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oscar farinetti

 7 mosse                            l’italia




    con i commenti di giovanni soldini, ugo alciati,
   luca baffigo, alessandro baricco, mario brunello,
   moreno cedroni, lella costa, luciana delle donne,
  guido falck, giorgio faletti, bruno fieno, maria giua,
     beatrice iacovoni, riccardo illy, marella levoni,
      matteo marzotto, teo musso, paolo nocivelli,
piergiorgio odifreddi, simone perotti, francesco rubino,
     davide scabin, antonio scurati, daniel winteler
oscar farinetti




7 mosse                       l’italia
un viaggio in barca a vela da genova a new york
      con giovanni soldini e un po' di amici
7 mosse per l’italia
© 2011 eataly srl

progetto editoriale:
sintagmagroup srl
darica martino


finito di stampare nel mese di maggio 2011
g. canale & c. spa       –   borgaro torinese (to)
italia



per dimostrare l’impegno alla cura del cliente e per ridurre gli impatti ambientali associati alle
proprie attività, la g. canale & c. spa, presso il suo sito certificato imprim’vert, ha conseguito e
mantiene le certificazioni uni en iso 9001:2008 e uni en iso 14001:2004, applicando quindi un
sistema di gestione qualità e ambiente conforme a queste norme internazionali
«Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo
favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene
chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle
loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti
dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora
esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato,
ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa
al merito, e la povertà non costituisce un impedimento. Qui
ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si
estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi
l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo
se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo
liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia
siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un
cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando
attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non
si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni
private. Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato
di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di
rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo
proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche
insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono
nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che
è buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo
che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo
innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di
dare vita ad una politica, tutti qui ad Atene siamo in grado
di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come
un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che
la felicità sia il frutto della libertà, ma che la libertà sia solo
il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la
scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in
sé una felice fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare
qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è
aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.»
                                                        Pericle
                                            Discorso agli Ateniesi
                                                       (461 a.C.)
indice




le ragioni di un viaggio                                             9
alla ricerca del marino       di luciano bertello                   11


7 mosse per l'italia –   due o tre cose prima di cominciare         15
la barca                                                            17
l'equipaggio, di tappa in tappa                                     19
diario di una traversata       di giovanni soldini                  21
i naviganti                                                         23


7 mosse per l'italia   di oscar farinetti                           25

meno critica, più autocritica –         prologo                     27
meno politici, più politica                                         31
meno sprechi, più responsabilità                                    33
meno bombe, più diplomazia                                          37
Meno invocazioni, più vocazioni                                     39
meno liti, più accoglienza                                          45
meno io, più noi                                                    53
meno leggi, più disciplina – meno chiesa, più gesù                  57
meno maschile, più femminile –          epilogo                     61


7 mosse per l'italia –   la parola ai naviganti                     63
meno meteore, più perseveranza              di ugo alciati          65
meno merito, più estero        di luca baffigo                      67
meno scetticismo, più ingenuità             di alessandro baricco   71
riflessioni da “i love barolo”        di mario brunello             75


                                                                         7
meno teoria, più pratica      di moreno cedroni                        81
    una mattina mi son svegliata… di             lella costa               83
    innovazione sociale = creatività
    applicata al buon senso di luciana delle         donne                 87
    meno onde, più mare       di guido falck                               91
    meno leggerezze, più leggerezza             di giorgio faletti         95
    meno individualismo, più armonia               di bruno fieno          99
    l'albero si giudica dai frutti     di maria giua                      101
    meno pregiudizi, più umiltà      di beatrice iacovoni                 103
    meno velleitarismo, più rigore         di riccardo illy               105
    meno zavorra, più vento         di marella levoni                     109
    il viaggio, la navigazione, le 7 mosse di           matteo marzotto   111
    più terra, meno facebook         di teo musso                         115
    meno "status quo", più cambiamenti               di paolo nocivelli   117
    modeste proposte sulle 7 mosse             di piergiorgio odifreddi   121
    meno manifestazioni,
    più azioni (individuali) di   simone perotti                          125
    meno parole...   di francesco rubino                                  129
    meno cervello, più pancia        di davide scabin                     131
    la cultura a milano (e in italia?)         di antonio scurati         135
    meno profitto, più coscienza           di giovanni soldini            139
    meno pigrizia, più fantasia       di daniel winteler                  143


    7 mosse per l'italia –   riassumendo                                  147


    ringraziamenti                                                        159




8
le ragioni di un viaggio




Sono state due le ragioni che nella primavera del 2011, dal giorno
della Liberazione (25 aprile) alla festa della Repubblica (2 giu-
gno), hanno spinto un piccolo gruppo di italiani a trasformarsi in
ciurma e ad affrontare l’oceano: 37 giorni per mare, da Genova a
New York, su una barca a vela manuale e con una cambusa rifor-
nita di ottimi cibi e vini italiani, però razionati. è stato un viaggio
vero, avventuroso, e al tempo stesso un viaggio simbolico: la pro-
va che insieme si può ancora fare molto per il nostro Paese e per
noi stessi, e che si può vivere e convivere in armonia.
  Il libro che state sfogliando è il frutto di quel viaggio.

7 MOSSE         L’ITALIA
Un navigatore e un mercante, aiutati da 5 velisti, accompagnati da
3 grandi chef e da 15 compagni di viaggio – gente di pensiero e
di azione che si è alternata di tappa in tappa – si sono confrontati
sulle 7 mosse da attuare subito per migliorare il nostro Paese. Nes-
suna di queste persone fa politica attiva, né desidera farla. Nessu-
no di loro è pregiudizialmente di destra o di sinistra, lontani anni
luce da beghe partitiche: mai “contro”, sempre “per”.

alla ricerca del marino
È il vento che arriva dal mare. I cibi di grande qualità e tradi-
zione nascono dall’incontro tra venti. L’Italia è particolarmente
fortunata in questo senso, essendo una penisola stretta e lunga al
centro del Mediterraneo. Qui il vento marino che nasce negli oce-
ani, filtrato da Gibilterra e da Suez, diventa brezza e si posa sul-
le nostre specialità, incontrando l’aria fresca delle colline e delle
montagne. In questo modo le rende uniche. Si pensi ai prosciutti
italiani, al Grana padano, alla pasta di Gragnano, allo stesso Neb-
biolo. Durante questa traversata abbiamo portato molti di questi
prodotti con noi, alla ricerca delle origini del vento che li rende
meravigliosi, e ogni giorno sono stati utilizzati da un grande chef
per creare i piatti che hanno dato corpo alla nostra convivialità.

                                                                          9
alla ricerca del marino
    di luciano bertello




antefatto – A righe e a quadretti
Montaldo Roero, 12 ottobre 1963

Una giornata di pioggia sulla collina. La maestra racconta di
eroi-naviganti omerici e di una donna tenace che non rimarrà
sola. Di vele e di venti. Di sentimenti e valori scritti dall’ulissiaca
prua sul quaderno blu del Mediterraneo.
  Un bambino, le mani nascoste sotto il banco, costruisce bar-
chette di carta. Barchette a righe e a quadretti. Quando esce, le
affida al rivolo d’acqua che scorre nella ripida strada. Le segue; le
spinge; le rialza; le rimette nella corrente.
  Da casa lo cercano. Lo trovano, fradicio, quasi ai piedi della
collina. La mamma, preoccupata, lo interroga. Incredula, lo pro-
tegge e lo scalda: cercava la casa dell’acqua e di quel vento che i
grandi chiamano marìn.


andar per langa
Alta Langa, 30 dicembre 2010

In una giornata di azzurro terso, due uomini vanno per Langa
incontro al marìn.
  Intorno, colline epiche e silenziose.
  L’uno scrive numeri su fogli a righe; l’altro annota pensieri su
fogli a quadretti.
  Il primo traccia grafici e architetture di mercati fra Langa, Tokyo
e New York; il secondo viaggia tra i secoli di Langa e Roero, a
caccia di storie di uomini e di terra.
  Entrambi sanno di avere il marìn nelle vene. Ma vogliono dar-
sene ragione e, allora, lo inseguono nello spazio e nel tempo per
capire dov’è la sua casa.
  Di una cosa sono certi: quel blu che da Mombarcaro si vede
all’orizzonte è il mare.

                                                                          11
alla ricerca del marino




     il marìn
     Barolo, 17 marzo 2011

     Il marìn è un vento che torna. Incrocia il profumo del mare e del
     rosmarino con quello di montagna e di neve. Appassiona e sner-
     va. Accarezza e fa grandi i nebbioli.
       Il marìn crea piccoli mulinelli e gioca con le foglie: sembra un
     gatto che cerca di mordersi la coda.
       Mette languori e voglia di porti. Poi, una volta lontano, diventa
     un richiamo irresistibile e voglia di casa.
       Il marìn ama la libertà e gli spazi liberi, ridicolizza confini e fron-
     tiere, va d’accordo con gli spiriti liberi.
       Il marìn è la Langa: libera repubblica e vandea, malora e albero
     della cuccagna, collina e altrove, Cesare Pavese e Michele Ferrero,
     Beppe Fenoglio e Giacomo Morra.
       Il marìn è il balon: piedi ben piantati in terra e cielo, zembo e ar-
     càss, Ghindu e Augusto Manzo, Felice Bertola e Massimo Berutti.
       Il marìn è il Barolo: legno e tempo, tannini e carezze, vigna e
     mondo, la marchesa Giulia Colbert Falletti e la Bela Rosìn, Barto-
     lo Mascarello e Angelo Gaja.


     … ma per seguir virtute e conoscenza
     Tra Genova e New York, 25 aprile – 2 giugno 2011

     Dal mare di colline al mare, il passo è breve. Basta seguire il marìn.
     Da Genova a New York c’è di mezzo il mare. Ma basta inseguire
     il marìn.
        Sulla barca, due capitani coraggiosi. Esperti di navigazioni in
     solitaria. L’uno, omerico, disegna avventure su coordinate geo-
     grafiche; l’altro, fenicio, ama dare un’anima ai numeri.
        Non fuggono: hanno dentro il marìn e stanno bene dentro
     al marìn. Si allontanano dalla madrepatria per poterla guardare
     meglio. Cercano la giusta prospettiva per immaginare prospetti-
     ve più giuste. Cercano risposte: nel marìn, l’uno nell’altro, nella
     storia, nei libri.
        Cercano valori: tra epica e cronaca, tra mito e futuro.
        Amici a righe e a quadretti si alternano al loro fianco, per aiutarli
     a capire e a dire.

12
7 mosse   l’italia




  Il magico 7 è bussola e faro.
  La cambusa è stipata con i sapori eccelsi della madrepatria e i
cuochi sono chef.
  Due valori li hanno già ritrovati: il tempo e la carezza del marìn.
Gli stessi che sanno trasformare un sapore in saggezza: in Grana
padano, in prosciutto crudo San Daniele, in pasta di Gragnano,
in Barolo.
  La rotta procede sicura e la prua è come un sismografo che
registra il respiro del marìn.
  Ma il marìn è come il “vento largo” del poeta: «Non soffia mai
nella stessa direzione e di conseguenza disorienta molto… è
come il vento della vita che ti spinge prima da una parte, poi
dall’altra…».
  Qualche volta tace.
  Certi sono soltanto gli estremi del viaggio: il 25 aprile e il 2 giu-
gno. E il 17 marzo è appena più in là.




                                                                                13
7 mosse               l’italia
due o tre cose prima di cominciare
lA BARCA




           17
l’equipaggio, DI TAPPA IN TAPPA




1   Genova – PALma di maiorca (25 aprile – 29 aprile 2011)
    soldini, farinetti, alciati, baricco, falck, fieno,
    iacovoni, illy, levoni, nocivelli, winteler


2   PALma di maiorca – Gibilterra (30 aprile – 5 maggio 2011)
    soldini, farinetti, alciati, brunello, costa,
    delle donne, fieno, iacovoni, nocivelli, scurati


3   Gibilterra – madeira (6 maggio – 11 maggio 2011)
    soldini, farinetti, baffigo, cedroni, faletti, fieno,
    iacovoni, marzotto, musso, nocivelli, odifreddi


4   madeira – new york (12 maggio – 2 giugno 2011)
    soldini, farinetti, baffigo, falck, giua, iacovoni,
    nocivelli, perotti, rubino, scabin


                                                                19
DIARIO DI UNA TRAVERSATA
    di giovanni soldini




Ho partecipato a questo viaggio come capitano della barca, quin-
di ho avuto la fortuna di navigare con tutti i diversi protagonisti
di questa avventura. Non è stata una crociera, è stato un vero e
proprio viaggio attraverso il Mediterraneo e l’Atlantico.
  Non vi nascondo che all’inizio ero un po’ preoccupato: non ero
sicuro che tutte queste persone, abituate a lavorare d’intelletto,
sarebbero state capaci di venire a patti con la legge del mare e di
una barca a vela. Poi è arrivato il giorno della partenza e, come
sempre accade, il mare ha messo a posto tutto.
  Tutti i membri dell’equipaggio si sono dati da fare, hanno fatto i
turni di notte al timone, hanno imparato a convivere in 10 su una
barca relativamente piccola, hanno imparato a usare un bagno in
cui – per tirare l’acqua – bisogna pompare con una leva 30 volte,
hanno fatto i turni per lavare i piatti, hanno capito l’importanza
del risparmio dell’acqua dolce, dell’energia e devo dire che tutti
mi hanno veramente stupito per la naturalezza e l’intelligenza con
cui si sono adattati alle regole e alle esigenze della navigazione.
  Ho passato interi turni di notte a discutere e a confrontarmi su
temi anche importanti e impegnati con persone completamente
diverse da me che mi hanno a volte affascinato, a volte contraria-
to, ma sempre arricchito e colpito per il loro spirito positivo.
  Non tutte quelle discussioni erano attinenti alle 7 mosse, spesso
si è parlato di altre cose, ma sempre con una grande capacità e
voglia di essere costruttivi.
  Penso che ci sia stata per me, come per tutti, una grande sorpresa,
scoprire che uomini e donne così diversi possono apprezzare e vi-
vere in armonia le stesse cose, rispettando le esigenze della natura.
  Siamo partiti da Genova, il Golfo del Leone ci ha riservato il
primo colpo di vento (30/35 nodi al traverso) che ha messo alla
prova barca ed equipaggio.
  è stato il primo approccio con il mare formato. Anche quella
roccia di Oscar ha accusato il colpo, ho persino pensato che si
sarebbe calmato anche lui. Illusione durata una mattinata perché

                                                                        21
si è subito ripreso ed è tornato quel vulcano instancabile che è nel
     giro di poche ore.
        Nella seconda tappa (da Palma di Maiorca a Gibilterra) ci siamo
     fermati un giorno ad Alicante per far passare una burrasca forza
     nove da Ovest nel mare di Alboran. Saggia decisione che ci ha
     permesso di proseguire il viaggio senza particolari stress.
        L’arrivo a Gibilterra, con la Rocca che è comparsa d’un tratto
     nella nebbia, è stato forse uno dei momenti più suggestivi.
        Le prime miglia di oceano della terza tappa sono incominciate
     con l’incontro di pericolose spadare alla deriva vicino alle coste
     marocchine. Dopo una notte difficile abbiamo agganciato il Nord-
     Est e, finalmente lontani dalla costa, abbiamo cominciato a ma-
     cinare miglia su miglia; 600 per l’esattezza, in tre giorni, con un
     record di velocità di 17 nodi che per una barca come l’Elmos Fire
     non sono pochi.
        Dopo una sosta veloce e un cambio d’equipaggio a Madeira,
     siamo ripartiti per la tappa più lunga: 2750 miglia fino a New
     York. L’alta pressione delle Azzorre era posizionata molto a Nord
     e ci ha regalato giorni di splendido Nord-Est, spinnaker e belle
     velocità. Condizioni fantastiche che ci hanno spinto veloci per le
     prime 1500 miglia.
        Le ultime 1300 miglia sono state le più difficili, c’era la corrente
     del Golfo e ci sono state le molte depressioni che nascono davan-
     ti alla costa degli Stati Uniti e risalgono verso Nord-Ovest.
        Ma a questo punto l’equipaggio era affiatato e pronto a supera-
     re anche le ultime difficoltà.




22
i naviganti




ugo alciati       luca baffigo      alessandro baricco    mario brunello




         moreno cedroni       lella costa      luciana delle donne




guido falck      giorgio faletti      oscar farinetti       bruno fieno




                                                                           23
maria giua       beatrice iacovoni          riccardo illy       marella levoni




         matteo marzotto          teo musso            paolo nocivelli




        piergiorgio odifreddi   simone perotti        francesco rubino




davide scabin       antonio scurati        giovanni soldini      daniel winteler
7 mosse             l’italia
    di oscar   farinetti
meno critica, più autocritica…



meno politici, più politica

meno sprechi, più responsabilità

meno bombe, più diplomazia

meno invocazioni, più vocazioni

meno liti, più accoglienza

meno io, più noi

meno leggi, più disciplina
meno chiesa, più gesù



…   meno maschile, più femminile
meno critica, più autocritica
    prologo




Siamo in declino, non vi è dubbio. Non è il caso di essere terroriz-
zati, l’umanità ha avuto ciclicamente periodi di declino da quando
esiste, e così pure il nostro Paese. Periodi che hanno avuto dina-
miche e durate diverse tra loro, ma sempre una caratteristica co-
mune: si va in declino quando le posizioni chiave di governo e di
amministrazione delle comunità vengono assunte prevalentemen-
te da persone mediocri, mentre si cresce quando a dirigere vanno
prevalentemente i galantuomini. Per mediocri intendo quelli che,
di fronte a una decisione importante, si pongono innanzitutto la
domanda: «Che figura farò io?». Il galantuomo ovviamente fa il
contrario, pensa subito al bene pubblico. Dell’Italia si potrebbe
dire, forzando un po’ le cose, che siamo in declino da 1700 anni:
ma senza dimenticare, ad esempio, il Rinascimento, o il Risorgi-
mento, o il miracolo economico del Dopoguerra. Quindi, nessun
terrore, ma un po’ di spavento ce lo possiamo permettere. E poi,
la scocciatura di beccarcelo proprio noi il declino. Perché se va
avanti così, con questa lentezza, saranno altre persone a godersi
la rinascita.
  Tra declino e rinascita abitualmente avviene qualcosa di trauma-
tico. Una rivoluzione, guerre, eccidi. Anche perché non succede
mai che un mediocre o un dittatore si dimetta: bisogna cacciarli.
Questo, più o meno, dice la Storia. Ma, porca miseria, perché
dobbiamo sempre subirla, questa benedetta (o maledetta) Sto-
ria? Possibile che non riusciamo a lavorarci un po’? Possibile che
invece di subire passivamente gli eventi non ci venga in mente
di rimboccarci le maniche in modo da prevenirli con un sano e
ribelle programma a tappe forzate che ci tiri fuori dal declino in
tempi brevi?
  Ecco da cosa nasce la mia decisione di dedicare un piccolo pez-
zo della mia vita a pensare a una soluzione. In fondo è un gesto
egoista, la voglia che ho di godermela ancora un po’.
  Prendetela così: un cittadino italiano che non fa né farà la poli-
tica, un mercante – accompagnato e guidato da un navigatore con

                                                                       27
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     cui condivide lo stile della leggerezza proattiva, rifocillato nella
     pancia e nella mente da un manipolo di amici, donne e uomini
     che nella vita hanno dimostrato di finire ciò che incominciano –
     vi offre la propria soluzione.
        Una soluzione, quindi, e non polemiche. Rimedi e non solo cri-
     tiche. Un gesto che non ha niente a che vedere con la destra o la
     sinistra, ma che nasce semplicemente da ciò che ho imparato os-
     servando il nostro Paese, con attenzione e passione; un gesto che
     mi sembra egoista e altruista nello stesso tempo, dettato com’è
     dal desiderio di vivere (io, noi, tutti) in un Paese migliore.
        Non si tratta, me ne rendo conto, di una soluzione esaustiva
     poiché mancano alcuni capitoli importanti e nodi da sciogliere
     in vista di un progetto completo. Inoltre, la parte scientifica dei
     vari capitoli non è volutamente approfondita. Troverete di sicuro
     imprecisioni e magari anche qualche errore. Tuttavia si tratta di
     una visione globale e al tempo stesso precisa di come si dovrebbe
     muovere l’Italia. È un indirizzo forte, netto, che traccia una preci-
     sa direzione. L’unica, secondo me, che può portarci a risvegliare
     il nostro Paese.
        Se la critica che vi sorge spontanea è: «Non è corretto gettare
     la pietra e poi non scendere in campo», vi prego di perdonarmi,
     ma permettetemi di pensarla diversamente. è ora che anche da
     parte di noi “laici dilettanti” arrivino suggerimenti in positivo e
     non solo critiche. Ci sarà di sicuro qualcuno tra i politici che, in-
     vece di guardarmi come rompiscatole, cercherà quel che di bello
     e giusto c’è in questa proposta e ne trarrà spunto. Ma anche tante
     persone comuni, come me, alle quali verrà voglia di approfondire
     e di volgere la propria analisi in una qualche direzione costruttiva.
     è soprattutto a loro che, insieme ai miei amici, mi sono rivolto.
     In politica si può e si deve partecipare anche senza essere attori
     protagonisti.
        Se invece vi accadrà di pensare: «Semplicistico, non approfondi-
     to, ci saranno tensioni sociali, dove li mettiamo tutti questi nuovi
     disoccupati?», fermatevi. Sono d’accordo con voi. L’unica amara
     riflessione che vi propongo, una su centinaia, è che prima o poi
     buona parte dei 27.000 forestali della Regione Sicilia non potrà
     più essere pagata e partiranno le tensioni, per dirvene una.
        Forse è meglio prevedere e manovrare una “rivoluzione” più
     dolce possibile prima che subirne una cruenta poi. Inoltre, tengo

28
7 mosse   l’italia




a dirvi che la semplicità è l’unica arma possibile per creare un
progetto vincente in tempi brevi.
   So anche che alcuni di voi penseranno: «Impossibile, troppo
complicato, troppo veloce, utopie…», e lì mi verrebbe da dire:
allora lasciate perdere. A forza di dire che tutto è complesso, dif-
ficile e che occorre tanto tempo il nostro Paese si è ridotto in
questo stato. E poi molto spesso la visione del “difficile”, del
“serve più tempo” nasconde la mancanza di voglia di lavorare
o la strategia di mantenere il potere senza sbattersi per risolvere,
arti che purtroppo si sono diffuse invece con grande rapidità e
semplicità in Italia.
   Infine, ci saranno quelli che penseranno semplicemente: «Fari-
netti ha trovato un altro sistema per far pubblicità a Eataly». Lo
so. Posso dire solo questo: a un mercante conviene sempre non
pronunciarsi. Lui deve vendere a tutti. Con le 7 mosse è sicuro
che io perderò clienti. Il fatto è che io cerco di capirli, certi intel-
lettuali, ma alcuni di loro non capiscono me. Sono quelli per cui
il mercante dovrebbe fare il mercante e basta. Non riescono a
immaginarsi che usi la testa per un fine diverso dal fare soldi. Me-
glio che si limiti ad affettare salame, pensano. Tanto ci sono loro
a denunciare la cattiva politica. Ma voglio dire che, nel frattempo,
la politica resta cattiva e non sempre sono sicuro che a loro non
vada bene, in fondo, così.
   Ancora una cosa. In qualche modo mi sarebbe piaciuto che
questa soluzione venisse firmata da tutti i naviganti che mi hanno
accompagnato nel viaggio da Genova a New York. Ma i temi af-
frontati sono tanti ed era impossibile pensarla, su tutti, allo stesso
modo. Tuttavia, mi piace qui testimoniare che nella stragrande
maggioranza dei casi ho percepito una precisa idea comune su
cosa sia urgente fare e su quali siano gli scogli da superare. E devo
anche aggiungere che spesso ragionamenti più saggi dei miei mi
hanno fatto cambiare idea. Adoro cambiare idea. Così è stato de-
ciso che tutti i partecipanti a questo viaggio scriveranno un pezzo
in allegato che troverete al termine di queste 7 mosse: il loro ap-
porto personale a questa mia piccola avventura.
   Troverete ovunque in questo documento la ferma convinzio-
ne, comune a tutti i partecipanti, che occorre tornare alla politica
intesa come servizio, passione, missione. Così come occorre ri-
portare al centro il valore della competenza, affidando i proble-

                                                                                 29
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     mi a chi, politico o non politico, ha gli strumenti per trovare le
     soluzioni. Occorre scegliere donne e uomini di grandi capacità,
     ma anche umili, onesti e pronti a farsi da parte quando sbagliano.
     Utopia? Ma non è vero! Smettiamola con questa storia dell’uto-
     pia. Senza sogni non si va da nessuna parte.




