1. oscar farinetti
7 mosse l’italia
con i commenti di giovanni soldini, ugo alciati,
luca baffigo, alessandro baricco, mario brunello,
moreno cedroni, lella costa, luciana delle donne,
guido falck, giorgio faletti, bruno fieno, maria giua,
beatrice iacovoni, riccardo illy, marella levoni,
matteo marzotto, teo musso, paolo nocivelli,
piergiorgio odifreddi, simone perotti, francesco rubino,
davide scabin, antonio scurati, daniel winteler
2.
3. oscar farinetti
7 mosse l’italia
un viaggio in barca a vela da genova a new york
con giovanni soldini e un po' di amici
5. «Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo
favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene
chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle
loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti
dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora
esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato,
ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa
al merito, e la povertà non costituisce un impedimento. Qui
ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si
estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi
l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo
se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo
liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia
siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un
cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando
attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non
si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni
private. Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato
di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di
rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo
proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche
insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono
nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che
è buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo
che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo
innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di
dare vita ad una politica, tutti qui ad Atene siamo in grado
di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come
un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che
la felicità sia il frutto della libertà, ma che la libertà sia solo
il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la
scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in
sé una felice fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare
qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è
aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.»
Pericle
Discorso agli Ateniesi
(461 a.C.)
6.
7. indice
le ragioni di un viaggio 9
alla ricerca del marino di luciano bertello 11
7 mosse per l'italia – due o tre cose prima di cominciare 15
la barca 17
l'equipaggio, di tappa in tappa 19
diario di una traversata di giovanni soldini 21
i naviganti 23
7 mosse per l'italia di oscar farinetti 25
meno critica, più autocritica – prologo 27
meno politici, più politica 31
meno sprechi, più responsabilità 33
meno bombe, più diplomazia 37
Meno invocazioni, più vocazioni 39
meno liti, più accoglienza 45
meno io, più noi 53
meno leggi, più disciplina – meno chiesa, più gesù 57
meno maschile, più femminile – epilogo 61
7 mosse per l'italia – la parola ai naviganti 63
meno meteore, più perseveranza di ugo alciati 65
meno merito, più estero di luca baffigo 67
meno scetticismo, più ingenuità di alessandro baricco 71
riflessioni da “i love barolo” di mario brunello 75
7
8. meno teoria, più pratica di moreno cedroni 81
una mattina mi son svegliata… di lella costa 83
innovazione sociale = creatività
applicata al buon senso di luciana delle donne 87
meno onde, più mare di guido falck 91
meno leggerezze, più leggerezza di giorgio faletti 95
meno individualismo, più armonia di bruno fieno 99
l'albero si giudica dai frutti di maria giua 101
meno pregiudizi, più umiltà di beatrice iacovoni 103
meno velleitarismo, più rigore di riccardo illy 105
meno zavorra, più vento di marella levoni 109
il viaggio, la navigazione, le 7 mosse di matteo marzotto 111
più terra, meno facebook di teo musso 115
meno "status quo", più cambiamenti di paolo nocivelli 117
modeste proposte sulle 7 mosse di piergiorgio odifreddi 121
meno manifestazioni,
più azioni (individuali) di simone perotti 125
meno parole... di francesco rubino 129
meno cervello, più pancia di davide scabin 131
la cultura a milano (e in italia?) di antonio scurati 135
meno profitto, più coscienza di giovanni soldini 139
meno pigrizia, più fantasia di daniel winteler 143
7 mosse per l'italia – riassumendo 147
ringraziamenti 159
8
9. le ragioni di un viaggio
Sono state due le ragioni che nella primavera del 2011, dal giorno
della Liberazione (25 aprile) alla festa della Repubblica (2 giu-
gno), hanno spinto un piccolo gruppo di italiani a trasformarsi in
ciurma e ad affrontare l’oceano: 37 giorni per mare, da Genova a
New York, su una barca a vela manuale e con una cambusa rifor-
nita di ottimi cibi e vini italiani, però razionati. è stato un viaggio
vero, avventuroso, e al tempo stesso un viaggio simbolico: la pro-
va che insieme si può ancora fare molto per il nostro Paese e per
noi stessi, e che si può vivere e convivere in armonia.
Il libro che state sfogliando è il frutto di quel viaggio.
7 MOSSE L’ITALIA
Un navigatore e un mercante, aiutati da 5 velisti, accompagnati da
3 grandi chef e da 15 compagni di viaggio – gente di pensiero e
di azione che si è alternata di tappa in tappa – si sono confrontati
sulle 7 mosse da attuare subito per migliorare il nostro Paese. Nes-
suna di queste persone fa politica attiva, né desidera farla. Nessu-
no di loro è pregiudizialmente di destra o di sinistra, lontani anni
luce da beghe partitiche: mai “contro”, sempre “per”.
alla ricerca del marino
È il vento che arriva dal mare. I cibi di grande qualità e tradi-
zione nascono dall’incontro tra venti. L’Italia è particolarmente
fortunata in questo senso, essendo una penisola stretta e lunga al
centro del Mediterraneo. Qui il vento marino che nasce negli oce-
ani, filtrato da Gibilterra e da Suez, diventa brezza e si posa sul-
le nostre specialità, incontrando l’aria fresca delle colline e delle
montagne. In questo modo le rende uniche. Si pensi ai prosciutti
italiani, al Grana padano, alla pasta di Gragnano, allo stesso Neb-
biolo. Durante questa traversata abbiamo portato molti di questi
prodotti con noi, alla ricerca delle origini del vento che li rende
meravigliosi, e ogni giorno sono stati utilizzati da un grande chef
per creare i piatti che hanno dato corpo alla nostra convivialità.
9
10.
11. alla ricerca del marino
di luciano bertello
antefatto – A righe e a quadretti
Montaldo Roero, 12 ottobre 1963
Una giornata di pioggia sulla collina. La maestra racconta di
eroi-naviganti omerici e di una donna tenace che non rimarrà
sola. Di vele e di venti. Di sentimenti e valori scritti dall’ulissiaca
prua sul quaderno blu del Mediterraneo.
Un bambino, le mani nascoste sotto il banco, costruisce bar-
chette di carta. Barchette a righe e a quadretti. Quando esce, le
affida al rivolo d’acqua che scorre nella ripida strada. Le segue; le
spinge; le rialza; le rimette nella corrente.
Da casa lo cercano. Lo trovano, fradicio, quasi ai piedi della
collina. La mamma, preoccupata, lo interroga. Incredula, lo pro-
tegge e lo scalda: cercava la casa dell’acqua e di quel vento che i
grandi chiamano marìn.
andar per langa
Alta Langa, 30 dicembre 2010
In una giornata di azzurro terso, due uomini vanno per Langa
incontro al marìn.
Intorno, colline epiche e silenziose.
L’uno scrive numeri su fogli a righe; l’altro annota pensieri su
fogli a quadretti.
Il primo traccia grafici e architetture di mercati fra Langa, Tokyo
e New York; il secondo viaggia tra i secoli di Langa e Roero, a
caccia di storie di uomini e di terra.
Entrambi sanno di avere il marìn nelle vene. Ma vogliono dar-
sene ragione e, allora, lo inseguono nello spazio e nel tempo per
capire dov’è la sua casa.
Di una cosa sono certi: quel blu che da Mombarcaro si vede
all’orizzonte è il mare.
11
12. alla ricerca del marino
il marìn
Barolo, 17 marzo 2011
Il marìn è un vento che torna. Incrocia il profumo del mare e del
rosmarino con quello di montagna e di neve. Appassiona e sner-
va. Accarezza e fa grandi i nebbioli.
Il marìn crea piccoli mulinelli e gioca con le foglie: sembra un
gatto che cerca di mordersi la coda.
Mette languori e voglia di porti. Poi, una volta lontano, diventa
un richiamo irresistibile e voglia di casa.
Il marìn ama la libertà e gli spazi liberi, ridicolizza confini e fron-
tiere, va d’accordo con gli spiriti liberi.
Il marìn è la Langa: libera repubblica e vandea, malora e albero
della cuccagna, collina e altrove, Cesare Pavese e Michele Ferrero,
Beppe Fenoglio e Giacomo Morra.
Il marìn è il balon: piedi ben piantati in terra e cielo, zembo e ar-
càss, Ghindu e Augusto Manzo, Felice Bertola e Massimo Berutti.
Il marìn è il Barolo: legno e tempo, tannini e carezze, vigna e
mondo, la marchesa Giulia Colbert Falletti e la Bela Rosìn, Barto-
lo Mascarello e Angelo Gaja.
… ma per seguir virtute e conoscenza
Tra Genova e New York, 25 aprile – 2 giugno 2011
Dal mare di colline al mare, il passo è breve. Basta seguire il marìn.
Da Genova a New York c’è di mezzo il mare. Ma basta inseguire
il marìn.
Sulla barca, due capitani coraggiosi. Esperti di navigazioni in
solitaria. L’uno, omerico, disegna avventure su coordinate geo-
grafiche; l’altro, fenicio, ama dare un’anima ai numeri.
Non fuggono: hanno dentro il marìn e stanno bene dentro
al marìn. Si allontanano dalla madrepatria per poterla guardare
meglio. Cercano la giusta prospettiva per immaginare prospetti-
ve più giuste. Cercano risposte: nel marìn, l’uno nell’altro, nella
storia, nei libri.
Cercano valori: tra epica e cronaca, tra mito e futuro.
Amici a righe e a quadretti si alternano al loro fianco, per aiutarli
a capire e a dire.
12
13. 7 mosse l’italia
Il magico 7 è bussola e faro.
La cambusa è stipata con i sapori eccelsi della madrepatria e i
cuochi sono chef.
Due valori li hanno già ritrovati: il tempo e la carezza del marìn.
Gli stessi che sanno trasformare un sapore in saggezza: in Grana
padano, in prosciutto crudo San Daniele, in pasta di Gragnano,
in Barolo.
La rotta procede sicura e la prua è come un sismografo che
registra il respiro del marìn.
Ma il marìn è come il “vento largo” del poeta: «Non soffia mai
nella stessa direzione e di conseguenza disorienta molto… è
come il vento della vita che ti spinge prima da una parte, poi
dall’altra…».
Qualche volta tace.
Certi sono soltanto gli estremi del viaggio: il 25 aprile e il 2 giu-
gno. E il 17 marzo è appena più in là.
13
14.
15. 7 mosse l’italia
due o tre cose prima di cominciare
19. l’equipaggio, DI TAPPA IN TAPPA
1 Genova – PALma di maiorca (25 aprile – 29 aprile 2011)
soldini, farinetti, alciati, baricco, falck, fieno,
iacovoni, illy, levoni, nocivelli, winteler
2 PALma di maiorca – Gibilterra (30 aprile – 5 maggio 2011)
soldini, farinetti, alciati, brunello, costa,
delle donne, fieno, iacovoni, nocivelli, scurati
3 Gibilterra – madeira (6 maggio – 11 maggio 2011)
soldini, farinetti, baffigo, cedroni, faletti, fieno,
iacovoni, marzotto, musso, nocivelli, odifreddi
4 madeira – new york (12 maggio – 2 giugno 2011)
soldini, farinetti, baffigo, falck, giua, iacovoni,
nocivelli, perotti, rubino, scabin
19
20.
