giorni
avevo sistemato circa 300 m. a Sud della batteria
da 120 mm. e che rispose assai bene allo scopo
per il quale fu ideata, attirandosi parte del tiro
nemico » 1.
Le disposizioni che il comando della difesa
aveva preso nei giorni di preparazione, costruendo
trincee per i soldati e rifugi per la popolazione in
caso di attacco e facendo eseguire esercitazioni di
allarme, ebbero per effetto che, nonostante il nu­
mero dei fabbricati colpiti nel paese dal tiro ne­
mico troppo lungo, non si ebbero fra gli abitanti
che tre feriti ed un morto. Dei militari furono col­
piti gravemente il sottufficiale telemetrista della
batteria, e leggermente quattro soldati della Ia
compagnia costiera.
Da parte austriaca, sebbene la nostra batteria
di vecchi pezzi da 120 avesse sparato nel combat­
timento venti colpi soltanto, si ebbero danni relati­
vamente sensibili. Sullo Scharfschutze un proietto
demolì un casotto; la torp. 80 fu colpita in pieno
da una granata da 120 che esplose nel quadrato uf­
ficiali e provocò un’avaria al timone, l’ entrata di
acqua nello scafo e l’abbattimento del padiglione
R. T. 2. Il Novara infine fu colpito più volte con
1 Dal rapporto del comandante della difesa di Porto Corsini,
c. di c. Alfredo Dentice.
2 La difesa non era ancora completata e pronta ¡per battere
— 29 —
pochi danni materiali 1: un lenente di vascello e
cinque marinai perirono, tre furono feriti grave­
mente, l’ ufficiale di rotta e parecchi uomini furono
leggermente feriti.
Bombardamento di Rimini.
L’ incrociatore Sankt Georg, che colle torp. 1
e 2 costituiva il gruppo D, inviato ad operare con­
tro la costiera di Rimini, fu avvistato dalla stazione
locale di vedetta fino dalle ore 3,30, mentre appa­
riva provenisse dal Sud : diresse verso Cesenatico,
poscia invertì la rotta e ritornò di fronte a Rimini. •
Alle ore 4,50 circa aprì il fuoco a distanza di
4000 m., prima coi cannoni da 240 mm., poi anche
con quelli da 190 e da 152, contro la linea ferro­
viaria, e specialmente contro il nuovo ponte in ce­
mento armato, che attraversa lo scaricatore del
fiume Marecchia sulla linea Rimini-Bologna. Mirò
poi con tiro rapido in direzione della città contro
il ponte in ferro, che attraversa il porto canale a
la parte interna del canale. I cannoni da 76/40 antiaerei che avreb­
bero potuto prendere questo d’ infilata non erano ancora stati si­
stemati.
1 Ebbe numerosissimi fori sui fumaioli, sulle maniche a vento,
sul ponte, sul palco di comando, ed altri piccoli danni prodotti
da scheggie; un colpo in pieno percorse la corazza di cintura;
un’altra granata nella carbonaia VI sulla sinistra, rimase inca­
strata senza esplodere nella paratia del deposito munizioni N. 4;
la lancia tipo Berton andò in frantumi ed un’altra imbarcazione
fu fortemente danneggiata. (Dal rapporto austriaco).
— 30 —
Sud della Capitaneria di Porto. Chiamato radiote-
legraficamente a riunirsi al gruppo, cessò il fuoco
alle ore 5,15 e, rinunciando al bombardamento di
Pesaro, lasciò la costa italiana.
11 fumo, spinto contro la terra dal vento di
N. E., nascondeva Teffetto del tiro, ed il ponte fer­
roviario non fu visto dai puntatori che dovettero
servirsi delle graduazioni degli affusti per la punte­
ria in direzione; gli altri obbiettivi assegnati quali
il gazometro, la stazione ferroviaria, l’acquedotto
e gli stabilimenti industriali non furono individuati.
Il bombardamento ebbe limitatissimo effetto : i due
ponti sebbene colpiti non riportarono avarie tali
da impedire il regolare servizio dei treni, e minimo
fu il danneggiamento del materiale rotabile. Si eb­
bero però varie case lesionate, 1 morto e 7 feriti
nella popolazione civile, e fu gravemente colpito
un soldato di sentinella al ponte 
Bombardamento di Senigallia.
Risultato poco più efficace ebbe il tiro che la
corazzata Zrinyi, scortata dalle torpediniere 4 e 7
I Notizie desunte dal rapporto della capitaneria di porto di
Rimini, e da quello del contrammiraglio Fiedler, comandante la
ilottiglia incrociatori con insegna sul Sankt Georg.
II soldato colpito, Dinanno Nicola di Chieti, nonostante il pe­
ricolo, restò fermo al suo posto di sentinella anche dopo che una
granata, passando a tre metri di distanza, raggiunse il ponte; vi
rimase fino a che, ferito alle gambe ed all’occhio dèstro e rag­
giunto dai compagni, fu condotto all’ospedale.
eseguì con i grossi calibri dalle ore 4 alle 4,30 con­
tro la stazione ferroviaria di Senigallia, contro il
serbatoio dell’acqua e gli impianti portuali del
molo. Il semaforo fu distrutto, e furono danneg­
giati il ponte ed i binari, ma la linea fu riattivata
pocbe ore dopo. All’ inizio del bombardamento
stava per giungere un treno militare che portava
il 135° battaglione di milizia territoriale prove­
niente da Forlì e diretto ad Aquila: fu colpito in
due vagoni, uno dei quali s’ incendiò. Il battaglione
sceso a terra si dispose in ordine sparso nella cam­
pagna; un nucleo di soldati rifugiatosi in una casa
vicina fu raggiunto da una granata, che fece al­
cune vittime. Perirono dodici soldati e tre marinai
della stazione semaforica; ma i danni maggiori fu­
rono sofferti dalla città : 37 furono le case danneg­
giate, alcune delle quali quasi completamente di­
roccate e 5 i morti nella popolazione civile 
Bombardamento di Potenza Picena.
Per completare la narrazione delle operazioni
delle unità nemiche nell’alto Adriatico, dobbiamo
aggiungere che il gruppo C, costituito dalla coraz­
zata Radetzsky e delle torp. 73 e 56, tenne sotto il
fuoco delle sue artiglierie dalle ore 4,37 alle 4,50
il ponte della ferrovia sopra il fiume Potenza, fra
— 31 —
1 Dai rapporti del cornando della legione territoriale dei RR.
Carabinieri. .
— ¿2 —
le stazioni di Porto Recanati e di Potenza Picena
senza riuscire a colpirlo. Furono invece danneg­
giati i parapetti del vicino nuovo ponte in pietra
sulla via provinciale e la strada ferrata, che fu riat­
tivata due ore dopo. Restò distrutta la casa canto­
niera dove perirono una donna con i suoi quattro
figli, e furono feriti due agenti ferroviari.
C a p i t o l o II.
L’ APERTURA DELLE OSTILITÀ SUL MARE :
LE PRIME OPERAZIONI
N E L B A S S O A D R I A T I C O
So m m a r i o :
Crociere italiane di esplorazione nel basso Adriatico. — In­
contro notturno dei c. t. Aquilone e Turbine con unità nemiche. —
Bombardamenti austriaci di Termoli, Campomarino, Torre Mileto,
Tremiti, Vieste, Manfredonia, Barletta. — Sbarco italiano a Pela-
gosa. — Azione navale ed affondamento del Turbine. — Esame
dei risultati del primo giorno di ostilità.
Nel basso Adriatico, così da una parte come
dall’altra, incrociatori e cacciatorpediniere avevano
eseguito crociere di esplorazione nei giorni imme­
diatamente precedenti la dichiarazione di guerra:
gli Austriaci spingendosi da Sebenico fino alle Cur-
zolari ed a Pelagosa, gli Italiani irradiandosi da
Brindisi al canale di Otranto, lungo le coste alba­
nesi e fino verso Cattaro.
L ’ incrociatore Admiral Spaun e i cacciatorpe­
diniere Wildfang, Streiter, Ulan ed llskoke, costi-
3, — La marina italiana, ecc., Voi. II.
— 34 —
tuenti il gruppo H delle forze navali austro-unga­
riche, che durante la giornata del 23 maggio erano
rimasti all’ancora parte a Valle Grande, parte a
Lago Grande di Lagosta, lasciarono la fonda alle
ore 23 per recarsi in esplorazione sulla linea Pe-
lagosa-Lagosta e per agire contro Tremiti e contro
la costa da Torre Mileto a Termoli. L’altro gruppo
G invece, composto dell’ incrociatore Helgoland e
di quattro caccia del tipo Taira, doveva esplorare
sulla linea Pelagosa-Gargano, agendo contro Vieste,
Manfredonia e ¡Barletta.
Nonostante che il numero delle nostre unità ef­
fettivamente dislocate in esplorazione strategica nel
basso Adriatico nel primo giorno di guerra fosse
alquanto inferiore al totale in originale prestabi­
lito, e nonostante la conseguente minore densità di
distribuzione di esse sulla linea di crociera  pur
tuttavia la presenza del nemico a Sud del parallelo
di Vieste venne accertata per l’ avvistamento fat­
1 Dal dispaccio 569 R. P. in data 2 giugno 1915 del comandante
in capo dell’armata al ministero della marina:
« Le istruzioni da me date contemplavano la pronta costitu­
zione di una buona catena di vigilanza avanzata, capace di coprire
Brindisi da un’eventuale sorpresa del nemico. In base agli ordini
ministeriali, dovendo le ostilità aprirsi al mattino del 24 maggio,
le unità di crociera dovevano assumere all’alba i rispettivi posti.
Tutto ordinato e predisposto in tal senso si presentavano improv­
visamente alcune imprescindibili necessità per far fronte alle
quali dovettero essere sostanzialmente cambiati gli ordini già im­
partiti. Tra le esigenze principali cito le seguenti:
« a) la necessità di inviare a Malta i c. t. Indomito (3
— 35 —
tone dalla sezione dei nostri c. t. Aquilone e Tur­
bine solo un’ ora dopo che le ostilità si dovevano
considerare aperte. Benché 1’ incontro notturno
non abbia avuto un immediato seguito d’azione,
ciò non di meno esso valse a provocare, alla suc­
cessiva alba, una ripresa di contatto ch’ ebbe il suo
epilogo in un piccolo combattimento navale.
Fra questi due episodi, che segnano le fasi ini­
ziale e finale del primo atto di guerra nel basso
Adriatico (e che descriveremo ampiamente tra
poco), sono cronologicamente interposti due altri
avvenimenti degni di rilievo : le incursioni cioè già
dette del nemico contro la zona garganica e Bar­
letta (ore 4,30) ed il colpo di mano compiuto da
nostre unità a Pelagosa (ore 5).
Prima però di esaminare particolareggiatamente
queste quattro operazioni di guerra, si ritiene op­
portuno accennare sommariamente ai movimenti
delle altre unità che si trovavano contemporanea­
mente in mare per differenti missioni, giovando
ciò alla coordinazione degli avvenimenti ed a for­
nire una migliore visione complessiva della nostra
per il pilotaggio delle unità alleate che dovevano aggregarsi alla
nostra flotta) e conseguente sottrazione di essi alla linea di crociera ;
« b) ritardato arrivo a Brindisi dei c. t. francesi sui quali
si faceva assegnamento ;
« c) anticipata apertura delle ostilità alla mezzanotte anziché
all’alba del 24 maggio.
« Per far fronte alla nuova situazione di fatto, gran parte degli
ordini e delle disposizioni dovettero subire modifiche.... ».
— 36 —
situazione tattica nel basso Adriatico all’ atto del­
l’ apertura delle ostilità.
Il Bixio, che alle 21h,30 del 23 maggio aveva
raggiunto la zona assegnatagli dalle istruzioni, vi
rimase in crociera sino alle ore 6h,25 del giorno
successivo, quando, avendo intercettato la notizia
che si combatteva sotto la costa pugliese, diresse
a tutta forza verso il luogo dell’azione ove contava
di giungere verso le IO1'. Ma in seguito a ordine
del contrammiraglio Millo, uscito da Brindisi alle
ore 7h col Marsala unitamente al c. t. Nembo ap­
pena pervenutagli la notizia del bombardamento
effettuato dal nemico contro la zona garganica, il
Bixio modificava la sua rotta, per unirsi a lui che
intanto dirigeva a gran velocità verso Nord.
Il Quarto, mentre si trovava nella propria zona
di crociera, aveva ricevuto, alle ore 23 circa, ordine
radiotelegrafico dal comando in capo della 2a squa­
dra (Brindisi) di procedere verso il golfo del Drin
per appoggiare la sezione Animoso, Ardito, Auda­
ce nella missione di proteggere da attacchi di silu­
ranti nemiche i piroscafi e velieri nazionali che si
trovavano a S. Giovanni di Medua. La riunione
fra il Quarto e i caccia avvenne alle ore 4,30. Essi
provvidero a fare allontanare da S. Giovanni di
Medua il piroscafo Aurora, il rimorchiatore Aterno
e i due velieri trovati alla fonda colà; dopo di che
le varie unità diressero per le rispettive zone di
crociera, che poi abbandonarono in seguito all’or­
— 37 —
dine radiotelegrafico di dirigere verso il Gargano
per congiungersi al Marsala, nave ammiraglia.
Nè il gruppo Marsala-Bixio nè il gruppo Quarto
arrivarono in tempo per prendere contatto col ne­
mico che già da tempo era in ritirata su Sebenico.
La sezione c. t. Nullo e Ardente uscì da Brin­
disi alle ore 3 del 24 maggio con l’ incarico di per­
lustrare la costa albanese per la scoperta delle basi
di rifornimento dei sommergibili da S. Giovanni
di Medua a Porto Palermo. Al largo di Capo Ro-
doni diede caccia senza risultato ad un sommergi­
bile nemico avvistato, e più tardi nel golfo del
Drin fu attaccato da due idrovolanti austriaci.
I due c. t. Borea e Esperò (incaricati di rimor­
chiare fin verso il loro punto d’ agguato intorno a
Cattaro i sommergibili Nereide e Velella) rientra­
rono a Brindisi rispettivamente alle 6h,30 e alle
7h,55. Il primo dei due caccia riferì di aver dovuto
mollare il rimorchio a 30 miglia da Cattaro in se­
guito ad avvistamento di luci sospette, e che sulla
via del ritorno fu inseguito da una squadriglia di
4 siluranti non identificate1. L 'Esperò uscì nuo­
vamente dal porto alle ore 10,30 unitamente alla
Città di Palermo, inviata (come già era stato di­
sposto per la Città di Messina uscita alle 9h,30) in
crociera di vigilanza verso Cattaro in sostituzione
>
1 Non risulta nulla al riguardo di questo incontro dai docu­
menti austriaci.
— 38 —
degli esploratori Quarto e Bixìo che avevano diretto
verso il Gargano.
I sommergibili al ritorno dalla missione riferi­
rono che non vi era stato traffico di unità per le
Bocche di Cattaro all’ infuori di tre torpediniere
uscite alle 13b,30 del 24 maggio.
Da ultimo giova ricordare che, in seguito alla
notizia pervenuta dall’alto Adriatico della presenza
davanti ad Ancona del grosso della flotta nemica, e
nella previsione che questa scendesse a Sud, il co­
mando in capo dell’ armata alle 6h,35 ordinò a tutte
le navi maggiori presemi a Taranto e a Brindisi
di prepararsi a partire. La 5* divisione (Garibaldi,
barese, Ferruccio, Vettor Pisani) uscì effettiva­
mente da Brindisi alle ore 8 con l’ ordine di recarsi
ad incontrare sul parallelo di S. Maria di Leuca,
a 20 miglia dal fanale, il grosso della flotta che
sarebbe uscita da Taranto alle 9h,30. La 61 divi­
sione (Brin, Margherita) era in procinto di uscire
a sua volta, quando giunse da Taranto l’ordine di
sospendere la partenza e di richiamare in porto
la 54 divisione, a motivo della notizia ricevuta dal
capo dell’armata che la flotta nemica era in rotta
per tomarei alle sue basi.
— 39 —
Incontro notturno fra la sezione c. t. «Aqui­
lone » e « Turbine » e la squadriglia dei c. t.
« Csepel, Tatra, Orjen e Lika ».
La sezione dei due vecchi c. t. Aquilone (c. c.
Elmi Feoli) e Turbine (c. c. L. Bianchi), uscita da
Brindisi alle ore 16 del giorno 23 per perlustrare
la costa fino a Manfredonia, aveva navigato fino
alla mezzanotte parallelamente alla costa pugliese
incontrando un solo piroscafo, 1’ italiano Audace,
noleggiato dal nostro governo. Soltanto ad l h del
24, mentre la sezione dirigeva per il rombo 25°
per costeggiare la penisola garganica, il Turbine
avvistò di prora a dritta uno scafo che navigava a
piccolo moto verso 0 S 0 , e poco dopo due altre
unità che nell’ oscurità furono ritenute essere due
grossi cacciatorpediniere Il dubbio che nono­
stante il luogo dell’ incontro e la direzione di pro­
venienza si trattasse di navi amiche, avvalorato dal
1 Mentre i due c. t. italiani manovravano, l ’unità prima avvi­
stata navigava a piccola velocità: accese per qualche istante i fa­
nali di via verde e bianco, ripetè l’accensione quando l’Aquilone
fece il segnale di riconoscimento, e rispose a questo chiamando
con un fanaletto da combattimento. L’Aquilone nel rintracciarla
nuovamente dopo averla perduta di vista una prima volta, si vide
avvicinare da altri due scafi che giudicò essere due c. t. Davanti
a forze superiori prese caccia: volendo però uscire dal dubbio
dell’ identificazione, accese per un istante il proiettore alla luce
— 40 —
contegno passivo delle unità avvistate, di cui era
evidente la superiorità, fece insistere i nostri cac­
ciatorpediniere nei tentativi di riconoscimento.
'Passò cosi il momento utile per il lancio di siluri
ed i due gruppi si perdettero di vista. Dall’ incon­
tro derivò però la separazione dei nostri due cac­
ciatorpediniere, che fece trovare la mattina se­
guente il Turbine isolato, allorché fu attaccato da
forze soverchiami.
Bombardamento di Termoli, di Campomarino
e dei semafori di Torre Mileto e Tremiti.
Come i gruppi nemici nell’alto Adriatico, così
quelli operanti nel basso si erano diviso il compito
di bombardare alcuni punti costieri. L’’Admiral
Spaun alle ore 4,10 tirò per circa dieci minuti
contro il ponte della ferrovia sul torrente Sinarca,
fra Montenero e Termoli, demolendo parte del pa-
del quale credette riconoscere una nave del tipo Ad. Spaun. Non
riuscì peraltro ad eliminare il dubbio preesistente che le circo­
stanze gli avevano fatto nascere: che potesse cioè trattarsi di
unità italiane tanto più che i due scafi più piccoli avvistati non
inseguirono. Nessun cenno di quest’ incontro è stato trovato nei
rapporti austriaci; è molto probabile che si trattasse di unità del
gruppo Helgoland, che più o meno alla stessa ora dovevano tro­
varsi in quei paraggi, e precisamente di questo incrociatore le
di due caccia; e che non abbiano aperto il fuoco, scambiando i
cacciatorpediniere italiani per gli altri due caccia del loro gruppo.
rapetto, e colpendo il muro frontale, gli archi e
le pile senza peraltro interrompere la circolazione
dei treni, che continuò a velocità ridotta. Successi­
vamente bombardò la stazione di Termoli danneg­
giandone due magazzini, il ponte sul fiume IBiferno
presso Campomarino senza colpirlo, ed un treno
merci che riportò poco danno nella locomotiva e
nel bagagliaio. Alle ore 5 lo Spaun faceva rotta per
Tremiti per unirsi al c. t. IVildfang, il quale, dopo
aver diretto all’ alba per circa mezz’ora insieme al
c. t. Uskoke un tiro poco efficace contro il sema­
foro dell’ isola di Tremiti, aveva avuto un’ avaria
al timone. Contemporaneamente il c. t. Streiter 1
sparava 70 colpi sul semaforo di Torre Mileto in­
fliggendo danni di lieve entità. Nessuna delle silu­
ranti riuscì a trovare l’ approdo dei cavi telegrafici.
Bombardamento di Vieste, Manfredonia
e Barletta.
Per completare il racconto delle operazioni ne­
miche contro la nostra costa, dobbiamo ricordare
ancora il tiro eseguito a distanza di circa 800 m.
dal c. t. Lika del gruppo G coi cannoni da 100 mm.
contro il semaforo di Vieste. Battuto durante venti
minuti consecutivi, questo fu in parte diroccato,
— 41 —
1 II c. t. Ulan, pure dello steslso gruppo H, non prese parte
a nessuna azione a causa di un’avaria dell’apparato motore.
— 42 —
ma il personale che lo presidiava non fu colpito;
potè mettere in salvo, e trasferire nella stazione di
vedetta di rifugio il materiale di segnalazione, e
riprendere poi l’ esercizio del posto semaforico dopo
che il nemico si fu allontanato.
Gli altri due cacciatorpediniere del gruppo G,
lo Csepel cioè ed il Taira, portatisi davanti a Man­
fredonia cagionarono danni ai fabbricati ed al ma­
teriale rotabile della ferrovia, tirando da breve di­
stanza per una buona mezz’ora sulla stazione e sul
deposito delle locomotive x.
Infine l’ incrociatore Helgoland, capo dello stes­
so gruppo G, lasciato al largo in vigilanza il c. t.
Orien, si avvicinava a Barletta mentre imperver­
savano forti raffiche di pioggia e, giunto a 700 m.
dalla testata della diga meridionale, apriva il fuoco
dopo le ore 4, coi cannoni poppieri: ma, non di­
scernendo nella foschia nè la stazione ferroviaria
nè i depositi di combustibili, limitava la sua opera
distruttiva ad alcuni vagoni giacenti sui binari di
smistamento.
1 Hans Sokol nella Guerra marittima dell’Austria-Ungheria,
1914-1918, opera scrìtta su documenti dell’archivio di guerra della
marina austro-ungarica, dice che un battello locale avvicinatosi
allo Csepel, dette volentieri le indicazioni richiestegli sull'ubica­
zione della stazione. Ciò non deve far meraviglia in quanto che
le navi austriache a bordo delle quali sì parlava correntemente
l’ italiano, potevano facilmente essere scambiate per navi nazio­
nali alla scarsa luce della prima alba. Le navi austriache alzarono
la bandiera soltanto all’ inizio del tiro.
