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561.341.qxd   29-05-2009      8:57   Pagina 1




                                                                                                      561.341 - M. DEL MONTE, M.R. PARSI, S. PIPERNO
          Il Coaching Creativo porta un contributo importante alla sfida
                  per la valorizzazione della creatività applicata
                                                                                                                                                       MASSIMO DEL MONTE, MARIA RITA PARSI
       e per questo posso dire che il libro mi ha personalmente arricchito.
                                                                                   Hubert Jaoui
                                                                                                                                                                SIMONE PIPERNO
       Affrontare le sfide che impone la quotidianità, al lavoro e in azienda, richiede




                                                                                                                                                       I percorsi
     sempre di più la capacità di scovare ed utilizzare soluzioni innovative e trasformative.
       Lo scopo del Coaching Creativo è infatti il potenziamento delle risorse
     creative nelle persone e nei gruppi di lavoro per facilitare i processi
     di innovazione.
       A questo approccio gli autori affiancano la progettazione degli obiettivi
     per lo sviluppo personale e manageriale
       Il testo mette a disposizione una panoramica di preziosi contributi, per definire
     e progettare al meglio gli obiettivi, tratti da alcuni dei più noti maestri del cam-
     biamento: Drucker, Bandler, Jaoui, Dilts, Whitmore, Goleman, Tracy.
       Il volume è articolato in 16 percorsi metodologici e in una serie di casi di studio




                                                                                                                                                       del coaching
     che sostengono il lettore nel rafforzamento della capacità di realizzare progetti,
     valutarli, prendere decisioni, motivare se stessi e gli altri e tanti altri
     aspetti relativi allo sviluppo personale e manageriale.
       Passo dopo passo, attraverso tali percorsi, il lettore potrà applicare il processo
     creativo, ripercorrendo le funzioni della mente per pianificare e realizzare
     gli obiettivi: la ricerca, la decodifica, l’elaborazione, la produzione e il feedback.
       I percorsi del Coaching Creativo aiutano a cercare, cogliere e creare le op-
     portunità attraverso l’arricchimento creativo delle mappe della realtà.

       Massimo Del Monte esercita la libera professione come psicologo e psicoterapeuta.




                                                                                                      I PERCORSI DEL COACHING CREATIVO
                                                                                                                                                       creativo
     Ha elaborato la metodologia del Coaching Creativo che utilizza per il potenziamento delle ri-
     sorse, il miglioramento della performance in sessioni one-to-one e per interventi di forma-
     zione e coaching aziendale finalizzati all’innovazione e allo sviluppo dei processi creativi.

        Maria Rita Parsi psicologa, psicoterapeuta, saggista, ha fondato e dirige la Scuola
     Italiana di Psicoanimazione e la Fondazione Movimento Bambino. Svolge attività
     didattica presso diversi istituti universitari, master e scuole di psicoterapia, insegnando
     psicoterapia a mediazione creativa, metodologia e tecniche della psicoanimazione.
     Negli ultimi trent'anni ha formato migliaia di persone con la metodologia a mediazione crea-
     tivo-corporea (da lei stessa ideata e messa a punto) per lo sviluppo del potenziale umano.

       Simone Piperno si occupa di formazione e coaching nell’ambito del pensiero creativo
     e del problem solving, con la finalità di facilitare i processi di innovazione nelle orga-
                                                                                                                                                         AGIRE PER OBIETTIVI
     nizzazioni. È giornalista e specialista nella comunicazione interpersonale e d’impresa,
     nella programmazione neuro-linguistica ed è membro del consiglio direttivo del Lazio                                                                 CREARE SOLUZIONI
                                                                                                                                                       REALIZZARE CAMBIAMENTI
     dell’Associazione Italiana Formatori.



           FrancoAngeli
           Management                                                     I S B N 978-88-568-1059-2
     Le conoscenze per innovare



     € 21,00    (V)                                                       9   788856 810592                                                                      FRANCOANGELI
560. F.P. Formazione permanente

In testi agili di noti specialisti, quanto chi occupa o desidera occupare posizioni di responsa-
bilità nelle aziende deve conoscere per mantenersi aggiornato: i problemi di un mondo in
rapido cambiamento; i nuovi stili di direzione proposti per rispondere alle esigenze nuove;
gli aspetti sociali, economici e finanziari; le nuove tecniche direzionali; la “pratica” più
avanzata per risolvere i problemi delle imprese.
La collana è divisa in tre sezioni: 561. Problemi d’oggi - 562. Nuove tecniche - 563. Pratica
di...
I lettori che desiderano essere informati sui libri e le riviste da noi pubblicati
possono consultare il nostro sito Internet www.francoangeli.it e iscriversi nella home page
       al servizio “informazioni” per ricevere via e-mail le segnalazioni delle novità
o scrivere, inviando il loro indirizzo, a: “FrancoAngeli, viale Monza 106, 20127 Milano”.
MARIA RITA PARSI, MASSIMO DEL MONTE,
           SIMONE PIPERNO




I percorsi
del coaching
 creativo
 AGIRE PER OBIETTIVI
   CREARE SOLUZIONI
REALIZZARE CAMBIAMENTI


            FRANCOANGELI
Progetto grafico della copertina: Elena Pellegrini

                        Copyright © 2009 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy.

L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in
 cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni specificate nel sito www.francoangeli.it
Indice




Prefazione                                                     pag.    7

Introduzione                                                    »     9

1. Una panoramica sulla definizione degli obiettivi             »     13
  1. Peter Drucker: il padre storico del management             »     14
  2. Hubert Jaoui: “L’apriti sesamo della creatività”           »     22
  3. Richard Bandler: il creatore della Programmazione Neu-
     rolinguistica                                              »     26
  4. Robert Dilts: la colonna portante della Programmazione
     Neurolinguistica                                           »     30
  5. John Whitmore: la pietra miliare del coaching              »     33
  6. Daniel Goleman: l’esploratore dell’intelligenza emotiva    »     36
  7. Brian Tracy: il motivatore dell’eccellenza                 »     39

2. Il Coaching Creativo in azione                               »     43
  1. Introduzione al Coaching Creativo                          »     43
  2. Le fasi e le procedure                                     »     46
     2.1. La ricerca                                            »     47
     2.2. La decodifica                                         »     50
     2.3. L’elaborazione                                        »     51
     2.4. La produzione                                         »     53
     2.5. Il feedback                                           »     54
  3. Realizzare gli obiettivi                                   »     55
     3.1. Ricerca                                               »     57
     3.2. Decodifica                                            »     58
     3.3. Elaborazione                                          »     64
     3.4. Produzione                                            »     65
     3.5. Feedback                                              »     68

                                    5
3. I Percorsi del Coaching Creativo                                   pag.    72
  1.    Come prepararsi a utilizzare i percorsi?                       »      73
  2.    Il percorso del potenziamento dei risultati                    »      75
  3.    Il percorso decisionale                                        »      81
  4.    Potenziare le capacità decisionali                             »      85
  5.    Il percorso motivazionale                                      »      96
  6.    La progressione verso gli obiettivi                            »     104
  7.    Elaborare creativamente idee e progetti                        »     111
  8.    Vedere, pensare, sentire il progetto da prospettive diverse    »     117
  9.    Pensiero convergente e divergente                              »     120
  10.   Il percorso della guida                                        »     124
  11.   Il percorso del manager                                        »     128
  12.   Il percorso dell’intuizione                                    »     132
  13.   I sei passi per pensare                                        »     136
  14.   Allenare il pensiero al gioco combinatorio                     »     144
  15.   Il potenziamento delle risorse                                 »     152
  16.   Il rimodellamento creativo delle risorse                       »     160
  17.   Il Self Coaching Creativo                                      »     166