21. DIARIO DI UNA TRAVERSATA
di giovanni soldini
Ho partecipato a questo viaggio come capitano della barca, quin-
di ho avuto la fortuna di navigare con tutti i diversi protagonisti
di questa avventura. Non è stata una crociera, è stato un vero e
proprio viaggio attraverso il Mediterraneo e l’Atlantico.
Non vi nascondo che all’inizio ero un po’ preoccupato: non ero
sicuro che tutte queste persone, abituate a lavorare d’intelletto,
sarebbero state capaci di venire a patti con la legge del mare e di
una barca a vela. Poi è arrivato il giorno della partenza e, come
sempre accade, il mare ha messo a posto tutto.
Tutti i membri dell’equipaggio si sono dati da fare, hanno fatto i
turni di notte al timone, hanno imparato a convivere in 10 su una
barca relativamente piccola, hanno imparato a usare un bagno in
cui – per tirare l’acqua – bisogna pompare con una leva 30 volte,
hanno fatto i turni per lavare i piatti, hanno capito l’importanza
del risparmio dell’acqua dolce, dell’energia e devo dire che tutti
mi hanno veramente stupito per la naturalezza e l’intelligenza con
cui si sono adattati alle regole e alle esigenze della navigazione.
Ho passato interi turni di notte a discutere e a confrontarmi su
temi anche importanti e impegnati con persone completamente
diverse da me che mi hanno a volte affascinato, a volte contraria-
to, ma sempre arricchito e colpito per il loro spirito positivo.
Non tutte quelle discussioni erano attinenti alle 7 mosse, spesso
si è parlato di altre cose, ma sempre con una grande capacità e
voglia di essere costruttivi.
Penso che ci sia stata per me, come per tutti, una grande sorpresa,
scoprire che uomini e donne così diversi possono apprezzare e vi-
vere in armonia le stesse cose, rispettando le esigenze della natura.
Siamo partiti da Genova, il Golfo del Leone ci ha riservato il
primo colpo di vento (30/35 nodi al traverso) che ha messo alla
prova barca ed equipaggio.
è stato il primo approccio con il mare formato. Anche quella
roccia di Oscar ha accusato il colpo, ho persino pensato che si
sarebbe calmato anche lui. Illusione durata una mattinata perché
21
22. si è subito ripreso ed è tornato quel vulcano instancabile che è nel
giro di poche ore.
Nella seconda tappa (da Palma di Maiorca a Gibilterra) ci siamo
fermati un giorno ad Alicante per far passare una burrasca forza
nove da Ovest nel mare di Alboran. Saggia decisione che ci ha
permesso di proseguire il viaggio senza particolari stress.
L’arrivo a Gibilterra, con la Rocca che è comparsa d’un tratto
nella nebbia, è stato forse uno dei momenti più suggestivi.
Le prime miglia di oceano della terza tappa sono incominciate
con l’incontro di pericolose spadare alla deriva vicino alle coste
marocchine. Dopo una notte difficile abbiamo agganciato il Nord-
Est e, finalmente lontani dalla costa, abbiamo cominciato a ma-
cinare miglia su miglia; 600 per l’esattezza, in tre giorni, con un
record di velocità di 17 nodi che per una barca come l’Elmos Fire
non sono pochi.
Dopo una sosta veloce e un cambio d’equipaggio a Madeira,
siamo ripartiti per la tappa più lunga: 2750 miglia fino a New
York. L’alta pressione delle Azzorre era posizionata molto a Nord
e ci ha regalato giorni di splendido Nord-Est, spinnaker e belle
velocità. Condizioni fantastiche che ci hanno spinto veloci per le
prime 1500 miglia.
Le ultime 1300 miglia sono state le più difficili, c’era la corrente
del Golfo e ci sono state le molte depressioni che nascono davan-
ti alla costa degli Stati Uniti e risalgono verso Nord-Ovest.
Ma a questo punto l’equipaggio era affiatato e pronto a supera-
re anche le ultime difficoltà.
22
23. i naviganti
ugo alciati luca baffigo alessandro baricco mario brunello
moreno cedroni lella costa luciana delle donne
guido falck giorgio faletti oscar farinetti bruno fieno
23
24. maria giua beatrice iacovoni riccardo illy marella levoni
matteo marzotto teo musso paolo nocivelli
piergiorgio odifreddi simone perotti francesco rubino
davide scabin antonio scurati giovanni soldini daniel winteler
26. meno critica, più autocritica…
meno politici, più politica
meno sprechi, più responsabilità
meno bombe, più diplomazia
meno invocazioni, più vocazioni
meno liti, più accoglienza
meno io, più noi
meno leggi, più disciplina
meno chiesa, più gesù
… meno maschile, più femminile
27. meno critica, più autocritica
prologo
Siamo in declino, non vi è dubbio. Non è il caso di essere terroriz-
zati, l’umanità ha avuto ciclicamente periodi di declino da quando
esiste, e così pure il nostro Paese. Periodi che hanno avuto dina-
miche e durate diverse tra loro, ma sempre una caratteristica co-
mune: si va in declino quando le posizioni chiave di governo e di
amministrazione delle comunità vengono assunte prevalentemen-
te da persone mediocri, mentre si cresce quando a dirigere vanno
prevalentemente i galantuomini. Per mediocri intendo quelli che,
di fronte a una decisione importante, si pongono innanzitutto la
domanda: «Che figura farò io?». Il galantuomo ovviamente fa il
contrario, pensa subito al bene pubblico. Dell’Italia si potrebbe
dire, forzando un po’ le cose, che siamo in declino da 1700 anni:
ma senza dimenticare, ad esempio, il Rinascimento, o il Risorgi-
mento, o il miracolo economico del Dopoguerra. Quindi, nessun
terrore, ma un po’ di spavento ce lo possiamo permettere. E poi,
la scocciatura di beccarcelo proprio noi il declino. Perché se va
avanti così, con questa lentezza, saranno altre persone a godersi
la rinascita.
Tra declino e rinascita abitualmente avviene qualcosa di trauma-
tico. Una rivoluzione, guerre, eccidi. Anche perché non succede
mai che un mediocre o un dittatore si dimetta: bisogna cacciarli.
Questo, più o meno, dice la Storia. Ma, porca miseria, perché
dobbiamo sempre subirla, questa benedetta (o maledetta) Sto-
ria? Possibile che non riusciamo a lavorarci un po’? Possibile che
invece di subire passivamente gli eventi non ci venga in mente
di rimboccarci le maniche in modo da prevenirli con un sano e
ribelle programma a tappe forzate che ci tiri fuori dal declino in
tempi brevi?
Ecco da cosa nasce la mia decisione di dedicare un piccolo pez-
zo della mia vita a pensare a una soluzione. In fondo è un gesto
egoista, la voglia che ho di godermela ancora un po’.
Prendetela così: un cittadino italiano che non fa né farà la poli-
tica, un mercante – accompagnato e guidato da un navigatore con
27
28. oscar farinetti
cui condivide lo stile della leggerezza proattiva, rifocillato nella
pancia e nella mente da un manipolo di amici, donne e uomini
che nella vita hanno dimostrato di finire ciò che incominciano –
vi offre la propria soluzione.
Una soluzione, quindi, e non polemiche. Rimedi e non solo cri-
tiche. Un gesto che non ha niente a che vedere con la destra o la
sinistra, ma che nasce semplicemente da ciò che ho imparato os-
servando il nostro Paese, con attenzione e passione; un gesto che
mi sembra egoista e altruista nello stesso tempo, dettato com’è
dal desiderio di vivere (io, noi, tutti) in un Paese migliore.
Non si tratta, me ne rendo conto, di una soluzione esaustiva
poiché mancano alcuni capitoli importanti e nodi da sciogliere
in vista di un progetto completo. Inoltre, la parte scientifica dei
vari capitoli non è volutamente approfondita. Troverete di sicuro
imprecisioni e magari anche qualche errore. Tuttavia si tratta di
una visione globale e al tempo stesso precisa di come si dovrebbe
muovere l’Italia. È un indirizzo forte, netto, che traccia una preci-
sa direzione. L’unica, secondo me, che può portarci a risvegliare
il nostro Paese.
Se la critica che vi sorge spontanea è: «Non è corretto gettare
la pietra e poi non scendere in campo», vi prego di perdonarmi,
ma permettetemi di pensarla diversamente. è ora che anche da
parte di noi “laici dilettanti” arrivino suggerimenti in positivo e
non solo critiche. Ci sarà di sicuro qualcuno tra i politici che, in-
vece di guardarmi come rompiscatole, cercherà quel che di bello
e giusto c’è in questa proposta e ne trarrà spunto. Ma anche tante
persone comuni, come me, alle quali verrà voglia di approfondire
e di volgere la propria analisi in una qualche direzione costruttiva.
è soprattutto a loro che, insieme ai miei amici, mi sono rivolto.
In politica si può e si deve partecipare anche senza essere attori
protagonisti.
Se invece vi accadrà di pensare: «Semplicistico, non approfondi-
to, ci saranno tensioni sociali, dove li mettiamo tutti questi nuovi
disoccupati?», fermatevi. Sono d’accordo con voi. L’unica amara
riflessione che vi propongo, una su centinaia, è che prima o poi
buona parte dei 27.000 forestali della Regione Sicilia non potrà
più essere pagata e partiranno le tensioni, per dirvene una.
Forse è meglio prevedere e manovrare una “rivoluzione” più
dolce possibile prima che subirne una cruenta poi. Inoltre, tengo
28
29. 7 mosse l’italia
a dirvi che la semplicità è l’unica arma possibile per creare un
progetto vincente in tempi brevi.
So anche che alcuni di voi penseranno: «Impossibile, troppo
complicato, troppo veloce, utopie…», e lì mi verrebbe da dire:
allora lasciate perdere. A forza di dire che tutto è complesso, dif-
ficile e che occorre tanto tempo il nostro Paese si è ridotto in
questo stato. E poi molto spesso la visione del “difficile”, del
“serve più tempo” nasconde la mancanza di voglia di lavorare
o la strategia di mantenere il potere senza sbattersi per risolvere,
arti che purtroppo si sono diffuse invece con grande rapidità e
semplicità in Italia.
Infine, ci saranno quelli che penseranno semplicemente: «Fari-
netti ha trovato un altro sistema per far pubblicità a Eataly». Lo
so. Posso dire solo questo: a un mercante conviene sempre non
pronunciarsi. Lui deve vendere a tutti. Con le 7 mosse è sicuro
che io perderò clienti. Il fatto è che io cerco di capirli, certi intel-
lettuali, ma alcuni di loro non capiscono me. Sono quelli per cui
il mercante dovrebbe fare il mercante e basta. Non riescono a
immaginarsi che usi la testa per un fine diverso dal fare soldi. Me-
glio che si limiti ad affettare salame, pensano. Tanto ci sono loro
a denunciare la cattiva politica. Ma voglio dire che, nel frattempo,
la politica resta cattiva e non sempre sono sicuro che a loro non
vada bene, in fondo, così.