Sbarco italiano nell’ isola di Pelagosa.
Secondo gli ordini di operazione già ricordati,
la R. N. Libia, accompagnata dall’ incrociatore au­
siliario Città di Siracusa, avrebbe dovuto con un
un rapido colpo di mano catturare il presidio del
faro e della stazione di vedetta di Pelagosa, e di­
struggere il poco materiale militare eventualmente
esistente  Avendo perciò atterrato alle ore 5, fu
subito inviato a terra un reparto da sbarco di 42
uomini, comprendente anche una sezione ridotta
del parco minatori. La configurazione rupestre del-
P isola, di natura calcarea, con le sue anfrattuosità
difficilmente praticabili, offriva il modo a chi fosse
pratico dei luoghi di trovare rifugio sicuro e na­
scosto per un numero limitato di persone; sarebbe
stata necessaria per scovarli una lunga ricerca si­
stematica, che i nostri marinai non ebbero tempo
di fare. Sbarcati, si divisero in due squadre e per­
lustrarono l’ isola fino alle 8h20, ora in cui dovet­
tero tornare a bordo, senza aver incontrato nè mi­
litari, nè alcuno dei pochissimi abitatori dell’ isola.
Questa apparve essere del tutto indifesa ed il ri­
sultato dello sbarco fu nullo.
1 Un’azione simile a Pelagosa con risultati pressoché uguali
era stata fatta anche l’anno precèdente, il 19 settembre, dall’ in­
crociatore francese Ernest Renan. Il nostro colpo di mano voleva
però preludere all’occupazione dell’ isola in un secondo tempo,
per fame, come vedremo in seguito, un posto di vedetta avanzato.
— 44 —
Azione navale nel basso Adriatico.
Mentre 1’ Helgoland dopo le 4h, come abbiamo
detto, iniziava il fuoco contro Barletta, si avvici­
navano da rombi poco diversi i c. t. Aquilorw e
Turbine che, separati dal dubbioso incontro not­
turno, avevano navigato isolatamente durante il re­
sto della notte dandosi convegno all’ alba presso
quel porto. L’avvistamento da una parte e dall’ al­
tra avveniva quasi simultaneamente alle ore 4,15
circa.
L’Aquilone, accortosi di aver di fronte una
unità più potente e non avendo veduto il Turbine ’ ,
prendeva subito caccia correndo verso scirocco pa­
rallelamente alla costa, e 1’ Helgoland, che aveva
appena cominciato a sparare contro l’ obbiettivo
terrestre a distanza di 4.000 m. (6.000 secondo il
rapporto dell’ Helgoland), rivolse contro di lui il
tiro di una parte dei suoi cannoni. L'Aquilone ri­
spose, ma la distanza, che era prima diminuita,
andò poi rapidamente aumentando oltre i limiti
del contatto balistico, sicché il fuoco di nessuno
dei due contendenti fu efficace 2.
1 Nessuno dei due c. t. italiani avvistò l’altro, pur sapendo,
per il punto di riunione datosi, di non dover essere lontani.
2 Secondo il rapporto delVAquilone la distanza sarebbe dimi­
nuita fino a 2500 m. mentre secondo l'Helgoland essa sarebbe
stata sempre molto maggiore. Fra i rapporti dei comandanti così
austriaci come italiani vi sono talvolta discrepanze nel riferire di-
— 45 —
Cessato allora il tiro contro VAquilone e scorto
l’altro caccia, l’ Helgoland diresse contro questo
le sue artiglierie. Dal rapporto del comandante del
Turbine, a cominciare dall’ avvistamento, ripor­
tiamo quanto segue :
« ....Scorsi nella bruma verso S. E. una nave
che si presentava di prora sicché mi era impossi­
bile identificarla precisamente, ma che potei su­
bito riconoscere del tipo esploratore. Per quanto
fossi fiducioso che fosse una delle nostre navi tipo
Marsala, 1’ incontro della quale mettevo in rela­
zione con quanto mi era occorso nella notte, feci
chiamare a posto di combattimento generale e feci
avvertire le macchine di star pronti a muovere alla
massima velocità, pur continuando a procedere a
18 miglia. Poco dopo, mentre la nave avvistata
distava da me circa 9000 metri, essa accostò sulla
sua dritta, presentandomi cosi il suo fianco sinistro
dal quale vidi distintamente partire una salva che
andò ad esplodere a terra.
« Riconobbi allora un esploratore austro-unga­
rico tipo Admiral Spaun (1’ Helgoland) e non pen­
sando all’ ordine avuto di evitare di impegnarmi
contro forze superiori, ma cedendo solo all’ im­
pulso dell’ indignazione provocata nell’ animo mio
dal veder bombardare una nostra città indifesa,
stanze e movimenti, che rendono difficile la precisa ricostruzione
della manovra. Ci siamo attenuti alla versione che dalla succes­
sione degli avvenimenti appare la più attendibile.
— 46 —
ordinai alle macchine di mettere a tutta forza e
diressi contro l’esploratore nemico. Avevo già dato
ordine ai pezzi di caricare e di star pronti a far
fuoco alla distanza di 7000 metri che stavo quasi
per raggiungere, quando pensai che mi sarebbe
stato più vantaggioso attaccare col siluro, e perciò
sospesi l’ordine di far fuoco lasciando però i pezzi
carichi. Dopo due o tre salve contro la città di Bar­
letta, l’ Helgoland aprì il fuoco anche sulla sua
dritta verso il largo, sicché pensai che VAquilone
si fosse impegnato, perchè in base al suo radiote­
legramma («punto di riunione Barletta») in
quelle vicinanze doveva trovarsi, e da ciò presi
maggior fiducia nella riuscita dell’attacco che spe­
ravo di poter portare a fondo. Quasi subito però
1’ Helgoland cessò il fuoco da ambo i lati, e puntò
decisamente contro di me, cercando di cacciarmi
contro la costa. Vidi allora ben dubbia la riuscita
di un lancio di controbordo eseguito con velocità
relativa di 60 miglia, a meno di cacciarmi sotto
a distanze talmente ristrette da ammettere come
probabilissimi serii danni al Turbine. Di più nelle
circostanze nelle quali mi trovavo, sembravami di
aver raggiunto due scopi importanti, cioè quello
di impedire il bombardamento della città e quello
di disimpegnare VAquilone; perciò parvemi dove­
roso di attenermi all’ordine di non impegnarmi
contro forze superiori senza avere probabilità di
riuscita; accostai pertanto sulla mia sinistra pren­
dendo caccia rispetto all’ Helgoland.
«Dopo l’accostata mi trovai a poco meno di
6000 metri da esso che muoveva contro di me a
tutta forza. Ero pronto a rispondere al fuoco ap­
pena fosse stato iniziato dal nemico, il quale credo
thè non lo abbia aperto perchè disturbato un po’
dal fumo che feci fare e perchè forse sperava di
poter riuscire a serrare le distanze col Turbine.
(Ben presto potei guadagnare in modo sensibile
sulla distanza ed allora feci diminuire l’ andatura
a quella con due caldaie, ciò per risparmio di com-
buftibile e di usura degli organi delle macchine
e perchè avevo visto che potevo mantenere 1’ Hel­
goland sotto un angolo di traguardo di 165° sulla
dritta senza perderlo nella distanza ».
Frattanto da ambo le parti s’ informavano del-
1’ incontro i rispettivi capi e le altre unità in mare :
1’ Helgoland ordinava con radiotelegramma la riu­
nione ai quattro caccia del suo gruppo, che non
dovevano essere lontani, indicando la sua posi­
zione delle ore 5,15  ed avvertiva nello stesso
tempo YAdm. Spaun; il Turbine segnalava di es­
sere impegnato coll’ incrociatore avversario, senza
peraltro ottenere risposta 2. Sperava intanto di riu­
scire a portare il nemico verso la linea di crociera
dei nostri incrociatori, prendendo una rotta pie­
gata a levante più che fosse possibile.
1 13 miglia a S. E. di Vieste, vel. 28 m,g., rotta 60°.
2 La notizia fu raccolta dal Quarto e dalla Libia, e da Brindisi
uscì il Marsala (amm. Millo) con altre unità.
— 48 —
« Schiarito il cielo di prua — continua il rap­
porto del comandante del Turbine — vidi che cor­
revo sul Gargano a metà quasi del promontorio,
sicché mi si manifestò la necessità di governare con
un angolo di traguardo sull’ Helgoland più ristret­
to, angolo che per di più conveniva anche per po­
tere, dirò così, pilotare VHelgoland in un punto
tale della linea dei nostri esploratori, il più pros­
simo possibile al gruppo centrale, mentre tenevo
presente la necessità di allontanarlo da Pelagosa,
contro la quale sapevo essere andata la Libia ed
uno degli incrociatori ausiliari, navi che data la
loro velocità non avrebbero potuto impegnare VHel­
goland. Per quanto sopra, feci spingere le mac­
chine alla massima potenza con tutte e tre le cal­
daie in azione e cercai di mantenere la rotta più
a levante che mi era possibile senza avvicinarmi
a meno di 7000 inetri dall’ Helgoland. Tentavo sem­
pre di mettermi in comunicazione r. t. con qual­
cuna delle nostre unità sperando di poter far con­
centrare forze abbondanti, tali da poter avere com­
pleta ragione dell’ Helgoland.
« Circa le ore 5,30 poco a pruavia del mio tra­
verso a sinistra, in vicinanza del Gargano scorsi
due fumi, e ben presto due scafi che muovevano
ad alta velocità verso di me. Per quanto non fosse
possibile in modo alcuno individuare i nuovi arri­
vati, pure li sospettai avversari e compresi la ma­
novra precedentemente fatta dall’ Helgoland e la
necessità in cui mi trovavo di dover accettare com­
— 49 —
battimento contro forze eccessivamente superiori
e preponderanti; ma speravo ancora di avere con­
tro dei c. t. tipo Huszar e fidavo pienamente nel­
l’ arrivo dei nostri che ritenevo sicuro, se non per
le chiamate r. t., almeno per il rombo del cannone
che non poteva tardare a farsi sentire, tanto più
che io velocemente mi avvicinavo alle loro posi­
zioni.
« Ben presto ebbi a sospettare che le due nuove
unità avvistate fossero c. t. austriaci del tipo Taira,
e ben conscio di dovermi allontanare da essi che
avrebbero dovuto avere su di me sensibile supe­
riorità di velocità, non esitai a governare suWHel-
goland con un angolo di traguardo a 10° soli a pop­
pavia del traverso.
«A lle 5h,45 mi trovavo a passare in vici­
nanza di Vieste, a poco più di un miglio da terra
con rotta circa per N, inseguito da due c. t. tipo
Taira 1 che avevo perfettamente riconosciuto e dei
quali uno era a 5400 metri di poppa poco a sini­
stra, l’altro a circa 6000 metri di poppa pochissimo
a dritta ed infine avevo, quasi al traverso a dritta,
a circa 7000 metri VHelgoland.
« Per quanto ritenessi la distanza dal c. t. più
prossimo già conveniente per il tiro, pure diedi or­
dine di non aprire il fuoco sino a che non lo ini­
ziasse il nemico; ciò perchè, essendo armato con
cannoni di piccolo calibro inferiori in potenza, mi
1 Csepel e Taira.
4. — La marina italiana, ecc., Voi. II.
— 50 —
conveniva iniziare il combattimento a distanze più
ravvicinate, e poi perchè, fiducioso di poter pro­
trarre a lungo il combattimento, s’ imponeva l’eco­
nomia di munizioni.
etAlle 5h48, alla distanza di metri 5300, lo
Csepel aprì il fuoco contro il Turbine con tutti i
pezzi del iato dritto; il Turbine subito rispondeva
col pezzo di poppa e con quello del centro a sini­
stra, non potendo, per deficienza del campo del
tiro, far fuoco col pezzo del ponte di comando,
mentre doveva tenere una rotta obbligata a causa
della sua particolare situazione rispetto al nemico.
Dopo il primo colpo dello Csepel e la prima rispo­
sta del Turbine, il Tatra e l’Helgoland comincia­
rono anch’essi ad aprire il fuoco. Stavano dunque
contro i due pezzi da 76 mm. del Turbine : 6 pezzi
da 66 mm. (3 del Tatra, 3 dello Csepel) 10 pezzi da
110 mm. (6 deìVHelgoland, 2 dello Csepel e 2 del
Tatra). La lotta era ben dispari, ma nè io nè il mio
equipaggio disperavamo di poterne uscire con ono­
re 1 ed anche con fortuna, anzi ci sosteneva viva la
speranza di poter riuscire a portare il nemico in
mezzo ai nostri e di fare così invertire le sorti della
lotta.
« Il tiro del nemico era ben nutrito ma poco
1 Si legge nei rapporti austriaci: « I l c. t. nemico rispose su­
bito al fuoco dei nostri c. t. » (Rapp. Helgoland). « I proiettili ne­
mici cadevano nelle nostre vicinanze ed uno di essi cadde rasente
la prua sollevando una colonna d’acqua che bagnò la plancia *>
(Rapp. Csepel).
— 51 —
centrato, ed il Turbine, circondalo da granate che
scoppiavano a mare a lui vicine e vicinissime, pro­
cedeva illeso, mentre sia per la velocità raggiunta ‘,
sia per le costanti leggere accostate a dritta non su­
bito percettibili del nemico riusciva, se non a man­
tenere la distanza, almeno a farla variare così len­
tamente da poter sperare di prolungare la lotta per
molto tempo.
« Purtroppo le forti vibrazioni dello scafo non
permettevano al Turbine un tiro molto esatto e,
per di più, sia per una particolare luce, sia a causa
delle granate nemiche che scoppiavano sotto il
bordo, era ben difficile riconoscere i punti di ca­
duta dei nostri proiettili; tuttavia le poche volte in
cui potei scorgerli, parvemi che il nostro tiro fosse
buono e perciò fondai speranze su qualche colpo
fortunato. Ben presto a bordo si ebbero dei fe­
riti: a me daccanto una scheggia di granata lace­
rava il polpaccio (mi sembra della gamba destra),
al marinaio Campo Mariano, caricatore del pezzo
sul ponte di comando; altra scheggia di granata
colpiva al braccio destro il marinaio Molfino, e
gli asportava nettamente la mano a mezzo avam­
braccio; altri feriti erano in coperta, tra i quali il
sotto capo cannoniere Elia con un fianco ed una
1 II Turbine raggiunse durante 1’ inseguimento la velocità di
quasi 30 miglia orarie, ciò che, data la sua età, e in considera­
zione delle sue macchine alternative, rappresentava un risultato ap­
prezzabilissimo.
— 52 —
coscia squarciati e ¡1 fuochista S. A. Rametta ch’ era
stato colpito da una scheggia di granata alla schie­
na. Però a bordo tutto continuava a procedere re­
golarmente; il personale disimpegnava il proprio
servizio come se si trattasse di una esercitazione in
gara con altre unità; anche i feriti diedero prova di
coraggio e di forza d’animo nel vincere il dolore.
« Tutti gli organi importanti della nave fun­
zionavano e se si eccettua l’asportazione dei con­
tagiri sul ponte di comando e qualche portello e
manicavento rotto e contorto da scheggie di gra­
nate, non si aveva da lamentare nessun’ altra avaria.
« Dopo circa mezz’ ora di combattimento che ri­
sultava ancora completamente indeciso nei risul­
tati, fui investito da un piovasco. Sperai di avere
da questa circostanza un qualche vantaggio e cioè
di poterne profittare per distanziarmi dai c. t. ne­
mici con un’ accostata decisa verso levante, per la
quale mi sarei avvicinato all’ Helgoland quasi di
sorpresa, e cioè in condizione vantaggiosa per non
subirne troppo l’offesa e forse anche favorevole ad
un lancio di siluri. Purtroppo il piovasco ebbe lie­
ve intensità e brevissima durata sicché non solo
non mi occultò per nulla alla vista del nemico, ma
nemmeno mi tenne per qualche istante a lui offu­
scato. Riuscì però forse a disturbare il tiro inquan-
tochè il nemico stesso prendeva l’acqua in faccia.
Durante il piovasco fui colpito lievemente alla te­
sta da una scheggia di granata, per cui ebbi un lie­
vissimo e breve stordimento che però non m’ im­
— 53 —
pedi in nulla di continuare, con piena coscienza,
nella direzione del mio c. t.
« Dolorosamente fin dal principio del combat­
timento si manifestò qualche inconveniente ai pez­
zi : particolarmente difficoltà di estrazione dei bos­
soli per cui ne derivava un tiro lento. Più grave
apparve la difficoltà di puntare causata dall’offu-
scamento del cannocchiale dovuto alle proiezioni
d’ acqua, sia nell’oculare sia nell’obbiettivo, deri­
vanti dallo scoppio delle granate nemiche attorno
al Turbine. Se dalla parte dell’ obbiettivo si po­
teva togliere l’acqua abbastanza facilmente, non
cosi era per l’oculare il cui prosciugamento richie­
deva spesso di togliere il cannocchiale dal suo so­
stegno; e non di rado appena finito tale lavoro bi­
sognava ricominciarlo.
« L'equipaggio lavorava serenamente nonostan­
te la pioggia di granate nemiche che sempre era
incessante ed intensa.
« Osservai che in massima parte il tiro dello
Csepel cadeva poco a pruavia del Turbine od al­
l’ altezza della macchina, e per lungo tempo, quasi
costantemente, si raggiungeva con la prua il punto
di scoppio di una o due granate contemporanea­
mente, sicché sul ponte di comando si era bagnati
dallo spruzzo d’ acqua sollevato. Il tiro del Tatra
cadeva invece quasi sempre sulla poppa del Tur­
bine; VHelgoland sparava male e le sue salve ra­
ramente cadevano in vicinanza nostra, ma quasi
sempre dai 50 ai 100 m. a pruavia lungo la rotta
— 54 —
del Turbine. Per il tiro del Tatra e dello Csepel
cominciai a temere di poter essere preso in pieno
da qualche salva ben centrata, e siccome parvemi
che il tiro dello Csepel si presentasse come il più
pericoloso, detti ordine di diminuire la velocità;
a causa della rottura dei telegrafi l’ ordine non fu
potuto trasmettere in macchina. Vista quest’ avaria,
temendo poi di non poter più essere padrone delle
macchine in modo rapido e non ritenendo la di­
minuzione di velocità assolutamente indispensa­
bile, vi rinunciai sebbene a malincuore perchè da
essa mi promettevo, facendolo di sorpresa, non
solo di disturbare il centramento del tiro nemico
ma la possibilità di fare alcuni colpi con piatta­
forma meno traballante di quella che si era avuta
fino ad allora.
«Circa le ore 5,30 il nemico cessò il fuoco; lo
feci cessare anch’ io per profittare della sosta per
mettere in ordine i pezzi, particolarmente i can­
nocchiali ed anche per una giusta economia di mu­
nizioni, che, dato il protrarsi della lotta, il con­
sumo che se ne era già fatto e le speranze che io
nutriva, mi appariva più che necessaria. In base a
questo concetto e alla distanza di 6500 ai 7000 me­
tri daVHelgoland non avevo mai utilizzato i pezzi
di dritta e della plancia, che erano inoperosi con­
tro di esso.
« Poco dopo cessato il fuoco ebbi anche la spe­
ranza di essere sfuggito al nemico e di avere ben
presto soccorsi, perchè avevo scorto un fumo che,
♦
proveniente da NNE, si avvicinava a me rapi­
damente. Cercai perciò per quanto mi era possi­
bile, di dirigere verso detto fumo.
« Trascorsi circa 10 minuti di sosta, i c. t., dei
quali lo Csepel si era avvicinato a 4.600 m. mentre
il Taira era oltre i 5.000 m., ripresero il fuoco al
quale feci prontamente rispondere. Non mi era
possibile, neanche lontanamente, stabilire se la na­
ve o silurante che si avvicinava era amica o nemica,
perchè si presentava di prora, ma benché sperassi
fosse italiana e questa mia speranza avesse un certo
fondamento per la direzione dalla quale proveni­
va, cioè dalla zona che avrebbe dovuto occupare il
nostro esploratore centrale , pure avvisai alla pos­
sibilità che l’ unità fosse nemica, e prevedendo che
non l’ avrei potuta riconoscere che relativamente
vicino, ordinai che il pezzo del ponte di comando e
quello del centro a dritta, sino allora inoperosi o
quasi, fossero pronti al bisogno contro il nuovo
venuto. Sino allora le sorti del combattimento mi
lasciavano bene sperare.
«A lle ore 6,10 circa l’ unità che sopraggiunge­
va, a distanza di m 6.500 accostò a sinistra presen­
tandomi il fianco dritto e mi si manifestò quale
un c. t. Tatra2. Feci aprire subito il fuoco contro di
esso. Detto c. t.... continuò l’ accostata senza far
— 55 —
1 R. N. Bixio.
* Era il Lika a cui VHelgoland aveva ordinato di tagliare la
rotta al c. t. italiano.
»
fuoco sino ad avere una rotta un po’ convergente e
nella stessa direzione della mia risultando a circa
10° a poppavia del mio traverso a dritta. Quando
fu a circa 4500 metri aprì il fuoco centrandolo
quasi subito tanto da mettere un colpo nella caldaia
di poppa, sicché si ebbe una violentissima esplo­
sione con forte fuoruscita di vapore.
« Per fortuna era possibile intercettare la cal­
daia avariata e poter riprendere la corsa con ve­
locità abbastanza buona inquantochè il tubo prin­
cipale di vapore pareva in buone condizioni; ma
ancor prima di poter provvedere a ciò e quasi su­
bito dopo il primo colpo, un’ altro raggiungeva la
caldaia di prora; sicché avveniva una nuova violen­
tissima esplosione della caldaia e probabilmente an­
che del riscaldatore della nafta. Questa seconda
esplosione raggiunse il ponte di comando; il va­
pore m’ investì, mi sollevò e mi sbattè sul ponte
stesso, restando il colpo attutito, perchè prima di
me e sotto di me era caduto il capo timoniere. A
tutta prima non compresi che cosa fosse successo, e
ritenni che fosse scoppiata una granata nemica
presso di me. Rialzandomi in piedi vidi una gran
nuvola di vapore. Poi dolorosamente mi accorsi che
il cacciatorpediniere aveva le macchine ferme e che
avanzava ancora per abbrivo. Vidi i due pezzi
presso le caldaie avariati nei congegni di mira, vidi
in coperta due marinai che si dibattevano sul pon­
te, forse feriti od ustionati. Il direttore di macchina
venne a dirmi che non aveva più vapore, mentre
— 56 —
— 57 —
il comandante in 21 m’ informava che anche il
pezzo di poppa era in cattive condizioni perchè il
cannocchiale era inservibile. Ordinai allora di apri­
re tutte le prese d’ acqua e di affondare il c. t. ; or­
dinai quindi al comandante in 2a di far regolare i
siluri a 2 metri e di predisporre i siluri al lancio a
45° a poppavia del traverso a dritta ed a sinistra,
nella speranza di poter ancora eseguire un lancio
contro qualche c. t. austriaco, che si fosse avvici­
nato. Il pezzo di prora intanto, che era l’unico
ancora servibile, dopo aver continuato a sparare
contro il Lika che era passato molto a ¡pruavia, do­
vette cessare il fuoco causa l’ incaglio di un bos­
solo. L’ equipaggio lavorava per eseguire i miei or­
dini indifferente alla pioggia di granate che con­
tinuava incessante.