Bibliografia                                                           »     170




                                       6
Prefazione




   Il libro di Massimo, Maria Rita e Simone è piacevole e utile.
   Piacevole, non solo perché fa del sottoscritto un elogio, non del tutto
meritato, ma anche perché è modesto, non è presuntuoso, né sentenzioso.
Nella prima parte, presenta una serie di modelli e di autori, senza cercare
di dare lezioni, ma aiutando a capire veramente come definire e realizzare
gli obiettivi attraverso il coaching.
   Utile perché, oltre a proporre il punto di vista di specialisti importanti
del mondo della formazione e del coaching, dimostra l’impegno degli au-
tori nel costruire e perfezionare una metodologia a mediazione creativa che
ha la finalità di facilitare il cambiamento e l’innovazione nelle persone e
nelle organizzazioni.
   Gli autori hanno elaborato nel primo capitolo una sintesi chiara e opera-
tiva del lavoro di sette maestri, rendendo questo volume uno strumento in-
teressante per chi desidera praticare un coaching efficace.
   La parte relativa al coaching creativo, particolarmente precisa e detta-
gliata, presenta il processo e varie tecniche che permettono di fare del coa-
ching un vero e proprio atto creativo. I percorsi che hanno elaborato gli au-
tori rispondono a diverse esigenze di sviluppo e valorizzazione delle perso-
ne e costituiscono una bussola, un valido supporto sia per chi vuole mi-
gliorare le proprie prestazioni professionali, sia per chi guida un gruppo di
lavoro, un’organizzazione, un’azienda e intende distillare il meglio dai
propri collaboratori. Utilizzare i percorsi è semplice, in quanto le indica-
zioni operative sono delineate con precisione, ma in modo sintetico ed i
casi di studio aiutano i lettori a comprenderne le potenzialità.
   Il libro è utile, come scrivevo all’inizio, perché in questo momento stori-
co di profondi cambiamenti e di crisi economica e sociale, la creatività è
uno degli strumenti più importanti per reinventare il mondo, per cambiarlo
grazie all’apporto dell’utopia, dei sogni e, appunto, della creatività applica-
ta alla vita di tutti i giorni e al lavoro.

                                      7
Per tanti anni la creatività applicata è stata svalutata, soprattutto nel
mondo aziendale; oggi, finalmente, dal momento che “innovazione” è di-
ventata la vera parola d’ordine, si comprende il valore aggiunto che la
creatività può portare alle organizzazioni, facendola uscire dall’alveo del
mistero o della mera fantasia per renderla uno strumento utile e fondamen-
tale per far crescere le prestazioni delle persone e dei gruppi.
   Il coaching creativo porta un contributo importante a questa sfida, al
percorso di valorizzazione della creatività applicata e per questo posso dire
che il libro mi ha personalmente arricchito.

                                                               Hubert Jaoui




                                     8
Introduzione



                                      C’è qualcosa che sapete, ma che non sapete
                                      di sapere.
                                      Quando scoprite ciò che sapevate ma che
                                      non sapevate di sapere, sapete di poter inco-
                                      minciare.
                                                                Milton H. Erickson



   Il 2009 è l’anno europeo della creatività e dell’innovazione e poche
volte come in questo caso il tempismo è stato giusto e perfettamente coe-
rente con il momento che stiamo vivendo. L’Unione Europea si è data il
compito di promuovere la creatività come fattore chiave per l’innovazione
e per lo sviluppo delle competenze personali, professionali, imprenditoria-
li e sociali e per accrescere il benessere delle persone, proprio in un mo-
mento in cui la crisi economica e finanziaria sta amplificando i profondi
squilibri nella società in cui viviamo. Una società, quella attuale, che ha
in se le risorse e le potenzialità per rinascere, per rinnovarsi in direzione
di un benessere globale e condiviso. Le conoscenze, le scoperte scientifi-
che e gli strumenti che abbiamo a disposizione, possono portarci alla
composizione del puzzle nel quale stiamo vivendo, composto da troppi
tasselli ai quali non troviamo una posizione adeguata, perché accecati dai
fumi dell’inquinamento, squilibrati dalle differenze economiche ed im-
pauriti dall’ingiustizia sociale.
   I tasselli ci sono, ma sarà coniugando insieme le capacità creative delle
persone ad un rafforzamento della responsabilità etica e sociale, che potre-
mo passare dal caos al kairos.
   “Kairos” nelle parole di Daniel Stern, “rappresenta il momento in corso,
in cui accade qualcosa mentre il tempo scorre. È l’attuazione di un nuovo
stato delle cose, che sopraggiunge in un momento di consapevolezza. Esso
è delimitato da propri confini e trascende il corso del tempo lineare,e tutta-
via contiene anche un passato. È una parentesi soggettiva che scaturisce da
Chronos. Kairos è un momento in cui si presenta una possibilità, in cui gli
eventi richiedono un’azione o sono propizi per un’azione, e convergono in
un insieme che entra a far parte della consapevolezza. In quest’attimo,
l’azione che decideremo di intraprendere modificherà il nostro destino –
valga esso per il prossimo minuto o per la vita intera. Kairos è una piccola
finestra sul divenire delle possibilità”.

                                      9
Con questo testo e con la nostra metodologia di lavoro intendiamo por-
tare un contributo in questa direzione, perché riteniamo che qualsiasi cam-
biamento, in una famiglia, in un’azienda, come nella società, parta dalla
persona, dalla propria volontà di crescere, di sperimentare, di gestire al
meglio le proprie emozioni, di sviluppare nuove risorse e capacità, di
dialogare in modo aperto e costruttivo. Affrontare le sfide che impone la
vita, nella società attuale, richiede sempre di più la capacità di scovare
ed utilizzare soluzioni trasformative: nella vita di ogni giorno, al lavoro,
in azienda. Lo scopo delle tecniche e dei percorsi proposti nel testo è lo
sviluppo di quelle risorse che consentono di innovare, scoprire, trasforma-
re, ampliare in modo flessibile la propria mappa del mondo, conoscere se
stessi e gli altri.
   Nella prima parte del volume accompagniamo il lettore nell’esplorazio-
ne dei metodi che autori particolarmente rilevanti del mondo del coaching,
della formazione e della consulenza adottano per definire e progettare gli
obiettivi, personali o professionali, dei loro clienti.
   Visiteremo Peter Drucker, che ha sviluppato la metodologia del Mana-
gement by Objectives (gestione per obiettivi), influenzando varie genera-
zioni di manager e consulenti, Richard Bandler, il geniale fondatore della
Programmazione Neurolinguistica, Robert Dilts, che ha ne preso il testi-
mone, sviluppandola ulteriormente ed arricchendola anche in direzione del
coaching. Incontreremo John Whitmore, che ha edificato le fondamenta
del coaching e Daniel Goleman, con la sua enorme opera di divulgazione
dell’intelligenza emotiva e sociale e delle neuroscienze ad esse legate; pas-
seremo per Brian Tracy ed i suoi lavori sulla leadership e la motivazione
e per Hubert Jaoui, padre del pensiero creativo e della gestione dell’inno-
vazione in Europa.
   Il secondo capitolo ci condurrà all’interno della metodologia, il Coaching
Creativo, che abbiamo sviluppato in questi anni per il potenziamento delle
risorse creative delle persone e dei gruppi di lavoro che intendono realizzare
dei progetti innovativi, trovare delle soluzioni originali e facilitare i processi
di cambiamento nella vita privata, professionale o nella società. In questa
parte del libro esponiamo il nostro metodo di definizione e progettazione de-
gli obiettivi, che prevede la ricerca e l’organizzazione delle informazioni e
delle risorse utili e necessarie, quindi l’elaborazione delle idee, delle alter-
native e delle soluzioni opportune, la produzione e la sperimentazione di
un piano d’azione e il monitoraggio sulla sua efficacia e realizzabilità.
   Il terzo capitolo è infine un viaggio che prevede diversi itinerari, 16 per-
corsi per sviluppare ed allenare le capacità di affrontare positivamente al-
cune delle sfide e delle aree critiche nelle quali ci imbattiamo nella vita di
tutti i giorni e nell’attività professionale, come manager, liberi professioni-
sti o imprenditori.

                                       10
Potenziare i nostri risultati, facilitare le decisioni, rafforzare le capacità
motivazionale, le risorse creative e di leadership, sono solo alcune delle
questioni affrontate, aiutando il lettore a semplificare, riducendo il tempo e
lo stress necessari a realizzarli. Ciò avverrà senza “bacchette magiche”, ma
con un lavoro che ci guiderà a ricercare ed esplorare le informazioni utili,
a valorizzare le nostre risorse personali, quelle sociali e ambientali, attra-
verso un metodo, il Coaching Creativo, nato dall’esperienza dei suoi autori
e soprattutto dal bagaglio di studi, ricerche, sperimentazioni dei formatori,
degli autori e dei ricercatori che si sono occupati di pensiero creativo, coa-
ching, crescita personale, sviluppo manageriale e neuroscienze.
   Buona lettura e buon coaching creativo!