Ancora una cosa. In qualche modo mi sarebbe piaciuto che
questa soluzione venisse firmata da tutti i naviganti che mi hanno
accompagnato nel viaggio da Genova a New York. Ma i temi af-
frontati sono tanti ed era impossibile pensarla, su tutti, allo stesso
modo. Tuttavia, mi piace qui testimoniare che nella stragrande
maggioranza dei casi ho percepito una precisa idea comune su
cosa sia urgente fare e su quali siano gli scogli da superare. E devo
anche aggiungere che spesso ragionamenti più saggi dei miei mi
hanno fatto cambiare idea. Adoro cambiare idea. Così è stato de-
ciso che tutti i partecipanti a questo viaggio scriveranno un pezzo
in allegato che troverete al termine di queste 7 mosse: il loro ap-
porto personale a questa mia piccola avventura.
Troverete ovunque in questo documento la ferma convinzio-
ne, comune a tutti i partecipanti, che occorre tornare alla politica
intesa come servizio, passione, missione. Così come occorre ri-
portare al centro il valore della competenza, affidando i proble-
29
30. oscar farinetti
mi a chi, politico o non politico, ha gli strumenti per trovare le
soluzioni. Occorre scegliere donne e uomini di grandi capacità,
ma anche umili, onesti e pronti a farsi da parte quando sbagliano.
Utopia? Ma non è vero! Smettiamola con questa storia dell’uto-
pia. Senza sogni non si va da nessuna parte.
30
31.
32. oscar farinetti
porto politica e mezzi di comunicazione in un quadro di riforma
complessivo che favorisca il ricambio. In tempi brevissimi si può
mettere a punto la riforma della politica secondo questo schema:
1. rami del parlamento: parlamentari -50%, stipendi -50%, pri-
vilegi -50%;
2. regioni: consiglieri -50%, stipendi -50%, privilegi -50%;
3. provincie: abolizione;
4. comuni: consiglieri -50%;
5. nuovo progetto di retribuzioni ai politici che assumono re-
sponsabilità (proporzionali alle responsabilità);
6. comunità montane e circoscrizioni: abolizione;
7. camere di commercio: abolizione di quelle provinciali (solo
una per ogni regione);
8. sindacati: -50% sindacalisti;
9. abolizione di qualsiasi immunità per i politici;
10. creazione di un sistema elettorale che consenta ai cittadini di
poter scegliere chi eleggere;
11. favorire il ricambio con una legge che impedisca di fare poli-
tica per più di 15 anni in totale, anche passando attraverso diverse
istituzioni, con un massimo di 2 mandati per le più alte cariche;
12. andare in pensione dopo 40 anni di lavoro, come i comuni
mortali;
13. introduzione di un tetto massimo sui contributi elettorali pub-
blici e privati ai partiti in modo da determinare una soglia massima
invalicabile nelle spese elettorali, allo scopo che non sia favorito chi
possiede ingenti patrimoni;
14. abolizione dei contributi pubblici ai quotidiani o altri media
dei partiti;
15. raddoppiare il numero di firme necessarie per indire i referen-
dum, abbinarli sempre per legge alle più vicine elezioni politiche o
amministrative e abolire il quorum;
16. vietare la politica a chi è proprietario, direttamente o indiret-
tamente, di mezzi di comunicazione di massa;
17. indipendenza dei mezzi di comunicazione (pubblici e privati)
dai partiti.
32
33.
34. oscar farinetti
to. Questa mossa farà risparmiare un sacco di soldi da spalmare
sulle pensioni minime. Occorre allo scopo ripensare il meccani-
smo dei versamenti previdenziali su retribuzioni elevate, di cui
una parte importante dovrà essere destinata allo stato sociale.
Tasse, argomento spinoso.
Lo Stato incassa circa 700 miliardi per anno attraverso le tasse.
In Italia si evade molto per 3 ordini di motivi. Primo, chi evade è
considerato un furbetto anzichè un furfante. Secondo, le aliquote
sono elevate e sperequate. Terzo, non esiste una politica che favo-
risca chi investe. Bisogna lavorare su questi 3 fattori demotivanti.
Sul fronte delle aliquote occorre armonizzare il prelievo fiscale
su tutte le categorie di fonte di reddito: profitto aziendale, lavoro
dipendente e reddito da patrimonio. Occorre applicare una tassa
maggiore sui redditi da patrimoni. Si tratta di un sacco di soldi in
nuove entrate e poi, è ingiusto che chi investe in finanza paghi
meno di chi fa impresa. Naturalmente occorre accompagnare a
ciò una politica che impedisca la fuoriuscita dei patrimoni. Chi
non paga le tasse è un delinquente perché fruisce dei servizi co-
muni senza contribuire come gli altri a mantenerli. Dobbiamo
vivere questo fatto come un’ingiustizia, una vergogna. Dobbiamo
insegnarlo a scuola e poi dobbiamo fare in modo che chi evade
debba essere messo in condizione di vergognarsene. Un uso in-
telligente di televisione, internet e giornali può attuare un cambio
di mentalità in men che non si dica. È avvenuto alla grande per
evoluzioni negative, perché non può succedere in positivo?
Infine, bisogna stimolare chi reinveste, chi decide di intrapren-
dere, chi assume, insomma chi crea nuova ricchezza. Non è giu-
sto che chi lascia tutti i profitti in azienda per finanziare sviluppo
e nuovi posti di lavoro paghi la stessa aliquota di chi se li prende
per godersi la vita.
Le mosse 1 e 2 genereranno nuovi disoccupati, l’unico modo
di reagire è quello di creare un ambiente favorevole allo spirito
di impresa. La rinascita può avvenire solo favorendo la voglia
di intraprendere che è congenita in buona parte degli italiani.
Niente di meglio di una sana politica di sgravi verso chi ha vo-
glia di sbattersi.
Se da un lato non sarà possibile abbassare le aliquote a breve
termine, dall’altro è necessario introdurre la possibilità di detrarre
dalle tasse molti più costi rispetto a quelli detraibili oggi. Quindi:
34
35. 7 mosse l’italia
1. stessa aliquota sui redditi da patrimoni rispetto a quelli in
essere sui redditi d’impresa e da lavoro;
2. insegnare che è bello e giusto pagare le tasse nelle scuole ele-
mentari e medie attraverso un nuovo programma di educazione
civica vissuta come materia primaria;
3. forte campagna di comunicazione sui media “chi paga le tasse
è bella gente, chi non le paga è brutta gente”, con varie declinazio-
ni legate ai valori positivi come la famiglia, i figli, il futuro ecc.;
4. gli evasori totali e gli evasori gravi (chi fa “nero”, chi esporta
capitali, chi crea sedi nei paradisi fiscali ecc.), devono essere col-
piti duramente e su di essi deve essere concentrato il grosso dei
controlli. L’evasore occasionale deve essere educato a non farlo
più, ma colpito duramente in caso di ricaduta;
5. forti sgravi fiscali per chi crea una nuova impresa e assume,
sgravi significativi sugli utili reinvestiti;
6. aumentare il numero dei costi deducibili (tutto ciò che è utile
al lavoro e alla salute).
Questo progetto completo è da affidare a specialisti. Può essere
stilato in un mese di lavoro.
35
36.
37.
38. oscar farinetti
plomatiche delle nostre ambasciate verso i seguenti obiettivi: la
pace nel mondo, le attività umanitarie e l’esaltazione della qualità
dei nostri beni e servizi esportabili o godibili per chi ci visita.
In un mese di lavoro un gruppo di specialisti può mettere a
punto la riforma delle forze armate e della diplomazia.
38
39.
40. oscar farinetti
La Scuola deve diventare una delle nostre eccellenze, specializ-
zandosi sulle nostre vocazioni. Non solo. In tutte le mosse note-
rete la nostra visione della scuola come elemento strategico per
superare i problemi e cambiare in meglio la nostra società. Non
commettiamo l’errore di vedere la scuola come una strategia a
lungo termine che darà frutti solo alla prossima generazione. Un
bambino che torna a casa e domanda alla mamma perché mai ha
comprato le arance in estate farà cambiare le abitudini alimentari
alla sua famiglia.
La nostra industria di precisione manifatturiera è la migliore del
mondo. Conviene investire dove già siamo bravi. Occorre favorire
la ricerca da parte delle nostre industrie attraverso una politica di
incentivi mirati e non dispersi. L’Italia, per la sua particolare posi-
zione al centro del Mediterraneo, può essere favorita nel traffico
delle merci da tutto il mondo verso l’Europa e dall’Europa verso
il mondo. Partendo da ciò che già esiste occorre creare 4 grandi
porti altamente specializzati e di un’efficienza senza pari. Inoltre
sarà necessario creare, partendo da ciò che già esiste, una rete fer-
roviaria espressamente dedicata che trasferisca rapidamente e a
costi concorrenziali queste merci nel cuore dell’Europa, da dove
altre merci possano raggiungere l’Italia per essere imbarcate verso
il mondo.
Di fronte a una struttura così efficiente l’Asia, l’Africa, ma an-
che le Americhe, non potranno che scegliere l’Italia.