(( Il comandante in 2a, il direttore di macchina
ed il capo timoniere in modo sereno ed esemplare
infondevano in tutti energia col loro esempio.
« I c. t. nemici che erano di poppa, visto il
Turbine fermo, si fermarono anch’ essi, tenendosi a
circa 2.000 metri in un settore di 20° circa da pop­
pa a dritta ed a sinistra; il Lika con ampio giro
andava a prendere posizione in vicinanza degli altri
due c. t. e così pure faceva YHelgoland.
«Il Taira e lo Csepel sparavano intensamente e
il loro tiro, data 1’ immobilità del bersaglio, di­
ventava sempre più centrato; qualche colpo spara­
vano anche il Lika e YHelgoland. Il Turbine fu
raggiunto due o tre volte, ed un colpo entrato in
58 —
macchina vi uccideva due fuochisti (Credo A. Di
Benedetto e Rapallo), ed obbligava per il gas del­
l’esplosione a salire in coperta il capo meccanico
di 2a classe Botta ed il direttore di macchina, il
quale ultimo restava quasi asfissiato e per qualche
po’ fuori di sensi presso il boccaporto delle mac­
chine.
« Il comandante in 2a venne a riferirmi che era
impossibile brandeggiare i tubi di lancio perchè
sia per l’esplosione delle granate nemiche, sia
per l’ esplosione delle caldaie, il ponte era de­
formato e i tubi stessi erano come incastrati sulle
circolari nella posizione in cui erano stati messi la
sera precedente, e cioè a 35° in caccia uno a dritta
e l’ altro a sinistra. Ordinai allora a tutto il perso­
nale di cingere la cintura di salvataggio, poi chia­
mai tutto l’ equipaggio e da tutti ripetutamente si
alzò il grido di: Viva T Italia! Viva il Re! e vi fu
anche il grido di : Viva il Turbine!
« Le condizioni erano disperate ; anche gli ul­
timi tentativi di riattivare il pezzo di poppa erano
andati falliti.
« II nemico che sparava sempre, fortunatamente
poco bene, continuò il fuoco ancora per 3 o 4 mi­
nuti, avvicinandosi sempre a piccolo moto.
«L o Csepel ed il Tatra arrivati a circa 1.000
metri di poppa si fermarono, il primo a sinistra,
il secondo a dritta. Entrambi i comandanti ordi­
— 59 —
narono di cacciarci tulli in mare, se 110 avrebbero
aperto il fuoco. Per risparmiare un macello, or­
mai inutile, di gente, ordinai all’equipaggio di cac­
ciarsi in mare, e con orgoglio posso dire che non
pochi volevano rimanere a bordo e che dovetti loro
imporre di abbandonare la nave. Ordinai al capo
timoniere di ammainare il battello, di imbarcarvi i
feriti gravi e di portarli sopra uno dei c. t. nemici.
Fatto ciò scesi nel mio alloggio per provvedere al­
l’ affondamento dell’ archivio riservatissimo già pre­
viamente preparato allo scopo, ma trovai tutto
sconquassato dallo scoppio di una granata in modo
che non era possibile ricuperare cosa alcuna ; di più
dai rottami usciva un puzzo di bruciato ed un leg­
gero fumo. Cercai di ritrovare dei documenti, ma
mi fu impossibile, sicché tornai in coperta; quivi
vidi che erano ancora a bordo il comandante in 2%
il direttore di macchina e due o tre marinai, fra i
quali il marinaio Giacobbe. Il comandante in 2a ed
il marinaio Giacobbe scesero nel mio alloggio per
vedere di ricuperare quanto era possibile. Intanto
dallo Csepel e dal Tatra veniva sempre più peren­
torio l’ ordine di abbandonare la nave, ed io obbli­
gai tutti i rimanenti ad andare a mare e molto do­
vetti insistere col direttore di macchina. Intanto ve­
devo che parte dell’ equipagggio era ancora in acqua
e parte era già stato ricuperato dai c. t. austriaci
che, grazie a Dio, non avevano messa alcuna imbar­
cazione in mare. Ritornati in coperta il marinaio
Giacobbe e poi il comandante in 2*, e saputo da
— 60 —
loro F inutilità dei loro sforzi per ricuperare le
parti di archivio nello sfacelo del mio alloggio, or­
dinai loro di cacciarsi in mare, ma il tenente di
vascello sig. Ferrari voleva restare con me, e solo
quando gli promisi che lo avrei subito seguito in
acqua si decise ad ottemperare al mio ordine.
« Rimasto solo a bordo cominciai a visitare i
locali interni a partire da poppa. Il Turbine era
sensibilmente sbandato sulla sinistra, circa 10°.
Nell’ alloggio di poppa dei cannonieri e torpedi­
nieri l’acqua era oltre mezzo metro sopra il pon­
te, similmente era nel locale per l’ alloggio dei sot­
tufficiali meccanici. Nell’ alloggio ufficiali comin­
ciava ad entrare acqua dalle serrette del locale
sottostante per il passaggio degli assi delle eliche.
Nel locale della dinamo vi era poca acqua; in mac­
china l’ acqua sorpassava il pagliolo dal lato dritto,
mentre a sinistra ve n’ era più di mezzo metro.
(( Giacevano quivi i cadaveri di due marinai che
non potei bene identificare, ma che, come dissi,
erano forse i fuochisti A. Di Benedetto e Rapallo.
Nei locali delle caldaie non mi fu possibile di en­
trare a causa del rovinio e della devastazione dei
boccaporti di accesso, e solo a stento nel locale
poppiero delle caldaie potei gettare uno sguardo
attraverso il manicavento del ventilatore che era
tutto sconquassato, ma non potei distinguere nulla
per l’ oscurità. Sceso nel locale di alloggio dei ma­
rinai a prora a sinistra trovai che vi era poca acqua
sul lato sinistro e molti sacchi e brande sul ponte.
— 61 —
Salito in coperta trovai il capo timoniere che mi ri­
ferì ch’ egli non si allontanava sino a che non fossi
andato con lui e coi feriti nel battello; gli ordinai
ancora di allontanarsi dicendo che avevo ancora
da fare e mi diressi sul ponte di comando. Sorve­
gliavo che gli austriaci non mettessero a mare al­
cuna imbarcazione perchè desideravo non salissero
a bordo mentre ero ben deciso ad impedirlo ed allo
scopo mi ero munito di un martello che avevo tro­
vato in coperta col quale all’ occorrenza avrei fatto
saltare la testa di un siluro. Sul ponte di comando
ebbi col megafono all’ incirca questa conversazione
col comandante del Tatra : A mare presto che apro
subito il fuoco per affondarvi. A che risposi: Pre­
go aspettare che non vi sia più gente in mare, poi
fate ciò che volete. Ed il comandante del Tatra
continuò a gridare : Presto a mare anche voi. Mi
parve che egli denotasse agitazione e premura su­
periori alle circostanze ed osservai che sul ponte
di comando del Tatra tutti guardavano attentamen­
te e con i binocoli verso NE. Presi anch’ io il bi­
nocolo e guardai nella stessa direzione e vidi due
fumi e due scafi ancora molto distanti sicché non
potei precisare chi fossero; supposi e sperai fossero
nostri».
E ancora dallo stesso rapporto: « .... il Tur­
bine intanto aveva preso un forte sbandamento a
sinistra quasi repentino, sicché ricordo che la di­
scesa nel battello la feci quasi sdrucciolando lungo
il bordo. Dal battello pensai subito a guardare il
— 62 —
Turbine e ne vidi il fianco letteralmente bucherel­
lato dalla linea di galleggiamento a prora. La parte
di poppa era sommersa fino quasi agli hublots.
« Mentre stavo guardando la mia disgraziata na­
ve sentii che il battello era violentemente inve­
stito sul lato dritto da una imbarcazione austriaca
che ci aveva abbordato. Dei marinai ci agguanta­
rono e portarono me ed i feriti nella loro imbar­
cazione.
«Io non feci alcuna resistenza; sceso dalla mia
nave ero rimasto come intontito.
« L’ imbarcazione austriaca fu chiamata preci­
pitosamente a bordo, subito alzata alla grua e io
fui condotto con parte dei miei marinai sotto al
castello ».
Contro la silurante che stava sempre lentamente
affondando per l’apertura delle prese d’acqua or­
dinata dal comandante, furono sparati ancora al­
cuni colpi a cortissima distanza e fu lanciato un
siluro che non colpì. Abbandonato alle ore 6,51,
con una forte inclinazione a sinistra, tutto trafo­
rato ed ardente1, lo scafo del Turbine, mutilato e
distrutto, affondò poco dopo 2.
1 Rapporto del comando deìl’Helgoland.
* Il nemico non uscì del tutto incolume dallo scontro perchè
lo Csepel fu raggiunto dal tiro del Turbine: un colpo sulFalbero
di maestra abbattè il padiglione e fece cadere la bandiera, il
ponte fu traforato, furono feriti gravemente un marinaio è legger­
mente altri due.
I due fumi avvistati dal comandante del nostro
c. t. erano ¡prodotti da due navi italiane che accor­
revano in suo aiuto. Lasciato a Pelagosa il reparto
da sbarco, la Libia (cap. di freg. Andrioli Stagno)
e la Citta di Siracusa (cap. di freg. Petrelluzzi) sta­
vano incrociando rispettivamente a N e a SO del-
l’ isola, in attesa di riprenderlo a bordo, allorché
alle ore 6,17, avuto sentore dai segnali r. t. del
combattimento in corso, si riunirono per portarsi
sul luogo dell’azione. Messo alla massima velocità *,
diressero verso Sud ed avvistarono ben presto l’ in­
crociatore a. u. e cinque siluranti di cui una, (Tur­
bine), appariva avere un incendio a bordo. Alle
ore 7,10, pervenute a 9.000 m. di distanza, la
Libia con i suoi pezzi da 152 mm. e la Città di Si­
racusa con l’unico cannone prodiero da 120  pre­
sero di mira VHelgoland, mentre questo pigliava
caccia seguito dai suoi cacciatorpediniere e rispon­
deva al fuoco con tiri troppo corti. Il combattimen­
to fra incrociatori durò meno di un quarto d’ora :
nonostante la sua superiorità 3 il gruppo austriaco
1 La massima velocità era di miglia 18 scarse.
* Il cannone da 120 poppiero non aveva il campo libero. In
seguito l’armamento di questi incrociatori ausiliari fu aumentato.
3 Contro il vantaggio del calibro da 152 e da 120 mm. da
parte italiana di fronte al 100 mm. delle navi avversarie, stavano
a favore degli austriaci la velocità molto superiore, il numero
maggiore di pezzi e di lanciasiluri, il concentramento del tiro
contro due sole unità. Nè va dimenticato che la Città di Sira­
cusa era un piroscafo armato e non una nave da guerra.
— 64 —
volle disimpegnarsi e, aumentando di velocità, si
allontanò rapidamente, e si sottrasse al tiro della
Libia1; tagliando poi la rotta delle navi avversarie,
diresse su Sebenico. La Libia tentò ancora di con­
centrare il suo tiro suH’Oriera che navigava alquan­
to discosto dalle altre unità : « Uno dei c. t. nemici,
riferì il comandante, essendo rimasto distaccato dal
gruppo, dirige di poppa della Libia verso Pelago­
sa; si accosta verso questo c. t. con rotta di col­
lisione, ma senza poter avvicinarsi a distanza infe­
riore a 10.500 m. Avendo il nemico una velocità
apprezzata di 32 miglia e governando assai bene
per sfuggire al combattimento.... si giudica.... va­
no ogni tentativo di mantenere il contatto, non po­
tendo la nostra macchina raggiungere le 18 miglia.
È necessario perciò correre su Pelagosa dove già il
reparto da sbarco ha potuto compiere la sua mis­
sione : si distacca la Città di Siracusa per portare
soccorso ai naufraghi del Turbine affondato».
La resistenza di questo piccolo vecchio caccia­
torpediniere, durata fino a che, ridotto alla com­
pleta impotenza, il comandante ne fece aprire gli
allagamenti per accelerare l’ affondamento ed im­
1 « Il tiro del nemico era eccellente. La prima salva cadde un
po’ corta sotto il bordo, la seconda coprì già l’Helgoland e lo
Csepel. Durante il combattimento durato dalle 7,10 alle 7,19, una
palla di medio calibro passò tra il fumaiolo prodiero ed il palco
di comando, andando a cadere a circa 20 m. dal bordo. Un altro
proietto esplose sulla scia dello Csepel, vicinissimo alla sua
poppa. Nessuna delle nostre unità fu colpita ». Così dal rapporto
del comando dell’Helgoland.
pedire che cadesse in mani nemiche, fu un episo­
dio che va ascritto ad onore 1.
Alle ore 12 del 24 maggio tutte le unità del ne­
mico, cosi al Nord come al Sud, erano rientrate
nelle loro basi di Pola, Sebenico e Cattaro. Nel
pomeriggio anche le navi italiane avevano ripreso
i loro ormeggi, ad eccezione del naviglio leggero in
turno di vigilanza. Il silenzio tornò sull’Adriatico.
Il contegno della flotta austro-ungarica aveva
chiarito abbastanza che, come era stato logicamen­
1 II Sokol nell’opera citata dice:
« La situazione del Turbine divenne disperata soltanto quando
intervennero nel combattimento i c. t. austro-ungarici. Il c. t.
che aveva 10 anni di età (in realtà 14. Nota dell’U. S.) marciava
ad una velocità di 30 nodi, velocità che fece stupire anche la
marina a. u. Ben presto alcuni uojnini del c. t. italiano vennero
feriti da scheggie di granata. Per effetto delle granate che lo col­
pirono vennero successivamente a mancare, una dopo l’altra, le
caldaie é le macchine; ben presto anche i cannoni furono resi
inservibili. Il comandante ripetutamente ferito ordinò allora di
aprire le valvole dì affondamento. L’equipaggio raccolto a poppa
proruppe in grida di «Viva I’ Italia, Viva il Re, Viva il Turbi-
bine! ». Quando i c. t. a. u. si avvicinarono al relitto immobile,
il comandante Bianchi ordinò di alzare la bandiera distintiva di
maggior generale, una bandiera bianca con stella azzurra (rossa,
nel fatto. Nota dell’U. S.) nel mezzo, perchè egli non vedeva più
alcuna possibilità di recare danno al nemico o di sfuggirgli. Il
Turbine affondò subito dopo che le unità a. u. erano venute a
distanza di combattimento con la Libia ».
Sul Turbine perirono 10 sottocapi e comuni, e furono fatti
prigionieri il comandante, 2 ufficiali, 3 sottufficiali e 26 sottocapi
e comuni. Tre sottufficiali e sei comuni furono salvati dalla Città
di Siracusa.
5. — La marina italiana, ecc., Voi. II.
— 66 —
te ¡preveduto, non era nei piani del suo comando
in capo la ricerca della grande battaglia decisiva,
ma la volontà di conservarsi in potenza per future
occasioni favorevoli; appariva ancbe che nell’ac-
cettare o no scontri parziali, da parte austriaca si
voleva procedere colla massima prudenza. Lo di­
mostrarono gli affrettati bombardamenti costieri, il
pronto ritorno a Pola del grosso appena ebbe sen­
tore della presenza in mare di qualche unità ita­
liana, ed il rifiuto del gruppo comandato dall’Hei-
goland d’ impegnarsi colla Libia e col Città di Si­
racusa, nonostante l’enorme vantaggio di velocità e
la debolezza dell’ incrociatore ausiliario italiano.
Facile sarebbe stato all’ incrociatore austriaco ed
ai suoi quattro caccia d’ imporre la distanza e le
condizioni del combattimento per controbilanciare
con buona probabilità di successo il maggiore cali­
bro delle poche artiglierie della Libia.
Tuttavia la prima giornata trascorsa ed i risul­
tati immediatamente tangibili delle operazioni com­
piute non erano stati favorevoli per noi. Per quan­
to piccolo fosse il valore bellico del Turbine, la sua
perdita non fu bilanciata da perdite simili del ne­
mico, e nonostante che i danneggiamenti di un tiro
non preciso lungo il litorale Adriatico fossero stati
arrecati a case ed a materiale non militare 1, il
1 II movimento ferroviario ed il trasporto delle truppe verso
la fronte non subì incagli, anche mercè le predisposizioni del co­
mando supremo per le quali la radunata al Nord era già awe-
— 67 —
bombardamento di vari centri abitati e sopratutto
quello di Ancona, fatto coi cannoni di grosso cali­
bro che recarono danni rilevanti e numerosi alla
città, fu indubbiamente causa di un momentaneo
senso di disagio nel popolo italiano, e specialmente
nelle popolazioni litoranee colpite. E ciò era natu­
rale : non meno impressionati certo furono gli abi­
tanti delle città della costa inglese sul mare del
Nord dalle incursioni degli incrociatori da batta­
glia germanici, e non mancarono in un caso c nel­
l’altro le pressioni perchè le marine rispettive
provvedessero ad un’ efficace protezione diretta.
Il comando italiano, che aveva escluso già nel
suo « Piano generale » di subordinare la condotta
della guerra alla protezione delle città indifese,
potè resistere senza gravi difficoltà, persuadendo
l’opinione pubblica che l’accondiscendere a quelle
domande sarebbe stato addivenire ad una condan­
nevole dispersione di forze, ed esporre a grave pe­
ricolo qualche gruppo delle nostre unità, forse sen­
za raggiungere lo scopo desiderato 1.
nata in gran parte. Era stato poi previsto di far servire la linea
Adriatica il meno possibile alla mobilitazione, concentrando il
movimento sulle altre grandi linee di comunicazione fra il Sud
ed il Nord.
1 II Sokol, nell’opera già citata afferma che: « l’aitimo facil­
mente influenzabile del popolo italiano sofferse fortemente «otto
le salve dei cannoni a. u. e non si liberò forse mai per tutta la
durata della guerra mondiale della immensa impressione che l’at­
tacco della i. e r. flotta produsse in tutto il Regno ».
L ’affermazione, esagerata nella prima parte, può nettamente
Oggi con più ampia e completa conoscenza e
con più serena visione quei fatti (che l’opinione
pubblica apprese ingranditi dalle voci che passa­
vano di bocca in bocca e che essa valutò sotto 1’ im­
pressione di un primo colpo di guerra rude ed inat­
teso), ci appaiono con le loro conseguenze sotto
l’aspetto di un incidente secondario.
Il comando italiano nel preparare il « Piano
generale d’ azione» deliberatamente aveva escluso
che le navi .maggiori, avventurandosi subito in una
lunga navigazione al Nord verso Pola alla ricerca
di un incontro con qualche gruppo della flotta ne­
mica  corressero il rischio di un attacco di som­
mergibili, contro i quali, è bene ricordarlo, non
esisteva ancora difesa adeguata. Attendeva d’al­
tronde per questo incontro il convenuto concorso
delle Marine alleate che non era ancora giunto in
Adriatico, e che avrebbe dovuto essere più valido
di quanto di fatto non fu. L’obbiettivo propostosi
essere negata nella seconda. A dimostrare l’animo con le quali
le popolazioni adriatiche sopportarono la loro condizione, sta il
contegno da esse tenuto nei tré lunghi anni di guerra.
Fu piuttosto un sentimento d’ indignazione per l’atto inumano
e contrario al diritto contro le popolazioni inermi che fu suscitato
nell’animo degli italiani, e per conseguenza un inasprimento del-
1’ inimicizia contro la nazione che aveva sempre cercato di con­
culcare e tenére vassalla 1’ Italia, e un maggiore stimolo a vin­
cere la guerra.
1 La perdita di una nave da battaglia avrebbe potuto avere
oltre tutto, in quel primo periodo, anche conseguenze di ordine
politico che bisognava evitare.
— 69 —
era invece di coprire mediante crociere esplorative
la base di Brindisi, ancora insufficientemente chiu­
sa all’offesa avversaria.
Abbiamo detto poco fa che il colpo inferto dalla
flotta a. u. sul nostro litorale era inatteso. Infatti
le uniche località munite della costa adriatica era­
no Brindisi, Porto Corsini e Venezia, ed a norma
della IX convenzione della seconda conferenza del-
l’Aja tutte le altre che furono prese di mira avreb­
bero dovuto essere risparmiate 1; nè può valere per
Ancona la giustificazione portata dal Sokol2 che
all’ ammiraglio Haus non risultava da fonte ufficiale
del disarmo avvenuto di quella città : esso era stato
a suo tempo comunicato al governo austriaco.
Dei due obbiettivi che la flotta a. u. si propo­
neva, di portare cioè danni di grave conseguenza
alla grande linea litoranea di comunicazione fra il
Sud ed il Nord della penisola, e d’ impressionare
l’opinione pubblica italiana, questo secondo do­
1 L’articolo 2° di quella convenzione ammette invero un’ecce­
zione al divieto quando si tratti di opere .militari o navali, di
depositi di armi o di materiale guerresco, di officine o di instal­
lazioni che possono essere impiegate per le necessità della flotta
o dell’esercito nemico, ma in tal caso obbliga i comandanti a
prendere disposizioni per arrecare il minimo danno possibile ai
luoghi abitati. I paesi inermi bombardati non avevano sistema­
zioni tali da rientrare in questa eccezione, e se nell’ambito del
porto di Ancona si voleva recar danno ai cantieri, alle navi ed ai
depositi di combustibile, bastava il tiro ravvicinato dei c. t. che
poteva effettuarsi quasi senza pericolo per la città.