                                       11
I percorsi del Coaching Creativo
1. Una panoramica sulla definizione
   degli obiettivi




   Diversi autori hanno affrontato il tema della definizione degli obiettivi
fornendo consigli su come organizzare il cosiddetto obiettivo ben-formato,
che rappresenta la base per poter procedere nella direzione del proprio suc-
cesso.
   Già Benjamin Franklin nei suoi scritti sull’arte di vivere con successo
affermò che: “Ogni impresa dell’uomo poggia sulla formulazione di obiet-
tivi definiti con chiarezza”.

   Nelle pagine che seguono riportiamo una serie di preziosi contributi di
alcuni dei più noti personaggi che in questi decenni hanno popolato il
mondo dello sviluppo personale e manageriale. Questa parte del testo
non ha, ovviamente, la pretesa di essere esaustiva su temi e riflessioni
che hanno richiesto interi volumi per essere spiegati. Abbiamo estrapola-
to dalle opere degli autori alcuni degli strumenti operativi che utilizzia-
mo negli interventi di formazione e coaching con i nostri clienti, nelle fa-
si della definizione e della progettazione degli obiettivi. In alcuni punti,
pur correndo il rischio di riportare contenuti simili, abbiamo deciso di
mettere a disposizione del lettore le diverse prospettive poiché, in fondo,
i pilastri su cui si regge l’ingegneria di un progetto riuscito rispettano le
stesse leggi.
   Le diverse prospettive, le peculiarità, il linguaggio scelto da ognuno di
questi maestri del cambiamento, contribuiscono ad arricchire la mappa che
ci orienta verso il conseguimento delle mete.




                                     13
1. Peter Drucker: il padre storico del management

   A distanza di più di cinquant’anni, risulta ancora apprezzata e valida la
formula escogitata dal padre storico delle teorie sul management, Peter
Drucker1, per una migliore definizione degli obiettivi, conosciuta con
l’acronimo SMART.
   Drucker ha elaborato e messo in pratica il modello di Gestione per
Obiettivi, MBO (Management by Objectives), al fine di facilitare la costru-
zione e la condivisione delle linee strategiche aziendali da parte dei livelli
manageriali, attraverso la definizione dei loro obiettivi di performance, in
un sistema integrato con quelli aziendali. Questi concetti, assolutamente
innovativi per l’epoca e ancor oggi considerati importanti per la realizza-
zione delle performance aziendali, sono stati ampiamente ripresi da molti
autori, rielaborati e riadattati anche per la gestione e la realizzazione degli
obiettivi personali.
   Uno dei principi essenziali del modello di Drucker si basa sulla valoriz-
zazione degli individui e sul personale coinvolgimento nel monitoraggio,
nella realizzazione e nella valutazione delle performance. Oggi, dunque, il
modello SMART è diffuso in ogni settore della crescita personale ed è di-
venuto un classico strumento del coaching per iniziare a riflettere in modo
sistematico sui propri obiettivi ed evitare quel senso di vaghezza e scarsa
precisione, responsabile delle difficoltà a perseguire realmente ciò che si
vuole ottenere.
   L’acronimo di Drucker parte dalla lettera S che sta per specifico; se si
vuole sapere realmente dove si intende arrivare, allora bisogna necessaria-
mente specificarlo ed è indispensabile scendere nei particolari, in quei det-
tagli, cioè, che descrivono in modo accurato l’obiettivo. In tal senso vanno
utilizzate parole semplici, chiare, definite: ad esempio, correre 100 metri in
10 secondi netti costituisce un obiettivo di performance molto ben definito
e specifico (oltre che ambizioso…), mentre riuscire a migliorare le proprie
prestazioni nella corsa dei 100 metri rimane un obiettivo vago, che potreb-
be non essere mai veramente raggiunto, poiché non è riferito ad un conte-
sto, non ha termini di paragone misurabili con un prima ed un dopo. Dun-
que, precisare il contesto, la situazione e restringere il focus dell’attenzio-
ne in un fotogramma ben definito, rappresenta un presupposto molto im-
portante per soddisfare anche gli altri criteri dello SMART. Alcune doman-
de possono aiutare a specificare meglio l’obiettivo: che cosa voglio in par-
ticolare? In quale contesto specifico della mia vita o dell’attività che sto
svolgendo?

  1. Drucker P.F., The Practice of Management, Harper & Row, New York, 1954.

                                        14
La specificità non è sufficiente se non si adottano procedure di misura-
zione. Entra in gioco la seconda lettera dell’acronimo, la M che sta per
Misurabile. Non sempre è possibile misurare il raggiungimento con ordini
di grandezza numerici o in genere quantitativi; va ricordato, infatti, che
l’applicazione dello SMART è avvenuta principalmente a livello aziendale,
dove la realizzazione delle performance è stata sottoposa a verifiche misu-
rabili. Quando si parla di cambiamenti che riguardano la crescita persona-
le, la misurabilità riguarda l’aspetto comportamentale. I comportamenti
possono essere percepiti con i sensi fisici e pertanto i cambiamenti com-
portamentali possono essere anche misurati attraverso la comparsa di un
azione o di un atteggiamento che prima non c’era, di una nuova abitudine,
di un modo di comunicare, o di reagire di fronte a specifiche situazioni.
Per esempio, una persona che desidera aumentare la sicurezza e l’autosti-
ma potrà verificare il raggiungimento della propria meta di cambiamento
conoscendo in anticipo in quale specifica situazione vorrebbe sentirsi più
sicuro di sé, quali nuovi comportamenti vorrebbe adottare: azioni, iniziati-
ve, atteggiamenti posturali, sguardo, modi di esprimersi, tono della voce,
sensazioni interne. Rendere misurabile un obiettivo è importante anche per
ragioni che sono state efficacemente dimostrate in settori di studio diversi
e molto tempo dopo le prime pubblicazioni di Peter Durcker.
   La psicologia percettiva ha dimostrato che l’uomo della strada è portato a
riconoscere i cambiamenti e le differenze, in modo più accentuato rispetto al-
la valutazione delle dimensioni assolute; in altre parole, ognuno di noi, nelle
proprie reazioni percettive, tende ad essere automaticamente condizionato,
senza neanche saperlo, poiché prende qualche punto di riferimento ambienta-
le presente o precedente, cui ci si era adattati, per fare differenze e analogie.
   Lo stesso quadratino grigio posto all’interno di quadrati più grandi di
diverse tonalità più chiare e più scure, viene comunemente percepito diver-
samente in rapporto allo sfondo; in questo caso più scuro sullo sfondo nero
e più chiaro su sfondo molto chiaro.

Fig. 1 - Lo stesso quadratino grigio sembra più scuro o più chiaro a seconda
dello sfondo in cui è inserito




                                       15
Un prestigioso studioso di psicologia cognitiva, Daniel Kahneman, vin-
citore del Premio Nobel per l’economia, ha applicato lo stesso principio a
qualità non-sensoriali come la ricchezza, il prestigio e la salute. Secondo le
sue ricerche, dalle quali ha generato la Teoria del Prospetto, quando valu-
tiamo l’esito di scelte effettuate in precedenza, apprezziamo soprattutto i
cambiamenti rispetto ad un punto di riferimento che cambia nel tempo e
che generalmente è rappresentato dallo status quo. In campo economico,
ad esempio, il valore e l’apprezzamento che attribuiamo al denaro è sog-
gettivo e varia in relazione ai guadagni precedenti e alla ricchezza accumu-
lata; secondo Kahneman: “Il valore è dato dalle differenze tra gli stati eco-
nomici e non dagli stati stessi”.
   In estrema sintesi e semplicità, le persone comunemente si comportano
esattamente al contrario del noto personaggio di Disney, Paperone, per il
quale ogni dollaro vale come il primo e viene apprezzato sempre allo stes-
so modo… anche se il primo nichelino guadagnato in gioventù rappresenta
un totem sacro. Nella vita quotidiana, invece, diminuisce sensibilmente il
valore attribuito a guadagni analoghi, all’aumentare delle somme. Questo
avviene perché tendiamo a spostare costantemente lo status quo in avanti e
pertanto definiamo paragoni e differenze con i risultati ottenuti a breve di-
stanza. A tale proposito gli studi di psicologia della felicità dimostrano che
i vincitori di lotterie nazionali inizialmente vivono un forte incremento di
felicità, ma nel giro di qualche tempo, comunque non molto lungo, tornano
ai livelli precedenti, finendo per non essere molto più felici di chi non ha
vinto. Evidentemente, dal momento della vincita iniziano a fare i conti con
ciò che hanno, come nuovo punto di partenza per effettuare differenze e
paragoni, dando ormai per scontato ciò che possiedono in più rispetto a
prima, perché hanno spostato in avanti lo status quo economico, dimenti-
cando il percorso.
   Al contrario, invece, sentiamo molto più dolore quando perdiamo, ri-
spetto al piacere che percepiamo quando vinciamo; se ad esempio una vin-
cita di 100 euro è pari ad un piacere di 20 unità, una perdita di 100 euro è
pari ad un dispiacere di più di 40 unità.
   Il rischio che si corre nella progressione verso gli obiettivi è di non tenere
in giusta considerazione il punto di partenza, lo status quo, e di non aver
chiaro il punto di arrivo, poiché non sono stati decisi parametri di misurazio-
ne. Ciò che spiega la Teoria del Prospetto, a proposito della valutazione dei
guadagni e delle perdite, della propensione al rischio e dell’avversione alle
perdite, può essere applicato anche alla realizzazione degli obiettivi. Al fine
di evitare quelle trappole mentali che non ci consentiranno di effettuare scel-
te adeguate relativamente alle mete da realizzare, alle strategie e alle opera-
zioni da effettuare, è necessario rendere l’obiettivo misurabile per avere chia-
ra la differenza tra lo stato di partenza e lo stato desiderato.