Questa mossa porterà molti nuovi posti di lavoro e ricchezza
per il nostro Paese. Occorre dirottare investimenti previsti, ma
meno urgenti, verso questo progetto, coinvolgere privati e met-
tere a capo del processo di sviluppo persone altamente specializ-
zate nella logistica mondiale che in Italia esistono, eccome. Con
un mese di lavoro ostinato il capo progetto può mettere a punto
il piano industriale. Per ciascuno di questi 6 settori va messo a
capo una persona di grande competenza che abbia dimostrato di
saperci fare, di accettare e vincere le sfide. Queste persone si tro-
vano anche nel settore privato, ne abbiamo in abbondanza, anche
giovani. Ciascuno di loro, dopo un mese di analisi, sarà in grado
di definire un programma preciso con le mosse e i tempi per rag-
giungere l’obiettivo sul quale sarà misurato. Queste persone non
devono occuparsi di politica partitica. Quindi:
1. una forte campagna nel mondo che faccia venir voglia di
40
41. 7 mosse l’italia
visitare il nostro Paese, puntando sui principali punti di forza in-
contestabili e attrattivi;
2. una politica nazionale che armonizzi con autorevolezza il la-
voro delle regioni e che aiuti le infrastrutture a essere a disposizio-
ne del turismo in modo proattivo. Alberghi, aeroporti, trasporti
e ristoranti. Un potente portale unico Italia Wellcoming che armo-
nizzi l’offerta delle infrastrutture (già sappiamo che esiste Italia.it,
ma chi lo usa? perché non funziona?);
3. una politica che – censite le strutture, i musei, le città e i
panorami – le metta in condizione di essere considerate le più
suggestive al mondo;
4. inserire giovani leve. Devono essere preparate, colte, attente,
disponibili e sorridenti. A esse va chiesta la massima professio-
nalità e sostituite quando non la mettono in campo. Ma ciò che
più conta è mettere a capo del turismo una persona che capisca di
turismo, che abbia un esperienza mondiale e fortemente specia-
lizzata nel settore;
5. censire le eccellenze mondiali di ogni regione italiana. Eli-
minare l’assistenzialismo e favorire un nuovo spirito di impresa
nei contadini. Le aziende agricole devono ricominciare a paga-
re le tasse come qualsiasi impresa. Ma quelle che producono
qualità e investono sull’esportazione di eccellenze conclamate
godranno di incentivi attraverso sgravi fiscali e coinvolgimento
in attività di marketing supportate con professionalità e senza
sprechi;
6. creare un marchio 100% italiano su cui investire in comunica-
zione, da installare sui prodotti che lo sono veramente (dalla ma-
teria prima quando è qualitativamente possibile, alla manifattura e
al packaging). Il miglior simbolo è la bandiera italiana. L’Italia che
è proprietaria dell’immagine della sua bandiera deve riservarne
severamente l’uso solo a chi lo merita;
7. semplificare le leggi di controllo sull’agroalimentare. Elimi-
nare istituti inutili. Semplificare le denominazioni. Rivedere le
funzioni e le attività dei consorzi. Oggi non si capisce più niente,
con disposizioni di istituti che si contraddicono tra loro. Ma la
cosa più grave è che è il cliente non capisce più;
8. favorire il packaging povero, biodegradabile ed evidenziare
gli ingredienti. 100% italiano, riportante la bandiera italiana, deve
avere un packaging unico, innovativo e identificativo;
41
42. oscar farinetti
9. inserire l’educazione alimentare e all’agricoltura come materia sco-
lastica primaria nelle scuole elementari e medie;
10. investire nella Scuola. L’Italia deve avere scuole statali effi-
cienti, votate alle proprie vocazioni, con un’autorevolezza mon-
diale su alcuni temi. La scuola italiana non può essere generica,
si deve specializzare sulle nostre vocazioni. Occorre, allo scopo,
raddoppiare i fondi pubblici dedicati agli investimenti nella Scuo-
la. Nella scuola dell’obbligo vanno inserite 4 nuove materie pri-
marie: Educazione alimentare e all’agricoltura, Educazione al rispetto dello
Stato, Le grandi vocazioni dell’Italia, Energia e ambiente;
11. investire nella cultura e nell’arte italiana. Favorire la grande
prosa, la grande musica e il cinema italiani attraverso nuovi mo-
delli di impulso, lontani dai carrozzoni e dai contributi a pioggia,
anche attraverso l’apertura ai capitali e all’ingegno di privati, i qua-
li potranno portare un approccio nuovo. Questi privati dovranno
essere favoriti da una nuova fiscalità dedicata, dovranno impe-
gnarsi con serietà nel mondo della cultura;
12. raddoppiare gli investimenti nel fus (fondo unico dello spet-
tacolo) senza però aumentare la cifra, in termini assoluti, dedicata
alla lirica che è già elevata. Da dare più spazio alle altre specialità
dello spettacolo italiano che ora sono in difficoltà. Anche in que-
sto settore occorre accorciare la filiera dando la possibilità agli
artisti di essere più vicini possibile al mercato. Importante è, cer-
to, tutelare il patrimonio, salvaguardare la tradizione, ma, anche
in campo culturale, bisogna incentivare la produttività culturale
offrendo spazio a nuova creatività originale e a forme diffuse di
fruizione proattiva;
13. favorire le imprese mercantili e produttive che investono
all’estero su agroalimentare, turismo, design, moda, arte e mani-
fattura di precisione italiana;
14. lanciare i marchi disegnato in Italia e inventato in Italia per con-
trassegnare i prodotti da lanciare nel mondo. Lo Stato deve aiuta-
re l’attività di ricerca delle industrie e delle aziende in generale che
si occupano delle vocazioni;
15. la mentalità che deve accompagnare tutte queste operazioni
deve essere “noi siamo i più belli del mondo, facciamoglielo ve-
dere”. Questo modo di pensare e agire deve essere trasferito con
energia dai capi di ogni settore fin giù verso l’ultimo degli addetti.
Ben presto contagerà l’opinione pubblica mondiale;
42
43. 7 mosse l’italia
16. individuare il capo progetto di Italia porto d’Europa;
17. censire gli investimenti già approvati sulle grandi strutture
(abrogare quelli meno urgenti da dirottare verso questo progetto);
18. aggiungere le risorse necessarie create con i risparmi effet-
tuati in altri campi e da nuove entrate;
19. coinvolgere società private specialiste, anche straniere;
20. realizzare, partendo da ciò che già esiste, i 4 porti all’avan-
guardia;
21. realizzare la linea ferroviaria dedicata;
22. mettere in moto una forte campagna mondiale, anche pre-
ventiva, per attrarre investitori e clienti.
43
44.
45.
46. oscar farinetti
cidente, dal Ministero della Giustizia e dal Consiglio Superiore
della Magistratura. L’accorpamento sarebbe una riforma a costo
zero, comporterebbe un aumento di produttività stimato nel 10%
e non provocherebbe alcun “allontanamento” della giustizia dai
cittadini, data l’attuale facilità di spostamenti e, comunque, l’am-
pia possibilità che il tribunale tenga udienza anche in località di-
verse dalla propria sede istituzionale;
2. taglio delle spese inutili e recupero delle risorse disponibili.
La quantità di risorse impiegate nella giustizia è insufficiente, ma
anche accompagnata da sprechi che, ove eliminati, consentireb-
bero un significativo ricupero di fondi. Un esempio per tutti: le
spese per le intercettazioni telefoniche, ingenti pur se inferiori
a quelli indicate sui media. Abolendo, come avviene in diverse
realtà europee, i compensi alle società concessionarie che costitu-
iscono una ingiustificata rendita di posizione (essendo i costi delle
telefonate già sostenuti da chi le effettua) e centralizzando, con
un contratto nazionale, il noleggio degli apparecchi per le inter-
cettazioni si risparmierebbero decine di milioni di euro l’anno de-
stinabili ad altri settori. In parallelo risorse significative possono
essere reperite sia provvedendo all’effettiva riscossione di spese
di giustizia (multe e ammende) – attività oggi del tutto carente –
sia curando, attraverso uffici ad hoc, l’accesso ai fondi comunitari
per il finanziamento di progetti specifici;
3. copertura degli organici dei magistrati e del personale ammi-
nistrativo. Si parla di coprire gli organici, non di aumentarli. At-
tualmente mancano oltre 1.000 magistrati su 10.000 e oltre 6.000
unità di personale amministrativo su poco più di 40.000. Se si
considera che, in entrambi i casi, gli organici si collocano nella
fascia europea medio-bassa è agevole cogliere l’effetto di queste
carenze sulla funzionalità del servizio (che, con organici comple-
ti, avrebbe un incremento di definizione degli affari almeno del
10%). La copertura dei posti vacanti richiede – soprattutto per
i magistrati – tempi lunghi ma la definizione di un calendario e
l’avvio delle procedure necessarie deve avvenire da subito;
4. definizione di standard organizzativi razionali. Ci sono alme-
no tre settori che, adeguatamente percorsi, possono determinare
un significativo salto di qualità. L’uso appropriato di tecnologie
informatiche. Oggi è limitato a poche esperienze pilota frutto per
lo più dell’iniziativa di singoli, mentre per il resto l’informatica è
46
47. 7 mosse l’italia
usata poco più che come banca dati e insieme di macchine evo-
lute per scrivere. La formazione del personale amministrativo, da
convertire in figure professionali capaci gestire le nuove tecnolo-
gie. La responsabilizzazione per l’organizzazione del servizio, di
funzionari apicali da affiancare ai dirigenti magistrati;
5. affiancamento al giudice di un ufficio per il processo. Oggi al giu-
dice è richiesto, di fatto, un complesso di attività materiali estre-
mamente ampio, a scapito della funzione giurisdizionale in senso
proprio. Tra queste attività, molte possono essere delegate a un
ufficio apposito, con grande vantaggio nei tempi e nella stessa
qualità delle decisioni. Per esempio, la ricerca dei precedenti dot-
trinali e giurisprudenziali, la redazione della motivazione riassun-
tiva degli argomenti e richieste delle parti, il rapporto con il pub-
blico e le stessi parti del processo, la distribuzione delle udienze,
la formazione e la tenuta dell’archivio informatizzato dei provve-
dimenti emessi. L’onere economico di tale introduzione sarebbe
più modesto di quanto si pensi tenuto conto della possibilità di
impiego, oltre che del personale ausiliario, di giudici onorari, ri-
cercatori, stagisti;
6. riduzione dell’area dell’intervento penale. I processi penali
per reati gravi sono in Italia sei volte quelli dell’Austria, quattro
volte quelli della Spagna, due volte quelli della Francia e della
Germania. A essi deve essere destinata la quota prevalente delle
risorse. Ciò impone una riduzione del carico penale con la rinun-
cia a perseguire i fatti di minor rilevanza e senza vittima o con
danno di speciale tenuità per la persona offesa. La strada maestra
per tale riduzione è, ovviamente, la revisione del catalogo dei re-
ati, ma in epoca di profonde divisioni come quella attuale ciò ap-
pare difficile. Un effetto analogo si può, peraltro, raggiungere in
concreto, aumentando il numero dei reati perseguibili solo se c’è
querela della parte offesa e, soprattutto, introducendo nel sistema
la non perseguibilità dei fatti di scarsa rilevanza sociale. L’effet-
to deflattivo sarebbe dirompente. Per fare un solo esempio: su
76.000 processi a carico di imputati noti iscritti nel 2010 presso
la Procura di Milano, ben 10.000 (pari al 13%) hanno riguardato
reati “formali” previsti dal testo unico sull’immigrazione;
7. previsione di soluzioni alternative al contenzioso civile. An-
che nel settore civile i carichi dei tribunali italiani superano di
gran lunga quelli di altri Paesi europei. Tre volte quelli di Austria e
47
48. oscar farinetti
Germania, due volte quelli di Francia e Spagna, raggiungendo cir-
ca 5.000 cause annue ogni 100.000 abitanti. Inevitabile, in questa
situazione, l’introduzione di un ricorso obbligatorio a organismi
di conciliazione da attivare prima della causa e la creazione di filtri
a livello amministrativo con decisioni semplici e rapide. Si può
così risolvere, con immediatezza e soddisfazione delle parti, una
quota significativa della domanda civile;
8. differenziazione della giustizia del lavoro. L’attesa di anni per
la definizione di controversie in cui è in gioco la tutela o il ripristi-
no del posto di lavoro è uno degli scandali del sistema. La ragione
risiede essenzialmente nel numero esponenziale, in particolare
nel settore della previdenza, delle cosiddette cause seriali (cioè
dei processi – in numero di decine di migliaia – in cui è dedotta
la stessa questione di diritto). Prevedere per queste controversie
la soluzione delle questioni giuridiche comuni in modo anticipato
e definitivo da parte della Corte di Cassazione realizzerebbe un
vero e proprio abbattimento dei tempi di decisione con ricadute
virtuose su tutta la giustizia del lavoro;
9. modifica del sistema delle impugnazioni e sospensione dei
processi nei confronti degli imputati irreperibili. Nel processo pe-
nale ci sono due settori riformabili in tempi brevi senza incidere
sul sistema delle garanzie e realizzando un grande risparmio di
tempi ed energie. I processi a carico di imputati irreperibili (sono
il 15% del totale). Si tratta, per lo più, di processi a fantasmi,
destinati, anche in caso di condanna, a restare puramente sulla
carta (sospenderli e riprenderli solo in caso di sopravvenuta ma-
terializzazione dell’imputato). L’altro settore è quello delle impu-
gnazioni, il 25% delle condanne di primo grado. È una garanzia
fondamentale che il giudizio sia adeguatamente controllato, ma
è inutilmente dispendioso che il giudice di appello sia reinvestito
dell’intero giudizio. Più garantista e meno dispendioso sarebbe
prevedere che i giudici delle impugnazioni si limitino al control-
lo, con formalità ridotte, delle conseguenze della affermazione di
responsabilità, in particolare l’entità della pena e della correttezza
del processo di primo grado, disponendo, nel caso in cui siano
accertate gravi violazioni, un nuovo giudizio totale o sui punti che
lo richiedono;
10. introduzione del processo civile telematico e informatizza-
zione del sistema delle notifiche. Il processo civile è essenzialmen-
48
49. 7 mosse l’italia
te curato da avvocati. è dunque possibile e necessario condurlo
interamente in via informatica, limitando la presenza fisica dei
difensori e delle parti alla sola fase della assunzione di testimoni
o di prove orali. Questo meccanismo è estensibile, almeno per
quanto riguarda le notifiche, anche al settore penale.