2 Vedi Sokol, op. cit.
— 70 —
veva essere preponderante nella mente del coman­
dante in capo, e nella speranza di raggiungerlo fu
violato il diritto marittimo internazionale. A di­
struggere ponti ferroviari, a danneggiare una stra­
da ferrata in modo da inutilizzarla per un certo
periodo di tempo non bastano i bombardamenti
rapidi di 30 o 40 minuti, ma occorrono azioni me­
todicamente condotte e continuative e mezzi più
diretti e più efficaci. Il breve cannoneggiamento si
sperava efficacissimo a commuovere gli italiani, se­
condo il comando austriaco, « tanto facilmente ec­
citabili ».
C a p i t o l o III.
IL BLOCCO MARITTIMO E LA GUERRA NEL
BASSO ADRIATICO
So m m a r i o :
Blocco marittimo in Adiiatico. Sua estensione. — Navigazione
mercantile in Adriatico durante la guerra. — Attività del nostro
naviglio da guerra. — Operazioni navali del 1°!, 5 e giugno
contro le isole e la costa dalmata. — Siluramento dell’ incrocia­
tore inglese Dublin. — Ripresa di attività nemica contro il lito­
rale adriatico italiano.
L’ entrata in guerra dell’ Italia portò come lo­
gica conseguenza all’ immediata dichiarazione di
blocco nell’Adriatico; questo datò dal 26 mag­
gio 1915 1. Con tale dichiarazione oltre al litorale
austro-ungarico si metteva in stato di blocco an­
che il litorale albanese, e alle navi di potenze ami­
che e neutrali si concedevano dal comando in ca­
po dell’ armata navale dieci giorni per uscire li­
beramente dalla zona bloccata. Dato che la linea
da Otranto a Capo Kefali, estremo sud della linea
1 Vedi appendice III.
— 72 —
di blocco, era troppo estesa per poter essere effi­
cacemente sorvegliata, lo stesso comando in capo
dell’armata stabilì che la vigilanza fosse esercitata
invece sulla congiungente Otranto-Saseno, rinfor­
zandola dal lato albanese in modo da poter di­
staccare periodicamente qualche unità per spin­
gerla in crociera fino a Capo Kefali. Vennero in
un primo tempo adibiti a tale ufficio i nostri cac­
ciatorpediniere tipo Nembo e quelli minori fran­
cesi, lasciando ai più grandi ed agli incrociatori
leggeri il compito della vigilanza al Nord, insieme
con quello delle scorrerie offensive.
In seguito alla richiesta del governo greco di
togliere il blocco della parte del litorale albanese
occupato dalle sue truppe  le ragioni politiche
ebbero il sopravvento su quelle militari, e deter­
minarono una limitazione del blocco sulla costa
d’Albania : dimodoché dal 30 maggio esso si estese
su quel litorale dal confine montenegrino fino sol­
tanto ad Aspri Ruga (Strade bianche). Il governo
greco fu però officiato ad impegnarsi di usare la
massima sorveglianza fra Aspri Ruga ed il confine
meridionale dell’Albania, perchè non avvenisse su
quelle coste il rifornimento clandestino dei som­
mergibili.
Con la dichiarazione del blocco adriatico l’ Ita-
1 Ciò in relazione al riconoscimento da parte dell’ Italia del­
l’occupazione provvisoria fatta dalla Grecia della zona meridio­
nale dell’Albania (Epiro).
— 73 —
lia intendeva di vietare qualsiasi comunicazione
dei porti compresi nel litorale austro-ungarico con
l’ alto mare, tagliando nettamente il commercio ma­
rittimo del nemico e procurando altresì che il com­
mercio non si esercitasse per via terrestre attra­
verso il territorio finitimo dell’Albania, sia pure
nella minima parte che le strade e i mari di co­
municazione permettevano; consentiva invece in
modeste proporzioni la navigazione mercantile tra
i porti italiani, montenegrini e albanesi e di questi
con i porti esteri fuori dell’Adriatico.
Nelle disposizioni emanate per l’applicazione
del blocco fu stabilito che :
1) tutte le navi e i galleggianti nemici in­
contrati in mare dovevano essere catturati : le bar­
che da pesca potevano continuare ad esercitare la
industria della pesca entro il limite di tre miglia
dalla propria costa, sempre che la loro presenza
non avesse recato pregiudizio alle nostre navi da
guerra ;
2) tutte le navi e galleggianti incontrati in
navigazione verso l’Adriatico dopo attraversata la
linea di blocco, dovevano essere, indipendenfle-
mente dalla destinazione e dalla natura del carico,
fermati e condotti nei porti di Bari o di Gallipoli
per esservi sottoposti a rigorosa visita;
3) le navi e i galleggianti che dalla visita ri­
sultassero carichi in tutto o in parte di generi
di contrabbando, dovevano essere catturati se si
fossero avute le prove o la presunzione della loro
— 74 —
destinazione al nemico, conformemente alle pre­
scrizioni della Dichiarazione di Londra.
Nello stesso tempo il naviglio nazionale fu in­
vitato ad astenersi dal traffico nel mare Adriatico e
i commercianti furono obbligati a non servirsi nè
dei porti di quel mare, nè di navi greche. Fu an­
che proibita fino dal 13 giugno 1915 la nostra pe­
sca d’alto mare nell’Adriatico e nello Ionio; e
quella nelle acque territoriali fu regolata da norme
particolari emanate dalle autorità portuali, con­
sentendola nelle sole ore diurne. Anche però ri­
dotto a questi termini, l’ esercizio della pesca dette
luogo ad abusi, e sorse il sospetto che il nemico
potesse valérsi di questo mezzo, mediante abili
truccature, per porre delle mine lungo il nostro li­
torale: tale sospetto era avvalorato da incontri
troppo frequenti a mare largo di velieri del tipo
delle nostre barche peschereccie. Così avvenne che
dopo il 25 luglio la pesca fu interamente soppres­
sa, salvo qualche eccezione disciplinata dallo stesso
ministero della marina e sorvegliata da posti mi­
litari costieri.
* * *
Con questi divieti e limitazioni la navigazione
adriatica di ogni tipo e in gran parte anche la io­
nica, che prima della guerra mondiale dava luogo
ad un intènso movimento marittimo, e vita ai porti
sia della nostra costiera, sia dell’austriaca, e che
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Uff. Storico Regia Marina - La Marina italiana nella Grande Guerra. Vol.2 (1935)

  • 1.
  • 2.
  • 3. 1. S . A. BIBLIO TECA i* e- HV E N E Z I A 1 11
  • 4.
  • 5.
  • 6. L A M A R I N A I T A L I A N A N ELLA G R A N D E GUERRA
  • 7.
  • 8. UFFICIO STORICO DELLA R. MARINA LA MARINA ITALIANA NELLA GRANDE GUERRA VOLUME II. L’ INTERVENTO DELL’ ITALIA A FIANCO DELL’ INTESA E LA LOTTA IN ADRIATICO (D al 24 M aggio 1915 al salvataggio dell’ Esercito serbo). V A L L E C C H I E D I T O R E F I R E N Z E
  • 9. Il presente volume è stato compilato dal contrammiraglio Fausto LEVA. I diritti di edizione e traduzione, anche di semplici brani, sono riservati. Firenze 1936-XIV - Stab. Grafici A. Vallecchi, Viale dei Mille, 72.
  • 10. P R E M E S S A A breve distanza dal primo, intitolato Vigilia d’ armi sul mare, segue il presente volume che ini­ zia la descrizione degli avvenimenti dal 24 maggio al salvataggio dell'esercito serbo. Il lettore troverà una precisa narrazione di tutti i fatti svoltisi in questo periodo. Tenuto però conto che gli avvenimenti narrati sono ancora relativa­ mente recenti, che la maggior parte degli attori principali ed esecutori minori sono ancora viventi, che le divergenze ed i contrasti politico-diplomatici non solo fra gli avversari ma ancor più tra gli stessi alleati ed associati non sono ancora ben noti o per lo meno non sono ancora divulgabili, non è stato sempre possibile fare un completo esame critico dei fatti. IL CAPITANO DI VASCELLO Capo dell’Ufficio Storico della R. Marina: G u id o A l m a g i à .
  • 11.
  • 12. C a p it o l o I. L’APERTURA DELLE OSTILITÀ SUL MARE: LE PRIME OPERAZIONI NELL’ALTO ADRIATICO S o m m a r i o : Dichiarazione di guerra. — Piani di operazione dèlie due parti avversarie nell’Adriatico. — Prime azioni dei cacciatorpe­ diniere italiani contro la costa nemica. — Scorrerie nemiche con­ tro Ancona, Porto Corsini, Rimini, Senigallia e Potenza Picena. Il 23 maggio 1915 l’ Italia dichiarava la guerra all’ impero austro-ungarico : nel pomeriggio dello stesso giorno il ministro della marina, vice ammi­ raglio Viale, diramava alle autorità dipendenti l’ avviso che alla mezzanotte sarebbero state aperte le ostilità sul mare. Allo scoccar dell’ ora, la sta­ zione R. T. di Coltano lanciava all’ aria e ripe­ teva poi ad intervalli la notizia : « Italia trovasi in guerra con Austria-Ungheria ». Mentre le truppe di copertura si accingevano a varcare la frontiera terrestre e dalle guarnigioni territoriali, fra le acclamazioni ed i fervidi auguri
  • 13. — 8 — delle folle, i soldati partivano per incontrare e combattere l’ereditario nemico della patria, navi e siluranti, con entusiasmo non minore, appena con­ tenuto dal sentimento della disciplina di bordo, nel silenzio degli arsenali e delle basi navali, si apparecchiavano a prendere il mare, decise ad af­ frontare navi e siluranti austriache per saldare vecchi conti, sospesi da circa cinquant’ aqni Contemporaneamente sulla sponda opposta del­ l’Adriatico l’ammiraglio Haus, comandante in capo della flotta austro-ungarica, apparecchiava le sue unità ed ordinava di mollare gli ormeggi ai suoi marinai, che una costante propaganda aveva am­ maestrato a vedere nell’ Italia l’acerrimo avver­ sario da distruggere. La notizia della dichiarazione di guerra giunse a Pola alle ore 16 e fu accolta dagli equipaggi con entusiastiche grida di « ur- rah ». Quali fossero i criteri sui quali era basato il piano delle prime operazioni, preordinato dal­ l’ammiraglio Haus per essere svolto appena inter­ venuto lo stato di guerra, fu da lui stesso esposto nel rapporto col quale riferì le azioni compiute. « Nell’ intento di danneggiare di sorpresa e nel tempo più ristretto dopo l’ apertura delle ostilità il nuovo avversario e di applicare un sensibile colpo alla sua forza morale, ho progettato una 1 Riportiamo néU’appendice I la dislocazione delle forze na­ vali contrapposte in Adriatico jl 24 maggio 1915.
  • 14. azione contro i ¡punti militari 1 della costa orien­ tale italiana coll’ impiego di tutte le forze dispo­ nibili. « A tale scopo, come già informai col mio te­ legramma Ris. N. 221/0. P. del 22 corr. mese, feci sorvegliare fin dal giorno 19 c. m. la linea Gargano-Pelagosa dall’ Helgoland, Csepel, Taira, Lika, Orien e quella di Pelagosa-Lagosta dal- VAdmiral Spaun, Wildfang, Streiter, Uskoke e Ulan per escludere una sorpresa durante le nostre operazioni, divise in azioni separate. Inoltre con voli di ricognizione sui punti principali della costa italiana furono verificate le notizie a me note sulle dislocazioni delle forze navali nemiche. Feci ac­ certare specialmente l’ esistenza o meno di sbar­ ramenti nei pressi di Ancona prima da un gruppo di torpediniere e un’ altra volta da un sommergi­ bile; le esplorazioni ebbero sempre esito negativo. « __ già prima dell’ apertura della guerra fu­ 1 Affermazione non rispondente al vero perchè le navi au­ striache nè in quel giorno, nè successivamente per tutto il corso della guerra osarono attaccare punti difesi di importanza militare della nostra costà. Tutte le località bombardate in quel giorno erano notoria1- mente centri indifesi; così Ancona di cui era stato comu­ nicato diplomaticamente il disarmo al governo austriaco, così Se­ nigallia, Potenza Picena, Rimini, Fano, Pesaro. L’unico punto difeso era Porto Corsini, ma da informazioni successive si ebbe la conferma che il nemico ignorava ancora che esistessero colà delle batterie, 1« quali erano state istallate pochi giorni prima dell’apertura delle ostilità.
  • 15. — 10 — rono disposti due sommergibili a Trieste per con­ trastare un eventuale attacco italiano contro detta città, uno nelle acque di Lissa, che per l’ Italia ha una certa importanza, uno nelle acque monté­ négrine per operazioni contro quella costa. « L’azione premeditata contro la costa italiana prometteva successo purché essa si fosse svolta im­ mediatamente dopo l’ inizio delle ostilità, per cui, nell’ intelligenza delle probabilità dello scoppio della guerra, già fin dal 23 c. m. tenni pronta la flotta a partire da Pola all’ imbrunire. Le disposi­ zioni emanate tendevano a far entrare in vigore ad un tempo, all’alba, tutte le azioni isolate con­ tro i vari punti della costa ». Dallo specchio che segue risultano la compo­ sizione dei vari gruppi di unità austro-ungariche e gli obbiettivi a ciascuno assegnato : Gruppo FORZE NAVALI A z i o n i c o n t r o A Grosso (I, III, IV Divisione) ; cac­ ciatorpediniere Dinara, Reka, Csikòs, Velebit Ancona a torpediniere a.m. 74 77 76 75 b torpediniere a.m. 57 58 60 62 c torpediniere a.m. 72 55 67 63 68 70 d torpediniere a.m. 50 51 53 54 64 69 B Zrinyi e le torpediniere 4 e 7 (della difesa di Pola) . Senigallia
  • 16. — 11 — o 8* p FORZE NAVALI A z i o n i c o n t r o a o C Radetzky, torpediniere a.m. 73 e 56 Potenza Picena D S. Georg e le torpediniere 1 e 2 (della difesa di Pola) Rimini, Fano, Pesaro E Novara ; cacciatorpediniere Sharf- schutze, torpediniere a.m. 80 81 78 79 Porto Corsini F Saula, Szigétvàr ; cacciatorpedi­ niere Balaton, Triglav Esplorazione sulla linea Pedaso- Porto Tajer G (1) Helgoland ; cacciatorped. Csepel, Tatra, Orjen, Lika Esplorazione sulla linea Pelagosa-Lagosta ed azione contro Tremiti, Torre Mileto, Sinarca, Campo Marino H (1) Admiral Spaun ; cacciatorpedi­ niere Wildfang, Streiter, Ulan, Uskoke Esplorazione sulla linea Pelagosa-Gargano e azione contro Vieste, Manfredonia, even - tualmente Barletta Al tempo stesso S. A. R. il Duca degli Abruz­ zi, vice ammiraglio comandante in capo'dell’ ar­ mata navale italiana ed il vice ammiraglio Garelli, 1 Per effètto di ulteriori modifiche degli ordini, rimasero per­ mutate le missioni dei gruppi G e H.
  • 17. — 12 — comandante in capo del dipartimento militare ma­ rittimo e della piazza marittima di Venezia, dal quale, pur con arupia libertà d’ azione, dipendeva la divisione Sardegna l, comandata dal contrammi­ raglio Patris, trasmettevano le istruzioni particolari delle operazioni da compiere nella notte stessa del 24 maggio, secondo le disposizioni che erano state emanate in precedenza dal capo di stato maggiore della marina, vice ammiraglio Thaon di Revel. Furono già riportati nel primo volume i cri­ teri di massima che dovevano servire come diret­ tive per le operazioni marittime nell’Adriatico, ed in base ai quali fu redatto il Piano generale d'azio­ ne, comunicato ai comandanti in capo il 18 aprile 1915. Nel breve periodo, in cui durò ancora la neu­ tralità nostra dopo questa data, il capo di stato mag­ giore della marina aveva ribadito e sviluppato con 1 La « Divisione speciale » dell’amm. Patri® che era stata nelle acque albanesi fino agli ultimi di aprile, aveva avuto ordine di trasferirsi a Venezia. In seguito ad accordi intercorsi fin dal pe­ riodo di preparazione della guerra, prima fra il comandante desi­ gnato della III armata e l’amm. Patris, poi direttamente fra i capi di stato maggiore dell’esercito e della marina (vedi volume I di questa Storia), fu disposto che quella divisione, costituita da navi di diminuito valore bèllico, fosse destinata nell’alto Adria­ tico per dare appoggio e proteggere dal mare l’ala destra dell’eser­ cito in caso di necessità e per quanto era possibile. Ricostituita poco prima dell’ inizio delle ostilità colle RR. NN. Sardegna (nave ammiraglia), Emanuele Filiberto, Amm. di S. Bon, Carlo Alberto, Marco Polo ed Etruria prese il nome di divisione Sardegna, e ad essa fu aggregato per le operazioni parte del naviglio silurante dislocato a Venezia.
  • 18. — 13 — successive istruzioni particolari le direttive intese a regolare 1’ impiego del naviglio. Aveva scritto in­ fatti (disp. 736 RRP del 24 aprile 1915) al co­ mando in capo del dipartimento di Venezia: «R e ­ sta stabilito che all’ apertura delle ostilità così le siluranti e navi dipendenti da V. E. come la di­ visióne Sardegna potranno senz’altro operare__ al largo__ « La missione della divisione Sardegna sarà__ quella di cooperare all’ avanzata dell’ esercito lungo la strada Monfalcone-Trieste. Se non che questa azione avrà inizio sol quando l’ avanguardia del­ l’esercito sia giunta a Monfalcone, cioè parecchi giorni dopo l’ apertura delle ostilità; nel frattempo la divisione potrà utilmente operare lungo la zona costiera intermedia__ Le modalità di tale azione dipendono da circostanze non prevedibili e, soprat­ tutto, da quello che farà il nemico; non è quindi possibile stabilire i particolari della stessa é si la­ scia al riguardo al contrammiraglio Patris la più ampia libertà di azione__ L’ azione a Porto Buso sarà eseguita da un cacciatorpediniere dipendente da V. E. con l’ eventuale concorso di unità della divisione Patris ». Ed al comando in capo dell’ armata scriveva (disp. 1184 RRP del 16 maggio 1915): «C irco­ stanze d’ordine vario ed essenzialmente: « 1) l’ assoluta necessità di non esporsi alle insidie dei sommergibili avversari la cui minaccia si va sempre facendo più grave secondo le notizie
  • 19. — 14 — di recente avute sul numero effettivo dei sommer­ gibili austriaci e sull’entrata in Mediterraneo di sommergibili germanici ; « 2) la convenienza di attendere che i re­ parti alleati destinati ad afforzare l’ armata rag­ giungano le basi che V. A. R. crederà stabilire e si approntino ad agire di conserva coi nostri re­ parti ; impongono di dare carattere essenzialmente di­ difensivo alle nostre operazioni marittime in Adria­ tico fino a quando la situazione non sarà chiarita, specie nei riguardi dell’ effettiva efficienza dei som­ mergibili avversari e delle modalità con cui saranno impiegati. « Nella prima fase della guerra marittima il nostro obbiettivo essenziale deve essere.... quello di coprire Brindisi, pur irradiando da questa base scorrerie e crociere per i numerosi servizi di vi­ gilanza e di esplorazione, per piccoli colpi di mano sul litorale avversario e, in pari tempo, per di­ struggere, ogni qualvolta se ne presenti l’ occasio­ ne, anche a costo di subire perdite equivalenti o magari superiori a quelle che presumibilmente si infliggeranno al nemico, il suo naviglio leggero e silurante e soprattutto i suoi sommergibili— «N ell’ultima parte del dispaccio 1149 del 14 maggio, ho fatto presente a V. A. R. l’assoluta necessità che nei giorni immediatamente succes­ sivi all’ apertura delle ostilità le navi maggiori re­ stino chiuse nelle basi.
  • 20. — i s ­ te Soggiungo ora che le nostre migliori navi da battaglia.... devono assolutamente essere rispar­ miate per averle pronte a battersi col grosso au­ striaco, se o quando se ne presenterà l’opportu­ nità; ....è assolutamente indispensabile di non esporle mai in operazioni di carattere secondario e diversivo ». In conformità di tali direttive gli ordini e le istruzioni di guerra ricevute dalle forze navali dell’ alto e del basso Adriatico per l’ apertura del­ le ostilità, furono sommariamente le seguenti : Istruzioni per le forze navali dell’alto Adriatico. N a v i m a g g i o r i : Fuochi in alimento, unità in assetto di guerra. C a c c i a t o r p e d i n i e r e : Zeffiro, Bersagliere, Co­ razziere : devono partire alle 2h del 24 maggio re­ golando la velocità in modo da trovarsi all’ alba : il primo, davanti a Porto ¡Buso, gli altri due da­ vanti a Grado col compito di affondare le unità av­ versarie e i galleggianti presenti; cannoneggiare gli apprestamenti militari, catturare prigionieri. Il Corazziere è in particolare incaricato di tagliare il cavo telegrafico tra Grado e Cittanova. C a c c i a t o r p e d in i e r e : Carabiniere, Garibaldi­ no, Lanciere, Alpino, Fuciliere: devono uscire da Venezia in tempo utile per irradiarsi alle 3,30 del
  • 21. — 16 — 24 maggio in esplorazione strategica come indicato nella tavola n. 1. So m m e r g i b i l e Argonauta (dislocato ad Anco­ na) : riceve istruzioni di guerra in conformità del dispaccio 1272 in data 21 maggio 1915 diretto dal capo di stato maggiore della Marina al comandante in capo del dipartimento di Venezia: «Considerata__ l’ impossibilità, almeno in primo tempo, di provvedere alla difesa del nostro litorale con reparti di navi maggiori, i quali non potrebbero neppure accorrere in tempo utile per costringere a battaglia il nemico durante la riti­ rata, sono venuto nella determinazione di tenere permanentemente un sommergibile a nafta nelle acque di Ancona allo scopo di rendere pericoloso al nemico il bombardamento della nostra più im­ portante città indifesa dell’Adriatico. « Il servizio del sommergibile in agguato nei paraggi di Ancona dovrà effettuarsi coi seguenti criteri di massima : 1) di giorno, con tempo chiaro, quando il se­ maforo può scoprire il nemico a distanza abba­ stanza notevole, starà ormeggiato in porto, pronto ad uscire non appena si abbia notizia dell’avvici- narsi di navi nemiche o anche semplicemente di siluranti; 2) di notte__ il sommergibile dovrà tenersi al largo, in emersione, se lo stato del tempo lo consente, altrimenti poggiato sul fondo.... 3) l’ avvertimento al sommergibile, quando
  • 22. — 17 — Immerso e poggiato sul fondo, dell’avvicinarsi di navi nemiche si cercherà di darlo a mezzo di bar­ che a vapore o rimorchiatori__ con segnali acu­ stici convenzionali». S o m m e r g i b i l e Jantina : In missione di agguato a sud di Rovigno. F o r z e a e r e e : Dirigibili Città di Jesi ( V . 1) e Città di Ferrara (M. 2) : incursione aerea su Pola. Dirigibile P. 4. : esplorazione nella zona foranea della piazza di Venezia. Due idrovolanti della sta­ zione di Venezia: esplorazione su Pola. Istruzioni per le forze navali del basso Adriatico N a v i d a b a t t a g l i a p r e s e n t i a T a r a n t o : fuo­ chi in alimento. Navi in completo assetto di guerra. F o r z e n a v a l i d i B r i n d i s i : N a v i m a g g io r i : fuochi accesi nel numero di caldaie necessarie per muovere subito a velocità di 10 mg. ed alla massima velocità entro 45m dal­ l’ordine. C a c c i a t o r p e d in i e r e Animoso, Audace, Ardi­ to : partendo da Brindisi alle 18h del 23 maggio devono recarsi ad elevata velocità nel golfo del Drin con obbiettivo di distruggere i sommergibili nemici e le loro eventuali basi colà. Espletato tale compito devono esplorare la costa nemica fino al meridiano di Cattaro, quindi prendere posizione di 2. — La marina italiana, ecc., Voi. II.