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     porto politica e mezzi di comunicazione in un quadro di riforma
     complessivo che favorisca il ricambio. In tempi brevissimi si può
     mettere a punto la riforma della politica secondo questo schema:
        1. rami del parlamento: parlamentari -50%, stipendi -50%, pri-
     vilegi -50%;
        2. regioni: consiglieri -50%, stipendi -50%, privilegi -50%;
        3. provincie: abolizione;
        4. comuni: consiglieri -50%;
        5. nuovo progetto di retribuzioni ai politici che assumono re-
     sponsabilità (proporzionali alle responsabilità);
        6. comunità montane e circoscrizioni: abolizione;
        7. camere di commercio: abolizione di quelle provinciali (solo
     una per ogni regione);
        8. sindacati: -50% sindacalisti;
        9. abolizione di qualsiasi immunità per i politici;
        10. creazione di un sistema elettorale che consenta ai cittadini di
     poter scegliere chi eleggere;
        11. favorire il ricambio con una legge che impedisca di fare poli-
     tica per più di 15 anni in totale, anche passando attraverso diverse
     istituzioni, con un massimo di 2 mandati per le più alte cariche;
        12. andare in pensione dopo 40 anni di lavoro, come i comuni
     mortali;
        13. introduzione di un tetto massimo sui contributi elettorali pub-
     blici e privati ai partiti in modo da determinare una soglia massima
     invalicabile nelle spese elettorali, allo scopo che non sia favorito chi
     possiede ingenti patrimoni;
        14. abolizione dei contributi pubblici ai quotidiani o altri media
     dei partiti;
        15. raddoppiare il numero di firme necessarie per indire i referen-
     dum, abbinarli sempre per legge alle più vicine elezioni politiche o
     amministrative e abolire il quorum;
        16. vietare la politica a chi è proprietario, direttamente o indiret-
     tamente, di mezzi di comunicazione di massa;
        17. indipendenza dei mezzi di comunicazione (pubblici e privati)
     dai partiti.




32
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     to. Questa mossa farà risparmiare un sacco di soldi da spalmare
     sulle pensioni minime. Occorre allo scopo ripensare il meccani-
     smo dei versamenti previdenziali su retribuzioni elevate, di cui
     una parte importante dovrà essere destinata allo stato sociale. 	
       Tasse, argomento spinoso.
       Lo Stato incassa circa 700 miliardi per anno attraverso le tasse.
     In Italia si evade molto per 3 ordini di motivi. Primo, chi evade è
     considerato un furbetto anzichè un furfante. Secondo, le aliquote
     sono elevate e sperequate. Terzo, non esiste una politica che favo-
     risca chi investe. Bisogna lavorare su questi 3 fattori demotivanti.
     Sul fronte delle aliquote occorre armonizzare il prelievo fiscale
     su tutte le categorie di fonte di reddito: profitto aziendale, lavoro
     dipendente e reddito da patrimonio. Occorre applicare una tassa
     maggiore sui redditi da patrimoni. Si tratta di un sacco di soldi in
     nuove entrate e poi, è ingiusto che chi investe in finanza paghi
     meno di chi fa impresa. Naturalmente occorre accompagnare a
     ciò una politica che impedisca la fuoriuscita dei patrimoni. Chi
     non paga le tasse è un delinquente perché fruisce dei servizi co-
     muni senza contribuire come gli altri a mantenerli. Dobbiamo
     vivere questo fatto come un’ingiustizia, una vergogna. Dobbiamo
     insegnarlo a scuola e poi dobbiamo fare in modo che chi evade
     debba essere messo in condizione di vergognarsene. Un uso in-
     telligente di televisione, internet e giornali può attuare un cambio
     di mentalità in men che non si dica. È avvenuto alla grande per
     evoluzioni negative, perché non può succedere in positivo? 	
       Infine, bisogna stimolare chi reinveste, chi decide di intrapren-
     dere, chi assume, insomma chi crea nuova ricchezza. Non è giu-
     sto che chi lascia tutti i profitti in azienda per finanziare sviluppo
     e nuovi posti di lavoro paghi la stessa aliquota di chi se li prende
     per godersi la vita. 	
       Le mosse 1 e 2 genereranno nuovi disoccupati, l’unico modo
     di reagire è quello di creare un ambiente favorevole allo spirito
     di impresa. La rinascita può avvenire solo favorendo la voglia
     di intraprendere che è congenita in buona parte degli italiani.
     Niente di meglio di una sana politica di sgravi verso chi ha vo-
     glia di sbattersi. 	
       Se da un lato non sarà possibile abbassare le aliquote a breve
     termine, dall’altro è necessario introdurre la possibilità di detrarre
     dalle tasse molti più costi rispetto a quelli detraibili oggi. Quindi:

34
7 mosse   l’italia




  1. stessa aliquota sui redditi da patrimoni rispetto a quelli in
essere sui redditi d’impresa e da lavoro; 	
  2. insegnare che è bello e giusto pagare le tasse nelle scuole ele-
mentari e medie attraverso un nuovo programma di educazione
civica vissuta come materia primaria; 	
  3. forte campagna di comunicazione sui media “chi paga le tasse
è bella gente, chi non le paga è brutta gente”, con varie declinazio-
ni legate ai valori positivi come la famiglia, i figli, il futuro ecc.;
  4. gli evasori totali e gli evasori gravi (chi fa “nero”, chi esporta
capitali, chi crea sedi nei paradisi fiscali ecc.), devono essere col-
piti duramente e su di essi deve essere concentrato il grosso dei
controlli. L’evasore occasionale deve essere educato a non farlo
più, ma colpito duramente in caso di ricaduta; 	
  5. forti sgravi fiscali per chi crea una nuova impresa e assume,
sgravi significativi sugli utili reinvestiti; 	
  6. aumentare il numero dei costi deducibili (tutto ciò che è utile
al lavoro e alla salute).
  Questo progetto completo è da affidare a specialisti. Può essere
stilato in un mese di lavoro.




                                                                                35
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     plomatiche delle nostre ambasciate verso i seguenti obiettivi: la
     pace nel mondo, le attività umanitarie e l’esaltazione della qualità
     dei nostri beni e servizi esportabili o godibili per chi ci visita.
       In un mese di lavoro un gruppo di specialisti può mettere a
     punto la riforma delle forze armate e della diplomazia.




38
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        La Scuola deve diventare una delle nostre eccellenze, specializ-
     zandosi sulle nostre vocazioni. Non solo. In tutte le mosse note-
     rete la nostra visione della scuola come elemento strategico per
     superare i problemi e cambiare in meglio la nostra società. Non
     commettiamo l’errore di vedere la scuola come una strategia a
     lungo termine che darà frutti solo alla prossima generazione. Un
     bambino che torna a casa e domanda alla mamma perché mai ha
     comprato le arance in estate farà cambiare le abitudini alimentari
     alla sua famiglia.
        La nostra industria di precisione manifatturiera è la migliore del
     mondo. Conviene investire dove già siamo bravi. Occorre favorire
     la ricerca da parte delle nostre industrie attraverso una politica di
     incentivi mirati e non dispersi. L’Italia, per la sua particolare posi-
     zione al centro del Mediterraneo, può essere favorita nel traffico
     delle merci da tutto il mondo verso l’Europa e dall’Europa verso
     il mondo. Partendo da ciò che già esiste occorre creare 4 grandi
     porti altamente specializzati e di un’efficienza senza pari. Inoltre
     sarà necessario creare, partendo da ciò che già esiste, una rete fer-
     roviaria espressamente dedicata che trasferisca rapidamente e a
     costi concorrenziali queste merci nel cuore dell’Europa, da dove
     altre merci possano raggiungere l’Italia per essere imbarcate verso
     il mondo.
        Di fronte a una struttura così efficiente l’Asia, l’Africa, ma an-
     che le Americhe, non potranno che scegliere l’Italia.
        Questa mossa porterà molti nuovi posti di lavoro e ricchezza
     per il nostro Paese. Occorre dirottare investimenti previsti, ma
     meno urgenti, verso questo progetto, coinvolgere privati e met-
     tere a capo del processo di sviluppo persone altamente specializ-
     zate nella logistica mondiale che in Italia esistono, eccome. Con
     un mese di lavoro ostinato il capo progetto può mettere a punto
     il piano industriale. Per ciascuno di questi 6 settori va messo a
     capo una persona di grande competenza che abbia dimostrato di
     saperci fare, di accettare e vincere le sfide. Queste persone si tro-
     vano anche nel settore privato, ne abbiamo in abbondanza, anche
     giovani. Ciascuno di loro, dopo un mese di analisi, sarà in grado
     di definire un programma preciso con le mosse e i tempi per rag-
     giungere l’obiettivo sul quale sarà misurato. Queste persone non
     devono occuparsi di politica partitica. Quindi:
        1. una forte campagna nel mondo che faccia venir voglia di

40
7 mosse   l’italia




visitare il nostro Paese, puntando sui principali punti di forza in-
contestabili e attrattivi;	
   2. una politica nazionale che armonizzi con autorevolezza il la-
voro delle regioni e che aiuti le infrastrutture a essere a disposizio-
ne del turismo in modo proattivo. Alberghi, aeroporti, trasporti
e ristoranti. Un potente portale unico Italia Wellcoming che armo-
nizzi l’offerta delle infrastrutture (già sappiamo che esiste Italia.it,
ma chi lo usa? perché non funziona?); 	
   3. una politica che – censite le strutture, i musei, le città e i
panorami – le metta in condizione di essere considerate le più
suggestive al mondo;
   4. inserire giovani leve. Devono essere preparate, colte, attente,
disponibili e sorridenti. A esse va chiesta la massima professio-
nalità e sostituite quando non la mettono in campo. Ma ciò che
più conta è mettere a capo del turismo una persona che capisca di
turismo, che abbia un esperienza mondiale e fortemente specia-
lizzata nel settore;	
   5. censire le eccellenze mondiali di ogni regione italiana. Eli-
minare l’assistenzialismo e favorire un nuovo spirito di impresa
nei contadini. Le aziende agricole devono ricominciare a paga-
re le tasse come qualsiasi impresa. Ma quelle che producono
qualità e investono sull’esportazione di eccellenze conclamate
godranno di incentivi attraverso sgravi fiscali e coinvolgimento
in attività di marketing supportate con professionalità e senza
sprechi; 	
   6. creare un marchio 100% italiano su cui investire in comunica-
zione, da installare sui prodotti che lo sono veramente (dalla ma-
teria prima quando è qualitativamente possibile, alla manifattura e
al packaging). Il miglior simbolo è la bandiera italiana. L’Italia che
è proprietaria dell’immagine della sua bandiera deve riservarne
severamente l’uso solo a chi lo merita;
   7. semplificare le leggi di controllo sull’agroalimentare. Elimi-
nare istituti inutili. Semplificare le denominazioni. Rivedere le
funzioni e le attività dei consorzi. Oggi non si capisce più niente,
con disposizioni di istituti che si contraddicono tra loro. Ma la
cosa più grave è che è il cliente non capisce più; 	
   8. favorire il packaging povero, biodegradabile ed evidenziare
gli ingredienti. 100% italiano, riportante la bandiera italiana, deve
avere un packaging unico, innovativo e identificativo;

                                                                                 41
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        9. inserire l’educazione alimentare e all’agricoltura come materia sco-
     lastica primaria nelle scuole elementari e medie; 	
        10. investire nella Scuola. L’Italia deve avere scuole statali effi-
     cienti, votate alle proprie vocazioni, con un’autorevolezza mon-
     diale su alcuni temi. La scuola italiana non può essere generica,
     si deve specializzare sulle nostre vocazioni. Occorre, allo scopo,
     raddoppiare i fondi pubblici dedicati agli investimenti nella Scuo-
     la. Nella scuola dell’obbligo vanno inserite 4 nuove materie pri-
     marie: Educazione alimentare e all’agricoltura, Educazione al rispetto dello
     Stato, Le grandi vocazioni dell’Italia, Energia e ambiente;
        11. investire nella cultura e nell’arte italiana. Favorire la grande
     prosa, la grande musica e il cinema italiani attraverso nuovi mo-
     delli di impulso, lontani dai carrozzoni e dai contributi a pioggia,
     anche attraverso l’apertura ai capitali e all’ingegno di privati, i qua-
     li potranno portare un approccio nuovo. Questi privati dovranno
     essere favoriti da una nuova fiscalità dedicata, dovranno impe-
     gnarsi con serietà nel mondo della cultura; 	
        12. raddoppiare gli investimenti nel fus (fondo unico dello spet-
     tacolo) senza però aumentare la cifra, in termini assoluti, dedicata
     alla lirica che è già elevata. Da dare più spazio alle altre specialità
     dello spettacolo italiano che ora sono in difficoltà. Anche in que-
     sto settore occorre accorciare la filiera dando la possibilità agli
     artisti di essere più vicini possibile al mercato. Importante è, cer-
     to, tutelare il patrimonio, salvaguardare la tradizione, ma, anche
     in campo culturale, bisogna incentivare la produttività culturale
     offrendo spazio a nuova creatività originale e a forme diffuse di
     fruizione proattiva;
        13. favorire le imprese mercantili e produttive che investono
     all’estero su agroalimentare, turismo, design, moda, arte e mani-
     fattura di precisione italiana; 	
        14. lanciare i marchi disegnato in Italia e inventato in Italia per con-
     trassegnare i prodotti da lanciare nel mondo. Lo Stato deve aiuta-
     re l’attività di ricerca delle industrie e delle aziende in generale che
     si occupano delle vocazioni;
        15. la mentalità che deve accompagnare tutte queste operazioni
     deve essere “noi siamo i più belli del mondo, facciamoglielo ve-
     dere”. Questo modo di pensare e agire deve essere trasferito con
     energia dai capi di ogni settore fin giù verso l’ultimo degli addetti.
     Ben presto contagerà l’opinione pubblica mondiale;

42
7 mosse   l’italia




  16. individuare il capo progetto di Italia porto d’Europa;
  17. censire gli investimenti già approvati sulle grandi strutture
(abrogare quelli meno urgenti da dirottare verso questo progetto);
  18. aggiungere le risorse necessarie create con i risparmi effet-
tuati in altri campi e da nuove entrate;
  19. coinvolgere società private specialiste, anche straniere;
  20. realizzare, partendo da ciò che già esiste, i 4 porti all’avan-
guardia;
  21. realizzare la linea ferroviaria dedicata; 	
  22. mettere in moto una forte campagna mondiale, anche pre-
ventiva, per attrarre investitori e clienti.




                                                                              43
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     cidente, dal Ministero della Giustizia e dal Consiglio Superiore
     della Magistratura. L’accorpamento sarebbe una riforma a costo
     zero, comporterebbe un aumento di produttività stimato nel 10%
     e non provocherebbe alcun “allontanamento” della giustizia dai
     cittadini, data l’attuale facilità di spostamenti e, comunque, l’am-
     pia possibilità che il tribunale tenga udienza anche in località di-
     verse dalla propria sede istituzionale;
        2. taglio delle spese inutili e recupero delle risorse disponibili.
     La quantità di risorse impiegate nella giustizia è insufficiente, ma
     anche accompagnata da sprechi che, ove eliminati, consentireb-
     bero un significativo ricupero di fondi. Un esempio per tutti: le
     spese per le intercettazioni telefoniche, ingenti pur se inferiori
     a quelli indicate sui media. Abolendo, come avviene in diverse
     realtà europee, i compensi alle società concessionarie che costitu-
     iscono una ingiustificata rendita di posizione (essendo i costi delle
     telefonate già sostenuti da chi le effettua) e centralizzando, con
     un contratto nazionale, il noleggio degli apparecchi per le inter-
     cettazioni si risparmierebbero decine di milioni di euro l’anno de-
     stinabili ad altri settori. In parallelo risorse significative possono
     essere reperite sia provvedendo all’effettiva riscossione di spese
     di giustizia (multe e ammende) – attività oggi del tutto carente –
     sia curando, attraverso uffici ad hoc, l’accesso ai fondi comunitari
     per il finanziamento di progetti specifici;
        3. copertura degli organici dei magistrati e del personale ammi-
     nistrativo. Si parla di coprire gli organici, non di aumentarli. At-
     tualmente mancano oltre 1.000 magistrati su 10.000 e oltre 6.000
     unità di personale amministrativo su poco più di 40.000. Se si
     considera che, in entrambi i casi, gli organici si collocano nella
     fascia europea medio-bassa è agevole cogliere l’effetto di queste
     carenze sulla funzionalità del servizio (che, con organici comple-
     ti, avrebbe un incremento di definizione degli affari almeno del
     10%). La copertura dei posti vacanti richiede – soprattutto per
     i magistrati – tempi lunghi ma la definizione di un calendario e
     l’avvio delle procedure necessarie deve avvenire da subito;
        4. definizione di standard organizzativi razionali. Ci sono alme-
     no tre settori che, adeguatamente percorsi, possono determinare
     un significativo salto di qualità. L’uso appropriato di tecnologie
     informatiche. Oggi è limitato a poche esperienze pilota frutto per
     lo più dell’iniziativa di singoli, mentre per il resto l’informatica è

46
7 mosse   l’italia




usata poco più che come banca dati e insieme di macchine evo-
lute per scrivere. La formazione del personale amministrativo, da
convertire in figure professionali capaci gestire le nuove tecnolo-
gie. La responsabilizzazione per l’organizzazione del servizio, di
funzionari apicali da affiancare ai dirigenti magistrati;
  5. affiancamento al giudice di un ufficio per il processo. Oggi al giu-
dice è richiesto, di fatto, un complesso di attività materiali estre-
mamente ampio, a scapito della funzione giurisdizionale in senso
proprio. Tra queste attività, molte possono essere delegate a un
ufficio apposito, con grande vantaggio nei tempi e nella stessa
qualità delle decisioni. Per esempio, la ricerca dei precedenti dot-
trinali e giurisprudenziali, la redazione della motivazione riassun-
tiva degli argomenti e richieste delle parti, il rapporto con il pub-
blico e le stessi parti del processo, la distribuzione delle udienze,
la formazione e la tenuta dell’archivio informatizzato dei provve-
dimenti emessi. L’onere economico di tale introduzione sarebbe
più modesto di quanto si pensi tenuto conto della possibilità di
impiego, oltre che del personale ausiliario, di giudici onorari, ri-
cercatori, stagisti;
  6. riduzione dell’area dell’intervento penale. I processi penali
per reati gravi sono in Italia sei volte quelli dell’Austria, quattro
volte quelli della Spagna, due volte quelli della Francia e della
Germania. A essi deve essere destinata la quota prevalente delle
risorse. Ciò impone una riduzione del carico penale con la rinun-
cia a perseguire i fatti di minor rilevanza e senza vittima o con
danno di speciale tenuità per la persona offesa. La strada maestra
per tale riduzione è, ovviamente, la revisione del catalogo dei re-
ati, ma in epoca di profonde divisioni come quella attuale ciò ap-
pare difficile. Un effetto analogo si può, peraltro, raggiungere in
concreto, aumentando il numero dei reati perseguibili solo se c’è
querela della parte offesa e, soprattutto, introducendo nel sistema
la non perseguibilità dei fatti di scarsa rilevanza sociale. L’effet-
to deflattivo sarebbe dirompente. Per fare un solo esempio: su
76.000 processi a carico di imputati noti iscritti nel 2010 presso
la Procura di Milano, ben 10.000 (pari al 13%) hanno riguardato
reati “formali” previsti dal testo unico sull’immigrazione;
  7. previsione di soluzioni alternative al contenzioso civile. An-
che nel settore civile i carichi dei tribunali italiani superano di
gran lunga quelli di altri Paesi europei. Tre volte quelli di Austria e

                                                                                  47
oscar farinetti




     Germania, due volte quelli di Francia e Spagna, raggiungendo cir-
     ca 5.000 cause annue ogni 100.000 abitanti. Inevitabile, in questa
     situazione, l’introduzione di un ricorso obbligatorio a organismi
     di conciliazione da attivare prima della causa e la creazione di filtri
     a livello amministrativo con decisioni semplici e rapide. Si può
     così risolvere, con immediatezza e soddisfazione delle parti, una
     quota significativa della domanda civile;
        8. differenziazione della giustizia del lavoro. L’attesa di anni per
     la definizione di controversie in cui è in gioco la tutela o il ripristi-
     no del posto di lavoro è uno degli scandali del sistema. La ragione
     risiede essenzialmente nel numero esponenziale, in particolare
     nel settore della previdenza, delle cosiddette cause seriali (cioè
     dei processi – in numero di decine di migliaia – in cui è dedotta
     la stessa questione di diritto). Prevedere per queste controversie
     la soluzione delle questioni giuridiche comuni in modo anticipato
     e definitivo da parte della Corte di Cassazione realizzerebbe un
     vero e proprio abbattimento dei tempi di decisione con ricadute
     virtuose su tutta la giustizia del lavoro;
        9. modifica del sistema delle impugnazioni e sospensione dei
     processi nei confronti degli imputati irreperibili. Nel processo pe-
     nale ci sono due settori riformabili in tempi brevi senza incidere
     sul sistema delle garanzie e realizzando un grande risparmio di
     tempi ed energie. I processi a carico di imputati irreperibili (sono
     il 15% del totale). Si tratta, per lo più, di processi a fantasmi,
     destinati, anche in caso di condanna, a restare puramente sulla
     carta (sospenderli e riprenderli solo in caso di sopravvenuta ma-
     terializzazione dell’imputato). L’altro settore è quello delle impu-
     gnazioni, il 25% delle condanne di primo grado. È una garanzia
     fondamentale che il giudizio sia adeguatamente controllato, ma
     è inutilmente dispendioso che il giudice di appello sia reinvestito
     dell’intero giudizio. Più garantista e meno dispendioso sarebbe
     prevedere che i giudici delle impugnazioni si limitino al control-
     lo, con formalità ridotte, delle conseguenze della affermazione di
     responsabilità, in particolare l’entità della pena e della correttezza
     del processo di primo grado, disponendo, nel caso in cui siano
     accertate gravi violazioni, un nuovo giudizio totale o sui punti che
     lo richiedono;
        10. introduzione del processo civile telematico e informatizza-
     zione del sistema delle notifiche. Il processo civile è essenzialmen-

48
7 mosse   l’italia




te curato da avvocati. è dunque possibile e necessario condurlo
interamente in via informatica, limitando la presenza fisica dei
difensori e delle parti alla sola fase della assunzione di testimoni
o di prove orali. Questo meccanismo è estensibile, almeno per
quanto riguarda le notifiche, anche al settore penale.