Secondo punto, l’immigrazione.
Incominciamo col dire che un flusso epocale di persone da sud
verso il nord del mondo nel prossimo decennio è lo scenario più
probabile tra quelli possibili. Il diffondersi dell’informazione e
dei media in generale ha fatto scoprire ai popoli dei paesi poveri
che esiste un pezzo di mondo dove la qualità della vita e le op-
portunità di crescere sono immensamente più elevate. Da sempre
gli umani migrano e sempre con la stessa motivazione, cercare
condizioni di vita migliori. Il modello di vita che trasmettiamo
attraverso i nostri canali televisivi è dorato, spesso finto e for-
temente attrattivo per chi ha difficoltà addirittura a guadagnarsi
da mangiare. Nel nostro Paese già vivono 7 milioni di stranieri,
molti altri arriveranno e, secondo noi, non si potranno fermare.
La stessa cosa accadrà per le altre nazioni ricche dell’Europa. Sa-
ranno fortemente avvantaggiate quelle che riusciranno ad attuare
riforme tali da far ripartire la propria economia e creare nuovi
posti di lavoro. I nuovi lavoratori giunti da altre terre giocheranno
un ruolo fondamentale nella crescita del benessere di questi Paesi.
Fino a ora gli immigrati hanno risolto non piccoli problemi in
Italia, dove la demografia è ferma e gli italiani non vogliono più
svolgere i lavori cosiddetti umili. D’altra parte non possiamo non
notare che esistono problemi di integrazione. In particolare in
una nazione che non cresce più, da un lato aumentano gli egoi-
smi, dall’altro il disadattamento.
Sul problema dell’immigrazione è difficile avere una posizione
secca. è uno di quei temi dove il dubbio è più sano delle certez-
ze. L’unica cosa certa è che arriverà un sacco di gente e converrà
accoglierla. Per loro e per noi. Nessuna politica protezionistica
potrà fermare l’impulso irrefrenabile a cercare speranze di vita
migliore. La nostra generazione ha ed avrà a che fare con questo
fenomeno, non potremo fermarlo. Forse conviene incominciare
a parlare di interazione anziché integrazione. La sana convivenza
implica altruismo e reciproca comprensione volta al reciproco mi-
49
50. oscar farinetti
glioramento (stare su questa barca in oceano con gente diversa e
non ben conosciuta insegna). Certo non è facile quando non c’è
lavoro per tutti. Ecco perché dobbiamo assolutamente impegnarci
seriamente per far ripartire sul serio l’economia. Tuttavia, in spre-
gio alla nostra chiara incertezza su questo immenso tema, provia-
mo a proporre alcune cose da fare subito e altre nel tempo:
1. più aperti agli afflitti. Nei momenti di gravi tensioni sociali,
guerre, eccidi occorre essere più larghi nell’accoglienza verso i
popoli interessati da questi fenomeni cruenti. La solidarietà tra
umani deve essere superiore alle difficoltà contingenti. Abbiamo
inoltre il dovere storico di essere ancora più disponibili verso le
nostre ex colonie;
2. accogliamo i migliori. Creiamo una scuola di accoglienza obbli-
gatoria per chi chiede permessi di soggiorno in Italia. Lo scopo è
quello di insegnare a rispettare le nostre leggi. Siamo convinti che
chi si reca in un Paese diverso ne debba rispettare le leggi, come
è libero di esercitare i propri usi e costumi purché non in contra-
sto con le nostre leggi. Dopodichè, diventandone residente, potrà
concorrere pacificamente a modificarle qualora non le condivida.
L’esito dell’esame finale e del comportamento tenuto nella scuola
di accoglienza darà diritto all’ottenimento o meno del visto. La
scuola non terrà conto solo della cultura generale ma soprattutto
della disponibilità del singolo ad armonizzarsi attraverso il lavoro
e al sano comportamento nel nostro Paese. Immaginiamo una
durata breve di un mese a tempo pieno. Verificando la possibilità
di svolgerne la metà del tempo nella nazione di origine, attraverso
la nostra ambasciata;
3. impariamo a conoscerli. Le religioni e le abitudini degli altri
ci fanno sempre paura. Ecco un’occasione per la nostra scuola
di rendersi utile e aprire i nostri ragazzi alla conoscenza delle re-
ligioni e degli usi e costumi delle altre principali popolazioni del
mondo. Se li conosciamo non avremo più stupide paure e saremo
maggiormente pronti a interagire. Capiremo quanto è più sana
l’interazione che non l’integrazione. Nel mondo esistono 24 prin-
cipali religioni ma, di queste, 4 sono praticate della maggioranza
dei popoli religiosi. Vanno studiate nelle scuole medie insieme ai
principali usi e costumi di quei popoli;
4. diciamo loro chi siamo veramente, comprese la nostre dif-
ficoltà. Può succedere che anche un grande altruista non possa
50
51. 7 mosse l’italia
aiutare certe volte il prossimo perché si trova in un momento di
difficoltà. L’Italia si trova in un momento in cui non può investire
ingenti risorse su questo fronte a causa di forti problemi interni
di economia ferma e disoccupazione. Occorre che le persone in
procinto di espatriare lo sappiano. Rai International può svolgere
un ruolo sensibile su questo fronte. Vorremmo che Rai Interna-
tional fosse più vera e attuale rispetto a come è fatta oggi. Le no-
stre ambasciate possono trovare anche altri metodi di comunicare
nei Paesi oggetto di forte espatrio;
5. serve un piano europeo. Non dimentichiamo mai che siamo
in Europa. L’Italia è uno dei paesi più importanti e deve farsi
promotrice di un accordo generale sul tema dell’immigrazione
che armonizzi i comportamenti degli Stati membri. Questo ac-
cordo deve naturalmente tenere conto delle singole potenzialità,
ma anche del fatto che l’Italia – per la sua particolare posizione
geografica – è la più vocata ad attrarre un certo target di emigranti
dal sud del mondo, anche solo per il transito.
51
52.
53.
54. oscar farinetti
glio di ogni altra nazione europea il sole, il vento e l’acqua. Inco-
minciamo a farlo con maggiore determinazione.
Oltre l’80% dell’energia in Europa viene prodotta da fonti fos-
sili, petrolio, carbone e metano. Solo il 10% va in elettricità. Il
resto viene consumata soprattutto in trasporti e riscaldamento.
La prima strada da intraprendere è intervenire subito su quel
30% del consumo di energia da fonti fossili destinata al riscalda-
mento domestico. L’Italia è, tra i Paesi europei, quello che ha le
abitazioni più colabrodo, dal punto di vista energetico. Abbiamo
quindi amplissimi margini di miglioramento. Un’abitazione media
italiana consuma, all’anno, circa 220kwh per metro quadro. Una
casa in classe B, che è lo standard in molte parti d’Europa, ne
consuma 55, cioè un quarto. Occorre mettere in atto una cam-
pagna mediatica che informi gli italiani di questa reale possibilità.
Inoltre, bisogna far venir voglia ai cittadini e alle imprese di inve-
stire subito in questa direzione attraverso una politica di incentivi
e di sgravi veramente attrattivi.
Nel campo delle energie naturali rinnovabili gli incentivi, quelli
sani e cioè proporzionali ai costi, hanno prodotto effetti positi-
vi. Vere e proprie economie di scala e risorse per la ricerca, che
hanno determinato il crollo del costo del silicio di grado solare
e l’ingresso sul mercato di nuove tecnologie a film sottile, con
enormi riduzioni di costi.
Ciò impone un ragionamento. Concentriamo le energie e gli in-
vestimenti che avevamo previsto per il gigantesco programma sul
nucleare italiano (che non si farà, non foss’altro che per la sicura
indisponibilità dei Comuni a essere individuati come siti) verso
2 direzioni nel campo delle energie naturali rinnovabili: incentivi
proporzionali ai costi verso il produttore/utilizzatore di energia e
fondi per creare e finanziare un’istituto di ricerca leader al mondo.
Quest’ultimo è un punto determinante. L’Italia può avere questa
netta vocazione di ricerca. La tecnologia corre, tra non molto (e
comunque in tempi più brevi di quelli che erano stati previsti
per l’attuazione del programma nucleare italiano) risolverà alcuni
nodi che faranno finalmente esplodere il mercato delle rinnova-
bili, come quello dell’intermittenza e la possibilità di accumulo,
oltre che a continuare con velocità esponenziale nella corsa verso
il “più piccolo, più bello e più potente”. Partirà sicuramente una
rete internazionale di approvvigionamento, saranno messi a pun-
54
55. 7 mosse l’italia
to nuovi progetti di design e di collocazione paesaggistica per
l’eolico.
L’Italia è ancora in tempo per porsi in una posizione da play
maker su questo fronte, ma deve partire subito. Abbiamo grandi
menti in Italia, altre cerchiamole nel mondo, mettiamole insieme
e creiamo il più innovativo istituto di ricerca sulle energie naturali
rinnovabili del mondo.
Sui trasporti occorre rafforzare pesantemente la ferrovia e il
mare. Portiamo le merci il più possibile con i treni, che posso-
no essere alimentati con elettricità e creano economie di scala
utili ad abbattere i costi. Occorre rafforzare la rete ferroviaria e
obbligare determinati trasporti a ricorrere ai treni. Per i lunghi
tragitti dal nord verso il sud Italia debbono essere rafforzati i
trasporti marittimi.
Per quanto riguarda gli scarichi industriali, molti passi sono stati
fatti. Le leggi esistono, bisogna farle rispettare.
I rifiuti urbani restano una spina nel fianco per alcune regio-
ni italiane. La strada intrapresa verso la raccolta differenziata e i
termovalorizzatori è quella giusta. I nodi da affrontare sono quel-
lo della sensibilizzazione dei singoli (scuola, scuola e poi ancora
scuola), la buona volontà, la competenza, la determinazione e il
coraggio dei politici (riforma della politica), la fermezza nel con-
trastare la criminalità organizzata (spezzare i legami e le conni-
venze con la politica). Quindi:
1. inserire nella scuola dell’obbligo Le energie naturali rinnovabili e
la cura dell’ambiente come materia primaria;
2. abbandonare definitivamente il progetto italiano per la co-
struzione delle centrali nucleari;
3. investire tutto sulle energie rinnovabili favorendo con incen-
tivi tangibili e duraturi, almeno fino a quando non saranno au-
tonomamente convenienti, i singoli produttori/utilizzatori e con
sgravi le imprese produttrici/utilizzatrici;
4. favorire la ristrutturazione di immobili esistenti e la costru-
zione dei nuovi verso standard di risparmio energetico, almeno
classe b. Incentivi e/o sgravi debbono essere tali da convincere i
proprietari a investire in questo senso;
5. definire un progetto ventennale di costruzione di nuove cen-
trali di energie rinnovabili;
6. puntare sull’eolico, oltre che sul fotovoltaico e sull’idrico, utiliz-
55
56. oscar farinetti
zando al massimo i nostri architetti paesaggisti e di design per tro-
vare nuove soluzioni estetiche a minor impatto. Anche per quanto
riguarda la scelta dei luoghi di installazione del fotovoltaico;
7. creare un Istituto di ricerca sulle energie naturali rinnovabili
nazionale ai massimi livelli mondiali, trovando anche il modo di
portare in Italia le migliori menti del mondo in questo campo
8. creare un nuovo progetto per i trasporti che favorisca quelli
ferroviari a consumo elettrico, a scapito di quello su strada a con-
sumo fossile.