  • 23. — 18 — vigilanza sulla linea poligonale di esplorazione strategica (tav. n. 1). C a c c i a t o r p e d in i e r e Borea, Esperò: devono partire da Brindisi alle 16h del 23 per rimorchiare fino presso Cattaro rispettivamente i sommergibili [ereide e Veletta destinati a tenere l’agguato pres­ so la base nemica. Dopo mollati i sommergibili, i c. t. devono rientrare a Brindisi. E s p l o r a t o r i Quarto, Bixio : partendo da Brin­ disi alle 18,30 del 23 maggio, devono recarsi a prendere le posizioni di crociera indicate nella ta­ vola 1 col compito di raccogliere e ritrasmettere le eventuali notizie comunicate dai c. t. in esplora­ zione avanzata, e di appoggiarli in caso di bisogno. E s p l o r a t o r e Agordat. T o r p . A. M. Spica, Scorpione, Sirio, Saffo, Serpente: partendo da Brindisi nel pomeriggio del 23 maggio, debbono recarsi a prendere posizione di vigilanza e blocco nel canale d ’Otranto, incrociando fra capo Pala- scia e Saseno. E s p l o r a t o r e Libia ed I n c r . Aus. Città di Si­ racusa: devono partire da Brindisi alle 19,45 del 23 maggio con l’obbiettivo di effettuare un colpo di mano contro l ’ isola di Pelagosa, catturandovi tutto il personale che la presidia o l’abita. A mis­ sione ultimata la Libia deve rientrare a Brindisi, mentre la Città di Siracusa deve prendere la posi­ zione di crociera indicata nella tav. 1. C a c c i a t o r p e d in i e r e Aquilone, Turbine: de­ vono partire da Brindisi alle 16b del 23 maggio
  • 24.
  • 25. Sommergibili a.u. Zone di croci dalle isrruzic Q u a r t o e C i t Le rol le segr e f f ei li vament L i * 7 ruppo H * V aw° " ^ vjsk ok e/,,.'/ Xr « - l£ .M V POsh ¡E J P P I I O-U N6 A R I C I SilGETVAR 1 — J i = HELGOLAND -----* H SPAUN SAIDA ___ BALATON t r ig l a v l^SEPEL TATRA ORJEN LIKA WILDFAN6 STREITER USKOKE i
  • 26.
  • 27. — 19 — con 1’ incarico di perlustrare la costa fino a Man­ fredonia e di prendere quindi, a giorno fatto, po­ sizione di vigilanza nella linea poligonale di esplo­ razione strategica '(tav. n. 1). R im a n e n t i E s p l o r a t o r i, C. T. e T o r p . A. M. p r e s e n t i a B r in d is i : pronti a muovere in un’ora dall’ordine. T o r p e d in ie r e c o s t ie r e : servizio di vigilanza nel settore di avvicinam ento alla piazza. Dalle istruzioni riportate si rileva intanto che i compiti assegnati ai gruppi e alle navi di cia­ scuna parte erano tali da non risultare che vi fosse probabilità d’ incontri1 fra nuclei avversari di una certa importanza. Vi poteva essere avvistamento solo fra qualche unità minore nella zona che fron­ teggia la penisola del Gargano, e così avvenne difatti. Possiamo perciò riferire separatamente uno daU’altro gli avvenimenti della notte e delle ore mattutine del primo giorno di guerra, che, così al Nord come al Sud, si annunciò con cielo coperto, foschìa e vento leggero da levante. Du­ rante le ore notturne la luna appariva di tanto in tanto fra squarci di nubi; più spesso la pioggia cadeva minuta mentre, ad intervalli, qualche breve ma violento piovasco sollevava raffiche di vento e spazzava la superficie delFAdriatico. * V. Tav I.
  • 28. — 20 — Azioni svolte dai cacciatorpediniere italiani nell’alto Adriatico, a Nord del 45° parallelo. Così il sommergibile Jantina (comandante t. v. Tarò) in agguato a Sud di Rovigno, come i cin­ que cacciatorpediniere del tipo Soldato (capo squad. c. f. V. Piazza) mandali in esplorazione strategica, rientrarono a Venezia senza aver in­ incontrato naviglio nemico. I cacciatorpediniere Bersagliere (capo squad. c. f. Lubelli, t. v. Al- magià) e Corazziere (c. c. Failla), portatisi davanti a Grado spararono contro una caserma alcuni colpi di cannone che ne fecero fuggire il presi­ dio, ma tornarono senza aver tagliato il cavo te­ legrafico sottomarino che collegava Grado con Cit­ tànova, perchè non erano riusciti a rintracciarla. Lo Zeffìro potè invece eseguire con bel risultato il colpo di mano a Porto Buso : questo fu così ri­ ferito dal suo comandante, capitano di corvetta Arturo Ciano : « Alle 2h di stamane, evitando ogni rumore, si entrava nel canale di accesso di Porto Buso e, non veduti, si riusciva a superarlo felicemente fino a raggiungere il traverso del pontile e della ca­ serma austriaca, a 500 m. di distanza, sulla rotta magnetica 345°. « Di sorpresa si è iniziata l’azione lanciando un siluro contro il pontile e aprendo il tiro a gra­ nata AE con i cannoni da 76 mm. sulla caserma.
  • 29. Il siluro ha incontrato un bassofondo con dolce declivio montante, in corrispondenza del [pontile, che è in parte interrato, e in esso si è arenato senza scoppiare. Ad azione ultimata, il siluro è stato ri­ cuperato con l’ involucro della testa deformato senza alcuna altra avaria. « Il tiro, diretto segnatamente contro le porte e le finestre della caserma e sul pontile, ha danneg­ giato questi fabbricati e la torretta di osservazio­ ne, ed ha sfasciato gli autoscafi che erano ormeg­ giati al pontile, producendo molteplici piccoli incendi. « Gli uomini, colti nel sonno, si sono a preci­ pizio dispersi in direzioni varie nei canali vicini, dove alcuni sono annegati. « Sospeso il fuoco, da un estremo dell’ isolotto è stato alzato un distintivo bianco su di un’asta e poco dopo un gruppo di superstiti denudati si è agglomerato agitando panni bianchi in prossimità del pontile. Col battello del c. t. si è recato a que­ sto bordo il primo tenente di fanteria ungherese comandante la compagnia a. u. che ha chiesto di arrendersi, consegnando la sua sciabola e la ri­ voltella. « I prigionieri sono 48. Alle 6h ho fatto ri­ torno a Venezia e sbarcato in barella un soldato a. u. ferito alle gambe, ho consegnato gli altri 47, compreso il comandante della compagnia e due al­ tri feriti, all’ ammiraglio Patris a Poveglia». Quest’ azione ebbe, oltre al risultato immedia­
  • 30. to, una più vasta ripercussione, avendo provocato del panico nei diversi presidi a. u. costieri. Bombardamento di Ancona da parte di navi a. u. Alle ore 20 del 23 maggio usciva da Pola il grosso della flotta austro-ungarica e, raggiunto poco dopo dagli incrociatori e dalle siluranti di­ slocate in quella stessa piazza forte, che erano state mandate avanti in esplorazione, fece rotta a Sud. Praticamente tutte le unità presenti in porto lasciarono l’ancoraggio al comando dello stesso am­ miraglio Haus, comandante in capo, che aveva al­ zato la sua insegna sull’ Habsburg. Distaccati suc­ cessivamente i gruppi destinati ad altri obbiettivi, il grosso proseguiva in direzione di Ancona; lo pre­ cedevano gli esploratori Saida e Szigetvar che coi cacciatorpediniere Balaton e Triglaw si portarono in esplorazione strategica nella zona fra Pedaso e Porto Tajér. « Dopo che le torpediniere dragamine, si legge nel rapporto dell’ammiraglio comandante in capo, ebbero informato di non avere incocciato torpe­ dini le navi della 2a squadra distanti 5000 m. da terra accostarono per N O. Alle 4h,04 la 2a squadra (Herz. Karl, Herz. Friedrich, Herz. Fer- — 22 — 1 Erano incaricati del dragaggio avanzato il c. t. Rekn con 4 piccole siluranti, mentre il Dirwra ed altre torpediniere funge­ vano da .dragamine presso il grosso; questo aveva ridotto la velo­ cità a 10 mg-
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  • 33. — 23 — dinand Max, Habsburg, Arpad e Babenberg) ini­ ziò il bombardamento degli obbiettivi militari più importanti, come forti, caserme, semaforo, cantie­ re, officina del gas etc. e ad essa si associarono il gruppo autonomo della 1“ divisione ( Viribus Uni- tis e Tegetthoff) ed il Franz Ferdinand sotto la di­ rezione del comandante della stessa l a divisione. Il bombardamento, durante il quale fu usato il massimo riguardo alla città e specialmente agli edifici serventi al culto ed a scopi umanitari durò fino alle ore 4,53 ed ebbe il successo deside­ rato. Le batterie non risposero al nostro fuoco perchè gli armamenti dei pezzi, a quanto si am­ mette, furono cacciati dagli idrovolanti arrivati so­ pra ad Ancona di ritorno dai loro attacco contro Chiaravalle2__ « I c. t. Velebit e Csikos furono mandati in­ nanzi alle ore 2 e si recarono presso l’entrata del porto di Ancona da dove silurarono un piroscafo con bandiera italiana, ed oltre a ciò bombardarono la caserma ed il deposito di petrolio». 1 Dall’elenco dei danni, che si riporta nell’appendice 2, si ri­ leva che la cattedrale di Ancona fu colpita più volte, e così fu­ rono colpiti ospedali e molte case private. Minimo fu invece il danno arrecato agli impianti ferroviari. 2 Sta nel fatto che le batterie terrestri non potevano rispon­ dere semplicemente pèrche non esistevano, per essere state disar­ mate durante la neutralità a fine di dichiarare Ancona città in­ difesa. (V. voi. I). Gli idrovolanti a Chiaravalle non arrecarono danno.
  • 34. — 24 — Questi due cacciatorpediniere furono infatti quelli ohe arrecarono i danni più rilevanti nel porto éon l’ affondamento del piroscafo germanico Lemnos e con i colpi che caddero sul cantiere. La presenza del sommergibile Argonauta, sco­ perta o almeno sospettata dalle siluranti austria­ che, l’ apparizione del dirigibile Città di Ferrara che tornava dalla sua particolare missione, ed il ti­ more d’ incontrare altri sommergibili, che erronea­ mente venivano segnalati essere in navigazione da Venezia verso Pola, fecero affrettare il ritorno alla base delle navi austriache. Marciando nella for­ mazione di sicurezza prestabilita, e riunendosi per via ai gruppi distaccati Saida, Radetzky, Zrinyi e Sankt Georg, arrivarono a Pola alle ore 11 del 24. Ad Ancona furono udite alle ore 3,45 le prime rapide e nutrite scariche di artiglieria, seguite dai colpi di grosso calibro delle navi da battaglia, ma la città disarmata era nell’ impossibilità di con­ trobattere in qualche modo l’ offesa nemica, e dopo il primo annuncio del bombardamento, fatto alle autorità centrali, la rottura dei fili telegrafici in­ terruppe le comunicazioni ed impedi l’ invio di ulteriori notizie. Tanto per non rimanere iner­ te, il comando del presidio militare mise pronta­ mente in azione le poche mitragliere di cui dispo­ neva, facendo fuoco dalle banchine del porto con­ tro i due caccia austriaci più prossimi, ma, come era prevedibile, senza risultato. Soltanto il som­
  • 35. — 25 — mergibile Argonauta, che era stato appunto distac­ cato in Ancona a protezione della città, avrebbe potuto far pagare caro al nemico la facile offesa, se un incidente non ne avesse ritardato l’uscita 1. Il c. di c. Vaccaneo, che lo comandava, ap­ pena avuto sentore dell’avvicinarsi della flotta au­ striaca dai primi colpi di cannone, aveva mollato gli ormeggi; ma, mentre col battello in immer­ sione stava uscendo dal porto, un cavo d’acciaio delle ostruzioni che, nell’aprirne la porta, non era stato completamente ammainato, lo arrestò, fa­ cendo inclinare fortemente il sommergibile di pro­ ra, cosicché tutta la poppa usciva fuori d’ acqua. « In tale critica posizione, riferì il comandan­ te, mentre manovravo per liberarmi, sono stato og­ getto a ripetuti colpi di cannone di un cacciator­ pediniere austriaco ed a bombe di un idrovolante nemico che volteggiava sopra il battello. È stato lanciato contro VArgonauta (almeno così mi hanno 1 Secondo le istruzioni del capo di stato maggiore della marina, VArgonauta avrebbe dovuto passare le ore notturne fuori del por­ to, posato sul fondo: ma in quella prima notte di permanenza ad Ancona era rimasto all’ormeggio, « per l’assoluta mancanza — scrisse il comandante — d ’ imbarcazioni adatte a dare l’allarme, con colpi di martello sullo scafo al sommergibile sul fondo ». Questo infatti era il segnale concordato per informare il sommer­ gibile deH’awistaménto del nemico, ma l’unico rimorchiatore a disposizione aveva dovuto quella stessa notte rimorchiare al largo alcune barche per una missione speciale, connessa con quella affi­ data al dirigibile Città di Ferrara.
  • 36. riferito) anche un siluro che è andato ad esplodere contro la banchina *. «Fortunatamente nessun colpo è andato a se­ gno sebbene i proiettili cadessero vicinissimi allo scafo. Liberatomi dall’ ostruzione, sia manovrando con le macchine, sia dando aria ai doppi fondi, esco dal porto e ripresa 1’ immersione dirigo sulle navi avversarie, non raggiungendole perchè sta­ vano allontanandosi a tutta forza. « Dal sottoscritto erano state prese tutte le pos­ sibili disposizioni per essere avvisato dell’ appros- simarsi di navi nemiche. Ed invero se i cavi d’ac­ ciaio dell’ ostruzione fossero stati ammainati com­ pletamente, l’Argonauta avrebbe potuto giungere a portata di lancio delle navi avversarie». Bombardamento di Porto Corsini. Il gruppo E delle forze navali nemiche, com­ posto dell’ incrociatore Novara, del cacciatorpedi­ niere Scharfschutze e delle torp. 78, 79, 80, 81, distaccatosi dal grosso subito dopo lasciata Pola, era giunto dinanzi a Porto Corsini alle ore 3,30 del 24. Mentre il Novara colle torpediniere facevano fuoco di copertura a breve distanza dalla costa, lo — 26 — 1 Dai rapporti austriaci sembra che VArgorxiuta non sia stato subito individuato dai c. t. nemici: i colpi di cannone ed il si­ luro lanciato erano diretti contro piroscafi ed altri obbiettivi nel porto.
  • 37. T a v . N. 3. — Azione a. u. del 24 maggio contro P. Corsini
  • 38.
  • 39. — 27 — Scharfschütze, manovrando con marcia indietro, penetrava nel porto canale, fino ad arrivare poco lontano dal punto dove era stata collocata una ostruzione difensiva. Sparando con cannoni, mi­ tragliere e fucileria, mentre lo scafo restava ri­ parato e protetto dalle palizzate del canale, vi si trattenne pochi minuti: riuscito in mare si al­ lontanò fra denso fumo verso Pola insieme col Novara e colle torpediniere. Il fuoco era durato circa 25 minuti. Frattanto da parte italiana, essendo già pronti a respingere l’attacco1, era stato aperto il fuoco simultaneamente al nemico con i quattro cannoni dell’unica batteria da 120 mm. ; i soldati del pre­ sidio distribuiti nei trinceramenti già predispo­ sti avevano messo in azione anche le armi por­ tatili. Si combattè contro lo Scharfschütze e con­ tro le altre unità al largo fino a che rimasero a portata di tiro. I danneggiamenti del fuoco nemico alle opere militari, benché magnificati nei rapporti austriaci, si ridussero a poca cosa: «Veniva col­ pito il fabbricato che comprende faro e semaforo, mentre tutti i tiri diretti alle batterie, al deposito combustibile ed all’ hangar passarono per la mag­ gior parte alti, lasciando questi intatti— Molti dei 1 Per un disguido, l’avviso di apertura delle ostilità giunge al comando della difesa di Porto Corsini a combattimento ulti­ mato, soltanto cioè alle ore 8,30 del 24 maggio; ma questo ritardo non ebbe influenza sull’azione difensiva.
  • 40. — 28 — tiri lunghi passarono sopra una falsa batteria di diie cannoni da 152 min. che negli ultimi giorni avevo sistemato circa 300 m. a Sud della batteria da 120 mm. e che rispose assai bene allo scopo per il quale fu ideata, attirandosi parte del tiro nemico » 1. Le disposizioni che il comando della difesa aveva preso nei giorni di preparazione, costruendo trincee per i soldati e rifugi per la popolazione in caso di attacco e facendo eseguire esercitazioni di allarme, ebbero per effetto che, nonostante il nu­ mero dei fabbricati colpiti nel paese dal tiro ne­ mico troppo lungo, non si ebbero fra gli abitanti che tre feriti ed un morto. Dei militari furono col­ piti gravemente il sottufficiale telemetrista della batteria, e leggermente quattro soldati della Ia compagnia costiera. Da parte austriaca, sebbene la nostra batteria di vecchi pezzi da 120 avesse sparato nel combat­ timento venti colpi soltanto, si ebbero danni relati­ vamente sensibili. Sullo Scharfschutze un proietto demolì un casotto; la torp. 80 fu colpita in pieno da una granata da 120 che esplose nel quadrato uf­ ficiali e provocò un’avaria al timone, l’ entrata di acqua nello scafo e l’abbattimento del padiglione R. T. 2. Il Novara infine fu colpito più volte con 1 Dal rapporto del comandante della difesa di Porto Corsini, c. di c. Alfredo Dentice. 2 La difesa non era ancora completata e pronta ¡per battere
  • 41. — 29 — pochi danni materiali 1: un lenente di vascello e cinque marinai perirono, tre furono feriti grave­ mente, l’ ufficiale di rotta e parecchi uomini furono leggermente feriti. Bombardamento di Rimini. L’ incrociatore Sankt Georg, che colle torp. 1 e 2 costituiva il gruppo D, inviato ad operare con­ tro la costiera di Rimini, fu avvistato dalla stazione locale di vedetta fino dalle ore 3,30, mentre appa­ riva provenisse dal Sud : diresse verso Cesenatico, poscia invertì la rotta e ritornò di fronte a Rimini. • Alle ore 4,50 circa aprì il fuoco a distanza di 4000 m., prima coi cannoni da 240 mm., poi anche con quelli da 190 e da 152, contro la linea ferro­ viaria, e specialmente contro il nuovo ponte in ce­ mento armato, che attraversa lo scaricatore del fiume Marecchia sulla linea Rimini-Bologna. Mirò poi con tiro rapido in direzione della città contro il ponte in ferro, che attraversa il porto canale a la parte interna del canale. I cannoni da 76/40 antiaerei che avreb­ bero potuto prendere questo d’ infilata non erano ancora stati si­ stemati. 1 Ebbe numerosissimi fori sui fumaioli, sulle maniche a vento, sul ponte, sul palco di comando, ed altri piccoli danni prodotti da scheggie; un colpo in pieno percorse la corazza di cintura; un’altra granata nella carbonaia VI sulla sinistra, rimase inca­ strata senza esplodere nella paratia del deposito munizioni N. 4; la lancia tipo Berton andò in frantumi ed un’altra imbarcazione fu fortemente danneggiata. (Dal rapporto austriaco).
  • 42. — 30 — Sud della Capitaneria di Porto. Chiamato radiote- legraficamente a riunirsi al gruppo, cessò il fuoco alle ore 5,15 e, rinunciando al bombardamento di Pesaro, lasciò la costa italiana. 11 fumo, spinto contro la terra dal vento di N. E., nascondeva Teffetto del tiro, ed il ponte fer­ roviario non fu visto dai puntatori che dovettero servirsi delle graduazioni degli affusti per la punte­ ria in direzione; gli altri obbiettivi assegnati quali il gazometro, la stazione ferroviaria, l’acquedotto e gli stabilimenti industriali non furono individuati. Il bombardamento ebbe limitatissimo effetto : i due ponti sebbene colpiti non riportarono avarie tali da impedire il regolare servizio dei treni, e minimo fu il danneggiamento del materiale rotabile. Si eb­ bero però varie case lesionate, 1 morto e 7 feriti nella popolazione civile, e fu gravemente colpito un soldato di sentinella al ponte Bombardamento di Senigallia. Risultato poco più efficace ebbe il tiro che la corazzata Zrinyi, scortata dalle torpediniere 4 e 7 I Notizie desunte dal rapporto della capitaneria di porto di Rimini, e da quello del contrammiraglio Fiedler, comandante la ilottiglia incrociatori con insegna sul Sankt Georg. II soldato colpito, Dinanno Nicola di Chieti, nonostante il pe­ ricolo, restò fermo al suo posto di sentinella anche dopo che una granata, passando a tre metri di distanza, raggiunse il ponte; vi rimase fino a che, ferito alle gambe ed all’occhio dèstro e rag­ giunto dai compagni, fu condotto all’ospedale.