                                       16
Entriamo allora nella terza lettera dell’acronimo, la A; si possono trova-
re diverse versioni per questa parte del lavoro che richiede all’obiettivo di
essere Arrivabile o raggiunto per mezzo di specifiche Azioni. Per poter
essere considerato tale e non solo un mero desiderio o un sogno ad occhi
aperti, l’obiettivo richiede la possibilità concreta di essere ottenuto per
mezzo di strategie possibili che conducano all’arrivo. Questo può essere
vero soltanto grazie ad una certa dose di Realismo, che consente di rima-
nere con i piedi ben piantati in terra, al fine di evitare frustrazioni ed incor-
rere in maggiori problemi successivamente. La realizzabilità dell’obiettivo,
dunque, è ottenuta grazie ad un’attenta analisi della realtà entro cui deve
essere formulato, rispetto ai vincoli, all’ambiente, alle risorse e alle com-
petenze di cui si dispone, al tempo richiesto. Essere realistici di fronte ad
un obiettivo significa equilibrare la realizzabilità e la rilevanza per le no-
stre ambizioni.
   L’obiettivo rilevante, che implica qualche difficoltà, ci mette alla prova,
sollecita le nostre motivazioni, stimola l’apprendimento e il miglioramen-
to, la crescita personale; si tratta di un obiettivo sfidante per il quale vale
la pena di investire energie, tempo e risorse. Al contrario, l’obiettivo poco
rilevante, che non ci motiva e non rappresenta alcuna fonte di soddisfazio-
ne e al tempo stesso appare difficilmente raggiungibile, è particolare fru-
strante. Non può essere considerato un vero e proprio obiettivo, poiché im-
plica atteggiamenti pessimistici o è frutto di pressioni emotive o ambientali
che contaminano la capacità realistica di affrontarlo come un obiettivo per-
sonale; somiglia molto di più ad un compito, un imposizione o un dovere.
L’obiettivo facilmente realizzabile, ma poco rilevante, tende a demotivare
poiché somiglia più ad una routine che ad un obiettivo di performance.


Fig. 2 - Tabella per classificare gli obiettivi in base alla realizzabilità e alla ri-
levanza




                                         17
L’obiettivo facilmente realizzabile e molto rilevante costituisce un im-
portante rinforzo positivo, utile ad aumentare la soddisfazione personale e
al tempo stesso a confermare alcune delle qualità che mettiamo in gioco.
   I leader capaci di gestire un gruppo di lavoro sanno miscelare rile-
vanza e realizzabilità, stimolando nei loro collaboratori la definizione
di obiettivi realistici basati sui punti di forza e al tempo stesso soddi-
sfacenti.
   Per colmare il divario esistente tra lo stato attuale e quello desiderato,
quando ci si è posti una meta irrealistica, a volte si finisce per “abbassare
l’asticella”, avvicinando lo stato desiderato a quello attuale; in questo caso,
si adotta una strategia opposta a quella prevista dalla Teoria del Prospetto:
invece di spostare lo status quo in avanti, si tira indietro l’utilità attesa.
A questo proposito Joseph O’Connor e Ian Mc Dermott2 affermano che
spesso, nella definizione degli obiettivi, ci si basa sulla performance cor-
rente piuttosto che sul contrario, favorendo in tal senso l’immobilismo. In
altre parole così facendo si rinforza lo stagnare della crescita piuttosto che
il miglioramento continuo, ottenibile durante il percorso dalla persona. Se
poi la performance precedente non è accettabile per vari motivi, si corre il
rischio di trasformarla in una norma che regolerà verso il basso i risultati
successivi. Gli autori, in questo caso, parlano di erosione degli obiettivi: si
parte da una condizione di divario tra risultati ottenuti e desiderati che si
tenta di correggere attraverso una serie di azioni. Lo scarto tra i due livelli
può provocare una pressione che tende ad abbassare l’asticella piuttosto
che aumentare l’impegno per arrivare allo stato desiderato. Il ridimensiona-
mento dell’obiettivo inizialmente può essere lento ed è difficilmente perce-
pibile, specie se non sono state adottate misure precise e accurate di moni-
toraggio e misurazioni iniziali. Le grandi differenze tra gli obiettivi iniziali
e quelli ridimensionati nel corso del tempo a causa dell’erosione, costitui-
scono la somma dei tanti piccoli deterioramenti sfuggiti all’attenzione.
   Un altro modo per generare l’erosione degli obiettivi e spostarli sempre
di più nel quadrante superiore sinistro del grafico è il cambiamento in cor-
sa dei criteri di misurazione e l’eccessivo inconsapevole spostamento in
avanti dello status quo. Se non ci ricordiamo da dove siamo partiti, non
volgendo lo sguardo verso il percorso realizzato fino a questo momento,
oppure se cambiamo il modo di misurare quanto desideriamo raggiungere,
ben presto otterremo l’effetto erosione. “In termini sistemici, più cresce il
divario tra la performance reale e quella desiderata, maggiore diventa la
tentazione di abbandonare o ridefinire con creatività l’obiettivo. E più cala
l’obiettivo, più si riduce lo scarto tra lo stato reale e quello vagheggiato.

  2. O’Connor J., Mc Dermott I., Il pensiero sistemico, Sperling & Kupfer, Milano, 2003.

                                          18
Nessun problema è così grave d non poter essere ignorato. Come possiamo
scongiurare questa deriva? Gli obiettivi scadono quando gli standard cor-
renti vengono fissati sulla base della performance passata anziché su una
visione proiettata nel futuro”3.
   L’ultima lettera dell’acronimo la T, indica il Tempo entro il quale inten-
diamo o prevediamo di raggiungere ciò che ci siamo prefissati. La man-
canza di cornici temporali adeguate rende impossibile l’orientamento e la
corretta verifica del buon esito delle operazioni che stiamo mettendo in at-
to. Un preciso intervallo temporale tra lo stato attuale e quello deside-
rato, infatti, è necessario a stabilire una relazione di causa effetto tra
le strategie che abbiamo deciso di intraprendere e il conseguimento
degli obiettivi. In caso contrario, affidiamo la verifica degli obiettivi alla
casualità, a variabili che non abbiamo sufficientemente controllato preven-
tivamente; il rischio che si corre è l’errata interpretazione delle informazio-
ni di ritorno che possono confermare convinzioni limitanti, fuorviarci fino
ad impedirci di completare il percorso. Un esempio semplice, ma efficace,
che forse è capitato a qualcuno dei lettori, è quello del miscelatore dell’ac-
qua della doccia. Quando la caldaia non è molto potente, specie la mattina
ci vuole qualche minuto prima di far arrivare l’acqua calda. A volte nella
fretta di ricevere quel po’ di caldo beneficio nelle fredde mattine d’inver-
no, si apre tutto il miscelatore sull’acqua calda credendo che arriverà pri-
ma e allora, tutto d’un tratto, ecco che ci ritroviamo sotto l’acqua bollente.
Allora spostiamo un po’ il miscelatore verso destra nella speranza che si
riduca la temperatura, ma l’impazienza ci fa credere che non è stato suffi-
ciente allora ruotiamo con decisione verso l’acqua fredda per ritrovarci en-
tro breve sotto l’acqua gelida. È prevedibile pensare che si farà l’esatto
contrario per passare da un opposto all’altro, senza poterci godere la meri-
tata doccia calda, ma non troppo, proprio a causa di una scarsa calibratura
del tempo necessario. Le informazioni che riceviamo in uno specifico mo-
mento temporale vengono in tal senso utilizzate come se fossero davvero
rappresentative, senza renderci conto dei cambiamenti continuativi, degli
assestamenti e degli equilibri che avvengono lungo il tempo.
   Le condizioni per la realizzazione degli obiettivi, pertanto, cambie-
ranno in relazione alla combinazione di misurazioni e di cornici tem-
porali. Un obiettivo misurabile con precisione e posto entro una cornice
temporale definita, rappresenta la condizione migliore per avere il feed-
back più valido. Se le strategie messe in opera permettono di realizzare gli
specifici cambiamenti desiderati entro il tempo previsto, abbiamo un feed-
back di rafforzamento. Se invece gli obiettivi previsti non corrispondono