56
57.
58. oscar farinetti
Abbiamo citato il vino ma non c’è inferiore complicazione in
altri settori come la carne o il latte, e così pure in settori non
alimentari o dei servizi come le banche. Occorre creare imme-
diatamente alcuni gruppi di lavoro monotematici per macroca-
tegoria, composti da specialisti di settore, presi anche dal mondo
delle imprese, ai quali affidare il compito di stilare un progetto di
semplificazione delle leggi, armonizzazione nonché diminuzione
degli istituti, velocizzazione delle pratiche. Potremmo chiamare
questi gruppi di lavoro gli sburocrati. In un mese di lavoro serrato,
questi gruppi potrebbero compiere l’analisi e svolgere la costru-
zione progettuale. Sarà poi compito dei politici scelti dal popolo
riunire i diversi progetti in una riforma completa della burocrazia.
Si potrebbe anche proporre che, in certi settori, per ogni nuova
norma se ne abroghino almeno due.
Altro argomento è quello dei rapporti con la Chiesa cattolica. In
Italia risiede il Papa e la struttura di governo della Chiesa cattolica
mondiale. Ciò implica un rapporto particolare tra Stato e Chiesa
che di certo porta con sé molti benefici, ma spesso danneggia
l’indipendenza della politica. La Chiesa intesa come gerarchia ec-
clesistica che in molti casi della storia ha dato un contributo forte
al prevalere del bene sul male, come l’azione di molti vescovi du-
rante la Resistenza, a volte dimostra una natura neofoba. Anche
in questo caso la storia lo dimostra, da Copernico al preservativo.
La Chiesa ha naturalmente il diritto di esprimersi sulle questioni
che riguardano l’etica e la morale ma non deve intervenire nella
politica. L’Italia deve poter operare in totale indipendenza, essere
uno Stato laico e totalmente immune dalle visioni di tipo religio-
so. Per ottenere rapidamente ciò è necessario abolire i privilegi
e le contribuzioni che l’Italia riserva alla Città del Vaticano. Va
assolutamente rimarcato qui il lavoro straordinario svolto da tanti
sacerdoti e suore nel campo dell’accoglienza, della sanità e della
educazione. Queste persone meravigliose vanno sostenute dallo
Stato ma, finché esisterà una relazione economica e assistenziale
tra i due poteri ufficiali, il Vaticano continuerà a incidere nelle
scelte della politica. L’esperienza mondiale e la storia dell’umanità
dimostrano che quanto più le religioni incombono nella politica,
tanto più vi è arretratezza e tensioni. Questa posizione non im-
plica affatto la mancanza di rispetto verso le religioni. La nostra
Costituzione è molto chiara su questo punto e non necessita di
58
59. 7 mosse l’italia
modifiche, né integrazioni. D’altra parte i valori base della cri-
stianità come la bontà, la generosità, il rispetto del prossimo, il
perdono, l’onestà, la fedeltà, debbono diventare base anche della
sana politica. Ciò che serve è più Gesù e meno Chiesa. Quindi:
1. creare gruppi di lavoro, composti da specialisti, per la sem-
plificazione;
2. armonizzare i progetti di semplificazione dei vari gruppi di
lavoro in una riforma della burocrazia italiana;
3. abrogare il privilegio riservato alla Chiesa cattolica relativo
all’esenzione dall’ici e alle tasse sulla compravendita di immobili;
4. i finanziamenti e i contributi a istituti cattolici per l’educa-
zione e la sanità debbono essere trattati con lo stesso criterio e
richieste di standard degli istituti privati di tipo laico;
5. l’ora di religione deve essere sostituita con Religioni, usi e costu-
mi dei popoli;
6. per quanto riguarda l’8 per mille deve essere rispettata la vo-
lontà del contribuente. Alle Chiese devono essere versati solo ed
esclusivamente gli ammontari delle dichiarazioni con la volontà
espressa. In assenza di ciò, i quattrini restano entrate pure dello
Stato.
59
60.
61. meno maschile, più femminile
epilogo
Non tutte le scimmie sono diventate esseri umani. Già possede-
vano scienza e conoscenza, ciò che mancava loro era la coscienza.
è stata l’assunzione di coscienza a trasformare parte di loro in
uomini. Questo nostro piccolo lavoro punta a scuotere un po’
proprio questa parte di noi che ci rende umani: la coscienza.
Avrete notato temi ricorrenti. Uno di questi è la velocità.
Un mese. Un mese per scrivere in barca queste sette mosse. Un
mese per mettere a punto in modo scientifico il progetto di cia-
scuna mossa.
Questo “mese”, che incombe dovunque in ogni Mossa, vuole
assurgere a emblema della velocità. Abbiamo bisogno di mag-
giore velocità. Un mese ci sembra un tempo breve per realizzare
cose importanti, ma contemporaneamente ci pare sufficiente, se
vi è impegno, per non sbagliare nel progettarle.
La scuola. Lo strumento della scuola come elemento chiave del
cambiamento. Una nuova educazione ai ragazzi in funzione an-
che di un virtuoso contagio alla famiglia.
La moderazione. La ricerca di un linguaggio moderato, ma de-
terminato. Abbiamo tutti molto bisogno di moderazione.
Il dubbio. L’assunzione del valore del dubbio inteso come umil-
tà, voglia di approfondire e disponibilità a cambiare idea quando
è il caso.
Infine i meno e i più. Il nostro modo di semplificare ed esempli-
ficare, pur mantenendo l’emozione.
Abbiamo sempre cercato, non sempre riuscendoci, di mettere
un po’ di infantile innocenza vicino al nostro impegno. Abbiamo
accolto con gioia l’idea di Lella di chiudere con Meno maschile più
femminile. Non confondetela con una rivendicazione femminista.
Prendetela come un invito alla determinazione, alla pervicacia,
alla coerenza, al senso del dovere, allo spirito di sacrificio; insom-
ma, all’impegno. Caratteristica molto più diffusa tra le donne che
nei maschi.
Molte delle proposte qui contenute possono apparire già dette,
61
62. oscar farinetti
già pensate. Può essere. Qualcuna addirittura già fatta o almeno si
è tentato di farla. Può essere.
Tuttavia, siamo certi che la proposta nella sua interezza possa
essere considerata originale e, magari dai più, una grande utopia.
Per questo abbiamo scelto di passare le Colonne d’Ercole verso
le Americhe, sullo stesso cammino di un’altra grande utopia che,
molto più ambiziosa della nostra, 500 anni fa si è trasformata in
realtà. Benedette siano le utopie. Ma, in ogni caso, andiamo loro
incontro con leggerezza.
62
65. meno meteore, più perseveranza
di ugo alciati
Se provo ad andare sul sito stelledelpiemonte.net, il web mi ri-
sponde: expired, scaduto. E specifica: sito web non rinnovato. Il
guaio è che non soltanto il sito non è stato rinnovato: è il progetto
– bellissimo e partito con lustrini e fanfare – a essere, oggi, expi-
red: scaduto. La mia domanda è: perché?
Allargando la questione all’intero Paese, non posso non chie-
dermi (e chiedere): perché un progetto importante, e come que-
sto tanti altri, è solo una meteora di passaggio che finisce in
una bolla di niente? Naturalmente non pretendo di travalicare i
miei confini, e dunque lo domando per quanto mi compete – la
ristorazione e il turismo – anche se temo che un certo, e per me
incomprensibile, vizio italiano a non perseverare, a “mollare”, a
fermarsi sempre un po’ prima del traguardo, non danneggi solo
la mia categoria, ma penalizzi tante altre professioni e altrettanti
comparti produttivi. Ed è qui che il legislatore e l’amministra-
tore pubblico dovrebbero esserci, ed esserci con forza, invece
che latitare.
Per chi non conosce la storia di Stelle del Piemonte, eccone un
promemoria. È la storia di un progetto partito con le migliori
intenzioni e mai portato a termine; ma è anche la metafora di
troppe cose – iniziate e non finite – che rallentano la crescita e lo
sviluppo dell’Italia.
Stelle del Piemonte era un’iniziativa della Regione Piemonte,
nata nel 2005 e realizzata dall’assessorato al Turismo. Riuniva i
“top chef ” del territorio (tra loro, anch’io) allo scopo di promuo-
vere le eccellenze culturali e artistiche regionali attraverso i suoi
tesori enogastronomici.
All’inizio c’è stata tanta buona stampa. Tanti viaggi all’este-
ro, Londra, New York. Tanti applausi. Tanti progetti correlati,
come quello di creare a Costigliole d’Asti una scuola – unica al
mondo – i cui docenti sarebbero stati 40 (e ripeto: 40) Stelle
Michelin piemontesi.
Avremmo attirato ragazzi da tutto il mondo, perché la cucina
65
66. la parola ai naviganti
italiana non la si può inventare né copiare; però la si può impa-
rare, magari declinandola ciascuno con le proprie attitudini, la
propria storia, la propria manualità e – soprattutto – con le ma-
terie prime a disposizione. Avremmo anche attirato più turismo
enogastronomico – che è, poi, cultura – e così anche il mercato
dei piccoli produttori avrebbe ricevuto una domanda che oggi
comincia, drammaticamente, a scarseggiare. Da chef, non posso
non chiedermi dove troverò – tra qualche anno – il cardo gob-
bo di Nizza Monferrato, peraltro oggi presidio Slow Food. E la
gallina bianca di Saluzzo, il castelmagno delle valli cuneesi, il co-
niglio grigio di Carmagnola. Se nessuno li chiederà più, nessuno
li produrrà più. E anche la mia cucina ne risentirà, così come ne
risentirà la nostra tradizione e la nostra cultura.
Sarebbe stato così difficile finire quanto iniziato? Far sì che
un’idea, ben partita, e un progetto divenissero prima realtà e poi
consuetudine?
Ricordo che nel nostro vecchio ristorante, Guido a Costigliole,
avevamo dovuto acquistare un frigo in più, destinato ai turisti che
venivano a mangiare da noi: questi, infatti, si presentavano con il
“sacchetto della spesa” pieno di leccornie locali e ci chiedevano
di tenerle al fresco. Ne eravamo contenti, perché i prodotti della
nostra regione sarebbero andati “in giro per il mondo”, alimen-
tando quel circolo virtuoso che è turismo, certo, perciò ricchezza;
ma è anche – come ripeto sempre – cultura. Purtroppo nel nostro
nuovo ristorante, Guido a Pollenzo, quel frigo non ce lo chiede
più nessuno.