  Secondo punto, l’immigrazione.
  Incominciamo col dire che un flusso epocale di persone da sud
verso il nord del mondo nel prossimo decennio è lo scenario più
probabile tra quelli possibili. Il diffondersi dell’informazione e
dei media in generale ha fatto scoprire ai popoli dei paesi poveri
che esiste un pezzo di mondo dove la qualità della vita e le op-
portunità di crescere sono immensamente più elevate. Da sempre
gli umani migrano e sempre con la stessa motivazione, cercare
condizioni di vita migliori. Il modello di vita che trasmettiamo
attraverso i nostri canali televisivi è dorato, spesso finto e for-
temente attrattivo per chi ha difficoltà addirittura a guadagnarsi
da mangiare. Nel nostro Paese già vivono 7 milioni di stranieri,
molti altri arriveranno e, secondo noi, non si potranno fermare.
La stessa cosa accadrà per le altre nazioni ricche dell’Europa. Sa-
ranno fortemente avvantaggiate quelle che riusciranno ad attuare
riforme tali da far ripartire la propria economia e creare nuovi
posti di lavoro. I nuovi lavoratori giunti da altre terre giocheranno
un ruolo fondamentale nella crescita del benessere di questi Paesi.
Fino a ora gli immigrati hanno risolto non piccoli problemi in
Italia, dove la demografia è ferma e gli italiani non vogliono più
svolgere i lavori cosiddetti umili. D’altra parte non possiamo non
notare che esistono problemi di integrazione. In particolare in
una nazione che non cresce più, da un lato aumentano gli egoi-
smi, dall’altro il disadattamento.
  Sul problema dell’immigrazione è difficile avere una posizione
secca. è uno di quei temi dove il dubbio è più sano delle certez-
ze. L’unica cosa certa è che arriverà un sacco di gente e converrà
accoglierla. Per loro e per noi. Nessuna politica protezionistica
potrà fermare l’impulso irrefrenabile a cercare speranze di vita
migliore. La nostra generazione ha ed avrà a che fare con questo
fenomeno, non potremo fermarlo. Forse conviene incominciare
a parlare di interazione anziché integrazione. La sana convivenza
implica altruismo e reciproca comprensione volta al reciproco mi-

                                                                              49
oscar farinetti




     glioramento (stare su questa barca in oceano con gente diversa e
     non ben conosciuta insegna). Certo non è facile quando non c’è
     lavoro per tutti. Ecco perché dobbiamo assolutamente impegnarci
     seriamente per far ripartire sul serio l’economia. Tuttavia, in spre-
     gio alla nostra chiara incertezza su questo immenso tema, provia-
     mo a proporre alcune cose da fare subito e altre nel tempo: 	
        1. più aperti agli afflitti. Nei momenti di gravi tensioni sociali,
     guerre, eccidi occorre essere più larghi nell’accoglienza verso i
     popoli interessati da questi fenomeni cruenti. La solidarietà tra
     umani deve essere superiore alle difficoltà contingenti. Abbiamo
     inoltre il dovere storico di essere ancora più disponibili verso le
     nostre ex colonie; 	
        2. accogliamo i migliori. Creiamo una scuola di accoglienza obbli-
     gatoria per chi chiede permessi di soggiorno in Italia. Lo scopo è
     quello di insegnare a rispettare le nostre leggi. Siamo convinti che
     chi si reca in un Paese diverso ne debba rispettare le leggi, come
     è libero di esercitare i propri usi e costumi purché non in contra-
     sto con le nostre leggi. Dopodichè, diventandone residente, potrà
     concorrere pacificamente a modificarle qualora non le condivida.
     L’esito dell’esame finale e del comportamento tenuto nella scuola
     di accoglienza darà diritto all’ottenimento o meno del visto. La
     scuola non terrà conto solo della cultura generale ma soprattutto
     della disponibilità del singolo ad armonizzarsi attraverso il lavoro
     e al sano comportamento nel nostro Paese. Immaginiamo una
     durata breve di un mese a tempo pieno. Verificando la possibilità
     di svolgerne la metà del tempo nella nazione di origine, attraverso
     la nostra ambasciata; 	
        3. impariamo a conoscerli. Le religioni e le abitudini degli altri
     ci fanno sempre paura. Ecco un’occasione per la nostra scuola
     di rendersi utile e aprire i nostri ragazzi alla conoscenza delle re-
     ligioni e degli usi e costumi delle altre principali popolazioni del
     mondo. Se li conosciamo non avremo più stupide paure e saremo
     maggiormente pronti a interagire. Capiremo quanto è più sana
     l’interazione che non l’integrazione. Nel mondo esistono 24 prin-
     cipali religioni ma, di queste, 4 sono praticate della maggioranza
     dei popoli religiosi. Vanno studiate nelle scuole medie insieme ai
     principali usi e costumi di quei popoli; 	
        4. diciamo loro chi siamo veramente, comprese la nostre dif-
     ficoltà. Può succedere che anche un grande altruista non possa

50
7 mosse   l’italia




aiutare certe volte il prossimo perché si trova in un momento di
difficoltà. L’Italia si trova in un momento in cui non può investire
ingenti risorse su questo fronte a causa di forti problemi interni
di economia ferma e disoccupazione. Occorre che le persone in
procinto di espatriare lo sappiano. Rai International può svolgere
un ruolo sensibile su questo fronte. Vorremmo che Rai Interna-
tional fosse più vera e attuale rispetto a come è fatta oggi. Le no-
stre ambasciate possono trovare anche altri metodi di comunicare
nei Paesi oggetto di forte espatrio; 	
  5. serve un piano europeo. Non dimentichiamo mai che siamo
in Europa. L’Italia è uno dei paesi più importanti e deve farsi
promotrice di un accordo generale sul tema dell’immigrazione
che armonizzi i comportamenti degli Stati membri. Questo ac-
cordo deve naturalmente tenere conto delle singole potenzialità,
ma anche del fatto che l’Italia – per la sua particolare posizione
geografica – è la più vocata ad attrarre un certo target di emigranti
dal sud del mondo, anche solo per il transito.




                                                                              51
oscar farinetti




     glio di ogni altra nazione europea il sole, il vento e l’acqua. Inco-
     minciamo a farlo con maggiore determinazione.
        Oltre l’80% dell’energia in Europa viene prodotta da fonti fos-
     sili, petrolio, carbone e metano. Solo il 10% va in elettricità. Il
     resto viene consumata soprattutto in trasporti e riscaldamento.
        La prima strada da intraprendere è intervenire subito su quel
     30% del consumo di energia da fonti fossili destinata al riscalda-
     mento domestico. L’Italia è, tra i Paesi europei, quello che ha le
     abitazioni più colabrodo, dal punto di vista energetico. Abbiamo
     quindi amplissimi margini di miglioramento. Un’abitazione media
     italiana consuma, all’anno, circa 220kwh per metro quadro. Una
     casa in classe B, che è lo standard in molte parti d’Europa, ne
     consuma 55, cioè un quarto. Occorre mettere in atto una cam-
     pagna mediatica che informi gli italiani di questa reale possibilità.
     Inoltre, bisogna far venir voglia ai cittadini e alle imprese di inve-
     stire subito in questa direzione attraverso una politica di incentivi
     e di sgravi veramente attrattivi. 	
        Nel campo delle energie naturali rinnovabili gli incentivi, quelli
     sani e cioè proporzionali ai costi, hanno prodotto effetti positi-
     vi. Vere e proprie economie di scala e risorse per la ricerca, che
     hanno determinato il crollo del costo del silicio di grado solare
     e l’ingresso sul mercato di nuove tecnologie a film sottile, con
     enormi riduzioni di costi.
        Ciò impone un ragionamento. Concentriamo le energie e gli in-
     vestimenti che avevamo previsto per il gigantesco programma sul
     nucleare italiano (che non si farà, non foss’altro che per la sicura
     indisponibilità dei Comuni a essere individuati come siti) verso
     2 direzioni nel campo delle energie naturali rinnovabili: incentivi
     proporzionali ai costi verso il produttore/utilizzatore di energia e
     fondi per creare e finanziare un’istituto di ricerca leader al mondo.
     Quest’ultimo è un punto determinante. L’Italia può avere questa
     netta vocazione di ricerca. La tecnologia corre, tra non molto (e
     comunque in tempi più brevi di quelli che erano stati previsti
     per l’attuazione del programma nucleare italiano) risolverà alcuni
     nodi che faranno finalmente esplodere il mercato delle rinnova-
     bili, come quello dell’intermittenza e la possibilità di accumulo,
     oltre che a continuare con velocità esponenziale nella corsa verso
     il “più piccolo, più bello e più potente”. Partirà sicuramente una
     rete internazionale di approvvigionamento, saranno messi a pun-

54
7 mosse   l’italia




to nuovi progetti di design e di collocazione paesaggistica per
l’eolico.
   L’Italia è ancora in tempo per porsi in una posizione da play
maker su questo fronte, ma deve partire subito. Abbiamo grandi
menti in Italia, altre cerchiamole nel mondo, mettiamole insieme
e creiamo il più innovativo istituto di ricerca sulle energie naturali
rinnovabili del mondo.
   Sui trasporti occorre rafforzare pesantemente la ferrovia e il
mare. Portiamo le merci il più possibile con i treni, che posso-
no essere alimentati con elettricità e creano economie di scala
utili ad abbattere i costi. Occorre rafforzare la rete ferroviaria e
obbligare determinati trasporti a ricorrere ai treni. Per i lunghi
tragitti dal nord verso il sud Italia debbono essere rafforzati i
trasporti marittimi. 	
   Per quanto riguarda gli scarichi industriali, molti passi sono stati
fatti. Le leggi esistono, bisogna farle rispettare. 	
   I rifiuti urbani restano una spina nel fianco per alcune regio-
ni italiane. La strada intrapresa verso la raccolta differenziata e i
termovalorizzatori è quella giusta. I nodi da affrontare sono quel-
lo della sensibilizzazione dei singoli (scuola, scuola e poi ancora
scuola), la buona volontà, la competenza, la determinazione e il
coraggio dei politici (riforma della politica), la fermezza nel con-
trastare la criminalità organizzata (spezzare i legami e le conni-
venze con la politica). Quindi: 	
   1. inserire nella scuola dell’obbligo Le energie naturali rinnovabili e
la cura dell’ambiente come materia primaria;
   2. abbandonare definitivamente il progetto italiano per la co-
struzione delle centrali nucleari; 	
   3. investire tutto sulle energie rinnovabili favorendo con incen-
tivi tangibili e duraturi, almeno fino a quando non saranno au-
tonomamente convenienti, i singoli produttori/utilizzatori e con
sgravi le imprese produttrici/utilizzatrici; 	
   4. favorire la ristrutturazione di immobili esistenti e la costru-
zione dei nuovi verso standard di risparmio energetico, almeno
classe b. Incentivi e/o sgravi debbono essere tali da convincere i
proprietari a investire in questo senso;
   5. definire un progetto ventennale di costruzione di nuove cen-
trali di energie rinnovabili; 	
   6. puntare sull’eolico, oltre che sul fotovoltaico e sull’idrico, utiliz-

                                                                                    55
oscar farinetti




     zando al massimo i nostri architetti paesaggisti e di design per tro-
     vare nuove soluzioni estetiche a minor impatto. Anche per quanto
     riguarda la scelta dei luoghi di installazione del fotovoltaico;	
       7. creare un Istituto di ricerca sulle energie naturali rinnovabili
     nazionale ai massimi livelli mondiali, trovando anche il modo di
     portare in Italia le migliori menti del mondo in questo campo
       8. creare un nuovo progetto per i trasporti che favorisca quelli
     ferroviari a consumo elettrico, a scapito di quello su strada a con-
     sumo fossile.




56
oscar farinetti




        Abbiamo citato il vino ma non c’è inferiore complicazione in
     altri settori come la carne o il latte, e così pure in settori non
     alimentari o dei servizi come le banche. Occorre creare imme-
     diatamente alcuni gruppi di lavoro monotematici per macroca-
     tegoria, composti da specialisti di settore, presi anche dal mondo
     delle imprese, ai quali affidare il compito di stilare un progetto di
     semplificazione delle leggi, armonizzazione nonché diminuzione
     degli istituti, velocizzazione delle pratiche. Potremmo chiamare
     questi gruppi di lavoro gli sburocrati. In un mese di lavoro serrato,
     questi gruppi potrebbero compiere l’analisi e svolgere la costru-
     zione progettuale. Sarà poi compito dei politici scelti dal popolo
     riunire i diversi progetti in una riforma completa della burocrazia.
     Si potrebbe anche proporre che, in certi settori, per ogni nuova
     norma se ne abroghino almeno due.
        Altro argomento è quello dei rapporti con la Chiesa cattolica. In
     Italia risiede il Papa e la struttura di governo della Chiesa cattolica
     mondiale. Ciò implica un rapporto particolare tra Stato e Chiesa
     che di certo porta con sé molti benefici, ma spesso danneggia
     l’indipendenza della politica. La Chiesa intesa come gerarchia ec-
     clesistica che in molti casi della storia ha dato un contributo forte
     al prevalere del bene sul male, come l’azione di molti vescovi du-
     rante la Resistenza, a volte dimostra una natura neofoba. Anche
     in questo caso la storia lo dimostra, da Copernico al preservativo.
     La Chiesa ha naturalmente il diritto di esprimersi sulle questioni
     che riguardano l’etica e la morale ma non deve intervenire nella
     politica. L’Italia deve poter operare in totale indipendenza, essere
     uno Stato laico e totalmente immune dalle visioni di tipo religio-
     so. Per ottenere rapidamente ciò è necessario abolire i privilegi
     e le contribuzioni che l’Italia riserva alla Città del Vaticano. Va
     assolutamente rimarcato qui il lavoro straordinario svolto da tanti
     sacerdoti e suore nel campo dell’accoglienza, della sanità e della
     educazione. Queste persone meravigliose vanno sostenute dallo
     Stato ma, finché esisterà una relazione economica e assistenziale
     tra i due poteri ufficiali, il Vaticano continuerà a incidere nelle
     scelte della politica. L’esperienza mondiale e la storia dell’umanità
     dimostrano che quanto più le religioni incombono nella politica,
     tanto più vi è arretratezza e tensioni. Questa posizione non im-
     plica affatto la mancanza di rispetto verso le religioni. La nostra
     Costituzione è molto chiara su questo punto e non necessita di

58
7 mosse   l’italia




modifiche, né integrazioni. D’altra parte i valori base della cri-
stianità come la bontà, la generosità, il rispetto del prossimo, il
perdono, l’onestà, la fedeltà, debbono diventare base anche della
sana politica. Ciò che serve è più Gesù e meno Chiesa. Quindi:
  1. creare gruppi di lavoro, composti da specialisti, per la sem-
plificazione;
  2. armonizzare i progetti di semplificazione dei vari gruppi di
lavoro in una riforma della burocrazia italiana; 	
  3. abrogare il privilegio riservato alla Chiesa cattolica relativo
all’esenzione dall’ici e alle tasse sulla compravendita di immobili;
  4. i finanziamenti e i contributi a istituti cattolici per l’educa-
zione e la sanità debbono essere trattati con lo stesso criterio e
richieste di standard degli istituti privati di tipo laico; 	
  5. l’ora di religione deve essere sostituita con Religioni, usi e costu-
mi dei popoli; 	
  6. per quanto riguarda l’8 per mille deve essere rispettata la vo-
lontà del contribuente. Alle Chiese devono essere versati solo ed
esclusivamente gli ammontari delle dichiarazioni con la volontà
espressa. In assenza di ciò, i quattrini restano entrate pure dello
Stato.




                                                                                   59
meno maschile, più femminile
    epilogo




Non tutte le scimmie sono diventate esseri umani. Già possede-
vano scienza e conoscenza, ciò che mancava loro era la coscienza.
è stata l’assunzione di coscienza a trasformare parte di loro in
uomini. Questo nostro piccolo lavoro punta a scuotere un po’
proprio questa parte di noi che ci rende umani: la coscienza. 	
  Avrete notato temi ricorrenti. Uno di questi è la velocità. 	
Un mese. Un mese per scrivere in barca queste sette mosse. Un
mese per mettere a punto in modo scientifico il progetto di cia-
scuna mossa.
  Questo “mese”, che incombe dovunque in ogni Mossa, vuole
assurgere a emblema della velocità. Abbiamo bisogno di mag-
giore velocità. Un mese ci sembra un tempo breve per realizzare
cose importanti, ma contemporaneamente ci pare sufficiente, se
vi è impegno, per non sbagliare nel progettarle.
  La scuola. Lo strumento della scuola come elemento chiave del
cambiamento. Una nuova educazione ai ragazzi in funzione an-
che di un virtuoso contagio alla famiglia. 	
  La moderazione. La ricerca di un linguaggio moderato, ma de-
terminato. Abbiamo tutti molto bisogno di moderazione. 	
  Il dubbio. L’assunzione del valore del dubbio inteso come umil-
tà, voglia di approfondire e disponibilità a cambiare idea quando
è il caso. 	
  Infine i meno e i più. Il nostro modo di semplificare ed esempli-
ficare, pur mantenendo l’emozione.
  Abbiamo sempre cercato, non sempre riuscendoci, di mettere
un po’ di infantile innocenza vicino al nostro impegno. Abbiamo
accolto con gioia l’idea di Lella di chiudere con Meno maschile più
femminile. Non confondetela con una rivendicazione femminista.
Prendetela come un invito alla determinazione, alla pervicacia,
alla coerenza, al senso del dovere, allo spirito di sacrificio; insom-
ma, all’impegno. Caratteristica molto più diffusa tra le donne che
nei maschi.
  Molte delle proposte qui contenute possono apparire già dette,

                                                                         61
oscar farinetti




     già pensate. Può essere. Qualcuna addirittura già fatta o almeno si
     è tentato di farla. Può essere. 	
       Tuttavia, siamo certi che la proposta nella sua interezza possa
     essere considerata originale e, magari dai più, una grande utopia. 	
     Per questo abbiamo scelto di passare le Colonne d’Ercole verso
     le Americhe, sullo stesso cammino di un’altra grande utopia che,
     molto più ambiziosa della nostra, 500 anni fa si è trasformata in
     realtà. Benedette siano le utopie. Ma, in ogni caso, andiamo loro
     incontro con leggerezza.