  3. O’Connor J., Mc Dermott I., op. cit., p. 238.

                                            19

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I percorsi del Coaching Creativo

  • 1. 561.341.qxd 29-05-2009 8:57 Pagina 1 561.341 - M. DEL MONTE, M.R. PARSI, S. PIPERNO Il Coaching Creativo porta un contributo importante alla sfida per la valorizzazione della creatività applicata MASSIMO DEL MONTE, MARIA RITA PARSI e per questo posso dire che il libro mi ha personalmente arricchito. Hubert Jaoui SIMONE PIPERNO Affrontare le sfide che impone la quotidianità, al lavoro e in azienda, richiede I percorsi sempre di più la capacità di scovare ed utilizzare soluzioni innovative e trasformative. Lo scopo del Coaching Creativo è infatti il potenziamento delle risorse creative nelle persone e nei gruppi di lavoro per facilitare i processi di innovazione. A questo approccio gli autori affiancano la progettazione degli obiettivi per lo sviluppo personale e manageriale Il testo mette a disposizione una panoramica di preziosi contributi, per definire e progettare al meglio gli obiettivi, tratti da alcuni dei più noti maestri del cam- biamento: Drucker, Bandler, Jaoui, Dilts, Whitmore, Goleman, Tracy. Il volume è articolato in 16 percorsi metodologici e in una serie di casi di studio del coaching che sostengono il lettore nel rafforzamento della capacità di realizzare progetti, valutarli, prendere decisioni, motivare se stessi e gli altri e tanti altri aspetti relativi allo sviluppo personale e manageriale. Passo dopo passo, attraverso tali percorsi, il lettore potrà applicare il processo creativo, ripercorrendo le funzioni della mente per pianificare e realizzare gli obiettivi: la ricerca, la decodifica, l’elaborazione, la produzione e il feedback. I percorsi del Coaching Creativo aiutano a cercare, cogliere e creare le op- portunità attraverso l’arricchimento creativo delle mappe della realtà. Massimo Del Monte esercita la libera professione come psicologo e psicoterapeuta. I PERCORSI DEL COACHING CREATIVO creativo Ha elaborato la metodologia del Coaching Creativo che utilizza per il potenziamento delle ri- sorse, il miglioramento della performance in sessioni one-to-one e per interventi di forma- zione e coaching aziendale finalizzati all’innovazione e allo sviluppo dei processi creativi. Maria Rita Parsi psicologa, psicoterapeuta, saggista, ha fondato e dirige la Scuola Italiana di Psicoanimazione e la Fondazione Movimento Bambino. Svolge attività didattica presso diversi istituti universitari, master e scuole di psicoterapia, insegnando psicoterapia a mediazione creativa, metodologia e tecniche della psicoanimazione. Negli ultimi trent'anni ha formato migliaia di persone con la metodologia a mediazione crea- tivo-corporea (da lei stessa ideata e messa a punto) per lo sviluppo del potenziale umano. Simone Piperno si occupa di formazione e coaching nell’ambito del pensiero creativo e del problem solving, con la finalità di facilitare i processi di innovazione nelle orga- AGIRE PER OBIETTIVI nizzazioni. È giornalista e specialista nella comunicazione interpersonale e d’impresa, nella programmazione neuro-linguistica ed è membro del consiglio direttivo del Lazio CREARE SOLUZIONI REALIZZARE CAMBIAMENTI dell’Associazione Italiana Formatori. FrancoAngeli Management I S B N 978-88-568-1059-2 Le conoscenze per innovare € 21,00 (V) 9 788856 810592 FRANCOANGELI
  • 2. 560. F.P. Formazione permanente In testi agili di noti specialisti, quanto chi occupa o desidera occupare posizioni di responsa- bilità nelle aziende deve conoscere per mantenersi aggiornato: i problemi di un mondo in rapido cambiamento; i nuovi stili di direzione proposti per rispondere alle esigenze nuove; gli aspetti sociali, economici e finanziari; le nuove tecniche direzionali; la “pratica” più avanzata per risolvere i problemi delle imprese. La collana è divisa in tre sezioni: 561. Problemi d’oggi - 562. Nuove tecniche - 563. Pratica di...
  • 3. I lettori che desiderano essere informati sui libri e le riviste da noi pubblicati possono consultare il nostro sito Internet www.francoangeli.it e iscriversi nella home page al servizio “informazioni” per ricevere via e-mail le segnalazioni delle novità o scrivere, inviando il loro indirizzo, a: “FrancoAngeli, viale Monza 106, 20127 Milano”.
  • 4. MARIA RITA PARSI, MASSIMO DEL MONTE, SIMONE PIPERNO I percorsi del coaching creativo AGIRE PER OBIETTIVI CREARE SOLUZIONI REALIZZARE CAMBIAMENTI FRANCOANGELI
  • 5. Progetto grafico della copertina: Elena Pellegrini Copyright © 2009 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni specificate nel sito www.francoangeli.it
  • 6. Indice Prefazione pag. 7 Introduzione » 9 1. Una panoramica sulla definizione degli obiettivi » 13 1. Peter Drucker: il padre storico del management » 14 2. Hubert Jaoui: “L’apriti sesamo della creatività” » 22 3. Richard Bandler: il creatore della Programmazione Neu- rolinguistica » 26 4. Robert Dilts: la colonna portante della Programmazione Neurolinguistica » 30 5. John Whitmore: la pietra miliare del coaching » 33 6. Daniel Goleman: l’esploratore dell’intelligenza emotiva » 36 7. Brian Tracy: il motivatore dell’eccellenza » 39 2. Il Coaching Creativo in azione » 43 1. Introduzione al Coaching Creativo » 43 2. Le fasi e le procedure » 46 2.1. La ricerca » 47 2.2. La decodifica » 50 2.3. L’elaborazione » 51 2.4. La produzione » 53 2.5. Il feedback » 54 3. Realizzare gli obiettivi » 55 3.1. Ricerca » 57 3.2. Decodifica » 58 3.3. Elaborazione » 64 3.4. Produzione » 65 3.5. Feedback » 68 5
  • 7. 3. I Percorsi del Coaching Creativo pag. 72 1. Come prepararsi a utilizzare i percorsi? » 73 2. Il percorso del potenziamento dei risultati » 75 3. Il percorso decisionale » 81 4. Potenziare le capacità decisionali » 85 5. Il percorso motivazionale » 96 6. La progressione verso gli obiettivi » 104 7. Elaborare creativamente idee e progetti » 111 8. Vedere, pensare, sentire il progetto da prospettive diverse » 117 9. Pensiero convergente e divergente » 120 10. Il percorso della guida » 124 11. Il percorso del manager » 128 12. Il percorso dell’intuizione » 132 13. I sei passi per pensare » 136 14. Allenare il pensiero al gioco combinatorio » 144 15. Il potenziamento delle risorse » 152 16. Il rimodellamento creativo delle risorse » 160 17. Il Self Coaching Creativo » 166 Bibliografia » 170 6
  • 8. Prefazione Il libro di Massimo, Maria Rita e Simone è piacevole e utile. Piacevole, non solo perché fa del sottoscritto un elogio, non del tutto meritato, ma anche perché è modesto, non è presuntuoso, né sentenzioso. Nella prima parte, presenta una serie di modelli e di autori, senza cercare di dare lezioni, ma aiutando a capire veramente come definire e realizzare gli obiettivi attraverso il coaching. Utile perché, oltre a proporre il punto di vista di specialisti importanti del mondo della formazione e del coaching, dimostra l’impegno degli au- tori nel costruire e perfezionare una metodologia a mediazione creativa che ha la finalità di facilitare il cambiamento e l’innovazione nelle persone e nelle organizzazioni. Gli autori hanno elaborato nel primo capitolo una sintesi chiara e opera- tiva del lavoro di sette maestri, rendendo questo volume uno strumento in- teressante per chi desidera praticare un coaching efficace. La parte relativa al coaching creativo, particolarmente precisa e detta- gliata, presenta il processo e varie tecniche che permettono di fare del coa- ching un vero e proprio atto creativo. I percorsi che hanno elaborato gli au- tori rispondono a diverse esigenze di sviluppo e valorizzazione delle perso- ne e costituiscono una bussola, un valido supporto sia per chi vuole mi- gliorare le proprie prestazioni professionali, sia per chi guida un gruppo di lavoro, un’organizzazione, un’azienda e intende distillare il meglio dai propri collaboratori. Utilizzare i percorsi è semplice, in quanto le indica- zioni operative sono delineate con precisione, ma in modo sintetico ed i casi di studio aiutano i lettori a comprenderne le potenzialità. Il libro è utile, come scrivevo all’inizio, perché in questo momento stori- co di profondi cambiamenti e di crisi economica e sociale, la creatività è uno degli strumenti più importanti per reinventare il mondo, per cambiarlo grazie all’apporto dell’utopia, dei sogni e, appunto, della creatività applica- ta alla vita di tutti i giorni e al lavoro. 7