Tornando a Stelle del Piemonte, quel progetto avrebbe fatto
circolare di nuovo e ancor più il Made in Italy enogastronomico,
permettendo ai piccoli produttori di continuare a esserlo. Pur-
troppo, oggi, tutto questo è expired, scaduto. Così come lo sono
tante altre buone intenzioni, che non sono divenute fatti perché
mancano le leggi e – quando queste ci sono – ne mancano le ap-
plicazioni da parte di chi amministra la cosa pubblica.
Perciò abbiamo tanti proclami, cioè meteore, mentre stiamo
perdendo la cultura del perseverare. La mia presenza sulla barca
di 7 mosse è stato anche il mio modo per dire, nel mio piccolo:
attenzione, non diamo forfait, andiamo avanti. Non lasciamo che
le cose finiscano come quel sito. Expired, scadute.
66
67. meno merito, più estero
di luca baffigo
Mi trovo in pieno accordo con il contenuto delle 7 mosse: non
troppo dettagliate per non perdere il dono della semplificazione e
non troppo superficiali per risultare banali.
Ritengo che queste rappresentino una buona base di partenza
per poter poi approfondire i temi nelle sedi opportune.
Ritengo, inoltre, fondata la paura di molti nel vedere la scarsa
applicabilità di molte delle 7 mosse a partire dalla prima.
In questo senso l’unico vero aiuto è l’ampio consenso degli ita-
liani e a loro volontà a vederle realizzate (o comunque a vedere
realizzato un cambiamento) nel più breve tempo possibile, senza
troppi e lunghi compromessi.
A quanto già detto e scritto aggiungerei due suggerimenti, uno
più generale e l’altro più operativo.
Da un punto di vista generale suggerirei maggiore attenzione
sul tema della meritocrazia, seppur già presente in maniera tra-
sversale in tutto il documento.
Da un punto di vista operativo suggerire maggiore apertura del-
la politica al mondo estero, in una sua accezione più “moderna”.
Mi spiego meglio.
Negli ultimi anni la discussione mercato/regole ha spesso par-
torito forme di salvaguardia degli interessi di pochi a danno della
collettività. A volte richiamando i pericoli di un eccessivo libe-
ro mercato, a volte strumentalizzando le liberalizzazioni, sempre
con un supporto bipartisan.
Ci ricordiamo tutti della mancata attualizzazione delle “lenzuo-
late” di Bersani. Una grande occasione persa a favore di lobby an-
tiche e perlopiù inutili.
Il merito, quello vero, è spesso assente dalle scelte politiche, dal
lavoro dei giovani, dalle regole aziendali. Il merito è alla base di
qualsiasi energia lavorativa; è la luce in fondo al tunnel; è sapere
che la vita è un film a lieto fine; è il sogno di chi non ha e domani
può avere. Il merito è una cultura trasversale che deve impregnare
tutti i livelli della società.
67
68. la parola ai naviganti
Così sarebbe bello vedere politici che hanno meritato la poltrona
perché eletti dai cittadini; sarebbe bello andare allo sportello delle
poste e dialogare con un “postino” che si è meritato quel posto.
Sarebbe bello avere uno stato che si merita di ricevere le tasse
come cittadini che si meritano la cittadinanza di uno stato, magari
perché pagano tutte le tasse.
Chiediamoci tutti e sempre se stiamo godendo di qualcosa che
ci siamo meritati grazie al nostro impegno.
“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” e sul
merito. Così potrebbe essere cambiata la Costituzione.
Il tema più operativo riguarda invece il rapporto con l’estero.
Possiamo risanare e sviluppare la nostra economia solo se mi-
glioriamo la bilancia commerciale con l’estero. Questo può essere
realizzato se:
1. rendiamo indipendente la nostra partita energetica che appe-
santisce molto la bilancia commerciale;
2. aumentiamo le esportazioni dei prodotti interamente realiz-
zati in Italia, quelle delle nostre sei eccellenze;
3. aumentiamo i ricavi del turismo estero, questa è l’occasione
per il nostro paese;
4. aumentiamo gli investimenti esteri nelle nostre società private
e pubbliche, se si vuole apertura bisogna dare apertura.
Sul primo punto è stato detto molto e magari è già stato avviato.
Molto, invece, deve essere fatto sugli altri tre.
Io vedo tre super-ministeri con portafoglio (del Commercio
estero, del Turismo, degli Investimenti esteri) capitanati da mi-
nistri seri e competenti, valutati su obiettivi quantitativi chiari e
definiti.
In un maggiore scambio della nostra politica con l’estero, sug-
gerirei anche di “importare” qualche risorsa umana. Penso alla
possibilità di aprire alcune funzioni o ruoli istituzionali, di sup-
porto a quelli principali o cosiddetti tecnici, a persone che vengo-
no da altri paesi. In un mondo globalizzato dove la buona cultura
corre su binari veloci, avere la possibilità di copiare o importare
best practice già avviate da altri è un ottimo modo per risparmiare
tempo e denaro.
Faccio un esempio: la gestione dei trasporti in Giappone è la
migliore al mondo per efficenza e qualità del servizio. Un posto
dove i treni sono numerosi, arrivano puntuali e sempre puliti.
68
69. 7 mosse l’italia
Perché non portare dei giapponesi nelle sedi opportune a lavora-
re con noi per insegnarci a fare meglio. Insomma sarebbe bello
avere qualche straniero nella squadra di governo. Avrebbe pochi
amici da salvaguardare e molti meriti da dimostrare.
69
70.
71. meno scetticismo, più ingenuità
di alessandro baricco
Non userò queste righe per aggiungere qualche mia mossa alle
sette di Farinetti perché, in verità, non ne ho. Avrei giusto da
dire qualcosa sull’unica cosa che conosco abbastanza bene, cioè
il modo che abbiamo di spendere i nostri soldi per educare il
Paese. E so con sufficiente esattezza cosa potrebbe cambiare
le cose. Ma ho già avuto altre possibilità di spiegarmi e d’altra
parte qualche punto significativo nelle 7 mosse c’è, e mi tro-
va perfettamente d’accordo. Dunque soprassiedo e preferisco
dedicare queste poche righe a dire ciò che penso del lavoro di
Oscar Farinetti. Non mi riferisco a quello di ammucchiare soldi
con idee geniali e facendosi un mazzo così, ma quello di provare
a scrivere in sette mosse quel che secondo lui bisognerebbe fare
per salvare questa Italia.
La prima cosa mi è venuta in mente sentendo discutere Oscar
Farinetti e Riccardo Illy in barca. Si parlava di riforma della politica.
Farinetti è per la soppressione dell’immunità parlamentare. Illy gli
ricordava, con la puntigliosa intelligenza che ho scoperto essere
una sua adorabile qualità, che l’immunità è sancita dalla Costitu-
zione è ha un suo senso preciso e condivisibile. In un certo senso
avevano ragione tutti e due. Ma il modo di aver ragione di Fari-
netti era particolare e mi ha insegnato una caratteristica delle sue
mosse che va compresa. La riassumerei così: le 7 mosse funzione-
rebbero in un Paese in cui si fossero già attuate le 7 mosse. In que-
sto io riconosco quel miscuglio di illogicità e di feroce determina-
zione che sempre noto nel pensiero degli utopisti (chiarisco che
utopisti non è per me un eufemismo per fessi, ma un sinonimo
laico di profeti). In genere pensano cose che non si potrebbero
fare nel mondo così com’è ma che, se realizzate, costruirebbero
un mondo in cui cose del genere sarebbe naturalissimo farle. Se
uno pensa ad esempio alla politica come servizio, l’immunità di-
venta inutile. Ma se uno pensa alla lotta politica di oggi, l’immu-
nità rappresenta una garanzia quasi necessaria. E d’altronde: se si
togliesse l’immunità la politica avrebbe più possibilità di diven-
71
72. la parola ai naviganti
tare servizio e basta. Oscar Farinetti tende a proporre soluzioni
che saltano le obiezioni prefigurando un paesaggio in cui quelle
obiezioni non avrebbero più senso. Per usare un gergo contadi-
no che non gli dispiacerebbe, “mette il carro avanti ai buoi”. Per
quel che ne capisco io, è l’unico modo di pensare, se quello che
vuoi ottenere è una qualche rivoluzione. Il sistema, quando è così
marcio, non si modifica registrandone alcune viti un po’ lasse. Lo
si sposta di forza oltre se stesso. Senza violenza, inutile e contro-
producente. Ma con un’acrobazia del pensiero che salta qualche
passaggio e rimette tuti i pista in un campo da gioco diverso.
La seconda cosa che mi attira delle mosse di Oscar è che capo-
volgono i termini del problema. I più, oggi, in Italia, credono che
il problema sia politico, di leadership, di mancanza di un proget-
to politico maggioritario. Le 7 mosse invece partono dal basso:
quelli sono i problemi, queste potrebbero essere le soluzioni. Poi,
semmai, dopo aver lavorato duro, verrà il momento di capire se
quella rete di soluzioni ha un colore politico o addirittura una sua
matrice culturale, se non addirittura ideologica. Ma intanto si trat-
ta di far tornare dei numeri, di risolvere problemi, non di imma-
ginare alleanze elettorali. Forse in un altro momento storico una
posizione del genere mi avrebbe insospettito. Ma qui ci troviamo
a mollo da anni in un dibattito muro contro muro in cui due
italie contrapposte si occupano sostanzialmente di delegittimarsi
reciprocamente, nella quasi completa assenza di programmi che
producano soluzioni e non consenso elettorale: un sano ritorno a
uno sguardo pragmatico non mi suona così male. Con vigilanza,
ma lo sto ad ascoltare.
Terza cosa. Quasi in ogni mossa si invoca un ritorno alla com-
petenza. Facciamo fare le cose a chi le sa fare. E quasi sempre
chi le sa fare è gente che viene dalla società civile e le ha fatte
con successo, rischiando sulla propria pelle. Il famoso “tecnico”,
si dirà. Non so. A me piace la suddivisione dei compiti. I politici
a creare il consenso necessario, a coagulare la sensibilità collettiva,
a salvaguardare gli equilibri istituzionali del Paese, e dei superma-
nager che per pura passione gestiscono piccole rivoluzioni e poi
se ne tornano a casa. Non è un modello male. Finita la bufala del
premier imprenditore, e del Paese-azienda, nel modo di pensare di
Farinetti si affaccia un modo di impostare le cose che peraltro non
è solo suo e che comunque merita un po’ di attenzione. Una sor-
72
73. 7 mosse l’italia
ta di bilanciamento tra il talento politico e quello manageriale. Se
non altro è una soluzione che difende con fermezza il ruolo della
politica, pur smussandone il primato. E crede nelle istituzioni, pur
imponendogli la sponda di una più dinamica società civile.
Ultima cosa. Mi piace che le 7 mosse credano in un Paese mo-
derno. Quando si parla si smilitizzare il Paese, di promuovere una
nuova cultura rispetto ai problemi dell’energia, di affermare il pri-
mato della laicità o anche solo quando si esorta a sburocratizzare
il Paese, io leggo di un’Italia che non ho mai conosciuto e che in
fondo era quella che volevo da giovane con una rabbia che adesso
riservo, forse sbagliandomi, ad altre cose. Ci leggo il coraggio di
scegliere scenari dove il futuro non è una malinconica illusione,
ma l’unico terreno possibile dove seminare il presente.