62
7 mosse           l’italia
  la parola ai naviganti
meno meteore, più perseveranza
    di ugo alciati




Se provo ad andare sul sito stelledelpiemonte.net, il web mi ri-
sponde: expired, scaduto. E specifica: sito web non rinnovato. Il
guaio è che non soltanto il sito non è stato rinnovato: è il progetto
– bellissimo e partito con lustrini e fanfare – a essere, oggi, expi-
red: scaduto. La mia domanda è: perché?
  Allargando la questione all’intero Paese, non posso non chie-
dermi (e chiedere): perché un progetto importante, e come que-
sto tanti altri, è solo una meteora di passaggio che finisce in
una bolla di niente? Naturalmente non pretendo di travalicare i
miei confini, e dunque lo domando per quanto mi compete – la
ristorazione e il turismo – anche se temo che un certo, e per me
incomprensibile, vizio italiano a non perseverare, a “mollare”, a
fermarsi sempre un po’ prima del traguardo, non danneggi solo
la mia categoria, ma penalizzi tante altre professioni e altrettanti
comparti produttivi. Ed è qui che il legislatore e l’amministra-
tore pubblico dovrebbero esserci, ed esserci con forza, invece
che latitare.
  Per chi non conosce la storia di Stelle del Piemonte, eccone un
promemoria. È la storia di un progetto partito con le migliori
intenzioni e mai portato a termine; ma è anche la metafora di
troppe cose – iniziate e non finite – che rallentano la crescita e lo
sviluppo dell’Italia.
  Stelle del Piemonte era un’iniziativa della Regione Piemonte,
nata nel 2005 e realizzata dall’assessorato al Turismo. Riuniva i
“top chef ” del territorio (tra loro, anch’io) allo scopo di promuo-
vere le eccellenze culturali e artistiche regionali attraverso i suoi
tesori enogastronomici.
  All’inizio c’è stata tanta buona stampa. Tanti viaggi all’este-
ro, Londra, New York. Tanti applausi. Tanti progetti correlati,
come quello di creare a Costigliole d’Asti una scuola – unica al
mondo – i cui docenti sarebbero stati 40 (e ripeto: 40) Stelle
Michelin piemontesi.
  Avremmo attirato ragazzi da tutto il mondo, perché la cucina

                                                                        65
la parola ai naviganti




     italiana non la si può inventare né copiare; però la si può impa-
     rare, magari declinandola ciascuno con le proprie attitudini, la
     propria storia, la propria manualità e – soprattutto – con le ma-
     terie prime a disposizione. Avremmo anche attirato più turismo
     enogastronomico – che è, poi, cultura – e così anche il mercato
     dei piccoli produttori avrebbe ricevuto una domanda che oggi
     comincia, drammaticamente, a scarseggiare. Da chef, non posso
     non chiedermi dove troverò – tra qualche anno – il cardo gob-
     bo di Nizza Monferrato, peraltro oggi presidio Slow Food. E la
     gallina bianca di Saluzzo, il castelmagno delle valli cuneesi, il co-
     niglio grigio di Carmagnola. Se nessuno li chiederà più, nessuno
     li produrrà più. E anche la mia cucina ne risentirà, così come ne
     risentirà la nostra tradizione e la nostra cultura.
        Sarebbe stato così difficile finire quanto iniziato? Far sì che
     un’idea, ben partita, e un progetto divenissero prima realtà e poi
     consuetudine?
        Ricordo che nel nostro vecchio ristorante, Guido a Costigliole,
     avevamo dovuto acquistare un frigo in più, destinato ai turisti che
     venivano a mangiare da noi: questi, infatti, si presentavano con il
     “sacchetto della spesa” pieno di leccornie locali e ci chiedevano
     di tenerle al fresco. Ne eravamo contenti, perché i prodotti della
     nostra regione sarebbero andati “in giro per il mondo”, alimen-
     tando quel circolo virtuoso che è turismo, certo, perciò ricchezza;
     ma è anche – come ripeto sempre – cultura. Purtroppo nel nostro
     nuovo ristorante, Guido a Pollenzo, quel frigo non ce lo chiede
     più nessuno.
        Tornando a Stelle del Piemonte, quel progetto avrebbe fatto
     circolare di nuovo e ancor più il Made in Italy enogastronomico,
     permettendo ai piccoli produttori di continuare a esserlo. Pur-
     troppo, oggi, tutto questo è expired, scaduto. Così come lo sono
     tante altre buone intenzioni, che non sono divenute fatti perché
     mancano le leggi e – quando queste ci sono – ne mancano le ap-
     plicazioni da parte di chi amministra la cosa pubblica.
        Perciò abbiamo tanti proclami, cioè meteore, mentre stiamo
     perdendo la cultura del perseverare. La mia presenza sulla barca
     di 7 mosse è stato anche il mio modo per dire, nel mio piccolo:
     attenzione, non diamo forfait, andiamo avanti. Non lasciamo che
     le cose finiscano come quel sito. Expired, scadute.


66
meno merito, più estero
    di luca baffigo




Mi trovo in pieno accordo con il contenuto delle 7 mosse: non
troppo dettagliate per non perdere il dono della semplificazione e
non troppo superficiali per risultare banali.
   Ritengo che queste rappresentino una buona base di partenza
per poter poi approfondire i temi nelle sedi opportune.
   Ritengo, inoltre, fondata la paura di molti nel vedere la scarsa
applicabilità di molte delle 7 mosse a partire dalla prima.
   In questo senso l’unico vero aiuto è l’ampio consenso degli ita-
liani e a loro volontà a vederle realizzate (o comunque a vedere
realizzato un cambiamento) nel più breve tempo possibile, senza
troppi e lunghi compromessi.
   A quanto già detto e scritto aggiungerei due suggerimenti, uno
più generale e l’altro più operativo.
   Da un punto di vista generale suggerirei maggiore attenzione
sul tema della meritocrazia, seppur già presente in maniera tra-
sversale in tutto il documento.
   Da un punto di vista operativo suggerire maggiore apertura del-
la politica al mondo estero, in una sua accezione più “moderna”.
   Mi spiego meglio.
   Negli ultimi anni la discussione mercato/regole ha spesso par-
torito forme di salvaguardia degli interessi di pochi a danno della
collettività. A volte richiamando i pericoli di un eccessivo libe-
ro mercato, a volte strumentalizzando le liberalizzazioni, sempre
con un supporto bipartisan.
   Ci ricordiamo tutti della mancata attualizzazione delle “lenzuo-
late” di Bersani. Una grande occasione persa a favore di lobby an-
tiche e perlopiù inutili.
   Il merito, quello vero, è spesso assente dalle scelte politiche, dal
lavoro dei giovani, dalle regole aziendali. Il merito è alla base di
qualsiasi energia lavorativa; è la luce in fondo al tunnel; è sapere
che la vita è un film a lieto fine; è il sogno di chi non ha e domani
può avere. Il merito è una cultura trasversale che deve impregnare
tutti i livelli della società.

                                                                          67
la parola ai naviganti




       Così sarebbe bello vedere politici che hanno meritato la poltrona
     perché eletti dai cittadini; sarebbe bello andare allo sportello delle
     poste e dialogare con un “postino” che si è meritato quel posto.
       Sarebbe bello avere uno stato che si merita di ricevere le tasse
     come cittadini che si meritano la cittadinanza di uno stato, magari
     perché pagano tutte le tasse.
       Chiediamoci tutti e sempre se stiamo godendo di qualcosa che
     ci siamo meritati grazie al nostro impegno.
       “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” e sul
     merito. Così potrebbe essere cambiata la Costituzione.
       Il tema più operativo riguarda invece il rapporto con l’estero.
       Possiamo risanare e sviluppare la nostra economia solo se mi-
     glioriamo la bilancia commerciale con l’estero. Questo può essere
     realizzato se:
       1. rendiamo indipendente la nostra partita energetica che appe-
     santisce molto la bilancia commerciale;
       2. aumentiamo le esportazioni dei prodotti interamente realiz-
     zati in Italia, quelle delle nostre sei eccellenze;
       3. aumentiamo i ricavi del turismo estero, questa è l’occasione
     per il nostro paese;
       4. aumentiamo gli investimenti esteri nelle nostre società private
     e pubbliche, se si vuole apertura bisogna dare apertura.
       Sul primo punto è stato detto molto e magari è già stato avviato.
     Molto, invece, deve essere fatto sugli altri tre.
       Io vedo tre super-ministeri con portafoglio (del Commercio
     estero, del Turismo, degli Investimenti esteri) capitanati da mi-
     nistri seri e competenti, valutati su obiettivi quantitativi chiari e
     definiti.
       In un maggiore scambio della nostra politica con l’estero, sug-
     gerirei anche di “importare” qualche risorsa umana. Penso alla
     possibilità di aprire alcune funzioni o ruoli istituzionali, di sup-
     porto a quelli principali o cosiddetti tecnici, a persone che vengo-
     no da altri paesi. In un mondo globalizzato dove la buona cultura
     corre su binari veloci, avere la possibilità di copiare o importare
     best practice già avviate da altri è un ottimo modo per risparmiare
     tempo e denaro.
       Faccio un esempio: la gestione dei trasporti in Giappone è la
     migliore al mondo per efficenza e qualità del servizio. Un posto
     dove i treni sono numerosi, arrivano puntuali e sempre puliti.

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7 mosse   l’italia




Perché non portare dei giapponesi nelle sedi opportune a lavora-
re con noi per insegnarci a fare meglio. Insomma sarebbe bello
avere qualche straniero nella squadra di governo. Avrebbe pochi
amici da salvaguardare e molti meriti da dimostrare.




                                                                          69
meno scetticismo, più ingenuità
    di alessandro baricco




Non userò queste righe per aggiungere qualche mia mossa alle
sette di Farinetti perché, in verità, non ne ho. Avrei giusto da
dire qualcosa sull’unica cosa che conosco abbastanza bene, cioè
il modo che abbiamo di spendere i nostri soldi per educare il
Paese. E so con sufficiente esattezza cosa potrebbe cambiare
le cose. Ma ho già avuto altre possibilità di spiegarmi e d’altra
parte qualche punto significativo nelle 7 mosse c’è, e mi tro-
va perfettamente d’accordo. Dunque soprassiedo e preferisco
dedicare queste poche righe a dire ciò che penso del lavoro di
Oscar Farinetti. Non mi riferisco a quello di ammucchiare soldi
con idee geniali e facendosi un mazzo così, ma quello di provare
a scrivere in sette mosse quel che secondo lui bisognerebbe fare
per salvare questa Italia.
   La prima cosa mi è venuta in mente sentendo discutere Oscar
Farinetti e Riccardo Illy in barca. Si parlava di riforma della politica.
Farinetti è per la soppressione dell’immunità parlamentare. Illy gli
ricordava, con la puntigliosa intelligenza che ho scoperto essere
una sua adorabile qualità, che l’immunità è sancita dalla Costitu-
zione è ha un suo senso preciso e condivisibile. In un certo senso
avevano ragione tutti e due. Ma il modo di aver ragione di Fari-
netti era particolare e mi ha insegnato una caratteristica delle sue
mosse che va compresa. La riassumerei così: le 7 mosse funzione-
rebbero in un Paese in cui si fossero già attuate le 7 mosse. In que-
sto io riconosco quel miscuglio di illogicità e di feroce determina-
zione che sempre noto nel pensiero degli utopisti (chiarisco che
utopisti non è per me un eufemismo per fessi, ma un sinonimo
laico di profeti). In genere pensano cose che non si potrebbero
fare nel mondo così com’è ma che, se realizzate, costruirebbero
un mondo in cui cose del genere sarebbe naturalissimo farle. Se
uno pensa ad esempio alla politica come servizio, l’immunità di-
venta inutile. Ma se uno pensa alla lotta politica di oggi, l’immu-
nità rappresenta una garanzia quasi necessaria. E d’altronde: se si
togliesse l’immunità la politica avrebbe più possibilità di diven-

                                                                            71
la parola ai naviganti




     tare servizio e basta. Oscar Farinetti tende a proporre soluzioni
     che saltano le obiezioni prefigurando un paesaggio in cui quelle
     obiezioni non avrebbero più senso. Per usare un gergo contadi-
     no che non gli dispiacerebbe, “mette il carro avanti ai buoi”. Per
     quel che ne capisco io, è l’unico modo di pensare, se quello che
     vuoi ottenere è una qualche rivoluzione. Il sistema, quando è così
     marcio, non si modifica registrandone alcune viti un po’ lasse. Lo
     si sposta di forza oltre se stesso. Senza violenza, inutile e contro-
     producente. Ma con un’acrobazia del pensiero che salta qualche
     passaggio e rimette tuti i pista in un campo da gioco diverso.
        La seconda cosa che mi attira delle mosse di Oscar è che capo-
     volgono i termini del problema. I più, oggi, in Italia, credono che
     il problema sia politico, di leadership, di mancanza di un proget-
     to politico maggioritario. Le 7 mosse invece partono dal basso:
     quelli sono i problemi, queste potrebbero essere le soluzioni. Poi,
     semmai, dopo aver lavorato duro, verrà il momento di capire se
     quella rete di soluzioni ha un colore politico o addirittura una sua
     matrice culturale, se non addirittura ideologica. Ma intanto si trat-
     ta di far tornare dei numeri, di risolvere problemi, non di imma-
     ginare alleanze elettorali. Forse in un altro momento storico una
     posizione del genere mi avrebbe insospettito. Ma qui ci troviamo
     a mollo da anni in un dibattito muro contro muro in cui due
     italie contrapposte si occupano sostanzialmente di delegittimarsi
     reciprocamente, nella quasi completa assenza di programmi che
     producano soluzioni e non consenso elettorale: un sano ritorno a
     uno sguardo pragmatico non mi suona così male. Con vigilanza,
     ma lo sto ad ascoltare.
        Terza cosa. Quasi in ogni mossa si invoca un ritorno alla com-
     petenza. Facciamo fare le cose a chi le sa fare. E quasi sempre
     chi le sa fare è gente che viene dalla società civile e le ha fatte
     con successo, rischiando sulla propria pelle. Il famoso “tecnico”,
     si dirà. Non so. A me piace la suddivisione dei compiti. I politici
     a creare il consenso necessario, a coagulare la sensibilità collettiva,
     a salvaguardare gli equilibri istituzionali del Paese, e dei superma-
     nager che per pura passione gestiscono piccole rivoluzioni e poi
     se ne tornano a casa. Non è un modello male. Finita la bufala del
     premier imprenditore, e del Paese-azienda, nel modo di pensare di
     Farinetti si affaccia un modo di impostare le cose che peraltro non
     è solo suo e che comunque merita un po’ di attenzione. Una sor-

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7 mosse   l’italia




ta di bilanciamento tra il talento politico e quello manageriale. Se
non altro è una soluzione che difende con fermezza il ruolo della
politica, pur smussandone il primato. E crede nelle istituzioni, pur
imponendogli la sponda di una più dinamica società civile.
   Ultima cosa. Mi piace che le 7 mosse credano in un Paese mo-
derno. Quando si parla si smilitizzare il Paese, di promuovere una
nuova cultura rispetto ai problemi dell’energia, di affermare il pri-
mato della laicità o anche solo quando si esorta a sburocratizzare
il Paese, io leggo di un’Italia che non ho mai conosciuto e che in
fondo era quella che volevo da giovane con una rabbia che adesso
riservo, forse sbagliandomi, ad altre cose. Ci leggo il coraggio di
scegliere scenari dove il futuro non è una malinconica illusione,
ma l’unico terreno possibile dove seminare il presente.
   Per tutte queste ragioni leggo le 7 mosse e non è una lettura che
mi lascia indifferente. Riesco pefino a dimenticarmi le tante debo-
lezze che hanno e che nenache Farinetti si nasconde. A me suona
particolarmente imperdonabile l’assenza di un problema come
quello della delinquenza organizzata: come pensare di salvare un
Paese senza incominciare a recuperare la metà di Paese che quelli,
bene o male, tengono in ostaggio? Così come mi sembra peri-
coloso (non utopistico, quello sarebbe un pregio) il modello di
velocità che si pensa di poter imprimere al Paese. La velocità è
bellissima, ma fa fuori i più lenti e la lentezza non è sempre una
prova di stupidità, ma spesso la conseguenza di una fragilità che
è di molti, a cui sarebbe assurdo farne una colpa. Voglio dire che
un Paese è fatto di milioni di singolarità e pensare di spararlo a
tavoletta su per rivoluzioni che cambiano il mondo in un mese
suona molto bello, ma non necessariamente è il modo migliore di
tenerlo insieme, quel Paese.
   Cionondimeno qualcosa resterà, di queste 7 mosse, ne sono con-
vinto. Seminate in questo modo un po’ guascone, da vero mer-
cante di talento, germoglieranno in qualche modo entrando nel
sistema sanguigno di questo Paese, nel momento in cui, come mai
in passato, c’è bisogno di idee, ingenuità, coraggio e ottimismo.




                                                                              73
riflessioni da “i love barolo”
    di mario brunello




prologo

Subisco da sempre il fascino dell’ “imprenditore”, colui che parte
scommettendo su di sé e sulle sue idee. Naturalmente i fini pos-
sono essere i più svariati, ma quando sono sani, la figura dell’im-
prenditore si identifica meglio con la radice del termine impresa.
  Così, attratto dall’impresa, ho partecipato alla traversata, al viaggio
verso una sana utopia. Sono salito sulla barca fiducioso di trovare
buona compagnia e due certezze: il comandante Soldini, uno che
sa domare il vento, e il comandante Farinetti che invece di accon-
tentarsi del più o meno cerca il meno e più. Purtroppo solo una breve
tratta, ma abbastanza per capire che c’è veramente tanta voglia di
vivere in un Paese migliore, una voglia che potrebbe diventare con-
tagiosa (se la politica ritornasse ad ascoltare le esigenze dei cittadini
e tornasse a essere un vero servizio per il Paese).
  Sulla barca ho portato il mio violoncello perché volevo che la
musica fosse presente anche fisicamente in queste 7 mosse. Ho
condiviso in linea generale tutti gli argomenti delle 7 mosse, per-
ciò non voglio aggiungere niente al documento finale, semmai
qualche puntualizzazione di carattere personale che non sposta il
senso del documento. Penso però di approfittare (mi scuserete)
di questo spazio per insistere sul dare voce alla musica, provando a
inserirla, dove possibile, ed esserne rappresentante anche in que-
sta sorta di progetto per una Italia migliore.


    MENO POLITICI, PIù POLITICA

D’accordo su tutta l’analisi della situazione in cui la politica sta
operando, sul fatto che in troppi vivano di politica per fini per-
sonali e anche sulle soluzioni di drastico, ma opportuno dimez-
zamento dei numeri. Rimane una “stonatura” per me, il fatto di
coinvolgere in questo taglio i sindacati. Non posso dimenticare

                                                                            75
la parola ai naviganti




     la storia e il valore di conquista sociale di questa voce in rappre-
     sentanza dei diritti del lavoratore. Rimane il fatto che in troppi
     hanno abusato anche di questo legittimo diritto. Nel mondo della
     musica, di tutta la musica: meno musicanti, più musicisti. Nel senso
     che a tutti i livelli dirigenziali del mondo della musica ci vogliono
     persone oltre che competenti, anche che amino la musica e che ne
     comprendano profondamente il valore di umanità, di universalità,
     di ricchezza culturale e non vedano solo il lato esteriore di evento
     o, peggio ancora, solo il lato economico.

               MENO SPRECHI, PIù RESPONSABILITà

     Proprio come si fa in famiglia, e come non essere d’accordo!
       Una proposta per la musica: ridurre i cachet. In nessun altro Pae-
     se d’Europa si pagano onorari così alti come in Italia. Una giusta
     riduzione per allinearsi alla media farebbe risparmiare un bel po’.
     Una piccola percentuale dell’onorario dovrebbe poi essere lascia-
     ta su un fondo per la diffusione della musica in asili, scuole ecc.
     Non è giusto che chi prende soldi pubblici limiti la sua perfor-
     mance a una piccolissima parte della popolazione: tutti i cittadini
     hanno pagato con le loro tasse quell’esibizione. è anche per l’arti-
     sta stesso una sorta di investimento sul suo pubblico futuro. Sulle
     tasse: non pagare le tasse deve essere tabù.


               MENO BOMBE, PIù DIPLOMAZIA

     Aggiungerei un testo da studiare a scuola: Il Disertore di Boris Vian.

         In piena facoltà
         egregio presidente
         le scrivo la presente
         che spero leggerà.

         La cartolina qui
         mi dice terra terra
         di andare a far la guerra
         quest’altro lunedì

76
7 mosse   l’italia




Ma io non sono qui
egregio presidente
per ammazzar la gente
più o meno come me

Io non ce l’ho con lei
sia detto per inciso
ma sento che ho deciso
e che diserterò.

Ho avuto solo guai
da quando sono nato
i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.

Mia mamma e mio papà
ormai son sotto terra
e a loro della guerra
non gliene fregherà.

Quand’ero in prigionia
qualcuno mi ha rubato
mia moglie e il mio passato
la mia migliore età.

Domani mi alzerò
e chiuderò la porta
sulla stagione morta
e mi incamminerò.

Vivrò di carità
sulle strade di Spagna
di Francia e di Bretagna
e a tutti griderò.

Di non partire più
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.

                                                   77
la parola ai naviganti




         Per cui se servirà
         del sangue ad ogni costo
         andate a dare il vostro
         se vi divertirà.

         E dica pure ai suoi
         se vengono a cercarmi
         che possono spararmi
         io armi non ne ho.

       Si parla di tagli, no? E allora sospendere la produzione e la ven-
     dita di tutti i videogiochi di guerra.
       Poi va a finire che i nostri ragazzi, una volta cresciuti, giocano
     sul serio “alla guerra”.

                 MENO INVOCAZIONI, PIù VOCAZIONI

     Trovo questa mossa la più efficace, è una vera “mossa”, di rapida
     esecuzione, efficace perché sorprendente nella sua semplicità.
        In barca c’è stata un tentativo di cambiare l’ordine delle vo-
     cazioni (cultura per iniziare). Questo non avrebbe cambiato il
     contenuto del documento, ma “l’armatore” ha giustamente fatto
     valere le sue ragioni.
        Al punto 11, una piccolezza: non metterei cultura e arte ita-
     liana, lascerei cultura e arte in generale. Penso che la vocazione
     non debba essere limitata a un “prodotto” italiano, ma cogliere
     l’essenza della cultura, che è dialogo con la modernità e il nostro
     tempo ormai non ha frontiere.
        Altra cosa sono i beni culturali italiani che vanno promossi sia
     dentro sia fuori dal nostro Paese.
        La musica, ma tutta l’espressione artistica, dovrebbe essere uno
     dei veicoli privilegiati per la valorizzazione di innumerevoli luoghi
     legati alla nostra storia, palazzi, chiese, siti, archeologia industriale
     e gli interventi a sostegno dell’organizzazione di iniziative dovreb-
     bero essere programmati seriamente, facilitando gli investimenti
     per il riutilizzo e l’uso di questi luoghi.



78
7 mosse   l’italia




      MENO LITI, PIù ACCOGLIENZA

Sulla seconda parte, l’immigrazione: anche qui la musica (tutta
la musica) dovrebbe entrare come una delle soluzioni all’inte-
grazione. Premiare e sostenere con incentivi chi si adopera per
inserire nelle manifestazioni opere nuove o di tradizione di Paesi
da cui provengono gran parte dei nostri immigrati. Beethoven,
per quanto universale, non può unire tutte le genti con il suo Inno
alla gioia.


      MENO IO, PIù NOI

Energia e ambiente. Forse un’attenzione in più sui rifiuti, proble-
ma enorme. Si dovrebbe cambiare il termine “rifiuti” con “mate-
riale”. Nell’immaginario i rifiuti sono spazzatura, ma spazzatura
è il miscuglio sporcato dal rifiuto umido. Diamo importanza al
“materiale” come elemento di ricchezza per tutti – se differenzia-
to e riciclato – e non di inutilità, se “sporcato”.


     MENO LEGGI, PIù DISCIPLINA
     MENO CHIESA, PIù GESù

Spalmerei il testo della prima parte “meno leggi più, discipli-
na” sulle mosse precedenti per lasciare così tutta l’attenzione su
“meno Chiesa, più Gesù”. Quest’ultima mi sembra una mossa
indispensabile per dare uno slancio vero, libero, al nostro Paese
che, a causa di questa presenza, per ogni progetto di costruzione
del futuro e per ogni adeguamento all’Europa deve subire il peso
di un giudizio preventivo.