  • 9. Per tanti anni la creatività applicata è stata svalutata, soprattutto nel mondo aziendale; oggi, finalmente, dal momento che “innovazione” è di- ventata la vera parola d’ordine, si comprende il valore aggiunto che la creatività può portare alle organizzazioni, facendola uscire dall’alveo del mistero o della mera fantasia per renderla uno strumento utile e fondamen- tale per far crescere le prestazioni delle persone e dei gruppi. Il coaching creativo porta un contributo importante a questa sfida, al percorso di valorizzazione della creatività applicata e per questo posso dire che il libro mi ha personalmente arricchito. Hubert Jaoui 8
  • 10. Introduzione C’è qualcosa che sapete, ma che non sapete di sapere. Quando scoprite ciò che sapevate ma che non sapevate di sapere, sapete di poter inco- minciare. Milton H. Erickson Il 2009 è l’anno europeo della creatività e dell’innovazione e poche volte come in questo caso il tempismo è stato giusto e perfettamente coe- rente con il momento che stiamo vivendo. L’Unione Europea si è data il compito di promuovere la creatività come fattore chiave per l’innovazione e per lo sviluppo delle competenze personali, professionali, imprenditoria- li e sociali e per accrescere il benessere delle persone, proprio in un mo- mento in cui la crisi economica e finanziaria sta amplificando i profondi squilibri nella società in cui viviamo. Una società, quella attuale, che ha in se le risorse e le potenzialità per rinascere, per rinnovarsi in direzione di un benessere globale e condiviso. Le conoscenze, le scoperte scientifi- che e gli strumenti che abbiamo a disposizione, possono portarci alla composizione del puzzle nel quale stiamo vivendo, composto da troppi tasselli ai quali non troviamo una posizione adeguata, perché accecati dai fumi dell’inquinamento, squilibrati dalle differenze economiche ed im- pauriti dall’ingiustizia sociale. I tasselli ci sono, ma sarà coniugando insieme le capacità creative delle persone ad un rafforzamento della responsabilità etica e sociale, che potre- mo passare dal caos al kairos. “Kairos” nelle parole di Daniel Stern, “rappresenta il momento in corso, in cui accade qualcosa mentre il tempo scorre. È l’attuazione di un nuovo stato delle cose, che sopraggiunge in un momento di consapevolezza. Esso è delimitato da propri confini e trascende il corso del tempo lineare,e tutta- via contiene anche un passato. È una parentesi soggettiva che scaturisce da Chronos. Kairos è un momento in cui si presenta una possibilità, in cui gli eventi richiedono un’azione o sono propizi per un’azione, e convergono in un insieme che entra a far parte della consapevolezza. In quest’attimo, l’azione che decideremo di intraprendere modificherà il nostro destino – valga esso per il prossimo minuto o per la vita intera. Kairos è una piccola finestra sul divenire delle possibilità”. 9
  • 11. Con questo testo e con la nostra metodologia di lavoro intendiamo por- tare un contributo in questa direzione, perché riteniamo che qualsiasi cam- biamento, in una famiglia, in un’azienda, come nella società, parta dalla persona, dalla propria volontà di crescere, di sperimentare, di gestire al meglio le proprie emozioni, di sviluppare nuove risorse e capacità, di dialogare in modo aperto e costruttivo. Affrontare le sfide che impone la vita, nella società attuale, richiede sempre di più la capacità di scovare ed utilizzare soluzioni trasformative: nella vita di ogni giorno, al lavoro, in azienda. Lo scopo delle tecniche e dei percorsi proposti nel testo è lo sviluppo di quelle risorse che consentono di innovare, scoprire, trasforma- re, ampliare in modo flessibile la propria mappa del mondo, conoscere se stessi e gli altri. Nella prima parte del volume accompagniamo il lettore nell’esplorazio- ne dei metodi che autori particolarmente rilevanti del mondo del coaching, della formazione e della consulenza adottano per definire e progettare gli obiettivi, personali o professionali, dei loro clienti. Visiteremo Peter Drucker, che ha sviluppato la metodologia del Mana- gement by Objectives (gestione per obiettivi), influenzando varie genera- zioni di manager e consulenti, Richard Bandler, il geniale fondatore della Programmazione Neurolinguistica, Robert Dilts, che ha ne preso il testi- mone, sviluppandola ulteriormente ed arricchendola anche in direzione del coaching. Incontreremo John Whitmore, che ha edificato le fondamenta del coaching e Daniel Goleman, con la sua enorme opera di divulgazione dell’intelligenza emotiva e sociale e delle neuroscienze ad esse legate; pas- seremo per Brian Tracy ed i suoi lavori sulla leadership e la motivazione e per Hubert Jaoui, padre del pensiero creativo e della gestione dell’inno- vazione in Europa. Il secondo capitolo ci condurrà all’interno della metodologia, il Coaching Creativo, che abbiamo sviluppato in questi anni per il potenziamento delle risorse creative delle persone e dei gruppi di lavoro che intendono realizzare dei progetti innovativi, trovare delle soluzioni originali e facilitare i processi di cambiamento nella vita privata, professionale o nella società. In questa parte del libro esponiamo il nostro metodo di definizione e progettazione de- gli obiettivi, che prevede la ricerca e l’organizzazione delle informazioni e delle risorse utili e necessarie, quindi l’elaborazione delle idee, delle alter- native e delle soluzioni opportune, la produzione e la sperimentazione di un piano d’azione e il monitoraggio sulla sua efficacia e realizzabilità. Il terzo capitolo è infine un viaggio che prevede diversi itinerari, 16 per- corsi per sviluppare ed allenare le capacità di affrontare positivamente al- cune delle sfide e delle aree critiche nelle quali ci imbattiamo nella vita di tutti i giorni e nell’attività professionale, come manager, liberi professioni- sti o imprenditori. 10
  • 12. Potenziare i nostri risultati, facilitare le decisioni, rafforzare le capacità motivazionale, le risorse creative e di leadership, sono solo alcune delle questioni affrontate, aiutando il lettore a semplificare, riducendo il tempo e lo stress necessari a realizzarli. Ciò avverrà senza “bacchette magiche”, ma con un lavoro che ci guiderà a ricercare ed esplorare le informazioni utili, a valorizzare le nostre risorse personali, quelle sociali e ambientali, attra- verso un metodo, il Coaching Creativo, nato dall’esperienza dei suoi autori e soprattutto dal bagaglio di studi, ricerche, sperimentazioni dei formatori, degli autori e dei ricercatori che si sono occupati di pensiero creativo, coa- ching, crescita personale, sviluppo manageriale e neuroscienze. Buona lettura e buon coaching creativo! 11
  • 14. 1. Una panoramica sulla definizione degli obiettivi Diversi autori hanno affrontato il tema della definizione degli obiettivi fornendo consigli su come organizzare il cosiddetto obiettivo ben-formato, che rappresenta la base per poter procedere nella direzione del proprio suc- cesso. Già Benjamin Franklin nei suoi scritti sull’arte di vivere con successo affermò che: “Ogni impresa dell’uomo poggia sulla formulazione di obiet- tivi definiti con chiarezza”. Nelle pagine che seguono riportiamo una serie di preziosi contributi di alcuni dei più noti personaggi che in questi decenni hanno popolato il mondo dello sviluppo personale e manageriale. Questa parte del testo non ha, ovviamente, la pretesa di essere esaustiva su temi e riflessioni che hanno richiesto interi volumi per essere spiegati. Abbiamo estrapola- to dalle opere degli autori alcuni degli strumenti operativi che utilizzia- mo negli interventi di formazione e coaching con i nostri clienti, nelle fa- si della definizione e della progettazione degli obiettivi. In alcuni punti, pur correndo il rischio di riportare contenuti simili, abbiamo deciso di mettere a disposizione del lettore le diverse prospettive poiché, in fondo, i pilastri su cui si regge l’ingegneria di un progetto riuscito rispettano le stesse leggi. Le diverse prospettive, le peculiarità, il linguaggio scelto da ognuno di questi maestri del cambiamento, contribuiscono ad arricchire la mappa che ci orienta verso il conseguimento delle mete. 13