  • 43. eseguì con i grossi calibri dalle ore 4 alle 4,30 con­ tro la stazione ferroviaria di Senigallia, contro il serbatoio dell’acqua e gli impianti portuali del molo. Il semaforo fu distrutto, e furono danneg­ giati il ponte ed i binari, ma la linea fu riattivata pocbe ore dopo. All’ inizio del bombardamento stava per giungere un treno militare che portava il 135° battaglione di milizia territoriale prove­ niente da Forlì e diretto ad Aquila: fu colpito in due vagoni, uno dei quali s’ incendiò. Il battaglione sceso a terra si dispose in ordine sparso nella cam­ pagna; un nucleo di soldati rifugiatosi in una casa vicina fu raggiunto da una granata, che fece al­ cune vittime. Perirono dodici soldati e tre marinai della stazione semaforica; ma i danni maggiori fu­ rono sofferti dalla città : 37 furono le case danneg­ giate, alcune delle quali quasi completamente di­ roccate e 5 i morti nella popolazione civile Bombardamento di Potenza Picena. Per completare la narrazione delle operazioni delle unità nemiche nell’alto Adriatico, dobbiamo aggiungere che il gruppo C, costituito dalla coraz­ zata Radetzsky e delle torp. 73 e 56, tenne sotto il fuoco delle sue artiglierie dalle ore 4,37 alle 4,50 il ponte della ferrovia sopra il fiume Potenza, fra — 31 — 1 Dai rapporti del cornando della legione territoriale dei RR. Carabinieri. .
  • 44. — ¿2 — le stazioni di Porto Recanati e di Potenza Picena senza riuscire a colpirlo. Furono invece danneg­ giati i parapetti del vicino nuovo ponte in pietra sulla via provinciale e la strada ferrata, che fu riat­ tivata due ore dopo. Restò distrutta la casa canto­ niera dove perirono una donna con i suoi quattro figli, e furono feriti due agenti ferroviari.
  • 45. C a p i t o l o II. L’ APERTURA DELLE OSTILITÀ SUL MARE : LE PRIME OPERAZIONI N E L B A S S O A D R I A T I C O So m m a r i o : Crociere italiane di esplorazione nel basso Adriatico. — In­ contro notturno dei c. t. Aquilone e Turbine con unità nemiche. — Bombardamenti austriaci di Termoli, Campomarino, Torre Mileto, Tremiti, Vieste, Manfredonia, Barletta. — Sbarco italiano a Pela- gosa. — Azione navale ed affondamento del Turbine. — Esame dei risultati del primo giorno di ostilità. Nel basso Adriatico, così da una parte come dall’altra, incrociatori e cacciatorpediniere avevano eseguito crociere di esplorazione nei giorni imme­ diatamente precedenti la dichiarazione di guerra: gli Austriaci spingendosi da Sebenico fino alle Cur- zolari ed a Pelagosa, gli Italiani irradiandosi da Brindisi al canale di Otranto, lungo le coste alba­ nesi e fino verso Cattaro. L ’ incrociatore Admiral Spaun e i cacciatorpe­ diniere Wildfang, Streiter, Ulan ed llskoke, costi- 3, — La marina italiana, ecc., Voi. II.
  • 46. — 34 — tuenti il gruppo H delle forze navali austro-unga­ riche, che durante la giornata del 23 maggio erano rimasti all’ancora parte a Valle Grande, parte a Lago Grande di Lagosta, lasciarono la fonda alle ore 23 per recarsi in esplorazione sulla linea Pe- lagosa-Lagosta e per agire contro Tremiti e contro la costa da Torre Mileto a Termoli. L’altro gruppo G invece, composto dell’ incrociatore Helgoland e di quattro caccia del tipo Taira, doveva esplorare sulla linea Pelagosa-Gargano, agendo contro Vieste, Manfredonia e ¡Barletta. Nonostante che il numero delle nostre unità ef­ fettivamente dislocate in esplorazione strategica nel basso Adriatico nel primo giorno di guerra fosse alquanto inferiore al totale in originale prestabi­ lito, e nonostante la conseguente minore densità di distribuzione di esse sulla linea di crociera pur tuttavia la presenza del nemico a Sud del parallelo di Vieste venne accertata per l’ avvistamento fat­ 1 Dal dispaccio 569 R. P. in data 2 giugno 1915 del comandante in capo dell’armata al ministero della marina: « Le istruzioni da me date contemplavano la pronta costitu­ zione di una buona catena di vigilanza avanzata, capace di coprire Brindisi da un’eventuale sorpresa del nemico. In base agli ordini ministeriali, dovendo le ostilità aprirsi al mattino del 24 maggio, le unità di crociera dovevano assumere all’alba i rispettivi posti. Tutto ordinato e predisposto in tal senso si presentavano improv­ visamente alcune imprescindibili necessità per far fronte alle quali dovettero essere sostanzialmente cambiati gli ordini già im­ partiti. Tra le esigenze principali cito le seguenti: « a) la necessità di inviare a Malta i c. t. Indomito (3
  • 47. — 35 — tone dalla sezione dei nostri c. t. Aquilone e Tur­ bine solo un’ ora dopo che le ostilità si dovevano considerare aperte. Benché 1’ incontro notturno non abbia avuto un immediato seguito d’azione, ciò non di meno esso valse a provocare, alla suc­ cessiva alba, una ripresa di contatto ch’ ebbe il suo epilogo in un piccolo combattimento navale. Fra questi due episodi, che segnano le fasi ini­ ziale e finale del primo atto di guerra nel basso Adriatico (e che descriveremo ampiamente tra poco), sono cronologicamente interposti due altri avvenimenti degni di rilievo : le incursioni cioè già dette del nemico contro la zona garganica e Bar­ letta (ore 4,30) ed il colpo di mano compiuto da nostre unità a Pelagosa (ore 5). Prima però di esaminare particolareggiatamente queste quattro operazioni di guerra, si ritiene op­ portuno accennare sommariamente ai movimenti delle altre unità che si trovavano contemporanea­ mente in mare per differenti missioni, giovando ciò alla coordinazione degli avvenimenti ed a for­ nire una migliore visione complessiva della nostra per il pilotaggio delle unità alleate che dovevano aggregarsi alla nostra flotta) e conseguente sottrazione di essi alla linea di crociera ; « b) ritardato arrivo a Brindisi dei c. t. francesi sui quali si faceva assegnamento ; « c) anticipata apertura delle ostilità alla mezzanotte anziché all’alba del 24 maggio. « Per far fronte alla nuova situazione di fatto, gran parte degli ordini e delle disposizioni dovettero subire modifiche.... ».
  • 48. — 36 — situazione tattica nel basso Adriatico all’ atto del­ l’ apertura delle ostilità. Il Bixio, che alle 21h,30 del 23 maggio aveva raggiunto la zona assegnatagli dalle istruzioni, vi rimase in crociera sino alle ore 6h,25 del giorno successivo, quando, avendo intercettato la notizia che si combatteva sotto la costa pugliese, diresse a tutta forza verso il luogo dell’azione ove contava di giungere verso le IO1'. Ma in seguito a ordine del contrammiraglio Millo, uscito da Brindisi alle ore 7h col Marsala unitamente al c. t. Nembo ap­ pena pervenutagli la notizia del bombardamento effettuato dal nemico contro la zona garganica, il Bixio modificava la sua rotta, per unirsi a lui che intanto dirigeva a gran velocità verso Nord. Il Quarto, mentre si trovava nella propria zona di crociera, aveva ricevuto, alle ore 23 circa, ordine radiotelegrafico dal comando in capo della 2a squa­ dra (Brindisi) di procedere verso il golfo del Drin per appoggiare la sezione Animoso, Ardito, Auda­ ce nella missione di proteggere da attacchi di silu­ ranti nemiche i piroscafi e velieri nazionali che si trovavano a S. Giovanni di Medua. La riunione fra il Quarto e i caccia avvenne alle ore 4,30. Essi provvidero a fare allontanare da S. Giovanni di Medua il piroscafo Aurora, il rimorchiatore Aterno e i due velieri trovati alla fonda colà; dopo di che le varie unità diressero per le rispettive zone di crociera, che poi abbandonarono in seguito all’or­
  • 49. — 37 — dine radiotelegrafico di dirigere verso il Gargano per congiungersi al Marsala, nave ammiraglia. Nè il gruppo Marsala-Bixio nè il gruppo Quarto arrivarono in tempo per prendere contatto col ne­ mico che già da tempo era in ritirata su Sebenico. La sezione c. t. Nullo e Ardente uscì da Brin­ disi alle ore 3 del 24 maggio con l’ incarico di per­ lustrare la costa albanese per la scoperta delle basi di rifornimento dei sommergibili da S. Giovanni di Medua a Porto Palermo. Al largo di Capo Ro- doni diede caccia senza risultato ad un sommergi­ bile nemico avvistato, e più tardi nel golfo del Drin fu attaccato da due idrovolanti austriaci. I due c. t. Borea e Esperò (incaricati di rimor­ chiare fin verso il loro punto d’ agguato intorno a Cattaro i sommergibili Nereide e Velella) rientra­ rono a Brindisi rispettivamente alle 6h,30 e alle 7h,55. Il primo dei due caccia riferì di aver dovuto mollare il rimorchio a 30 miglia da Cattaro in se­ guito ad avvistamento di luci sospette, e che sulla via del ritorno fu inseguito da una squadriglia di 4 siluranti non identificate1. L 'Esperò uscì nuo­ vamente dal porto alle ore 10,30 unitamente alla Città di Palermo, inviata (come già era stato di­ sposto per la Città di Messina uscita alle 9h,30) in crociera di vigilanza verso Cattaro in sostituzione > 1 Non risulta nulla al riguardo di questo incontro dai docu­ menti austriaci.
  • 50. — 38 — degli esploratori Quarto e Bixìo che avevano diretto verso il Gargano. I sommergibili al ritorno dalla missione riferi­ rono che non vi era stato traffico di unità per le Bocche di Cattaro all’ infuori di tre torpediniere uscite alle 13b,30 del 24 maggio. Da ultimo giova ricordare che, in seguito alla notizia pervenuta dall’alto Adriatico della presenza davanti ad Ancona del grosso della flotta nemica, e nella previsione che questa scendesse a Sud, il co­ mando in capo dell’ armata alle 6h,35 ordinò a tutte le navi maggiori presemi a Taranto e a Brindisi di prepararsi a partire. La 5* divisione (Garibaldi, barese, Ferruccio, Vettor Pisani) uscì effettiva­ mente da Brindisi alle ore 8 con l’ ordine di recarsi ad incontrare sul parallelo di S. Maria di Leuca, a 20 miglia dal fanale, il grosso della flotta che sarebbe uscita da Taranto alle 9h,30. La 61 divi­ sione (Brin, Margherita) era in procinto di uscire a sua volta, quando giunse da Taranto l’ordine di sospendere la partenza e di richiamare in porto la 54 divisione, a motivo della notizia ricevuta dal capo dell’armata che la flotta nemica era in rotta per tomarei alle sue basi.
  • 51. — 39 — Incontro notturno fra la sezione c. t. «Aqui­ lone » e « Turbine » e la squadriglia dei c. t. « Csepel, Tatra, Orjen e Lika ». La sezione dei due vecchi c. t. Aquilone (c. c. Elmi Feoli) e Turbine (c. c. L. Bianchi), uscita da Brindisi alle ore 16 del giorno 23 per perlustrare la costa fino a Manfredonia, aveva navigato fino alla mezzanotte parallelamente alla costa pugliese incontrando un solo piroscafo, 1’ italiano Audace, noleggiato dal nostro governo. Soltanto ad l h del 24, mentre la sezione dirigeva per il rombo 25° per costeggiare la penisola garganica, il Turbine avvistò di prora a dritta uno scafo che navigava a piccolo moto verso 0 S 0 , e poco dopo due altre unità che nell’ oscurità furono ritenute essere due grossi cacciatorpediniere Il dubbio che nono­ stante il luogo dell’ incontro e la direzione di pro­ venienza si trattasse di navi amiche, avvalorato dal 1 Mentre i due c. t. italiani manovravano, l ’unità prima avvi­ stata navigava a piccola velocità: accese per qualche istante i fa­ nali di via verde e bianco, ripetè l’accensione quando l’Aquilone fece il segnale di riconoscimento, e rispose a questo chiamando con un fanaletto da combattimento. L’Aquilone nel rintracciarla nuovamente dopo averla perduta di vista una prima volta, si vide avvicinare da altri due scafi che giudicò essere due c. t. Davanti a forze superiori prese caccia: volendo però uscire dal dubbio dell’ identificazione, accese per un istante il proiettore alla luce
  • 52. — 40 — contegno passivo delle unità avvistate, di cui era evidente la superiorità, fece insistere i nostri cac­ ciatorpediniere nei tentativi di riconoscimento. 'Passò cosi il momento utile per il lancio di siluri ed i due gruppi si perdettero di vista. Dall’ incon­ tro derivò però la separazione dei nostri due cac­ ciatorpediniere, che fece trovare la mattina se­ guente il Turbine isolato, allorché fu attaccato da forze soverchiami. Bombardamento di Termoli, di Campomarino e dei semafori di Torre Mileto e Tremiti. Come i gruppi nemici nell’alto Adriatico, così quelli operanti nel basso si erano diviso il compito di bombardare alcuni punti costieri. L’’Admiral Spaun alle ore 4,10 tirò per circa dieci minuti contro il ponte della ferrovia sul torrente Sinarca, fra Montenero e Termoli, demolendo parte del pa- del quale credette riconoscere una nave del tipo Ad. Spaun. Non riuscì peraltro ad eliminare il dubbio preesistente che le circo­ stanze gli avevano fatto nascere: che potesse cioè trattarsi di unità italiane tanto più che i due scafi più piccoli avvistati non inseguirono. Nessun cenno di quest’ incontro è stato trovato nei rapporti austriaci; è molto probabile che si trattasse di unità del gruppo Helgoland, che più o meno alla stessa ora dovevano tro­ varsi in quei paraggi, e precisamente di questo incrociatore le di due caccia; e che non abbiano aperto il fuoco, scambiando i cacciatorpediniere italiani per gli altri due caccia del loro gruppo.
  • 53.
  • 54.
  • 55. rapetto, e colpendo il muro frontale, gli archi e le pile senza peraltro interrompere la circolazione dei treni, che continuò a velocità ridotta. Successi­ vamente bombardò la stazione di Termoli danneg­ giandone due magazzini, il ponte sul fiume IBiferno presso Campomarino senza colpirlo, ed un treno merci che riportò poco danno nella locomotiva e nel bagagliaio. Alle ore 5 lo Spaun faceva rotta per Tremiti per unirsi al c. t. IVildfang, il quale, dopo aver diretto all’ alba per circa mezz’ora insieme al c. t. Uskoke un tiro poco efficace contro il sema­ foro dell’ isola di Tremiti, aveva avuto un’ avaria al timone. Contemporaneamente il c. t. Streiter 1 sparava 70 colpi sul semaforo di Torre Mileto in­ fliggendo danni di lieve entità. Nessuna delle silu­ ranti riuscì a trovare l’ approdo dei cavi telegrafici. Bombardamento di Vieste, Manfredonia e Barletta. Per completare il racconto delle operazioni ne­ miche contro la nostra costa, dobbiamo ricordare ancora il tiro eseguito a distanza di circa 800 m. dal c. t. Lika del gruppo G coi cannoni da 100 mm. contro il semaforo di Vieste. Battuto durante venti minuti consecutivi, questo fu in parte diroccato, — 41 — 1 II c. t. Ulan, pure dello steslso gruppo H, non prese parte a nessuna azione a causa di un’avaria dell’apparato motore.
  • 56. — 42 — ma il personale che lo presidiava non fu colpito; potè mettere in salvo, e trasferire nella stazione di vedetta di rifugio il materiale di segnalazione, e riprendere poi l’ esercizio del posto semaforico dopo che il nemico si fu allontanato. Gli altri due cacciatorpediniere del gruppo G, lo Csepel cioè ed il Taira, portatisi davanti a Man­ fredonia cagionarono danni ai fabbricati ed al ma­ teriale rotabile della ferrovia, tirando da breve di­ stanza per una buona mezz’ora sulla stazione e sul deposito delle locomotive x. Infine l’ incrociatore Helgoland, capo dello stes­ so gruppo G, lasciato al largo in vigilanza il c. t. Orien, si avvicinava a Barletta mentre imperver­ savano forti raffiche di pioggia e, giunto a 700 m. dalla testata della diga meridionale, apriva il fuoco dopo le ore 4, coi cannoni poppieri: ma, non di­ scernendo nella foschia nè la stazione ferroviaria nè i depositi di combustibili, limitava la sua opera distruttiva ad alcuni vagoni giacenti sui binari di smistamento. 1 Hans Sokol nella Guerra marittima dell’Austria-Ungheria, 1914-1918, opera scrìtta su documenti dell’archivio di guerra della marina austro-ungarica, dice che un battello locale avvicinatosi allo Csepel, dette volentieri le indicazioni richiestegli sull'ubica­ zione della stazione. Ciò non deve far meraviglia in quanto che le navi austriache a bordo delle quali sì parlava correntemente l’ italiano, potevano facilmente essere scambiate per navi nazio­ nali alla scarsa luce della prima alba. Le navi austriache alzarono la bandiera soltanto all’ inizio del tiro.
  • 57. Sbarco italiano nell’ isola di Pelagosa. Secondo gli ordini di operazione già ricordati, la R. N. Libia, accompagnata dall’ incrociatore au­ siliario Città di Siracusa, avrebbe dovuto con un un rapido colpo di mano catturare il presidio del faro e della stazione di vedetta di Pelagosa, e di­ struggere il poco materiale militare eventualmente esistente Avendo perciò atterrato alle ore 5, fu subito inviato a terra un reparto da sbarco di 42 uomini, comprendente anche una sezione ridotta del parco minatori. La configurazione rupestre del- P isola, di natura calcarea, con le sue anfrattuosità difficilmente praticabili, offriva il modo a chi fosse pratico dei luoghi di trovare rifugio sicuro e na­ scosto per un numero limitato di persone; sarebbe stata necessaria per scovarli una lunga ricerca si­ stematica, che i nostri marinai non ebbero tempo di fare. Sbarcati, si divisero in due squadre e per­ lustrarono l’ isola fino alle 8h20, ora in cui dovet­ tero tornare a bordo, senza aver incontrato nè mi­ litari, nè alcuno dei pochissimi abitatori dell’ isola. Questa apparve essere del tutto indifesa ed il ri­ sultato dello sbarco fu nullo. 1 Un’azione simile a Pelagosa con risultati pressoché uguali era stata fatta anche l’anno precèdente, il 19 settembre, dall’ in­ crociatore francese Ernest Renan. Il nostro colpo di mano voleva però preludere all’occupazione dell’ isola in un secondo tempo, per fame, come vedremo in seguito, un posto di vedetta avanzato.
  • 58. — 44 — Azione navale nel basso Adriatico. Mentre 1’ Helgoland dopo le 4h, come abbiamo detto, iniziava il fuoco contro Barletta, si avvici­ navano da rombi poco diversi i c. t. Aquilorw e Turbine che, separati dal dubbioso incontro not­ turno, avevano navigato isolatamente durante il re­ sto della notte dandosi convegno all’ alba presso quel porto. L’avvistamento da una parte e dall’ al­ tra avveniva quasi simultaneamente alle ore 4,15 circa. L’Aquilone, accortosi di aver di fronte una unità più potente e non avendo veduto il Turbine ’ , prendeva subito caccia correndo verso scirocco pa­ rallelamente alla costa, e 1’ Helgoland, che aveva appena cominciato a sparare contro l’ obbiettivo terrestre a distanza di 4.000 m. (6.000 secondo il rapporto dell’ Helgoland), rivolse contro di lui il tiro di una parte dei suoi cannoni. L'Aquilone ri­ spose, ma la distanza, che era prima diminuita, andò poi rapidamente aumentando oltre i limiti del contatto balistico, sicché il fuoco di nessuno dei due contendenti fu efficace 2. 1 Nessuno dei due c. t. italiani avvistò l’altro, pur sapendo, per il punto di riunione datosi, di non dover essere lontani. 2 Secondo il rapporto delVAquilone la distanza sarebbe dimi­ nuita fino a 2500 m. mentre secondo l'Helgoland essa sarebbe stata sempre molto maggiore. Fra i rapporti dei comandanti così austriaci come italiani vi sono talvolta discrepanze nel riferire di-
  • 59. — 45 — Cessato allora il tiro contro VAquilone e scorto l’altro caccia, l’ Helgoland diresse contro questo le sue artiglierie. Dal rapporto del comandante del Turbine, a cominciare dall’ avvistamento, ripor­ tiamo quanto segue : « ....Scorsi nella bruma verso S. E. una nave che si presentava di prora sicché mi era impossi­ bile identificarla precisamente, ma che potei su­ bito riconoscere del tipo esploratore. Per quanto fossi fiducioso che fosse una delle nostre navi tipo Marsala, 1’ incontro della quale mettevo in rela­ zione con quanto mi era occorso nella notte, feci chiamare a posto di combattimento generale e feci avvertire le macchine di star pronti a muovere alla massima velocità, pur continuando a procedere a 18 miglia. Poco dopo, mentre la nave avvistata distava da me circa 9000 metri, essa accostò sulla sua dritta, presentandomi cosi il suo fianco sinistro dal quale vidi distintamente partire una salva che andò ad esplodere a terra. « Riconobbi allora un esploratore austro-unga­ rico tipo Admiral Spaun (1’ Helgoland) e non pen­ sando all’ ordine avuto di evitare di impegnarmi contro forze superiori, ma cedendo solo all’ im­ pulso dell’ indignazione provocata nell’ animo mio dal veder bombardare una nostra città indifesa, stanze e movimenti, che rendono difficile la precisa ricostruzione della manovra. Ci siamo attenuti alla versione che dalla succes­ sione degli avvenimenti appare la più attendibile.