EPILOGO

“I love Barolo”, grazie!




                                                                             79
meno teoria, più pratica
    di moreno cedroni




Cari tutti, sicuramente rendo meglio con una padella in mano che
con una penna, ma cercherò di mettere lo stesso impegno nella
scrittura in queste poche righe. All’inizio della mia carriera di ri-
storatore – quasi ventisette anni fa – quando venivano giornalisti
di guide gastronomiche avrei voluto trasformarmi in un cuoco
bravo dell’epoca. Che so, un Marchesi o un Vissani. Ora vorrei
trasformarmi in un bravo scrittore e quindi penso senza indugio a
Faletti… anzi, Giorgio, se vedi qualche errore correggilo pure!
  Da uomo di mare ho scoperto un mio tallone d’Achille soffren-
do per una giornata abbondante il mal d’oceano, ma le emozioni
ricevute hanno di gran lunga ripagato il fatto. Senz’altro sono
quello che da questa esperienza ha ricevuto più di quello che ha
dato. Che volete, ho dato alcuni sapori della mia infanzia, ho fat-
to assaggiare a tutto l’equipaggio il brodetto che mia madre mi
metteva anche nel biberon. Io che nascevo nel famoso chilometro
zero senza saperlo, dove dietro casa la nonna allevava animali da
cortile e coltivava ortaggi e davanti il mare offriva i suoi frutti.
  Quello che ho ricevuto è stato veramente intenso e tanto, un
bombardamento sotto ogni aspetto (intellettuale, umano e senso-
riale), dove persone mai viste o viste in televisione e sui giornali
sembrava di conoscerle da una vita. Questa la forza della barca, la
foza del mare, la forza della natura, la forza dell’intelligenza.
  In questo contesto le 7 mosse rappresentano un modo per lan-
ciare messaggi importanti. Pensando al momento storico sicura-
mente l’ago della mia bilancia va più verso le difficoltà che verso
le positività, ma dopo aver conosciuto tutti voi e leggendo i com-
menti di chi non ho avuto la fortuna d’incontrare, dico invece che
è il momento giusto per farci sentire. è il nostro momento!
  Per quello che riguarda il mio piccolo, appoggio in pieno il fatto
di istruire fin dalle scuole primarie i nostri figli alle ricchezze della
nostra terra come alle religioni del mondo. Vorrei che i nostri
ristoranti fossero come le botteghe dove una volta si imparava il
lavoro, implementare stage e apprendistato.

                                                                            81
7 mosse per l'Italia - Orscar Farinetti
7 mosse per l'Italia - Orscar Farinetti
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7 mosse per l'Italia - Orscar Farinetti
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7 mosse per l'Italia - Orscar Farinetti