  • 15. 1. Peter Drucker: il padre storico del management A distanza di più di cinquant’anni, risulta ancora apprezzata e valida la formula escogitata dal padre storico delle teorie sul management, Peter Drucker1, per una migliore definizione degli obiettivi, conosciuta con l’acronimo SMART. Drucker ha elaborato e messo in pratica il modello di Gestione per Obiettivi, MBO (Management by Objectives), al fine di facilitare la costru- zione e la condivisione delle linee strategiche aziendali da parte dei livelli manageriali, attraverso la definizione dei loro obiettivi di performance, in un sistema integrato con quelli aziendali. Questi concetti, assolutamente innovativi per l’epoca e ancor oggi considerati importanti per la realizza- zione delle performance aziendali, sono stati ampiamente ripresi da molti autori, rielaborati e riadattati anche per la gestione e la realizzazione degli obiettivi personali. Uno dei principi essenziali del modello di Drucker si basa sulla valoriz- zazione degli individui e sul personale coinvolgimento nel monitoraggio, nella realizzazione e nella valutazione delle performance. Oggi, dunque, il modello SMART è diffuso in ogni settore della crescita personale ed è di- venuto un classico strumento del coaching per iniziare a riflettere in modo sistematico sui propri obiettivi ed evitare quel senso di vaghezza e scarsa precisione, responsabile delle difficoltà a perseguire realmente ciò che si vuole ottenere. L’acronimo di Drucker parte dalla lettera S che sta per specifico; se si vuole sapere realmente dove si intende arrivare, allora bisogna necessaria- mente specificarlo ed è indispensabile scendere nei particolari, in quei det- tagli, cioè, che descrivono in modo accurato l’obiettivo. In tal senso vanno utilizzate parole semplici, chiare, definite: ad esempio, correre 100 metri in 10 secondi netti costituisce un obiettivo di performance molto ben definito e specifico (oltre che ambizioso…), mentre riuscire a migliorare le proprie prestazioni nella corsa dei 100 metri rimane un obiettivo vago, che potreb- be non essere mai veramente raggiunto, poiché non è riferito ad un conte- sto, non ha termini di paragone misurabili con un prima ed un dopo. Dun- que, precisare il contesto, la situazione e restringere il focus dell’attenzio- ne in un fotogramma ben definito, rappresenta un presupposto molto im- portante per soddisfare anche gli altri criteri dello SMART. Alcune doman- de possono aiutare a specificare meglio l’obiettivo: che cosa voglio in par- ticolare? In quale contesto specifico della mia vita o dell’attività che sto svolgendo? 1. Drucker P.F., The Practice of Management, Harper & Row, New York, 1954. 14
  • 16. La specificità non è sufficiente se non si adottano procedure di misura- zione. Entra in gioco la seconda lettera dell’acronimo, la M che sta per Misurabile. Non sempre è possibile misurare il raggiungimento con ordini di grandezza numerici o in genere quantitativi; va ricordato, infatti, che l’applicazione dello SMART è avvenuta principalmente a livello aziendale, dove la realizzazione delle performance è stata sottoposa a verifiche misu- rabili. Quando si parla di cambiamenti che riguardano la crescita persona- le, la misurabilità riguarda l’aspetto comportamentale. I comportamenti possono essere percepiti con i sensi fisici e pertanto i cambiamenti com- portamentali possono essere anche misurati attraverso la comparsa di un azione o di un atteggiamento che prima non c’era, di una nuova abitudine, di un modo di comunicare, o di reagire di fronte a specifiche situazioni. Per esempio, una persona che desidera aumentare la sicurezza e l’autosti- ma potrà verificare il raggiungimento della propria meta di cambiamento conoscendo in anticipo in quale specifica situazione vorrebbe sentirsi più sicuro di sé, quali nuovi comportamenti vorrebbe adottare: azioni, iniziati- ve, atteggiamenti posturali, sguardo, modi di esprimersi, tono della voce, sensazioni interne. Rendere misurabile un obiettivo è importante anche per ragioni che sono state efficacemente dimostrate in settori di studio diversi e molto tempo dopo le prime pubblicazioni di Peter Durcker. La psicologia percettiva ha dimostrato che l’uomo della strada è portato a riconoscere i cambiamenti e le differenze, in modo più accentuato rispetto al- la valutazione delle dimensioni assolute; in altre parole, ognuno di noi, nelle proprie reazioni percettive, tende ad essere automaticamente condizionato, senza neanche saperlo, poiché prende qualche punto di riferimento ambienta- le presente o precedente, cui ci si era adattati, per fare differenze e analogie. Lo stesso quadratino grigio posto all’interno di quadrati più grandi di diverse tonalità più chiare e più scure, viene comunemente percepito diver- samente in rapporto allo sfondo; in questo caso più scuro sullo sfondo nero e più chiaro su sfondo molto chiaro. Fig. 1 - Lo stesso quadratino grigio sembra più scuro o più chiaro a seconda dello sfondo in cui è inserito 15
  • 17. Un prestigioso studioso di psicologia cognitiva, Daniel Kahneman, vin- citore del Premio Nobel per l’economia, ha applicato lo stesso principio a qualità non-sensoriali come la ricchezza, il prestigio e la salute. Secondo le sue ricerche, dalle quali ha generato la Teoria del Prospetto, quando valu- tiamo l’esito di scelte effettuate in precedenza, apprezziamo soprattutto i cambiamenti rispetto ad un punto di riferimento che cambia nel tempo e che generalmente è rappresentato dallo status quo. In campo economico, ad esempio, il valore e l’apprezzamento che attribuiamo al denaro è sog- gettivo e varia in relazione ai guadagni precedenti e alla ricchezza accumu- lata; secondo Kahneman: “Il valore è dato dalle differenze tra gli stati eco- nomici e non dagli stati stessi”. In estrema sintesi e semplicità, le persone comunemente si comportano esattamente al contrario del noto personaggio di Disney, Paperone, per il quale ogni dollaro vale come il primo e viene apprezzato sempre allo stes- so modo… anche se il primo nichelino guadagnato in gioventù rappresenta un totem sacro. Nella vita quotidiana, invece, diminuisce sensibilmente il valore attribuito a guadagni analoghi, all’aumentare delle somme. Questo avviene perché tendiamo a spostare costantemente lo status quo in avanti e pertanto definiamo paragoni e differenze con i risultati ottenuti a breve di- stanza. A tale proposito gli studi di psicologia della felicità dimostrano che i vincitori di lotterie nazionali inizialmente vivono un forte incremento di felicità, ma nel giro di qualche tempo, comunque non molto lungo, tornano ai livelli precedenti, finendo per non essere molto più felici di chi non ha vinto. Evidentemente, dal momento della vincita iniziano a fare i conti con ciò che hanno, come nuovo punto di partenza per effettuare differenze e paragoni, dando ormai per scontato ciò che possiedono in più rispetto a prima, perché hanno spostato in avanti lo status quo economico, dimenti- cando il percorso. Al contrario, invece, sentiamo molto più dolore quando perdiamo, ri- spetto al piacere che percepiamo quando vinciamo; se ad esempio una vin- cita di 100 euro è pari ad un piacere di 20 unità, una perdita di 100 euro è pari ad un dispiacere di più di 40 unità. Il rischio che si corre nella progressione verso gli obiettivi è di non tenere in giusta considerazione il punto di partenza, lo status quo, e di non aver chiaro il punto di arrivo, poiché non sono stati decisi parametri di misurazio- ne. Ciò che spiega la Teoria del Prospetto, a proposito della valutazione dei guadagni e delle perdite, della propensione al rischio e dell’avversione alle perdite, può essere applicato anche alla realizzazione degli obiettivi. Al fine di evitare quelle trappole mentali che non ci consentiranno di effettuare scel- te adeguate relativamente alle mete da realizzare, alle strategie e alle opera- zioni da effettuare, è necessario rendere l’obiettivo misurabile per avere chia- ra la differenza tra lo stato di partenza e lo stato desiderato. 16