  • 60. — 46 — ordinai alle macchine di mettere a tutta forza e diressi contro l’esploratore nemico. Avevo già dato ordine ai pezzi di caricare e di star pronti a far fuoco alla distanza di 7000 metri che stavo quasi per raggiungere, quando pensai che mi sarebbe stato più vantaggioso attaccare col siluro, e perciò sospesi l’ordine di far fuoco lasciando però i pezzi carichi. Dopo due o tre salve contro la città di Bar­ letta, l’ Helgoland aprì il fuoco anche sulla sua dritta verso il largo, sicché pensai che VAquilone si fosse impegnato, perchè in base al suo radiote­ legramma («punto di riunione Barletta») in quelle vicinanze doveva trovarsi, e da ciò presi maggior fiducia nella riuscita dell’attacco che spe­ ravo di poter portare a fondo. Quasi subito però 1’ Helgoland cessò il fuoco da ambo i lati, e puntò decisamente contro di me, cercando di cacciarmi contro la costa. Vidi allora ben dubbia la riuscita di un lancio di controbordo eseguito con velocità relativa di 60 miglia, a meno di cacciarmi sotto a distanze talmente ristrette da ammettere come probabilissimi serii danni al Turbine. Di più nelle circostanze nelle quali mi trovavo, sembravami di aver raggiunto due scopi importanti, cioè quello di impedire il bombardamento della città e quello di disimpegnare VAquilone; perciò parvemi dove­ roso di attenermi all’ordine di non impegnarmi contro forze superiori senza avere probabilità di riuscita; accostai pertanto sulla mia sinistra pren­ dendo caccia rispetto all’ Helgoland.
  • 61. «Dopo l’accostata mi trovai a poco meno di 6000 metri da esso che muoveva contro di me a tutta forza. Ero pronto a rispondere al fuoco ap­ pena fosse stato iniziato dal nemico, il quale credo thè non lo abbia aperto perchè disturbato un po’ dal fumo che feci fare e perchè forse sperava di poter riuscire a serrare le distanze col Turbine. (Ben presto potei guadagnare in modo sensibile sulla distanza ed allora feci diminuire l’ andatura a quella con due caldaie, ciò per risparmio di com- buftibile e di usura degli organi delle macchine e perchè avevo visto che potevo mantenere 1’ Hel­ goland sotto un angolo di traguardo di 165° sulla dritta senza perderlo nella distanza ». Frattanto da ambo le parti s’ informavano del- 1’ incontro i rispettivi capi e le altre unità in mare : 1’ Helgoland ordinava con radiotelegramma la riu­ nione ai quattro caccia del suo gruppo, che non dovevano essere lontani, indicando la sua posi­ zione delle ore 5,15 ed avvertiva nello stesso tempo YAdm. Spaun; il Turbine segnalava di es­ sere impegnato coll’ incrociatore avversario, senza peraltro ottenere risposta 2. Sperava intanto di riu­ scire a portare il nemico verso la linea di crociera dei nostri incrociatori, prendendo una rotta pie­ gata a levante più che fosse possibile. 1 13 miglia a S. E. di Vieste, vel. 28 m,g., rotta 60°. 2 La notizia fu raccolta dal Quarto e dalla Libia, e da Brindisi uscì il Marsala (amm. Millo) con altre unità.
  • 62. — 48 — « Schiarito il cielo di prua — continua il rap­ porto del comandante del Turbine — vidi che cor­ revo sul Gargano a metà quasi del promontorio, sicché mi si manifestò la necessità di governare con un angolo di traguardo sull’ Helgoland più ristret­ to, angolo che per di più conveniva anche per po­ tere, dirò così, pilotare VHelgoland in un punto tale della linea dei nostri esploratori, il più pros­ simo possibile al gruppo centrale, mentre tenevo presente la necessità di allontanarlo da Pelagosa, contro la quale sapevo essere andata la Libia ed uno degli incrociatori ausiliari, navi che data la loro velocità non avrebbero potuto impegnare VHel­ goland. Per quanto sopra, feci spingere le mac­ chine alla massima potenza con tutte e tre le cal­ daie in azione e cercai di mantenere la rotta più a levante che mi era possibile senza avvicinarmi a meno di 7000 inetri dall’ Helgoland. Tentavo sem­ pre di mettermi in comunicazione r. t. con qual­ cuna delle nostre unità sperando di poter far con­ centrare forze abbondanti, tali da poter avere com­ pleta ragione dell’ Helgoland. « Circa le ore 5,30 poco a pruavia del mio tra­ verso a sinistra, in vicinanza del Gargano scorsi due fumi, e ben presto due scafi che muovevano ad alta velocità verso di me. Per quanto non fosse possibile in modo alcuno individuare i nuovi arri­ vati, pure li sospettai avversari e compresi la ma­ novra precedentemente fatta dall’ Helgoland e la necessità in cui mi trovavo di dover accettare com­
  • 63. — 49 — battimento contro forze eccessivamente superiori e preponderanti; ma speravo ancora di avere con­ tro dei c. t. tipo Huszar e fidavo pienamente nel­ l’ arrivo dei nostri che ritenevo sicuro, se non per le chiamate r. t., almeno per il rombo del cannone che non poteva tardare a farsi sentire, tanto più che io velocemente mi avvicinavo alle loro posi­ zioni. « Ben presto ebbi a sospettare che le due nuove unità avvistate fossero c. t. austriaci del tipo Taira, e ben conscio di dovermi allontanare da essi che avrebbero dovuto avere su di me sensibile supe­ riorità di velocità, non esitai a governare suWHel- goland con un angolo di traguardo a 10° soli a pop­ pavia del traverso. «A lle 5h,45 mi trovavo a passare in vici­ nanza di Vieste, a poco più di un miglio da terra con rotta circa per N, inseguito da due c. t. tipo Taira 1 che avevo perfettamente riconosciuto e dei quali uno era a 5400 metri di poppa poco a sini­ stra, l’altro a circa 6000 metri di poppa pochissimo a dritta ed infine avevo, quasi al traverso a dritta, a circa 7000 metri VHelgoland. « Per quanto ritenessi la distanza dal c. t. più prossimo già conveniente per il tiro, pure diedi or­ dine di non aprire il fuoco sino a che non lo ini­ ziasse il nemico; ciò perchè, essendo armato con cannoni di piccolo calibro inferiori in potenza, mi 1 Csepel e Taira. 4. — La marina italiana, ecc., Voi. II.
  • 64. — 50 — conveniva iniziare il combattimento a distanze più ravvicinate, e poi perchè, fiducioso di poter pro­ trarre a lungo il combattimento, s’ imponeva l’eco­ nomia di munizioni. etAlle 5h48, alla distanza di metri 5300, lo Csepel aprì il fuoco contro il Turbine con tutti i pezzi del iato dritto; il Turbine subito rispondeva col pezzo di poppa e con quello del centro a sini­ stra, non potendo, per deficienza del campo del tiro, far fuoco col pezzo del ponte di comando, mentre doveva tenere una rotta obbligata a causa della sua particolare situazione rispetto al nemico. Dopo il primo colpo dello Csepel e la prima rispo­ sta del Turbine, il Tatra e l’Helgoland comincia­ rono anch’essi ad aprire il fuoco. Stavano dunque contro i due pezzi da 76 mm. del Turbine : 6 pezzi da 66 mm. (3 del Tatra, 3 dello Csepel) 10 pezzi da 110 mm. (6 deìVHelgoland, 2 dello Csepel e 2 del Tatra). La lotta era ben dispari, ma nè io nè il mio equipaggio disperavamo di poterne uscire con ono­ re 1 ed anche con fortuna, anzi ci sosteneva viva la speranza di poter riuscire a portare il nemico in mezzo ai nostri e di fare così invertire le sorti della lotta. « Il tiro del nemico era ben nutrito ma poco 1 Si legge nei rapporti austriaci: « I l c. t. nemico rispose su­ bito al fuoco dei nostri c. t. » (Rapp. Helgoland). « I proiettili ne­ mici cadevano nelle nostre vicinanze ed uno di essi cadde rasente la prua sollevando una colonna d’acqua che bagnò la plancia *> (Rapp. Csepel).
  • 65. — 51 — centrato, ed il Turbine, circondalo da granate che scoppiavano a mare a lui vicine e vicinissime, pro­ cedeva illeso, mentre sia per la velocità raggiunta ‘, sia per le costanti leggere accostate a dritta non su­ bito percettibili del nemico riusciva, se non a man­ tenere la distanza, almeno a farla variare così len­ tamente da poter sperare di prolungare la lotta per molto tempo. « Purtroppo le forti vibrazioni dello scafo non permettevano al Turbine un tiro molto esatto e, per di più, sia per una particolare luce, sia a causa delle granate nemiche che scoppiavano sotto il bordo, era ben difficile riconoscere i punti di ca­ duta dei nostri proiettili; tuttavia le poche volte in cui potei scorgerli, parvemi che il nostro tiro fosse buono e perciò fondai speranze su qualche colpo fortunato. Ben presto a bordo si ebbero dei fe­ riti: a me daccanto una scheggia di granata lace­ rava il polpaccio (mi sembra della gamba destra), al marinaio Campo Mariano, caricatore del pezzo sul ponte di comando; altra scheggia di granata colpiva al braccio destro il marinaio Molfino, e gli asportava nettamente la mano a mezzo avam­ braccio; altri feriti erano in coperta, tra i quali il sotto capo cannoniere Elia con un fianco ed una 1 II Turbine raggiunse durante 1’ inseguimento la velocità di quasi 30 miglia orarie, ciò che, data la sua età, e in considera­ zione delle sue macchine alternative, rappresentava un risultato ap­ prezzabilissimo.
  • 66. — 52 — coscia squarciati e ¡1 fuochista S. A. Rametta ch’ era stato colpito da una scheggia di granata alla schie­ na. Però a bordo tutto continuava a procedere re­ golarmente; il personale disimpegnava il proprio servizio come se si trattasse di una esercitazione in gara con altre unità; anche i feriti diedero prova di coraggio e di forza d’animo nel vincere il dolore. « Tutti gli organi importanti della nave fun­ zionavano e se si eccettua l’asportazione dei con­ tagiri sul ponte di comando e qualche portello e manicavento rotto e contorto da scheggie di gra­ nate, non si aveva da lamentare nessun’ altra avaria. « Dopo circa mezz’ ora di combattimento che ri­ sultava ancora completamente indeciso nei risul­ tati, fui investito da un piovasco. Sperai di avere da questa circostanza un qualche vantaggio e cioè di poterne profittare per distanziarmi dai c. t. ne­ mici con un’ accostata decisa verso levante, per la quale mi sarei avvicinato all’ Helgoland quasi di sorpresa, e cioè in condizione vantaggiosa per non subirne troppo l’offesa e forse anche favorevole ad un lancio di siluri. Purtroppo il piovasco ebbe lie­ ve intensità e brevissima durata sicché non solo non mi occultò per nulla alla vista del nemico, ma nemmeno mi tenne per qualche istante a lui offu­ scato. Riuscì però forse a disturbare il tiro inquan- tochè il nemico stesso prendeva l’acqua in faccia. Durante il piovasco fui colpito lievemente alla te­ sta da una scheggia di granata, per cui ebbi un lie­ vissimo e breve stordimento che però non m’ im­
  • 67. — 53 — pedi in nulla di continuare, con piena coscienza, nella direzione del mio c. t. « Dolorosamente fin dal principio del combat­ timento si manifestò qualche inconveniente ai pez­ zi : particolarmente difficoltà di estrazione dei bos­ soli per cui ne derivava un tiro lento. Più grave apparve la difficoltà di puntare causata dall’offu- scamento del cannocchiale dovuto alle proiezioni d’ acqua, sia nell’oculare sia nell’obbiettivo, deri­ vanti dallo scoppio delle granate nemiche attorno al Turbine. Se dalla parte dell’ obbiettivo si po­ teva togliere l’acqua abbastanza facilmente, non cosi era per l’oculare il cui prosciugamento richie­ deva spesso di togliere il cannocchiale dal suo so­ stegno; e non di rado appena finito tale lavoro bi­ sognava ricominciarlo. « L'equipaggio lavorava serenamente nonostan­ te la pioggia di granate nemiche che sempre era incessante ed intensa. « Osservai che in massima parte il tiro dello Csepel cadeva poco a pruavia del Turbine od al­ l’ altezza della macchina, e per lungo tempo, quasi costantemente, si raggiungeva con la prua il punto di scoppio di una o due granate contemporanea­ mente, sicché sul ponte di comando si era bagnati dallo spruzzo d’ acqua sollevato. Il tiro del Tatra cadeva invece quasi sempre sulla poppa del Tur­ bine; VHelgoland sparava male e le sue salve ra­ ramente cadevano in vicinanza nostra, ma quasi sempre dai 50 ai 100 m. a pruavia lungo la rotta
  • 68. — 54 — del Turbine. Per il tiro del Tatra e dello Csepel cominciai a temere di poter essere preso in pieno da qualche salva ben centrata, e siccome parvemi che il tiro dello Csepel si presentasse come il più pericoloso, detti ordine di diminuire la velocità; a causa della rottura dei telegrafi l’ ordine non fu potuto trasmettere in macchina. Vista quest’ avaria, temendo poi di non poter più essere padrone delle macchine in modo rapido e non ritenendo la di­ minuzione di velocità assolutamente indispensa­ bile, vi rinunciai sebbene a malincuore perchè da essa mi promettevo, facendolo di sorpresa, non solo di disturbare il centramento del tiro nemico ma la possibilità di fare alcuni colpi con piatta­ forma meno traballante di quella che si era avuta fino ad allora. «Circa le ore 5,30 il nemico cessò il fuoco; lo feci cessare anch’ io per profittare della sosta per mettere in ordine i pezzi, particolarmente i can­ nocchiali ed anche per una giusta economia di mu­ nizioni, che, dato il protrarsi della lotta, il con­ sumo che se ne era già fatto e le speranze che io nutriva, mi appariva più che necessaria. In base a questo concetto e alla distanza di 6500 ai 7000 me­ tri daVHelgoland non avevo mai utilizzato i pezzi di dritta e della plancia, che erano inoperosi con­ tro di esso. « Poco dopo cessato il fuoco ebbi anche la spe­ ranza di essere sfuggito al nemico e di avere ben presto soccorsi, perchè avevo scorto un fumo che,
  • 69. ♦ proveniente da NNE, si avvicinava a me rapi­ damente. Cercai perciò per quanto mi era possi­ bile, di dirigere verso detto fumo. « Trascorsi circa 10 minuti di sosta, i c. t., dei quali lo Csepel si era avvicinato a 4.600 m. mentre il Taira era oltre i 5.000 m., ripresero il fuoco al quale feci prontamente rispondere. Non mi era possibile, neanche lontanamente, stabilire se la na­ ve o silurante che si avvicinava era amica o nemica, perchè si presentava di prora, ma benché sperassi fosse italiana e questa mia speranza avesse un certo fondamento per la direzione dalla quale proveni­ va, cioè dalla zona che avrebbe dovuto occupare il nostro esploratore centrale , pure avvisai alla pos­ sibilità che l’ unità fosse nemica, e prevedendo che non l’ avrei potuta riconoscere che relativamente vicino, ordinai che il pezzo del ponte di comando e quello del centro a dritta, sino allora inoperosi o quasi, fossero pronti al bisogno contro il nuovo venuto. Sino allora le sorti del combattimento mi lasciavano bene sperare. «A lle ore 6,10 circa l’ unità che sopraggiunge­ va, a distanza di m 6.500 accostò a sinistra presen­ tandomi il fianco dritto e mi si manifestò quale un c. t. Tatra2. Feci aprire subito il fuoco contro di esso. Detto c. t.... continuò l’ accostata senza far — 55 — 1 R. N. Bixio. * Era il Lika a cui VHelgoland aveva ordinato di tagliare la rotta al c. t. italiano.
  • 70. » fuoco sino ad avere una rotta un po’ convergente e nella stessa direzione della mia risultando a circa 10° a poppavia del mio traverso a dritta. Quando fu a circa 4500 metri aprì il fuoco centrandolo quasi subito tanto da mettere un colpo nella caldaia di poppa, sicché si ebbe una violentissima esplo­ sione con forte fuoruscita di vapore. « Per fortuna era possibile intercettare la cal­ daia avariata e poter riprendere la corsa con ve­ locità abbastanza buona inquantochè il tubo prin­ cipale di vapore pareva in buone condizioni; ma ancor prima di poter provvedere a ciò e quasi su­ bito dopo il primo colpo, un’ altro raggiungeva la caldaia di prora; sicché avveniva una nuova violen­ tissima esplosione della caldaia e probabilmente an­ che del riscaldatore della nafta. Questa seconda esplosione raggiunse il ponte di comando; il va­ pore m’ investì, mi sollevò e mi sbattè sul ponte stesso, restando il colpo attutito, perchè prima di me e sotto di me era caduto il capo timoniere. A tutta prima non compresi che cosa fosse successo, e ritenni che fosse scoppiata una granata nemica presso di me. Rialzandomi in piedi vidi una gran nuvola di vapore. Poi dolorosamente mi accorsi che il cacciatorpediniere aveva le macchine ferme e che avanzava ancora per abbrivo. Vidi i due pezzi presso le caldaie avariati nei congegni di mira, vidi in coperta due marinai che si dibattevano sul pon­ te, forse feriti od ustionati. Il direttore di macchina venne a dirmi che non aveva più vapore, mentre — 56 —
  • 71. — 57 — il comandante in 21 m’ informava che anche il pezzo di poppa era in cattive condizioni perchè il cannocchiale era inservibile. Ordinai allora di apri­ re tutte le prese d’ acqua e di affondare il c. t. ; or­ dinai quindi al comandante in 2a di far regolare i siluri a 2 metri e di predisporre i siluri al lancio a 45° a poppavia del traverso a dritta ed a sinistra, nella speranza di poter ancora eseguire un lancio contro qualche c. t. austriaco, che si fosse avvici­ nato. Il pezzo di prora intanto, che era l’unico ancora servibile, dopo aver continuato a sparare contro il Lika che era passato molto a ¡pruavia, do­ vette cessare il fuoco causa l’ incaglio di un bos­ solo. L’ equipaggio lavorava per eseguire i miei or­ dini indifferente alla pioggia di granate che con­ tinuava incessante. (( Il comandante in 2a, il direttore di macchina ed il capo timoniere in modo sereno ed esemplare infondevano in tutti energia col loro esempio. « I c. t. nemici che erano di poppa, visto il Turbine fermo, si fermarono anch’ essi, tenendosi a circa 2.000 metri in un settore di 20° circa da pop­ pa a dritta ed a sinistra; il Lika con ampio giro andava a prendere posizione in vicinanza degli altri due c. t. e così pure faceva YHelgoland. «Il Taira e lo Csepel sparavano intensamente e il loro tiro, data 1’ immobilità del bersaglio, di­ ventava sempre più centrato; qualche colpo spara­ vano anche il Lika e YHelgoland. Il Turbine fu raggiunto due o tre volte, ed un colpo entrato in
  • 72. 58 — macchina vi uccideva due fuochisti (Credo A. Di Benedetto e Rapallo), ed obbligava per il gas del­ l’esplosione a salire in coperta il capo meccanico di 2a classe Botta ed il direttore di macchina, il quale ultimo restava quasi asfissiato e per qualche po’ fuori di sensi presso il boccaporto delle mac­ chine. « Il comandante in 2a venne a riferirmi che era impossibile brandeggiare i tubi di lancio perchè sia per l’esplosione delle granate nemiche, sia per l’ esplosione delle caldaie, il ponte era de­ formato e i tubi stessi erano come incastrati sulle circolari nella posizione in cui erano stati messi la sera precedente, e cioè a 35° in caccia uno a dritta e l’ altro a sinistra. Ordinai allora a tutto il perso­ nale di cingere la cintura di salvataggio, poi chia­ mai tutto l’ equipaggio e da tutti ripetutamente si alzò il grido di: Viva T Italia! Viva il Re! e vi fu anche il grido di : Viva il Turbine! « Le condizioni erano disperate ; anche gli ul­ timi tentativi di riattivare il pezzo di poppa erano andati falliti. « II nemico che sparava sempre, fortunatamente poco bene, continuò il fuoco ancora per 3 o 4 mi­ nuti, avvicinandosi sempre a piccolo moto. «L o Csepel ed il Tatra arrivati a circa 1.000 metri di poppa si fermarono, il primo a sinistra, il secondo a dritta. Entrambi i comandanti ordi­
  • 73. — 59 — narono di cacciarci tulli in mare, se 110 avrebbero aperto il fuoco. Per risparmiare un macello, or­ mai inutile, di gente, ordinai all’equipaggio di cac­ ciarsi in mare, e con orgoglio posso dire che non pochi volevano rimanere a bordo e che dovetti loro imporre di abbandonare la nave. Ordinai al capo timoniere di ammainare il battello, di imbarcarvi i feriti gravi e di portarli sopra uno dei c. t. nemici. Fatto ciò scesi nel mio alloggio per provvedere al­ l’ affondamento dell’ archivio riservatissimo già pre­ viamente preparato allo scopo, ma trovai tutto sconquassato dallo scoppio di una granata in modo che non era possibile ricuperare cosa alcuna ; di più dai rottami usciva un puzzo di bruciato ed un leg­ gero fumo. Cercai di ritrovare dei documenti, ma mi fu impossibile, sicché tornai in coperta; quivi vidi che erano ancora a bordo il comandante in 2% il direttore di macchina e due o tre marinai, fra i quali il marinaio Giacobbe. Il comandante in 2a ed il marinaio Giacobbe scesero nel mio alloggio per vedere di ricuperare quanto era possibile. Intanto dallo Csepel e dal Tatra veniva sempre più peren­ torio l’ ordine di abbandonare la nave, ed io obbli­ gai tutti i rimanenti ad andare a mare e molto do­ vetti insistere col direttore di macchina. Intanto ve­ devo che parte dell’ equipagggio era ancora in acqua e parte era già stato ricuperato dai c. t. austriaci che, grazie a Dio, non avevano messa alcuna imbar­ cazione in mare. Ritornati in coperta il marinaio Giacobbe e poi il comandante in 2*, e saputo da
  • 74. — 60 — loro F inutilità dei loro sforzi per ricuperare le parti di archivio nello sfacelo del mio alloggio, or­ dinai loro di cacciarsi in mare, ma il tenente di vascello sig. Ferrari voleva restare con me, e solo quando gli promisi che lo avrei subito seguito in acqua si decise ad ottemperare al mio ordine. « Rimasto solo a bordo cominciai a visitare i locali interni a partire da poppa. Il Turbine era sensibilmente sbandato sulla sinistra, circa 10°. Nell’ alloggio di poppa dei cannonieri e torpedi­ nieri l’acqua era oltre mezzo metro sopra il pon­ te, similmente era nel locale per l’ alloggio dei sot­ tufficiali meccanici. Nell’ alloggio ufficiali comin­ ciava ad entrare acqua dalle serrette del locale sottostante per il passaggio degli assi delle eliche. Nel locale della dinamo vi era poca acqua; in mac­ china l’ acqua sorpassava il pagliolo dal lato dritto, mentre a sinistra ve n’ era più di mezzo metro. (( Giacevano quivi i cadaveri di due marinai che non potei bene identificare, ma che, come dissi, erano forse i fuochisti A. Di Benedetto e Rapallo. Nei locali delle caldaie non mi fu possibile di en­ trare a causa del rovinio e della devastazione dei boccaporti di accesso, e solo a stento nel locale poppiero delle caldaie potei gettare uno sguardo attraverso il manicavento del ventilatore che era tutto sconquassato, ma non potei distinguere nulla per l’ oscurità. Sceso nel locale di alloggio dei ma­ rinai a prora a sinistra trovai che vi era poca acqua sul lato sinistro e molti sacchi e brande sul ponte.