  • 1. oscar farinetti 7 mosse l’italia con i commenti di giovanni soldini, ugo alciati, luca baffigo, alessandro baricco, mario brunello, moreno cedroni, lella costa, luciana delle donne, guido falck, giorgio faletti, bruno fieno, maria giua, beatrice iacovoni, riccardo illy, marella levoni, matteo marzotto, teo musso, paolo nocivelli, piergiorgio odifreddi, simone perotti, francesco rubino, davide scabin, antonio scurati, daniel winteler
  • 2.
  • 3. oscar farinetti 7 mosse l’italia un viaggio in barca a vela da genova a new york con giovanni soldini e un po' di amici
  • 4. 7 mosse per l’italia © 2011 eataly srl progetto editoriale: sintagmagroup srl darica martino finito di stampare nel mese di maggio 2011 g. canale & c. spa – borgaro torinese (to) italia per dimostrare l’impegno alla cura del cliente e per ridurre gli impatti ambientali associati alle proprie attività, la g. canale & c. spa, presso il suo sito certificato imprim’vert, ha conseguito e mantiene le certificazioni uni en iso 9001:2008 e uni en iso 14001:2004, applicando quindi un sistema di gestione qualità e ambiente conforme a queste norme internazionali
  • 5. «Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento. Qui ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma che la libertà sia solo il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così.» Pericle Discorso agli Ateniesi (461 a.C.)
  • 6.
  • 7. indice le ragioni di un viaggio 9 alla ricerca del marino di luciano bertello 11 7 mosse per l'italia – due o tre cose prima di cominciare 15 la barca 17 l'equipaggio, di tappa in tappa 19 diario di una traversata di giovanni soldini 21 i naviganti 23 7 mosse per l'italia di oscar farinetti 25 meno critica, più autocritica – prologo 27 meno politici, più politica 31 meno sprechi, più responsabilità 33 meno bombe, più diplomazia 37 Meno invocazioni, più vocazioni 39 meno liti, più accoglienza 45 meno io, più noi 53 meno leggi, più disciplina – meno chiesa, più gesù 57 meno maschile, più femminile – epilogo 61 7 mosse per l'italia – la parola ai naviganti 63 meno meteore, più perseveranza di ugo alciati 65 meno merito, più estero di luca baffigo 67 meno scetticismo, più ingenuità di alessandro baricco 71 riflessioni da “i love barolo” di mario brunello 75 7
  • 8. meno teoria, più pratica di moreno cedroni 81 una mattina mi son svegliata… di lella costa 83 innovazione sociale = creatività applicata al buon senso di luciana delle donne 87 meno onde, più mare di guido falck 91 meno leggerezze, più leggerezza di giorgio faletti 95 meno individualismo, più armonia di bruno fieno 99 l'albero si giudica dai frutti di maria giua 101 meno pregiudizi, più umiltà di beatrice iacovoni 103 meno velleitarismo, più rigore di riccardo illy 105 meno zavorra, più vento di marella levoni 109 il viaggio, la navigazione, le 7 mosse di matteo marzotto 111 più terra, meno facebook di teo musso 115 meno "status quo", più cambiamenti di paolo nocivelli 117 modeste proposte sulle 7 mosse di piergiorgio odifreddi 121 meno manifestazioni, più azioni (individuali) di simone perotti 125 meno parole... di francesco rubino 129 meno cervello, più pancia di davide scabin 131 la cultura a milano (e in italia?) di antonio scurati 135 meno profitto, più coscienza di giovanni soldini 139 meno pigrizia, più fantasia di daniel winteler 143 7 mosse per l'italia – riassumendo 147 ringraziamenti 159 8
  • 9. le ragioni di un viaggio Sono state due le ragioni che nella primavera del 2011, dal giorno della Liberazione (25 aprile) alla festa della Repubblica (2 giu- gno), hanno spinto un piccolo gruppo di italiani a trasformarsi in ciurma e ad affrontare l’oceano: 37 giorni per mare, da Genova a New York, su una barca a vela manuale e con una cambusa rifor- nita di ottimi cibi e vini italiani, però razionati. è stato un viaggio vero, avventuroso, e al tempo stesso un viaggio simbolico: la pro- va che insieme si può ancora fare molto per il nostro Paese e per noi stessi, e che si può vivere e convivere in armonia. Il libro che state sfogliando è il frutto di quel viaggio. 7 MOSSE L’ITALIA Un navigatore e un mercante, aiutati da 5 velisti, accompagnati da 3 grandi chef e da 15 compagni di viaggio – gente di pensiero e di azione che si è alternata di tappa in tappa – si sono confrontati sulle 7 mosse da attuare subito per migliorare il nostro Paese. Nes- suna di queste persone fa politica attiva, né desidera farla. Nessu- no di loro è pregiudizialmente di destra o di sinistra, lontani anni luce da beghe partitiche: mai “contro”, sempre “per”. alla ricerca del marino È il vento che arriva dal mare. I cibi di grande qualità e tradi- zione nascono dall’incontro tra venti. L’Italia è particolarmente fortunata in questo senso, essendo una penisola stretta e lunga al centro del Mediterraneo. Qui il vento marino che nasce negli oce- ani, filtrato da Gibilterra e da Suez, diventa brezza e si posa sul- le nostre specialità, incontrando l’aria fresca delle colline e delle montagne. In questo modo le rende uniche. Si pensi ai prosciutti italiani, al Grana padano, alla pasta di Gragnano, allo stesso Neb- biolo. Durante questa traversata abbiamo portato molti di questi prodotti con noi, alla ricerca delle origini del vento che li rende meravigliosi, e ogni giorno sono stati utilizzati da un grande chef per creare i piatti che hanno dato corpo alla nostra convivialità. 9
  • 10.
  • 11. alla ricerca del marino di luciano bertello antefatto – A righe e a quadretti Montaldo Roero, 12 ottobre 1963 Una giornata di pioggia sulla collina. La maestra racconta di eroi-naviganti omerici e di una donna tenace che non rimarrà sola. Di vele e di venti. Di sentimenti e valori scritti dall’ulissiaca prua sul quaderno blu del Mediterraneo. Un bambino, le mani nascoste sotto il banco, costruisce bar- chette di carta. Barchette a righe e a quadretti. Quando esce, le affida al rivolo d’acqua che scorre nella ripida strada. Le segue; le spinge; le rialza; le rimette nella corrente. Da casa lo cercano. Lo trovano, fradicio, quasi ai piedi della collina. La mamma, preoccupata, lo interroga. Incredula, lo pro- tegge e lo scalda: cercava la casa dell’acqua e di quel vento che i grandi chiamano marìn. andar per langa Alta Langa, 30 dicembre 2010 In una giornata di azzurro terso, due uomini vanno per Langa incontro al marìn. Intorno, colline epiche e silenziose. L’uno scrive numeri su fogli a righe; l’altro annota pensieri su fogli a quadretti. Il primo traccia grafici e architetture di mercati fra Langa, Tokyo e New York; il secondo viaggia tra i secoli di Langa e Roero, a caccia di storie di uomini e di terra. Entrambi sanno di avere il marìn nelle vene. Ma vogliono dar- sene ragione e, allora, lo inseguono nello spazio e nel tempo per capire dov’è la sua casa. Di una cosa sono certi: quel blu che da Mombarcaro si vede all’orizzonte è il mare. 11
  • 12. alla ricerca del marino il marìn Barolo, 17 marzo 2011 Il marìn è un vento che torna. Incrocia il profumo del mare e del rosmarino con quello di montagna e di neve. Appassiona e sner- va. Accarezza e fa grandi i nebbioli. Il marìn crea piccoli mulinelli e gioca con le foglie: sembra un gatto che cerca di mordersi la coda. Mette languori e voglia di porti. Poi, una volta lontano, diventa un richiamo irresistibile e voglia di casa. Il marìn ama la libertà e gli spazi liberi, ridicolizza confini e fron- tiere, va d’accordo con gli spiriti liberi. Il marìn è la Langa: libera repubblica e vandea, malora e albero della cuccagna, collina e altrove, Cesare Pavese e Michele Ferrero, Beppe Fenoglio e Giacomo Morra. Il marìn è il balon: piedi ben piantati in terra e cielo, zembo e ar- càss, Ghindu e Augusto Manzo, Felice Bertola e Massimo Berutti. Il marìn è il Barolo: legno e tempo, tannini e carezze, vigna e mondo, la marchesa Giulia Colbert Falletti e la Bela Rosìn, Barto- lo Mascarello e Angelo Gaja. … ma per seguir virtute e conoscenza Tra Genova e New York, 25 aprile – 2 giugno 2011 Dal mare di colline al mare, il passo è breve. Basta seguire il marìn. Da Genova a New York c’è di mezzo il mare. Ma basta inseguire il marìn. Sulla barca, due capitani coraggiosi. Esperti di navigazioni in solitaria. L’uno, omerico, disegna avventure su coordinate geo- grafiche; l’altro, fenicio, ama dare un’anima ai numeri. Non fuggono: hanno dentro il marìn e stanno bene dentro al marìn. Si allontanano dalla madrepatria per poterla guardare meglio. Cercano la giusta prospettiva per immaginare prospetti- ve più giuste. Cercano risposte: nel marìn, l’uno nell’altro, nella storia, nei libri. Cercano valori: tra epica e cronaca, tra mito e futuro. Amici a righe e a quadretti si alternano al loro fianco, per aiutarli a capire e a dire. 12
  • 13. 7 mosse l’italia Il magico 7 è bussola e faro. La cambusa è stipata con i sapori eccelsi della madrepatria e i cuochi sono chef. Due valori li hanno già ritrovati: il tempo e la carezza del marìn. Gli stessi che sanno trasformare un sapore in saggezza: in Grana padano, in prosciutto crudo San Daniele, in pasta di Gragnano, in Barolo. La rotta procede sicura e la prua è come un sismografo che registra il respiro del marìn. Ma il marìn è come il “vento largo” del poeta: «Non soffia mai nella stessa direzione e di conseguenza disorienta molto… è come il vento della vita che ti spinge prima da una parte, poi dall’altra…». Qualche volta tace. Certi sono soltanto gli estremi del viaggio: il 25 aprile e il 2 giu- gno. E il 17 marzo è appena più in là. 13
  • 14.
  • 15. 7 mosse l’italia due o tre cose prima di cominciare
  • 16.
  • 17. lA BARCA 17
  • 18.
  • 19. l’equipaggio, DI TAPPA IN TAPPA 1 Genova – PALma di maiorca (25 aprile – 29 aprile 2011) soldini, farinetti, alciati, baricco, falck, fieno, iacovoni, illy, levoni, nocivelli, winteler 2 PALma di maiorca – Gibilterra (30 aprile – 5 maggio 2011) soldini, farinetti, alciati, brunello, costa, delle donne, fieno, iacovoni, nocivelli, scurati 3 Gibilterra – madeira (6 maggio – 11 maggio 2011) soldini, farinetti, baffigo, cedroni, faletti, fieno, iacovoni, marzotto, musso, nocivelli, odifreddi 4 madeira – new york (12 maggio – 2 giugno 2011) soldini, farinetti, baffigo, falck, giua, iacovoni, nocivelli, perotti, rubino, scabin 19
  • 20.
  • 21. DIARIO DI UNA TRAVERSATA di giovanni soldini Ho partecipato a questo viaggio come capitano della barca, quin- di ho avuto la fortuna di navigare con tutti i diversi protagonisti di questa avventura. Non è stata una crociera, è stato un vero e proprio viaggio attraverso il Mediterraneo e l’Atlantico. Non vi nascondo che all’inizio ero un po’ preoccupato: non ero sicuro che tutte queste persone, abituate a lavorare d’intelletto, sarebbero state capaci di venire a patti con la legge del mare e di una barca a vela. Poi è arrivato il giorno della partenza e, come sempre accade, il mare ha messo a posto tutto. Tutti i membri dell’equipaggio si sono dati da fare, hanno fatto i turni di notte al timone, hanno imparato a convivere in 10 su una barca relativamente piccola, hanno imparato a usare un bagno in cui – per tirare l’acqua – bisogna pompare con una leva 30 volte, hanno fatto i turni per lavare i piatti, hanno capito l’importanza del risparmio dell’acqua dolce, dell’energia e devo dire che tutti mi hanno veramente stupito per la naturalezza e l’intelligenza con cui si sono adattati alle regole e alle esigenze della navigazione. Ho passato interi turni di notte a discutere e a confrontarmi su temi anche importanti e impegnati con persone completamente diverse da me che mi hanno a volte affascinato, a volte contraria- to, ma sempre arricchito e colpito per il loro spirito positivo. Non tutte quelle discussioni erano attinenti alle 7 mosse, spesso si è parlato di altre cose, ma sempre con una grande capacità e voglia di essere costruttivi. Penso che ci sia stata per me, come per tutti, una grande sorpresa, scoprire che uomini e donne così diversi possono apprezzare e vi- vere in armonia le stesse cose, rispettando le esigenze della natura. Siamo partiti da Genova, il Golfo del Leone ci ha riservato il primo colpo di vento (30/35 nodi al traverso) che ha messo alla prova barca ed equipaggio. è stato il primo approccio con il mare formato. Anche quella roccia di Oscar ha accusato il colpo, ho persino pensato che si sarebbe calmato anche lui. Illusione durata una mattinata perché 21
  • 22. si è subito ripreso ed è tornato quel vulcano instancabile che è nel giro di poche ore. Nella seconda tappa (da Palma di Maiorca a Gibilterra) ci siamo fermati un giorno ad Alicante per far passare una burrasca forza nove da Ovest nel mare di Alboran. Saggia decisione che ci ha permesso di proseguire il viaggio senza particolari stress. L’arrivo a Gibilterra, con la Rocca che è comparsa d’un tratto nella nebbia, è stato forse uno dei momenti più suggestivi. Le prime miglia di oceano della terza tappa sono incominciate con l’incontro di pericolose spadare alla deriva vicino alle coste marocchine. Dopo una notte difficile abbiamo agganciato il Nord- Est e, finalmente lontani dalla costa, abbiamo cominciato a ma- cinare miglia su miglia; 600 per l’esattezza, in tre giorni, con un record di velocità di 17 nodi che per una barca come l’Elmos Fire non sono pochi. Dopo una sosta veloce e un cambio d’equipaggio a Madeira, siamo ripartiti per la tappa più lunga: 2750 miglia fino a New York. L’alta pressione delle Azzorre era posizionata molto a Nord e ci ha regalato giorni di splendido Nord-Est, spinnaker e belle velocità. Condizioni fantastiche che ci hanno spinto veloci per le prime 1500 miglia. Le ultime 1300 miglia sono state le più difficili, c’era la corrente del Golfo e ci sono state le molte depressioni che nascono davan- ti alla costa degli Stati Uniti e risalgono verso Nord-Ovest. Ma a questo punto l’equipaggio era affiatato e pronto a supera- re anche le ultime difficoltà. 22
  • 23. i naviganti ugo alciati luca baffigo alessandro baricco mario brunello moreno cedroni lella costa luciana delle donne guido falck giorgio faletti oscar farinetti bruno fieno 23
  • 24. maria giua beatrice iacovoni riccardo illy marella levoni matteo marzotto teo musso paolo nocivelli piergiorgio odifreddi simone perotti francesco rubino davide scabin antonio scurati giovanni soldini daniel winteler
  • 25. 7 mosse l’italia di oscar farinetti
  • 26. meno critica, più autocritica… meno politici, più politica meno sprechi, più responsabilità meno bombe, più diplomazia meno invocazioni, più vocazioni meno liti, più accoglienza meno io, più noi meno leggi, più disciplina meno chiesa, più gesù … meno maschile, più femminile
  • 27. meno critica, più autocritica prologo Siamo in declino, non vi è dubbio. Non è il caso di essere terroriz- zati, l’umanità ha avuto ciclicamente periodi di declino da quando esiste, e così pure il nostro Paese. Periodi che hanno avuto dina- miche e durate diverse tra loro, ma sempre una caratteristica co- mune: si va in declino quando le posizioni chiave di governo e di amministrazione delle comunità vengono assunte prevalentemen- te da persone mediocri, mentre si cresce quando a dirigere vanno prevalentemente i galantuomini. Per mediocri intendo quelli che, di fronte a una decisione importante, si pongono innanzitutto la domanda: «Che figura farò io?». Il galantuomo ovviamente fa il contrario, pensa subito al bene pubblico. Dell’Italia si potrebbe dire, forzando un po’ le cose, che siamo in declino da 1700 anni: ma senza dimenticare, ad esempio, il Rinascimento, o il Risorgi- mento, o il miracolo economico del Dopoguerra. Quindi, nessun terrore, ma un po’ di spavento ce lo possiamo permettere. E poi, la scocciatura di beccarcelo proprio noi il declino. Perché se va avanti così, con questa lentezza, saranno altre persone a godersi la rinascita. Tra declino e rinascita abitualmente avviene qualcosa di trauma- tico. Una rivoluzione, guerre, eccidi. Anche perché non succede mai che un mediocre o un dittatore si dimetta: bisogna cacciarli. Questo, più o meno, dice la Storia. Ma, porca miseria, perché dobbiamo sempre subirla, questa benedetta (o maledetta) Sto- ria? Possibile che non riusciamo a lavorarci un po’? Possibile che invece di subire passivamente gli eventi non ci venga in mente di rimboccarci le maniche in modo da prevenirli con un sano e ribelle programma a tappe forzate che ci tiri fuori dal declino in tempi brevi? Ecco da cosa nasce la mia decisione di dedicare un piccolo pez- zo della mia vita a pensare a una soluzione. In fondo è un gesto egoista, la voglia che ho di godermela ancora un po’. Prendetela così: un cittadino italiano che non fa né farà la poli- tica, un mercante – accompagnato e guidato da un navigatore con 27
  • 28. oscar farinetti cui condivide lo stile della leggerezza proattiva, rifocillato nella pancia e nella mente da un manipolo di amici, donne e uomini che nella vita hanno dimostrato di finire ciò che incominciano – vi offre la propria soluzione. Una soluzione, quindi, e non polemiche. Rimedi e non solo cri- tiche. Un gesto che non ha niente a che vedere con la destra o la sinistra, ma che nasce semplicemente da ciò che ho imparato os- servando il nostro Paese, con attenzione e passione; un gesto che mi sembra egoista e altruista nello stesso tempo, dettato com’è dal desiderio di vivere (io, noi, tutti) in un Paese migliore. Non si tratta, me ne rendo conto, di una soluzione esaustiva poiché mancano alcuni capitoli importanti e nodi da sciogliere in vista di un progetto completo. Inoltre, la parte scientifica dei vari capitoli non è volutamente approfondita. Troverete di sicuro imprecisioni e magari anche qualche errore. Tuttavia si tratta di una visione globale e al tempo stesso precisa di come si dovrebbe muovere l’Italia. È un indirizzo forte, netto, che traccia una preci- sa direzione. L’unica, secondo me, che può portarci a risvegliare il nostro Paese. Se la critica che vi sorge spontanea è: «Non è corretto gettare la pietra e poi non scendere in campo», vi prego di perdonarmi, ma permettetemi di pensarla diversamente. è ora che anche da parte di noi “laici dilettanti” arrivino suggerimenti in positivo e non solo critiche. Ci sarà di sicuro qualcuno tra i politici che, in- vece di guardarmi come rompiscatole, cercherà quel che di bello e giusto c’è in questa proposta e ne trarrà spunto. Ma anche tante persone comuni, come me, alle quali verrà voglia di approfondire e di volgere la propria analisi in una qualche direzione costruttiva. è soprattutto a loro che, insieme ai miei amici, mi sono rivolto. In politica si può e si deve partecipare anche senza essere attori protagonisti. Se invece vi accadrà di pensare: «Semplicistico, non approfondi- to, ci saranno tensioni sociali, dove li mettiamo tutti questi nuovi disoccupati?», fermatevi. Sono d’accordo con voi. L’unica amara riflessione che vi propongo, una su centinaia, è che prima o poi buona parte dei 27.000 forestali della Regione Sicilia non potrà più essere pagata e partiranno le tensioni, per dirvene una. Forse è meglio prevedere e manovrare una “rivoluzione” più dolce possibile prima che subirne una cruenta poi. Inoltre, tengo 28
  • 29. 7 mosse l’italia a dirvi che la semplicità è l’unica arma possibile per creare un progetto vincente in tempi brevi. So anche che alcuni di voi penseranno: «Impossibile, troppo complicato, troppo veloce, utopie…», e lì mi verrebbe da dire: allora lasciate perdere. A forza di dire che tutto è complesso, dif- ficile e che occorre tanto tempo il nostro Paese si è ridotto in questo stato. E poi molto spesso la visione del “difficile”, del “serve più tempo” nasconde la mancanza di voglia di lavorare o la strategia di mantenere il potere senza sbattersi per risolvere, arti che purtroppo si sono diffuse invece con grande rapidità e semplicità in Italia. Infine, ci saranno quelli che penseranno semplicemente: «Fari- netti ha trovato un altro sistema per far pubblicità a Eataly». Lo so. Posso dire solo questo: a un mercante conviene sempre non pronunciarsi. Lui deve vendere a tutti. Con le 7 mosse è sicuro che io perderò clienti. Il fatto è che io cerco di capirli, certi intel- lettuali, ma alcuni di loro non capiscono me. Sono quelli per cui il mercante dovrebbe fare il mercante e basta. Non riescono a immaginarsi che usi la testa per un fine diverso dal fare soldi. Me- glio che si limiti ad affettare salame, pensano. Tanto ci sono loro a denunciare la cattiva politica. Ma voglio dire che, nel frattempo, la politica resta cattiva e non sempre sono sicuro che a loro non vada bene, in fondo, così. Ancora una cosa. In qualche modo mi sarebbe piaciuto che questa soluzione venisse firmata da tutti i naviganti che mi hanno accompagnato nel viaggio da Genova a New York. Ma i temi af- frontati sono tanti ed era impossibile pensarla, su tutti, allo stesso modo. Tuttavia, mi piace qui testimoniare che nella stragrande maggioranza dei casi ho percepito una precisa idea comune su cosa sia urgente fare e su quali siano gli scogli da superare. E devo anche aggiungere che spesso ragionamenti più saggi dei miei mi hanno fatto cambiare idea. Adoro cambiare idea. Così è stato de- ciso che tutti i partecipanti a questo viaggio scriveranno un pezzo in allegato che troverete al termine di queste 7 mosse: il loro ap- porto personale a questa mia piccola avventura. Troverete ovunque in questo documento la ferma convinzio- ne, comune a tutti i partecipanti, che occorre tornare alla politica intesa come servizio, passione, missione. Così come occorre ri- portare al centro il valore della competenza, affidando i proble- 29
  • 30. oscar farinetti mi a chi, politico o non politico, ha gli strumenti per trovare le soluzioni. Occorre scegliere donne e uomini di grandi capacità, ma anche umili, onesti e pronti a farsi da parte quando sbagliano. Utopia? Ma non è vero! Smettiamola con questa storia dell’uto- pia. Senza sogni non si va da nessuna parte. 30
  • 31.
  • 32. oscar farinetti porto politica e mezzi di comunicazione in un quadro di riforma complessivo che favorisca il ricambio. In tempi brevissimi si può mettere a punto la riforma della politica secondo questo schema: 1. rami del parlamento: parlamentari -50%, stipendi -50%, pri- vilegi -50%; 2. regioni: consiglieri -50%, stipendi -50%, privilegi -50%; 3. provincie: abolizione; 4. comuni: consiglieri -50%; 5. nuovo progetto di retribuzioni ai politici che assumono re- sponsabilità (proporzionali alle responsabilità); 6. comunità montane e circoscrizioni: abolizione; 7. camere di commercio: abolizione di quelle provinciali (solo una per ogni regione); 8. sindacati: -50% sindacalisti; 9. abolizione di qualsiasi immunità per i politici; 10. creazione di un sistema elettorale che consenta ai cittadini di poter scegliere chi eleggere; 11. favorire il ricambio con una legge che impedisca di fare poli- tica per più di 15 anni in totale, anche passando attraverso diverse istituzioni, con un massimo di 2 mandati per le più alte cariche; 12. andare in pensione dopo 40 anni di lavoro, come i comuni mortali; 13. introduzione di un tetto massimo sui contributi elettorali pub- blici e privati ai partiti in modo da determinare una soglia massima invalicabile nelle spese elettorali, allo scopo che non sia favorito chi possiede ingenti patrimoni; 14. abolizione dei contributi pubblici ai quotidiani o altri media dei partiti; 15. raddoppiare il numero di firme necessarie per indire i referen- dum, abbinarli sempre per legge alle più vicine elezioni politiche o amministrative e abolire il quorum; 16. vietare la politica a chi è proprietario, direttamente o indiret- tamente, di mezzi di comunicazione di massa; 17. indipendenza dei mezzi di comunicazione (pubblici e privati) dai partiti. 32
  • 33.
  • 34. oscar farinetti to. Questa mossa farà risparmiare un sacco di soldi da spalmare sulle pensioni minime. Occorre allo scopo ripensare il meccani- smo dei versamenti previdenziali su retribuzioni elevate, di cui una parte importante dovrà essere destinata allo stato sociale. Tasse, argomento spinoso. Lo Stato incassa circa 700 miliardi per anno attraverso le tasse. In Italia si evade molto per 3 ordini di motivi. Primo, chi evade è considerato un furbetto anzichè un furfante. Secondo, le aliquote sono elevate e sperequate. Terzo, non esiste una politica che favo- risca chi investe. Bisogna lavorare su questi 3 fattori demotivanti. Sul fronte delle aliquote occorre armonizzare il prelievo fiscale su tutte le categorie di fonte di reddito: profitto aziendale, lavoro dipendente e reddito da patrimonio. Occorre applicare una tassa maggiore sui redditi da patrimoni. Si tratta di un sacco di soldi in nuove entrate e poi, è ingiusto che chi investe in finanza paghi meno di chi fa impresa. Naturalmente occorre accompagnare a ciò una politica che impedisca la fuoriuscita dei patrimoni. Chi non paga le tasse è un delinquente perché fruisce dei servizi co- muni senza contribuire come gli altri a mantenerli. Dobbiamo vivere questo fatto come un’ingiustizia, una vergogna. Dobbiamo insegnarlo a scuola e poi dobbiamo fare in modo che chi evade debba essere messo in condizione di vergognarsene. Un uso in- telligente di televisione, internet e giornali può attuare un cambio di mentalità in men che non si dica. È avvenuto alla grande per evoluzioni negative, perché non può succedere in positivo? Infine, bisogna stimolare chi reinveste, chi decide di intrapren- dere, chi assume, insomma chi crea nuova ricchezza. Non è giu- sto che chi lascia tutti i profitti in azienda per finanziare sviluppo e nuovi posti di lavoro paghi la stessa aliquota di chi se li prende per godersi la vita. Le mosse 1 e 2 genereranno nuovi disoccupati, l’unico modo di reagire è quello di creare un ambiente favorevole allo spirito di impresa. La rinascita può avvenire solo favorendo la voglia di intraprendere che è congenita in buona parte degli italiani. Niente di meglio di una sana politica di sgravi verso chi ha vo- glia di sbattersi. Se da un lato non sarà possibile abbassare le aliquote a breve termine, dall’altro è necessario introdurre la possibilità di detrarre dalle tasse molti più costi rispetto a quelli detraibili oggi. Quindi: 34
  • 35. 7 mosse l’italia 1. stessa aliquota sui redditi da patrimoni rispetto a quelli in essere sui redditi d’impresa e da lavoro; 2. insegnare che è bello e giusto pagare le tasse nelle scuole ele- mentari e medie attraverso un nuovo programma di educazione civica vissuta come materia primaria; 3. forte campagna di comunicazione sui media “chi paga le tasse è bella gente, chi non le paga è brutta gente”, con varie declinazio- ni legate ai valori positivi come la famiglia, i figli, il futuro ecc.; 4. gli evasori totali e gli evasori gravi (chi fa “nero”, chi esporta capitali, chi crea sedi nei paradisi fiscali ecc.), devono essere col- piti duramente e su di essi deve essere concentrato il grosso dei controlli. L’evasore occasionale deve essere educato a non farlo più, ma colpito duramente in caso di ricaduta; 5. forti sgravi fiscali per chi crea una nuova impresa e assume, sgravi significativi sugli utili reinvestiti; 6. aumentare il numero dei costi deducibili (tutto ciò che è utile al lavoro e alla salute). Questo progetto completo è da affidare a specialisti. Può essere stilato in un mese di lavoro. 35
  • 36.
  • 37.
  • 38. oscar farinetti plomatiche delle nostre ambasciate verso i seguenti obiettivi: la pace nel mondo, le attività umanitarie e l’esaltazione della qualità dei nostri beni e servizi esportabili o godibili per chi ci visita. In un mese di lavoro un gruppo di specialisti può mettere a punto la riforma delle forze armate e della diplomazia. 38
  • 39.