Per tutte queste ragioni leggo le 7 mosse e non è una lettura che
mi lascia indifferente. Riesco pefino a dimenticarmi le tante debo-
lezze che hanno e che nenache Farinetti si nasconde. A me suona
particolarmente imperdonabile l’assenza di un problema come
quello della delinquenza organizzata: come pensare di salvare un
Paese senza incominciare a recuperare la metà di Paese che quelli,
bene o male, tengono in ostaggio? Così come mi sembra peri-
coloso (non utopistico, quello sarebbe un pregio) il modello di
velocità che si pensa di poter imprimere al Paese. La velocità è
bellissima, ma fa fuori i più lenti e la lentezza non è sempre una
prova di stupidità, ma spesso la conseguenza di una fragilità che
è di molti, a cui sarebbe assurdo farne una colpa. Voglio dire che
un Paese è fatto di milioni di singolarità e pensare di spararlo a
tavoletta su per rivoluzioni che cambiano il mondo in un mese
suona molto bello, ma non necessariamente è il modo migliore di
tenerlo insieme, quel Paese.
Cionondimeno qualcosa resterà, di queste 7 mosse, ne sono con-
vinto. Seminate in questo modo un po’ guascone, da vero mer-
cante di talento, germoglieranno in qualche modo entrando nel
sistema sanguigno di questo Paese, nel momento in cui, come mai
in passato, c’è bisogno di idee, ingenuità, coraggio e ottimismo.
73
74.
75. riflessioni da “i love barolo”
di mario brunello
prologo
Subisco da sempre il fascino dell’ “imprenditore”, colui che parte
scommettendo su di sé e sulle sue idee. Naturalmente i fini pos-
sono essere i più svariati, ma quando sono sani, la figura dell’im-
prenditore si identifica meglio con la radice del termine impresa.
Così, attratto dall’impresa, ho partecipato alla traversata, al viaggio
verso una sana utopia. Sono salito sulla barca fiducioso di trovare
buona compagnia e due certezze: il comandante Soldini, uno che
sa domare il vento, e il comandante Farinetti che invece di accon-
tentarsi del più o meno cerca il meno e più. Purtroppo solo una breve
tratta, ma abbastanza per capire che c’è veramente tanta voglia di
vivere in un Paese migliore, una voglia che potrebbe diventare con-
tagiosa (se la politica ritornasse ad ascoltare le esigenze dei cittadini
e tornasse a essere un vero servizio per il Paese).
Sulla barca ho portato il mio violoncello perché volevo che la
musica fosse presente anche fisicamente in queste 7 mosse. Ho
condiviso in linea generale tutti gli argomenti delle 7 mosse, per-
ciò non voglio aggiungere niente al documento finale, semmai
qualche puntualizzazione di carattere personale che non sposta il
senso del documento. Penso però di approfittare (mi scuserete)
di questo spazio per insistere sul dare voce alla musica, provando a
inserirla, dove possibile, ed esserne rappresentante anche in que-
sta sorta di progetto per una Italia migliore.
MENO POLITICI, PIù POLITICA
D’accordo su tutta l’analisi della situazione in cui la politica sta
operando, sul fatto che in troppi vivano di politica per fini per-
sonali e anche sulle soluzioni di drastico, ma opportuno dimez-
zamento dei numeri. Rimane una “stonatura” per me, il fatto di
coinvolgere in questo taglio i sindacati. Non posso dimenticare
75
76. la parola ai naviganti
la storia e il valore di conquista sociale di questa voce in rappre-
sentanza dei diritti del lavoratore. Rimane il fatto che in troppi
hanno abusato anche di questo legittimo diritto. Nel mondo della
musica, di tutta la musica: meno musicanti, più musicisti. Nel senso
che a tutti i livelli dirigenziali del mondo della musica ci vogliono
persone oltre che competenti, anche che amino la musica e che ne
comprendano profondamente il valore di umanità, di universalità,
di ricchezza culturale e non vedano solo il lato esteriore di evento
o, peggio ancora, solo il lato economico.
MENO SPRECHI, PIù RESPONSABILITà
Proprio come si fa in famiglia, e come non essere d’accordo!
Una proposta per la musica: ridurre i cachet. In nessun altro Pae-
se d’Europa si pagano onorari così alti come in Italia. Una giusta
riduzione per allinearsi alla media farebbe risparmiare un bel po’.
Una piccola percentuale dell’onorario dovrebbe poi essere lascia-
ta su un fondo per la diffusione della musica in asili, scuole ecc.
Non è giusto che chi prende soldi pubblici limiti la sua perfor-
mance a una piccolissima parte della popolazione: tutti i cittadini
hanno pagato con le loro tasse quell’esibizione. è anche per l’arti-
sta stesso una sorta di investimento sul suo pubblico futuro. Sulle
tasse: non pagare le tasse deve essere tabù.
MENO BOMBE, PIù DIPLOMAZIA
Aggiungerei un testo da studiare a scuola: Il Disertore di Boris Vian.
In piena facoltà
egregio presidente
le scrivo la presente
che spero leggerà.
La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest’altro lunedì
76
77. 7 mosse l’italia
Ma io non sono qui
egregio presidente
per ammazzar la gente
più o meno come me
Io non ce l’ho con lei
sia detto per inciso
ma sento che ho deciso
e che diserterò.
Ho avuto solo guai
da quando sono nato
i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.
Mia mamma e mio papà
ormai son sotto terra
e a loro della guerra
non gliene fregherà.
Quand’ero in prigionia
qualcuno mi ha rubato
mia moglie e il mio passato
la mia migliore età.
Domani mi alzerò
e chiuderò la porta
sulla stagione morta
e mi incamminerò.
Vivrò di carità
sulle strade di Spagna
di Francia e di Bretagna
e a tutti griderò.
Di non partire più
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.
77
78. la parola ai naviganti
Per cui se servirà
del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro
se vi divertirà.
E dica pure ai suoi
se vengono a cercarmi
che possono spararmi
io armi non ne ho.
Si parla di tagli, no? E allora sospendere la produzione e la ven-
dita di tutti i videogiochi di guerra.
Poi va a finire che i nostri ragazzi, una volta cresciuti, giocano
sul serio “alla guerra”.
MENO INVOCAZIONI, PIù VOCAZIONI
Trovo questa mossa la più efficace, è una vera “mossa”, di rapida
esecuzione, efficace perché sorprendente nella sua semplicità.
In barca c’è stata un tentativo di cambiare l’ordine delle vo-
cazioni (cultura per iniziare). Questo non avrebbe cambiato il
contenuto del documento, ma “l’armatore” ha giustamente fatto
valere le sue ragioni.
Al punto 11, una piccolezza: non metterei cultura e arte ita-
liana, lascerei cultura e arte in generale. Penso che la vocazione
non debba essere limitata a un “prodotto” italiano, ma cogliere
l’essenza della cultura, che è dialogo con la modernità e il nostro
tempo ormai non ha frontiere.
Altra cosa sono i beni culturali italiani che vanno promossi sia
dentro sia fuori dal nostro Paese.
La musica, ma tutta l’espressione artistica, dovrebbe essere uno
dei veicoli privilegiati per la valorizzazione di innumerevoli luoghi
legati alla nostra storia, palazzi, chiese, siti, archeologia industriale
e gli interventi a sostegno dell’organizzazione di iniziative dovreb-
bero essere programmati seriamente, facilitando gli investimenti
per il riutilizzo e l’uso di questi luoghi.
78
79. 7 mosse l’italia
MENO LITI, PIù ACCOGLIENZA
Sulla seconda parte, l’immigrazione: anche qui la musica (tutta
la musica) dovrebbe entrare come una delle soluzioni all’inte-
grazione. Premiare e sostenere con incentivi chi si adopera per
inserire nelle manifestazioni opere nuove o di tradizione di Paesi
da cui provengono gran parte dei nostri immigrati. Beethoven,
per quanto universale, non può unire tutte le genti con il suo Inno
alla gioia.
MENO IO, PIù NOI
Energia e ambiente. Forse un’attenzione in più sui rifiuti, proble-
ma enorme. Si dovrebbe cambiare il termine “rifiuti” con “mate-
riale”. Nell’immaginario i rifiuti sono spazzatura, ma spazzatura
è il miscuglio sporcato dal rifiuto umido. Diamo importanza al
“materiale” come elemento di ricchezza per tutti – se differenzia-
to e riciclato – e non di inutilità, se “sporcato”.
MENO LEGGI, PIù DISCIPLINA
MENO CHIESA, PIù GESù
Spalmerei il testo della prima parte “meno leggi più, discipli-
na” sulle mosse precedenti per lasciare così tutta l’attenzione su
“meno Chiesa, più Gesù”. Quest’ultima mi sembra una mossa
indispensabile per dare uno slancio vero, libero, al nostro Paese
che, a causa di questa presenza, per ogni progetto di costruzione
del futuro e per ogni adeguamento all’Europa deve subire il peso
di un giudizio preventivo.
EPILOGO
“I love Barolo”, grazie!
79
80.
81. meno teoria, più pratica
di moreno cedroni
Cari tutti, sicuramente rendo meglio con una padella in mano che
con una penna, ma cercherò di mettere lo stesso impegno nella
scrittura in queste poche righe. All’inizio della mia carriera di ri-
storatore – quasi ventisette anni fa – quando venivano giornalisti
di guide gastronomiche avrei voluto trasformarmi in un cuoco
bravo dell’epoca. Che so, un Marchesi o un Vissani. Ora vorrei
trasformarmi in un bravo scrittore e quindi penso senza indugio a
Faletti… anzi, Giorgio, se vedi qualche errore correggilo pure!
Da uomo di mare ho scoperto un mio tallone d’Achille soffren-
do per una giornata abbondante il mal d’oceano, ma le emozioni
ricevute hanno di gran lunga ripagato il fatto. Senz’altro sono
quello che da questa esperienza ha ricevuto più di quello che ha
dato. Che volete, ho dato alcuni sapori della mia infanzia, ho fat-
to assaggiare a tutto l’equipaggio il brodetto che mia madre mi
metteva anche nel biberon. Io che nascevo nel famoso chilometro
zero senza saperlo, dove dietro casa la nonna allevava animali da
cortile e coltivava ortaggi e davanti il mare offriva i suoi frutti.
Quello che ho ricevuto è stato veramente intenso e tanto, un
bombardamento sotto ogni aspetto (intellettuale, umano e senso-
riale), dove persone mai viste o viste in televisione e sui giornali
sembrava di conoscerle da una vita. Questa la forza della barca, la
foza del mare, la forza della natura, la forza dell’intelligenza.
In questo contesto le 7 mosse rappresentano un modo per lan-
ciare messaggi importanti. Pensando al momento storico sicura-
mente l’ago della mia bilancia va più verso le difficoltà che verso
le positività, ma dopo aver conosciuto tutti voi e leggendo i com-
menti di chi non ho avuto la fortuna d’incontrare, dico invece che
è il momento giusto per farci sentire. è il nostro momento!
Per quello che riguarda il mio piccolo, appoggio in pieno il fatto
di istruire fin dalle scuole primarie i nostri figli alle ricchezze della
nostra terra come alle religioni del mondo. Vorrei che i nostri
ristoranti fossero come le botteghe dove una volta si imparava il
lavoro, implementare stage e apprendistato.
81