  • 75. — 61 — Salito in coperta trovai il capo timoniere che mi ri­ ferì ch’ egli non si allontanava sino a che non fossi andato con lui e coi feriti nel battello; gli ordinai ancora di allontanarsi dicendo che avevo ancora da fare e mi diressi sul ponte di comando. Sorve­ gliavo che gli austriaci non mettessero a mare al­ cuna imbarcazione perchè desideravo non salissero a bordo mentre ero ben deciso ad impedirlo ed allo scopo mi ero munito di un martello che avevo tro­ vato in coperta col quale all’ occorrenza avrei fatto saltare la testa di un siluro. Sul ponte di comando ebbi col megafono all’ incirca questa conversazione col comandante del Tatra : A mare presto che apro subito il fuoco per affondarvi. A che risposi: Pre­ go aspettare che non vi sia più gente in mare, poi fate ciò che volete. Ed il comandante del Tatra continuò a gridare : Presto a mare anche voi. Mi parve che egli denotasse agitazione e premura su­ periori alle circostanze ed osservai che sul ponte di comando del Tatra tutti guardavano attentamen­ te e con i binocoli verso NE. Presi anch’ io il bi­ nocolo e guardai nella stessa direzione e vidi due fumi e due scafi ancora molto distanti sicché non potei precisare chi fossero; supposi e sperai fossero nostri». E ancora dallo stesso rapporto: « .... il Tur­ bine intanto aveva preso un forte sbandamento a sinistra quasi repentino, sicché ricordo che la di­ scesa nel battello la feci quasi sdrucciolando lungo il bordo. Dal battello pensai subito a guardare il
  • 76. — 62 — Turbine e ne vidi il fianco letteralmente bucherel­ lato dalla linea di galleggiamento a prora. La parte di poppa era sommersa fino quasi agli hublots. « Mentre stavo guardando la mia disgraziata na­ ve sentii che il battello era violentemente inve­ stito sul lato dritto da una imbarcazione austriaca che ci aveva abbordato. Dei marinai ci agguanta­ rono e portarono me ed i feriti nella loro imbar­ cazione. «Io non feci alcuna resistenza; sceso dalla mia nave ero rimasto come intontito. « L’ imbarcazione austriaca fu chiamata preci­ pitosamente a bordo, subito alzata alla grua e io fui condotto con parte dei miei marinai sotto al castello ». Contro la silurante che stava sempre lentamente affondando per l’apertura delle prese d’acqua or­ dinata dal comandante, furono sparati ancora al­ cuni colpi a cortissima distanza e fu lanciato un siluro che non colpì. Abbandonato alle ore 6,51, con una forte inclinazione a sinistra, tutto trafo­ rato ed ardente1, lo scafo del Turbine, mutilato e distrutto, affondò poco dopo 2. 1 Rapporto del comando deìl’Helgoland. * Il nemico non uscì del tutto incolume dallo scontro perchè lo Csepel fu raggiunto dal tiro del Turbine: un colpo sulFalbero di maestra abbattè il padiglione e fece cadere la bandiera, il ponte fu traforato, furono feriti gravemente un marinaio è legger­ mente altri due.
  • 77.
  • 78.
  • 79. I due fumi avvistati dal comandante del nostro c. t. erano ¡prodotti da due navi italiane che accor­ revano in suo aiuto. Lasciato a Pelagosa il reparto da sbarco, la Libia (cap. di freg. Andrioli Stagno) e la Citta di Siracusa (cap. di freg. Petrelluzzi) sta­ vano incrociando rispettivamente a N e a SO del- l’ isola, in attesa di riprenderlo a bordo, allorché alle ore 6,17, avuto sentore dai segnali r. t. del combattimento in corso, si riunirono per portarsi sul luogo dell’azione. Messo alla massima velocità *, diressero verso Sud ed avvistarono ben presto l’ in­ crociatore a. u. e cinque siluranti di cui una, (Tur­ bine), appariva avere un incendio a bordo. Alle ore 7,10, pervenute a 9.000 m. di distanza, la Libia con i suoi pezzi da 152 mm. e la Città di Si­ racusa con l’unico cannone prodiero da 120 pre­ sero di mira VHelgoland, mentre questo pigliava caccia seguito dai suoi cacciatorpediniere e rispon­ deva al fuoco con tiri troppo corti. Il combattimen­ to fra incrociatori durò meno di un quarto d’ora : nonostante la sua superiorità 3 il gruppo austriaco 1 La massima velocità era di miglia 18 scarse. * Il cannone da 120 poppiero non aveva il campo libero. In seguito l’armamento di questi incrociatori ausiliari fu aumentato. 3 Contro il vantaggio del calibro da 152 e da 120 mm. da parte italiana di fronte al 100 mm. delle navi avversarie, stavano a favore degli austriaci la velocità molto superiore, il numero maggiore di pezzi e di lanciasiluri, il concentramento del tiro contro due sole unità. Nè va dimenticato che la Città di Sira­ cusa era un piroscafo armato e non una nave da guerra.
  • 80. — 64 — volle disimpegnarsi e, aumentando di velocità, si allontanò rapidamente, e si sottrasse al tiro della Libia1; tagliando poi la rotta delle navi avversarie, diresse su Sebenico. La Libia tentò ancora di con­ centrare il suo tiro suH’Oriera che navigava alquan­ to discosto dalle altre unità : « Uno dei c. t. nemici, riferì il comandante, essendo rimasto distaccato dal gruppo, dirige di poppa della Libia verso Pelago­ sa; si accosta verso questo c. t. con rotta di col­ lisione, ma senza poter avvicinarsi a distanza infe­ riore a 10.500 m. Avendo il nemico una velocità apprezzata di 32 miglia e governando assai bene per sfuggire al combattimento.... si giudica.... va­ no ogni tentativo di mantenere il contatto, non po­ tendo la nostra macchina raggiungere le 18 miglia. È necessario perciò correre su Pelagosa dove già il reparto da sbarco ha potuto compiere la sua mis­ sione : si distacca la Città di Siracusa per portare soccorso ai naufraghi del Turbine affondato». La resistenza di questo piccolo vecchio caccia­ torpediniere, durata fino a che, ridotto alla com­ pleta impotenza, il comandante ne fece aprire gli allagamenti per accelerare l’ affondamento ed im­ 1 « Il tiro del nemico era eccellente. La prima salva cadde un po’ corta sotto il bordo, la seconda coprì già l’Helgoland e lo Csepel. Durante il combattimento durato dalle 7,10 alle 7,19, una palla di medio calibro passò tra il fumaiolo prodiero ed il palco di comando, andando a cadere a circa 20 m. dal bordo. Un altro proietto esplose sulla scia dello Csepel, vicinissimo alla sua poppa. Nessuna delle nostre unità fu colpita ». Così dal rapporto del comando dell’Helgoland.
  • 81. pedire che cadesse in mani nemiche, fu un episo­ dio che va ascritto ad onore 1. Alle ore 12 del 24 maggio tutte le unità del ne­ mico, cosi al Nord come al Sud, erano rientrate nelle loro basi di Pola, Sebenico e Cattaro. Nel pomeriggio anche le navi italiane avevano ripreso i loro ormeggi, ad eccezione del naviglio leggero in turno di vigilanza. Il silenzio tornò sull’Adriatico. Il contegno della flotta austro-ungarica aveva chiarito abbastanza che, come era stato logicamen­ 1 II Sokol nell’opera citata dice: « La situazione del Turbine divenne disperata soltanto quando intervennero nel combattimento i c. t. austro-ungarici. Il c. t. che aveva 10 anni di età (in realtà 14. Nota dell’U. S.) marciava ad una velocità di 30 nodi, velocità che fece stupire anche la marina a. u. Ben presto alcuni uojnini del c. t. italiano vennero feriti da scheggie di granata. Per effetto delle granate che lo col­ pirono vennero successivamente a mancare, una dopo l’altra, le caldaie é le macchine; ben presto anche i cannoni furono resi inservibili. Il comandante ripetutamente ferito ordinò allora di aprire le valvole dì affondamento. L’equipaggio raccolto a poppa proruppe in grida di «Viva I’ Italia, Viva il Re, Viva il Turbi- bine! ». Quando i c. t. a. u. si avvicinarono al relitto immobile, il comandante Bianchi ordinò di alzare la bandiera distintiva di maggior generale, una bandiera bianca con stella azzurra (rossa, nel fatto. Nota dell’U. S.) nel mezzo, perchè egli non vedeva più alcuna possibilità di recare danno al nemico o di sfuggirgli. Il Turbine affondò subito dopo che le unità a. u. erano venute a distanza di combattimento con la Libia ». Sul Turbine perirono 10 sottocapi e comuni, e furono fatti prigionieri il comandante, 2 ufficiali, 3 sottufficiali e 26 sottocapi e comuni. Tre sottufficiali e sei comuni furono salvati dalla Città di Siracusa. 5. — La marina italiana, ecc., Voi. II.
  • 82. — 66 — te ¡preveduto, non era nei piani del suo comando in capo la ricerca della grande battaglia decisiva, ma la volontà di conservarsi in potenza per future occasioni favorevoli; appariva ancbe che nell’ac- cettare o no scontri parziali, da parte austriaca si voleva procedere colla massima prudenza. Lo di­ mostrarono gli affrettati bombardamenti costieri, il pronto ritorno a Pola del grosso appena ebbe sen­ tore della presenza in mare di qualche unità ita­ liana, ed il rifiuto del gruppo comandato dall’Hei- goland d’ impegnarsi colla Libia e col Città di Si­ racusa, nonostante l’enorme vantaggio di velocità e la debolezza dell’ incrociatore ausiliario italiano. Facile sarebbe stato all’ incrociatore austriaco ed ai suoi quattro caccia d’ imporre la distanza e le condizioni del combattimento per controbilanciare con buona probabilità di successo il maggiore cali­ bro delle poche artiglierie della Libia. Tuttavia la prima giornata trascorsa ed i risul­ tati immediatamente tangibili delle operazioni com­ piute non erano stati favorevoli per noi. Per quan­ to piccolo fosse il valore bellico del Turbine, la sua perdita non fu bilanciata da perdite simili del ne­ mico, e nonostante che i danneggiamenti di un tiro non preciso lungo il litorale Adriatico fossero stati arrecati a case ed a materiale non militare 1, il 1 II movimento ferroviario ed il trasporto delle truppe verso la fronte non subì incagli, anche mercè le predisposizioni del co­ mando supremo per le quali la radunata al Nord era già awe-
  • 83. — 67 — bombardamento di vari centri abitati e sopratutto quello di Ancona, fatto coi cannoni di grosso cali­ bro che recarono danni rilevanti e numerosi alla città, fu indubbiamente causa di un momentaneo senso di disagio nel popolo italiano, e specialmente nelle popolazioni litoranee colpite. E ciò era natu­ rale : non meno impressionati certo furono gli abi­ tanti delle città della costa inglese sul mare del Nord dalle incursioni degli incrociatori da batta­ glia germanici, e non mancarono in un caso c nel­ l’altro le pressioni perchè le marine rispettive provvedessero ad un’ efficace protezione diretta. Il comando italiano, che aveva escluso già nel suo « Piano generale » di subordinare la condotta della guerra alla protezione delle città indifese, potè resistere senza gravi difficoltà, persuadendo l’opinione pubblica che l’accondiscendere a quelle domande sarebbe stato addivenire ad una condan­ nevole dispersione di forze, ed esporre a grave pe­ ricolo qualche gruppo delle nostre unità, forse sen­ za raggiungere lo scopo desiderato 1. nata in gran parte. Era stato poi previsto di far servire la linea Adriatica il meno possibile alla mobilitazione, concentrando il movimento sulle altre grandi linee di comunicazione fra il Sud ed il Nord. 1 II Sokol, nell’opera già citata afferma che: « l’aitimo facil­ mente influenzabile del popolo italiano sofferse fortemente «otto le salve dei cannoni a. u. e non si liberò forse mai per tutta la durata della guerra mondiale della immensa impressione che l’at­ tacco della i. e r. flotta produsse in tutto il Regno ». L ’affermazione, esagerata nella prima parte, può nettamente
  • 84. Oggi con più ampia e completa conoscenza e con più serena visione quei fatti (che l’opinione pubblica apprese ingranditi dalle voci che passa­ vano di bocca in bocca e che essa valutò sotto 1’ im­ pressione di un primo colpo di guerra rude ed inat­ teso), ci appaiono con le loro conseguenze sotto l’aspetto di un incidente secondario. Il comando italiano nel preparare il « Piano generale d’ azione» deliberatamente aveva escluso che le navi .maggiori, avventurandosi subito in una lunga navigazione al Nord verso Pola alla ricerca di un incontro con qualche gruppo della flotta ne­ mica corressero il rischio di un attacco di som­ mergibili, contro i quali, è bene ricordarlo, non esisteva ancora difesa adeguata. Attendeva d’al­ tronde per questo incontro il convenuto concorso delle Marine alleate che non era ancora giunto in Adriatico, e che avrebbe dovuto essere più valido di quanto di fatto non fu. L’obbiettivo propostosi essere negata nella seconda. A dimostrare l’animo con le quali le popolazioni adriatiche sopportarono la loro condizione, sta il contegno da esse tenuto nei tré lunghi anni di guerra. Fu piuttosto un sentimento d’ indignazione per l’atto inumano e contrario al diritto contro le popolazioni inermi che fu suscitato nell’animo degli italiani, e per conseguenza un inasprimento del- 1’ inimicizia contro la nazione che aveva sempre cercato di con­ culcare e tenére vassalla 1’ Italia, e un maggiore stimolo a vin­ cere la guerra. 1 La perdita di una nave da battaglia avrebbe potuto avere oltre tutto, in quel primo periodo, anche conseguenze di ordine politico che bisognava evitare.
  • 85. — 69 — era invece di coprire mediante crociere esplorative la base di Brindisi, ancora insufficientemente chiu­ sa all’offesa avversaria. Abbiamo detto poco fa che il colpo inferto dalla flotta a. u. sul nostro litorale era inatteso. Infatti le uniche località munite della costa adriatica era­ no Brindisi, Porto Corsini e Venezia, ed a norma della IX convenzione della seconda conferenza del- l’Aja tutte le altre che furono prese di mira avreb­ bero dovuto essere risparmiate 1; nè può valere per Ancona la giustificazione portata dal Sokol2 che all’ ammiraglio Haus non risultava da fonte ufficiale del disarmo avvenuto di quella città : esso era stato a suo tempo comunicato al governo austriaco. Dei due obbiettivi che la flotta a. u. si propo­ neva, di portare cioè danni di grave conseguenza alla grande linea litoranea di comunicazione fra il Sud ed il Nord della penisola, e d’ impressionare l’opinione pubblica italiana, questo secondo do­ 1 L’articolo 2° di quella convenzione ammette invero un’ecce­ zione al divieto quando si tratti di opere .militari o navali, di depositi di armi o di materiale guerresco, di officine o di instal­ lazioni che possono essere impiegate per le necessità della flotta o dell’esercito nemico, ma in tal caso obbliga i comandanti a prendere disposizioni per arrecare il minimo danno possibile ai luoghi abitati. I paesi inermi bombardati non avevano sistema­ zioni tali da rientrare in questa eccezione, e se nell’ambito del porto di Ancona si voleva recar danno ai cantieri, alle navi ed ai depositi di combustibile, bastava il tiro ravvicinato dei c. t. che poteva effettuarsi quasi senza pericolo per la città. 2 Vedi Sokol, op. cit.
  • 86. — 70 — veva essere preponderante nella mente del coman­ dante in capo, e nella speranza di raggiungerlo fu violato il diritto marittimo internazionale. A di­ struggere ponti ferroviari, a danneggiare una stra­ da ferrata in modo da inutilizzarla per un certo periodo di tempo non bastano i bombardamenti rapidi di 30 o 40 minuti, ma occorrono azioni me­ todicamente condotte e continuative e mezzi più diretti e più efficaci. Il breve cannoneggiamento si sperava efficacissimo a commuovere gli italiani, se­ condo il comando austriaco, « tanto facilmente ec­ citabili ».
  • 87. C a p i t o l o III. IL BLOCCO MARITTIMO E LA GUERRA NEL BASSO ADRIATICO So m m a r i o : Blocco marittimo in Adiiatico. Sua estensione. — Navigazione mercantile in Adriatico durante la guerra. — Attività del nostro naviglio da guerra. — Operazioni navali del 1°!, 5 e giugno contro le isole e la costa dalmata. — Siluramento dell’ incrocia­ tore inglese Dublin. — Ripresa di attività nemica contro il lito­ rale adriatico italiano. L’ entrata in guerra dell’ Italia portò come lo­ gica conseguenza all’ immediata dichiarazione di blocco nell’Adriatico; questo datò dal 26 mag­ gio 1915 1. Con tale dichiarazione oltre al litorale austro-ungarico si metteva in stato di blocco an­ che il litorale albanese, e alle navi di potenze ami­ che e neutrali si concedevano dal comando in ca­ po dell’ armata navale dieci giorni per uscire li­ beramente dalla zona bloccata. Dato che la linea da Otranto a Capo Kefali, estremo sud della linea 1 Vedi appendice III.
  • 88. — 72 — di blocco, era troppo estesa per poter essere effi­ cacemente sorvegliata, lo stesso comando in capo dell’armata stabilì che la vigilanza fosse esercitata invece sulla congiungente Otranto-Saseno, rinfor­ zandola dal lato albanese in modo da poter di­ staccare periodicamente qualche unità per spin­ gerla in crociera fino a Capo Kefali. Vennero in un primo tempo adibiti a tale ufficio i nostri cac­ ciatorpediniere tipo Nembo e quelli minori fran­ cesi, lasciando ai più grandi ed agli incrociatori leggeri il compito della vigilanza al Nord, insieme con quello delle scorrerie offensive. In seguito alla richiesta del governo greco di togliere il blocco della parte del litorale albanese occupato dalle sue truppe le ragioni politiche ebbero il sopravvento su quelle militari, e deter­ minarono una limitazione del blocco sulla costa d’Albania : dimodoché dal 30 maggio esso si estese su quel litorale dal confine montenegrino fino sol­ tanto ad Aspri Ruga (Strade bianche). Il governo greco fu però officiato ad impegnarsi di usare la massima sorveglianza fra Aspri Ruga ed il confine meridionale dell’Albania, perchè non avvenisse su quelle coste il rifornimento clandestino dei som­ mergibili. Con la dichiarazione del blocco adriatico l’ Ita- 1 Ciò in relazione al riconoscimento da parte dell’ Italia del­ l’occupazione provvisoria fatta dalla Grecia della zona meridio­ nale dell’Albania (Epiro).
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  • 92. — 73 — lia intendeva di vietare qualsiasi comunicazione dei porti compresi nel litorale austro-ungarico con l’ alto mare, tagliando nettamente il commercio ma­ rittimo del nemico e procurando altresì che il com­ mercio non si esercitasse per via terrestre attra­ verso il territorio finitimo dell’Albania, sia pure nella minima parte che le strade e i mari di co­ municazione permettevano; consentiva invece in modeste proporzioni la navigazione mercantile tra i porti italiani, montenegrini e albanesi e di questi con i porti esteri fuori dell’Adriatico. Nelle disposizioni emanate per l’applicazione del blocco fu stabilito che : 1) tutte le navi e i galleggianti nemici in­ contrati in mare dovevano essere catturati : le bar­ che da pesca potevano continuare ad esercitare la industria della pesca entro il limite di tre miglia dalla propria costa, sempre che la loro presenza non avesse recato pregiudizio alle nostre navi da guerra ; 2) tutte le navi e galleggianti incontrati in navigazione verso l’Adriatico dopo attraversata la linea di blocco, dovevano essere, indipendenfle- mente dalla destinazione e dalla natura del carico, fermati e condotti nei porti di Bari o di Gallipoli per esservi sottoposti a rigorosa visita; 3) le navi e i galleggianti che dalla visita ri­ sultassero carichi in tutto o in parte di generi di contrabbando, dovevano essere catturati se si fossero avute le prove o la presunzione della loro
  • 93. — 74 — destinazione al nemico, conformemente alle pre­ scrizioni della Dichiarazione di Londra. Nello stesso tempo il naviglio nazionale fu in­ vitato ad astenersi dal traffico nel mare Adriatico e i commercianti furono obbligati a non servirsi nè dei porti di quel mare, nè di navi greche. Fu an­ che proibita fino dal 13 giugno 1915 la nostra pe­ sca d’alto mare nell’Adriatico e nello Ionio; e quella nelle acque territoriali fu regolata da norme particolari emanate dalle autorità portuali, con­ sentendola nelle sole ore diurne. Anche però ri­ dotto a questi termini, l’ esercizio della pesca dette luogo ad abusi, e sorse il sospetto che il nemico potesse valérsi di questo mezzo, mediante abili truccature, per porre delle mine lungo il nostro li­ torale: tale sospetto era avvalorato da incontri troppo frequenti a mare largo di velieri del tipo delle nostre barche peschereccie. Così avvenne che dopo il 25 luglio la pesca fu interamente soppres­ sa, salvo qualche eccezione disciplinata dallo stesso ministero della marina e sorvegliata da posti mi­ litari costieri. * * * Con questi divieti e limitazioni la navigazione adriatica di ogni tipo e in gran parte anche la io­ nica, che prima della guerra mondiale dava luogo ad un intènso movimento marittimo, e vita ai porti sia della nostra costiera, sia dell’austriaca, e che