  • 40. oscar farinetti La Scuola deve diventare una delle nostre eccellenze, specializ- zandosi sulle nostre vocazioni. Non solo. In tutte le mosse note- rete la nostra visione della scuola come elemento strategico per superare i problemi e cambiare in meglio la nostra società. Non commettiamo l’errore di vedere la scuola come una strategia a lungo termine che darà frutti solo alla prossima generazione. Un bambino che torna a casa e domanda alla mamma perché mai ha comprato le arance in estate farà cambiare le abitudini alimentari alla sua famiglia. La nostra industria di precisione manifatturiera è la migliore del mondo. Conviene investire dove già siamo bravi. Occorre favorire la ricerca da parte delle nostre industrie attraverso una politica di incentivi mirati e non dispersi. L’Italia, per la sua particolare posi- zione al centro del Mediterraneo, può essere favorita nel traffico delle merci da tutto il mondo verso l’Europa e dall’Europa verso il mondo. Partendo da ciò che già esiste occorre creare 4 grandi porti altamente specializzati e di un’efficienza senza pari. Inoltre sarà necessario creare, partendo da ciò che già esiste, una rete fer- roviaria espressamente dedicata che trasferisca rapidamente e a costi concorrenziali queste merci nel cuore dell’Europa, da dove altre merci possano raggiungere l’Italia per essere imbarcate verso il mondo. Di fronte a una struttura così efficiente l’Asia, l’Africa, ma an- che le Americhe, non potranno che scegliere l’Italia. Questa mossa porterà molti nuovi posti di lavoro e ricchezza per il nostro Paese. Occorre dirottare investimenti previsti, ma meno urgenti, verso questo progetto, coinvolgere privati e met- tere a capo del processo di sviluppo persone altamente specializ- zate nella logistica mondiale che in Italia esistono, eccome. Con un mese di lavoro ostinato il capo progetto può mettere a punto il piano industriale. Per ciascuno di questi 6 settori va messo a capo una persona di grande competenza che abbia dimostrato di saperci fare, di accettare e vincere le sfide. Queste persone si tro- vano anche nel settore privato, ne abbiamo in abbondanza, anche giovani. Ciascuno di loro, dopo un mese di analisi, sarà in grado di definire un programma preciso con le mosse e i tempi per rag- giungere l’obiettivo sul quale sarà misurato. Queste persone non devono occuparsi di politica partitica. Quindi: 1. una forte campagna nel mondo che faccia venir voglia di 40
  • 41. 7 mosse l’italia visitare il nostro Paese, puntando sui principali punti di forza in- contestabili e attrattivi; 2. una politica nazionale che armonizzi con autorevolezza il la- voro delle regioni e che aiuti le infrastrutture a essere a disposizio- ne del turismo in modo proattivo. Alberghi, aeroporti, trasporti e ristoranti. Un potente portale unico Italia Wellcoming che armo- nizzi l’offerta delle infrastrutture (già sappiamo che esiste Italia.it, ma chi lo usa? perché non funziona?); 3. una politica che – censite le strutture, i musei, le città e i panorami – le metta in condizione di essere considerate le più suggestive al mondo; 4. inserire giovani leve. Devono essere preparate, colte, attente, disponibili e sorridenti. A esse va chiesta la massima professio- nalità e sostituite quando non la mettono in campo. Ma ciò che più conta è mettere a capo del turismo una persona che capisca di turismo, che abbia un esperienza mondiale e fortemente specia- lizzata nel settore; 5. censire le eccellenze mondiali di ogni regione italiana. Eli- minare l’assistenzialismo e favorire un nuovo spirito di impresa nei contadini. Le aziende agricole devono ricominciare a paga- re le tasse come qualsiasi impresa. Ma quelle che producono qualità e investono sull’esportazione di eccellenze conclamate godranno di incentivi attraverso sgravi fiscali e coinvolgimento in attività di marketing supportate con professionalità e senza sprechi; 6. creare un marchio 100% italiano su cui investire in comunica- zione, da installare sui prodotti che lo sono veramente (dalla ma- teria prima quando è qualitativamente possibile, alla manifattura e al packaging). Il miglior simbolo è la bandiera italiana. L’Italia che è proprietaria dell’immagine della sua bandiera deve riservarne severamente l’uso solo a chi lo merita; 7. semplificare le leggi di controllo sull’agroalimentare. Elimi- nare istituti inutili. Semplificare le denominazioni. Rivedere le funzioni e le attività dei consorzi. Oggi non si capisce più niente, con disposizioni di istituti che si contraddicono tra loro. Ma la cosa più grave è che è il cliente non capisce più; 8. favorire il packaging povero, biodegradabile ed evidenziare gli ingredienti. 100% italiano, riportante la bandiera italiana, deve avere un packaging unico, innovativo e identificativo; 41
  • 42. oscar farinetti 9. inserire l’educazione alimentare e all’agricoltura come materia sco- lastica primaria nelle scuole elementari e medie; 10. investire nella Scuola. L’Italia deve avere scuole statali effi- cienti, votate alle proprie vocazioni, con un’autorevolezza mon- diale su alcuni temi. La scuola italiana non può essere generica, si deve specializzare sulle nostre vocazioni. Occorre, allo scopo, raddoppiare i fondi pubblici dedicati agli investimenti nella Scuo- la. Nella scuola dell’obbligo vanno inserite 4 nuove materie pri- marie: Educazione alimentare e all’agricoltura, Educazione al rispetto dello Stato, Le grandi vocazioni dell’Italia, Energia e ambiente; 11. investire nella cultura e nell’arte italiana. Favorire la grande prosa, la grande musica e il cinema italiani attraverso nuovi mo- delli di impulso, lontani dai carrozzoni e dai contributi a pioggia, anche attraverso l’apertura ai capitali e all’ingegno di privati, i qua- li potranno portare un approccio nuovo. Questi privati dovranno essere favoriti da una nuova fiscalità dedicata, dovranno impe- gnarsi con serietà nel mondo della cultura; 12. raddoppiare gli investimenti nel fus (fondo unico dello spet- tacolo) senza però aumentare la cifra, in termini assoluti, dedicata alla lirica che è già elevata. Da dare più spazio alle altre specialità dello spettacolo italiano che ora sono in difficoltà. Anche in que- sto settore occorre accorciare la filiera dando la possibilità agli artisti di essere più vicini possibile al mercato. Importante è, cer- to, tutelare il patrimonio, salvaguardare la tradizione, ma, anche in campo culturale, bisogna incentivare la produttività culturale offrendo spazio a nuova creatività originale e a forme diffuse di fruizione proattiva; 13. favorire le imprese mercantili e produttive che investono all’estero su agroalimentare, turismo, design, moda, arte e mani- fattura di precisione italiana; 14. lanciare i marchi disegnato in Italia e inventato in Italia per con- trassegnare i prodotti da lanciare nel mondo. Lo Stato deve aiuta- re l’attività di ricerca delle industrie e delle aziende in generale che si occupano delle vocazioni; 15. la mentalità che deve accompagnare tutte queste operazioni deve essere “noi siamo i più belli del mondo, facciamoglielo ve- dere”. Questo modo di pensare e agire deve essere trasferito con energia dai capi di ogni settore fin giù verso l’ultimo degli addetti. Ben presto contagerà l’opinione pubblica mondiale; 42
  • 43. 7 mosse l’italia 16. individuare il capo progetto di Italia porto d’Europa; 17. censire gli investimenti già approvati sulle grandi strutture (abrogare quelli meno urgenti da dirottare verso questo progetto); 18. aggiungere le risorse necessarie create con i risparmi effet- tuati in altri campi e da nuove entrate; 19. coinvolgere società private specialiste, anche straniere; 20. realizzare, partendo da ciò che già esiste, i 4 porti all’avan- guardia; 21. realizzare la linea ferroviaria dedicata; 22. mettere in moto una forte campagna mondiale, anche pre- ventiva, per attrarre investitori e clienti. 43
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  • 45.
  • 46. oscar farinetti cidente, dal Ministero della Giustizia e dal Consiglio Superiore della Magistratura. L’accorpamento sarebbe una riforma a costo zero, comporterebbe un aumento di produttività stimato nel 10% e non provocherebbe alcun “allontanamento” della giustizia dai cittadini, data l’attuale facilità di spostamenti e, comunque, l’am- pia possibilità che il tribunale tenga udienza anche in località di- verse dalla propria sede istituzionale; 2. taglio delle spese inutili e recupero delle risorse disponibili. La quantità di risorse impiegate nella giustizia è insufficiente, ma anche accompagnata da sprechi che, ove eliminati, consentireb- bero un significativo ricupero di fondi. Un esempio per tutti: le spese per le intercettazioni telefoniche, ingenti pur se inferiori a quelli indicate sui media. Abolendo, come avviene in diverse realtà europee, i compensi alle società concessionarie che costitu- iscono una ingiustificata rendita di posizione (essendo i costi delle telefonate già sostenuti da chi le effettua) e centralizzando, con un contratto nazionale, il noleggio degli apparecchi per le inter- cettazioni si risparmierebbero decine di milioni di euro l’anno de- stinabili ad altri settori. In parallelo risorse significative possono essere reperite sia provvedendo all’effettiva riscossione di spese di giustizia (multe e ammende) – attività oggi del tutto carente – sia curando, attraverso uffici ad hoc, l’accesso ai fondi comunitari per il finanziamento di progetti specifici; 3. copertura degli organici dei magistrati e del personale ammi- nistrativo. Si parla di coprire gli organici, non di aumentarli. At- tualmente mancano oltre 1.000 magistrati su 10.000 e oltre 6.000 unità di personale amministrativo su poco più di 40.000. Se si considera che, in entrambi i casi, gli organici si collocano nella fascia europea medio-bassa è agevole cogliere l’effetto di queste carenze sulla funzionalità del servizio (che, con organici comple- ti, avrebbe un incremento di definizione degli affari almeno del 10%). La copertura dei posti vacanti richiede – soprattutto per i magistrati – tempi lunghi ma la definizione di un calendario e l’avvio delle procedure necessarie deve avvenire da subito; 4. definizione di standard organizzativi razionali. Ci sono alme- no tre settori che, adeguatamente percorsi, possono determinare un significativo salto di qualità. L’uso appropriato di tecnologie informatiche. Oggi è limitato a poche esperienze pilota frutto per lo più dell’iniziativa di singoli, mentre per il resto l’informatica è 46
  • 47. 7 mosse l’italia usata poco più che come banca dati e insieme di macchine evo- lute per scrivere. La formazione del personale amministrativo, da convertire in figure professionali capaci gestire le nuove tecnolo- gie. La responsabilizzazione per l’organizzazione del servizio, di funzionari apicali da affiancare ai dirigenti magistrati; 5. affiancamento al giudice di un ufficio per il processo. Oggi al giu- dice è richiesto, di fatto, un complesso di attività materiali estre- mamente ampio, a scapito della funzione giurisdizionale in senso proprio. Tra queste attività, molte possono essere delegate a un ufficio apposito, con grande vantaggio nei tempi e nella stessa qualità delle decisioni. Per esempio, la ricerca dei precedenti dot- trinali e giurisprudenziali, la redazione della motivazione riassun- tiva degli argomenti e richieste delle parti, il rapporto con il pub- blico e le stessi parti del processo, la distribuzione delle udienze, la formazione e la tenuta dell’archivio informatizzato dei provve- dimenti emessi. L’onere economico di tale introduzione sarebbe più modesto di quanto si pensi tenuto conto della possibilità di impiego, oltre che del personale ausiliario, di giudici onorari, ri- cercatori, stagisti; 6. riduzione dell’area dell’intervento penale. I processi penali per reati gravi sono in Italia sei volte quelli dell’Austria, quattro volte quelli della Spagna, due volte quelli della Francia e della Germania. A essi deve essere destinata la quota prevalente delle risorse. Ciò impone una riduzione del carico penale con la rinun- cia a perseguire i fatti di minor rilevanza e senza vittima o con danno di speciale tenuità per la persona offesa. La strada maestra per tale riduzione è, ovviamente, la revisione del catalogo dei re- ati, ma in epoca di profonde divisioni come quella attuale ciò ap- pare difficile. Un effetto analogo si può, peraltro, raggiungere in concreto, aumentando il numero dei reati perseguibili solo se c’è querela della parte offesa e, soprattutto, introducendo nel sistema la non perseguibilità dei fatti di scarsa rilevanza sociale. L’effet- to deflattivo sarebbe dirompente. Per fare un solo esempio: su 76.000 processi a carico di imputati noti iscritti nel 2010 presso la Procura di Milano, ben 10.000 (pari al 13%) hanno riguardato reati “formali” previsti dal testo unico sull’immigrazione; 7. previsione di soluzioni alternative al contenzioso civile. An- che nel settore civile i carichi dei tribunali italiani superano di gran lunga quelli di altri Paesi europei. Tre volte quelli di Austria e 47
  • 48. oscar farinetti Germania, due volte quelli di Francia e Spagna, raggiungendo cir- ca 5.000 cause annue ogni 100.000 abitanti. Inevitabile, in questa situazione, l’introduzione di un ricorso obbligatorio a organismi di conciliazione da attivare prima della causa e la creazione di filtri a livello amministrativo con decisioni semplici e rapide. Si può così risolvere, con immediatezza e soddisfazione delle parti, una quota significativa della domanda civile; 8. differenziazione della giustizia del lavoro. L’attesa di anni per la definizione di controversie in cui è in gioco la tutela o il ripristi- no del posto di lavoro è uno degli scandali del sistema. La ragione risiede essenzialmente nel numero esponenziale, in particolare nel settore della previdenza, delle cosiddette cause seriali (cioè dei processi – in numero di decine di migliaia – in cui è dedotta la stessa questione di diritto). Prevedere per queste controversie la soluzione delle questioni giuridiche comuni in modo anticipato e definitivo da parte della Corte di Cassazione realizzerebbe un vero e proprio abbattimento dei tempi di decisione con ricadute virtuose su tutta la giustizia del lavoro; 9. modifica del sistema delle impugnazioni e sospensione dei processi nei confronti degli imputati irreperibili. Nel processo pe- nale ci sono due settori riformabili in tempi brevi senza incidere sul sistema delle garanzie e realizzando un grande risparmio di tempi ed energie. I processi a carico di imputati irreperibili (sono il 15% del totale). Si tratta, per lo più, di processi a fantasmi, destinati, anche in caso di condanna, a restare puramente sulla carta (sospenderli e riprenderli solo in caso di sopravvenuta ma- terializzazione dell’imputato). L’altro settore è quello delle impu- gnazioni, il 25% delle condanne di primo grado. È una garanzia fondamentale che il giudizio sia adeguatamente controllato, ma è inutilmente dispendioso che il giudice di appello sia reinvestito dell’intero giudizio. Più garantista e meno dispendioso sarebbe prevedere che i giudici delle impugnazioni si limitino al control- lo, con formalità ridotte, delle conseguenze della affermazione di responsabilità, in particolare l’entità della pena e della correttezza del processo di primo grado, disponendo, nel caso in cui siano accertate gravi violazioni, un nuovo giudizio totale o sui punti che lo richiedono; 10. introduzione del processo civile telematico e informatizza- zione del sistema delle notifiche. Il processo civile è essenzialmen- 48
  • 49. 7 mosse l’italia te curato da avvocati. è dunque possibile e necessario condurlo interamente in via informatica, limitando la presenza fisica dei difensori e delle parti alla sola fase della assunzione di testimoni o di prove orali. Questo meccanismo è estensibile, almeno per quanto riguarda le notifiche, anche al settore penale. Secondo punto, l’immigrazione. Incominciamo col dire che un flusso epocale di persone da sud verso il nord del mondo nel prossimo decennio è lo scenario più probabile tra quelli possibili. Il diffondersi dell’informazione e dei media in generale ha fatto scoprire ai popoli dei paesi poveri che esiste un pezzo di mondo dove la qualità della vita e le op- portunità di crescere sono immensamente più elevate. Da sempre gli umani migrano e sempre con la stessa motivazione, cercare condizioni di vita migliori. Il modello di vita che trasmettiamo attraverso i nostri canali televisivi è dorato, spesso finto e for- temente attrattivo per chi ha difficoltà addirittura a guadagnarsi da mangiare. Nel nostro Paese già vivono 7 milioni di stranieri, molti altri arriveranno e, secondo noi, non si potranno fermare. La stessa cosa accadrà per le altre nazioni ricche dell’Europa. Sa- ranno fortemente avvantaggiate quelle che riusciranno ad attuare riforme tali da far ripartire la propria economia e creare nuovi posti di lavoro. I nuovi lavoratori giunti da altre terre giocheranno un ruolo fondamentale nella crescita del benessere di questi Paesi. Fino a ora gli immigrati hanno risolto non piccoli problemi in Italia, dove la demografia è ferma e gli italiani non vogliono più svolgere i lavori cosiddetti umili. D’altra parte non possiamo non notare che esistono problemi di integrazione. In particolare in una nazione che non cresce più, da un lato aumentano gli egoi- smi, dall’altro il disadattamento. Sul problema dell’immigrazione è difficile avere una posizione secca. è uno di quei temi dove il dubbio è più sano delle certez- ze. L’unica cosa certa è che arriverà un sacco di gente e converrà accoglierla. Per loro e per noi. Nessuna politica protezionistica potrà fermare l’impulso irrefrenabile a cercare speranze di vita migliore. La nostra generazione ha ed avrà a che fare con questo fenomeno, non potremo fermarlo. Forse conviene incominciare a parlare di interazione anziché integrazione. La sana convivenza implica altruismo e reciproca comprensione volta al reciproco mi- 49
  • 50. oscar farinetti glioramento (stare su questa barca in oceano con gente diversa e non ben conosciuta insegna). Certo non è facile quando non c’è lavoro per tutti. Ecco perché dobbiamo assolutamente impegnarci seriamente per far ripartire sul serio l’economia. Tuttavia, in spre- gio alla nostra chiara incertezza su questo immenso tema, provia- mo a proporre alcune cose da fare subito e altre nel tempo: 1. più aperti agli afflitti. Nei momenti di gravi tensioni sociali, guerre, eccidi occorre essere più larghi nell’accoglienza verso i popoli interessati da questi fenomeni cruenti. La solidarietà tra umani deve essere superiore alle difficoltà contingenti. Abbiamo inoltre il dovere storico di essere ancora più disponibili verso le nostre ex colonie; 2. accogliamo i migliori. Creiamo una scuola di accoglienza obbli- gatoria per chi chiede permessi di soggiorno in Italia. Lo scopo è quello di insegnare a rispettare le nostre leggi. Siamo convinti che chi si reca in un Paese diverso ne debba rispettare le leggi, come è libero di esercitare i propri usi e costumi purché non in contra- sto con le nostre leggi. Dopodichè, diventandone residente, potrà concorrere pacificamente a modificarle qualora non le condivida. L’esito dell’esame finale e del comportamento tenuto nella scuola di accoglienza darà diritto all’ottenimento o meno del visto. La scuola non terrà conto solo della cultura generale ma soprattutto della disponibilità del singolo ad armonizzarsi attraverso il lavoro e al sano comportamento nel nostro Paese. Immaginiamo una durata breve di un mese a tempo pieno. Verificando la possibilità di svolgerne la metà del tempo nella nazione di origine, attraverso la nostra ambasciata; 3. impariamo a conoscerli. Le religioni e le abitudini degli altri ci fanno sempre paura. Ecco un’occasione per la nostra scuola di rendersi utile e aprire i nostri ragazzi alla conoscenza delle re- ligioni e degli usi e costumi delle altre principali popolazioni del mondo. Se li conosciamo non avremo più stupide paure e saremo maggiormente pronti a interagire. Capiremo quanto è più sana l’interazione che non l’integrazione. Nel mondo esistono 24 prin- cipali religioni ma, di queste, 4 sono praticate della maggioranza dei popoli religiosi. Vanno studiate nelle scuole medie insieme ai principali usi e costumi di quei popoli; 4. diciamo loro chi siamo veramente, comprese la nostre dif- ficoltà. Può succedere che anche un grande altruista non possa 50
  • 51. 7 mosse l’italia aiutare certe volte il prossimo perché si trova in un momento di difficoltà. L’Italia si trova in un momento in cui non può investire ingenti risorse su questo fronte a causa di forti problemi interni di economia ferma e disoccupazione. Occorre che le persone in procinto di espatriare lo sappiano. Rai International può svolgere un ruolo sensibile su questo fronte. Vorremmo che Rai Interna- tional fosse più vera e attuale rispetto a come è fatta oggi. Le no- stre ambasciate possono trovare anche altri metodi di comunicare nei Paesi oggetto di forte espatrio; 5. serve un piano europeo. Non dimentichiamo mai che siamo in Europa. L’Italia è uno dei paesi più importanti e deve farsi promotrice di un accordo generale sul tema dell’immigrazione che armonizzi i comportamenti degli Stati membri. Questo ac- cordo deve naturalmente tenere conto delle singole potenzialità, ma anche del fatto che l’Italia – per la sua particolare posizione geografica – è la più vocata ad attrarre un certo target di emigranti dal sud del mondo, anche solo per il transito. 51
  • 52.
  • 53.
  • 54. oscar farinetti glio di ogni altra nazione europea il sole, il vento e l’acqua. Inco- minciamo a farlo con maggiore determinazione. Oltre l’80% dell’energia in Europa viene prodotta da fonti fos- sili, petrolio, carbone e metano. Solo il 10% va in elettricità. Il resto viene consumata soprattutto in trasporti e riscaldamento. La prima strada da intraprendere è intervenire subito su quel 30% del consumo di energia da fonti fossili destinata al riscalda- mento domestico. L’Italia è, tra i Paesi europei, quello che ha le abitazioni più colabrodo, dal punto di vista energetico. Abbiamo quindi amplissimi margini di miglioramento. Un’abitazione media italiana consuma, all’anno, circa 220kwh per metro quadro. Una casa in classe B, che è lo standard in molte parti d’Europa, ne consuma 55, cioè un quarto. Occorre mettere in atto una cam- pagna mediatica che informi gli italiani di questa reale possibilità. Inoltre, bisogna far venir voglia ai cittadini e alle imprese di inve- stire subito in questa direzione attraverso una politica di incentivi e di sgravi veramente attrattivi. Nel campo delle energie naturali rinnovabili gli incentivi, quelli sani e cioè proporzionali ai costi, hanno prodotto effetti positi- vi. Vere e proprie economie di scala e risorse per la ricerca, che hanno determinato il crollo del costo del silicio di grado solare e l’ingresso sul mercato di nuove tecnologie a film sottile, con enormi riduzioni di costi. Ciò impone un ragionamento. Concentriamo le energie e gli in- vestimenti che avevamo previsto per il gigantesco programma sul nucleare italiano (che non si farà, non foss’altro che per la sicura indisponibilità dei Comuni a essere individuati come siti) verso 2 direzioni nel campo delle energie naturali rinnovabili: incentivi proporzionali ai costi verso il produttore/utilizzatore di energia e fondi per creare e finanziare un’istituto di ricerca leader al mondo. Quest’ultimo è un punto determinante. L’Italia può avere questa netta vocazione di ricerca. La tecnologia corre, tra non molto (e comunque in tempi più brevi di quelli che erano stati previsti per l’attuazione del programma nucleare italiano) risolverà alcuni nodi che faranno finalmente esplodere il mercato delle rinnova- bili, come quello dell’intermittenza e la possibilità di accumulo, oltre che a continuare con velocità esponenziale nella corsa verso il “più piccolo, più bello e più potente”. Partirà sicuramente una rete internazionale di approvvigionamento, saranno messi a pun- 54
  • 55. 7 mosse l’italia to nuovi progetti di design e di collocazione paesaggistica per l’eolico. L’Italia è ancora in tempo per porsi in una posizione da play maker su questo fronte, ma deve partire subito. Abbiamo grandi menti in Italia, altre cerchiamole nel mondo, mettiamole insieme e creiamo il più innovativo istituto di ricerca sulle energie naturali rinnovabili del mondo. Sui trasporti occorre rafforzare pesantemente la ferrovia e il mare. Portiamo le merci il più possibile con i treni, che posso- no essere alimentati con elettricità e creano economie di scala utili ad abbattere i costi. Occorre rafforzare la rete ferroviaria e obbligare determinati trasporti a ricorrere ai treni. Per i lunghi tragitti dal nord verso il sud Italia debbono essere rafforzati i trasporti marittimi. Per quanto riguarda gli scarichi industriali, molti passi sono stati fatti. Le leggi esistono, bisogna farle rispettare. I rifiuti urbani restano una spina nel fianco per alcune regio- ni italiane. La strada intrapresa verso la raccolta differenziata e i termovalorizzatori è quella giusta. I nodi da affrontare sono quel- lo della sensibilizzazione dei singoli (scuola, scuola e poi ancora scuola), la buona volontà, la competenza, la determinazione e il coraggio dei politici (riforma della politica), la fermezza nel con- trastare la criminalità organizzata (spezzare i legami e le conni- venze con la politica). Quindi: 1. inserire nella scuola dell’obbligo Le energie naturali rinnovabili e la cura dell’ambiente come materia primaria; 2. abbandonare definitivamente il progetto italiano per la co- struzione delle centrali nucleari; 3. investire tutto sulle energie rinnovabili favorendo con incen- tivi tangibili e duraturi, almeno fino a quando non saranno au- tonomamente convenienti, i singoli produttori/utilizzatori e con sgravi le imprese produttrici/utilizzatrici; 4. favorire la ristrutturazione di immobili esistenti e la costru- zione dei nuovi verso standard di risparmio energetico, almeno classe b. Incentivi e/o sgravi debbono essere tali da convincere i proprietari a investire in questo senso; 5. definire un progetto ventennale di costruzione di nuove cen- trali di energie rinnovabili; 6. puntare sull’eolico, oltre che sul fotovoltaico e sull’idrico, utiliz- 55
  • 56. oscar farinetti zando al massimo i nostri architetti paesaggisti e di design per tro- vare nuove soluzioni estetiche a minor impatto. Anche per quanto riguarda la scelta dei luoghi di installazione del fotovoltaico; 7. creare un Istituto di ricerca sulle energie naturali rinnovabili nazionale ai massimi livelli mondiali, trovando anche il modo di portare in Italia le migliori menti del mondo in questo campo 8. creare un nuovo progetto per i trasporti che favorisca quelli ferroviari a consumo elettrico, a scapito di quello su strada a con- sumo fossile. 56
  • 57.
  • 58. oscar farinetti Abbiamo citato il vino ma non c’è inferiore complicazione in altri settori come la carne o il latte, e così pure in settori non alimentari o dei servizi come le banche. Occorre creare imme- diatamente alcuni gruppi di lavoro monotematici per macroca- tegoria, composti da specialisti di settore, presi anche dal mondo delle imprese, ai quali affidare il compito di stilare un progetto di semplificazione delle leggi, armonizzazione nonché diminuzione degli istituti, velocizzazione delle pratiche. Potremmo chiamare questi gruppi di lavoro gli sburocrati. In un mese di lavoro serrato, questi gruppi potrebbero compiere l’analisi e svolgere la costru- zione progettuale. Sarà poi compito dei politici scelti dal popolo riunire i diversi progetti in una riforma completa della burocrazia. Si potrebbe anche proporre che, in certi settori, per ogni nuova norma se ne abroghino almeno due. Altro argomento è quello dei rapporti con la Chiesa cattolica. In Italia risiede il Papa e la struttura di governo della Chiesa cattolica mondiale. Ciò implica un rapporto particolare tra Stato e Chiesa che di certo porta con sé molti benefici, ma spesso danneggia l’indipendenza della politica. La Chiesa intesa come gerarchia ec- clesistica che in molti casi della storia ha dato un contributo forte al prevalere del bene sul male, come l’azione di molti vescovi du- rante la Resistenza, a volte dimostra una natura neofoba. Anche in questo caso la storia lo dimostra, da Copernico al preservativo. La Chiesa ha naturalmente il diritto di esprimersi sulle questioni che riguardano l’etica e la morale ma non deve intervenire nella politica. L’Italia deve poter operare in totale indipendenza, essere uno Stato laico e totalmente immune dalle visioni di tipo religio- so. Per ottenere rapidamente ciò è necessario abolire i privilegi e le contribuzioni che l’Italia riserva alla Città del Vaticano. Va assolutamente rimarcato qui il lavoro straordinario svolto da tanti sacerdoti e suore nel campo dell’accoglienza, della sanità e della educazione. Queste persone meravigliose vanno sostenute dallo Stato ma, finché esisterà una relazione economica e assistenziale tra i due poteri ufficiali, il Vaticano continuerà a incidere nelle scelte della politica. L’esperienza mondiale e la storia dell’umanità dimostrano che quanto più le religioni incombono nella politica, tanto più vi è arretratezza e tensioni. Questa posizione non im- plica affatto la mancanza di rispetto verso le religioni. La nostra Costituzione è molto chiara su questo punto e non necessita di 58