  • 18. Entriamo allora nella terza lettera dell’acronimo, la A; si possono trova- re diverse versioni per questa parte del lavoro che richiede all’obiettivo di essere Arrivabile o raggiunto per mezzo di specifiche Azioni. Per poter essere considerato tale e non solo un mero desiderio o un sogno ad occhi aperti, l’obiettivo richiede la possibilità concreta di essere ottenuto per mezzo di strategie possibili che conducano all’arrivo. Questo può essere vero soltanto grazie ad una certa dose di Realismo, che consente di rima- nere con i piedi ben piantati in terra, al fine di evitare frustrazioni ed incor- rere in maggiori problemi successivamente. La realizzabilità dell’obiettivo, dunque, è ottenuta grazie ad un’attenta analisi della realtà entro cui deve essere formulato, rispetto ai vincoli, all’ambiente, alle risorse e alle com- petenze di cui si dispone, al tempo richiesto. Essere realistici di fronte ad un obiettivo significa equilibrare la realizzabilità e la rilevanza per le no- stre ambizioni. L’obiettivo rilevante, che implica qualche difficoltà, ci mette alla prova, sollecita le nostre motivazioni, stimola l’apprendimento e il miglioramen- to, la crescita personale; si tratta di un obiettivo sfidante per il quale vale la pena di investire energie, tempo e risorse. Al contrario, l’obiettivo poco rilevante, che non ci motiva e non rappresenta alcuna fonte di soddisfazio- ne e al tempo stesso appare difficilmente raggiungibile, è particolare fru- strante. Non può essere considerato un vero e proprio obiettivo, poiché im- plica atteggiamenti pessimistici o è frutto di pressioni emotive o ambientali che contaminano la capacità realistica di affrontarlo come un obiettivo per- sonale; somiglia molto di più ad un compito, un imposizione o un dovere. L’obiettivo facilmente realizzabile, ma poco rilevante, tende a demotivare poiché somiglia più ad una routine che ad un obiettivo di performance. Fig. 2 - Tabella per classificare gli obiettivi in base alla realizzabilità e alla ri- levanza 17
  • 19. L’obiettivo facilmente realizzabile e molto rilevante costituisce un im- portante rinforzo positivo, utile ad aumentare la soddisfazione personale e al tempo stesso a confermare alcune delle qualità che mettiamo in gioco. I leader capaci di gestire un gruppo di lavoro sanno miscelare rile- vanza e realizzabilità, stimolando nei loro collaboratori la definizione di obiettivi realistici basati sui punti di forza e al tempo stesso soddi- sfacenti. Per colmare il divario esistente tra lo stato attuale e quello desiderato, quando ci si è posti una meta irrealistica, a volte si finisce per “abbassare l’asticella”, avvicinando lo stato desiderato a quello attuale; in questo caso, si adotta una strategia opposta a quella prevista dalla Teoria del Prospetto: invece di spostare lo status quo in avanti, si tira indietro l’utilità attesa. A questo proposito Joseph O’Connor e Ian Mc Dermott2 affermano che spesso, nella definizione degli obiettivi, ci si basa sulla performance cor- rente piuttosto che sul contrario, favorendo in tal senso l’immobilismo. In altre parole così facendo si rinforza lo stagnare della crescita piuttosto che il miglioramento continuo, ottenibile durante il percorso dalla persona. Se poi la performance precedente non è accettabile per vari motivi, si corre il rischio di trasformarla in una norma che regolerà verso il basso i risultati successivi. Gli autori, in questo caso, parlano di erosione degli obiettivi: si parte da una condizione di divario tra risultati ottenuti e desiderati che si tenta di correggere attraverso una serie di azioni. Lo scarto tra i due livelli può provocare una pressione che tende ad abbassare l’asticella piuttosto che aumentare l’impegno per arrivare allo stato desiderato. Il ridimensiona- mento dell’obiettivo inizialmente può essere lento ed è difficilmente perce- pibile, specie se non sono state adottate misure precise e accurate di moni- toraggio e misurazioni iniziali. Le grandi differenze tra gli obiettivi iniziali e quelli ridimensionati nel corso del tempo a causa dell’erosione, costitui- scono la somma dei tanti piccoli deterioramenti sfuggiti all’attenzione. Un altro modo per generare l’erosione degli obiettivi e spostarli sempre di più nel quadrante superiore sinistro del grafico è il cambiamento in cor- sa dei criteri di misurazione e l’eccessivo inconsapevole spostamento in avanti dello status quo. Se non ci ricordiamo da dove siamo partiti, non volgendo lo sguardo verso il percorso realizzato fino a questo momento, oppure se cambiamo il modo di misurare quanto desideriamo raggiungere, ben presto otterremo l’effetto erosione. “In termini sistemici, più cresce il divario tra la performance reale e quella desiderata, maggiore diventa la tentazione di abbandonare o ridefinire con creatività l’obiettivo. E più cala l’obiettivo, più si riduce lo scarto tra lo stato reale e quello vagheggiato. 2. O’Connor J., Mc Dermott I., Il pensiero sistemico, Sperling & Kupfer, Milano, 2003. 18
  • 20. Nessun problema è così grave d non poter essere ignorato. Come possiamo scongiurare questa deriva? Gli obiettivi scadono quando gli standard cor- renti vengono fissati sulla base della performance passata anziché su una visione proiettata nel futuro”3. L’ultima lettera dell’acronimo la T, indica il Tempo entro il quale inten- diamo o prevediamo di raggiungere ciò che ci siamo prefissati. La man- canza di cornici temporali adeguate rende impossibile l’orientamento e la corretta verifica del buon esito delle operazioni che stiamo mettendo in at- to. Un preciso intervallo temporale tra lo stato attuale e quello deside- rato, infatti, è necessario a stabilire una relazione di causa effetto tra le strategie che abbiamo deciso di intraprendere e il conseguimento degli obiettivi. In caso contrario, affidiamo la verifica degli obiettivi alla casualità, a variabili che non abbiamo sufficientemente controllato preven- tivamente; il rischio che si corre è l’errata interpretazione delle informazio- ni di ritorno che possono confermare convinzioni limitanti, fuorviarci fino ad impedirci di completare il percorso. Un esempio semplice, ma efficace, che forse è capitato a qualcuno dei lettori, è quello del miscelatore dell’ac- qua della doccia. Quando la caldaia non è molto potente, specie la mattina ci vuole qualche minuto prima di far arrivare l’acqua calda. A volte nella fretta di ricevere quel po’ di caldo beneficio nelle fredde mattine d’inver- no, si apre tutto il miscelatore sull’acqua calda credendo che arriverà pri- ma e allora, tutto d’un tratto, ecco che ci ritroviamo sotto l’acqua bollente. Allora spostiamo un po’ il miscelatore verso destra nella speranza che si riduca la temperatura, ma l’impazienza ci fa credere che non è stato suffi- ciente allora ruotiamo con decisione verso l’acqua fredda per ritrovarci en- tro breve sotto l’acqua gelida. È prevedibile pensare che si farà l’esatto contrario per passare da un opposto all’altro, senza poterci godere la meri- tata doccia calda, ma non troppo, proprio a causa di una scarsa calibratura del tempo necessario. Le informazioni che riceviamo in uno specifico mo- mento temporale vengono in tal senso utilizzate come se fossero davvero rappresentative, senza renderci conto dei cambiamenti continuativi, degli assestamenti e degli equilibri che avvengono lungo il tempo. Le condizioni per la realizzazione degli obiettivi, pertanto, cambie- ranno in relazione alla combinazione di misurazioni e di cornici tem- porali. Un obiettivo misurabile con precisione e posto entro una cornice temporale definita, rappresenta la condizione migliore per avere il feed- back più valido. Se le strategie messe in opera permettono di realizzare gli specifici cambiamenti desiderati entro il tempo previsto, abbiamo un feed- back di rafforzamento. Se invece gli obiettivi previsti non corrispondono 3. O’Connor J., Mc Dermott I., op. cit., p. 238. 19