  • 59. 7 mosse l’italia modifiche, né integrazioni. D’altra parte i valori base della cri- stianità come la bontà, la generosità, il rispetto del prossimo, il perdono, l’onestà, la fedeltà, debbono diventare base anche della sana politica. Ciò che serve è più Gesù e meno Chiesa. Quindi: 1. creare gruppi di lavoro, composti da specialisti, per la sem- plificazione; 2. armonizzare i progetti di semplificazione dei vari gruppi di lavoro in una riforma della burocrazia italiana; 3. abrogare il privilegio riservato alla Chiesa cattolica relativo all’esenzione dall’ici e alle tasse sulla compravendita di immobili; 4. i finanziamenti e i contributi a istituti cattolici per l’educa- zione e la sanità debbono essere trattati con lo stesso criterio e richieste di standard degli istituti privati di tipo laico; 5. l’ora di religione deve essere sostituita con Religioni, usi e costu- mi dei popoli; 6. per quanto riguarda l’8 per mille deve essere rispettata la vo- lontà del contribuente. Alle Chiese devono essere versati solo ed esclusivamente gli ammontari delle dichiarazioni con la volontà espressa. In assenza di ciò, i quattrini restano entrate pure dello Stato. 59
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  • 61. meno maschile, più femminile epilogo Non tutte le scimmie sono diventate esseri umani. Già possede- vano scienza e conoscenza, ciò che mancava loro era la coscienza. è stata l’assunzione di coscienza a trasformare parte di loro in uomini. Questo nostro piccolo lavoro punta a scuotere un po’ proprio questa parte di noi che ci rende umani: la coscienza. Avrete notato temi ricorrenti. Uno di questi è la velocità. Un mese. Un mese per scrivere in barca queste sette mosse. Un mese per mettere a punto in modo scientifico il progetto di cia- scuna mossa. Questo “mese”, che incombe dovunque in ogni Mossa, vuole assurgere a emblema della velocità. Abbiamo bisogno di mag- giore velocità. Un mese ci sembra un tempo breve per realizzare cose importanti, ma contemporaneamente ci pare sufficiente, se vi è impegno, per non sbagliare nel progettarle. La scuola. Lo strumento della scuola come elemento chiave del cambiamento. Una nuova educazione ai ragazzi in funzione an- che di un virtuoso contagio alla famiglia. La moderazione. La ricerca di un linguaggio moderato, ma de- terminato. Abbiamo tutti molto bisogno di moderazione. Il dubbio. L’assunzione del valore del dubbio inteso come umil- tà, voglia di approfondire e disponibilità a cambiare idea quando è il caso. Infine i meno e i più. Il nostro modo di semplificare ed esempli- ficare, pur mantenendo l’emozione. Abbiamo sempre cercato, non sempre riuscendoci, di mettere un po’ di infantile innocenza vicino al nostro impegno. Abbiamo accolto con gioia l’idea di Lella di chiudere con Meno maschile più femminile. Non confondetela con una rivendicazione femminista. Prendetela come un invito alla determinazione, alla pervicacia, alla coerenza, al senso del dovere, allo spirito di sacrificio; insom- ma, all’impegno. Caratteristica molto più diffusa tra le donne che nei maschi. Molte delle proposte qui contenute possono apparire già dette, 61
  • 62. oscar farinetti già pensate. Può essere. Qualcuna addirittura già fatta o almeno si è tentato di farla. Può essere. Tuttavia, siamo certi che la proposta nella sua interezza possa essere considerata originale e, magari dai più, una grande utopia. Per questo abbiamo scelto di passare le Colonne d’Ercole verso le Americhe, sullo stesso cammino di un’altra grande utopia che, molto più ambiziosa della nostra, 500 anni fa si è trasformata in realtà. Benedette siano le utopie. Ma, in ogni caso, andiamo loro incontro con leggerezza. 62
  • 63. 7 mosse l’italia la parola ai naviganti
  • 64.
  • 65. meno meteore, più perseveranza di ugo alciati Se provo ad andare sul sito stelledelpiemonte.net, il web mi ri- sponde: expired, scaduto. E specifica: sito web non rinnovato. Il guaio è che non soltanto il sito non è stato rinnovato: è il progetto – bellissimo e partito con lustrini e fanfare – a essere, oggi, expi- red: scaduto. La mia domanda è: perché? Allargando la questione all’intero Paese, non posso non chie- dermi (e chiedere): perché un progetto importante, e come que- sto tanti altri, è solo una meteora di passaggio che finisce in una bolla di niente? Naturalmente non pretendo di travalicare i miei confini, e dunque lo domando per quanto mi compete – la ristorazione e il turismo – anche se temo che un certo, e per me incomprensibile, vizio italiano a non perseverare, a “mollare”, a fermarsi sempre un po’ prima del traguardo, non danneggi solo la mia categoria, ma penalizzi tante altre professioni e altrettanti comparti produttivi. Ed è qui che il legislatore e l’amministra- tore pubblico dovrebbero esserci, ed esserci con forza, invece che latitare. Per chi non conosce la storia di Stelle del Piemonte, eccone un promemoria. È la storia di un progetto partito con le migliori intenzioni e mai portato a termine; ma è anche la metafora di troppe cose – iniziate e non finite – che rallentano la crescita e lo sviluppo dell’Italia. Stelle del Piemonte era un’iniziativa della Regione Piemonte, nata nel 2005 e realizzata dall’assessorato al Turismo. Riuniva i “top chef ” del territorio (tra loro, anch’io) allo scopo di promuo- vere le eccellenze culturali e artistiche regionali attraverso i suoi tesori enogastronomici. All’inizio c’è stata tanta buona stampa. Tanti viaggi all’este- ro, Londra, New York. Tanti applausi. Tanti progetti correlati, come quello di creare a Costigliole d’Asti una scuola – unica al mondo – i cui docenti sarebbero stati 40 (e ripeto: 40) Stelle Michelin piemontesi. Avremmo attirato ragazzi da tutto il mondo, perché la cucina 65
  • 66. la parola ai naviganti italiana non la si può inventare né copiare; però la si può impa- rare, magari declinandola ciascuno con le proprie attitudini, la propria storia, la propria manualità e – soprattutto – con le ma- terie prime a disposizione. Avremmo anche attirato più turismo enogastronomico – che è, poi, cultura – e così anche il mercato dei piccoli produttori avrebbe ricevuto una domanda che oggi comincia, drammaticamente, a scarseggiare. Da chef, non posso non chiedermi dove troverò – tra qualche anno – il cardo gob- bo di Nizza Monferrato, peraltro oggi presidio Slow Food. E la gallina bianca di Saluzzo, il castelmagno delle valli cuneesi, il co- niglio grigio di Carmagnola. Se nessuno li chiederà più, nessuno li produrrà più. E anche la mia cucina ne risentirà, così come ne risentirà la nostra tradizione e la nostra cultura. Sarebbe stato così difficile finire quanto iniziato? Far sì che un’idea, ben partita, e un progetto divenissero prima realtà e poi consuetudine? Ricordo che nel nostro vecchio ristorante, Guido a Costigliole, avevamo dovuto acquistare un frigo in più, destinato ai turisti che venivano a mangiare da noi: questi, infatti, si presentavano con il “sacchetto della spesa” pieno di leccornie locali e ci chiedevano di tenerle al fresco. Ne eravamo contenti, perché i prodotti della nostra regione sarebbero andati “in giro per il mondo”, alimen- tando quel circolo virtuoso che è turismo, certo, perciò ricchezza; ma è anche – come ripeto sempre – cultura. Purtroppo nel nostro nuovo ristorante, Guido a Pollenzo, quel frigo non ce lo chiede più nessuno. Tornando a Stelle del Piemonte, quel progetto avrebbe fatto circolare di nuovo e ancor più il Made in Italy enogastronomico, permettendo ai piccoli produttori di continuare a esserlo. Pur- troppo, oggi, tutto questo è expired, scaduto. Così come lo sono tante altre buone intenzioni, che non sono divenute fatti perché mancano le leggi e – quando queste ci sono – ne mancano le ap- plicazioni da parte di chi amministra la cosa pubblica. Perciò abbiamo tanti proclami, cioè meteore, mentre stiamo perdendo la cultura del perseverare. La mia presenza sulla barca di 7 mosse è stato anche il mio modo per dire, nel mio piccolo: attenzione, non diamo forfait, andiamo avanti. Non lasciamo che le cose finiscano come quel sito. Expired, scadute. 66
  • 67. meno merito, più estero di luca baffigo Mi trovo in pieno accordo con il contenuto delle 7 mosse: non troppo dettagliate per non perdere il dono della semplificazione e non troppo superficiali per risultare banali. Ritengo che queste rappresentino una buona base di partenza per poter poi approfondire i temi nelle sedi opportune. Ritengo, inoltre, fondata la paura di molti nel vedere la scarsa applicabilità di molte delle 7 mosse a partire dalla prima. In questo senso l’unico vero aiuto è l’ampio consenso degli ita- liani e a loro volontà a vederle realizzate (o comunque a vedere realizzato un cambiamento) nel più breve tempo possibile, senza troppi e lunghi compromessi. A quanto già detto e scritto aggiungerei due suggerimenti, uno più generale e l’altro più operativo. Da un punto di vista generale suggerirei maggiore attenzione sul tema della meritocrazia, seppur già presente in maniera tra- sversale in tutto il documento. Da un punto di vista operativo suggerire maggiore apertura del- la politica al mondo estero, in una sua accezione più “moderna”. Mi spiego meglio. Negli ultimi anni la discussione mercato/regole ha spesso par- torito forme di salvaguardia degli interessi di pochi a danno della collettività. A volte richiamando i pericoli di un eccessivo libe- ro mercato, a volte strumentalizzando le liberalizzazioni, sempre con un supporto bipartisan. Ci ricordiamo tutti della mancata attualizzazione delle “lenzuo- late” di Bersani. Una grande occasione persa a favore di lobby an- tiche e perlopiù inutili. Il merito, quello vero, è spesso assente dalle scelte politiche, dal lavoro dei giovani, dalle regole aziendali. Il merito è alla base di qualsiasi energia lavorativa; è la luce in fondo al tunnel; è sapere che la vita è un film a lieto fine; è il sogno di chi non ha e domani può avere. Il merito è una cultura trasversale che deve impregnare tutti i livelli della società. 67
  • 68. la parola ai naviganti Così sarebbe bello vedere politici che hanno meritato la poltrona perché eletti dai cittadini; sarebbe bello andare allo sportello delle poste e dialogare con un “postino” che si è meritato quel posto. Sarebbe bello avere uno stato che si merita di ricevere le tasse come cittadini che si meritano la cittadinanza di uno stato, magari perché pagano tutte le tasse. Chiediamoci tutti e sempre se stiamo godendo di qualcosa che ci siamo meritati grazie al nostro impegno. “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” e sul merito. Così potrebbe essere cambiata la Costituzione. Il tema più operativo riguarda invece il rapporto con l’estero. Possiamo risanare e sviluppare la nostra economia solo se mi- glioriamo la bilancia commerciale con l’estero. Questo può essere realizzato se: 1. rendiamo indipendente la nostra partita energetica che appe- santisce molto la bilancia commerciale; 2. aumentiamo le esportazioni dei prodotti interamente realiz- zati in Italia, quelle delle nostre sei eccellenze; 3. aumentiamo i ricavi del turismo estero, questa è l’occasione per il nostro paese; 4. aumentiamo gli investimenti esteri nelle nostre società private e pubbliche, se si vuole apertura bisogna dare apertura. Sul primo punto è stato detto molto e magari è già stato avviato. Molto, invece, deve essere fatto sugli altri tre. Io vedo tre super-ministeri con portafoglio (del Commercio estero, del Turismo, degli Investimenti esteri) capitanati da mi- nistri seri e competenti, valutati su obiettivi quantitativi chiari e definiti. In un maggiore scambio della nostra politica con l’estero, sug- gerirei anche di “importare” qualche risorsa umana. Penso alla possibilità di aprire alcune funzioni o ruoli istituzionali, di sup- porto a quelli principali o cosiddetti tecnici, a persone che vengo- no da altri paesi. In un mondo globalizzato dove la buona cultura corre su binari veloci, avere la possibilità di copiare o importare best practice già avviate da altri è un ottimo modo per risparmiare tempo e denaro. Faccio un esempio: la gestione dei trasporti in Giappone è la migliore al mondo per efficenza e qualità del servizio. Un posto dove i treni sono numerosi, arrivano puntuali e sempre puliti. 68
  • 69. 7 mosse l’italia Perché non portare dei giapponesi nelle sedi opportune a lavora- re con noi per insegnarci a fare meglio. Insomma sarebbe bello avere qualche straniero nella squadra di governo. Avrebbe pochi amici da salvaguardare e molti meriti da dimostrare. 69
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  • 71. meno scetticismo, più ingenuità di alessandro baricco Non userò queste righe per aggiungere qualche mia mossa alle sette di Farinetti perché, in verità, non ne ho. Avrei giusto da dire qualcosa sull’unica cosa che conosco abbastanza bene, cioè il modo che abbiamo di spendere i nostri soldi per educare il Paese. E so con sufficiente esattezza cosa potrebbe cambiare le cose. Ma ho già avuto altre possibilità di spiegarmi e d’altra parte qualche punto significativo nelle 7 mosse c’è, e mi tro- va perfettamente d’accordo. Dunque soprassiedo e preferisco dedicare queste poche righe a dire ciò che penso del lavoro di Oscar Farinetti. Non mi riferisco a quello di ammucchiare soldi con idee geniali e facendosi un mazzo così, ma quello di provare a scrivere in sette mosse quel che secondo lui bisognerebbe fare per salvare questa Italia. La prima cosa mi è venuta in mente sentendo discutere Oscar Farinetti e Riccardo Illy in barca. Si parlava di riforma della politica. Farinetti è per la soppressione dell’immunità parlamentare. Illy gli ricordava, con la puntigliosa intelligenza che ho scoperto essere una sua adorabile qualità, che l’immunità è sancita dalla Costitu- zione è ha un suo senso preciso e condivisibile. In un certo senso avevano ragione tutti e due. Ma il modo di aver ragione di Fari- netti era particolare e mi ha insegnato una caratteristica delle sue mosse che va compresa. La riassumerei così: le 7 mosse funzione- rebbero in un Paese in cui si fossero già attuate le 7 mosse. In que- sto io riconosco quel miscuglio di illogicità e di feroce determina- zione che sempre noto nel pensiero degli utopisti (chiarisco che utopisti non è per me un eufemismo per fessi, ma un sinonimo laico di profeti). In genere pensano cose che non si potrebbero fare nel mondo così com’è ma che, se realizzate, costruirebbero un mondo in cui cose del genere sarebbe naturalissimo farle. Se uno pensa ad esempio alla politica come servizio, l’immunità di- venta inutile. Ma se uno pensa alla lotta politica di oggi, l’immu- nità rappresenta una garanzia quasi necessaria. E d’altronde: se si togliesse l’immunità la politica avrebbe più possibilità di diven- 71
  • 72. la parola ai naviganti tare servizio e basta. Oscar Farinetti tende a proporre soluzioni che saltano le obiezioni prefigurando un paesaggio in cui quelle obiezioni non avrebbero più senso. Per usare un gergo contadi- no che non gli dispiacerebbe, “mette il carro avanti ai buoi”. Per quel che ne capisco io, è l’unico modo di pensare, se quello che vuoi ottenere è una qualche rivoluzione. Il sistema, quando è così marcio, non si modifica registrandone alcune viti un po’ lasse. Lo si sposta di forza oltre se stesso. Senza violenza, inutile e contro- producente. Ma con un’acrobazia del pensiero che salta qualche passaggio e rimette tuti i pista in un campo da gioco diverso. La seconda cosa che mi attira delle mosse di Oscar è che capo- volgono i termini del problema. I più, oggi, in Italia, credono che il problema sia politico, di leadership, di mancanza di un proget- to politico maggioritario. Le 7 mosse invece partono dal basso: quelli sono i problemi, queste potrebbero essere le soluzioni. Poi, semmai, dopo aver lavorato duro, verrà il momento di capire se quella rete di soluzioni ha un colore politico o addirittura una sua matrice culturale, se non addirittura ideologica. Ma intanto si trat- ta di far tornare dei numeri, di risolvere problemi, non di imma- ginare alleanze elettorali. Forse in un altro momento storico una posizione del genere mi avrebbe insospettito. Ma qui ci troviamo a mollo da anni in un dibattito muro contro muro in cui due italie contrapposte si occupano sostanzialmente di delegittimarsi reciprocamente, nella quasi completa assenza di programmi che producano soluzioni e non consenso elettorale: un sano ritorno a uno sguardo pragmatico non mi suona così male. Con vigilanza, ma lo sto ad ascoltare. Terza cosa. Quasi in ogni mossa si invoca un ritorno alla com- petenza. Facciamo fare le cose a chi le sa fare. E quasi sempre chi le sa fare è gente che viene dalla società civile e le ha fatte con successo, rischiando sulla propria pelle. Il famoso “tecnico”, si dirà. Non so. A me piace la suddivisione dei compiti. I politici a creare il consenso necessario, a coagulare la sensibilità collettiva, a salvaguardare gli equilibri istituzionali del Paese, e dei superma- nager che per pura passione gestiscono piccole rivoluzioni e poi se ne tornano a casa. Non è un modello male. Finita la bufala del premier imprenditore, e del Paese-azienda, nel modo di pensare di Farinetti si affaccia un modo di impostare le cose che peraltro non è solo suo e che comunque merita un po’ di attenzione. Una sor- 72
  • 73. 7 mosse l’italia ta di bilanciamento tra il talento politico e quello manageriale. Se non altro è una soluzione che difende con fermezza il ruolo della politica, pur smussandone il primato. E crede nelle istituzioni, pur imponendogli la sponda di una più dinamica società civile. Ultima cosa. Mi piace che le 7 mosse credano in un Paese mo- derno. Quando si parla si smilitizzare il Paese, di promuovere una nuova cultura rispetto ai problemi dell’energia, di affermare il pri- mato della laicità o anche solo quando si esorta a sburocratizzare il Paese, io leggo di un’Italia che non ho mai conosciuto e che in fondo era quella che volevo da giovane con una rabbia che adesso riservo, forse sbagliandomi, ad altre cose. Ci leggo il coraggio di scegliere scenari dove il futuro non è una malinconica illusione, ma l’unico terreno possibile dove seminare il presente. Per tutte queste ragioni leggo le 7 mosse e non è una lettura che mi lascia indifferente. Riesco pefino a dimenticarmi le tante debo- lezze che hanno e che nenache Farinetti si nasconde. A me suona particolarmente imperdonabile l’assenza di un problema come quello della delinquenza organizzata: come pensare di salvare un Paese senza incominciare a recuperare la metà di Paese che quelli, bene o male, tengono in ostaggio? Così come mi sembra peri- coloso (non utopistico, quello sarebbe un pregio) il modello di velocità che si pensa di poter imprimere al Paese. La velocità è bellissima, ma fa fuori i più lenti e la lentezza non è sempre una prova di stupidità, ma spesso la conseguenza di una fragilità che è di molti, a cui sarebbe assurdo farne una colpa. Voglio dire che un Paese è fatto di milioni di singolarità e pensare di spararlo a tavoletta su per rivoluzioni che cambiano il mondo in un mese suona molto bello, ma non necessariamente è il modo migliore di tenerlo insieme, quel Paese. Cionondimeno qualcosa resterà, di queste 7 mosse, ne sono con- vinto. Seminate in questo modo un po’ guascone, da vero mer- cante di talento, germoglieranno in qualche modo entrando nel sistema sanguigno di questo Paese, nel momento in cui, come mai in passato, c’è bisogno di idee, ingenuità, coraggio e ottimismo. 73
  • 74.
  • 75. riflessioni da “i love barolo” di mario brunello prologo Subisco da sempre il fascino dell’ “imprenditore”, colui che parte scommettendo su di sé e sulle sue idee. Naturalmente i fini pos- sono essere i più svariati, ma quando sono sani, la figura dell’im- prenditore si identifica meglio con la radice del termine impresa. Così, attratto dall’impresa, ho partecipato alla traversata, al viaggio verso una sana utopia. Sono salito sulla barca fiducioso di trovare buona compagnia e due certezze: il comandante Soldini, uno che sa domare il vento, e il comandante Farinetti che invece di accon- tentarsi del più o meno cerca il meno e più. Purtroppo solo una breve tratta, ma abbastanza per capire che c’è veramente tanta voglia di vivere in un Paese migliore, una voglia che potrebbe diventare con- tagiosa (se la politica ritornasse ad ascoltare le esigenze dei cittadini e tornasse a essere un vero servizio per il Paese). Sulla barca ho portato il mio violoncello perché volevo che la musica fosse presente anche fisicamente in queste 7 mosse. Ho condiviso in linea generale tutti gli argomenti delle 7 mosse, per- ciò non voglio aggiungere niente al documento finale, semmai qualche puntualizzazione di carattere personale che non sposta il senso del documento. Penso però di approfittare (mi scuserete) di questo spazio per insistere sul dare voce alla musica, provando a inserirla, dove possibile, ed esserne rappresentante anche in que- sta sorta di progetto per una Italia migliore. MENO POLITICI, PIù POLITICA D’accordo su tutta l’analisi della situazione in cui la politica sta operando, sul fatto che in troppi vivano di politica per fini per- sonali e anche sulle soluzioni di drastico, ma opportuno dimez- zamento dei numeri. Rimane una “stonatura” per me, il fatto di coinvolgere in questo taglio i sindacati. Non posso dimenticare 75
  • 76. la parola ai naviganti la storia e il valore di conquista sociale di questa voce in rappre- sentanza dei diritti del lavoratore. Rimane il fatto che in troppi hanno abusato anche di questo legittimo diritto. Nel mondo della musica, di tutta la musica: meno musicanti, più musicisti. Nel senso che a tutti i livelli dirigenziali del mondo della musica ci vogliono persone oltre che competenti, anche che amino la musica e che ne comprendano profondamente il valore di umanità, di universalità, di ricchezza culturale e non vedano solo il lato esteriore di evento o, peggio ancora, solo il lato economico. MENO SPRECHI, PIù RESPONSABILITà Proprio come si fa in famiglia, e come non essere d’accordo! Una proposta per la musica: ridurre i cachet. In nessun altro Pae- se d’Europa si pagano onorari così alti come in Italia. Una giusta riduzione per allinearsi alla media farebbe risparmiare un bel po’. Una piccola percentuale dell’onorario dovrebbe poi essere lascia- ta su un fondo per la diffusione della musica in asili, scuole ecc. Non è giusto che chi prende soldi pubblici limiti la sua perfor- mance a una piccolissima parte della popolazione: tutti i cittadini hanno pagato con le loro tasse quell’esibizione. è anche per l’arti- sta stesso una sorta di investimento sul suo pubblico futuro. Sulle tasse: non pagare le tasse deve essere tabù. MENO BOMBE, PIù DIPLOMAZIA Aggiungerei un testo da studiare a scuola: Il Disertore di Boris Vian. In piena facoltà egregio presidente le scrivo la presente che spero leggerà. La cartolina qui mi dice terra terra di andare a far la guerra quest’altro lunedì 76
  • 77. 7 mosse l’italia Ma io non sono qui egregio presidente per ammazzar la gente più o meno come me Io non ce l’ho con lei sia detto per inciso ma sento che ho deciso e che diserterò. Ho avuto solo guai da quando sono nato i figli che ho allevato han pianto insieme a me. Mia mamma e mio papà ormai son sotto terra e a loro della guerra non gliene fregherà. Quand’ero in prigionia qualcuno mi ha rubato mia moglie e il mio passato la mia migliore età. Domani mi alzerò e chiuderò la porta sulla stagione morta e mi incamminerò. Vivrò di carità sulle strade di Spagna di Francia e di Bretagna e a tutti griderò. Di non partire più e di non obbedire per andare a morire per non importa chi. 77
  • 78. la parola ai naviganti Per cui se servirà del sangue ad ogni costo andate a dare il vostro se vi divertirà. E dica pure ai suoi se vengono a cercarmi che possono spararmi io armi non ne ho. Si parla di tagli, no? E allora sospendere la produzione e la ven- dita di tutti i videogiochi di guerra. Poi va a finire che i nostri ragazzi, una volta cresciuti, giocano sul serio “alla guerra”. MENO INVOCAZIONI, PIù VOCAZIONI Trovo questa mossa la più efficace, è una vera “mossa”, di rapida esecuzione, efficace perché sorprendente nella sua semplicità. In barca c’è stata un tentativo di cambiare l’ordine delle vo- cazioni (cultura per iniziare). Questo non avrebbe cambiato il contenuto del documento, ma “l’armatore” ha giustamente fatto valere le sue ragioni. Al punto 11, una piccolezza: non metterei cultura e arte ita- liana, lascerei cultura e arte in generale. Penso che la vocazione non debba essere limitata a un “prodotto” italiano, ma cogliere l’essenza della cultura, che è dialogo con la modernità e il nostro tempo ormai non ha frontiere. Altra cosa sono i beni culturali italiani che vanno promossi sia dentro sia fuori dal nostro Paese. La musica, ma tutta l’espressione artistica, dovrebbe essere uno dei veicoli privilegiati per la valorizzazione di innumerevoli luoghi legati alla nostra storia, palazzi, chiese, siti, archeologia industriale e gli interventi a sostegno dell’organizzazione di iniziative dovreb- bero essere programmati seriamente, facilitando gli investimenti per il riutilizzo e l’uso di questi luoghi. 78
  • 79. 7 mosse l’italia MENO LITI, PIù ACCOGLIENZA Sulla seconda parte, l’immigrazione: anche qui la musica (tutta la musica) dovrebbe entrare come una delle soluzioni all’inte- grazione. Premiare e sostenere con incentivi chi si adopera per inserire nelle manifestazioni opere nuove o di tradizione di Paesi da cui provengono gran parte dei nostri immigrati. Beethoven, per quanto universale, non può unire tutte le genti con il suo Inno alla gioia. MENO IO, PIù NOI Energia e ambiente. Forse un’attenzione in più sui rifiuti, proble- ma enorme. Si dovrebbe cambiare il termine “rifiuti” con “mate- riale”. Nell’immaginario i rifiuti sono spazzatura, ma spazzatura è il miscuglio sporcato dal rifiuto umido. Diamo importanza al “materiale” come elemento di ricchezza per tutti – se differenzia- to e riciclato – e non di inutilità, se “sporcato”. MENO LEGGI, PIù DISCIPLINA MENO CHIESA, PIù GESù Spalmerei il testo della prima parte “meno leggi più, discipli- na” sulle mosse precedenti per lasciare così tutta l’attenzione su “meno Chiesa, più Gesù”. Quest’ultima mi sembra una mossa indispensabile per dare uno slancio vero, libero, al nostro Paese che, a causa di questa presenza, per ogni progetto di costruzione del futuro e per ogni adeguamento all’Europa deve subire il peso di un giudizio preventivo. EPILOGO “I love Barolo”, grazie! 79
  • 80.
  • 81. meno teoria, più pratica di moreno cedroni Cari tutti, sicuramente rendo meglio con una padella in mano che con una penna, ma cercherò di mettere lo stesso impegno nella scrittura in queste poche righe. All’inizio della mia carriera di ri- storatore – quasi ventisette anni fa – quando venivano giornalisti di guide gastronomiche avrei voluto trasformarmi in un cuoco bravo dell’epoca. Che so, un Marchesi o un Vissani. Ora vorrei trasformarmi in un bravo scrittore e quindi penso senza indugio a Faletti… anzi, Giorgio, se vedi qualche errore correggilo pure! Da uomo di mare ho scoperto un mio tallone d’Achille soffren- do per una giornata abbondante il mal d’oceano, ma le emozioni ricevute hanno di gran lunga ripagato il fatto. Senz’altro sono quello che da questa esperienza ha ricevuto più di quello che ha dato. Che volete, ho dato alcuni sapori della mia infanzia, ho fat- to assaggiare a tutto l’equipaggio il brodetto che mia madre mi metteva anche nel biberon. Io che nascevo nel famoso chilometro zero senza saperlo, dove dietro casa la nonna allevava animali da cortile e coltivava ortaggi e davanti il mare offriva i suoi frutti. Quello che ho ricevuto è stato veramente intenso e tanto, un bombardamento sotto ogni aspetto (intellettuale, umano e senso- riale), dove persone mai viste o viste in televisione e sui giornali sembrava di conoscerle da una vita. Questa la forza della barca, la foza del mare, la forza della natura, la forza dell’intelligenza. In questo contesto le 7 mosse rappresentano un modo per lan- ciare messaggi importanti. Pensando al momento storico sicura- mente l’ago della mia bilancia va più verso le difficoltà che verso le positività, ma dopo aver conosciuto tutti voi e leggendo i com- menti di chi non ho avuto la fortuna d’incontrare, dico invece che è il momento giusto per farci sentire. è il nostro momento! Per quello che riguarda il mio piccolo, appoggio in pieno il fatto di istruire fin dalle scuole primarie i nostri figli alle ricchezze della nostra terra come alle religioni del mondo. Vorrei che i nostri ristoranti fossero come le botteghe dove una volta si imparava il lavoro, implementare stage e apprendistato. 81